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IAB ITALIA
Rassegna Stampa del 02/03/2015
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INDICE
IAB ITALIA
02/03/2015 Financial Times
Privacy concerns colour success of the smartphone
16
02/03/2015 Financial Times
Backers bet on start-ups as hopes of profits rise
18
02/03/2015 DailyNet
Carlo Noseda: bilancio del primo anno da presidente
20
02/03/2015 DailyNet
Zodiak Advertising nomina Mikel Lekaroz nuovo direttore generale della Spagna
22
02/03/2015 Pubblicita Today
People
23
02/03/2015 Pubblicita Today
E-Business Consulting, online un progetto per supportare le aziende nell'adv web
24
02/03/2015 Pubblicom Now
Zodiak Advertising nomina Mikel Lekaroz direttore generale della Spagna
25
ADVERTISING ONLINE
01/03/2015 Il Sole 24 Ore
Lo «strappo» alla prova della Borsa
27
01/03/2015 Il Sole 24 Ore
L'iperconnettività da governare
28
01/03/2015 Il Sole 24 Ore
Rete mobile a prova di neutralità
30
02/03/2015 Il Sole 24 Ore
Dodici emergenti in vetrina sul web
32
28/02/2015 La Repubblica - Nazionale
Banda ultralarga, martedì il piano del governo
33
28/02/2015 La Repubblica - Nazionale
La sfida fashion va online
34
01/03/2015 La Stampa - Nazionale
Ecco come sarà la nuova tecnologia, per scaricare un film basterà un minuto
35
02/03/2015 Il Messaggero - Nazionale
Telecom, riapre il cantiere Metroweb*
36
28/02/2015 ItaliaOggi
L'Italia è la Cenerentola digitale grazie a Madia e Poggiani
38
28/02/2015 ItaliaOggi
Ft riduce il numero degli articoli gratuiti sul web
40
28/02/2015 ItaliaOggi
Brindani spiega i segreti del boom di Oggi.it
41
28/02/2015 ItaliaOggi
Bonus e-commerce Istanze in 8 giorni
42
02/03/2015 La Repubblica - Affari Finanza
Gentz, i record di Mr Zalando
43
02/03/2015 La Repubblica - Affari Finanza
Axélero vetrine online per piccole imprese e professionisti
46
02/03/2015 La Repubblica - Affari Finanza
Venti milioni di italiani su Facebook e il social ora piace anche ai più anziani
47
02/03/2015 Corriere Economia
Instagram Il vero gioiello tra i tanti amici di Zuckerberg
48
02/03/2015 Corriere Economia
Un piano di ecommerce per lo sbarco a Pechino
50
02/03/2015 ItaliaOggi Sette
Fare impresa resta un'impresa
51
02/03/2015 ItaliaOggi Sette
Shopping, prima si va sul web
52
28/02/2015 Milano Finanza
Hi-tech, via al fronte europeo
54
02/03/2015 Brand News Today
E' #dressgate, i brand si gettano sul real time mktg
56
02/03/2015 Brand News Today
News 3.0 affida la raccolta di Lettera43 a WebSystem
57
02/03/2015 DailyMedia
Brand Expedia.it: "Chi viaggia fa colpo!" nella nuova campagna di Ogilvy & Mather
58
02/03/2015 DailyMedia
Spot Secondamano sulle televisioni locali di Lombardia e Piemonte e online
59
02/03/2015 DailyNet
Banzai, nel 2014 ricavi a 185 milioni, +21% rispetto allo scorso anno
60
02/03/2015 DailyNet
Affidata a WebSystem la raccolta pubblicitaria di Lettera43
61
02/03/2015 DailyNet
Made.com lancia il social Unboxed e cresce del 100% anno su anno
62
02/03/2015 DailyNet
YouTester: selezionati i tre finalisti dell'Academy di OmniAuto.it
63
02/03/2015 DailyNet
Eventi Barcellona: al via da oggi il Mobile World Congress 2015
64
02/03/2015 DailyNet
Approfondimenti Il video che non ti aspetti: viewability e adv outstream secondo
Teads
65
02/03/2015 DailyNet
Twitter annuncia due nuove funzionalità per quantificare il roi delle campagne social
66
02/03/2015 Pubblicita Today
A WebSystem la raccolta pubblicitaria di Lettera43
67
02/03/2015 Pubblicita Today
OMD lancia Newsroom
68
02/03/2015 Pubblicita Today
Chiude in positivo la Social Media Week. Milano sempre più 'smart city'
69
02/03/2015 Pubblicom Now
A WebSystem la raccolta pubblicitaria di Lettera43
70
02/03/2015 Pubblicom Now
agenda della settimana
71
27/02/2015 Data Manager
CRESCERE DICITALIANI L` loE SECONDO CISCO
72
27/02/2015 Data Manager
CHI PROTEGGE i nostri dati?
74
02/03/2015 Computer Idea!
Internet oggi è più popolare della TV
79
02/03/2015 EO news
Digimax
80
27/02/2015 ADV Advertiser.it
Lettera43 affida la raccolta pubblicitaria a WebSystem
82
27/02/2015 ADV Express
A WebSystem la raccolta pubblicitaria di Lettera43
83
27/02/2015 e20express.it
La 'Communication Revolution' al centro del 42° general meeting Ehma di Ginevra
84
27/02/2015 Engage.it
Pubblicità su Google Play: al via i test delle Sponsored App
85
27/02/2015 Engage.it
Chi viaggia fa colpo con Expedia.it: nuova campagna tv, radio e online di Ogilvy &
Mather
86
27/02/2015 Engage.it
Lettera43 affida la raccolta pubblicitaria a WebSystem
87
27/02/2015 Pubblicitaitalia.it 02:14
Chrysler avvia revisione dell'incarico digital
88
27/02/2015 Pubblicitaitalia.it 01:35
ADTZ integra le campagne social e quelle tv con il Moment Marketing
89
28/02/2015 Yahoo Finanza 06:10
Tlc, Cisl e Fistel: imprese non paghino ritardi Agenda digitale
90
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO
28/02/2015 Corriere della Sera - Nazionale
Berlusconi, i possibili alleati e la partita Rai Way-Mediaset
92
28/02/2015 Corriere della Sera - Nazionale
Il piano per la rete Telecom
94
28/02/2015 Corriere della Sera - Nazionale
Si può piangere sul latte versato (che ci costerà 70 euro a testa)
96
28/02/2015 Corriere della Sera - Nazionale
Spread ai minimi, il Pil torna a salire
98
28/02/2015 Corriere della Sera - Nazionale
«Io c'ero. La minoranza non è omogenea»
100
28/02/2015 Corriere della Sera - Nazionale
Il segretario: Pier Luigi esagera i più giovani non lo seguiranno
102
28/02/2015 Corriere della Sera - Nazionale
Carfagna: si adegui alla maggioranza Da Raffaele solo provocazioni
104
28/02/2015 Corriere della Sera - Nazionale
denunciare i colleghi non è fare la spia
105
28/02/2015 Corriere della Sera - Nazionale
Ecco il Fondo «salva imprese», un miliardo e tetto di dieci anni
106
01/03/2015 Corriere della Sera - Nazionale
Lo scarso coraggio di Renzi
108
01/03/2015 Corriere della Sera - Nazionale
«Non tratto con Mediaset»
110
01/03/2015 Corriere della Sera - Nazionale
La scrittrice: «C'era più resistenza sotto l'Urss»
113
01/03/2015 Corriere della Sera - Nazionale
Il vaffa day del leader (in maglia nera) L'obiettivo è il partito del malcontento
115
01/03/2015 Corriere della Sera - Nazionale
Bossi: «Con Silvio è sbagliato rompere Il resto è transitorio»
117
01/03/2015 Corriere della Sera - Nazionale
Toti: «Copiano Grillo E come i 5 Stelle diventeranno irrilevanti»
118
01/03/2015 Corriere della Sera - Nazionale
La scelta «anomala» di D'Anna: i candidati dem meglio di Caldoro
120
01/03/2015 Corriere della Sera - Nazionale
«Fiat, Europa in pareggio nel 2015»
122
01/03/2015 Corriere della Sera - Nazionale
Franceschini, i musei e la riforma: «Nuovi direttori, è soltanto l'inizio»
125
02/03/2015 Corriere della Sera - Nazionale
Il fiore di Renzi (da spiegare)
127
02/03/2015 Corriere della Sera - Nazionale
«Così sta cambiando la destra»
128
02/03/2015 Corriere della Sera - Nazionale
Danni erariali Paga solo l'1,4%
130
02/03/2015 Corriere della Sera - Nazionale
Private, Sgravi fino a 4 mila euro
132
02/03/2015 Corriere della Sera - Nazionale
Le due piste del giallista «I servizi segreti o i gruppi nazionalisti»
134
02/03/2015 Corriere della Sera - Nazionale
Parte il Tfr in busta paga ma manca il testo definitivo Ecco quando conviene
135
02/03/2015 Corriere della Sera - Nazionale
Masullo: ognuno corre per sé e per i suoi Che vergogna, non è più un partito
136
02/03/2015 Corriere della Sera - Nazionale
«È Renzi che dà le carte, ha vinto il congresso Bersani deve accettarlo»
138
02/03/2015 Corriere della Sera - Nazionale
La Lega avverte (ancora) Berlusconi In Veneto l'ipotesi del commissario
140
02/03/2015 Corriere della Sera - Nazionale
Il dialogo con Maroni, Zaia e Bossi Le manovre di Forza Italia per riavvicinare il
Carroccio
142
02/03/2015 Corriere della Sera - Nazionale
Quelle feroci battaglie tra intellettuali
143
02/03/2015 Corriere della Sera - Nazionale
Ora tocca a chi pedala tendere una mano e rispettare di più il codice della strada
144
28/02/2015 Il Sole 24 Ore
Il dividendo europeo e la serietà necessaria
145
28/02/2015 Il Sole 24 Ore
La «nuova Milano» brinda al Qatar
147
28/02/2015 Il Sole 24 Ore
«Roma deve fare da guida nella mediazione in Libia»
149
28/02/2015 Il Sole 24 Ore
Il braccio di ferro con lo Stato e il futuro di Telecom
151
01/03/2015 Il Sole 24 Ore
Qe, conto alla rovescia: pronti 1.100 miliardi
152
01/03/2015 Il Sole 24 Ore
I paradossi dell'Europa a tassi zero: con il mutuo si può guadagnare
154
01/03/2015 Il Sole 24 Ore
Quelle «valutazioni relative» che gonfiano la bolla
156
01/03/2015 Il Sole 24 Ore
Cinque problemi da risolvere per l'Europa
157
02/03/2015 Il Sole 24 Ore
Concorrenza per 250mila immobili
159
02/03/2015 Il Sole 24 Ore
Dalla Bei fondi e garanzie alle imprese che innovano
161
02/03/2015 Il Sole 24 Ore
«Risorse a chi ha buoni progetti»
163
02/03/2015 Il Sole 24 Ore
Corporate tax, la lezione di Londra
164
02/03/2015 Il Sole 24 Ore
Cambia la mappa dei «paradisi»
166
02/03/2015 Il Sole 24 Ore
Il contagio (parziale) della trasparenza
168
02/03/2015 Il Sole 24 Ore
La riscossione resta un'incompiuta
170
02/03/2015 Il Sole 24 Ore
Contratto a tutele crescenti promosso al test dei costi *
171
28/02/2015 La Repubblica - Nazionale
Lo scudo di Draghi a difesa del debito
173
28/02/2015 La Repubblica - Nazionale
Addio recessione, Pil più 0,1% lo spread crolla sotto quota 100 grazie alla Bce e al sì
ad Atene
175
28/02/2015 La Repubblica - Nazionale
"La ripresa c'è ma è troppo debole a trainarla finora è solo l'export"
176
28/02/2015 La Repubblica - Nazionale
Centri sociali e CasaPound, i duri che allarmano il Viminale
177
28/02/2015 La Repubblica - Nazionale
"Primarie ultima spiaggia in Campania i renziani hanno fatto troppi errori"
179
28/02/2015 La Repubblica - Nazionale
Della Vedova: non c'è pasticcio i due testi diversi solo nei toni
180
28/02/2015 La Repubblica - Nazionale
L'uovo di Colombo
181
28/02/2015 La Repubblica - Nazionale
"Che paradosso, a loro vendiamo ai fedeli neghiamo le moschee"
182
28/02/2015 La Repubblica - Firenze
"Così la democrazia si svuota di sostanza"
183
01/03/2015 La Repubblica - Nazionale
PERCHÉ È DRAGHI IL MOTORE DELLA CRESCITA EUROPEA
185
01/03/2015 La Repubblica - Nazionale
Il premier al Pd "Uniti per fermarli"
188
01/03/2015 La Repubblica - Nazionale
"No ai diktat di Telecom"
190
01/03/2015 La Repubblica - Nazionale
La vera guerra dell'etere
192
01/03/2015 La Repubblica - Nazionale
"Slogan alla Grillo, Berlusconi resta il leader"
194
01/03/2015 La Repubblica - Nazionale
"Roma ladronissima io continuo a volere le bandiere del Nord"
195
01/03/2015 La Repubblica - Nazionale
"Dietro questo delitto non solo la politica Ma per Putin è un vero problema"
196
01/03/2015 La Repubblica - Nazionale
"Allibito dalle epurazioni Forza Italia mai così in basso è colpa del cerchio magico"
198
01/03/2015 La Repubblica - Nazionale
Berlusconi-Doris altro "prelievo" per i farmaci testati da Molmed Il patto è sciolto
200
01/03/2015 La Repubblica - Nazionale
Carige, Malacalza punta a diventare primo socio Offerta alla Fondazione
201
01/03/2015 La Repubblica - Nazionale
Dagli alimenti all'auto ibrida, boom dei gruppi d'acquisto
202
02/03/2015 La Repubblica - Nazionale
I segreti di Cutolo "Sepolto vivo perché se parlo crolla lo Stato"
203
02/03/2015 La Repubblica - Nazionale
Jobs Act, i sindacati agenzie per il lavoro
205
02/03/2015 La Repubblica - Nazionale
Saviano: dico no basta clientele
207
02/03/2015 La Repubblica - Nazionale
"Inaccettabile esautorarmi se succede pronto a tutto un errore la deriva estremista"
209
02/03/2015 La Repubblica - Nazionale
"La piazza col Duce è oltre i limiti. La sinistra reagisca"
211
02/03/2015 La Repubblica - Nazionale
Arrivano gli acquisti Bce così con la mossa di Draghi prestiti e export voleranno E il
debito peserà di meno
212
02/03/2015 La Repubblica - Nazionale
"L'era di Netanyahu è arrivata alla fine Cercherò il dialogo con i palestinesi"
214
02/03/2015 La Repubblica - Nazionale
"Più risorse agli istituti pubblici così si aiutano le famiglie"
216
02/03/2015 La Repubblica - Nazionale
"Alla materna posti insufficienti giusto incentivare le private"
217
28/02/2015 La Stampa - Nazionale
Atene, da Berlino sì a denti stretti "Gli aiuti? Questa è l'ultima volta"
218
28/02/2015 La Stampa - Nazionale
Il premier sceglie di evitare lo scontro per incassare Italicum e commissioni
219
28/02/2015 La Stampa - Nazionale
Lo spread divide i due Mattei
220
01/03/2015 La Stampa - Nazionale
Madia: sessismo morboso su noi ministre
221
01/03/2015 La Stampa - Nazionale
Limonov: "Una provocazione Vogliono una rivolta anche qui"
223
01/03/2015 La Stampa - Nazionale
L'Onu: c'è poco tempo per evitare che il Paese cada nel baratro
224
01/03/2015 La Stampa - Nazionale
Ma Berlusconi prende le distanze "Solo slogan, Matteo non durerà"
225
01/03/2015 La Stampa - Nazionale
"Una Silicon Valley italiana così il sogno proseguirà"
226
02/03/2015 La Stampa - Nazionale
Renzi, prima volta al Cremlino In cerca di aiuti sul dossier Libia
227
02/03/2015 La Stampa - Nazionale
«La minoranza ricatta Renzi e resta nel Pd per la visibilità»
229
02/03/2015 La Stampa - Nazionale
Carfagna: "La Madia ha ragione le pari opportunità restano lontane"
230
02/03/2015 La Stampa - Nazionale
Carige, blitz di Malacalza È primo azionista col 10,5%
231
02/03/2015 La Stampa - Nazionale
"Rafforzeremo la banca Un'operazione per Genova"
232
02/03/2015 La Stampa - Nazionale
Mutui, porte sbarrate agli atipici Le banche decidono in base al reddito
233
02/03/2015 La Stampa - Nazionale
"Nessun impatto dal petrolio Per crescere puntiamo sul gas"*
234
28/02/2015 Il Messaggero - Nazionale
E il premier si prepara a cambiare anche le commissioni in quota FI
236
28/02/2015 Il Messaggero - Nazionale
Amendola: «Nessun pasticcio, posizioni coerenti»
237
01/03/2015 Il Messaggero - Nazionale
Alfano: noi siamo l'unica alternativa a questi estremisti
238
01/03/2015 Il Messaggero - Nazionale
«È a fine corsa» Renzi snobba così l'altro Matteo
240
02/03/2015 Il Messaggero - Nazionale
Renzi conferma il viaggio: «Errore isolare la Russia»
241
02/03/2015 Il Messaggero - Nazionale
Luttwak: la mano è dei nazionalisti non dei servizi
242
02/03/2015 Il Messaggero - Nazionale
Ritardi, intrusioni e veti incrociati così la banda ultra larga non decolla
244
28/02/2015 Il Giornale - Nazionale
Soccorso azzurro a Renzi: l'Imu agricola rimane
245
28/02/2015 Il Giornale - Nazionale
Il dem ebreo minimizza: «Compromesso accettabile Evitato un errore fatale»
246
01/03/2015 Il Giornale - Nazionale
«Le detrazioni per le paritarie vittoria di Fi»
248
02/03/2015 Il Giornale - Nazionale
Regionali, Salvini alza il prezzo Il Cavaliere: la Lega usi la testa
249
02/03/2015 Il Giornale - Nazionale
Renzi omaggia lo zar e nessuno si indigna
250
28/02/2015 Avvenire - Nazionale
«Basta inutili guerre o i giovani scappano dal Pd»
251
01/03/2015 Avvenire - Nazionale
Il premier avvisa i malpancisti pd: «È una destra che non mi fa paura vince solo se
non reggiamo noi»
252
01/03/2015 Avvenire - Nazionale
«Mai con la destra estrema leghista»
253
28/02/2015 Libero - Nazionale
«Destra da rifare: ci provo anch'io»
255
28/02/2015 ItaliaOggi
Il voto sulla legge elettorale svelerà se Bersani sta bluffando
257
28/02/2015 ItaliaOggi
Due assegnoni per Marina e Piersilvio
258
28/02/2015 ItaliaOggi
In Italia è la tv il mezzo più usato
259
28/02/2015 Financial Times
A heroic saviour of stricken migrants
260
02/03/2015 Financial Times
Investors slash exposure to euro
262
28/02/2015 International New York Times
VANESSA FRIEDMAN ON PRADA'S TAKE ON REALITY
263
02/03/2015 International New York Times
2 NEW MAGNETIC FORCES REDEFINE THE INDUSTRY
265
02/03/2015 International New York Times
Milan remembers John Fairchild
267
02/03/2015 International New York Times
E.C.B. policy makers to meet as bond-buying plan nears
269
28/02/2015 The Guardian
Versace joins digital age, embracing icons of social media
270
02/03/2015 The Guardian
D&G's Milan show riffs on motherhood
271
02/03/2015 The Times
It's a no-brainer to buy eurozone equities, but keep an eye on the exit
272
28/02/2015 Le Figaro
Bolloré entretient le mystère sur l'avenir de Vivendi
274
28/02/2015 Le Monde
La vie n'est plus dans les stades
276
28/02/2015 Le Monde
A Parme, des footballeurs sans stade ni bus
277
01/03/2015 Le Monde
France Culture, la géostratégie en marche
278
01/03/2015 Le Monde
La fin d'un règne à la " Camera della Moda "
279
02/03/2015 Les Echos
Fincantieri, le chevalier blanc italien des Chantiers de Saint-Nazaire
280
02/03/2015 Les Echos
Au Salon de Genève, les constructeurs veulent tourner la page de la crise
283
02/03/2015 Les Echos
Le « H&M italien », OVS, entre en Bourse
284
02/03/2015 Les Echos
La mode, une filière cruciale pour le made in Italy
285
02/03/2015 Les Echos
En pleine métamorphose, Vivendi cède le reste de Numericable-SFR à Patrick Drahi
286
02/03/2015 Les Echos
Rome ne veut pas parler avec Mediaset de Rai Way
287
02/03/2015 Les Echos
Orange s'intéresse de près à Telecom Italia
288
02/03/2015 Liberation
Liberté pour Erri de Luca
289
02/03/2015 Liberation
Jean Lemierre. Un banquier qui change
291
02/03/2015 Wall Street Journal
Reciprocal Deals Are Key Tool For Banks
293
02/03/2015 Wall Street Journal
Orange Considers Deal With Italian Firm
295
02/03/2015 La Repubblica - Affari Finanza
Washington Pechino il duello delle valute
296
02/03/2015 La Repubblica - Affari Finanza
Benetton, il riassetto dell'impero
298
02/03/2015 La Repubblica - Affari Finanza
"Serve un 'whatever it takes' anche qui"
300
02/03/2015 La Repubblica - Affari Finanza
ZAIA, UNA PAGELLA CON TUTTI ZERI UN'AMMINISTRAZIONE "SLOGANISTICA"
302
02/03/2015 La Repubblica - Affari Finanza
LA COMUNITÀ DELL'ENERGIA IL VECCHIO SOGNO TORNA ATTUALE
303
02/03/2015 La Repubblica - Affari Finanza
Egitto, 150 miliardi di dollari per ripartire maxi investimenti dall'energia alla finanza
304
02/03/2015 La Repubblica - Affari Finanza
"Cinque indicatori per comprare e vendere al momento giusto"
306
02/03/2015 Corriere Economia
Tassi zero o negativi: le buone occasioni per chi vuole investire
308
02/03/2015 Corriere Economia
Liberalizzazioni: la matita rossa dei professionisti
309
02/03/2015 Corriere Economia
Popolari Soluzione Casse di Risparmio L'exit strategy passa per una Fondazione
311
28/02/2015 Milano Finanza
Torna Berluscash?
313
28/02/2015 Milano Finanza
Quanta qualità in Italia
315
28/02/2015 Milano Finanza
Se Elkann si mette in finanza
317
27/02/2015 The Economist
Marching to a different tune
319
27/02/2015 The Economist
Growing by shrinking
320
28/02/2015 Le Magazine du Monde
L'ostentatoire modestie du président italien.
321
IAB ITALIA
7 articoli
02/03/2015
Financial Times - Ed. special report
Pag. 2
(diffusione:265676, tiratura:903298)
Lawmakers are increasingly turning their attention to the collection of data on mobiles, reports Robert
Cookson
For advertisers, the smartphone is a dream come true. No other medium offers the same targeting
capabilities - including the potential to track consumers as they move around the world with an accuracy of
just 10 metres. It is also a fast-growing sector. Advertisers are forecast to spend more than $60bn buying ad
space on mobile devices this year, up from $40bn last year. Research group eMarketer reckons that
spending on mobile adverts will surge to about $160bn by 2018, accounting for almost a quarter of all
advertising spending. But as the industry has grown, so have privacy concerns. Regulators worldwide are
seeking to introduce rules to protect consumers and restrict the ways in which advertisers use mobile data.
The industry itself is also working on technological solutions to give consumers greater control over their data.
