fascicolo il cielo sopra berlino

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fascicolo il cielo sopra berlino
PERCORSO TEMATICO INTERDISCIPLINARE
“Libertà al plurale”
I.I.S. MONZA E. FERRARI
ANNO SCOLASTICO 2015/2016
4APA
Gli alunni: Martina Alecci, Mattia Bernardi,
Davide Ciociola, Edoardo Novati,
Andres Ochoa, Christian Pennacchio,
Riccardo Tettamanti e Ilaria Zani
I Proff.: Daniela Brambilla, Roberto Farina,
Tiziana Speciale
Foto di Chiara Bennati
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I DATI TECNICI
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Regia: Wim Wenders
Soggetto e sceneggiatura: Wim Wenders e Peter Handke
Durata: 130 minuti
Produzione: Germania
Anno: 1987
Fotografia: Henri Alekan
Scenografia: Heidi Lüdi
Suono: Jean-Paul Mugel, Axel Arft
Musica: Jürgen Knieper
LA TRAMA
Nella Berlino ancora divisa dal muro, due angeli
vigilano invisibili sul corso delle esistenze
umane. Non possono interagire e intervenire
sulle vite degli uomini, ma mostrano però loro
vicinanza e supporto. Uno dei due, Damiel
(Bruno Ganz), per amore, sceglierà di rinunciare
alla sua immortalità e farsi uomo.
PERSONAGGI E INTERPRETI
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Bruno Ganz (Damiel)
Solveig Dommartin (Marion)
Otto Sander (Cassiel)
Curt Bois (Omero)
Peter Falk (se stesso)
Hans Martin Stier (l'uomo dell'incidente)
Elmar Wilms (l'uomo triste)
Sigurd Rachman (il suicida)
Beatrice Manowski (la prostituta)
Analizziamo adesso il sistema dei personaggi. Individuiamo le caratteristiche principali di quelli
che appaiono come i veri protagonisti del film. Facciamo riferimento a: Damiel, Cassiel, Marion,
Peter Falk e Omero. Affascinante protagonista silenziosa è anche la città di Berlino. La cinepresa
segue gli angeli girando invisibile nelle vie di Berlino e nelle case dei cittadini, catturando
un'atmosfera cupa, grigia, che fa tutt'uno con l'immaginario di una popolazione depressa per la
mancanza di libertà e di identità.
Partiamo dagli angeli di Wenders, fuori dal tempo ma dentro la Storia, due come le città separate
dal muro, divisi da destini contrapposti.
Damiel, interpretato da Bruno Ganz, dopo aver visto in un circo una bella e brava trapezista di
nome Marion, se ne innamora follemente, tanto da decidere di perdere definitivamente la sua
immortalità, spinto dal desiderio di provare le stesse emozioni di un uomo comune.
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Cassiel, dopo essere stato tentato più volte e dopo aver affrontato numerose prove esistenziali,
prende la decisione finale di restare fedele alla sua natura e al suo compito, custode delle coscienze
della città.
L’atletica Marion rappresenta l’essere umano che nella quotidianità deve essere sempre pronto ad
affrontare e a risolvere al meglio le avversità della vita. La sua tenacia e la sua bellezza sono le armi
che fanno di lei una donna vincente.
Peter Falk, che interpreta se stesso, rappresenta l’esempio di chi ha rinunciato alla condizione
angelica per vivere fino in fondo la propria umanità. Fondamentale è la conversazione con Damiel,
perché affronta la tematica del mutamento.
Il personaggio di Omero rappresenta la conoscenza e la saggezza, qualità che possono mettere in
collegamento, in relazione, gli angeli e gli esseri umani.
Possiamo considerare il muro di Berlino come uno dei protagonisti del film, poiché da questo
simbolo di divisione e oppressione derivano i pensieri dei personaggi del film. Pensieri di nostalgia
e malinconia per l’epoca precedente la costruzione del muro, per come sia cambiata non solo
Berlino, ma il mondo intero. Un mondo grigio e senza libertà ma loro, i berlinesi, sono la prova che
il regime dittatoriale non è stato accettato nei loro cuori e nelle loro vite.
