allegato - Chiarelettere

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allegato - Chiarelettere
DENTRO I FATTI
UN LIBRO INCHIESTA SPIEGA IL BUSINESS CHE STA DIETRO
LA PRODUZIONE E IL
e tanta CORRUZIONE
Nonostante il
periodo difficile
per l’economia
in generale, il
settore delle
spese militari
sembra non
conoscere crisi:
nel decennio
2002 – 2011 la
quota di spesa
pubblica destinata agli eserciti
è cresciuta infatti del 50%.
SI PARLA DI MERCATO, IN REALTÀ IL COMPRATORE È PRATICAMENTE UNO SOLO: LO STATO.
COSÌ, AL DANNO DELLE ARMI IN SÉ, SI AGGIUNGE QUELLO DELLA CORRUZIONE.
EPPURE CI SAREBBERO ALTRE VIE DI DIFESA, EFFICACI E MOLTO PIÙ ECONOMICHE
di
"
Di solito quando si pensa agli armamenti si
pensa a problemi dati dai trafficanti, da chi in
maniera nascosta diffonde le armi e crea problemi in giro per il mondo, in realtà se si va ad
analizzare qual è la situazione di produzione,
di commercio e di spesa che sta dietro a questo
mondo ci si rende conto che sono gli Stati ad essere i veri protagonisti, perché sono loro che dominano tutti i punti in cui il commercio di armi
zato perfettamente nel titolo del recente
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un affare di Stato, che comincia la chiacchierata
con
, portavoce della Rete
Disarmo e coautore del libro, edito da Chiarelettere in collaborazione con il mensile Altreconomia. Un lavoro che, con il racconto chiaro dei
meccanismi che stanno dietro al commercio di
armi, illumina un sistema quasi sempre coperto
dal silenzio “per ragioni di sicurezza” e che invece finisce per occultare affari poco chiari, enormi interessi economici e patti di ferro tra Istituzioni e lobby internazionali. Un sistema di cui
L’ultimissima, breve, parte del libro è dedicata al tema del disarmo. Non è un capitolo di circostanza ma una scelta di prospettiva, che motiva il perché è importante entrare nell’ottica che
rinunciare a produrre armi può essere “una bella idea che porta anche dei vantaggi”. Indirettamente è anche una risposta alle obiezioni, rispetto alla perdita dei posti
di lavoro, che vengono sollevate ogni volta che si mette in discussione il
sistema produttivo degli armamenti.
«In Italia – spiega Vignarca – esiste una costruzione molto solida che il
mondo della pace e del disarmo propongono: una alternativa dal punto di
vista etico, ideale, elaborata per impostare una strada diversa rispetto a
quella dei conflitti e delle guerre. Sempre di più, a mio parere, va costruita
una strada operativa, di convenienza sociale, politica ma soprattutto economica, del disarmo. Dovremo dimostrare che il disarmo non è solo una bella
e pia illusione, magari faticosa da ottenere, ma che è una bella idea ed è
anche qualcosa che concretamente ti porta in tasca qualcosa, ti dà vantaggi.
Per questo abbiamo inserito i dati sia dal punto di vista occupazionale, sia
dal punto di vista del ritorno economico derivanti dalla cessazione dei conflitti. Spiegare che razionalmente funziona e potrebbe portare dei vantaggi
per tutti, piano piano fa muovere le persone e le spinge ad impegnarsi. Un
po’ come è successo adesso con gli F35 per cui, certamente complice la crisi, le persone
non vogliono più sentir parlare di cacciabombardieri, perché dicono: “Io non arrivo alla fine del mese e tu mi compri i
cacciabombardieri! Per difendermi da chi? Da che cosa?”. E non c’è solo un discorso “di spostamento del denaro” ma
anche il tentativo di dimostrare che se venissero investiti in maniera diversa, si otterrebbero anche dei ritorni occupazionali e tecnologici molto più alti. E questa è una cosa che apre gli occhi a molti. Uno dei nostri sforzi come mondo
della pace è quello di promuovere un disarmo che sia conveniente, che sia anche di testa e non solo di cuore.» (d.t.)
il nostro paese è tra i protagonisti, come quinto
esportatore mondiale di armi, con almeno un
paio di “eccellenze”, non propriamente positive.
