Rivolimusica Progetto Album

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Rivolimusica Progetto Album
musicista
Il racconto di Rivolimusica
Album con fiaba
e illustrazioni da colorare
Il racconto
di Rivolimusica
di Paolo Cascio
I
n un lontano paesone governava un Re, di
nome Comandone, prepotente ma soprattutto
molto, molto avaro. Nelle casseforti della sua
casa teneva oro, soldi, gioielli, titoli di stato, assegni
e molto, molto di più. L’unica cosa preziosissima che
non poteva possedere era la musica. “La musica, quando finisce, se ne va - pensava Comandone - proprio
non lo sopporto! È l’unica cosa che non posso chiudere
nelle mie casseforti!”. Comandone, che non ascoltava
niente, non suonava niente, un giorno si arrabbiò
così tanto che disse “Ebbene: se non posso averla io,
non l’avrà nessuno!”
F
Istituto Musicale Città di Rivoli
Via Capello 3 - 10098 Rivoli (TO)
Tel/fax 011 9564408
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www.istitutomusicalerivoli.it
u così che quel triste giorno promulgò una
legge che proibì a tutti i cittadini di far musica. Chiunque avesse cantato o suonato o
fischiettato qualsiasi motivetto sarebbe andato in prigione. I negozi di dischi si misero a vendere dischi
che facevano rumore, non musica. Tutti quelli che
avevano uno strumento a casa, dovettero distruggerlo, a scuola si proibirono le lezioni di musica e si sotituirono con quelle di rumore, non si vendettero più
strumenti musicali ma strumenti stomacali, che non
facevano musica ma rumore, ed a Comandone il
rumore, meno prezioso della musica, non interessava
possederlo, per cui tutti erano liberi di farne a quantità. Alcuni sguazzarono con questa nuova legge,
facendo rumore da mattina a sera, ma erano per lo
più ingoranti come Comandone, tutti gli altri invece
preferirono stare zitti piuttosto che rumoreggiare.
S
i diceva di questi nuovi strumenti stomacali.
Ebbene s’iniziò a vendere la stromba, una
tromba stonata. Lo sflauto, che faceva fischi
orribili. Lo stamburo, che riproduceva il rumore
degli starnuti. La schitarra, che invece di fare
una serenata riproduceva il suono di una frenata. Lo sfagotto, che sfiatava e non produceva nessun suono. La stuba che faceva il rumore di una stufa. Lo spianoforte che era più
rumoroso di una sega elettrica. Ed infine lo
scorno, che produceva il rumore più orribile,
questo: PRRRR [pernacchia]. Quasi nessun cittadino con un poco d’orecchio comprò mai uno solo
di questi strumenti stomacali, facevano venire un
gran mal di testa e di stomaco. Gli unici
obbligati ad usare questi strani strumenti
erano i bersaglieri del paese che, ad ogni
evento ufficiale, cerimonia importante o
compleanno di Comandone, erano obbligati per legge a suonare strombre, stube e
sflauti invece che eseguire “tanti auguri
al Re, tanti auguri al Re!”. A molti vivere
in un paese senza musica sembrava un
enorme errore, eppure nessuno fece niente
per cambiare la situazione.
Si sa: l a p a u r a a v o l t e è p i ù f o r t e d e l c o r a g g i o ,
e q u e s t e e r a n o l e c o n s e g u e n z e.
P
assarono degli anni ed il caso volle che proprio
in questo paese nascesse la persona più musicale del mondo, diciamo come Mozart, Vivaldi e
Beethoven messi assieme. I genitori lo chiamarono
Gianmusico, per non dare troppo nell’occhio, anzi nell’orecchio, ma era molto difficile. Invece che piangere
Gianmusico cantava, con i coperchi delle pentole faceva
sinfonie intere, con i bicchieri vuoti improvvisava concerti incredibili e quando fischiava sembrava udire
un’orchestra intera. A malincuore apprese ben presto a
tener nascoste le sue doti, ma a 10 anni, un giorno di
ritorno da scuola, s’imbatté nel corteo dei bersaglieri
che stavano suonando gli strumenti stomacali. Era il
compleanno del Re e gli stavano facendo la rumorata
(invece che la serenata s’intende). Gianmusico, per far
smettere quell’orribile fracasso, iniziò a cantare il più
profondo, meraviglioso, armonioso e gioioso “Tanti
auguri al Re!” che mai si fosse sentito, un po’ per far sentire quanto era bravo ed un po’ per far notare quanto
stupido era far rumore quando si poteva far musica.
