La formazione va in scena - Formazione

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La formazione va in scena - Formazione
gennaio 2010
La formazione va in scena
di Maria Buccolo ed Elisabetta Tonon
“Credo che se continuo a fare teatro è
perché esso mi permette di incontrare uomini e donne
che non si sentono a proprio agio nelle loro condizioni
e continuano ad alzarsi in punta dei piedi
come se un giorno potessero volare.”
(E. Barba)
Perché il Teatro d’Impresa?
Il concetto di base che ha guidato le nostre ricerche sull’applicazione delle metodologie
teatrali in azienda è l’idea di una formazione che favorisca l’apprendimento attraverso
l’esperienza diretta che conduce al cambiamento individuale, in cui possono essere
stimolati nella persona gli ambiti cognitivo, emotivo e comportamentale. L’approccio
teatrale nella formazione tiene conto della complessa relazione esistente tra la dimensione
razionale, quella operazionale e quella emozionale nel processo dell’apprendimento.
Affinché si possa realizzare un approccio integrato in formazione è di fondamentale
importanza utilizzare metodologie che sappiano ben coniugare le tre sopra citate
dimensioni. È per questo che la scelta ricade nell’ambito dell’approccio della Ricerca Azione
Partecipativa e del Teatro (Orefice, P., 2006).
L’uso della metodologia del Teatro Ricerca Azione Partecipativa nelle organizzazioni che
apprendono (T.R.A.P.), si presenta come un approccio di tipo partecipativo, basato
sull’interazione continua tra il formatore e il gruppo in apprendimento. L’uso di tale
metodologia di lavoro in aula permette l’emergere e lo sviluppo dei saperi individuali e
collettivi dei soggetti coinvolti nel processo formativo; fa riferimento ai processi mentali
(razionali, operazionali, emozionali) di costruzione dei significati, orientandoli verso
significati ludici che vengono applicati ai segni presenti nella vita personale e collettiva delle
organizzazioni. Tale metodologia viene veicolata attraverso tecniche e strumentazioni
ludiche quali il teatro ed il gioco, situate nei contesti personali e professionali.
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Il Teatro d’Impresa offre - dunque - alle imprese un contesto sufficientemente lontano da
quello strettamente professionale, in cui è più facile, in modo indiretto, accettarsi, riflettere
su se stessi e pensare ad un miglioramento, poiché il teatro gioca sull’emozione, sorgente
di azione e motore di cambiamento. L’obiettivo è quello di integrare la comprensione
intellettuale dei problemi e delle soluzioni con l’esperienza, cioè la capacità di apprendere in
maniera “olistica” coinvolgendo mente, corpo ed emozioni. In tal modo il processo di
apprendimento avviene in maniera naturale e spontanea, ma nello stesso tempo potente e
senza sforzo poiché si attivano tutte le componenti dell’intelligenza umana (Buccolo, M.,
2008).
Le formule del Teatro d’Impresa
Il nostro gruppo – in virtù delle variegate figure professionali di cui è composto – è in grado
di utilizzare tutte le formule del Teatro d’impresa esistenti, tra le quali il Teatro-Azione, il
Teatro Forum e altre varianti mutuate dal Teatro dell’Oppresso, la clown analyse, il teatro
“chiavi in mano”, il teatro “su misura”, il teatro-gioco e “L’omicidio su ordinazione”. In
particolare, le ricerche svolte hanno portato il gruppo a creare dei mix personali e originali
di alcune di queste pratiche.