La cinepresa segue gli angeli girando invisibile nelle vie di Berlino e le camere degli appartamenti
dei cittadini, catturando un'atmosfera cupa, reale, grigia che sembra far tutt'uno con l'immaginario
di una popolazione depressa per la mancanza di un'identità.
PER CAPIRE IL FILM
Nel film "Il cielo sopra Berlino", vincitore a Cannes nel 1987, Wenders porta sullo schermo, con il
coraggio che lo contraddistingue, idee e pensieri cinematografici nuovi. Per comprendere e capire al
meglio il film, Wenders suggerisce una chiave di lettura poetica, che emerge dall'incantevole poesia
introduttiva al film:
"Quando il bambino era bambino/ era il tempo di queste domande:/ perché io sono io e perché non
sei tu?/ perché sono qui e perché non sono lì?/ quando comincia il tempo e dove finisce lo spazio?/
la vita sotto il sole è forse solo un sogno? C'è veramente il male?/ E' gente veramente cattiva?/
Come può essere che io/che sono io, non c'ero/ e che un giorno io/ che sono io non sarò più quello
che sono?"
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Il testo ci mette di fronte alle domande dell’infanzia, quando ancora sono possibili infinite risposte:
è il tempo della libertà totale. Non è un caso, infatti, che i bambini siano gli unici a vedere gli angeli
e a non stupirsene.
Queste domande sono rivolte al pubblico ed è per questo che Wenders non dà risposte esaurienti:
infatti, l’arduo compito di risolvere questi quesiti spetta solo a noi uomini. Il regista tedesco non
può che limitarsi a sottolineare come sia necessario sforzarsi di trovare delle risposte, sia necessario
avere interesse per il ricordo e per la Storia, al fine di poter riscoprire la serenità e la gioia dei
popoli.
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PER APPROFONDIRE
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LA SCENA CHIAVE
Tante le scene importanti del film, ma noi abbiamo voluto soffermarci sul discorso che Damiel rivolge
a Cassiel (ma forse più che altro a se stesso!): l’angelo vuole diventare un uomo, ha il desiderio della
quotidianità che caratterizza la vita degli esseri umani, con i loro errori, ma anche con le loro piccole
gioie terrene.
Damiel: «Sì, è magnifico vivere di solo
spirito e giorno dopo giorno testimoniare
alla gente, per l’eternità, soltanto ciò che è
spirituale. Ma a volte la mia eterna
esistenza spirituale mi pesa e allora non
vorrei più fluttuare così in eterno, vorrei
sentire un peso dentro di me che mi levi
quest'infinitezza, legandomi in qualche
modo alla terra: a ogni passo, a ogni colpo
di vento. Vorrei poter dire "Ora, Ora " e
"Ora" e non più "Da sempre ","In eterno".
Per esempio, non so: sedersi al tavolo da
gioco ed essere salutato, anche solo con un
cenno. Ogni volta che noi abbiamo fatto qualcosa era solo per finta. Ci siamo lussati l’anca facendo la lotta
di notte, con uno di quelli: sempre per finta. E ancora per finta abbiamo preso un pesce, per finta ci siamo
seduti a un tavolo, abbiamo bevuto, mangiato. Per finta ci siamo fatti arrostire l'agnello e abbiamo chiesto il
vino: per finta. Sotto le tende, nel deserto: solo per finta. Non che io voglia generare subito un bambino, o
piantare un albero. Ma in fondo sarebbe già qualcosa ritornare a casa dopo un lungo giorno, dar da mangiare
al gatto come Philip Marlowe, avere la febbre, le dita nere per aver letto il giornale. Non entusiasmarsi solo
per lo spirito, ma finalmente anche per un pranzo, per la linea di una nuca, per un orecchio! Mentire, e
spudoratamente, e camminando sentire che le ossa camminano con te; supporre magari, invece di sapere
sempre tutto... "Ah!", "oh!", "ahi!" : poterlo dire, finalmente, invece di "sì" e "amen" ».
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