In the EU, legislators plan to introduce data protection regulations by 2016, toughening up on and replacing
the existing legal framework, which dates back to 1995. While Yves Schwarzbart, who deals with regulation
matters at the Internet Advertising Bureau (IAB), a UK trade body, agrees the rules need updating, he says
the European Commission's proposed rules are too "black and white". The Commission has proposed that
mobile device identification numbers, IP addresses and most other data used to target advertising should be
regulated as "personal information". That would mean companies cannot collect the data unless they have
obtained explicit consent from the consumer. However, the IAB and other industry bodies argue such
information should be classified as "pseudonymous data" and be subject to lighter regulation than data such
as telephone numbers, email addresses or medical records. Until now, the mobile advertising industry has
largely escaped state intervention. The regulation of cookies - the technology used to target advertising on
websites - has had relatively little effect on mobile, as smartphone users mostly use apps rather than browse
the web. The industry has, however, launched self-regulatory schemes to address privacy concerns, including
several recent developments focused on mobile. "It doesn't matter what technology you use," says the IAB's
Mr Schwarzbart. "From our perspective, you should be given transparency about what data are collected and
why, and then have the choice over whether to allow that or not." Google, Microsoft and most other large
advertising groups have for several years operated a scheme called Ad-Choices, which allows internet users
to opt out of behavioural targeting on the web. The industry plans to extend this to mobile in the coming
months. Victor Malachard, chief executive of Byyd, a mobile advertising platform, says that, when done
correctly, targeted advertising is good for consumers as it delivers ads that are more relevant. One of Byyd's
biggest customers is Weve, a joint venture created in 2012 by the UK's biggest mobile operators - Vodafone,
EE and O2 - to mine their customers' data for use in targeted advertising. Weve holds a vast repository of
data about more than 22m smartphone users, including demographic details such as age and sex, as well as
highly accurate information about their movements. "We're able to look at consumers who have been near
specific points of interest, such as a supermarket or a sports venue, and retarget them accordingly based on
that information," says Mr Malachard. "That's quite powerful." To protect customer data, Weve assigns each
mobile subscriber an anonymised identifier that is visible only to the company's own services. These
identifiers are never revealed to publishers, advertisers, or technology intermediaries. Another innovative
company seeking to take advantage of data without infringing privacy is AdTruth. The company, whose
clients include King Digital Entertainment, says it has developed a tracking technology that includes "privacy
by design". Rather than tracking a device's unique identifier or using other techniques that provide 100 per
cent accuracy for tracking purposes, AdTruth collects less sensitive information, such as a device's screen
size, operating system and timezone. Using these variables, the company generates its own "probabilistic"
identifier for each device. The idea is that, on average, the identifiers are highly accurate for targeting
IAB ITALIA - Rassegna Stampa 02/03/2015
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La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
Privacy concerns colour success of the smartphone
02/03/2015
Financial Times - Ed. special report
Pag. 2
(diffusione:265676, tiratura:903298)
IAB ITALIA - Rassegna Stampa 02/03/2015
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purposes, but that they are not permanent and cannot guarantee a one-to-one match. James Collier, regional
managing director for Emea at AdTruth, says: "Many of our clients don't want us to be more than 85 per cent
accurate, because they believe that the 15 per cent [error rate] gives them enough coverage in terms of
legislation changes and in terms of honouring consumer privacy." Direct hit: adverts can be targeted
02/03/2015
Financial Times - Ed. special report
Pag. 3
(diffusione:265676, tiratura:903298)
Venture capital High valuations of companies have attracted investors, writes Richard Waters
An all-pervasive mobile computing platform has been the great hope of tech investors for the better part of the
decade: a successor to the PC-and-server world, it would provide the foundation for the next generation of
Googles or ebooks. Now, as that promise starts to show signs of being fulfilled, the money is pouring in. In
the US, the amount of venture capital investment in mobile more than doubled last year, hitting $7.8bn,
according to CB Insights, which gathers start-up data. That represents 16 per cent of all the money invested
by venture capitalists during the year. Payment companies such as Square, delivery services such as
Instacart, and mobile security providers including Lookout and social media apps such as Yik Yak are all part
of a wave of mobile-first start-ups that have tapped into investor enthusiasm for businesses that are prepared
for this paradigm. "When the platform shifts, we get a new opportunity," says Bill Gurley, a partner at venture
capital firm Benchmark and a backer of Uber. The car-hailing service recently raised $1.2bn, one of the
biggest fundraising rounds ever for a private company, giving it a valuation of $40bn. That makes it a powerful
statement of the sort of opportunity Mr Gurley claims for the smartphone era. "The mobile platform puts a
processor just about everywhere," says the Benchmark partner, who was speaking at a Goldman Sachs
conference last month. "It's what's behind a company such as Uber." If smartphones have put processors into
more than 1bn hands, then the next extension of the mobile platform - "wearables" such as smartwatches and
glasses carrying sensory devices - could soon make them inescapable, adding to the revolution's momentum.
It has been long expected that mobile businesses will take off, but it has taken some eye-catching valuations
of companies to convince investors that big profits are finally up for grabs. The emergence of Uber as Silicon
Valley's hottest start-up since Facebook, for instance, has caused an investment stampede into many other
services that have modelled themselves on the ride-hailing company. Most style themselves as "on-demand
services" - using mobile handsets to address a want and then supplying it by means of offline fulfilment.
Excluding Uber, companies that fit this description raised $1.46bn in venture capital in the 12 months to
September 2014, CB Insights says. The rising tide of so-called "Uber for X" companies (because many style
themselves "the Uber" of a particular industry) includes rival taxi app Lyft, as well as delivery services such as
Postmates. The conspicuous success of other early mobile leaders has also attracted investor interest to
other promising categories. Facebook's $22bn acquisition of WhatsApp last year, for instance, has confirmed
chat apps as one of the hottest areas of mobile investment. Last year, partly encouraged by Face-book's
acquisition, venture capital investors put $1.41bn into mobile messaging companies, CB Insights says: from
Snapchat's vanishing messages to Slack, a service for teams of workers with a heavy mobile component. The
investment boom is spreading well beyond mobile-first companies. Many whose histories date from well
before the smartphone boom are also shifting their focus towards mobile and, in some cases, putting
substantial investments behind their plans. For instance, when Change.orgonline service for organising
petitions, raised $25m late last year, much of its motivation was to extend its mobile reach. Already, half of all
interactions with the service are on mobile devices. "There has been a historic false divide between web and
world, which is collapsing with mobile," says Ben Rattray, Change.org"You can engage people where they
are in the world or in real time," says Mr Rattray - things that could add to both relevance and immediacy for a
wide range of internet services. How many of the companies staking out a place in the mobile world will
produce a return for their investors is another matter. WhatsApp had barely scratched the surface in
experimenting with ways of producing revenue before it was acquired; Facebook has since put the question
off and shifted its focus to user growth. Few can afford that luxury. Advertising, the main source of revenue for
many desktop internet companies, is growing fast on mobiles, albeit from a low base. By the first half of 2014,
it had reached $5.3bn, or 23 per cent of all US digital advertising, according to the Interactive Advertising
Bureau. Yet, with the most successful companies in mobile attracting sky-high valuations, it could take years
IAB ITALIA - Rassegna Stampa 02/03/2015
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Backers bet on start-ups as hopes of profits rise
02/03/2015
Financial Times - Ed. special report
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IAB ITALIA - Rassegna Stampa 02/03/2015
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for the business fundamentals - the elements that genuinely reflect the values of companies in the mobile
industry - to catch up.
02/03/2015
DailyNet
Pag. 1
(diffusione:15000, tiratura:15000)
Carlo Noseda: bilancio del primo anno da presidente
giacomo broggi
la professionalità della industry cresce con skill tecniche e consulenziali, il bureau risponde andando incontro
alle richieste degli associati per renderli più competitivi 3 - 4 il 27 febbraio 2014, iab italia ha eletto un nuovo
Consiglio direttivo e pochi giorni dopo è arrivata la nomina di Carlo noseda a presidente del capitolo italiano
dell'internet advertising bureau. un anno dopo dailynet non poteva dimenticare di fare il punto proprio con
noseda su un settore che nel 2014 è riuscito ad attestarsi attorno ai 2 miliardi di euro, pari al 25% del mercato
pubblicitario italiano COSA rICOrDA CON MAggIOrE SODDISfAzIONE DEL prIMO ANNO DI ATTIvITà DEL
CONSIgLIO IAB? l'anno trascorso è stato impegnativo, ma ricco di risultati. sono in particolar modo
soddisfatto del lavoro svolto da questo Consiglio direttivo per riuscire a individuare standard unici per la
rilevazione dell'andamento del mercato, utili per fornire informazioni chiare, trasparenti e omogenee
sull'andamento e sui trend più significativi. in occasione della Xii° edizione di iab forum abbiamo infatti potuto
presentare la rielaborazione iab sui dati forniti da nielsen e con gli osservatori politecnico di milano. NEI
gIOrNI SCOrSI IAB EUrOpE hA ANNUNCIATO UN WEBINAr E hA pUBBLICATO UN WhITE pApEr SUL
TEMA DELLA vIEWABILITY. ANChE IAB ITALIA SI è MOSSA NELLA DIrEzIONE DI ChIArIrE qUESTA
prOBLEMATICA ChIAvE AprENDO UN TAvOLO DI LAvOrO. qUALI SONO, SECONDO LEI, LE
IMpLICAzIONI ChE qUESTO TEMA pUò AvErE SUL MErCATO? anche l'italia ha contribuito a questo lavoro
europeo fornendo il punto di vista del mercato italiano. in italia stiamo vivendo una fase che potremmo
definire di early stage nel senso che le diverse componenti della domanda e dell'offerta, unite ai provider di
certificazione, stanno cominciando a confrontarsi concretamente con questa importante tematica. non esiste
ancora uno standard. per ora ci si sta muovendo con una sorta di approccio empirico che, siccome è
demandata alla negoziazione tra singoli player, lascia il campo ad ampi gradi di discrezionalità. e' questa la
ragione per cui come iab abbiamo deciso di avviare un tavolo interassociativo con l'obiettivo di giungere al più
presto a una sintesi accettabile per tutti e che possa definire uno standard che diventi riferimento per tutti. le
implicazioni sul mercato sono evidenti: internet da sempre ha visto nella trasparenza e nella capacità di
mostrare Kpi chiari il proprio fattore critico di successo rispetto agli altri media. Quello della viewability è
semplicemente un altro tassello che va nella stessa direzione, e questo continuerà a premiare il web nei
confronti degli altri media che non possono assicurare a chi investe gli stessi livelli di trasparenza. C'è
bisogno però di definire velocemente uno standard, noi ci stiamo impegnando a fondo per ottenere questo
risultato nel minor tempo possibile. SE DOvESSE TOrNArE A UN ANNO fA, COSA è CAMBIATO DI pIù
ALL'INTErNO DI qUESTA ASSOCIAzIONE? all'inizio del nostro mandato, insieme al Consiglio direttivo,
abbiamo deciso di promuovere una linea orizzontale del direttivo, che ci ha permesso di distribuire tra tutti i
componenti le molte aree di intervento, potendo far leva sulle specifiche competenze di ognuno dei
Consiglieri, così da ampliare i numerosi ambiti di azione e rendendo ancora più efficiente la gestione delle
singole attività. sono già numerosi i risultati ottenuti e siamo certi che questa decisione ci aiuterà nel
raggiungere tutti gli obiettivi che abbiamo fissato e che ci prefiggeremo in futuro. AvETE gIà DEfINITO
L'AgENDA DI LAvOrI pEr qUEST'ANNO? SU qUALI TEMI vI CONCENTrErETE? al momento stiamo
lavorando per definire le agende dei due seminar previsti: ad aprile affronteremo il tema del native, mentre a
ottobre quello del programmatic. anche quest'anno abbiamo scelto temi di forte attualità, per andare incontro
alle richieste dei nostri associati e per aiutarli a essere sempre più competitivi. a giugno è confermato il
consueto appuntamento istituzionale a roma con iab events, così come ai primi di dicembre la Xiii edizione di
iab forum, evento atteso da tutta la industry. una critica che vi è stata mossa allo scorso iab forum è stata la
parziale mancanza di aziende investitrici; state pensando a iniziative ad hoc che possano coinvolgerle
maggiormente anche in chiave educational? in realtà, ci piace far notare come siano ben 13 le aziende
investitrici associate a iab italia, di cui 7 sono entrare nel 2014, ovvero banca Generali, Chebanca!, enel,
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IAB
02/03/2015
DailyNet
Pag. 1
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IAB ITALIA - Rassegna Stampa 02/03/2015
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fastweb, sky, telecom e unicredit. Questa è una ulteriore conferma che stiamo percorrendo la giusta strada, e
continueremo a lavorare per crescere sempre di più. NELL'ULTIMA INTErvISTA pEr IL NOSTrO gIOrNALE
AvEvA SOTTOLINEATO LA NECESSITà DI rAffOrzArE IL DIALOgO CON LE ISTITUzIONI. qUALI SONO LE
TEMATIChE ATTOrNO CUI rUOTErà LA DISCUSSIONE? la nostra associazione sta continuando a lavorare
cercando di rafforzare sempre di più il dialogo con i decisori pubblici. il nostro obiettivo è infatti quello di
riuscire a supportare costantemente le istituzioni fornendo loro il nostro contributo di industry. siamo infatti
convinti che dati e informazioni sempre aggiornate sul funzionamento del nostro mercato, su quelle che dal
nostro punto di vista sono le principali criticità e le potenzialità che caratterizzano il comparto, possano
aiutare concretamente i decisori a comprendere le reali esigenze di uno dei pochi settori ancora in crescita
nel nostro paese e a scongiurare, di conseguenza, il rischio di normative penalizzanti. per questo motivo iab
cerca di partecipare attivamente alle iniziative lanciate dalle istituzioni che interessano il settore del digitale.
per fare un esempio, nel corso del 2014, iab ha voluto fornire il suo contributo alla consultazione pubblica
avviata dal Governo su "la buona scuola" e ha aderito - attraverso un accordo con il Consorzio Cini - al
progetto "programma il futuro" per fornire alle scuole una serie di strumenti formativi sui concetti di base
dell'informatica, iniziativa che vede i soci iab parte attiva dello stesso progetto. auspichiamo, quindi, che le
occasioni di collaborazione con le istituzioni sulle tematiche e sui progetti sui quali la nostra associazione può
fornire un concreto apporto possano continuare in futuro e, qualora possibile, possano essere intensificate.
vIDEO, MOBILE, prOgrAMMATIC: qUESTI I TrE TrEND AffErMATISI CON prEpOTENzA LO SCOrSO ANNO
E DIvISI DA CONfINI SEMprE pIù LABILI. pENSA ChE ANChE qUEST'ANNO SI pArLErà SOprATTUTTO DI
qUESTE TENDENzE O CI SONO ALTrI TrEND (OLTrE ALLA vIEWABILITY) DESTINATI A fAr DISCUTErE?
Video, mobile e programmatic sono inevitabilmente destinati a crescere anche in futuro per dei motivi chiari e
già testati sul campo. il Video offre ai brand ampie possibilità di comunicazione anche nella direzione dello
storytelling, approccio sempre più apprezzato in logica creativa; certamente ci sono possibilità di espansione
dell'online video sia per l'aumento della fruizione sui target più giovani sia per le tecniche offerte dalla
pianificazione second screen. lo sviluppo del mobile si affianca allo spostamento delle audience su questo
mezzo; certo, il 75% del mercato è in mano a pochi player internazionali e questo significa che il mobile
locale deve colmare un gap. il programmatic riflette una innovazione tecnologica, che si è innescata due anni
fa nel nostro paese e che mostra trend di crescita al pari di paesi più avanti. Crediamo che il mercato debba
massimizzare e talvolta ancora ben interpretare come far leva su questi driver, che sono per altro sufficienti
nel medio periodo per far crescere investimenti e risultati. sicuramente il tema di essere più precisi nella
misurazione delle attività, anche in termini di viewability, è un must have da parte di tutti gli investitori. a livello
più generale la industry deve porsi la domanda in merito a come far crescere le professionalità, che sempre
di più richiedono skill tecniche e consulenziali che si rinnovano frequentemente. su questo deve far
riferimento anche il ruolo di iab, delle varie associazioni attive nel mercato e delle università. <
Foto: carlo noseda
Foto: carlo noseda
02/03/2015
DailyNet
Pag. 26
(diffusione:15000, tiratura:15000)
Zodiak Advertising nomina Mikel Lekaroz nuovo direttore generale della
Spagna
Obiettivo primario, l'ampliamento del network Publisher ma anche l'espansione nella country spagnola
zodiak advertising, soluzione sell side leader in italia e in spagna nel programmatic advertising, annuncia la
nomina di mikel lekaroz a direttore generale della spagna. lekaroz, che vanta un'esperienza ventennale nel
digital advertising, è stato fondatore e ceo di adbibo technologies e in precedenza è stato amministratore
delegato di Hi-media in spagna e presidente di iab spagna. sarà responsabile di tutte le attività di zodiak in
spagna, dove la società è presente dal 2013. obiettivo primario è l'ampliamento del network publisher che già
annovera editori come Web financial Group e la Voz de Galicia. zodiak advertising, integrando sviluppi
tecnologici proprietari con le migliori piattaforme tecnologiche di automated buying per display, video e
mobile, è tra le principali e più complete soluzioni sell side europee. offre agli editori strumenti per
l'ottimizzazione della vendita del proprio inventory, gestibili direttamente da un'unica dashboard. Gestione
dinamica dei floor price, adQaulity, deal manager, sono alcuni dei tools disponibili. zodiak advertising ha
inoltre realizzato con il sole 24 ore il primo private market place in italia - premio - che rappresenta un solido
caso di successo nel panorama europeo del programmatic. "l'esperienza di mikel ha dichiarato nicola drago,
ceo di zodiak advertising -, che coniuga una profonda conoscenza del mercato spagnolo dell'online
advertising con ruolo primario nell'affermazione del programmatic, sarà fondamentale per l'espansione di
zodiak advertising in spagna".
Foto: mikel lekaroz
IAB ITALIA - Rassegna Stampa 02/03/2015
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Poltrone
02/03/2015
Pubblicita Today
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Smartclip , società di tecnologia per il video advertising, annuncia l'ingresso nel team italiano di eva peroncini
in qualità di Network and Platform Director. Questa nuova posizione, che riporta direttamente al managing
director Luca Di Cesare, affida ad Eva Peroncini il compito di gestire e coordinare i team di partner
management e campaign management, nonché la responsabilità operativa di tutta l'offerta programmatic di
smartclip. L'ingresso di Peroncini si affianca al recente arrivo di Gaetano Ruotolo, Sales Manager, Luca Ricci
e Valentina Roccato nel ruolo di Campaign Manager. Luigi onesti è il nuovo country manager Italia di IdMc (
Gruppo Innovairre ) con l'incarico di gestire tutte le attività attualmente in essere nel nostro Paese e di
sviluppare l'attività internazionale. Onesti, 41 anni, proviene dal gruppo Mondadori, dove era Sales and
Marketing Director di Cemit Interactive Media. La sua carriera è iniziata all'interno del gruppo di Segrate dove
si è occupato anche di controlling and finance nei settori dell'online, del retail e del marketing diretto.
Attualmente è anche Board Member di DMA e di Festival del Fundraising. anne-Valérie Hash entra a far
parte dell'équipe comptoir des cotonniers come direttore creativo per dare nuovo impulso al brand francese di
abbigliamento femminile. Oltre a ricoprire il ruolo principale di guida e supporto all'ufficio stile del marchio,
darà la sua visione lavorando anche sull'immagine e sulla brand identity, collaborando anche con la divisione
marketing, merchandising e logistica. cohn & wolfe Group ha nominato Helen ridgway Chief Executive Officer
di AxiCom, agenzia europea di tecnologia, acquisita sette anni fa. Helen affiancherà Julian Tanner - con cui
20 anni fa ha fondato AxiCom - che di recente ha assunto il doppio ruolo di Chairman di AxiCom e Global
Technology Leader per la Practice Cohn & Wolfe Technology. Conseguentemente al nuovo incarico di Helen
Ridgway, Henry Brake assumerà piena responsabilità per l'ufficio britannico di AxiCom in qualità di Managing
Director, riportando direttamente a Ridgway. eMc Italia ha annunciato la nomina di nicoletta de Lucia come
nuovo direttore Finance e Business Operations, con la responsabilità dell'area finanza-controllo e del team
che supporta il business dal punto di vista strategico e operativo. In precedenza Nicoletta De Lucia ha
ricoperto il ruolo di Direttore Finanziaro e Amministrativo di Hitachi Data Systems Italia dove ha contribuito a
creare un livello di efficienza operativa elevato, dopo aver militato in aziende di prestigio quali CSC Italia e
Bull Italia. Ligure, classe 1968, laureata in Ingegneria Elettronica e con un Dottorato di Ricerca in Ingegneria
Elettrotecnica, antonella Scaglia è il nuovo ad di IMQ . Alle spalle ha un solido background maturato nel
settore industrial: nel Gruppo Ansaldo come Direttore del Dipartimento Ricerca e Sviluppo di High Voltage
Engineering Corporation, Direttore della Business Unit Power Electronics di Ansaldo Sistemi Industriali,
Executive Vice President della Divisione Motors Generators & Drives di Nidec - ASI. zodiak advertising ,
soluzione Sell Side leader in Italia e in Spagna nel Programmatic Advertising, ha nominato Mikel Lekaroz
Direttore Generale della Spagna. Lekaroz sarà responsabile di tutte le attività di Zodiak in Spagna, dove la
società è presente dal 2013. Obiettivo primario è l'ampliamento del network Publisher che già annovera
editori come Web Financial Group e La Voz de Galicia. Lekaroz, che ha un'esperienza ventennale nel digital
advertising, è stato fondatore e ceo di Adbibo Technologies e in precedenza è stato ad di Hi-Media in Spagna
e Presidente di IAB Spagna. alexandre ricard , 42 anni, è il nuovo ceo di pernod ricard , multinazionale coleader mondiale nel settore wine & spirits e numero uno nella categoria alcolici premium. Nipote di Paul
Ricard, fondatore dell'impero dei superalcolici, Alexandre Ricard è parte del Gruppo dal 2003, dove ha
ricoperto diversi incarichi, tra gli ultimi: Chief Operating Officer e Deputy Chief Executive Officer. Con i cambi
al vertice nella direzione e amministrazione della società, Ricard assume ora il ruolo di Chief Executive
Officer del Gruppo, posizione ricoperta per ben 15 anni da Pierre Pringuet, nominato Vice- Presidente del
Consiglio.
IAB ITALIA - Rassegna Stampa 02/03/2015
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People
02/03/2015
Pubblicita Today
Pag. 22
E-Business Consulting, online un progetto per supportare le aziende
nell'adv web
e-business consulting ha realizzato un portale ( www. guidaebc.it ) che raccoglie delle guide in formato ebook
scaricabili gratuitamente e a disposizione di tutti coloro che desiderano approfondire determinate tematiche
del Digital Marketing. Tra le guide già online 'Email Marketing: un mondo da scoprire', presentata per la prima
volta durante lo IAB Forum 2014, 'La comunicazione nella giungla Social', che racchiude dati e best practices
per un corretto utilizzo della pubblicità sui Social Network, 'Real Time Bidding: pubblicità in tempo reale', che
esplora la nuova modalità di pianificazione display e l'ultima arrivata 'Google Adwords. Pubblicità su Google',
frutto dell'esperienza di E-Business Consulting come agenzia certificata Google partner nella gestione di
campagne Search, Display e Video tramite Google Adwords. Si tratta di un progetto editoriale completo che
ha l'obiettivo di trattare tutti i canali di comunicazione online a disposizione degli inserzionisti: presto online ci
saranno anche dei manuali che trattano le Survey Online, il Mobile Marketing e il Video Advertising. Nata nel
2003 all'interno dell'incubatore d'impresa dell'Università di Padova, Start cube , E-Business Consulting ha
una particolare vocazione nella formazione di piccole e medie imprese e con questa iniziativa ha espresso il
suo desiderio di porsi come un partner affidabile non solamente nella fornitura del servizio richiesto dal cliente
ma come consulente a 360° che è in grado di interfacciarsi con il mercato della pubblicità digitale e di cogliere
le novità e le opportunità offerte dai nuovi strumenti della pubblicità su Internet.
IAB ITALIA - Rassegna Stampa 02/03/2015
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FORMAzIONE: GUIDE IN FORMATO EBOOk
02/03/2015
Pubblicom Now
Pag. 12
Zodiak Advertising nomina Mikel Lekaroz direttore generale della Spagna
Zodiak Advertising, soluzione sell side leader in Italia e in Spagna nel programmatic advertising, annuncia la
nomina di Mikel Lekaroz a direttore generale della Spagna. Mikel, che ha un'esperienza ventennale nel digital
advertising, è stato fondatore e ceo di Adbibo Technologies e in precedenza è stato amministratore delegato
di HiMedia in Spagna e presidente di IAB Spagna. Mikel Lekaroz sarà responsabile di tutte le attività di
Zodiak in Spagna, dove la società è presente dal 2013. Obietti vo primario è l'ampliamento del network
Publisher che già annovera editori come Web Financial Group e La Voz de Galicia. Zodiak Advertising,
integrando sviluppi tecnologici proprietari con le migliori piattaforme tecnologiche di automated buying per
display, video e mobile, è tra le principali e più complete soluzioni sell side europee. Offre agli editori
strumenti per l'ottimizzazione della vendita del proprio inventory, gestibili direttamente da un'unica dashboard.
Gestione dinamica dei flo or price, AdQuality, deal manager, sono alcuni dei tools disponibili. Zodiak
Advertising ha inoltre realizzato con "Il Sole 24 Ore" il primo private mar ket place in Italia, Premio, che
rappresenta un solido caso di successo nel panorama europeo del programmatic. «L'esperienza di Mikel - ha
dichiarato Nicola Drago, ceo di Zodiak Advertising - che coniuga una profonda conoscenza del mercato
spagnolo dell'online advertising con ruolo primario nell'affer mazione del programmatic, sarà fondamentale
per l'espansione di Zodiak Advertising in Spagna».
IAB ITALIA - Rassegna Stampa 02/03/2015
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La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
valzer di poltrone
ADVERTISING ONLINE
49 articoli
01/03/2015
Il Sole 24 Ore
Pag. 1.19
(diffusione:334076, tiratura:405061)
Lo «strappo» alla prova della Borsa
A.Ol.
Le voci si sono rincorse anche nella giornata di ieri, finchè il sottosegretario alle Comunicazioni, Antonello
Giacomelli, ha messo (forse) la parola fine: «I provvedimenti che saranno adottati dal Governo si limiteranno
ad applicare il piano banda ultralarga per stimolare gli investimenti di tutti gli operatori: non sarà presentato
alcun decreto su Telecom o che imponga arbitrari spegnimenti della rete in rame». In precedenza anche fonti
di Palazzo Chigi avevano invitato ad attenersi ai documenti ufficiali, spiegando che le bozze circolate non
corrispondevano a quanto andrà all'esame del Consiglio di ministri martedì prossimo.
Le bozze di decreto che sono fisicamente circolate a fine settimana delineavano uno scenario che aveva
lasciato esterrefatti anche ambienti di chi avrebbe avuto qualcosa da guadagnare in teoria dallo switch alla
fibra ottica fino alle abitazioni. Ma ieri l'Ansa riferiva di un'ipotesi ulteriore e cioè dello spegnimento forzato di
metà della rete in rame per il 2020. Questo per Telecom che è l'ex monopolista detentore della rete in rame
avrebbe voluto dire 1,1 miliardi di svalutazione dell'avviamento all'anno da qui al 2020. Dato che la rete
d'accesso, in carico a 15 miliardi, ha 11 miliardi di goodwill collegato, la metà dell'avviamento non avrebbe
avuto più valore nel 2020, imponendo dunque la svalutazione dell'asset che è la principale garanzia
dell'elevato debito che pesa sul gruppo (debito che è il costo del controllo scaricato sulla compagnia).