Tutti i bersaglieri si commossero, Re Comandone, invece,
diventò sempre più gonfio e rosso, ed alla fine urlò: “E
adesso cosa me ne faccio di questa musica? L’hai finita e
non la posso possedere, e che me ne faccio di qualcosa che
quando finisce se ne va? Me la puoi anche scrivere ma la
carta non suona! Hai infranto la legge! In priogione!!!”
e così fu. Lasciamo da parte l’angoscia di mamma e
papà, la tristezza dei compagni di scuola e delle maestre, la rabbia degli amici, ora il problema era che
Gianmusico stava rinchiuso, solo, in prigione. Lì si rese
conto che le persone che rifiutano la musica avevano
qualcosa che non andava, e dove non c’era musica c’era
da stare alla larga. Subito si mise al lavoro per preparare la fuga, ma senza risultati, quando, la terza notte,
ascoltò bussare, pianissimo, alla porticina della sua
cella: “tic, tic, tic” era uno di quei bersaglieri che, giorni prima, aveva rumorato per il compleanno del Re:
-
Gianmusico, scappa! Son venuto a liberarti! Per
ringraziarti del meraviglioso momento di musica che ci
hai regalato tre giorni fa, tutti noi bersaglieri abbiamo
deciso di aiutarti. Gli altri hanno distratto le guardie,
ed io ti farò usicre dalla città.
È un miracolo! Ma se Comandone se ne accorgesse?
Non potrò tornare a casa, dai miei amici o a scuola! Mi
cercherebbe dappertutto! Che farò?!
Gianmusico, vivere in un mondo senza musica è
davvero uno sbaglio, e tu lo sai. Tutto il paese è arcistufo di stare in silenzio. Tutto il battaglione non ne può
più di questi inutili e stomachevoli strumenti, siamo stufi
di tornare a casa sempre con il mal di testa, ed il mal di
pancia. Tu sei la nostra unica speranza. Ora andiamo!
Di corsa!
Aspetta! Una volta uscito di qua, dove andrò? Come
farò ad aiutarvi tutti? Devo radunare un esercito? Io
non sono un soldato!
Molto più che un soldato, sei un musicista. Hai
dimostrato più coraggio che paura ed hai cantato
davanti al Re, scappa, cerca musicisti per tutto il mondo,
e domanda loro: “la musica, quando finisce, dove va?”,
quando avrai la risposta torna, la dirai a questo cocciuto Re e la finiremo una volta per tutte con questa tortura.
-
E
senza pensare un secondo di più il bersagliere prese Gianmusico per le braccia lo infilò in un enorme
sacco che aveva portato con sè e corse, corse, corse, arrivò davanti alle mura della città e lanciò il
A H H H H H ! ! ! ” , era Gianmusico che, con un ruzzolone, era
sacco dall’altra parte. Si sentì un fortissimo “A
capitombolato fuori dalle mura della città.
E
ra salvo. Per quella notte era abbastanza. Si
sistemò a mo’ di coperta il sacco e si mise a
dormire sotto un grande albero. Alla mattina
seguente iniziò il suo cammino, per dove ed in che
direzione non lo sapeva, ma grazie al suo finissimo
udito avrebbe scorto facilmente un musicista in azione. Di fatto, dopo tre ore di cammino, sentì una gran
baraonda festiva in lontananza, si avvicinò e vide un
gruppo di suonatori, molto simili ai bersaglieri del suo
paese, ma con dei veri strumenti musicali, che allegramente eseguivano marce, ritmi festosi, strombazzate e
suoni melodiosi. Gianmusico ascoltò, da buon musicista, ed aspettò che finissero di suonare, quindi domandò al capo della banda:
Scusi! Scusi! Signor strombettista, una domanda,
aspetti!
Ed il musicista:
Signor strombettista a chi? Figliolo un po’ di
rispetto!
Era la prima volta che Gianmusico vedeva una tromba
vera e propria ed una intera banda di veri strumenti
musicali, lui che conosceva solo quelli stomacali.
Certo! – disse Gianmusico – Io conosco bene il suo
strumento, è una stromba, ed il suo collega affianco
ha uno scorno, ed il signore dietro ha una stuba, quella la conosco benissimo… solo non capisco perché riusciate a produrre suoni così piacevoli ed allegri.
La banda scoppiò in una fragorosa risata, qualcuno
pensò che Gianmusico venisse dal paese delle “s”
davanti ai nomi, altri intuirono che c’era qualcosa di
più grave sotto.
-
-
Nel mio paese – prosegui Gianmsuico – è concesso
solo il rumore, e per questo abbiamo gli strumenti stomacali: la stromba, lo sviolino, lo sflauto…ed io devo conoscere assolutamente dove si nasconde la musica quando
finisce, se no non potrò tornare nel mio paesone e salvarlo dal rumore eterno!
E giù risate dalla banda. Giamusico si sentiva quasi un pesce
fuor d’acqua, ed una lacrima a goccia gli stava per scendere,
si sentiva l’unico diverso.
Ragazzo – disse il capobanda – prima di tutto questi sono veri e propri strumenti musicali. Io suono la
tromba, il mio collega il corno, quello laggiù la tuba ed
alla mia destra vedi un trombone. Noi siamo il Taurus
Ensamble e questi sono i nostri strumenti potenti, luccicanti e dal suono penetrante.
