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n° 364 - aprile 2014 © Tutti i diritti sono riservati Fondazione Internazionale Menarini - è vietata la riproduzione anche parziale dei testi e delle fotografie Direttore Responsabile Lorenzo Gualtieri - Redazione, corrispondenza: «Minuti» Via W. Tobagi, 8 - 20068 Peschiera Borromeo (MI) - www.fondazione-menarini.it Apuleio e la sublimazione dell’anima Sulla favola di Amore e Psiche, testo allegorico-erotico-religioso, ma anche una delle più belle e conosciute storie d’amore, e di come sia diventata un punto di riferimento dell’immaginario artistico, figurativo, musicale e letterario di tutti i tempi C’era una volta in una città un re e una regina, che avevano tre figlie bellissime. È con gli ingredienti tradizionali della favola popolare che ha inizio la storia raccontata da Apuleio. Amore e Psiche è conosciuto in tutto l’Occidente come un testo allegorico-erotico-religioso che ha avuto uno straordinario successo nella nostra cultura. La fiaba è contenuta nell’opera più ampia delle Metamorfosi e in quel contesto occupa un posto del tutto autonomo; come tutto il romanzo, realizza un’allegoria che ruota intorno alle vicende dell’anima, riuscendo, però, ad assumere un ruolo paradigmatico rispetto a esso e ottenendo una fortuna completamente indipendente. Le sue origini si perdono nel patrimonio arcaico del mito e nell’opera dello scrittore latino trova la sua massima espressione, qui, la mitica figura di Psiche nella sua unione con Eros diventa un punto di riferimento nell’immaginario artistico, figurativo, musicale e letterario di ogni epoca. Profonda storia d’amore e di vita simbolizza il modello del percorso evolutivo dell’anima costruendo nei secoli una complessa rete di rimandi visivi e concettuali tra pittura, scultura, letteratura, musica e poesia. Raffigurare Psiche equivale a rappresentare l’anima che, cadendo in un fatale errore, solo dopo il superamento di prove durissime, ritrova, per grazia divina, la felicità e l’immortalità. Attraverso le interpretazioni allegoriche dell’antichità, il mito è giunto nel Medioevo a esprimere il credo nell’eternità dell’anima e della redenzione per arrivare fino a noi ancora intatto nella sua ricerca dell’immortalità. Tramandata tra i sospiri o raccontata sottovoce nelle veglie notturne, la favola attraversa il tempo, passa da Apuleio a Boccaccio, da Shakespeare a Virginia Woolf per rappresentare una delle più irrisolte contraddizioni del nostro tempo. Ci conduce negli spazi sconosciuti dell’anima e qui, l’arte figurativa, forse meglio della filosofia, riesce a rendere più facile l’accesso all’intreccio degli aspetti nascosti conferendogli anche quell’immortalità cui la storia anela. È proprio in questi recessi sconosciuti che la mostra Amore e Psiche. La favola dell’anima, allestita nella Villa Reale di Monza e aperta fino al 4 maggio, intende condurre lo spettatore. Attraverso la complessa collezione iconografica, che questa fiaba ha ispirato in millenni di storia, la mostra vuole riafferrare il segno lasciato nella vita di ognuno, per ritrovare la scia degli innumerevoli cercatori d’anima e tracciarne il percorso. Il mito approfondito attraverso la mostra, fa riferimento all’interpretazione data nell’Umanesimo, cioè si affida al recupero del pensiero neoplatonico e ripristina un contatto con l’idea della filosofia intesa come introduzione ai sacri misteri del vero. È un racconto d’amore, dell’amor puro, che per l’uomo diventa il più nobile cammino di sublimazione spirituale. Psiche commette l’errore di pensare il di- Afrodite Sosandra, copia romana del II secolo d.C su busto rinascimentale Venezia, Museo Archeologico Nazionale Pinax con Hermes e Afrodite, da Locri Reggio Calabria, Museo Nazionale pag. 2 vino come qualcosa di concreto, esperibile attraverso i sensi, mentre soltanto il cuore può percepirne totalmente la presenza. La voce