Formule forzate di passaggio da una tecnologia all'altra - che l'agenda digitale europea non impone - se
tradotte in decreto o comunque in linee guida governative avrebbero probabilmente un effetto pesante sulle
quotazioni di Telecom, ma in generale, se il punto è la non certezza delle regole, sulla considerazione degli
investitori esteri per il nostro mercato.
Un modo per spingere Telecom a tornare al tavolo per Metroweb? Può darsi, ma il metodo non è dei più
ortodossi. Tanto più se il problema sono investimenti in fibra reputati insoddisfacenti (Telecom ha inserito nel
piano al 2017 500 milioni di investimenti Ftth, fiber to the home). «Agcom deve ancora fissare le tariffe
wholesale in fibra 2014-2017 - fa notare l'analista di una primaria Sim di Piazza Affari - Sono state appena
riviste le tariffe 2010-2012 in modo retroattivo. Non si può chiedere un piano di investimenti decennale in un
settore regolato e poi non dire come saranno fissate le tariffe».
Resta il fatto che il segnale "politico" per Telecom non è dei migliori: si vedrà lunedì, alla riapertura dei
mercati, quanto l'eco delle voci avrà o meno impatto sulle quotazioni.
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Il mercato. Lo stop a metà della rete in rame al 2020 significherebbe per Telecom 1,1 miliardi di svalutazioni
all'anno
01/03/2015
Il Sole 24 Ore - Ed. nova 24
Pag. 1.9
(diffusione:334076, tiratura:405061)
L'iperconnettività da governare
Le numerose tracce che lasciamo in rete sono difficili da gestire, Ubiquitous Commons darebbero una
soluzione
Salvatore Iaconesi e Oriana Persico
Con Horizon2020 l'Europa cambia rotta e in Dg Connect, l'agenzia per l'Agenda digitale europea, si discute
molto di scienze sociali, innovazione e ricerca responsabile. Due aree divenute cross-cutting issues (cioè
azioni trasversali a tutte le fasi di progettazione) al centro di un workshop che, a febbraio, apre a un gruppo di
stakeholder il confronto sulle strategie per il 2016-17.
I temi sul tavolo sono sterminati. Si parla di big data, Internet of Things, social network, salute, smart city,
smart community, robotica, algoritmi. Per affrontarli, si propone il cosiddetto concept reengineering. Nicole
Dewandre - advisor per i temi sociali - ci spiega di che si tratta. La chiave di volta è l'iperconnettività: negli
ambienti smart le interazioni sticky (che lasciano tracce di dati e informazioni) sfumano i confini delle modalità
online/offline portandoci a intessere relazioni con innumerevoli soggetti, servizi e oggetti. Un nuovo sé di
fronte al quale è necessario ridefinire (re-ingegnerizzare) concetti di base quali privacy, libertà, identità,
attenzione, giustizia, responsabilità e la stessa umanità. Ecco il cuore della visione di cui si fa portatrice la Dg:
che si parli di genere, robotica, innovazione sociale, scuola, energia o dati, le tecnologie devono abilitare
l'espressione di nuovi concetti e la creazione di nuovi significati con impatti sociali, culturali, antropologici.
Una rivoluzione umana, non tecnologica. Ma come trasformare i dati - quelli che genereremo con ogni gesto
quotidiano - nel centro di un ecosistema relazionale cooperativo, e non nell'ennesima risorsa da sfruttare
secondo logiche industriali disastrosamente fallite nel secolo scorso? Il primo passo è linguistico:
abbandonare metafore militari e di exploitment (dati come petrolio e arma strategica) per concentrarsi sulle
dimensioni umane. Citando la Ostrom, teorica dei beni comuni, facciamo notare che il focus sulle risorse non
basta: è la qualità delle relazioni a permetterne la gestione equa, costruttiva e inclusiva. Il secondo passo è
rompere l'opacità algoritmica e la logica di delega all'operatore con cui i dati vengono gestiti, oggi in mano ai
Terms of Service: documenti legali che pochi leggono ma tutti sottoscrivono per accedere ai servizi online. Il
terzo passo: fornire strumenti alle persone per gestire i dati ed esercitare i propri diritti di cittadinanza.
È in questo scenario che si muove Ubiquitous Commons. Sforzo in progress di una rete internazionale di
ricercatori e attivisti, il progetto punta alla creazione di toolkit legali, tecnologici e filosofici che trasformino la
ownership dei dati in un concetto relazionale, in cui comunità e individui collaborino attivamente
nell'attribuzione dei diritti/doveri di accesso ai dati. Un primo prototipo dedicato a social network e servizi web
a Bruxelles diventa subito oggetto di discussione, tanto da finire nel report della sessione plenaria. Si tratta di
un plugin per browser che coniuga crittografia, reti peer to peer (la BlockChain, la rete p2p alla base di
BitCoin, la più diffusa moneta digitale) e un meccanismo di user generated licence. Una volta installato, il
plugin intercetta i contenuti che stiamo per pubblicare, li crittografa, consente di generare e attribuire la
licenza desiderata e, solo poi, li invia al servizio. Sia le chiavi di decrittazione sia le licenze sono distribuite
sulla BlockChain: ciò significa che sono le persone a decidere chi e a quali condizioni il contenuto può essere
usato, e che solo se siamo inclusi esplicitamente nella licenza potremo accedervi. Un meccanismo
cooperativo, relazionale e totalmente p2p in cui individui, comunità, istituzioni, aziende possono creare nuove
licenze: civiche, per la ricerca, commerciali, a pagamento, o del tutto personali e particolari, basate su un
protocollo aperto, interoperabile e inclusivo.
È un balzo concettuale che in Commissione viene accolto con interesse e desiderio di comprensione. Cosa
succederebbe se i cittadini europei adottassero in massa strumenti come Ubiquitous Commons,
riprendendosi dati che oggi sono altrove visto che l'Europa non possiede infrastrutture per i big data? Cosa
succederebbe se si integrasse il protocollo al vasto mondo dell'Internet of Things, quando ogni oggetto,
sensore, dispositivo biomedico sarà venduto insieme al suo Terms of Service?
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SOCIETÀ DIGITALE POLICY DATI
01/03/2015
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A oggi sono scenari ipotetici, ma del tutto fattibili. Certo è che su questi temi occorre aprire discussioni ampie,
costruttive e interdisciplinari, in cui l'Europa può e deve avere un ruolo.
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Salvatore Iaconesi e Oriana Persico sono curatori
del progetto Ubiquitous Commons
01/03/2015
Il Sole 24 Ore - Ed. nova 24
Pag. 10
(diffusione:334076, tiratura:405061)
Rete mobile a prova di neutralità
Giovedì l'Fcc ha approvato le norme che garantiscono l'apertura di internet Per la prima volta rientrano anche
gli operatori wireless
Luca Tremolada
Se una risorsa è finita, limitata in natura o esauribile artificialmente allora si può sedere a un tavolo e parlare
liberamente di affari. Quando al contrario è illimitata o comunque disponibile in grande abbondanza c'è poco
da commerciare, tuttalpiù può essere considerata un bene pubblico. Nelle aule di economie te la insegnano
più o meno così. Perché esista una domanda e una offerta il bene deve essere contendibile. Sono i
"fondamentali" che però non funzionano come dovrebbero nell'economia digitale. O, più correttamente,
hanno creato non pochi problemi nella misurazione del business. Tant'è che è dall'inizio, dagli anni Novanta,
ai tempi della new economy, anzi, dal primo gorgogliare di un modem collegato a un pc, insomma da sempre
gli operatori telefonici hanno sempre sognato di avere il controllo sull'internet mobile.
Come mettere il gettone alla fotocopiatrice di file, progetti e idee che ha generato una nuova economia? La
risposta più semplice è stata inventarsi di sana pianta un casello autostradale per regolare la velocità. Più
paghi e più corri, meno paghi e più buffering ti spettano.
Per cinque anni il dibattito sulla net neutrality, si è trascinato con questa formazione: da una parte gli
operatori di tlc e dall'altra praticamente tutti gli altri (dagli over the top all'intellighenzia della Silicon Valley
passando per il presidente Obama, vip del web di vario titolo e giganti del digitale). Per cinque anni tra
tribunali e sentenze nessuno ha prevalso sull'altro.
Giovedì però qualcosa di rilevante è successo. Internet è stata messa in sicurezza. Resterà libera e protetta.
La Federal Communications Commission (Fcc) americana ha approvato la legge sulla neutralità della rete,
con tre voti favorevoli su cinque. La decisione che potrebbe fare scuola anche da noi (il Consiglio Ue sta
deliberando sugli stessi temi). «Non ci saranno corsie preferenziali tra chi internet può permettersela e chi
no», ha dichiarato il presidente dell'Fcc Tom Wheeler.
La vera novità però è che per la prima volta la neutralità della rete si applica anche all'internet mobile e quindi
alle reti mobili che connettono telefonini, smartphone e tablet. In passato il business mobile era stato trattato
con i guanti perché le telco erano ritenute "giovani", in fase di sviluppo e quindi bisognose di poter
sperimentare nuovi modelli di business per aumentare la redditività e ripagarsi degli investimenti. Questa fase
per l'Fcc è finta.
Proibire anche agli operatori wireless, così come a quelli via cavo, la prioritizzazione dei contenuti così come
il blocco o il rallentamento di contenuti e servizi apre una fase diversa, in qualche modo mette sullo stesso
piano piccoli e grandi. Nessuno, almeno in teoria, potrà pagare per avere sul web una visibilità maggiore degli
altri. Questo, almeno in teoria. Non solo perché gli operatori faranno chiaramente ricorso contro questa
decisione. Ma soprattutto perché la nuova riclassificazione di internet come utility pubblica (bene di pubblica
utilità) non impedirebbe agli operatori di chiedere soldi per lo scambio di traffico (peering). Per dirla in altro
modo, i creatori di scarsità sono tutt'altro che vinti. Se da giovedì, almeno negli Stati Uniti, è stata
sostanzialmente affermata la natura politica delle regole di internet. All'interno degli ecosistemi che
contengono pezzi anche importanti delle nostre vite digitali le regole di gioco rispondono a interessi privati.
All'interno dei social network, degli app store, dei motori di ricerca, dei numerosissimi servizi che troviamo
gratuitamente in rete le logiche sono (e devono restare) legate al profitto. A comandare in quei sono e
resteranno i proprietari delle risorse finite.
© RIPRODUZIONE RISERVATA Traffico filesharing Traffico video Traffico web/data (incluso M2M) Traffico
audio 2013 2014 2015 0 50 100 150 200 250 300 350 TOTALE Per sistema operativo In migliaia di unità,
2014 Android iOS/Mac OS Windows Altri Totale 1.156.111 262.615 333.017 262.358 2.378.101 Per devices
Dati in milioni di unità, 2014 PC market Tablet Mobile phones Other Hybrids/Clamshells Totale 318 216 1.838
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NET NEUTRALITY REGOLE BUSINESS
01/03/2015
Il Sole 24 Ore - Ed. nova 24
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6 2.378 VENDITE DI SMARTPHONE IN CINA Per produttore. Dati in %, 2014 Xiaomi Samsung Lenovo
Huawei Coopland Altri 12,5 12,1 11,2 9,8 9,4 44,2 INTERNET OF THINGS Numero di oggetti intelligenti
connessi, per categoria. Nel mondo 3,75b 0 4b Automotive Consumer Business SMARTPHONE: SAMSUNG
PERDE QUOTE, LA CARICA CINESE COSA C'È DENTRO LA RETE MOBILE ITALIANA La crescita del
traffico dell'internet mobile italiana In % le quote del mercato smartphone nel terzo trimestre del 2014 0 20 40
60 80 100 Altri 47,4 Apple 12,7 Samsung 24,4 Produttori cinesi 15,5 (Huawei, Lenovo e Xiaomi) Le previsioni
di Cisco dal 2014 al 2019 per device e applicazione. Dati in Petabytes/mese. fonte: The Cisco Visual 0,031
0,382 1,330 0,849 14,184 14,762 0,053 0,839 2,738 0,977 14,397 27,619 0,072 1,958 5,206 1,021 14,503
47,947 31,540 46,626 70,710 0,647 1,264 0,296 2,304 12,211 16,728 25,729 40,602 16,721 23,359 3,528
5,483 91.670 Wearables Traffic (Unità) Mobile internet users (Unità) 31.531.882 255.363 37.260.223 502.133
41.597.312 ALTRI DISPOSITIVI 2016 2017 2018 2019 UTENTI MOBILI NEL MONDO Dati in milioni
VELOCITÀ MEDIA DI CONNESSIONE Dati in MB IL TRAFFICO VIDEO NELLE RETI MOBILI Dati % 2014
2019 4,3 mld 5,2 mld 2014 2019 1,7 4,0 +4,3% Nord America Sud America Ovest Europa Centro/ Est Europa
Centro ed est Africa Asia Pacifica 2014 2019 55 72 Visual Networking Index (VNI) Global Mobile Data Traffic
Forecast 0,083 4,624 1,088 15,933 84,853 10,781 0,095 9,539 1,058 20,452 17,139 136,449 0,100 0,975
17,966 36,139 180,446 0,840 117,365 184,734 253,826 358,703 31,442 63,208 245,430 264,169 64,161
22,243 5,982 8,130 2,471 4,268 9,114 13,919 17,708 70,723 35,054 48,504 118,041 174,061 56,074
970.382 44.893.427 1.757.531 48.053.426 2.693.970 50.408.295 4.799.013 52.763.165 293,9 319,6 427,2
497,1 367 382,6 381,8 407,2 561,1 799,1 2.227,8 2.844 18,198 17,678
02/03/2015
Il Sole 24 Ore
Pag. 20
(diffusione:334076, tiratura:405061)
Dodici emergenti in vetrina sul web
Ma.Cas.
Le borse Les petits joueurs di Maria Sole Cecchi, italiana, create con mattoncini Lego; i gioielli geometrici
Uncommon matters della tedesca Amélie Riech; le linee pulite e i dettagli grafici dei capi Miuniku, etichetta
fondata dalle sorelle Nikita and Tina Sutradhar, nate e cresciute a Mumbai: sono diverse, ma tutte
interessanti le storie dei 12 stilisti selezionati per la quinta edizione di The Vogue Talents Corner.com,
progetto che unisce Vogue Italia e thecorner.com nel supporto agli emergenti.
Sono tutte storie di giovani talenti che, durante la settimana della moda milanese che si chiude oggi, hanno
avuto modo di mostrare le proprie creazioni a Palazzo Morando e di venderle online proprio sul portale del
gruppo Yoox. In quella che Federico Marchetti, fondatore e ceo del gruppo Yoox, ha definito «una vetrina
globale», precisando che «si tratta di un evento permanente, non di un'operazione di marketing».
Dal canto loro i giovani hanno presentato a Milano creazioni di carattere: gli accessori eco creati da Ken
Samudi, biologo marino filippino; le calzature del marchio veronese Ouigal che impiega materiali naturali tra
la raffinatezza francese e il relax californiano.
E, ancora: le clutch gioiello di Cecilia Ma (Hong Kong) ispirate alla cultura tribale; le scarpe dalle linee pulite
di Mobi; gli abiti stampati di CG, etichetta di Chris Gelnas, già finalista della prima edizione del Lvmh Prize; la
femminilità degli abiti Coperni e l'essenzialità raffinata delle creazioni di Awake, marchio fondato a Londra
dalla designer russa Natalia Alaverdian.
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Thecorner.com
28/02/2015
La Repubblica
Pag. 4
(diffusione:556325, tiratura:710716)
Banda ultralarga, martedì il piano del governo
L'esecutivo spinge sull'architettura più veloce e più costosa, cioè la fibra che arriva fin dentro le case degli
utenti o fino alla base dei palazzi
GIOVANNI PONS
MILANO. Il governo si appresta ad approvare nella riunione di martedì prossimo il tanto sospirato "Piano per
la banda ultralarga". Non senza colpi di scena dell'ultim'ora, com'è anche nello stile del premier Renzi e dei
suoi collaboratori più stretti.
L'allarme è infatti scattato ieri nel primo pomeriggio quando su alcuni tavoli è finita una bozza di decreto che
nelle intenzioni del sottosegretario alla presidenza del Consiglio Raffaele Tiscar avrebbe dovuto
accompagnare in consiglio dei ministri il Piano vero e proprio. Il punto 2 di tale decreto è dedicato
all'"Attivazione gradualee definitiva delle reti di nuova generazione in fibra ottica" e nell'articolato prevede un
punto, il primo, che se applicato con rigore avrebbe l'effetto di uno tsunami sulla prima azienda di tlc del
paese, la Telecom. «Al fine di rilanciare lo sviluppo nazionale nel settore digitale, a far data dal 31 dicembre
2030, la fornitura di servizi di connettività ed accesso ad Internet nei confronti di utenti ed imprese può
avvenire, da parte degli operatori autorizzati ai sensi del Dlgs 259/2003, esclusivamente attraverso reti di
comunicazione elettronica a banda ultralarga».
In pratica con tale documento si mette una data precisa alla rottamazione della rete in rame. Telecom, che
ha iscritto a bilancio la sua rete ancora in gran parte in rame, per un valore intorno ai 15 miliardi, sarebbe
costretta a operare una svalutazione monstre di questo valore, con conseguenze imprevedibili per azionisti e
obbligazionisti che sul valore di quell'asset hanno prestato i loro soldi alla società. Insomma a qualcuno è
sembrato un blitz ai danni di Telecom forse dettato dal duro scontro in atto in queste settimane sulle modalità
di costruire intorno alla società Metroweb un veicolo per sviluppare la rete di nuova generazione del paese.
Tuttavia nella serata di ieri le diplomazie si sono messe al lavoro e sembra che il decreto non verrà portato
nel Cdm di martedì che approverà soltanto il documento relativo al Piano. L'intenzione del governo è
comunque quella di spingere il più possibile sull'architettura più veloce e più costosa, la cosiddetta Fiber to
the home/building , cioè la fibra fin dentro le case degli utentio fino alla base dei palazzi. E il passaggio dal
rame alla fibra dovrebbe avvenire in tempi diversi a seconda delle aree del paese divise in quattro "clusters"
in base al ritorno economico ottenibile dallo sviluppo del traffico. Il tutto per raggiungere gli obbiettivi dell'
Agenda digitale europea che prevedono al 2020 che il 100% della popolazione possa usufruire di una rete
almeno a 30 Megabit al secondo mentre il 50% della popolazione deve viaggiare a 100 Megabit.
Poiché Telecom Italia da sola non è in grado di soddisfare tali obbiettivi ecco che il governo ha deciso di
mettere in campo risorse pubbliche, si parla di 6-7 miliardi, e convogliare anche gli investimenti degli operatori
privati all'interno di un veicolo comune in modo da evitare duplicazioni nelle aree a maggiore interesse. Ma
finora la quadra non è stata trovata anche se la disponibilità a trattare, da una parte e dall'altra, sembra
ancora viva.
I NUMERI
2030 TERMINE ULTIMO Il 2030 è la data entro cui, secondo il piano del governo, l'utilizzo della rete Internet
dovrà essere assicurato attraverso reti a banda ultralarga
2020 ALMENO 30 MEGABIT L'Agenda digitale europea fissa al 2020 la data entro cui il 100% degli utenti
dovranno usufruire di una rete di almeno 30 megabit/secondo
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IL PROVVEDIMENTO/ GIALLO SU UNA NORMA CHE PENALIZZEREBBE TELECOM
28/02/2015
La Repubblica
Pag. 45
(diffusione:556325, tiratura:710716)
La sfida fashion va online
L'AZIENDA
SILVIA LUPERINI
VANESSA Incontrada, con l'aria stropicciata di chi siè appena alzato dal letto, gira in camicia e pantofole fra
gli abiti di una boutique. Sono i primi fraime della nuova campagna pubblicitaria di Zalando, la piattaforma
online di moda leader in Europa.
E il messaggio è chiaro: sembra di stare in un negozio, ma lo showroom si trova in casa dove lo shopping si
fa ancora meglio. La forza del sito fondato nel 2008 a Berlino e lanciato in Italia nel 2010, è proprio questa: si
possono ordinare on line anche più scarpe o capi d'abbigliamento, si ricevono a domicilio e si provano
davanti allo specchio di casa, magari cercando gli abbinamenti giusti con quello che si ha già nel guardaroba
o confrontandosi con marito, moglie o amici senza indispettire i commessi o chi fa la fila fuori dal camerino.
Se qualcosa non va, entro 100 giorni, si può rendere la merce a un fattorino, che verrà a riprendersela
gratuitamente. Diversamente da quanto accade negli altri paesi europei, in Italia, si può persino scegliere se
pagare alla consegna. «Quando nel 2011 abbiamo mandato in onda il primo spot Zalando, siamo stati
sommersi di chiamate. C'era chi ci chiedeva dov'era il negozio più vicino, altri volevano sapere se esistevamo
davvero» spiega sorridendo Giuseppe Tamola, a soli 29 anni responsabile commerciale di Zalando per Italia
e Spagna. «C'era tanta curiosità, un pizzico di ignoranza e voglia di comunicare. Oggi la clientela è più
matura, e lo shopping on-line un'abitudine consolidata».
I siti di Zalando, pensati per 15 mercati diversi, dalla Spagna alla Danimarcae dalla Polonia al Regno Unito,
hanno registrato oltre 100 milioni di visite mensili durante il terzo trimestre 2014, per un totale di 14,1 milioni
di clienti. La nuova sfida? «Stiamo crescendo velocemente, ben al di sopra delle nostre aspettative. Il
prossimo passo è spingere di più sul fashion». Ecco spiegata la scelta di una campagna pubblicitaria
televisiva, pensata solo per il nostro paese così sensibile alle griffe, girata da Matthew Frost (e curata
dall'agenzia Jung von Matt/Elbe), un regista newyorkese che conosce bene l'universo della moda. Costituito
da oltre 1500 brand, l'assortimento di Zalando non si limita al fast fashion e a una linea propria ma include
anche la sezione Premium, quella appunto che si vorrebbe espandere ulteriormente, abiti disegnati da stilisti
come Michael Kors, Tommy Hilfiger, Moschino, Just Cavalli, Diesel o Patrizia Pepe. Un buon traguardo,
considerata la notoria riluttanza dei marchi a non gestirsi direttamente il proprio e-commerce. «Ma noi
offriamo spazi che possono essere curati direttamente dal marchio, partnership a lungo termine e la
possibilità di espandersi verso nuovi mercati», aggiunge Giuseppe Tamola. Intanto in Germania stanno già
testando un nuovo servizio: un esperto di stile è a disposizione dei clienti. Ne studia fisionomia, personalità,
gusti e poi manda a casa una selezione di proposte personalizzate. La guerra a boutique tradizionali e centri
commerciali è appena cominciata.
Foto: LO SPOT Qui sopra, la testimonial Vanessa Incontrada con abiti che si possono acquistare su Zalando.
In alto, due frame della nuova campagna del sito, da domani in tv
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ZALANDO R Club Le tendenze Il portale e-commerce dell'abbigliamento cerca nuove strade e punta alle
griffe
01/03/2015
La Stampa
Pag. 9
(diffusione:309253, tiratura:418328)
Ecco come sarà la nuova tecnologia, per scaricare un film basterà un
minuto
Tante alternative per il web , la differenza è fatta dai costi L'Italia è indietro di tre anni rispetto agli obiettivi
europei
FRANCESCO SPINI MILANO
Che cosa è la banda ultralarga? È una rete che permette di avere una velocità superiore a 30 Megabit per
secondo. Serve non solo a navigare più veloce ma anche ad accedere ai servizi più evoluti come la fruizione
di film e programmi di intrattenimento. Che cosa cambia in termini di velocità? Per scaricare un brano
musicale con una connessione in Adsl (che comporta l'utilizzo solo di cavi in rame dalla centrale telefonica)
alla velocità di 5 Megabit per secondo si impiegano 5 secondi, una connessione in fibra a 100 Mega impiega
circa 0,3 secondi. Un film di due ore passa dall'impiegare quasi mezz'ora a meno di un minuto. Quali sono gli
obiettivi di diffusione? L'Europa nella sua agenda digitale ha stabilito che entro il 2020 tutti i cittadini devono
poter usufruire di Internet superveloce. In particolare il 100% della popolazione dovrà avere accesso a una
velocità di almeno 30 Megabit, la metà a 100 Megabit. Qual è la copertura attuale in Italia? Secondo i dati del
governo non superiamo il 43% di copertura a 30 Mega e stiamo accumulando un ritardo di 3 anni rispetto agli
obiettivi. Non solo. L'accesso ai 100 Mega è assicurato ad appena l'1% della popolazione e si concentra
sostanzialmente nell'area centrale di due città: Milano e Roma. Quali tecnologie si usano per connettersi in
banda ultra larga? Fra tante, due in particolare. La prima è l'Ftth (Fiber to the home, che utilizza la fibra ottica
fin dentro la casa dell'utente finale o comunque all'interno del palazzo (e allora è denominata Fttb, Fiber to
the building). In alternativa c'è l'Fttc, Fiber to the cabinet: in questo caso la rete arriva fino a un armadietto
collocato in strada. Da lì un doppino in rame raggiunge le abitazioni. Il governo sembra preferire l'Ftth,
perché? Perché punta tutto sulla fibra che riesce a erogare velocità superiori a 100 Megabit e può arrivare a
superare perfino il Gigabit per secondo. Significa scaricare film interi in un secondo o giù di lì. Ma è anche lo
standard più costoso da sviluppare e burocraticamente complesso: occorrerebbe raggiungere 28 milioni di
punti, entrare in 15 milioni di palazzi. Il rame è da buttare via? Un operatore specializzato nella fibra e nell'Ftth
come Fastweb ha varato un piano di investimenti per l'Fttc, prevedendo l'uso del rame. Lo stesso ha fatto
Vodafone (che a Milano e Bologna offre anche l'Ftth) e pure Telecom che, pur sviluppando l'Ftth, conta di
fare il grosso della copertura con l'Fttc. In Europa, del resto, è lo standard più adottato, se non altro perché
costa un quarto rispetto all'Ftth e ha tempi di sviluppo 4 volte più rapidi. Qual è la velocità dell'Fttc? La
vicinanza degli armadi stradali alle case in Italia (in media 250 metri, meno che in altri Paesi) e l'utilizzo della
tecnologia Vdsl2 permettono di raggiungere, almeno sulla carta, i 100 Megabit per secondo. Gli operatori
assicurano che nuove tecnologie come G.Fast porteranno la velocità su rame tra i 200 e i 500 Mega, quindi di
tutto rispetto.