Una di queste è il Teatro Forum che il gruppo ha potuto apprendere e sperimentare
all’interno del progetto Tejaco, grazie a un transfert svolto con dei form-attori francesi e
culminato con l’incontro e l’intervista ad Augusto Boal, inventore del metodo, tenutasi a
Parigi il 25 marzo 2009, in occasione della Giornata Mondiale Del Teatro. Il teatro forum,
implica la messa in atto di tecniche, proprie del teatro, capaci di incoraggiare all’azione. Gli
spettatori sono stimolati ad intervenire nella rappresentazione e ad apportare le proprie
soluzioni ai problemi che si presentano. In genere, dopo aver analizzato la problematica, la
squadra di animatori del teatro-forum realizza la messa in scena dei principali temi
individuati. Le sequenze teatrali vengono recitate una prima volta davanti al pubblico, in
seguito nel corso di una replica dove gli spettatori sono invitati ad intervenire per proporre i
propri punti di vista e fare proposte di cambiamento. Si avvia, quindi, una sequenza di
improvvisazioni tra gli attori iniziali (professionisti dello spettacolo) e i loro sostituti
(spettatori attivi dipendenti dell’impresa), in una sessione detta appunto “forum”, che
consiste nel vivere recitando le conseguenze dei tentativi proposti. (Buccolo, M., 2008). Un
valore aggiunto sta nella parte precedente alla creazione dello spettacolo, che viene
mutuata dal Teatro-Azione. Il form-attore anima il gruppo con degli esercizi di training
per riscaldare il clima e favorire le dinamiche relazionali. In seguito, presenta le tematiche
per la costruzione di una rappresentazione teatrale. Il lavoro all’interno del gruppo va dalla
scrittura del canovaccio alla suddivisione dei ruoli. La scena prodotta dal gruppo viene
rappresentata davanti ad un pubblico formato dagli stessi colleghi di lavoro (Buccolo, M.,
2008). Questo metodo si è rivelato estremamente efficace tutte le volte che è stato
applicato, poiché permette ai partecipanti di divenire protagonisti nella loro vita
professionale, in quanto da la possibilità di far passare le persone all’azione attraverso il
movimento, permette loro di osare e le fa lavorare alla ricerca di nuove soluzioni,
implicando il coinvolgimento totale della persona. Infatti, il Teatro dell’Oppresso ha due
principi fondamentali: primariamente aiutare lo spettatore (passivo e ricettivo) a
trasformarsi in protagonista di un’azione drammatica, diventando il soggetto
trasformatore; secondariamente non accontentarsi delle semplici riflessioni sul passato, ma
prepararsi per il futuro. Un’azione immaginaria si sostituisce ad un’azione reale, per
provocare una reazione del tipo “io vedo, dunque io agisco” (Buccolo, M., 2008).
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Una variante della clown analyse è un’altra possibilità.
La clown analyse è una
metodologia in cui chi riveste il ruolo di clown durante le riunioni di lavoro o altri momenti
aziendali, esprime a caldo l’eventuale “non-detto” ed i discorsi latenti. Egli agisce come un
analista istituzionale, restituendo in tempo reale le dinamiche interne al gruppo, le
contraddizioni, le incongruità, svelando i rapporti di forza e interpretando le obiezioni
sottese di ciascuno. Il clown-analista, nascosto dietro le quinte, tende le orecchie per
ascoltare quello che si dice nel gruppo dove interverrà all’improvviso. La sua sola
preparazione è fare un po’ di intrattenimento con i membri dell’impresa che hanno richiesto
questo tipo di intervento. Egli s’introduce durante le riunioni o congressi su richiesta.
Le ragioni degli interventi di clown analisi sono diversi e vanno dal far passare dei messaggi
difficili al disinnescare dei conflitti. Il clown funge da intermediario tra il dirigente ed il
personale dell’azienda. Il “folle del Re” interviene per disturbare, turbare, cambiare gli
sguardi, imitare e rendere la situazione comica. È un metodo che se si adatta bene alle
esigenze e allo spirito aziendale, favorisce lo sviluppo di un clima positivo soprattutto nel
lavoro di squadra e porta benessere psico-fisico attraverso la dinamicità e l’ironia che è
alimentata dalla presenza del clown (Buccolo, M., 2008).
La variante italiana di questa formula – sperimentata dal nostro team nell’Unità di Ricerca
di Firenze per la prima volta all’interno del Progetto Europeo Tejaco - prevede un
personaggio di Commedia dell’arte (ad es. il dottor Balanzone), che si inserisce alla fine di
un percorso formativo o di una convention, per condurre il pubblico a tirare le conclusioni
della giornata. Le riflessioni del personaggio creano un originale e graffiante de-briefing col
linguaggio ironico e dissacrante della commedia dell’arte.