“Come acquirenti – spiega Vignarca – gli Stati
litari all’anno per mantenere i propri eserciti, di
questi più di 400 miliardi sono dati dagli acquisti di armamenti.
Ma gli Stati sono anche protagonisti della produzione, o perché controllano direttamente i
produttori, o all’opposto perché sono i principali acquirenti, dando origine a una dipendenza
che il Presidente statunitense Eisenhower aveva
chiamato “complesso militare industriale”. Nel
libro usiamo il termine economico di “monopsonio”: un mercato che non è un mercato perché
esiste solo un compratore, lo Stato, soprattutto
se si parla dei grandi sistemi d’arma. Questo
provoca una distorsione del mercato che finisce
per essere dominato dalla corruzione. Siccome
devo far comprare le mie armi ai governi, e chi
decide sono i funzionari, il modo migliore per
fare comprare il mio sistema d’arma piuttosto
che un altro è quello di corrompere il funzionaEd è in questo quadro che si può leggere
italiana nella produzione di armi e tra
i maggiori attori a livello mondiale, che
zienda Giuseppe Orsi finire in cella, accusato di corruzione internazionale per
tangenti che sarebbero state pagate per
governo indiano.
«È rilevante il tipo di difesa che Orsi sta mettendo in piedi. Lui non dice: “Non è vero” o “In
realtà erano consulenze normali” ma: “L’ho
fatto per il bene dell’azienda”; come a dire: “In
questo mondo funziona così, se tu vuoi avere le
commesse devi passare attraverso questa cosa”.
È importante sottolineare questo aspetto sistemico perché si è spinti a pensare sempre al caso
particolare ma non si va ad analizzare quella che
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UTILE
Promuovere il disarmo
, comasco, 39 anni, è coordinatore nazionale della Rete Italiana per il Disarmo
(www.disarmo.org). Esperto di spese militari, compagnie militari private, controllo del commercio
di armi, disarmo e riconversione industriale oltre ad Armi, un affare di Stato, scritto con Duccio
Facchini e Michele Sasso e citato nell’intervista, è autore di
(Bur), Il caro armato
ed Economia Armata editi entrambi da Altreconomia, mensile per cui cura il blog
.
È stato promotore e coordinare di campagne come ControlArms, per la richiesta di un Trattato internazionale sul commercio di armamenti, recentemente in discussione all’ONU, Banche Armate (http://
www.banchearmate.it) che monitora l’atteggiamento degli istituti di credito rispetto al commercio di
armi, e da ultimo
contro l’acquisto dei caccia F-35 e l’aumento delle spese militari, che ha ricevuto un’ampia risonanza nazionale ed ha ottenuto almeno due successi: la campagna
è riuscita a portare al centro del dibattito pubblico il tema delle scelte in materia di Difesa e ha ottenuto
la riduzione da 131 a 90 degli aerei da acquistare. Una prima vittoria, anche se l’obiettivo rimane la
cancellazione del programma. (d.p.)
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è una situazione endemica di questo mondo. Secondo Trasnsparency International almeno il
ma degli armamenti. Una percentuale altissima.
È perché i cattivi si concentrano in questo ambiente? Non credo. È perché il sistema di questo
“finto” mercato, come noi lo chiamiamo, funzio-
delle persone e delle famiglie, del lavoro, delle
Anche la recente delega di riforma sullo strumento militare, che dovrebbe riordinare il sistema della Difesa italiano,
votata in Parlamento subito prima della
conclusione della legislatura, va in una
direzione precisa.