E si misero ad improvvisare un paio di danze e qualche
colonna sonora, Gianmusico riconobbe quella dei film
di Indiana Jones, di Ritorno al futuro, di Pinocchio e
rimase allibito dalla potenza festiva di cui una banda
d’ottoni era capace.
Per quanto riguarda la tua domanda…proprio
non saprei rispondere. Difficile dire dove vada la musica quando finisce. Sotto terra! – disse uno – No, in cielo!
– rispose un altro – Forse in un taschino o ritorna nella
partitura! – e tutti si misero a ridere.
Ma no davvero! – disse preoccupato Gianmusico –
devo salvare il mio paesone e devo trovare la risposta.
Ragazzo – disse il cornista – dove vada vada, la musica torna sempre, ed ogni volta è una festa. Prendi, porta
questa con te – e gli regalò una bellissima tromba, lucente e
perfettamente funzionante – ti sarà utile nella tua impresa.
-
-
G
ianmusico non aveva risolto
un bel niente ma pensò bene
di accompagnare la banda
per un buon tratto, e per la prima
volta si divertì come mai gli era capitato, unì il suono forte ed allegro
della sua nuova tromba con
quello dei corni e dei tromboni, si improvvisò un super
concerto, tanto che tutti gli
animali misero il muso
fuori dalle tane per vedere
cosa capitava là fuori, fu
una giornata memorabile.
Arrivò poi il momento dei
saluti.
Arrivederci
Gianmusico – dissero i
membri del Taurus
Ensamble – buona fortuna
per la tua ricerca, noi continuiamo il nostro cammino,
stiamo andando a Rivoli, il
direttore musicale di quella città ci
ha chiamati per un concerto, arriveremo il 19 febbraio nel Teatro di
Rivoli, e sarà una festa come questa.
A ddi o Gian musi co
e bu on viaggio!
G
ianmusico si immaginò Rivoli una città colorata con al centro la scuola di musica con
una torre rossa dalla quale uscivano spartiti
di tutti i tipi che volavano per giorni e giorni.
“Fortunati i rivolesi – pensò – loro non hanno uno stupido Re Comandone e sono liberi di fare tutta la musica che vogliono…ed ovviamente non hanno questi problemi di cercar la musica quando finisce, lì mi sa che
la musica non finisce mai…”
Gianmusico rimase nel silenzio, guardò la
banda che si allontanava, la sua nuova tromba, e
capì che la musica è festa, che aveva il potere di portare un sorriso là dove tutto era più grigio. Proseguì per
il suo cammino, canticchiando ovviamente, “un po’ di
musica mi farà sembrare più corta la strada” pensò, e
dopo tre giorni incontrò tre musicisti che venivano dal
paese più lontano che conosceva: l’Africa. Stavano su
un carretto trainato da due cavalli, si erano fermati
per una sosta, e dopo essersi ristorati, improvvisarono
un canto. Uno suonava il violoncello, l’altro batteva il
ritmo su strani ed affascinanti tamburi ed il terzo,
chiamato Tatè, cantava. Gianmusico si acquattò poco
lontano ed ascoltò attento una mesta canzone, dai
toni tristi ma pieni di speranza, un canto antico che
narrava di un infelice addio, quello di chi scappa
dalla propria terra senza una meta:
L i a ve t e i s o ld i p er i l v i ag g i o ? s i .
E i l gi o rn o a r ri va
D a l ba rc o n e la ri va s i a l lo n ta n a
Evapora.
I l te m p o s i d i la t a .
Si a s p e t t a s e du t i .
N o n s i p uò f a re a lt ro , i n si l en zi o .
L o s c a fo s c i vo l a v el o c e fra le o n de .
A dd i o m a m m a Af ri c a .
Si v ia g g ia p er o re , p er g io r ni , p er s et tim a n e .
L a ter ra è a n c o ra l o nt a na , q u a nd o u n g rid o
r i s u o n a S g u ar d i ag i t at i r i mb a l z an o d ap pe r t u t t o
Si s al v i chi può!
I l m a re e ra g r o ss o , l e on d e a lt e e… S PL A S H !
To r n a p o i c al m o i l m a r e
U n t o nf o n el l ’ ac q u a !
I l p e g g io è p a s sa t o .
Ma d o v’ è R ic h ?
C hi h a vi s t o R i c h ?
Il testo aveva commosso il sensibile cuore di
Gianmusico, ma era soprattutto la musica che lo aveva
scosso, completamente: diversa da quella della banda,
questa era lenta e profonda, colorata da melodie scure
e da ritmi pacati. Gianmusico si avvicinò e si presentò
ai musicisti.