Un’altra formula, fiore all’occhiello del nostro gruppo, è la Commedia delle Professioni
(La Maschera e la Commedia dell’Arte applicate all’impresa), ideata e sperimentata
all’interno del progetto Tejaco.
Il nome “commedia delle professioni” nasce da un gioco di parole legato alle origini della
Commedia dell’arte. La prima volta che s'incontra la parola commedia dell'arte è il 1750 ne
Il Teatro Comico di Carlo Goldoni. In italiano il termine "arte" aveva due significati: quello
di opera dell'ingegno ma anche quello di mestiere, lavoro, professione (le Corporazioni
delle arti e mestieri). La Commedia dell'arte – dunque - come "commedia della
professione" o "dei professionisti".
Con l'integrazione del lavoro sulla maschera all'interno delle procedure di formazione col
Teatro-Azione, il laboratorio ha questa organizzazione: un primo spettacolo di commedia
plautina e\o di commedia dell'arte è rappresentato dagli attori professionisti; alla fine della
rappresentazione il pubblico viene suddiviso in gruppi di lavoro guidati da un Form-attore;
il Form-attore anima il gruppo con degli esercizi di training. In seguito presenta le
tematiche per la costruzione di una rappresentazione teatrale, in particolare con l’uso del
mascherone intero della commedia plautina e\o con l’uso della mezza maschera della
commedia dell'arte e i suoi tipi fissi. Il gruppo scrive il canovaccio e si suddivide i ruoli. La
rappresentazione prodotta dal gruppo verrà rappresentata davanti ad un pubblico formato
dagli stessi colleghi di lavoro. Una variante è quella della ricerca del proprio tipo fisso. Le
esperienze degli attori di commedia dell'arte coinvolti nel progetto ha fatto emergere
quest'ulteriore ipotesi, secondo cui ognuno di noi abbia un “suo” tipo fisso, che gli riesce
più facile interpretare nel gioco teatrale. Spesso dietro quest'attitudine può nascondersi la
nostra reale personalità o quella che ci piace “giocare” poiché diametralmente opposta alla
nostra. Il gioco della scoperta del proprio tipo fisso ovvero della maschera dietro cui spesso
ci si nasconde, offre – dunque - la possibilità di accrescere i livelli di autoconsapevolezza e,
conseguentemente, di accettazione dell'altro, dei suoi limiti e delle sue capacità.
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Il potenziale di questo genere sta – dunque - nel linguaggio, nelle modalità di
comunicazione che gli attori utilizzano per svolgere le loro performance, sta nella miscela e
nell’uso di forme espressive diverse, ma leggibili a qualsiasi latitudine e da qualsiasi
persona.
Il nostro gruppo “Formazione va in scena”
La Formazione va in Scena è un ensemble di Ricercatori, Pedagogisti e Form-attori che si
occupa dell’applicazione delle metodologie ludiche, come il Teatro e il Gioco, nei contesti
Formativi. Nasce dalla collaborazione di Maria Buccolo ed Elisabetta Tonon, che fin dal 2002
realizzano laboratori, performance e ricerche sulla metodologia del Teatro d’Impresa. Il
gruppo si è arricchito nel corso degli anni di altri esperti - tra cui è d’uopo nominare Silvia
Mongili, che si occupa in particolare della valutazione delle pratiche di pedagogia ludica conosciuti durante esperienze di formazione e ricerche condotte sia in Italia che all’estero.
Si è creato così un gruppo ampio che, attorno al nucleo originario, ha sviluppato numerose
esperienze e collaborazioni con Università, Imprese e diversi Enti sia nazionali che
internazionali.
