scheda vizio di forma - Il cineforum "Il posto delle fragole"

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scheda vizio di forma - Il cineforum "Il posto delle fragole"
29° film“Cineforum il posto delle fragole”22 Ed
VIZIO DI FORMA
Regia: Paul Thomas Anderson Con: Reese Witherspoon - Jena Malone - Joaquin Phoenix - Sasha
Pieterse - Josh Brolin - Katherine Waterston - Benicio Del Toro - Owen Wilson - Jillian Bell - Eric
Roberts - Michael Kenneth Williams - Martin Short - Maya Rudolph -Wilson Bethel - Sam
Jaeger Anno: 2015
Sinossi
“Vizio di Forma”, adattamento del settimo e più divertente romanzo di Thomas Pynchon, è il
settimo film scritto e diretto da Paul Thomas Anderson - ed il primo vero adattamento della
leggendaria inventiva e dei lavori culturalmente caleidoscopici di Pynchon. Un noir surf, in cui la
storia è avvolta nella foschia fumosa e nella luminescenza al neon della controcultura americana,
per mezzo di una rotazione psichedelica del classico racconto poliziesco.
L’ex compagna del detective Doc Sportello si rifà viva all’improvviso con una storia sul suo attuale
fidanzato miliardario, del quale, si da il caso, sia innamorata. Le trame della sua ex moglie e del suo
ragazzo per rapire il miliardario, portano il detective sull’orlo della pazzia…
Siamo alla fine degli psichedelici anni ’60,
‘paranoia’ è la parola più ricorrente ‘ e Doc
sa che “love” è un’altra delle parole, come
“trip” o “groovy”, che vengono usate a
sproposito—solo che quest’ultima in genere
porta guai.
Con un cast di personaggi che include
surfisti, truffatori, tossici e rocker, uno
strozzino omicida,
detective della polizia di Los Angeles, un
musicista di sax tenore in incognito ed una misteriosa entità conosciuta come Golden Fang (Zanna
d’Oro), che potrebbe essere solo un modo per evadere le tasse messo in atto daqualche dentista...è
in parte un noir della California, in parte un caos allucinogeno ed anche un omaggio
cinematografico a tutto campo al mondo dei personaggi estremi di Pynchon, intrisi di intuizioni
letali e profondo desiderio.
Un estratto da un approfondito articolo sulla rivista: Internazionale: ecco il link
http://www.internazionale.it/opinione/christian-raimo/2015/02/26/vizio-di-forma-paul-thomasanderson scritto da Cristian Raimo
Uscito l’autunno scorso negli Stati Uniti e oggi in Italia, Vizio di forma di Paul Thomas Anderson è
un film (il suo settimo) meraviglioso e – nonostante sia il parto di un regista iperconsapevole e
cinefilo – non dichiara di esserlo ogni minuto, anzi dissimula il suo splendore in una specie di
indolenza che è la stessa del suo protagonista Larry Sportello detto “Doc” (Joaquin Phoenix),
investigatore privato hippie nella Los Angeles del 1970, città epitome per Anderson, città alla
deriva. DaBoogie nights a Ubriaco d’amore altro non è che la sintesi di ogni declinazione
incantevole o terribile del sogno americano.
Questo mondo rovesciato in cui veniamo catapultati da subito – paradiso artificiale, terra di
nessuno, inferno da B-movie – Anderson in questo caso lo mutua dal libro di Thomas Pynchon del
2009, Inherent vice in inglese (“vizio intrinseco”, o ancora meglio, “difetto di struttura”), dando
corpo a una serie di ipotesi che prima di questo film e dopo questo film risultano chiaramente
impossibili: sceneggiare un libro di Pynchon, portare sullo schermo un libro di Pynchon, realizzare
un capolavoro da un libro di Pynchon.