Ho apprezzato moltissimo il vostro brano, un po’
mi ricorda il mio paese; anch’io sono andato via da là
e non so se ci tornerò, devo scoprire dove si nasconde la
musica quando non la si sente più.
Allora il nostro canto è anche un po’ il tuo – disse
Tatè – noi cantiamo le storie vere di centinaia di persone che ogni giorno lasciano la propria terra con una
valigia piena solo di tristezza ed un po’ di musica nel
cuore.
Quindi la musica non serve solo per ridere e far
festa – disse Gianmusico –
Serve anche a riflettere – rispose il percussionista –
e va dritto nel profondo, fino ai sentimenti.
Non sappiamo dove va la musica quando non la si
-
G
sente più – disse il violoncellista – Però anche nei luoghi pieni di tristezza la puoi trovare, lì conforta e aiuta
ad andare avanti. La musica è per tutti, non guarda in faccia il colore della pelle, a lei non interessa di che
nazionalità sei, lei non fa distinzioni.
ianmusico non aveva risolto un bel niente, però
pensò bene di accompagnare quel trio per un buon
tratto, e sul carrettino, unì la sua voce con quella
di Tatè, imparò a memoria quel commovente canto, e scoprì la potenza della musica che può far
piangere le pietre e addirittura
addolcire i cuori più duri.
Soprattutto scoprì che la musica
univa le persone, anche quelle più
distanti tra loro. “La musica è per
tutti e tutti sono musica” pensò. Fu
una giornata memorabile. Arrivò
poi il momento dei saluti.
Arrivederci Gianmusico – dissero i membri del Trio – buona fortuna per la tua ricerca, noi continuiamo il nostro cammino, stiamo
andando a Rivoli, il direttore musicale di quella città ci ha chiamati per
un concerto, arriveremo il 5 marzo e
nell’auditorium dell’Istituto Musicale
di Rivoli uniremo il nostro canto con
il cuore di chi ci ascolterà. È stato un
vero piacere unire i nostri tamburi e
il nostro violoncello con la tua voce.
A ddi o G ianm usi co
e bu on v i agg io!
-
“A
nche loro diretti verso Rivoli!” pensò
Gianmusico, poi rimase in silenzio, guardando il trio che si allontanava capì che la musica aveva il potere di unire le persone, di raccontare
momenti tristi e di donare un messaggio di speranza.
Proseguì quindi per il suo cammino, canticchiando
ovviamente, “un po’ di musica mi farà sembrare più
corta la strada” pensò, e dopo tre giorni incrociò una
carrozza con dentro due sorelle gemelle, ed in cima
alla carrozza un enorme pianoforte che traballava ad
ogni buca. La carrozza si fermò, il cocchiere fissò ben
bene le corde del pianoforte, e le due signorine scesero
per controllare che il loro preziosissimo strumento non
avesse subito danni. Erano sicuramente due musiciste,
pensò Gianmusico, e senza esitare si avvicinò.
Buon pomeriggio gentili signore, che bel spianoforte avete allacciato sul tetto della carrozza, lo sapete suonare?
Ma che spianoforte! … pianoforte! – Disse una e
subito dopo in eco l’altra –
Gianmusico ovviamente conosceva solo gli strumenti
stomacali, ma aveva capito che i veri strumenti musicali non hanno la “s” davanti e si corresse subito.
Si si scusate, dicevo è un bellissimo strumento, e
voi siete due spianist… ehm.. due pianiste vero?
certo! … erto! Siamo le sorelle Walachowsky …
owsky, e suoniamo sempre insieme … eme. Ci mettiamo
tutte e due sul pianoforte e lo suoniamo a quattro
mani … ani.
Gianmusico non potè trattenere qualche risatina, una
ripeteva esattamente le ultime parole dell’altra, e come
-
due
pappagallini
stavano
sempre
attaccate.
Viaggiavano da settimane, venivano dalla Polonia, ed
ancora rimaneva molta strada prima di arrivare a
Rivoli.
Wow! – esclamò Gianmusico – non ho mai sentito
un pianoforte vero suonato da due persone contemporaneamente!
Ascolta e vedrai … vedrai. Anzi no!
Sentirai!...tirai!
Le due sorelle si arrampicarono sul tettuccio della carrozza, si sistemarono alla bell’e meglio ed iniziarono
a suonare esattamente insieme, con una coordinazione incredibile e con dei movimenti così precisi che le
loro mani sembravano danzare sulla tastiera.
Gianmusico era sbalordito, gli sembrava di sentire
un’orchestra intera, non un solo pianoforte. Finito il
concerto improvvisato applaudì entusiasta.
Grazie! … azie! – dissero le due sorelle
Walachowsky – abbiamo eseguito le danze ungheresi …
esi di Brahms … ahms!
Bellissime. Ma come fate ad andare esattamente
a tempo senza intrecciare le dita l’una con l’altra?