La diffusione della banda larga nei paesi del G7 0 40 35 30 25 20 15 10 2002 - LA STAMPA 2003 2004
2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013 2014 Quota percentuale di penetrazione nella banda larga
Francia Regno Unito Germania Canada USA Giappone Media OCSE Italia
Le tecnologie in Italia 300 metri - LA STAMPA FTTH Fiber-to-the-home Fibra ottica in casa FTTB Fiber-tothe-building Fibra ottica ai piedi del palazzo FTTC Fiber-to-the-cabinet Fibra ottica nella cabina in strada
100 Megabit La velocità che l'Ue vuole disponibile ad almeno metà degli abitanti entro il 2018
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Le domande e le risposte
02/03/2015
Il Messaggero
Pag. 1.11
(diffusione:210842, tiratura:295190)
Fiato sospeso sui titoli a Piazza Affari: l'ipotesi rottamazione del rame entro il 2030 farebbe scattare una
maxi-svalutazione Il governo è in pressing sull'ex monopolista per costruire la nuova rete insieme alla società
controllata dai fondi Cdp
Roberta Amoruso
ROMA Almeno ufficialmente, il decreto per rottamare la rete in rame di Telecom non ci sarà domani in
Consiglio dei ministri. Ma intanto le diplomazie parallele sono già al lavoro. Perché la via per evitare il
provvedimento è riaprire il tavolo della trattativa per l'ingresso di Telecom in Metroweb o la costituzione di una
nuova società che realizzi la rete di nuova generazione. Su Rai Way, Gubitosi dice no a Mediaset: le torri non
si vendono. alle pag. 9 e 11 L'intervento di Mucchetti a pag. 11 IL PROGETTO R O M A Fiato sospeso a
Piazza Affari su Telecom Italia. Si dovrà aspettare l'apertura di oggi dei mercati per capire fino a che punto
sono state recepite le smentite del governo sulle ipotesi di mandare in soffitta entro il 2030 l'intera
infrastruttura in rame di Telecom, un affare da 15 miliardi nei bilanci del gruppo. E non è escluso che scenda
in campo anche la Consob per chiedere chiarimenti. In realtà la prova della verità sul piano banda ultra-larga
di Palazzo Chigi è fissata per domani. Sul tavolo del Consiglio dei ministri dovrebbe arrivare una bozza con le
linee guida del progetto per diffondere la fibra ottica nel Paese secondo lo schema dell'Agenda digitale Ue.
Ma niente più di questo: l'ipotizzato decreto per spegnere nel 2030 l'infrastruttura in rame di Telecom non ci
sarà. Lo ha giurato il sottosegretario alle Comunicazioni, Antonello Giacomelli, in una nota ufficiale. Dunque,
dopo la marcia indietro del governo sono partiti i primi contatti per uscire dall'impasse. Il che vuol dire che le
diplomazie parallele sono già al lavoro. Perchè, congelato un decreto che avrebbe di fatto messo in ginocchio
il gruppo guidato da Marco Patuano, la via d'uscita può essere soltanto una, sostengono fonti vicine al
dossier: la riapertura delle trattative per l'ingresso di Telecom in Metroweb o la costituzione di una newco. UN
RUOLO CRUCIALE L'azienda controllata dalla Cdp al 46,2% (quindi dallo Stato), ha già la fibra a Milano e ha
la giusta struttura finanziaria per bussare ai fondi Ue necessari per portare Internet a 100 mega al secondo in
quasi tutto il Paese entro il 2020. Il know-how tecnologico però non basta. Telecom su questo fronte può
giocare un ruolo cruciale nello sviluppo dei piani del governo, ma non ha intenzione di cedere sul 51% della
società che dovrebbe sviluppare la rete di nuova generazione. Questo è il nodo che ha fatto saltare il tavolo
delle trattative sull'asse Telecom-Metroweb. Ed è lo stesso evidentemente sul quale si sta già lavorando per
trovare una via d'uscita. IL MURO CONTRO MURO Dov'è la differenza tra il progetto Telecom e i piani del
governo? Il 20 febbraio scorso, Patuano ha messo sul tavolo investimenti per 10 miliardi in Italia, di cui 3
puntati sulla fibra ottica, ma soltanto 500 milioni dedicati alla tecnologia Ftth (Fiber to the home), cioè
l'infrastruttura che porta i cavi fino a casa. Anche perchè il piano stand-alone, a quanto pare, ha tutti i numeri
per centrare gli obiettivi dell'Agenda digitale: a fine 2017 il 75% della popolazione potrà infatti navigare su
Internet a 100 Megabit al secondo grazie alla fibra ottica che sfrutta la tecnologia Fibert to the cabinet (FTTC)
che porta il collegamento fino al cosiddetto armadio stradale. In questo caso l'ultimo miglio di rete è coperto
dai fili di rame di Telecom. Il piano ultraband battezzato «Ring» del governo, punterebbe invece su una rete
tutta in fibra (Fiber to the home) fino a casa dei clienti. Inoltre, lo stesso piano prevederebbe per l'utente finale
una eguaglianza di costi tra il servizio offerto adesso da tutti gli operatori anche utilizzando il rame e quello
che verrà offerto con la fibra (ben più costoso). Non solo, si parla anche di un «servizio universale» garantito
a tutti con una connessione a 30 mega al secondo. Un altro macigno per i conti Telecom. Su questo piano B
il governo è pronto a mettere sul tavolo fino a 6,5 miliardi. Ma chi metterebbe il resto, se non Telecom,
chiamata fuori dal progetto comune? Secondo alcune stime estendere all'intero Paese la fibra fino a casa
(Ftth) costerebbe 25 miliardi. Un'enormità. Ecco perchè la ricostruzione condivisa ormai dai più è che l'ipotesi
del diktat a Telecom per spegnere il rame doveva in realtà servire a costringere il gruppo a tornare al tavolo
Metroweb.
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Telecom, riapre il cantiere Metroweb*
02/03/2015
Il Messaggero
Pag. 1.11
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L'Italia in banda larga
Piano Ring del Governo (anticipazioni)
2020
2020
2018
2020 2030
Le prospettive ad inizio 2014 2017
In tutta Italia
In tutta Italia
Nei grandi centri
In tutta Italia
In tutta le case
30 Mb/s
30 Mb/s
100 Mb/s
100 Mb/s
rete in fibra ottica
Passaggio da rete in rame a fibra ottica
A fine 2012
In tutta Italia
almeno 20 Mb/s
50% 50% 65% 100% 50% 100%
55% ANSA Fonti: Asstel (2012); Governo Letta (prospettive 2014)
Foto: DOMANI IL CONSIGLIO DEI MINISTRI SUL PIANO ATTESI CHIARIMENTI ANCHE SUL SERVIZIO
UNIVERSALE PER INTERNET ULTRAVELOCE
28/02/2015
ItaliaOggi
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L'Italia è la Cenerentola digitale grazie a Madia e Poggiani
TINO OLDANI
Oldani a pag. 13 L'Italia è la Cenerentola digitale grazie a Madia e Poggiani Il bravo Edoardo Narduzzi
l'aveva previsto su Italia Oggi: «Con la nomina di Alessandra Poggiani alla guida dell'Agenzia digitale, l'Italia
avrà un'agenda digitale di serie C». La conferma arriva ora da Bruxelles. Il 24 febbraio la Commissione Ue ha
pubblicato uno studio sullo «stato dell'economia digitale» nei 28 Paesi membri, e l'Italia risulta quart'ultima in
classifica, superando di poco Grecia, Bulgaria e Romania. Un risultato a dir poco umiliante. Nel dare conto
per primo di questo studio, il sito Linkiesta. it titola impietoso: «Economia digitale: il divario con l'Europa è un
abisso». Un disastro che lo studio europeo documenta in cinque settori: connettività, capitale umano digitale,
uso di internet, grado di integrazione dell'economia digitale, servizi digitali pubblici disponibili. Prendiamo
l'ultimo punto, i servizi digitali pubblici. Stando ai dati inviati all'Ue, in Italia il 78% dei passi necessari per
portare a buon fi ne una procedura amministrativa standard può essere compiuto on line, mentre il 100% dei
servizi della Pubblica amministrazione alle imprese e ai cittadini è disponibile sul web. Sulla carta, si tratta di
standard che mettono il nostro Paese alla pari di Francia e Germania. Ma che siano dati credibili, non si
direbbe proprio. Infatti se si va a vedere l'utilizzo effettivo dei servizi digitali pubblici, si scopre che in Italia
solo il 36% dei cittadini dichiara di averli usati nell'ultimo anno, contro il 75% della Francia e il 60% della
Germania. Il che induce a ritenere che il grado di integrazione dei servizi pubblici digitali con l'economia
privata italiana sia molto al di sotto della media europea. Nominata al vertice dell'Agid da Marianna Madia,
ministro della Pubblica amministrazione nonché sua amica personale, la Poggiani è stata bersagliata dalle
critiche fin dal primo giorno in quanto risultò evidente che non aveva i titoli di studio richiesti per l'incarico, né
l'esperienza manageriale. Il ministro e la Poggiani fecero fi nta di nulla, confi dando nella memoria corta
dell'opinione pubblica. Anzi, di lì a poco la nuova direttrice dell'Agid annunciò progetti grandiosi, ripetendo
pari pari uno slogan del premier Matteo Renzi: «Questa volta, con il 'Crescita digitale', cambiamo il Paese».
Come riassume questa missione? gli chiese Com.Com, un sito di economia digitale. E lei, prontissima:
«Servono anzitutto 4,5 miliardi per mettere in rete tutti i soggetti interessati: Stato, Regioni e Comuni. La
trasformazione digitale del Paese è la killer application della crescita economica. E il piano indica la strada
per realizzarla». Killer application?A parte la richiesta di soldi, unico punto chiaro, il resto dell'intervista risultò
un mix di luoghi comuni fi nto-manageriali (killer application per dire mossa vincente nei videogiochi, ne è un
esempio). Ma sui ritardi da colmare, e come, neppure una parola. Ritardi sui quali, ora, lo studio della
Commissione Ue non fa sconti. In Italia, la penetrazione delle tecnologie di punta per l'accesso alla rete è
giudicata scarsissima: le famiglie con un accesso ultraveloce sono appena il 20,8%, contro il 61% della media
Ue. Quanto ai prezzi, l'abbonamento per una connessione dati fra gli 8 e i 12 Mbps (Mega bit per secondo)
da noi costa 31 euro al mese, contro i 24 della media Ue e i 20 della Germania. Anche le capacità digitali
della popolazione sono sotto la media europea. Solo il 44% degli italiani dispone di una competenza media o
alta nei computer, contro il 50% della media Ue e il 60% della Francia. Il che ha ri essi anche sulla qualità
dell'occupazione: il 30% dei lavoratori italiani ammette di non avere le competenze digitali suffi cienti per
cambiare lavoro, contro il 20% della media Ue. La «carenza di skills» (abilità), oltre che sul lavoro, in uisce
anche sulla ridotta penetrazione dei servizi digitali: solo il 40% dichiara di usare il banking on line in Italia,
contro il 60% della media Ue e il 70% della Francia. Va ancora peggio nel commercio digitale: solo il 22%
degli italiani dichiara di avervi fatto ricorso nell'ultimo anno, contro il 70% della Germania e l'80% della Gran
Bretagna. A conti fatti, l'unico settore in cui l'Italia è nella media europea è quello dei social network, come
Facebook, dando così ragione a chi dice che su internet «l'italiano medio cazzeggia, ma non spende». Come
recuperare terreno? Potenziare i servizi pubblici digitali con investimenti miliardari, come vorrebbero fare la
Madia e la Poggiani,è giudicata dagli esperti una strada sbagliata. Il rischio è di costruire degli Open data
governativi che, come già accade ora, hanno standard modesti e sono poco usati dai privati, simili perciò alle
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PEGGIO SOLO LA GRECIA
28/02/2015
ItaliaOggi
Pag. 1
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grandi opere incompiute che si proiettano nel vuoto. Il vero gap da colmare, come rivela lo studio Ue, è quello
del capitale umano digitale. Al dunque, un gap formativo, di cui non può occuparsi l'Agid della Poggiani, bensì
un riforma della scuola che guardi al futuro dei giovani, investendoci le poche risorse disponibili. Risorse che,
purtroppo, rischiano invece di fi nire nel calderone dei 140 mila insegnanti precari da assumere. ©
Riproduzione riservata
Foto: Marianna Madia
28/02/2015
ItaliaOggi
Pag. 1
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Ft riduce il numero degli articoli gratuiti sul web
ALESSIO ODINI
Odini a pag. 23 Ft riduce il numero degli articoli gratuiti sul web Meno articoli gratuiti e più promozioni,
marketing mirato e campagne sui social network per indurre i lettori a sottoscrivere un abbonamento vero e
proprio. Con un occhio di riguardo alla fruizione su dispositivi mobili. Dopo otto anni, il Financial Times mette
mano al proprio modello online con l'obiettivo di attirare più lettori e vendere più abbonamenti, avvicinandosi
a quanto già fanno il New York Times e The Sun, il tabloid di Rupert Murdoch edito in Gran Bretagna. Fino a
ieri, il quotidiano economico finanziario edito dall'inglese Pearson, pioniere dell'accesso a pagamento online,
permetteva ai lettori di consultare gratuitamente tre articoli ogni mese senza registrarsi al sito, numero che
saliva a dieci lasciando i propri dati. Oltre questa soglia, invece, era necessario abbonarsi. Da ieri, invece, il
Ft ha lanciato un nuovo modello che invita i visitatori del sito a sottoscrivere un abbonamento promozionale di
quattro settimane, pagando 1 euro. «Otto anni fa abbiamo lanciato il modello metered (che funziona in base
al numero di accessi mensili, ndr ), che è stato un fantastico successo», ha detto al Guardian John Ridding,
ceo di Ft. «È stato una vera fonte di trasformazione e una buona fonte di contribuiti per il nostro business. Lo
stiamo evolvendo e sviluppando un approccio diverso, quello delle sottoscrizioni promozionali, dietro il
pagamento di una somma simbolica, che consentirà l'accesso illimitato per un mese». L'idea di fondo,
dunque, è i lettori decidano di abbonarsi solo dopo aver apprezzato appieno l'offerta digitale del quotidiano.
La scelta è supportata dalle statistiche, sempre dell'azienda, secondo cui la sottoscrizione promozionale
aumenta il tasso di abbonamenti tra l'11% e il 29%. Stando a Pearson, nel 2014 il modello adottato dal Ft ha
permesso al quotidiano di aumentare le diffusioni cartacee e digitali fino a 720 mila copie medie (70% in
digitale). In particolare, due terzi dei lettori possiedono un abbonamento digitale, la cui tipologia è cresciuta
del 21% nel confronto anno su anno, a 504 mila copie. E proprio l'online si conferma la chiave per
raggiungere specifi ci gruppi di lettori, o aree di mercato che non si avvicinerebbero alla testata con un
approccio generico. Eliminare gli articoli gratuiti non spaventa il ceo di Ft. Ridding ha dichiarato infatti che
questa strategia non dovrebbe penalizzare il traffi co complessivo verso il portale del quotidiano, dunque
anche in termini di raccolta pubblicitaria online, dato che la maggior parte dei visitatori è costituita da lettori
assidui. La nuova strategia del Ft non può prescindere dalla dimensione mobile, rappresentata da
smartphone e tablet. «Siamo assolutamente determinati a costruire la nostra reach (il numero reale di utenti
unici che hanno visitato un sito in un arco di tempo, ndr ), ma vogliamo reach e ritorno», ha aggiunto Ridding.
«Molte nuove iniziative nel mondo dei media sono molto focalizzate sulla reach. Io penso che questo
approccio sia razionale quando si comincia un business e si costruisce un'audience, ma c'è anche bisogno di
rendersi conto di come la si sta monetizzando». © Riproduzione riservata
Foto: John Ridding
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NUOVE STRADE
28/02/2015
ItaliaOggi
Pag. 1
(diffusione:88538, tiratura:156000)
Brindani spiega i segreti del boom di Oggi.it
CLAUDIO PLAZZOTTA
Plazzotta a pag. 21 Brindani spiega i segreti del boom di Oggi.it Il settimanale Oggi ha tre milioni di utenti
unici su Internet, di cui circa 300 mila al giorno, con 128 mila fan su Facebook e 106 mila followers su Twitter.
Nel panorama dei settimanali familiari e sulle celebrità è un po' una eccezione, visto che gli altri, tolto Vanity
Fair (che però è una cosa diversa) si tengono bene alla larga dal web. Al sito Oggi.it, lanciato tre anni fa,
lavorano dieci giornalisti, «ovvero un terzo della redazione di Oggi », racconta il direttore Umberto Brindani,
«guidati dal vicedirettore Roberto Beccaria che sin dall'inizio si occupa della parte digital. Poi abbiamo una
persona completamente dedicata ai social (Twitter, Facebook, Instagram, ecc, ndr ), dove ci facciamo aiutare
pure da una società di consulenza esterna». E l'operazione digital di Oggi, per Rcs, inizia a essere
interessante dal punto di vista economico, poiché «nel 2014 la raccolta pubblicitaria del sito ha coperto il calo
di quella del cartaceo», e ormai il fatturato advertising del web vale circa un terzo della raccolta pubblicitaria
totale del sistema Oggi. «Nelle ultime settimane», prosegue Brindani, «siamo al lavoro per aumentare il peso
del pubblico femminile su Internet. Se Oggi cartaceo ha circa il 70% di lettrici donne, l'edizione quotidiana
online era un po' più maschile, con un rapporto 54 donne-46 uomini. Stiamo spingendo sui canali benessere,
salute e moda, e ora anche sul web il nostro pubblico è quasi al 70% femminile. Su carta le lettrici sono più
mature, mentre su internet sono più giovani. C'è poca sovrapposizione tra i due pubblici. Ma era importante
crescere sul gentil sesso, poiché è il target più interessante dal punto di vista pubblicitario». Domanda.
Regole generali: come si dirige il traffi co di notizie tra web e carta? Risposta. Ci siamo dati tre regole. La
prima è che quello che va sulla carta non va sul web. Per evitare cannibalizzazioni. Le due redazioni, seppur
contigue, lavorano in autonomia. Quella del sito produce un certo numero di post ogni giorno, quella del
settimanale opera con tempi diversi. Quando, al mercoledì, esce Oggi cartaceo in edicola, allora individuiamo
4-5 notizie e foto che già dal martedì rilanciamo in agenzia e sul web. Ma il 90% di quello che si trova su carta
non c'è su Internet. D. Spariamo anche la seconda e la terza regola, via... R. La seconda è che digitale e
carta, comunque, si devono parlare. Quindi sul web lanciamo la carta ma anche la carta rilancia il web, con
articoli dove dei bollini indicano che se si vuole approfondire, se si vogliono vedere altre foto o video, si può
trovare tutto sul sito. Anche perché, da un punto di vista editoriale, sulla edizione cartacea di Oggi il gossip
puro si è molto ridotto, mentre sul web ci sentiamo più liberi. La terza regola è che le notizie non galleggiano:
perciò, se pensiamo che una nostra esclusiva non regga come esclusiva per molto tempo, la spariamo sulla
edizione digitale. Serve a fare girare il marchio di Oggi. Ma non abbiamo evidenze di una relazione precisa
tra successo sul web e vendita delle copie. D. Molto traffi co al sito arriva pure dai social... R. Sì, sta
crescendo molto, soprattutto da quando abbiamo dedicato una persona ad hoc per questo lavoro, e ci
facciamo aiutare da una agenzia specializzata. Sui social diamo visibilità a quanto facciamo sul sito o sulla
carta. D. Come fa a controllare tutto? R. Non lo faccio. Mi fi do del controllo di Beccaria. E poi, a volte,
quando si tratta di personaggi sensibili, ci confrontiamo. D. Quali sono le fonti per alimentare le gallery di foto
e video, che sono la parte più importante di un sito? R. Sono sostanzialmente tre: i materiali che acquistiamo
o che produciamo per la edizione cartacea; i contratti con alcune agenzie,a forfait, con costi bassi; Instagram,
perché le immagini postate dalle celebrità direttamente sui loro social sono una grande risorsa per noi e la
dannazione dei paparazzi. D. Perché tra i grandi giornali familiari, penso a Chi, a quelli di Cairo editore, di
Guido Veneziani, di Prs Editore, a Gente di Hearst, nessuno sta investendo sul digital? R. Non me lo spiego.
Meglio così per noi. Anche se si dice che Cairo stia in realtà costruendo una redazione web, così come
Mondadori per qualcosa di people e gossip. Però sono voci. © Riproduzione riservata
Foto: Umberto Brindani
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INTERVISTA SITO WEB
28/02/2015
ItaliaOggi
Pag. 34
(diffusione:88538, tiratura:156000)
Bonus e-commerce Istanze in 8 giorni
GIUSY PASCUCCI
Per accedere ai crediti di imposta per e-commerce e reti di impresa le domande (da inviare online al ministero
delle politiche agricole) andranno presentate dal 20 al 28 febbraio dell'anno successivo a quello degli
investimenti. La richiesta dovrà essere sottoscritta da un legale rappresentante della società e contenere una
serie di requisiti a pena di nullità. Defi nite le modalità operative dei crediti di imposta per lo sviluppo dell'ecommerce e delle reti di impresa di prodotti agroalimentari, della pesca e dell'acquacoltura e per le nuove reti
d'impresa di produzione alimentare nei decreti interministeriali del 13 gennaio 2015 relativi al provvedimento
Campolibero voluto dal ministro alle politiche agricole Maurizio Martina, pubblicati ieri, in Gazzetta Uffi ciale
(n. 48 del 27/2/2015). R EQUISITI. Per l'accesso al benefi cio sono stabiliti gli stessi requisiti formali per
entrambi i crediti. L'agevolazione sarà considerata ammissibile anche per i nuovi investimenti realizzati, dopo
l'entrata in vigore del decreto, a decorrere dal periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2014 e nei due
successivi. La domanda per accedere al credito, che deve essere sottoscritta dal legale rappresentante
dell'impresa, dovrà contenere,a pena di nullità, il codice dell'attività prevalente dichiarata dall'impresa ai fi ni
Iva, il tipo di impresa al momento della presentazione della domanda; il costo complessivo degli investimenti
e l'ammontare delle singole spese ammissibili nonché l'effettività delle spese sostenute e della destinazione
per l'avvio o lo sviluppo del commercio elettronico e il credito d'imposta spettante. La richiesta andrà
presentata dal 20 febbraio al 28 febbraio dell'anno successivo a quello di realizzazione degli investimenti, in
via telematica al Mipaaf,e contestualmente le imprese dovranno presentare la dichiarazione sostitutiva
relativa alla fruizione di altri aiuti «de minimis» nell'anno in corso e nei due precedenti. Sarà il Mipaaf a verifi
care i requisiti soggettivi, oggettivi e formali per riconoscere il benefi cio ed eventualmente rifiutarlo in caso di
cumulo con altri aiuti. Il credito d'imposta è concesso nei limiti delle risorse disponibili per l'anno di riferimento
e, già stabilito in 500 mila euro per l'anno 2014, 2 milioni per il 2015 e di 1 mln per il 2016. L'impresa decade
dal diritto in caso di accertamento defi nitivo di violazioni non formali alla normativa fi scale; mancato rispetto
delle condizioni stabilite dall'Unione europea, utilizzazione difforme dalla destinazione indicata nella domanda
e in caso di accertamento della falsità delle dichiarazioni rese. Per entrambi i crediti spetterà all'Agenzia delle
entrate comunicare al Ministero delle politiche agricole entro il mese di marzo di ciascun anno, l'elenco delle
imprese che hanno utilizzato in compensazione il bonus d'imposta con i relativi importi. ECOMM ERCE.
L'agevolazione, che copre il 40% degli investimenti fi no a 50 mila euro effettuati da imprese e pmi anche se
costituite in forma cooperativa o riunite in consorzi, riguarda la realizzazione e l'ampliamento di infrastrutture
informatiche esclusivamente fi nalizzate all'avvio e allo sviluppo del commercio elettronico, relative a
dotazioni tecnologiche; software; progettazione e implementazione; sviluppo database e sistemi di sicurezza.