Ma, incredibile dictu, la scommessa del regista è riuscitissima; e lo è per una premessa che,
rischiando il peggiore fallimento, gli rende possibile invece avvicinarsi alla grazia. Essere
fedelissimo, al limite del didascalico, alle pagine del romanzo. Certo, ci si può chiedere come è
possibile trasformare la prosa espressionista, multidimensionale, di Pynchon in un semplice 2d –
tutta quell’immaginazione, tutta quella esplosione onirica ridotte a un prodotto hollywoodiano – ma
anche al tempo stesso si fa bene a domandarsi se fotografare un caleidoscopio non può sprigionare
risultati strabilianti.
Siamo nell’ambito dello spirituale, comunque. E, appunto, Vizio di forma inizia con due angeli.
Il primo è la narratrice, Sortilège. Interpretata dalla cantautrice arpista Joanna Newsom, è una
figura, forse più che angelica, orfica: il suo compito è evocare il passato anche molto prossimo
davanti ai nostri occhi. Appare subito per qualche frame e ci fa entrare nella storia, alle volte
entrando in scena come un personaggio qualunque dall’aria fantasmatica, molto spesso con la sua
voce off. Sempre, comunque: malinconica, sonnolenta, un presagio.
Il secondo angelo ci viene presentato proprio da lei, ed è venuto a portare un annuncio a
Doc.Questo è l’incipit pynchoniano di Vizio di forma. L’angelo è Shasta, ex fidanzata di Doc, che
“prima vestiva immancabilmente in sandali, slip di bikini e maglietta stinta di Country Joe & the
Fish. Stasera invece era tutta in stile-terraferma”.
Le restanti due ore circa di Vizio di forma sono un viaggio senza freni, digressivo, lebowskiano, in
questo mondo di seccature, tra bande di motociclisti ariani, sette pseudoreligiose, avvocati male in
arnese, organizzazioni massoniche di dentisti, poliziotti corrottissimi, gangsteracci poco credibili,
federali vagamente omofili, infermieri di cliniche riabilitative, stelle del rock in disarmo, tossici di
ogni tipo, e tutta una fauna di reduci di una stagione breve, brevissima, appena finita.
Sì, la California del 1970 è già un mondo in declino. L’utopia della rivoluzione sessuale, della
liberazione psichedelica, della lotta studentesca si è adulterata in una visione puramente nostalgica
(come il flashback struggentissimo che rievoca una corsa di Doc e Stasha sotto la pioggia al tempo
del loro incredibile amore), mentre il presente ora è tutto pieno di cattive vibrazioni; il concerto dei
Rolling Stone ad Altamont con i suoi morti e le violenze degli Hells Angels, gli omicidi della
Manson Family gettano la loro ombra sulle spiagge assolate e i loro bungalow.
E nella colonna sonora (pure qui una colpevole mancanza nelle candidature agli Oscar), questa
poetica è addirittura dichiarata. Nei pezzi che ha composto Jonny Greenwood (chitarrista dei
Radiohead che aveva già lavorato al Petroliere e a The master) e nelle altre canzoni scelte, non
troviamo un semplice gusto vintage di rievocare un’epoca e di ritrovarne il ritmo perduto – fate per
esempio il confronto con la colonna sonora del Grande Lebowski o di American hustle.
La colonna sonora di Vizio di forma non è solo squinternata, sghemba, disturbante, alle volte horror:
è dolorosa. E lo è perché non pacificato, straziante, tormentoso è ritornare sui luoghi in cui si
consumò quella frattura tra una breve stagione sognante e la lunga era che arrivò subito dopo: quel
reaganismo che nemmeno oggi possiamo decretare concluso. Perciò la lancinante nostalgia di Doc
per l’amore perduto con Stasha (“sono diventata la puttana di un palazzinaro”, gli dice lei in una
scena di sesso che da sola sarebbe valsa una nomination anche per Phoenix e la Waterston) ci tocca,
ci fa male.
Prossimo film giovedì 26 maggio : LE RICETTE DELLA SIGNORA TOKU di N. Kavase