Perché ci ascoltiamo sempre … empre! E quando
uno ascolta … olta sa esattamente cosa sta facendo e
pensando l’altro … altro. Con l’ascolto si riducono i
danni … anni, e non ci sono malintesi… intesi?
E Gianmusico capì perché parlavano così. Erano così
unite nell’ascoltarsi che quello che diceva una valeva
anche per l’altra. “Vuoi vedere – pensò – che due che
ascoltano alla perfezione sapranno aiutarmi?”
Signorine, una domanda, ho disperatamente
-
-
bisogno di conoscere dove si nasconde la musica quando alla fine di un concerto non la si sente più…
mmm … mmm. La musica quando finisce…finisce e va. Svanisce? Cade a terra? Chissà…chissà.
Andrà a letto a riposare…no! Andrà dritta dritta al mare…al mare? No! Magari va in montagna …
in montagna? Si a sciare! … ma no! Lascia stare…
A
E continuarono, continuarono per una buona mezz’ora finché Gianmusico non le fermò…insomma non lo
sapevano nemmeno loro e si intristì. Arrivò poi il momento dei saluti:
rrivederci Gianmusico … musico
– dissero le sorelle Walachowsky –
buona fortuna per la tua ricerca,
noi continuiamo il nostro cammino,
stiamo andando a Rivoli … Rivoli,
il direttore musicale di quella città ci ha
chiamati per un concerto … certo.
Arriveremo a Rivoli il 26 marzo e
nell’Auditorium dell’Istituto
Musicale daremo un concerto
con un pianoforte … forte,
e quattro mani…ani.
A ddi o Gian musi co
e no n d is p er ar e! .. . s pe rare !
“I
Incredibile…anche loro stanno andando a
Rivoli!” pensò. Giamusico rimase in silenzio, e
mentre guardava quella buffa carrozza
allontanarsi, capì che senza ascolto non c’è
musica e la musica che non si ascolta è musica persa.
Poi rifletté e si accorse in realtà che l’ascolto non serviva soltanto per la musica: si ascolta quando uno
parla, si ascoltano le onde del mare, si ascoltano le
emozioni, si ascolta il silenzio…tutto comincia dall’ascolto e tutto comunica, basta ascoltare. Fu una
giornata memorabile, anche se non aveva risolto
niente. Riprese il suo cammino, canticchiando ovviamente “un po’ di musica mi farà sembrare più corta la
strada” pensò, e dopo tre giorni incrociò un gruppo di
ciclisti che si erano fermati per riposare e ristorarsi.
“Sicuramente non saranno musicisti”, pensò, e proseguì per il suo cammino, quando uno di loro tirò fuori
dallo zaino uno strano flauto ed iniziò a suonarlo,
Gianmusico spalancò le orecchie tornò sui suoi passi e
si avvicinò: era proprio un flautista...anzi no per essere precisi era un dudukista, visto che suonava un antico flauto della lontana Armenia chiamato appunto
duduk. Anche gli altri quattro ciclisti erano in realtà
musicisti: due violinisti, un violista ed un violoncellista. I cinque, nella loro sosta, improvvisarono un concerto per quartetto d’archi e duduk e Gianmusico
rimase ad ascoltare. Meraviglioso. Finito il concerto
applaudì entusiasta.
Grazie! – rispose Levon il suonatore di duduk – Sei
musicista anche tu? – chiese a Gianmusico –
Non esattamente, per ora il mio compito è quello
-
di salvare tutti i musicisti del mio paesone, obbligati a
fare silenzio, o tutt’al più a fare rumore, per colpa di
una legge del Re Comandone che, non potendo possedere la musica, l’ha proibita a tutti.
Uuh! Che difficile situazione! E come potrai aiutarli?
Devo sapere la musica, quando finisce, dove va.
Sapresti aiutarmi?
E Levon trasse dallo zaino un piccolo duduk e glielo
regalò
E cosa ci faccio con questo flauto? – disse sbigottito Gianmusico – la musica quando finisce va qua dentro?
Più o meno – rispose Levon – È un duduk arriva
dalla mia terra. Un flauto antichissimo, dal suono
dolce e sensuale. Lo suono in giro per il mondo, parla
del mio popolo, delle mie tradizioni, questo flauto sempre mi è stato utile nei momenti più difficili, mi ha
fatto conoscere moltissime persone interessanti, mi ha
aiutato a risolvere tanti problemi, e sono sicuro che
aiuterà anche te nella tua impresa.
-
G
ianmusico non aveva risolto un bel niente ma
pensò bene di accompagnare quel quintetto e
per un buon tratto suonò il duduk con loro.
Ascoltando quell’antico flauto gli vennero in mente
paesaggi sconfinati, un popolo lontanissimo vestito
con ampi e coloratissimi abiti, assaporò profumi e
sapori orientali, immaginò città dalle immense piazze quadrate con montagne sempre innevate come
sfondo, fiere e sagre antiche da visitare e antichissimi
monasteri arroccati sulle rocce.