R ETI DI IMPRESA. In questo caso il bonus coprirà il 40% fi no a 400 mila euro di nuovi investimenti,
compresi in un programma comune di rete, per lo sviluppo di nuovi prodotti, pratiche, processi e tecnologie,
nonché per la cooperazione di fi liera. Sono agevolabili i costi per attività di consulenza e assistenza tecnicospecialistica prestate da soggetti esterni all'aggregazione in rete, per la costituzione della rete, per la
redazione del programma di rete e sviluppo del progetto; costi in attivi materiali per la costruzione,
acquisizione o miglioramento di beni immobili e per l'acquisto di materiali e attrezzature; costi per tecnologie e
strumentazioni hardware e software funzionali al progetto di aggregazione in rete; costi di ricerca e
sperimentazione, per l'acquisizione di brevetti, licenze, diritti d'autore e marchi commerciali, per la formazione
dei titolari d'azienda e del personale dipendente impiegato nelle attività di progetto, per la promozione sul
territorio nazionale e sui mercati internazionali dei prodotti della filiera e per la comunicazione e la pubblicità.
Foto: Maurizio Martina
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I decreti Campolibero in Gazzetta
02/03/2015
La Repubblica - Affari Finanza - Ed. n.8 - 2 marzo 2015
Pag. 1
(diffusione:581000)
Gentz, i record di Mr Zalando
Paola Jadeluca
Gentz, i record di Mr Zalando a pag. 6 «In Zalando non abbiamo un codice d'abbigliamento, uno dei nostri
valori è "wear sneakers, not ties", mi piace vestire casual. Non ho un brand preferito ma spesso indosso
alcuni dei nostri marchi come Zign e Kiomi»: tedesco fino alle scarpe, Robert Gentz, 31 anni compiuti a
settembre, fondatore e numero uno di Zalando, il colosso dell'e-commerce che oggi vale 2,2 miliardi di euro.
Teutonico e fedele allo stile della casa, considerato che Zign e Kiomi sono appunto due marchi del ricco
portafoglio di "private label" lanciate e vendute dal gruppo. Non è facile affermare un nome e una immagine
Made in Deutschland in un mercato dominato da italiani, francesi, inglesi e americani. Con le sue polo e i suoi
pantaloni informali, Gentz è il paradigma di un nuovo modello friendly che sta plasmando il business fashion
proprio mentre, nel mondo della politica, finisce sotto i riflettori il look antinconvenzionale del primo ministro
greco Tsipras e del ministro della finanza Varoufakis. I nuovi sex symbol, insomma, parlano la lingua dei due
paesi che, su fronti opposti, dominano oggi la scena dell'eurozona. Divisi dai bilanci governativi, uniti dalla
voglia di infrangere regole e consuetudini. L'elemento di rottura è la cifra che caratterizza Zalando dalla
nascita: il debutto, infatti, è avvenuto nel 2008. La Lehman Brothers falliva, i mercati venivano travolti dal
grande tsunami finanziario. Gentz, fresco di laurea alla Otto Beisheim Graduate School of Management di
Coblenza e due stage in Boston Consulting Group e in Morgan Stanley, decide di mettersi a vendere scarpe
online, insieme a un suo compagni di studi, David Schneider. Calzature, poi vestiti e accessori, un crescendo
di prodotti e marchi che l'hanno portato oggi a essere il primo online retailer in Europa: vende in 15 paesi, ha
oltre 1.500 brand di prodotti e più di 14 milioni di clienti. Quotata alla Borsa di Francoforte lo scorso ottobre,
ha fatto registrare un balzo del 16% del titolo la scorsa settimana, sulla scia dei risultati record di fine anno.
Un'idea buona diventa business solo con i soldi: Zalando ha trovato la piattaforma finanziaria in Rocket
Internet, dei fratelli Oliver, Marc e Alexander Samwer, una società di Berlino specializzata nel finanziare
società Internet. Berlino è quindi diventata anche il quartier generale di Zalando. La capitale tedesca è
considerata un vivaio di start up, il nuovo hub di cervelli e iniziative. «Il posto ideale per la nostra azienda, una
città internazionale, multiculturale, attrattiva, giovane, e rispecchia molte delle caratteristiche del nostro
gruppo: un esempio, i nostri dipendenti provengono da oltre 50 Paesi!», commenta ad Affari &Finanza Gentz.
La sede del gruppo è a Mollstrasse, nel Mitte, un tempo quartiere principale della Germania Est. Oggi cuore
pulsante della moda e del lusso. Il palazzo ospitava un tempo l'Adn, l'agenzia di stampa ufficiale che curava
la propaganda della Ddr. I palazzi grigi di un tempo hanno cambiato colore. E Berlino ha persino scalato la
classifica delle "best fashion city" del mondo, al settimo posto, appena dietro le storiche capitali della moda
come New York, Londra, Parigi. Un ranking basato sulla tecnologia Global language monitor, che traccia la
brand awareness , la notorierà del brand tra blog e social network su Internet e tra i primi 250 mila media
elettronici e di carta. Il bilancio 2014 segna finalmente il pareggio per Zalando. che per molti anni ha sentito il
peso dei massicci investimenti destinati alla crescita e finalmente ha realizzato un margine di profitto del
2,8%. «Il business online è un bilanciato mix di crescita e profittabilità e Zalando ha sofferto molte perdite», è
il commento di Graham Renwick, analista con base a Londra di Exane BnpParibas. Renwick ha confermato
due volte di seguito, a fine gennaio e metà febbraio, il suo rating underperform , sotto la media del mercato.
Un giudizio basato sul confronto con il competitor Asos, che secondo Renwick, ha margini superiori e costi
minori. «Parlando di investimenti e profittabilità, voglio rimarcare che nell'immediato futuro continueremo a
concentrarci sul realizzare una crescita profittabile», commenta Gentz. E spiega: «Per il 2015 non ci
aspettiamo di avere margini che eccedano i livelli raggiunti nel 2014, in quanto continueremo a investire per
garantire la crescita nel lungo periodo. Il mercato offre ancora molte chance per gli anni a venire e non
vogliamo ridurre gli investimenti proprio adesso: il fashion online è ancora ai suoi inizi. Questa è la nostra
priorità nell'immediato, e non alzare ulteriormente i margini». Il mercato online è al suo early stage , primo
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[ IL PERSONAGGIO ]
02/03/2015
La Repubblica - Affari Finanza - Ed. n.8 - 2 marzo 2015
Pag. 1
(diffusione:581000)
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stadio, sostengono Dan Homan, Richard Edward e Assad Malic di Citi, che sostengono invece il potenziale
futuro di Zalando con un buy , compra. Overweight , aumenta il peso in portafoglio è l'altra raccomandazione
positiva che arriva da Anisha Shinghai, Geoff Ruddell e Audrey Borius di Morgan Stanley: «Zalando sostengono gli analisti - ha realizzato un solido network con website localizzati, metodi di pagamento
adeguati e servizi di consegna e restituzione gratuiti». Ma questi sono i grimaldelli per aprirsi un varco. Ora
non basta più vendere bene, spedire e consegnare bene. Bisogna creare nuovi servizi a valore aggiunto.
Intanto il portale Zalando è di facile navigazione e consente di prendere le misure bene per ogni prodotto. Ma
non basta. «Data la richiesta crescente da parte dei clienti di indicazioni su come abbinare i singoli articoli
abbiamo deciso di sviluppare la funzione "Completa l'Outfit". Il lancio è avvenuto da poche settimane dunque
è presto per valutarne la performance. Quel che è importante evidenziare è l'implementazione in fasi
successive che ci permette di procedere seguendo le indicazioni dei clienti, dunque in base a esigenze reali.
È una caratteristica tipica della test culture di Zalando. Nel frattempo in Germania stiamo iniziando la fase di
test per un nuovo servizio di curated shopping , attraverso il quale stilisti indipendenti offriranno ai clienti
consigli di stile individuali. Se tutto dovesse funzionare per il meglio, possiamo certamente pensare di offrire
un servizio analogo sul mercato italiano». P i a t t a f o r m e l o g i s t i c h e , network di distribuzione. Chi fa
moda online spesso diventa un operatore logistico, e viceversa, come dimostra il caso di Amazon, che
proprio a Berlino sta mettendo su il nuovo hub centrale per l'Europa. «La tecnologia è parte del nostro Dna,
abbiamo un team It che conta già oltre 700 esperti. Questo background ci permette di creare soluzioni mirate
a offrire contemporaneamente comodità, convenienza, personalizzazione e ispirazione. Per questo
estenderemo ulteriormente il nostro team tecnologico: abbiamo bisogno di nuovi grandi talenti». Ora il
problema è gestire il seguito di una strategia d successo che ha visto crescere Il giro d'affari del 26%. Una
delle strade già battute da altri concorrenti è estendere il brand ad altre settori, ma Gentz non sembra ancora
convinto. «Per il momento non lo abbiamo in programma, tuttavia in futuro amplieremo l'offerta ad altre
categorie lifestyle - dall'abbigliamento premaman all'intimo, passando per i tessili per la casa, per fare degli
esempi - rimanendo comunque in linea con l'immagine del nostro brand». E anche l'altra, l'ingresso in nuovi
mercati, a partire dalla Cina o dall'Australia, non è in vista. «Il settore fashion nei 15 mercati in cui operiamo
ha un valore di 400 miliardi di euro e attualmente, con i nostri 2 miliardi di fatturato, deteniamo una quota di
mercato dello 0,5%. Perché non pensare di arrivare a un 2-3% nel futuro? Sebbene Zalando sia sempre
pronta e interessata a valutare diverse opportunità, per il momento il nostro obiettivo è consolidare il business
in Europa e aumentare la nostra quota di mercato».[ LA BIOGRAFIA ] Dalla spiaggia in Guatemala a un
finanziatore coraggioso
Campagne pubblicitarie dirompenti hanno contribuito a far entrare il nome Zalando in tutte le case, anche
quelle italiane. La comunicazione per il fashion è una leva chiave. Gli analisti sostengono che rispetto ai
competitor il gruppo di Berlino spende meno per il marketing. Ma evidentemente, considerati i risultati, l'ha
fatto in modo efficiente. E su questo fronte il gruppo promette altre iniziative innovative: «Sin dall'inizio
abbiamo lavorato con standard molto alti in termini di presentazione prodotto, ad esempio panoramiche a 360
gradi, le pose dei modelli» racconta Robert Gentz, numero uno del gruppo. Spiega Gentz: «Tutte le immagini
che vedete nel nostro shop sono realizzate nei nostri studi di produzione, e a questi abbiamo affiancato team
video e un team di content creation . Ora abbiamo persino iniziato a creare interamente in-house le
campagne fashion, per realizzare materiali che contribuiscano a creare un'esperienza ispirazionale». Studios,
video: una vera e propria fabbrica fashion per produrre emozioni, sogni. Tutta quell'atmosfera, il mood, che
oggi fa il vero valore aggiunto dei brand. Una filiera completa che va dal prodotto alla produzione degli spot.
Un impero nato su una spiaggia in Guatemala, meta di uno dei viaggistudio di Gentz. Aveva 24 anni, una
laurea in business e diversi intership presso università di Honolulu e Messico. Su un giornale legge della
vendita di StudiVz per 65 milioni di euro, e si chiede come sia possibile per un sito web raggiungere una
valutazione così alta. Ci rimugina sopra e gli viene l'idea di mettersi in proprio. Nasce così Unibicate, una
start-up con sede a Monterey, in Messico, dove studiava per un semestre: un social network per le università
02/03/2015
La Repubblica - Affari Finanza - Ed. n.8 - 2 marzo 2015
Pag. 1
(diffusione:581000)
ADVERTISING ONLINE - Rassegna Stampa 02/03/2015
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La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
di Messico, Argentina e Cile. Un progetto senza futuro. "Ridicolo", lo boccia Olivier Samwer, al quale Gentz
aveva chiesto un finanziamento. Una storia raccontata da Hagen Seidel nel libro "Schrei vor Glück", Urla per
la gioia, al momento solo in tedesco. Un anno dopo la bocciatura, Samwer ha deciso di investire sul nuovo
progetto di Gentz. (p.jad.)
Foto: Robert Gentz fondatore di Zalando visto da Dariush Redpour
02/03/2015
La Repubblica - Affari Finanza - Ed. n.8 - 2 marzo 2015
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(diffusione:581000)
Axélero vetrine online per piccole imprese e professionisti
L'IDEA DELL'AZIENDA PUGLIESE È STATA DI CREARE QUATTRO PORTALI TEMATICI IN CUI DARE
VISIBILITÀ ALLE OFFERTE ECONOMICHE. OGNI SITO È ORMAI DIVENTATO UN BRAND GESTITO DA
UNA SPECIFICA SOCIETÀ CONTROLLATA. DA DICEMBRE È QUOTATA ALL'AIM
Stefania Aoi
In un mercato competitivo e frastagliato come quello della pubblicità digitale e del marketing su web, la
società Axélero vuole continuare a crescere rafforzando i suoi brand e sviluppando nuovi prodotti per
negozianti e piccole e medie imprese che cercano maggiore visibilità online. Con questo obiettivo la internet
company guidata da Leonardo Cucchiarini, si è quotata l'11 dicembre scorso all'Aim, il segmento di Borsa
italiana dedicato alle società ad alto potenziale di crescita. "Il debutto a Piazza Affari rappresenta una tappa
molto importante che ci aiuterà a sviluppare le nostre strategie di business", commenta il ceo Cucchiarini.
L'azienda milanese, con un capitale complessivo di 13,6 milioni di azioni, collocate ciascuna al prezzo di 5,50
euro, ha raggiunto una capitalizzazione di 74,8 milioni di euro. In Borsa è stato quotato il 33,09% del capitale.
Il resto rimane invece in mano agli azionisti Supernovae1 (61,91%), società partecipata in parti uguali da
Leonardo Cucchiarini e Stefano Maria Cereseto che, a livello personale, detengono anche l'1,4% ciascuno di
Axélero. Grazie alle nuove risorse raccolte, il gruppo potrà potenziare gli asset commerciali e rafforzare le
quattro società controllate: il brand Professionisti, che attraverso il sito web dà visibilità ad avvocati, notai,
architetti e commercialisti. AbcSalute, che aiuta gli italiani a trovare medici e specialisti online.
Shoppingdonna, che nel suo sito promuove negozi, abiti, accessori di moda e prodotti di bellezza. E infine,
Originalitaly che propone online itinerari, guide e blog in ambito enogastronomico, culturale e turistico.
L'azienda milanese, nata nel 2008 col nome Allin1, sta già da tempo registrando buone performance. Il
fatturato 2013 è stato di circa 9 milioni di euro, in crescita del 9% rispetto al 2012. L'utile di poco superiore a
1,3 milioni (+36%). Risultati positivi proseguiti nel 2014: al 30 settembre il giro d'affari pari a poco più di 7
milioni, continuava a segnare un aumento (+7%) rispetto allo stesso periodo dell'esercizio precedente. Il 2014
è stato poi un anno di grandi cambiamenti, uno su tutti la modifica della denominazione sociale di Allin1 in
Axélero, che oggi conta su due sedi operative, una a Milano e l'altra a Monopoli e di una rete vendita formata
da 34 rappresentanti.
Foto: Segui Impresa Italia anche su: www.impresa-italia.it
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[ IMPRESA ITALIA ]
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La Repubblica - Affari Finanza - Ed. n.8 - 2 marzo 2015
Pag. 24
(diffusione:581000)
Venti milioni di italiani su Facebook e il social ora piace anche ai più
anziani
IL 50% (NEL MONDO) GUARDA ALMENO UN VIDEO AL GIORNO. GLOBALMENTE SI PARLA DI TRE
MILIARDI DI FILMATI. NEL NOSTRO PAESE SONO 26 MILIONI GLI ATTIVI SULLA PIATTAFORMA DI
ZUCKERBERG OGNI MESE, IL 72 PER CENTO DEGLI INTERNAUTI NAZIONALI
Maria Luisa Romiti
Dal 2009, quando Facebook è arrivato in Italia, il numero di iscritti è cresciuto costantemente e la piattaforma
social è utilizzata con continuità: ogni giorno "transitano" 20 milioni di utenti, il 77% di quelli attivi a livello
mensile che sono 26 milioni e rappresentano il 72 per cento degli internauti italiani (fonti Facebook ed
eMarketer 2014). Certo ci sono stati dei cambiamenti significativi, come spiega Luca Colombo, Country
Manager per l'Italia, "Negli ultimi tre anni sono sempre più le persone che utilizzano dispositivi mobili.
Secondo i nostri dati, aggiornati al quarto trimestre 2014, sono 17 milioni ogni giorno e 22 milioni a livello
mensile". Anche le fasce di età, rispetto a sei anni fa, sono più eterogenee. All'inizio, come spesso succede
con le novità tecnologiche, la maggioranza degli iscritti erano giovani (25-34 anni al massimo), mentre negli
ultimi 18-12 mesi le fasce di età che segnano un maggiore tasso di crescita sono quelle più adulte. In Italia, in
particolare, l'incremento superiore si registra tra gli utenti con oltre 65 anni, anche se numericamente sono
ancora in minoranza. "Se torniamo indietro di qualche mese, la grande novità riguarda il successo che stanno
riscontrando i video (caricati nativamente ossia che non rimandano ad altri siti)", afferma il manager. "Oggi il
50% degli utenti nel mondo guarda ogni giorno almeno un filmato su Facebook e ci sono - dato annunciato
nell'ultima trimestrale - 3 miliardi di video visualizzati giornalmente a livello globale". Facebook non è solo una
piattaforma social per condividere contenuti e comunicare, ma si sta affermando anche come strumento di
business. "L'Italia non è diversa da altri paesi e si registra una crescita costante nell'adozione della nostra
piattaforma per la promozione e lo sviluppo del business sia da parte delle piccole e medie imprese sia delle
grandi organizzazioni", spiega Luca Colombo. "Il successo dipende dall'abilità di attirare i clienti ma per le
PMI, in particolare, può risultare complicato a causa di limiti temporali e di risorse. A livello globale più di 30
milioni di aziende hanno una pagina su Facebook perché è gratuita, facile da usare e funziona bene anche
da mobile. Non solo. Le piccole e medie imprese lo utilizzano sempre più per le loro inserzioni pubblicitarie
perché il messaggio arriva al cliente 'giusto', a un costo minore rispetto ad altri media. Non a caso nell'arco di
sei mesi si è passati da 1,5 milioni a oltre 2 milioni di PMI che investono attivamente ogni mese". Nella
soluzione di advertising specifica per desktop la pubblicità si trova sia nel news feed, ovvero all'interno del
flusso di post che arriva dagli "amici", sia nella colonna di destra, mentre per i dispositivi mobile è solo
centrale. "Quest'anno continueremo ad ampliare il nostro supporto alle PMI. Abbiamo appena rilasciato l'app
Ads Manager per iOS che consente ai clienti di gestire, tramite un iPhone o un iPad, gli annunci ovunque si
trovino", commenta Colombo. "Inoltre organizzeremo sempre più eventi educativi e daremo la possibilità, a
ogni azienda che voglia crescere con Facebook, di accedere a un supporto online sempre più presente".
Foto: Nel grafico, la partecipazione italiana a Facebook . I tre quarti dei "navigatori" utilizzano il sistema per
stare in contatto con amici
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a cura di Claudio Gerino
02/03/2015
Corriere Economia
Pag. 1.17
Instagram Il vero gioiello tra i tanti amici di Zuckerberg
GRETA SCLAUNICH
C hi è nato Re Mida continua a trasformare in oro qualunque cosa tocchi. Lo sa bene Mark Zuckerberg che,
dopo aver acquistato Instagram per un miliardo se lo ritrova adesso con un valore di 33 miliardi. Il sito delle
foto, comprato un po' in sordina si sta rivelando un grande affare. E piace anche ai grandi editori A pagina 17
Un miliardo di dollari per una startup che non produceva un dollaro di utile. Quando, nel 2012, il ceo di
Facebook Mark Zuckerberg aveva stretto l'accordo per acquisire l'applicazione di fotografia (con social
integrato) Instagram in tanti si erano chiesti se davvero li valesse tutti quei soldi. La società fondata da Kevin
Systrom (oggi 31enne) aveva due anni, 25 milioni di utenti attivi mensili e nessun piano per il futuro se non
quello di sfruttare i filtri retrò per migliorare le fotografie degli utenti. Nessun modello di business, soprattutto.
Ma questo non aveva impensierito Zuckerberg: in fondo anche Facebook - fondato nel 2004 e dieci anni dopo
colosso dei social con il suo quasi miliardo e mezzo di utenti - era nato senza nessuna idea di come far soldi.
Previsioni
Oggi Facebook invece guadagna, e parecchio. L'ultima trimestrale dell'anno scorso segnava un utile da 701
milioni di dollari, con ricavi di 3,85 miliardi. Cifre che, per gli analisti, Instagram potrebbe superare nei
prossimi cinque anni: secondo i calcoli della società di analisi Cowen and Co. entro il 2020 il social fotografico
chiuderà il bilancio con entrate pari a 5,8 miliardi di dollari.
Insomma, stando a questi numeri la vera gallina dalle uova d'oro di Zuckerberg sarebbe proprio il software
per la fotografia sviluppato da Systrom. E a lungo messo in ombra dagli acquisti più recenti, come
l'applicazione di messaggistica gratuita WhatsApp o la startup di realtà virtuale Oculus Rift. La prima ha fatto
scalpore per i numeri: Zuckerberg l'ha comprata per 21 miliardi di dollari. La seconda per il potenziale
innovativo: chissà come il ceo di Facebook intende utilizzarla. Intanto, mentre lo shopping di startup
continuava (dalla società di produzione di droni Ascenta a quella che costruisce sistemi per l'assistenza
vocale Wit.ai), Instagram macinava numeri. Degli utenti innanzitutto: dal milione del 2010 è passata ai dieci
del 2011, toccando quota 25 nel 2012, poi 150 nel 2013 e oltre 300 l'anno scorso. Della valutazione, in
seconda battuta: ora l'applicazione, secondo le stime di Citigroup, avrebbe raggiunto il valore di 33 miliardi di
dollari. Delle entrate, per finire: le previsioni di Cowen indicano che già quest'anno Instagram potrebbe
arrivare ad un fatturato di 700 milioni di dollari.
Sul podio
Tutti numeri che hanno portato l'applicazione a superare altre società additate come le migliori del panorama
tech. E' il caso di Twitter, il social da 140 caratteri che non solo è in perdita da sempre ma non è ancora
riuscito a raggiungere il traguardo dei 300 milioni di utenti (e la sua capitalizzazione arriva a poco più di 20
miliardi). Oppure WhatsApp, che l'anno scorso ha chiuso il bilancio con un fatturato da 10 milioni di dollari. O
anche SnapChat, l'applicazione di messaggistica che ha rifiutato l'offerta di acquisizione di Facebook e ora
vale 19 miliardi di dollari.
Ma soprattutto, secondo Citigroup, il successo di Instagram è appena all'inizio. In una nota diffusa a dicembre
la società di analisi ha infatti spiegato che l'applicazione «ha recentemente iniziato a monetizzare e il suo
contributo finanziario su Facebook è per ora ai minimi». I primi tentativi di introdurre l'advertising datano infatti
della fine del 2013 quando, senza fretta e un po' in sordina, l'applicazione ha inaugurato il servizio di
contenuti promoted, cioè pubblicitari . La cautela era doverosa: molti utenti avevano protestato contro i
contenuti di questo genere.
A distanza di poco più di un anno l'utilizzo di questo strumento è ormai sdoganato. E ha riscontrato buoni
risultati, tanto che gli analisti di Cowen hanno diffuso una nota in cui si dicono «convinti che dai 700 milioni di
dollari di fatturato previsti per il 2015 si arriverà a 5.8 miliardi entro il 2020». Il successo dell'applicazione, che
dopo aver introdotto gli hashtag per tematizzare (e trovare) più facilmente le fotografie si è di recente anche
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Facebook Comprata per un miliardo ne vale 33
02/03/2015
Corriere Economia
Pag. 1.17
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aperta a mini video da 15 secondi, l'ha resa popolare tra gli utenti più disparati. Dopo vip e brand, ora tocca
alle grandi testate sperimentare la piattaforma. La BBC , per esempio, la utilizza per postare notizie in pillole
sotto forma di brevi video. Il New York Times , invece, ha appena investito nella creazione di una decina di
account tematici e verticali. Lo scopo non è aumentare il traffico sui siti delle testate (Instagram non supporta
i link esterni) ma curare il brand su un nuovo «terreno di gioco»: come ha dichiarato Alexandra MacCallum,
responsabile delle strategie digitali del NYTimes , «si tratta di un tentativo di costruire notorietà e fedeltà per
la testata attraverso una narrazione che gioca sulle immagini».
© RIPRODUZIONE RISERVATA
f f Che cos'è: un'applicazione e un social di fotografia con filtri retrò (ad oggi ce ne sono 20) Come
guadagna: grazie alla pubblicità Insta 2010 2011 Kevin Systrom lancia Instagram Introduzione degli hashtag
Acquisizione da parte di Facebook per 1 miliardo di dollari 2013 Avvio del sistema di advertising Le date #
2012 La fotografia La crescita degli utenti attivi mensili, dati in milioni Oggi e domani, le previsioni 10 2011 1
2010 25 2012 150 2013 Utenti attivi Fatturato Nel 2015 Nel 2020 700 milioni $ 5,8 MILIARDI $ 300 milioni
Contro 280 milioni di Twitter 680 milioni Contro 479 milioni $ di Twitter* La valutazione 33 miliardi $ 19
miliardi $ Snapchat Ha potenziato la presenza con una decina tra profili tematici e di sezione Ha lanciato le
«videopillole di news» Chi punta su Instagram 31 anni, cofondatore e attuale ceo di Instagram Kevin Systrom
Mark Zuckerber, ceo di Facebook *Ultimo trimestre 2014 Fonte: Società di analisi Cowen and co. dot.com
hanno vinto un altro round. Ma i fornitori di Internet faranno causa. E anche Google
Foto: Facebook Mark Zuckerberg
02/03/2015
Corriere Economia
Pag. 41
Un piano di ecommerce per lo sbarco a Pechino
PAOLA CARUSO
Anche per le micro-imprese diventa più facile vendere in Cina. Facendo sistema, con il coordinamento di
Ge.Fi. (Gestione Fiere che organizza l'Artigiano in Fiera). Grazie a un accordo tra Ge.Fi. e il colosso asiatico
Izp Technologies Group, l'handmade italiano di qualità sta per sbarcare (dal primo maggio) sul mercato di
Pechino attraverso l'ecommerce sulla piattaforma Haixuan.