«È stato presentato come un passaggio di semplice razionalizzazione dell’esercito, quello che
invece è un passaggio sostanziale: la riduzione
dei costi relativi agli stipendi – che sono mostruosi in Italia, e che noi denunciavamo già
Il caro armato – non
per produrre risparmi ma per trasferire questi
soldi sui sistemi d’arma, cioè su un concetto di
difesa che è di assoluto vantaggio per il sistema
industriale militare e di alleanza filoatlantica,
senza andare a ragionare su quello che vuol dire
sicurezza oggi. Cosa vuol dire Difesa? A me la
parola “difesa” piace, ma perché non può essere popolare nonviolenta? Perché non può essere
quella dei Caschi Bianchi? Perché non può essere quella di una difesa della situazione di vita
«L’ex segretario dell’ONU Kofi Annan ha detto che le armi leggere sono le vere armi di distruzione di massa perché fanno mezzo milione
di morti l’anno; eppure, ad oggi, non ci sono
regole chiare che ne controllino il commercio.
Ciascuno Stato si fa le proprie ma spesso senza poi farle rispettare realmente. Nel libro portiamo l’esempio di
lia, proprio da Brescia, ha venduto alla
Libia di Gheddafi, con un controllo fatto in
via amministrativa dal Prefetto, saltando completamente la legge italiana sull’export militare.
ricette etniche
raccontate
direttamente
dai protagonisti
Marocco
a cura di
al cocco
Ingredienti
500 g di farina di cocco
200 g di semola di grano duro
350 g di zucchero a velo
scorza grattugiata
del limone
5 uova
1/2 bicchiere piccolo
di olio di arachidi
1/2 bicchiere piccolo
di burro sciolto
1 bustina di lievito per dolci
In questo panorama un ruolo più defilato
hanno le cosiddette armi leggere, pistole,
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dotazione i marines, sicuramente utilizzate durante il conflitto libico e adesso, probabilmente,
passate in Mali, col rischio concreto che siano i
“nostri” fucili a sparare contro l’esercito francese. Si continua a non capire che, se è vero che
non sono direttamente le armi a far scoppiare i
conflitti, sono loro a farli bruciare, sono la benzi-
Fai sciogliere il burro.
Lavora le uova con lo zucchero a velo, poi unisci il burro sciolto e l'olio e mescola bene. Aggiungi la semola e
la farina di cocco, il lievito e la scorza grattugiata del
limone.
A mio marito
Mi chiamo Naima, ho 38 anni e la mia città
natale è Marrakech, in Marocco.
Mio marito era partito 25 anni fa per lavorare in Francia, durante le vacanze ha fatto
un viaggio in Italia e gli è piaciuta, quindi
ha deciso di cercare lavoro qui. Lui vive in
Italia da 24 anni. All’inizio tornava a casa
in Marocco saltuariamente, ma così non
poteva andare, quindi l'ho raggiunto dopo
la nascita del secondogenito e adesso
viviamo a Lavagno, una zona collinare in
provincia di Verona, dove è nato il nostro
terzo figlio Ismael che ora ha due anni.
Qui mi trovo bene, lavoro in un asilo nido
come inserviente e alcune famiglie mi
chiedono aiuto domestico.
Vi presento questa ricetta: i dolcetti marocchini che sono veramente ricchi di energia
e di tradizione, accompagnano i momenti
di festa e anche piacevoli té alla menta tra
amiche. Buon appetito!
Naima
Forma un impasto e lascialo riposare per un'ora.
Riprendi l’impasto e forma delle palline grosse come
noci.
Versa lo zucchero a velo in un piatto e ricopri interamente le palline.
Adagia su una placca con carta da forno o su una teglia
Il biscotto è pronto quando si formano le classiche crepe,
cie un colorito dorato.
M andaci le tue ricette!
Le aspettiamo condite con la storia tua
o di chi te le ha fatte conoscere
-ENSILE3EMPREsVIA!RGINE
,EGNAGO62sFAX
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