Gianmusico rimase in silenzio
e scoprì che la musica viaggia
e racconta ad ogni ascoltatore
ciò che ha visto, parla di
popoli, fa conoscere terre
lontane mai viste, è uno
scambio, è un dono.
Fu una giornata memorabile.
Arrivò poi il momento dei saluti.
Scommetto che state
andando a Rivoli dove suonerete
in un concerto il duduk
– disse Gianmusico –
Esatto! Arriveremo il 16 aprile
al Teatro di Rivoli…e tu come lo sai?
Ho qualche amico che sta
viaggiando nella stessa direzione,
sicuramente vi incontrerete.
È stato un vero piacere suonare
con te – disse Levon –
A dd io Gian mus i co ,
bu on vi aggi o!
-
“A
Gianmusico riprese a camminare e dopo tre
giorni piombò in uno sconforto infinito, da lui
dipendeva la salvezza musicale di tutto un
paese ma non aveva trovato la soluzione. Non sapeva
dove si nascondeva la musica una volta sparita alla fine
di un concerto, dopo una canzone o una serenata, eppure aveva chiesto a parecchi musicisti. Con sé aveva una
tromba, un duduk e, nella memoria, un canto africano,
tutti regali ricevuti da questi strani personaggi incontrati nel suo cammino. Nel mezzo del silenzio del bosco,
per sentirsi meno solo e meno sconsolato, mise mano alla
tromba ed iniziò a suonarla – già si è detto che era una
specie di Beethoven e Mozart messi assieme – ed all’improvviso l’aria si riempì di festa, il cielo pareva più colorato … risuonavano gli stessi ritmi e le stesse melodie che
aveva sentito dal Taurus Ensamble…“Ehi!” – esclamò
Gianmusico – “Ma…questo…è un miracolo!” – continuò a
suonare, gli alberi parvero più verdi, due formichine che
passavano di lì smisero di lavorare e si concessero un
minuto di danza sfrenata poi Gianmusico smise di
colpo, il silenzio divenne protagonista della scena, poi il
piccolo musicista riprese con più fato e più strepito e questa volta due picchi si unirono alla festa picchiettando a
ritmo di samba. Gianmusico smise di nuovo. Silenzio.
Poi riprese e si unirono due cornacchie che a ritmo di
mambo gracchiavano “Crack! Crack!”. “Ho capito! Ho
capito!!! – urlò Gianmusico – ma è chiarissimo e semplicissimo! Ecco la musica quando finisce dove va!”.
Suonava e smetteva. Risuonava e rismetteva. Era chiarissimo. La musica usciva da lui e tornava dentro lui, e
funziona così con tutti, ecco perché nessuno la possiede
ma tutti ne custodiscono un pezzo. Aveva trovato la soluzione, chissà se Comandone l’avrebbe compresa, lui che
non ascoltava niente. Gianmusico riprese il solo di tromba. La festa continuò fino a notte fonda e finì alle due
del mattino poi, stanco e spossato, crollò dal sonno, ma
con un sorriso sulle labbra. Ecco dove andava la musica
quando non la si sentiva più.
Durante la notte si alzò un fortissimo vento, ma
tanta era la stanchezza del piccolo musicista che non si
accorse di volare, trasportato da una tromba d’aria, in
un turbine di terra, rami e foglie fino al cielo per poi
cadere dolcemente, il mattino seguente, sul confine tra
la città e la foresta. Si svegliò di soprassalto per il ruzzolone fatto aprì gli occhi e si rese conto di essere davanti
alle mura del suo paesone, esattamente nel punto dove
era caduto quando il bersagliere lo aveva scaraventato
dentro un sacco fuori dalla città. Ma Gianmusico aveva
sognato tutto o davvero aveva incontrato le sorelle
Walachowsky, il cantante africano Tatè, il flautista
armeno Levon ed il Taurus Ensamble? Si guardò intorno,
un po’ intontito e vide accanto a lui un sacco con dentro
una tromba ed un duduk, si ricordava anche della canzone africana. Sogno o realtà poco importava, l’unica
cosa che contava è che era pronto per affrontare
Comandone, per di più aveva un piano.
Entrò per la porta principale del paese dando tutto
il fiato alla sua tromba e, si sa, in un paese silenziosissimo o al massimo con un po’ di rumore, quel suono rimbombò in ogni angolo, si sentì dentro i tombini, negli
sgabuzzini, dalla chiesa di Santa Cecilia fino alla
camera di Re Comandone che, per cambiare, stava appi-
solato sul suo enorme letto. Si svegliò di soprassalto, più
che mai innervosito e su tutte le furie: qualcuno stava
suonando musica! non rumori! Gianmusico con tutta
forza e convinzione si avvicinava al palazzo reale suonando allegramente la tromba e in un batter d’occhio,
anzi d’orecchi, un manipolo di guardie lo accerchiò e lo
portò davanti a Comandone che, nel frattempo, s’era
messo mantello e corona. Quando dal suo trono vide
Gianmusico urlò:
Ancora tu! Non ti è bastata la prigione?