La gestione delle spedizioni è compito di Ge.Fi., mentre dogana, marketing e distribuzione in arrivo è affidata
al partner locale, Izp che è la principale agenzia di big data del Paese e svolge ricerche di mercato sull'85%
degli utenti web. Si tratta di una grande opportunità di internazionalizzazione, soprattutto per quelle
piccolissime aziende che non hanno le risorse per esportare da sole.
«E' la prima volta che la micro-impresa si organizza per un'operazione così complessa - precisa Antonio
Intiglietta, presidente di Ge.Fi. - e stiamo lavorando tanto per portare avanti il programma, garantendo i tempi
di risposta. L'entusiasmo di tutti gli attori coinvolti è alto». L'occasione per sviluppare gli affari è garantita dalla
joint-venture. Basta osservare i dati di traffico del portale Haixuan. «L'anno scorso la piattaforma ha registrato
20 milioni di utenti con 10 milioni di vendite - spiega Intiglietta -. Adesso, sul sito sarà realizzato un canale
dedicato ai prodotti italiani, denominato Artimondo Italian Life Style by Artigiano in Fiera».
In pratica, oltre ad Artimondo, il canale ecommerce di Ge.Fi. nato a giugno dell'anno scorso, adesso le microimprese hanno la possibilità di ampliare la loro vetrina, raggiungendo un bacino di consumatori che apprezza
il made in Italy artigianale e di alto livello. «In questo momento il mercato cinese ha la necessità di equilibrare
la bilancia import/export - commenta Intiglietta - e sta portando avanti una politica di incentivazione per
portare nel Paese prodotti italiani di qualità».
All'inizio saranno 250-300 le micro-imprese presenti sul sito cinese, fino ad arrivare a posizionare tutti gli
imprenditori (quelli partecipanti all'Artigiano in Fiera) entro fine anno. Nessun settore di business è escluso:
abbigliamento, enogastronomia, gioielli, arredamento, oggettistica, salute e bellezza. Obiettivo: spedire verso
Est un container di merce al mese con almeno 10 o 12 mila prodotti. Il primo carico è in partenza a marzo con
una selezione del food artigianale, in modo da avere i prodotti subito disponibili per l'acquisto online.
Ma questo è soltanto il primo passo per incrementare l'export in Cina. «Insieme a Izp stiamo lavorando per
essere presenti sulla piattaforma di Alibaba-Tmall global», sottolinea Intiglietta. L'idea di Ge.Fi. è di partire
dalla Cina per poi applicare la stessa strategia di approccio, firmando accordi e formando joint-venture, ad
altri Paesi. La trattativa per un'alleanza con un partner in Corea è stata già avviata, poi c'è da pensare alla
Russia e in un secondo momento agli Stati Uniti. Uno step alla volta.
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Foto: Idee Antonio Intiglietta, alla guida di Ge.Fi.
ADVERTISING ONLINE - Rassegna Stampa 02/03/2015
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Micro imprese
02/03/2015
ItaliaOggi Sette - Ed. n.51 - 2 marzo 2015
Pag. 9
(diffusione:91794, tiratura:136577)
Pagine a cura DI LUIGI DELL'OLIO
Le normative adottate dal 2012 in avanti costituiscono un incentivo importante a lanciare nuove imprese,
considerate per altro le diffi coltà occupazionali che persistono nel nostro Paese. Tuttavia le difficoltà del fare
impresa in Italia non possono risparmiare i nuovi imprenditori. «Dopo il decreto legge n. 179/2012, convertito
nella legge n. 221/2012, ci sono stati nuovi interventi normativi per identifi care le imprese che possono
rientrare nella qualifi ca di start-up innovative», ricorda Giovanna Bagnardi, partner dello studio De Berti
Jacchia Franchini Forlani. Per Bagnardi questo non signifi ca che è diventato automaticamente più facile
costituire una start-up, ma di certo è stata ampliato il bacino delle società che possono benefi ciare della
normativa di favore. «Tra le facilitazioni introdotte, va menzionato l'abbattimento degli oneri per l'avvio
dell'impresa, con l'esonero dal pagamento dell'imposta da bollo e dei diritti di segreteria dovuti per gli
adempimenti relativi all'iscrizione al Registro delle imprese, nonché dal pagamento del diritto annuale dovuto
in favore delle Camere di commercio». Inoltre sono previste agevolazioni fiscali per i soggetti che investono
nelle start-up, dato che fi no al 2016 «dall'imposta lorda sul reddito delle persone fisiche viene detratto un
importo pari al 19% della somma investita dal contribuente nel capitale sociale di una o più start-up innovative
direttamente ovvero per il tramite di organismi di investimento collettivo del risparmio che investano
prevalentemente in start-up innovative». Senza dimenticare che la start-up innovativa può assumere
personale con contratti a tempo determinato della durata minima di sei mesi e massima di 36. «All'interno di
questo ambito temporale, i contratti possono essere anche di breve durata e rinnovati più volte». Per Andrea
Rangone, direttore degli Osservatori Digital Innovation del Politecnico di Milano, la legislazione degli ultimi
anni ha prodotto benefici in due ambiti: «Innanzitutto di immagine: da quando la politica si è interessata, si
sono accessi i riflettori di media, imprenditori, studenti e docenti sul mondo start-up, dopo un oblio di anni»,
spiega. «Va poi considerato il valore reale di sostegno alla nuova impresa, riducendo i costi di avvio,
agevolando il lavoro, consentendo lo scudo fiscale. Resta però la diffi coltà generale del «fare impresa» in
Italia, legato ai tempi di autorizzazioni, il regime fiscale e contabile troppo ostile, la burocrazia complicata.
Rangone auspica una riforma complessiva dello Stato perché risulti più attento all'imprenditorialità: «Chi
decide di creare start-up a Londra o Berlino, non guarda solo le agevolazioni, ma il contesto diverso nel fare
impresa che trova in questi Paesi». Sul versante fi nanziario, è necessario un intervento pubblico, «per
esempio della Cdp, in modo da catalizzare importanti investimenti privati», conclude. Enrico Gasperini,
fondatore e ceo di Digital Magics (venture incubator certifi cato di start-up innovative digitali), sottolinea che le
norme degli ultimi anni rendono più agevole il lancio di una start-up: «Stiamo mettendo le basi per creare
l'ecosistema del venture capital e delle start-up in Italia, per far sì che queste neo-imprese entrino nel tessuto
economico del nostro Paese, diventando protagoniste, ritagliandosi una parte importante dei mercati in cui
operano e stringendo partnership con imprese italiane e internazionali». I settori digitali più interessanti a
livello mondiale, sottolinea l'esperto, sono fi n-tech, travel-tech, i servizi di cloud computing per le aziende,
media e advertising online, nonché l'e-commerce. «Un'idea può funzionare se ha un modello di business
originale e scalabile, che può essere replicato e applicato, con semplicità e successo, anche a livello europeo
e internazionale», ricorda Gasperini. «Ci sono anche alcune start-up che operano a livello locale e che vanno
a colmare un vuoto, un gap che gli operatori industriali non riescono a riempire o a cui non avevano pensato.
Le cosiddette nicchie di mercato che grazie alle enormi potenzialità del digitale possono rivelarsi molto
interessanti».
Principali diffi coltà incontrate all'avvio dell'attività Fonte: Unioncamere - Ministero del Lavoro, Sistema
Informativo Excelsior (valori espressi in %. Possibili più risposte)
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Fare impresa resta un'impresa
02/03/2015
ItaliaOggi Sette - Ed. n.51 - 2 marzo 2015
Pag. 31
(diffusione:91794, tiratura:136577)
Shopping, prima si va sul web
Per risparmiare sono sempre più diffusi gli sconti online
PAGINA A CURA DI ANNA DI SANTO
Il perdurare della crisi ha reso i consumatori più orientati al risparmio rispetto al passato. Una tendenza che
coinvolge anche lo shopping, che si fa sempre più digitale. La necessità di spending review domestica
spinge, infatti, la diffusione dei cosiddetti coupon. Ossia buoni sconto distribuiti tramite il web, che possono
essere utilizzati per acquistare prodotti di diverso tipo, da quelli dedicati alla pulizia della casa agli alimentari,
dai cosmetici fino ai giocattoli e ad alcuni prodotti venduti in farmacia. Occhio, però, a fare attenzione nel
momento in cui ci si affida a questa opportunità: se non usata con oculatezza, infatti, il rischio è di sprecare
tempo e soldi. E-coupon, utilizzatori in crescita. Secondo i dati emersi dalla «eCoupon Consumer Survey»
realizzata da Kiwari, società specializzata nel digital marketing, lo shopping degli italiani si fa sempre più
mirato e cresce la fascia di consumatori disposta a scambiare il proprio tempo con l'opportunità di ridurre lo
scontrino. In particolare, solo il 19% degli italiani non si lascia influenzare dagli sconti ed è fedele agli stessi
prodotti, a fronte di un 48% che invece si dichiara sensibile al prezzo finale e alle formule promozionali.
Dando invece uno sguardo ai coupon online, il 61% dei consumatori dichiara di conoscerli, mentre oltre 5
milioni di persone, circa il 20% dei navigatori italiani, li ha utilizzati almeno una volta negli ultimi 12 mesi, tanto
che nel 2013 la loro diffusione ha visto un incremento del 400% rispetto all'anno precedente. A cosa fare
attenzione. A favore di questo strumento giocano la semplicità di utilizzo e la possibilità di risparmiare. Per
utilizzare gli e-coupon basta stamparli e recarsi nei punti vendita aderenti all'iniziativa, acquistare il prodotto
descritto nel buon sconto e recarsi alla cassa dove l'importo del coupon verrà detratto dal prezzo da pagare.
Il risparmio può essere aumentato acquistando un prodotto già in sconto. Nel momento in cui ci si appresta a
ricorrere a questo strumento, occorre però fare attenzione ad alcuni aspetti. Per esempio, alcuni siti
specializzati parlano di «buoni sconto per la spesa gratis». In realtà, però, il buono non copre mai l'importo
totale dell'acquisto. Da considerare, poi, che l'obiettivo è comunque promozionale e punta a indirizzare la
scelta verso determinate marche che magari non sono proprio le più economiche. Inoltre, da non
sottovalutare che inseguire la promozione e scegliere fra tanti prodotti e brand comporta un certo dispendio di
tempo. Occhio dunque che il gioco valga la candela. I siti che offrono buoni sconto digitali. Tra i portali
specializzati nel settore c'è Sconty.it, piattaforma per la distribuzione di coupon digitali. Per usufruirne, basta
registrarsi, stampare i buoni sconto di proprio interesse e recarsi presso i punti vendita dove è possibile
utilizzarli. CheBuoni.it offre invece campioni omaggio, concorsi a premi, coupon sconto e offerte. Per
usufruirne occorre accedere al sistema tramite Facebook. Mentre Coupon.it offre buoni sconto per diversi
ambiti, dall'elettronica alla casa e giardino, da viaggi e voli, fino a vestiti e accessori. Stesso discorso per il
sito Coupongratuiti.com. Il portale presenta una mappa di coupon disponibili da scaricare e stampare per i
negozi in Italia, oltre a una sezione dedicata ai supermercati. Si rivolge invece solo alle famiglie con bambini
Famideal. it, portale di couponing che aggrega gruppi di acquirenti. Offre buoni sconto in diversi ambiti, tra i
quali shopping e servizi, salute e benessere, ristorazione e food Crazycoupon.it. Per usufruirne basta
iscriversi gratuitamente e navigare alla ricerca del coupon disponibile per la propria zona (città o regione).
Mentre Buonisconto.it permette di trovare buoni sconto messi a disposizione dai negozi della propria città.
Per usufruirne basta stampare gratuitamente i buoni sconto di proprio interesse e recarsi direttamente nel
negozio che li ha proposti entro la data di scadenza. È un portale dedicato ai coupon, buoni sconto e codici
per sconto per acquisti nei negozi online Solocoupon.com. Il motore di ricerca permette di cercare gli sconti
per categoria merceologica, per negozio oppure per termine; non è richiesto l'obbligo di registrarsi. Offre
coupon per la spesa e buoni sconto per negozi in genere anche Scontomaggio.com. Codicesconto.com è
invece un portale interamente dedicato ai codici sconto che consentono di risparmiare sugli acquisti nei
negozi online. Per utilizzarli basta cercare nell'archivio il codice che serve per categoria merceologica, per
ADVERTISING ONLINE - Rassegna Stampa 02/03/2015
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La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
Si moltiplicano i siti che offrono e-coupon e promozioni, ma la cautela è d'obbligo
02/03/2015
ItaliaOggi Sette - Ed. n.51 - 2 marzo 2015
Pag. 31
(diffusione:91794, tiratura:136577)
ADVERTISING ONLINE - Rassegna Stampa 02/03/2015
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La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
negozio oppure per termine/nome del prodotto e in seguito copiare il codice testuale dal riquadro che
compare sovraimpresso al negozio, fare la spesa e incollarlo al carrello per applicare lo sconto. Infine, i
coupon digitali sono entrati anche in farmacia con la nascita del Private Coupon Network Unilife, network di
distribuzione di buoni sconto stampabili multimarca per il settore farmaceutico: dal latte in polvere agli
integratori alimentari, fino ai test di intolleranza.
I siti che offrono buoni sconto www.sconty.it www.coupon.it www.unilife.net www.famideal.it
www.chebuoni.it www. buonisconto.it www. crazycoupon.it www. solocoupon.com www. codicesconto.com
www.coupongratuiti.com Portale Caratteristiche www. scontomaggio.com Offre coupon per la spesa e buoni
sconto per negozi in genere • Offre campioni omaggio, concorsi a premi, coupon sconto e offerte • Per
usufruirne occorre accedere al sistema tramite Facebook • Offre buoni sconto per diversi settori,
dall'elettronica alla casa e giar• dino, da viaggi e voli, fi no a vestiti e accessori Portale di couponing che si
rivolge unicamente alle famiglie con bambini. • Aggrega gruppi di acquirenti • Permette di trovare buoni
sconto messi a disposizione dai negozi della • propria città Per usufruirne basta stampare gratuitamente i
buoni sconto di proprio • interesse e recarsi direttamente nel negozio che li ha proposti entro la data di
scadenza Portale dedicato ai coupon, buoni sconto e codici per sconto per ac• quisti nei negozi online Il
motore di ricerca permette di cercare gli sconti per categoria merce• ologica, per negozio oppure per termine
Non è richiesto l'obbligo di registrarsi • Piattaforma per la distribuzione di coupon digitali • Per usufruirne,
basta registrarsi, stampare i buoni sconto di proprio • interesse e recarsi presso i punti vendita dove è
possibile utilizzarli I buoni sconto digitali sono entrati in farmacia con la nascita del Pri• vate Coupon Network
Unilife, network di distribuzione di buoni sconto stampabili multimarca per il settore farmaceutico: dal latte in
polvere agli integratori alimentari, fi no ai test di intolleranza Presenta una mappa di coupon disponibili da
scaricare e stampare per • i negozi in Italia, oltre a una sezione dedicata ai supermercati Offre buoni sconto in
diversi ambiti, tra i quali shopping e servizi, salute • e benessere, ristorazione e food Per usufruirne basta
iscriversi gratuitamente e navigare alla ricerca del • coupon disponibile per la propria zona (città o regione)
Portale interamente dedicato ai codici sconto che consentono di rispar• miare sugli acquisti nei negozi online
Per utilizzarli basta cercare nell'archivio il codice che serve per categoria • merceologica, per negozio oppure
per termine/nome del prodotto e in seguito copiare il codice testuale dal riquadro che compare sovraimpresso
al negozio, fare la spesa e incollarlo al carrello per applicare lo sconto
28/02/2015
Milano Finanza - Ed. n.42 - 28 febbraio 2015
Pag. 32
(diffusione:100933, tiratura:169909)
Hi-tech, via al fronte europeo
Davide Fumagalli
Dopo un lunghissimo posizionamento strategico, i protagonisti del settore tecnologico stanno iniziando a
muovere le proprie pedine sullo scacchiere europeo. Nel giro di poco più di una settimana, infatti, Apple ha
comunicato un investimento di 1,7 miliardi di dollari per la costruzione di due datacenter in Irlanda e
Danimarca, Google ha rivisto la propria organizzazione manageriale riunendo sotto un'unica guida tutte le
attività dell'area Emea (Europa, Medio Oriente e Africa), mentre Facebook è finita sotto inchiesta in Belgio per
possibili violazioni della normativa sulla privacy. Tre eventi legati da un filo rosso sempre più teso tra le due
sponde dell'Atlantico, divise sul tema della privacy così come sulla fiscalità da applicare al petrolio dell'era
digitale, ovvero il possesso delle informazioni su centinaia di milioni di persone. Sinora, infatti, le differenze
normative tra i diversi Stati europei e soprattutto un quadro legislativo ormai inattuale che lega la legge
applicabile sui dati in forma elettronica a quella del Paese in cui sono residenti i server che ospitano le
informazioni stesse, hanno permesso ai colossi di Internet di generare enormi ricchezze, in non pochi casi
sfruttando anche le maglie tra le diverse imposizioni fiscali nazionali per ottenere notevoli vantaggi nel
pagamento delle imposte sul fatturato generato. Il cerchio su fisco e privacy intorno ai colossi dell'hi-tech
come Facebook, Google e Amazon si sta però stringendo, e le società si preparano quindi a un confronto non
facile con le autorità europee, come testimoniano gli accordi e le sanzioni miliardarie a Microsoft e Intel. La
mossa di Apple è in questo senso significativa. Il modello di business del colosso di Cupertino, basato sulla
vendita di dispositivi e servizi ai consumatori finali, è forse l'unico tra i colossi It a essere pressoché immune
da una eventuale, e sempre più probabile, stretta legislativa sul tema della privacy. Apple ha quindi tutto
l'interesse a presentarsi ai consumatori europei nelle vesti di campione della privacy, dedicando addirittura
due datacenter, sottoposti anche per motivi geografici alle normative europee e quindi più efficienti da un
punto di vista strettamente tecnologico. Oltre a essere pronti nel caso venisse imposto anche un requisito di
presenza fisica sul territorio europeo dei server su cui sono residenti le informazioni dei consumatori, come
per esempio accade già nel solo caso di dati appartenenti a istituzioni pubbliche. Un vantaggio che Apple
potrebbe inoltre sfruttare anche in chiave di marketing per i propri dispositivi e servizi esistenti, come per
quelli che si prepara a lanciare, a partire dall'orologio intelligente che lancerà ufficialmente il 9 marzo e il
sistema di pagamenti elettronici Pay, già attivo negli Stati Uniti e sempre più prossimo allo sbarco in Europa.
Non pochi osservatori hanno infatti letto proprio in questo senso la scelta di Visa Europe, che sta adeguando
le proprie infrastrutture con tecnologie per la gestione in tutta sicurezza delle transazioni in modalità
compatibile proprio con la piattaforma Apple Pay, e che potrebbero essere completate entro aprile.
Diametralmente opposta la posizione di Google e Facebook, il cui modello di business è invece basato
sull'offerta gratuita di servizi agli utenti in cambio della raccolta di una mole di informazioni personali che,
opportunamente elaborate, possono poi essere proficuamente vendute sotto forma di proposte pubblicitarie
sempre più personalizzate. La disinvoltura con cui Facebook continua a cambiare le regole del trattamento
dei dati personali dei propri utenti, che ha portato la società di Zuckerberg a essere oggetto di un'indagine da
parte dell'Authority per la tutela della privacy del Belgio, costituisce solo l'ultimo tassello di una serie di
scaramucce legali che, secondo molti osservatori, potrebbero sfociare a cavallo dell'estate in una risposta
legale omogenea a livello comunitario. Difficile quantificare gli effetti diretti sui conti di Google, Facebook e la
stessa Amazon, oltre a una moltitudine di altre società il cui modello di business è basato sulla
monetizzazione delle informazioni personali degli utenti tramite pubblicità, ma già il solo focus del top
management su queste problematiche potrebbe costituire una problematica non secondaria per contrastare
Apple nella conquista di nuovi mercati, come quello dei pagamenti elettronici e dei computer indossabili,
strettamente legati proprio al trattamento delle informazioni personali di chi li utilizza. Senza contare che altri
attori, a partire da Microsoft e BlackBerry, potrebbero brindare alle eventuali difficoltà del sistema operativo
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La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
INTERNET
28/02/2015
Milano Finanza - Ed. n.42 - 28 febbraio 2015
Pag. 32
(diffusione:100933, tiratura:169909)
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La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
Android in tema di privacy e rientrare in una competizione, quella del mercato degli smartphone, sempre più
polarizzata tra Apple e Google. (riproduzione riservata)
FACEBOOK 72 80 76 78 74 82 27 nov '14 27 feb '15 quotazione in dollari
APPLE 27 nov '14 27 feb '15 quotazione in dollari
GOOGLE 480 560 540 520 500 580 27 nov '14 27 feb '15 quotazione in dollari
Foto: Tim Cook
Foto: Mark Zuckerberg
Foto: Larry Page
Foto: Quotazioni, altre news e analisi su www.milanofinanza.it/google
02/03/2015
Brand News Today
Pag. 1
E' #dressgate, i brand si gettano sul real time mktg
E' #dressgate, i brand si gettano sul real time mktg A pag. 6 Il #dressgate scoppia venerdì con l'articolo che
Buzzfeed dichiara essere il più letto di sempre. Niente gattini e listicle, ma un veloce pezzo riguardo le
discussioni infinite sulla foto di un abito postato su Tumblr: è bianco e oro oppure blu e nero? Basta niente, e
dopo pochi minuti 670mila persone stavano guardano l'articolo da web e altri 500mila da mobile. Venerdì
sera erano oltre 23milioni, ai quali bisogna aggiungerne alti svariati milioni degli articoli collegati, incluso
quello in cui l'esperto di scienze spiega che i colori non sono un fatto oggettivo ma stanno negli occhi di chi
guarda. Una curiosità scientifica, che non è certo stata scoperta l'altro ieri. Intanto #thedress impazza,
secondo gli insondabili meccanismi della viralità, e le aziende hanno colto l'occasione per esercitarsi nel real
time marketing. Quelle che riportiamo, sono solo alcune delle centinaia che hanno approfittato dell'occasione
in tutto il mondo ( clik sulle immagini per vedere i tweet).
Foto: Barilla Nuvenia Tutto è iniziato da qui... Renault Italia Samsung Italia Durex Italia Nikon Italia Nutella
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TREND
02/03/2015
Brand News Today
Pag. 12
La raccolta del sito alla divisione digital della concessionaria pubblicitaria del Gruppo 24 Ore
News 3.0 SpA ha scelto di affidare la raccolta pubblicitaria di Lettera43 a WebSystem, la divisione digital
della concessionaria pubblicitaria del Gruppo 24 Ore System Advertising. Diretto da Paolo Madron,
Lettera43.it utilizza la formula del daily magazine, mescolando notizie , approfondimenti e contenuti con tagli
originali che spaziano dalla politica all'economia, dall'attualità alla cronaca, dagli spettacoli alla cultura e allo
sport. Raggiunge 1,4 milioni di lettori mensili (Fonte Audiweb). "Con l'acquisizione di Lettera43 WebSystem
rafforza ulteriormente il suo Quality network offrendo al mercato la possibilità unica di investire sul meglio
dell'informazione online, grazie ad un sistema di aggregazione multibrand che permette di raggiungere
un'audience alta, curiosa, ricettiva, unica, eterogenea e di grandi dimensioni. Siamo infatti il 1° ad-network
per pagine viste con 789.727.593 pv al mese (Fonte: Audiweb View dicembre 2014). Un ad-network
imprescindibile per il mercato" spiega Luca Paglicci, Direttore WebSystem Lettera43 genera ogni giorno circa
140 mila accessi, e 700 mila pagine viste (Fonte censuaria: Trackset - settembre 2014). Il profilo degli utenti è
composto per il 57% da uomini e per il 43% da donne in una fascia d'età compresa tra i 24 e i 64 anni,
laureati, impiegati, liberi professionisti e dirigenti. Un'audience particolarmente alta e pregiata, caratterizzata
da elevate risorse culturali e reddituali, curiosa e attenta (Fonti: Comscore, Google Analytics, Nielsen).
ADVERTISING ONLINE - Rassegna Stampa 02/03/2015
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La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
News 3.0 affida la raccolta di Lettera43 a WebSystem
02/03/2015
DailyMedia
Pag. 20
(diffusione:15000, tiratura:15000)
Il planning di PHD prevede televisione, radio e online
expedia.it riparte con "Chi viaggia fa colpo": la campagna pubblicitaria primaverile presenta il viaggio come
una continua scoperta, che consente di scoprire usi e costumi diversi, arricchire la mente, accumulare
esperienze e storie da raccontare agli amici e ai propri cari una volta tornati a casa. Il viaggio diventa così un
modo per arricchire il proprio bagaglio personale, vivere nuove avventure e, perché no, diventare perfino una
persona più interessante. La campagna - firmata da Ogilvy & Mather - presenterà le offerte e le destinazioni
più gettonate, con l'intento di suggerire idee per sfruttare al meglio le vacanze pasquali e i ponti di primaverili.