L’esperienza maturata grazie alle attività di ricerca e formazione ha dato vita al Progetto
Europeo Leonardo da Vinci - Transfert Multilaterale dell’Innovazione dal titolo: Tejaco “Il
teatro e il gioco in azienda per favorire il cambiamento organizzativo”, che ha visto
coinvolti quattro paesi (Francia, Italia, Romania e Belgio). Tejaco è stato il primo progetto
europeo ad interessarsi della formalizzazione, della modellizzazione e capitalizzazione delle
buone pratiche di formazione ludica in azienda. L’Università di Firenze, nello specifico la
Cattedra di Pedagogia Sociale diretta dal Prof. Paolo Orefice, con il quale tutto il gruppo
della FVS collabora, ha contribuito alla ricognizione teorica del Progetto, partendo - come
base scientifica - dalla tesi di dottorato di ricerca di Maria Buccolo.
Questo gruppo di ricerca ha – inoltre - organizzato il primo Forum Internazionale del
Teatro e del Gioco nelle Organizzazioni (FITGiO) in Italia che si è tenuto presso la
Facoltà di Scienze della Formazione di Firenze il 12 Giugno 2009. FITGiO è stato un luogo
d’incontro e di confronto per tutti i docenti, ricercatori, formatori, educatori, animatori e
operatori che si occupano dell’applicazione di metodologie ludiche nei contesti organizzativi.
Hanno preso parte alla manifestazione anche form-attori provenienti dall’Italia e dall’estero,
presentando dei canovacci scritti da lavoratori aziendali che sono stati messi in scena da
attori professionali e non. Durante tutta la giornata si sono tenuti anche degli atelier di
formazione teatrale e ludica con la sperimentazione di diverse pratiche esperienziali.
Al Forum Internazionale del Teatro e del Gioco nelle Organizzazioni è stato presente per la
prima volta in Italia Christian Poissonneau, il Direttore del Théâtre à la Carte di Parigi,
conosciuto in tutto il mondo come il più noto divulgatore delle metodologia del “Teatro
d’impresa”, che ha messo in scena due spettacoli con la formula del Teatro Interattivo sulle
tematiche della Valutazione delle Performance e del Mobbing.
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Note sugli autori
Maria Buccolo, Dottore di ricerca in “Progettazione e valutazione dei processi formativi” e
Docente a contratto di Teatro e Formazione presso la Facoltà di Scienze della Formazione
dell’Università degli Studi di Roma Tre. Nel Progetto Europeo Leonardo da Vinci Transfert
multilaterale dell’innovazione - TEJACO - “Il Teatro e il gioco per accompagnare il
cambiamento nelle organizzazioni” coordina le attività di sperimentazione per l’Italia nel
gruppo di ricerca della cattedra di Pedagogia Sociale presso la Facoltà di Scienze della
Formazione dell’Università degli Studi di Firenze e si occupa di formazione e consulenza su
tematiche legate alla comunicazione e all’apprendimento organizzativo. È tra i primi
studiosi ad interessarsi di ricerca sulla metodologia del teatro d’impresa sia in Italia che
all’Estero.
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Elisabetta Tonon, Attrice professionista ed Esperta dei processi formativi, laureata in
Scienze dell’Educazione con tesi sulla figura professionale del Form-attore. E’ Cultrice della
materia di Teatro e Formazione presso la Facoltà di Scienze della Formazione dell’Università
degli Studi di Roma Tre. Nel Progetto Europeo Leonardo da Vinci Transfert multilaterale
dell’innovazione - TEJACO - “Il Teatro e il gioco per accompagnare il cambiamento nelle
organizzazioni” è la prima Attrice italiana a partecipare alle attività di sperimentazione per
l’Italia nel gruppo di ricerca della cattedra di Pedagogia Sociale, presso la Facoltà di Scienze
della Formazione dell’Università degli Studi di Firenze. Come esperta di commedia dell’arte
– all’interno del progetto Tejaco - ha creato con Maria Buccolo una nuova pratica di teatro
d’impresa denominata La Commedia delle Professioni (La Maschera e la Commedia dell’Arte
applicate all’impresa). Fa attività di formazione e animazione applicando la metodologia del
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