Ti punirò doppiamente! Primo perché sei già
scappato dalle segrete del castello e secondo perché sei tornato strombazzando
allegramente… per di più svegliandomi!...quindi: doppiamente in prigione!!!
Eh no! – ribattè Gianmusico – già
l’altra volta sono stato in prigione solo perché avevo cantato, e per di più per il suo compleanno! E lei mi rispose “E adesso cosa me ne
faccio di questa musica? Che me ne faccio di qualcosa che
quando finisce se ne va?”. Signor Comandone, basta con
questa stupida proibizione! Il rumore non serve a nessuno e, anzi, fa molto male! E poi, finalmente, so dove va la
musica quando non la si sente più, così che potrà averne
quanta ne vuole.
Comandone spalancò gli occhi e, per la prima
volta, anche le orecchie. Possibile che, finalmente, avrebbe potuto possedere anche la musica?
Ti starò a sentire: ma fai attenzione, se mi stai mentendo metterò in prigione te, la tua famiglia, e i tuoi amici,
ed imparerai così a pensare due volte prima di parlare.
-
-
Gianmusico non si fece intimorire e, prima che
Comandone avesse finito di parlare, aveva preso il duduk
regalatogli da Levon e, davanti a tutte le guardie, iniziò
a suonarlo nella maniera più espressiva che poteva.
Comandone rimase a bocca aperta, iniziò a sentire profumi d’oriente, si vide in una fiera in un lontano paese dell’est, attorniato da gente dai vestiti coloratissimi, attraversando piazze immense e visitando monasteri perduti.
Gianmusico finì di suonare e Comandone, che non
aveva mai provato nulla di simile, perché in realtà non
aveva mai ascoltato musica – preoccupato com’era
solo di possederla – balbettò… “ a - a a n – c o o
– o – r a , p – p p – p e r f a – f a – f a – v o o o – r e ”.
Comandone per la prima volta aveva
scoperto che la musica poteva trasportare in
luoghi sconosciuti e magici. Bastava ascoltare.
Anzi gli era venuta una grandissima voglia di
viaggiare e vedere dal vivo quei posti che il duduk gli
aveva fatto immaginare. Gianmusico mise da parte il
flauto e cantò la canzone che gli aveva insegnato Tatè,
quella lenta, profonda e triste, che parlava di gente in
viaggio senza una meta, costretta a lasciare case e famigliari, per sempre. E qui, dalle grosse e pesanti palpebre
di Comandone, scese una lacrima, si, una sola, ma
grande quanto un pugno. Comandone aveva appena
scoperto che la musica arrivava dritto ai sentimenti,
muovendoli tutti, sperimentò che la musica aveva il
potere di farci sentire uniti attraverso le emozioni, di
fatto anche lui, che era grande e grosso, ricco e potente,
ora stava piangendo come avevano fatto quei profughi
nella canzone. F u u n m o m e n t o m e m o r a b i l e .
G
ianmusico prese infine la tromba e si mise
a suonare temi e ritmi festosi ed allegri.
Il piedone di Comandone iniziò a battere
il tempo, senza che lui se ne accorgesse, le sue dita
iniziarono a tamburellare il ritmo sui braccioli
del trono ed un aperto sorriso illuminò il suo volto,
aveva provato che la musica è una festa enorme,
e più gente la condivideva maggiore era
il divertimento.
Gianmusico smise di botto.
Comandone ebbe uno scossone ed urlò: “ N o !
A n c o r a ! A n c o r a ! ”.
Gianmusico riprese e poi
si rifermò di botto.
E Comandone:
“Noo!! A ncora! !!
A ncor a!! ! !”
-
E Gianmusico gli rispose:
Ora, signor Comandone, ha capito la musica,
quando finisce, dove va? Non si nasconde, in cielo o
dietro un albero di melo, non va in fondo al mare o
sparisce senza più tornare, non scappa lontano per
non farsi pigliare. Semplicemente aspetta che qualcuno la ascolti, e mi creda, ne siamo tutti avvolti.
Insomma Re Comandone, ha capito la musica quando
finisce dove va? Passando per le orecchie, entra dentro
noi, e lì sta. Lì nel più profondo cresce, crea un mondo,
da noi entra ed esce. Ciascuno di noi parecchia musica custodisce, la abbiamo allegra, triste, azzurra o a
strisce. Il sole di notte non lo vede, ma lei sa che c’è, e
ci crede, così, quando una musica finisce, non è che
sparisce, semplicemente ci entra dentro e lì si ingrandisce. Signor Comandone, la musica non può chiuderla a chiave in uno scatolone, o in una cassaforte buia,
perché la ha già dentro! E’ di tutti, e, ascolti bene, è
anche già un po’ sua.