L'approccio multimediale porterà la campagna su diverse piattaforme, con planning a cura di PHD. Due spot
televisivi, da 20 e 10 secondi, presenteranno offerte volo e hotel su Parigi e i saldi Expedia per destinazioni in
tutto il mondo; saranno in onda le prime due settimane di marzo e poi per altri 15 giorni ad aprile, sui canali
generalisti Mediaset, Canale 5 e Italia1, sulle reti tematiche, come TGCom24 e La5, sulla piattaforma
Mediaset Premium Gallery, e sui canali di Discovery Italia, di Sky e Cielo. Durante lo stesso periodo i video
saranno usati anche online, su diversi siti di news, i maggiori portali e i social media. Lo spot radiofonico, di
30 secondi, si concentrerà sulle offerte per viaggi a Londra e Barcellona, e sarà in onda, sulle principali
emittenti radiofoniche italiane. "La nostra campagna 'Chi viaggia fa colpo' usa l'ironia per sottolineare un dato
di fatto: viaggiare arricchisce le persone e le rende più interessanti agli occhi degli altri", commenta Giovanna
Picciano, Senior Marketing Manager di Expedia.it. "La campagna vuole ispirare i viaggiatori italiani,
suggerendo destinazioni e offerte interessanti: siamo certi che grazie alla vasta possibilità di scelta, alla
combinazione di volo e hotel, e alle collezioni di destinazioni suggerite dalla nostra app, gli italiani saranno in
grado di organizzare il viaggio perfetto per loro".
Foto: un frame dello spot
ADVERTISING ONLINE - Rassegna Stampa 02/03/2015
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La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
Brand Expedia.it: "Chi viaggia fa colpo!" nella nuova campagna di Ogilvy
& Mather
02/03/2015
DailyMedia
Pag. 22
(diffusione:15000, tiratura:15000)
Con l'obiettivo di supportare l'iniziativa editoriale di free press a Torino, che si aggiunge alla regolare uscita in
edicola, Secondamano Businesss va on air sulle tv locali di Lombardia e Piemonte e sul web. Lo spot, ideato
e diretto da Giancarlo Tovo e realizzato da Free Motion e Motion, fa leva sulla distribuzione in bicicletta della
free press, grazie alla collaborazione con la società di distribuzione Pony Zero. E ribadisce come con
Secondamano Businesss sia semplice riuscire a trovare, tra le centinaia di offerte, quella più adatta alle
proprie esigenze, risparmiando. Con Secondamano Businesss, infatti, "Tutto può essere venduto. E spesso si
comprano sogni". Una versione 60" e una versione 30" raccontano la grande passione per la bicicletta della
protagonista, la quale all'alba si mette in sella per distribuire la free press Secondamano Businesss e allo
stesso tempo è alla ricerca della bicicletta dei propri sogni. Riuscirà a fare un grande affare proprio grazie a
un annuncio trovato sui giornali che distribuisce.
Foto: CliCCA sul frAMe per vedere lo spoT
ADVERTISING ONLINE - Rassegna Stampa 02/03/2015
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La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
Spot Secondamano sulle televisioni locali di Lombardia e Piemonte e
online
02/03/2015
DailyNet
Pag. 1
(diffusione:15000, tiratura:15000)
Banzai, nel 2014 ricavi a 185 milioni, +21% rispetto allo scorso anno
Banzai, nel 2014 ricavi a 185 milioni, +21% rispetto allo scorso anno pag 16 il Cda di banzai ha approvato in
data odierna i risultati consolidati preliminari al 31 dicembre 2014. i ricavi si attestano a 185 milioni di euro,
+21% rispetto a 153 milioni di euro nel 2013; con una crescita del 23% nel 2014, la divisione ecommerce
rappresenta il principale driver di crescita di banzai, mentre la divisione vertical content, con una crescita
dell'8% ha sovraperformato in un contesto nazionale sfavorevole nel mercato dell'advertising. lo scorso anno
la divisione vertical content ha registrato un significativo miglioramento dei key performance indicator:
secondo audiweb l'audience dei visitatori unici mensili si attesta a 17,5 milioni, in crescita del 27% rispetto al
2013; il bacino di pagine viste (fonte Google analytics) si attesta a 5,6 miliardi nel 2014, corrispondenti a una
media mensile di 467,2 milioni, in crescita del 52% rispetto al 2013; il time spent per visitatore unico mensile
è pari a 23,1 minuti, in crescita del 39%, l'active reach si attesta al 62,1% (49,0% nel 20w13). nel solo mese
di dicembre 2014 il numero di visitatori unici mensili è stato di 18,3 milioni, in crescita del 34% rispetto al
dicembre 2013. il margine lordo è pari a 41,7 milioni di euro, +15% rispetto a 36,4 milioni di euro nel 2013,
corrispondente a un margine del 22,5% (23,8% nel 2013). il margine operativo lordo (ebitda) è pari a 3,8
milioni di euro, +53% rispetto a 2,5 milioni di euro nel 2013. l'ebitda nel 4Q dello scoso anno è pari a 2,5
milioni di euro, +12% rispetto a 2,3 milioni di euro nel 4Q 2013. Gli investimenti hanno riguardato l'avvio della
piattaforma marketplace, l'implementazione dei sistemi distributivi locker, del software di consolidamento e
l'avvio del nuovo sistema contabile e gestionale erp. tra i fatti di rilievo successivi alla chiusura del 2014, oltra
al chiacchierato ingresso in borsa, lo scorso mese my personal trainer (www.my-personaltrainer.it), il più
importante sito nel panorama internet italiano sui temi salute e benessere con 3,9 milioni di utenti unici
mensili (dati audiweb view - total audience novembre 2014), ha registrato un nuovo record, con oltre 37
milioni di pagine viste mese in c r e s c i t a del +98% rispetto a gennaio 2014 (dati Google analytics).
Foto: paolo ainio
Foto: paolo ainio
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La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
Bilanci
02/03/2015
DailyNet
Pag. 1
(diffusione:15000, tiratura:15000)
Affidata a WebSystem la raccolta pubblicitaria di Lettera43
Affidata a WebSystem la raccolta pubblicitaria di Lettera43 pag 12 news 3.0 ha scelto di affidare la raccolta
pubblicitaria di lettera43 a Websystem, divisione digital della concessionaria pubblicitaria del Gruppo 24 ore
system advertising, che con un network di 20 siti e oltre 2.229.000 utenti unici al giorno rappresenta il polo
pubblicitario leader nel settore dell'informazione online di qualità. nato il 7 ottobre 2010, lettera43.it in tre anni
di vita è diventato il primo newsmagazine italiano (non di derivazione cartacea), con 1,4 milioni di lettori
mensili (fonte audiweb). diretto da paolo madron, lettera43.it genera ogni giorno circa 140 mila accessi, e 700
mila pagine viste (fonte censuaria: trackset - settembre 2014). il profilo degli utenti è composto per il 57% da
uomini e per il 43% da donne in una fascia d'età compresa tra i 24 e i 64 anni, laureati, impiegati, liberi
professionisti e dirigenti. un'audience particolarmente alta e pregiata, caratterizzata da elevate risorse
culturali e reddituali, curiosa e attenta (fonti: Comscore, Google analytics, nielsen). "la scelta del nostro
giornale online - spiega madron è stata fin dall'inizio quella di puntare alla qualità dei contenuti con l'obiettivo
di offrire sempre delle chiavi di lettura per interpretare e comprendere gli scenari politici, economici e
dell'attualità italiana e internazionale". ne sono un esempio rubriche come "Capire le notizie", che aiuta il
lettore a interpretare la genesi, le ragioni, i significati e l'impatto sulla vita quotidiana dei principali
avvenimenti, e "le esclusive di lettera43", che valorizza tutti i contenuti originali e unici che offriamo all'utente:
inchieste, reportage o approfondimenti su aspetti particolari delle notizie di maggior rilievo. "lettera 43 è un
daily magazine generalista indipendente che fa informazione per chi non si ferma alla semplice lettura della
notizia ma per chi vuol andare oltre la semplice notizia. siamo convinti che entrare nel polo pubblicitario
leader nel settore dell'informazione online rappresentato dal network di Websystem, sia una scelta coerente
con la nostra mission e soprattutto ci permetta di valorizzare al meglio i nostri asset e il nostro potenziale",
commenta l'amministratore delegato di news 3.0 daniele sesini. "Con l'acquisizione di lettera43 Websystem
rafforza ulteriormente il suo Quality network offrendo al mercato la possibilità unica di investire sul meglio
dell'informazione online, grazie a un sistema di aggregazione multibrand che permette di raggiungere
un'audience alta, curiosa, ricettiva, unica, eterogenea e di grandi dimensioni. siamo infatti il primo ad-network
per pagine viste con 789.727.593 pv al mese (fonte: audiweb View dicembre 2014). un ad-network
imprescindibile per il mercato" spiega luca paglicci, direttore Websystem. Websystem ha infatti costituito
intorno alla qualità dell'informazione del sole 24 ore un polo pubblicitario leader nell'informazione online di
qualità, che aggrega e valorizza i brand punto di riferimento dell'editoria online, sia nativi digitali sia di editori
cartacei e televisivi.
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Concessionarie
02/03/2015
DailyNet
Pag. 1.19
(diffusione:15000, tiratura:15000)
Made.com lancia il social Unboxed e cresce del 100% anno su anno
Made.com lancia il social Unboxed e cresce del 100% anno su anno pag 19 a un anno e mezzo dal suo
debutto nel nostro paese, made.com lancia unboxed italia. il marchio inglese di design 100% online, tagliando
tutti i costi d'intermediazione che influiscono sul prezzo finale, ha sviluppato un modello di business unico che
sfida le regole del mercato, per rendere il design democraticamente accessibile a tutti. premiata nel regno
unito come la seconda società con i più alti tassi di crescita, sia di ricavi sia di dipendenti, made. com non si
ferma nella sua corsa al successo. dopo il lancio nel 2010 a londra, nel quartiere di notting Hill, la società
registra oltre il 100% di crescita annuale ogni anno e attira oltre 1,5 milioni di visitatori unici al mese, da regno
unito, italia, francia e paesi bassi. tra una settimana partirà in Germania. «in italia - spiega il nuovo
responsabile ventottenne di made.com per l'italia, lorenzo Calcagni -raddoppiamo il traffico sul sito ogni mese
con una clientela equamente divisa tra privati e aziende. il nostro target di riferimento è principalmente
femminile e complessivamente la piattaforma italiana conta oggi poco meno di 10 mila clienti». Julien
Callede, co-founder e coo di made.com afferma: «il primo anno in italia è stato un successo: dal punto di vista
commerciale e per la soddisfazione mostrata dai clienti. devo dire che gli ultimi sei mesi sono stati davvero
sorprendenti in termini di sviluppo della nostra attività. i clienti italiani ora ci raccomodano ai loro amici e la
percezione del nostro brand sta crescendo ad un ritmo molto rapido. le vendite hanno raggiunto nel mese di
gennaio il massimo storico, raddoppiando rispetto allo scorso. Questo è un grande successo soprattutto se
consideriamo che questi risultati sono stati raggiunti in breve tempo. altra cosa che ci rende veramente
orgogliosi è che ora molti spazi, non solo abitazioni private ma anche alberghi per esempio, sono diventati
nostri ambasciatori, una prova della qualità dei nostri prodotti e della fiducia che sempre più persone
ripongono nel nostro marchio». in sintonia con le tendenze del mercato e con i gusti dei consumatori,
made.com lancia due nuove collezioni a settimana. il risultato: una vasta selezione di articoli di design a
prezzi fino al 70% in meno rispetto alla media di mercato. sono più di 45 i designer in tutto il mondo, tra cui
allegra Hicks e steuart padwick, che creano prodotti esclusivi per made.com. le prossime collezioni in arrivo
sono made Kids e outdoor. «l'obiettivo che ci siamo posti in italia - precisa Calcagni - è di continuare a
raddoppiare anno su anno. sul fronte della comunicazione, che avviene quasi completamente online,
facciamo dem, performance marketing e affiliation. la creatività è in-house, mentre per il performance ci
avvaliamo a livello internazionale del supporto dell'agenzia francese Keyade e locale di nomesia UNBOxED
ITALIA unboxed italia è il nuovo social network, la nuova community online che trasforma le case dei clienti di
made.com in showroom virtuali e mette in relazione tutti coloro che hanno una passione per il design. sarà
attiva a partire dall'8 aprile. per presentarlo made.com ha scelto adorabile, il primo bed&breakfast a milano,
nel pieno centro città, via bramante 14, completamente arredato con le soluzioni del brand di ecommerce
online. «Con unboxed (http://www. made.com/unboxed) - prosegue Calcagni -, continua il sentiero di
innovazione percorso fino ad ora nel mercato europeo e in quello italiano in particolare». unboxed consente
alle persone di connettersi con i clienti made.com all'interno dello stesso quartiere, fare un tour virtuale della
casa e dare anche la possibilità di incontrarsi faccia a faccia per vedere come i prodotti dell'azienda hanno
arredato le loro case. i visitatori di unboxed possono effettuare la ricerca per codice postale o per prodotto per
vedere chi ha acquistato quell'arredo nella propria zona. sarà possibile vivere una prima esperienza di
"unboxed live" in occasione del fuorisalone 2015. le porte di un appartamento milanese arredato con le
collezione made. com si apriranno per accogliere i clienti dell'azienda, e non solo. una location insolita dove
vedere, toccare con mano e provare i singoli oggetti di arredo ma anche un luogo dove rilassarsi, prendersi
una pausa, guardare la tv, sentirsi a casa: Jacopo Gospel Quaggia, via laura solera mantegazza 5, milano.
Foto: lorenzo calcagni
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Design
02/03/2015
DailyNet
Pag. 1
(diffusione:15000, tiratura:15000)
YouTester: selezionati i tre finalisti dell'Academy di OmniAuto.it
YouTester: selezionati i tre finalisti dell'Academy di OmniAuto.it pag 7 dal web alla pista, quella vera. dopo il
casting, Youtester è entrato nel vivo con drive&film, la seconda fase del talent che ha aperto le porte del
Centro di Guida sicura aci-sara di Vallelunga ai semifinalisti scelti al termine del casting da una giuria di
qualità. i dieci giovani provenienti da tutta italia hanno incontrato per la prima volta i giornalisti di omniauto.it e
hanno avuto l'opportunità di vestire i panni di tester specializzati. nell'arco di una giornata di lavoro, hanno
assistito a una conferenza stampa, provato l'auto in pista affiancati da istruttori di Vallelunga e interpretato
davanti alle telecamere una recensione dedicata alla nuova smart fortwo. ed è sulla base di questi video,
pubblicati sul canale Youtube di omniauto. it (www.youtube.com/ omniauto), che la giuria si è espressa per la
seconda volta scegliendo i tre finalisti che avranno accesso all'academy. Questi sono i nomi: andrea bulleri,
alessio frassinetti e donatus maccarthy. i momenti salienti di questa fase sono riassunti nella seconda puntata
del talent pubblicata su omniauto.it e sui relativi canali Youtube e facebook. l'impostazione del progetto è
quella tipica dei talent televisivi declinata in una logica di narrazione web il che rappresenta un esperimento
editoriale senza precedenti nel panorama dell'informazione automobilistica italiana. "Conoscere dei ragazzi
così motivati e carichi di passione è un'esperienza davvero incredibile. ed è bello sapere che con Youtester
abbiamo la possibilità di alimentare un sogno di tanti giovani avvicinandoli a una professione e offrendo loro
una possibilità concreta di entrare nel mondo del lavoro", ha dichiarato alessandro lago, direttore
responsabile di omniauto.it. "Vallelunga, oltre a essere struttura per competizioni, eventi, guida sicura e
formazione, è un perfetto centro prove accreditato dai media più qualificati per i propri test. Grazie alle aree
del Centro Guida sicura, in cui è possibile mettere alla prova le dotazioni dei veicoli per l'assistenza alla guida
e per la gestione delle emergenze, alle aree fuoristrada e ovviamente al veloce tracciato dell'autodromo, a
Vallelunga si prova ogni tipologia di veicoli e in tutte le condizioni. per questo abbiamo ritenuto importante che
degli "aspiranti tester" ambientassero i collaudi negli spazi più adeguati", ha dichiarato francesco Cassioli,
responsabile marketing e comunicazione di aci Vallelunga.
ADVERTISING ONLINE - Rassegna Stampa 02/03/2015
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Contest
02/03/2015
DailyNet
Pag. 1
(diffusione:15000, tiratura:15000)
La capitale della catalogna, fino al 5 marzo, vedrà scendere in campo i big del settore. tra gli speaker, attesa
per l'intervento di zuckerberg 5 prende il via oggi a barcellona il mobile World Congress, che animerà la
capitale catalana fino al 5 marzo. altissime le attese per l'appuntamento punto di riferimento europeo e
mondiale sulla tecnologia mobile dal 2009, quando andò in scena la prima edizione. in quell'anno, il mercato
degli smartphone inseguiva quello dei cellulari mentre l'ipad non era ancora stato presentato. oggi, invece, si
parla di wearable device, internet of things, 5G, smartwatch. elementi che ci fanno capire la velocità con cui
cambia il mondo. alla "fiera del futuro" non potevano mancare i nomi di spicco della filiera, da samsung a
sony, passando per ericsson, Htc e microsoft, fino a Google. ma anche rappresentanti dell'automotive come
ford. tra gli speaker torna ancora mark zuckerberg, per parlare di internet.org, il progetto con cui facebook e
altre aziende mirano a portare la connessione anche nei paesi del terzo mondo. poi Vittorio Colao, chief
executive di Vodafone, César alierta, executive chairman e ceo telefonica, tom Wheeler, chairman fcc, e
Jimmy Wales, fondatore di Wikipedia. attesi circa 90 mila visitatori. dailynet partecipa direttamente all'evento,
con l'inviato Giacomo broggi. il nostro obiettivo sarà raccontare tutto ciò che succederà nel corso della
manifestazione ufficiale e tra gli stand, con un occhio di riguardo alle evoluzioni del mobile marketing &
advertising. un settore su cui si stanno catalizzando le attenzioni degli investitori. e non potrebbe essere
altrimenti vista l'enorme quantità di tempo che trascorriamo su smartphone e tablet.
ADVERTISING ONLINE - Rassegna Stampa 02/03/2015
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Eventi Barcellona: al via da oggi il Mobile World Congress 2015
02/03/2015
DailyNet
Pag. 10
(diffusione:15000, tiratura:15000)
La giornata finale della Milano Social Media Week ha portato sotto i riflettori la testimonianza della struttura
leader
davide sechi
Quel momento di sconcerto, che tende pericolosamente verso l'ira funesta, quando ci si imbatte in un
messaggio adv filmato che rende difficile la consultazione del tuo argomento preferito. in sintesi: apri la tua
pagina sportiva preferita e vieni assalito da immagini in movimento dall'interesse (per te) dubbio. una sorta di
assedio, difficile da interrompere, anche se magari si protrae per pochi secondi; che paiono un'eternità. non
c'è dubbio che, come accade sempre quando si scopre qualcosa di gustoso, la bulimia sia sempre pronta ad
assurgere a protagonista assoluta: abbiamo il video adv, che bello, piazziamolo ovunque e i risultati
arriveranno di sicuro. errore. e ormai appare anche delittuoso parlare di scarsa conoscenza o di mancanza di
tempo. si tratta piuttosto di mosse strategiche non opportune, frutto della poca voglia di esplorare e di capire i
tragitti dell'utente. una sorta di violenza che non tiene mai conto del vecchio, ma sempre verde, detto "il
cliente ha sempre ragione". magari non è sempre vero, ma nel dubbio vediamo di prestargli un po' di
attenzione. in soccorso arriva teads, agenzia che del video advertising ha fatto il suo credo. la nuova parola
d'ordine è outstream, protagonista di uno dei panel più attesi dell'appena trascorsa social media Week
("Viewability e video adv oustream: come i filmati pubblicitari entrano nel cuore di un contenuto editoriale,
creando un nuovo dialogo con l'utente online). Che cosa vuol dire? a spiegarlo ci ha pensato lucio mormile,
director of business operations di teads. prima di tutto significa uscire dalle logiche obsolete, che sono quelle,
per fare un esempio abusato, del classico pre-roll, dei prodotti pubblicitari che invadono brutalmente il
contenuto che realmente l'utente intende esplorare e che da lui vengono visti come dei noiosi passaggi da
eludere. ed è quello che ormai accade: saltare a piè pari la campagna, ovvero rendere vano l'investimento e
priva di senso la teoria della virabilità. teads lo dice chiaro e tondo: la vera frontiera da conquistare è l'effettiva
visualizzazione del contenuto promozionale, non già il conteggio di impression. teads ha escogitato la
soluzione: si chiama inread, un sistema outstream che sposta l'adv video, posizionandolo in una finestra tra
due paragrafi di un articolo o in uno spazio esterno alla finestra video. inoltre, la pubblicità va
automaticamente in play solo quando lo scorrimento della pagina porta lo sguardo dell'utente di fronte al
video in questione e lo streaming si arresta non appena si ricomincerà a scorrere in basso o in alto la pagina.
la tecnologia inread che tra l'altro rende possibile la contestualizzazione della singola campagna in base al
target. in conclusione: pensare prima buttarsi a capofitto; l'investimento al buio denota poca acume ed è uno
spreco di energie, soprattutto quelle che riposano all'interno del portafoglio. teads e l'outstream possono
essere dei compagni di viaggio più fidati.
Foto: lucio mormile
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Approfondimenti Il video che non ti aspetti: viewability e adv outstream
secondo Teads
02/03/2015
DailyNet
Pag. 26
(diffusione:15000, tiratura:15000)
Twitter annuncia due nuove funzionalità per quantificare il roi delle
campagne social
"Transaction values" e "key conversion tags" abilitano i possessori dei siti a visualizzare le vendite guidate dai
Promoted Tweet e sono disponibili a livello globale
twitter ha annunciato, venerdì, due nuove migliorie apportate agli strumenti di ad conversion tracking, per
fornire ai marketer una maggiore mole di insight sul roi delle camapagne sul social network. entrambe le
nuove funzionalità "transaction values" e "key conversion tags" - abilitano i possessori dei siti web a
visualizzare le vendite guidate dai promoted tweet e sono disponibili globalmente. i due nuovi strumenti
necessitano l'installazione dei conversion tag sul sito; questi tag sono gli stessi usati precedentemente per fini
di remarketing. il product manager abhishek shrivastava ha spiegato: "se le tag del sito sono già state
implementate, è possibile apportare semplici modifiche per iniziare a collezionare conversion values e
riordinare le entità di ogni conversion. Queste valutazioni sono aggregate e riportate nella dashboard di twitter
ads analytics, in modo da consegnare insight sul roi proveniente dalle campagne svolte attraverso promoted
tweet. se non si sta utilizzando un conversion tracking, creare una tag nel proprio twitter ads ui e
implementarla all'interno del proprio sito è molto facile".
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Social Network
02/03/2015
Pubblicita Today
Pag. 1
A WebSystem la raccolta pubblicitaria di Lettera43
Il direttore Luca Paglicci: "Raorzato il nostro Quality network di 20 siti e oltre 20 milioni di utenti" [ pagina 26 ]
news 3.0 ha affidato la raccolta pubblicitaria di Lettera43 a webSystem , la divisione digital della
concessionaria pubblicitaria del Gruppo 24 ore System advertising , che con un network di 20 siti e oltre
2.229.000 utenti unici al giorno rappresenta il polo pubblicitario leader nel settore dell'informazione online di
qualità. Nato il 7 ottobre 2010, Lettera43.it in tre anni di vita è diventato il primo newsmagazine italiano (non
di derivazione cartacea), con 1,4 milioni di lettori mensili ( Fonte : Audiweb). Inizialmente la raccolta era
gestita da A. Manzoni & C. Diretto da paolo Madron , Lettera43.it utilizza la formula del daily magazine,
mescolando notizie esclusive, approfondimenti e contenuti con tagli originali che spaziano dalla politica
all'economia, dall'attualità alla cronaca, dagli spettacoli alla cultura e allo sport. Lettera43 genera ogni giorno
circa 140 mila accessi, e 700 mila pagine viste ( Fonte censuaria: Trackset, settembre 2014). Il profilo degli
utenti è composto per il 57% da uomini e per il 43% da donne in una fascia d'età compresa tra i 24 e i 64
anni, laureati, impiegati, liberi professionisti e dirigenti. Un'audience alta e pregiata, caratterizzata da elevate
risorse culturali e reddituali, curiosa e attenta ( Fonti : Comscore, Google Analytics, Nielsen). "La scelta del
nostro giornale online - spiega Madron - è stata fin dall'inizio quella di puntare alla qualità dei contenuti con
l'obiettivo di offrire sempre delle chiavi di lettura per interpretare e comprendere gli scenari politici, economici
e dell'attualità italiana e internazionale". "Entrare nel polo pubblicitario leader nel settore dell'informazione
online rappresentato dal network di WebSystem è una scelta coerente con la nostra mission e soprattutto ci
permette di valorizzare al meglio i nostri asset e il nostro potenziale", commenta l'amministratore delegato di
News 3.0 daniele Sesini . "Con l'acquisizione di Lettera43, WebSystem rafforza ulteriormente il suo Quality
network offrendo al mercato la possibilità di investire sul meglio dell'informazione online, grazie a un sistema
di aggregazione multibrand che permette di raggiungere un'audience alta, curiosa, ricettiva, unica,
eterogenea e di grandi dimensioni. Siamo infatti il 1° ad-network per pagine viste con 789.727.593 pv al mese
( Fonte : Audiweb View, dicembre 2014)", dichiara Luca paglicci , direttore di WebSystem.