narrante della mostra sarà proprio lei che, attraverso i suoi stati d’animo, come in un’opera teatrale, accompagnerà il visitatore nel particolare e delicato confronto tra bellezza e amore. Dopo la felice esperienza mantovana di Palazzo Te e il raffronto con l’opera di Giulio Romano, la mostra, con l’insieme dei reperti archeologici della Magna Grecia e della Roma imperiale e le opere di maestri come Tiepolo, Tintoretto, Rodin, Dalì, Fontana, approda a Monza, nel complesso della Villa Reale. In questo ambiente, l’esposizione si apre a un nuovo confronto, quello con la Rotonda dell’Appiani, realizzata dal Piermarini, che conserva gli affreschi del 1791 di Andrea Appiani, appunto, che si ispirano proprio alla storia di Apuleio. Le sezioni della mostra seguono un percorso che dagli antichi misteri iniziatici si sviluppa fino a fondersi nel trionfo estetico della Rotonda. Contenuto e contenitore diventano un’esperienza estetica in nome della bellezza e dell’amore che cresce attraverso i vari stadi dell’Anima-Psiche nel suo cammino verso Amore, dalla passione alla serenità raggiunta con tenacia e prove dolorose. Le opere archeologiche e artistiche opportunamente dislocate negli spazi del Serrone della residenza neoclassica accompagnano il visitatore nella lettura del mito e costituiscono attraverso la lettura della favola una vera e propria iconografia dell’anima. Ognuna delle nove sezioni in cui è organizzata la mostra interpreta una parte della favola ed è rappresentata da una o più opere, immagine del sentimento preso in considerazione. Danaide di Auguste Rodin, per esempio, è la scultura portabandiera della sezione dedicata all’iniziazione femminile nella quale le nozze ferali di Psiche fanno da prologo al dramma che sta per consumarsi. Giacomo Manzù e Salvador Dalì interpretano la passione e inconsapevolezza, quando la tragedia delle nozze di morte si capovolge per far ritrovare Psiche nel paradiso di Eros, in una sospesa e ma- Jacopo Palma il Vecchio: Venere - Venezia, Coll. privata gica condizione di non sapere e non vedere, fatale suscitatrice del germe del dubbio. Per finire con Antonio Canova che immortala la capacità di amare, il lieto fine creato da Apuleio, quello che proprio nel fallimento di Psiche vede la vittoria, vittoria che arriva attraverso la sofferenza e l’accettazione, esattamente quando l’anima dimostra la propria dignità immortale proprio attraverso l’amore. Se l’umanità ha conquistato un posto nell’immortalità è per la capacità dell’anima di amare incondizionatamente, oltre la sofferenza, oltre la morte. Il gesso di Amore e Psiche di Canova, modello per la realizzazione delle sculture conservate a Parigi e a San Pietroburgo è sicuramente l’opera simbolo della mostra. Simbolo che costituisce una riflessione filosofica sul concetto di anima, concentrato nella farfalla che Psiche posa sulle mani di Amore. Nozze di morte, paradiso nell’oscurità dell’inconscio, calvario di prove, viaggio negli inferi, conquista della preziosa sostanza, fallimento, seconda morte, redenzione, divinizzazione e nuova nascita sono i canoni archetipici degli antichi miti e delle favole moderne. La favola di Apuleio non ci propone il racconto della vita di un essere umano, ma un percorso inizia- Candlelight Master: Psiche scopre Amore Teramo, Pinacoteca Civica pag. 3 tico di conoscenza incentrato su Amore. L’amore di Psiche per il suo adorato divino è un punto fermo nella mistica d’amore di ogni tempo e il successivo fallimento, con il totale abbandono all’amato che sopraggiunge a salvarla, corrisponde all’estasi dell’anima che, consapevole del proprio limite, si affida completamente alla divinità. Questo è il fenomeno che da duemila anni si pone al centro della cultura umana: dall’ideale cristiano a Dante e Beatrice, da Shakespeare all’eterno femminino di Faust. francesca bardi Salvador Dalì: Orologio molle e Space Venus - Milano, Coll. privata