Comandone, che per la prima volta in vita sua
era rimasto ad ascoltare con attenzione, percepì chiaramente il messaggio. Era tutta una questione d’ascolto. Aveva aperto le sue orecchie e la musica gli era
entrata per la prima volta, ed ora che le prime note gli
stavano dentro la pancia, già aveva fame di nuovi
brani, di nuove canzoni, di nuovi concerti.
Incredibile la potenza delle orecchie. Guardò la
banda di bersaglieri con quegli strumenti stomacali a
tracolla e si mise a ridere a crepapelle, com’era possibile che avesse rifiutato per così tanto tempo la musica? Semplice: aveva una paio d’orecchie ma non le
aveva mai usate, erano nuove di zecca. Ed iniziò così
il rinascimento di quel paesone. Tutti gli strumenti
stomacali furono bruciati, i negozi di dischi ripresero
a vendere musica, le fabbriche di strumenti tornarono
a costruire preziosi corni, trombe, violini e pianoforti…tutti senza “s” davanti! Gianmusico potè rivedere i
suoi cari, e venne nominato primo ministro della
musica. Si istituì, per legge, la settimana della musica,
nella quale nessuno andava a lavorare e la città si
riempiva di piccole e grandi orchestre che suonavano
da mattina a sera. Decretò anche il giorno delle orecchie nel quale tutti i cittadini dovevano fare un controllo dal medico per accertarsi di ascoltare bene, da
tutte e due le orecchie ovviamente. Se qualcuno sentiva solo da un orecchio gli si dava subito una buona
razione di musica affinché recuperasse il doppio dell’udito.
Vissero tutti felici e contenti ed alle porte del paese
venne anche messo un enorme cartello che diceva:
“ Han no tu tti du e o re cch i e e d una b occa
in questa città:
P er ch é qui tutt i as co l tano i l d o ppio
e parlano la me tà!”
RIvolimusica 2010 2011,
stagione concertistica dell’Istituto Musicale Città di Rivoli
Il racconto di Rivolimusica
Testo: Paolo Cascio
Voce recitante: Enrico Dusio
Disegni: Danilo Paparelli
Progetto a cura di: Andrea Maggiora
Grafica: Creative [z]one
Hanno partecipato le scuole:
C. Perone
Walt Disney
Casa del Sole
Vittorino da Feltre
Le Maestre:
Claudia Bassini
Manuela Bianco
Laura Bona
Giovanna Bonardo
Franca Bruno
Cristina Capelli
Monica Costa
Franca Dongiovanni
M. Cristina Giardina
Barbara Godina
Nella Gullo
Luciana Osenda
Angela Paolucci
Eliana Pozzato
Silvia Rosabrusin
Luisa Sburlati
Rosalina Tagliarin
Stefania Verme
Francesca Versaci
Un ringraziamento a: Sara Musso
Il racconto
di Rivolimusica
con il contributo tradizionale di
La musica trasforma le diversità in speranza,
ogni sfida in azione, i sogni in realtà.
J. A. A
Il filo rosso che unisce i progetti legati a RIvolimusica, stagione concertistica annuale dell’Istituto Musicale, è la sperimentazione di formule innovative volte a coinvolgere e formare
un nuovo pubblico di giovani ascoltatori, che ci piace immaginare bisognoso di esperienze musicali, frutto di ascolto
libero da condizionamenti e assolutamente necessario alla
propria crescita.
Il racconto di Rivolimusica è una fiaba pensata per accompagnare gli spettatori/ascoltatori delle scuole elementari di
Rivoli in un viaggio attraverso le musiche, i personaggi le
situazioni immaginarie e non della stagione concertistica
Rivolimusica 2010 2011. Il racconto è stato scritto da Paolo
Cascio, ha preso vita con la narrazione di Enrico Dusio e le
illustrazioni disegnate in “tempo reale” da Danilo Paparelli
durante gli spettacoli.
Nella seconda fase del progetto è stato chiesto ai bambini di
produrre a loro volta, (a scuola e con l’aiuto delle loro
Maestre), materiali ispirati al racconto, disegni, storie e musiche, che saranno poi raccolti e inseriti nella pubblicazione
della prossima edizione 2011-2012.
La produzione di questo album con i disegni da colorare (consegnato alle classi “in cambio” degli elaborati) rappresenta un
ulteriore supporto alla divulgazione dei contenuti culturali e
musicali, che speriamo siano stati assimilati e fruiti dalle
bambine e dai bambini che hanno partecipato agli incontri.
Ringrazio di cuore tutti coloro che hanno, con entusiasmo,
lavorato alla realizzazione di questa idea.
Andrea Maggiora
(direttore artistico RIvolimusica)