Foto: luca paglicci
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La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
la divisiOne digital della cOncessiOnaria del gruppO 24 Ore system advertising
02/03/2015
Pubblicita Today
Pag. 18
OMD lancia Newsroom
In Uk oMd ha lanciato newsroom , la nuova unit che conta sulla collaborazione di media brand come
buzzfeed , the Guardian , Global radio , Google , facebook e outbrain . Il servizio, guidato dall'head of
innovation Toby Gunton, avrà lo scopo di identificare i contenuti e le tendenze che catturano l'attenzione della
gente in tempo reale e dando in velocità risposte adatte che soddisfino i brand all'insegna del 'Staying
Culturally Connected'. Oltre al servizio in tempo reale, OMD ha inaugurato create , un nuovo polo creativo
multidisciplinare che riunirà il team creativo dell'agenzia, specialisti della creazione di contenuti, experiential
marketing, partnership e tecnologie, seo e social in modo da mettere a punto soluzioni di marketing integrato
e multipiattaforma. In parallelo Omd ha dato vita anche a XMp , un team cross-channel progettato per fornire
la pianificazione media audience-centric.
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Uk: la nuova unit per contenuti in tempo reale
02/03/2015
Pubblicita Today
Pag. 21
Chiude in positivo la Social Media Week. Milano sempre più 'smart city'
Hagakure e DNSEE analizzano la presenza su Facebook e Twitter di 5 politici italiani (Renzi, Salvini, Boldrini,
Grillo, Berlusconi). Benchmark? Obama e Cameron
Claudia Cassino
Speaker in aumento, eventi sold out, accessi in streaming sempre più numerosi. La Social Media week , che
si è chiusa venerdì 27 febbraio, consegna a Milano lo scettro di 'smart city': un laboratorio digitale di idee e
innovazione, importante banco di prova in vista di expo 2015 . In attesa di conoscere i numeri ufficiali della
manifestazione, di cui tvn Media Group è media partner, l'organizzatore Marco Massarotto è più che
soddisfatto: "Siamo decisamente contenti dell'edizione di quest'anno. Nel complesso gli speaker sono
aumentati e molti eventi hanno registrato il sold out - spiega a Today Pubblicità Italia Massarotto, fondatore
dell'agenzia Hagakure e partner di DNSEE -. I temi che sono stati più affrontati nei 5 giorni sono stati il mobile
e la gestione della 'smart city'. Per Milano, in questo senso, si tratta di una sfida vinta". Interessanti e molto
corposi, inoltre, i dati che Hagakure e dnSee hanno presentato a chiusura della settimana: gli esperti delle
due agenzie hanno, infatti, realizzato una social media analysis su cinque politici italiani (Matteo Renzi,
Beppe Grillo, Silvio Berlusconi, Matteo Salvini e Laura Boldrini) comparando la loro attività su Facebook e
Twitter a quella di due big della politica internazionale, Barack Obama e David Cameron. ( Segue dalla prima
) Hagakure e dnSee hanno analizzato 5 profili (Facebook e Twitter) di politici italiani (Matteo Renzi, Laura
Boldrini, Matteo Salvini, Beppe Grillo, Silvio Berlusconi) e 2 internazionali (Barack Obama e David Cameron)
nell'ultimo semestre del 2014. Per quanto riguarda Twitter, Renzi è il politico che ha la maggior variazione di
follower in percentuale su tutto il periodo: al 31 dicembre 2014, il premier registra un totale di 1.517.834
follower (355.729 in più rispetto al 1° luglio 2014). Il picco di nuovi fan lo raggiunge il 28 dicembre 2014 con
un tweet sul naufragio della Norman Atlantic. La platea dei suoi seguaci è composta per l'80% da uomini e
solo per il 20% da donne, mentre sotto il profilo geografico la regione che lo segue meno è proprio la 'sua'
Toscana con una quota del 6%. Il veterano della rete Beppe Grillo è primo su Twitter con 1.647.218 follower,
ma a seguire i suoi cinguettii è una platea composta per il 95% da uomini. Molto più equilibrata, invece, la
questione di 'genere' per il primo ministro UK David Cameron: i suoi 869.524 follower sono decisamente
meno numerosi di quelli di Renzi, ma sono per il 52% donne e per il 48% uomini. Un 'fuoriclasse' come il
presidente degli Usa Barack Obama, con i suoi 52.177.277 follower, è addirittura più seguito dalle donne
(65%). Tornando all'Italia, cifre più contenute per Matteo Salvini che si distingue per numero di tweet inviati
(1.994, con una media di 83 alla settimana): negli ultimi 6 mesi, inoltre, il leader della Lega Nord ha quasi
raddoppiato i suoi follower che sono saliti a 90.538 con un aumento di 43.623 unità. La presidente della
Camera, Laura Boldrini, ha 285.739 follower con una variazione in positivo di 56.766 rispetto all'inizio della
rilevazione. Spicca per assenza Silvio Berlusconi: l'ex presidente del Consiglio, numero uno di Forza Italia,
non è presente su Twitter ma frequenta i social network solo attraverso Facebook dove può contare su
688.235 fan. Meno di Grillo (1.773.655) e Renzi (763.250), ma più di Salvini (552.539) e Boldrini (176.410). I
post di Berlusconi sono dedicati prevalentemente alla dialettica interna al partito, alla tassazione e alle sue
vicissitudini giudiziarie Su Facebook è sempre Obama a fare la parte del leone (44.155.032 fan) mentre
David Cameron è decisamente meno popolare (437.097). "È impossibile dire chi tra loro utilizza tecnicamente
meglio i social media - commenta Marco Massarotto , fondatore di Hagakure e partner di DNSEE -. Ognuno
dei 5 politici analizzati usa Facebook e Twitter in modo differente. Di sicuro, Silvio Berlusconi, presente solo
su Facebook e non su Twitter, è quello che mantiene il profilo più basso. Matteo Renzi è il più 'rotondo',
Beppe Grillo è il più organizzato, Matteo Salvini è il più martellante".
Foto: marco massarotto
Foto: per la ricerca completa cLIcca QuI
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Soddisfatto l'organizzatore Marco Massarotto : "Speaker in aumento ed eventi sold out"
02/03/2015
Pubblicom Now
Pag. 7
A WebSystem la raccolta pubblicitaria di Lettera43
News 3.0 ha scelto di affi dare la raccolta pubblicitaria di Lettera43 a WebSystem, la divisione digital della
concessionaria pubblicitaria del Gruppo 24 Ore System Advertising, che con un network di 20 siti e oltre
2.229.000 utenti unici al giorno rappresenta il polo pubblicitario leader nel settore dell'informazione online di
qualità. Nato il 7 ottobre 2010, Lettera43.it in tre anni di vita è diventato il primo newsmagazine italiano (non
di derivazione cartacea), con 1,4 milioni di lettori mensili (fonte Audiweb). Diretto da Paolo Madron,
Lettera43.it utilizza la formula del daily magazine, mescolando notizie esclusive, approfondimenti e contenuti
con tagli originali che spaziano dalla politica all'economia, dall'attualità alla cronaca, dagli spettacoli alla
cultura e allo sport. Lettera43 genera ogni giorno circa 140mila accessi, e 700mila pagine viste (fonte
censuaria: Trackset - settembre 2014). Il profilo degli utenti è composto per il 57% da uomini e per il 43% da
don ne in una fascia d'età compresa tra i 24 e i 64 anni, laureati, impiegati, liberi professionisti e dirigenti.
Un'audience particolarmente alta e pregiata, caratterizzata da elevate risorse culturali e reddituali, curiosa e
attenta (fonti: Comscore, Google Analytics, Nielsen). «La scelta del nostro giornale online - spiega il direttore
Paolo Madron - è stata fin dall'inizio quel la di puntare alla qualità dei contenuti con l'obiettivo di offrire sempre
delle chiavi di lettura per interpretare e comprendere gli scenari politici, economici e dell'attualità italiana e
internazionale. Ne sono un esempio rubriche di successo come "Capire le notizie", che aiuta il lettore a
interpretare la genesi, le ragioni, i significati e l'im patto sulla vita quotidiana dei principali avvenimenti, e "Le
esclusive di Lettera43", che valorizza tutti i contenuti originali e unici che offriamo all'utente: inchieste,
reportage o approfondimenti su aspetti particolari delle notizie di maggior rilievo». «Siamo convinti che
entrare nel polo pubblicitario leader nel settore dell'informazione online rappresentato dal network di
WebSystem, sia una scelta coerente con la nostra mission e soprattutto ci permetta di valorizzare al meglio i
nostri asset e il nostro potenziale», commenta l'amministratore delegato di News 3.0 Daniele Sesini. «Con
l'acquisizione di Lettera43 WebSystem rafforza ulteriormente il suo Quality network offren do al mercato la
possibilità unica di investire sul meglio dell'informazione online, grazie ad un sistema di aggregazione
multibrand che permette di raggiungere un'audience alta, curiosa, ricettiva, unica, eterogenea e di grandi
dimensioni. Siamo infatti il primo ad-network per pagine viste con 789.727.593 al mese (fonte: Audiweb View
dicembre 2014)», spiega Luca Paglicci, direttore WebSystem.
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concessionarie
02/03/2015
Pubblicom Now
Pag. 11
MARTEDÌ 3 MARZO "Valore e valori nel mondo del calcio". Convegno organizzato da Sport & Value. Hotel
Enterprise, corso Sempione 91, Milano, ore 10,30. valeria@ paolagallas.it. Inaugurazione primo pv italiano
Vision. La stampa è inviata a scoprire in anteprima il nuovo concept innovativo creato con il contributo di tutti i
collaboratori Leroy Merlin. Via del Lavoro 40, Solbiate Arno (VA), ore 11. asli.gulfidan@noesis. net.
02.8310512402. Presentazione Cyclopride Day 2015. Palazzo Marino, sala Brigida, piazza Scala 2, Milano
ore 11.30. laura. [email protected]. "Il caffè Julius Meinl ispira il poeta che è in te". L'azienda austriaca
presenterà alcune attività legate alla poesia. Interverranno Faso e Guido Catalano. Caffè Letterario, Piccolo
Teatro Grassi, via Rovello 2, Milano. Ore 12. [email protected]. Short focus-on F e d e r c o n g r e s s i
& e v e n t i Lombardia su Expo 2015. Hotel Four Points by Sheraton, via Cardano 1, Milano, ore 16.
lombardia@ federcongressi.it. "Un passo dentro, uno sguardo fuori. Una serata con System 24". Gruppo 24
Ore, auditorium, via Monte Rosa 91, Milano, ore 18,30. Solo su invito. segreteriadirezionesystem@
ilsole24ore.com. MERCOLEDÌ 24 MARZO Kids Marketing Days. Evento Doxa Kids, organizzato da Milano
Licensing Day e Promotion Magazine per presentare le strategie di family marketing. L'evento proseguirà
anche il 5 marzo. Doxa, Via Panizza 7, Milano, dalle 9 alle 18. www.doxa.it/ kids-marketing-days. BtoB
Marketing Forum. Organizzato da Cribis D&B, Aism e Business International. Assolombarda - Auditorium Gio
Ponti, via Pantano 9, Milano, dalle 9. [email protected]. Conferenza stampa Arborea. Saranno
presentati i risultati 2014 e le strategie 2015. Saranno presenti il presidente Gianfilippo Contu, il general
manager Francesco Casula e il sales & marketing manager Luciano Negri. Open, viale Monte Nero 6, Milano,
ore 10.30. agoddi@webershandwick. com. Presentazione del libro "The music of language". In occasione del
trentesimo anniversario nel mondo e il decimo in Italia, la linguista e imprenditrice Helen Dorno parlerà del
network e del libro appena pubblicato. Spazio Theca, piazza Castello 5, Milano, ore 11,30. giuffrida@
giuffridabragadin.com. Meet the Media Guru Focus "Innovazione e Cultura". Confronto con Derrick De
Kerckhove e Freddy Paul Grunert. Mediateca Santa Teresa, via della Moscova 28, Milano, ore 19. camilla.
[email protected]. P r e s e n t a z i o n e "SweetJournal Bulthaup". Bulthaup Porta Nuova, via Antonio
Locatelli 6, Milano, ore 18,30. ufficiostampa@ luisabertoldo.com. GIOVEDÌ 5 MARZO Meet Magento Italy.
Manifestazione dedicata alla piattaforma di eCommerce più diffusa del web. Hotel Michelangelo, piazza Luigi
di Savoia 6, Milano. Anche il 6 marzo. Dalle 9 alle 18. laura@ wowmedia.it. Stati Generali dell'Autore. Terza
edizione con l'appuntamento promosso dalla Federazione Unitaria Italiana Scrittori, Istituto Giuridico dello
Spettacolo e della Informazione, Link University e Dipartimento di Comunicazione e Ricerca Sociale
Sapienza Università di Roma. il Centro Congressi d'Ateneo, Sapienza Università di Roma, via Salaria 113,
Roma dalle 10 alle 17,30. Conferenza di presentazione area "Alluminio". Organizzato da Consorzio
Imballaggi Alluminio. Museo Nazionale della Scienza e della Tecnologia Leonardo da Vinci, via San Vittore
21, Milano, ore 11,30. g.galdo@ cial.it. Presentazione del progetto Vitasnella "The perfect woman". Officina
Eventi, Terme Milano, viale Filippetti 41, Milano, ore 11,30. [email protected].
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agenda della settimana
27/02/2015
Data Manager - Ed. n.399/4 - gen/feb 2015
Pag. 24
(diffusione:18000, tiratura:20000)
CRESCERE DICITALIANI L` loE SECONDO CISCO
Da! mondo dell'industria alla politica, le prospettive dell'lnternet of Everything con i cittadini al centro. La
"nuova rivoluzione" per accelerare la crescita economica e la competitivita delle imprese
Michele Mornese
"Crescere Digitaliani. Internet, il cambiamento continua" Su questo tema si è svolto l'Intemet of Things Italian
Forum, ricchissimo di contenuti e interventi, organizzato da Cisco in collaborazione con Intel. Sono intervenuti
esperti e imprenditori che hanno gettato luce sul futuro delle connessioni della rete, per creare una società
più moderna e all'altezza delle sfide del nostro tempo. In apertura, la testimonianza di Bianca e Anna
Zamperini e il ricordo di Marco Zamperini, quindi David Bevilacqua, VP Sud Europa Cisco, ha sottolineato
che la connessione di dati, processi, cose e persone deve mantenere sempre il focus sul «valore che può
offrire alla società contribuendo al benessere di tutti, mentre il futuro di qualunque azienda è di trasformarsi in
una compagnia hi-tech specializzata nel proprio settore». L'Intemet of Everything è un paradigma che
diventerà mainstream nel giro di una decina d'anni, per un volume d'affari stimato in circa 20 miliardi di dollari.
La tecnologia moltiplica le opportunità di business per chi ne cavalca l'onda, generando un nuovo tipo di
economia digitale che rappresenta il mercato del futuro. CITTADINANZA DIGITALE Sempre di qualità della
vita ha parlato Carmine Stragapede, direttore generale di Intel Italia, che ha posto l'accento sulla
standardizzazione end-to-end dei sistemi e sul mercato dei wearable (bracciali, orologi, auricolari], che
rappresentano un'importante opportunità per la società. Per Massimo Banzi, co-fondatore del progetto
Arduino, la tecnologia del futuro deve essere "buona, pulita e giusta", riprendendo alcune ispirazioni
fondamentali dell'Expo di quest'anno, e i sistemi informatici vanno resi "utili" al business e alla vita quotidiana.
David Orban, AD di Dotsub e fondatore della Network Society Research, ha parlato di «cittadinanza attiva
nella nuova loE» per costruire un mondo più equilibrato abilitato dalla tecnologia, mentre Roberto Cingolani,
direttore scientifico dell'Istituto Italiano di Tecnologia di Genova ha mostrato le infinite possibilità legate
all'utilizzo dei robot, tra cui iCub e i robot quadrupedi, e le sfide per automatizzare ma anche rendere più
sicuro il lavoro. «La scuola deve favorire il digitale per rendere gli studenti i veri protagonisti
dell'apprendimento» - ha invece sottolineato Dianora Bardi, docente di lettere e VP Associazione Impara
Digitale. DARE VOCE AL PAESE L'AD di Cisco Italia, Agostino Santoni, ha sottolineato alcuni punti
importanti portati avanti dal governo italiano, come la banda ultralarga [LTE, fibra, Wi-Fi] e l'investimento per
coprire aree rurali, mentre «occorre procedere in parallelo con la strategia per la crescita digitale». La vision
di Cisco è di «dare voce digitale all'Italia», con importanti progetti in ambito agroalimentare, manifatturiero,
PA, smart city e difesa per digitalizzare i processi in ogni ambito produttivo e garantire la qualità. «Abbiamo
investito in Expo 2015 per dare concretezza all'idea di una città più intelligente, e stipulato accordi con Barilla
e Valoritalia per certificare la qualità di tutta la filiera di produzione, sia della pasta che del controllo dei vini».
Intanto l'IoT arriva anche nello sport, dove ci sono progetti che riguardano sensori perfino nei parastinchi dei
giocatori di calcio». CONFRONTO A PIÙ VOCI Un momento di confronto a più voci con aziende di vari settori
si è avuto durante la tavola rotonda che ha riunito Gianluigi Castelli [executive vice president ICT - Eni},
Cilberto Ceresa, [CIO - Fiat), Silvio Fratemali [direttore sistemi informativi - Intesa Sanpaolo Group Services]
e Paola Petroni [head of Network Technology Global Infrastructure and Networks - Enel}. Oltre alle promesse
dell'automazione e ai vantaggi del digitale, i manager hanno parlato delle sfide che ancora restano,
soprattutto in materia di formazione di esperti, dato il ritmo accelerato delle evoluzioni della tecnologia, ma
anche dei benefici per la salute, la sicurezza e l'ambiente. Riccardo Luna, digitai champion, presidente di
Wikitalia, ha sottolineato i problemi di alfabetizzazione informatica dell'Italia, ma anche le grandi opportunità
che il nuovo mondo dell'IoT può offrire, mentre l'intervento di chiusura è stato svolto dal presidente di
Regione Lombardia, Roberto Maroni, che ha parlato dei bandi per le startup e l'innovazione, dichiarando che
«entro la fine dei 2015, il 98% del territorio regionale sarà coperto da banda ultralarga. La Lombardia ha una
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La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
PrimoPìano
27/02/2015
Data Manager - Ed. n.399/4 - gen/feb 2015
Pag. 24
(diffusione:18000, tiratura:20000)
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La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
naturale vocazione per l'innovazione e la ricerca, attrae investimenti e intendiamo renderla una meta sempre
più interessante per chi vuole fare impresa e contribuire allo sviluppo del territorio». NETAPP, TECNOLOGIE
FLASH E STORAGE PRONTO PER L'IoE All'evento Cisco, NetApp [www.netapp.com/it) ha annunciato le
nuove soluzioni ali-flash 560 ed E 5600. Si tratta nel primo caso di una proposta che rinnova le soluzioni aliflash a stato solido, mentre nel secondo dì un array ibrido adatto sia ai dischi a stato solido sia allo Storage
tradizionale, con prestazioni migliorate per applicazioni SAN che richiedono capacità elevate come data
warehouse, email e backup. «Le nostre soluzioni sono caratterizzate da semplicità, performance elevatissime
e assoluta affidabilità» sottolinea Roberto Patano, sr manager systems engineering. Il sistema EF 560 è
specificamente rivolto a chi richiede performance eccezionali a costi contenuti, con tutta la sicurezza garantita
da un prodotto di livello enterprise. Il rapporto prezzo/prestazioni è il migliore disponibile al momento, e grazie
alla tecnologia object Storage siamo in grado di fornire una soluzione semplice ma estremamente potente,
anche in ottica loE per immagazzinare e gestire enormi volumi di dati». Mentre il mercato dell'energy, oil&gas
e utility è già maturo dal punto di vista delle soluzioni Storage avanzate, il settore finance, bancario e
assicurativo è molto interessante per l'azienda. Le soluzioni NetApp, conclude il manager, sono ideali sia per
le realtà strutturate che per le startup, grazie alle caratteristiche di scalabilità, gestione centralizzata dei dati e
semplicità d'uso, e sono pensate per «supportare lo sviluppo del business, ottenendo il massimo dalle risorse
di Storage a disposizione». SCHNEIDER ELECTRIC FLEXPOD E SISTEMI INTELLIGENTI FlexPod è la
piattaforma nata dalla collaborazione tra Cisco e NetApp che integra funzionalità di computing, networking e
Storage, pensata per il mercato di oggi che chiede prodotti semplici da usare e con deployment rapido.
Schneider Electric [www.schneiderelectric.com) ha fornito a FlexPod il sistema di alimentazione, gestione
della piattaforma, raffreddamento e la struttura hardware. Come spiega David 0'Coimin, solution offer
manager EMEA, «il risultato finale è una soluzione perfettamente integrata con Cisco Unified Computing
System, ideale per le PMI, le filiali di aziende e i data center». Anche per Schneider, i big data, il cloud e tutte
le tematiche legate all'loE sono opportunità enormi e grandi sfide al tempo stesso. Si prevede che nel
prossimo futuro saranno miliardi i device connessi, con grandi pressioni sul settore dell'energia e implicazioni
anche sulla larghezza di banda e sulla stessa sostenibilità dello sviluppo. «Fornire sistemi intelligenti e "a
prova di futuro" sarà una delle più grandi sfide dell'loE» - ha detto il manager. «Solo i player davvero
qualificati saranno in grado di soddisfare le esigenze del mercato, anticipando in maniera proattiva le
soluzioni necessarie e distinguendosi nel mondo digitale». VEM SISTEMI, PARTNER GLOBALE PER L'
INTERNET DI TUTTE LE COSE Ormai da qualche anno, Vem Sistemi [www.vem.com) ha sposato la
tecnologia FlexPod, una soluzione che concretizza l'alleanza tra Cisco e NetApp, alla quale si è poi aggiunta
Schneider. Oggi, è una piattaforma consolidata, adatta a diversi tipi di data center, compresi gli Over thè Top
[OTT). «Con questa soluzione - spiega l'AD, Stefano Bossi - Vem offre l'efficientamento e l'accelerazione dei
servizi IT delle aziende. Gli obiettivi che ci poniamo come specialisti dell'informatica è di illustrare ai clienti in
che modo possono beneficiare della virtualizzazione e dell'automazione dei data center, grazie all'estrema
scalabilità sia orizzontale sia verticale della soluzione, adatta a calibrare le capacità di elaborazione, Storage
e a servire elevati volumi di utenze». Vem fornisce inoltre i prerequisiti tecnici che abilitano il paradigma
dell'loE, come la sensoristica, le tecnologie cloud e la parte relativa alla security, nella quale, sottolinea Bossi,
sono fondamentali le caratteristiche di "integrità del dato, confidenzialità e riservatezza". Vem si propone
come partner globale in ambito loE - conclude il manager - mettendo a disposizione competenze complete e
soluzioni che garantiscono efficienza, efficacia e contenimento dei costi per digitalizzare tutti i processi di
business, semplificando e accelerando i processi». DM
Foto: Cisco #loEforumita Milano 28 gennaio al MiCo
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CHI PROTEGGE i nostri dati?
Giuseppe Badalucco
II 2014 è stato un anno critico per la sicurezza [informatica, colpita ripetutamente da veri e propri casi
mondiali. In questo proliferare di pericoli, l'aspetto più preoccupante - almeno dal punto di vista operativo
rischia di essere quello di perdere di vista le priorità di sicurezza. Per non rischiare di cadere nell'impasse,
servono idee chiare per individuare tra i pericoli in circolazione quelli a cui dare la precedenza. Imparando a
riconoscere le caratteristiche degli assalitori e delle loro minacce Se fosse uno spettro avrebbe le sembianze
di Frankenstein. Un mostro dalla forza sovrumana e ingestibile come la creatura nata dalla penna di Mary
Shelley. Affamata di dati e denaro. Una sentina di tutti i peggiori pericoli della rete. Che arraffa dove può, ma
capace anche di scegliere le proprie vittime. CryptoWall, un virus che critta i dati e chiede un riscatto per la
loro liberazione, una delle sue materializzazioni più truculente. A farne le spese, una nota struttura
alberghiera della provincia di Treviso. I criminali cancellano tutti i dati contabili e le prenotazioni di camere e
sale riunioni, bloccando di fatto la gestione ordinaria della struttura e poi crittano i dati restanti. Un'unica
traccia, un indirizzo email da contattare per riportarli alla forma originale. Costo dell'operazione un migliaio di
dollari. Valuta da utilizzare: Bitcoin. Casi analoghi sono denunciati a Roma, Torino, Napoli, Verona. Lo scorso
novembre è capitato anche ai dipendenti di un ente locale con sede a Milano. Tutti i file e le cartelle crittati.
Impossibile aprirli. Anche qui un solo indizio, un codice da utilizzare per depositare la somma richiesta.
Fortuna che in questo caso, file e cartelle condivise vengono regolarmente backuppate sui fileserver di rete.
Per i documenti personali però non c'è nulla da fare. A meno di non voler pagare il riscatto. Senza alcuna
garanzia naturalmente di vedersi restituito il maltolto. In Italia, il ransomware miete più vittime che altrove. Lo
dicono i dati pubblicati da Trend Micro, relativi alla diffusione del ceppo Crypto nell'area EMEA (Europa,
Medio Oriente e Africa) tra ottobre e dicembre dello scorso anno. La punta massima si registra nel mese di
novembre con un numero di infezioni pari al 31,19% del totale censito di attacchi contro sistemi del nostro
Paese, primato assoluto davanti a Turchia, Francia, UK, Spagna •. Ma CryptoWall non è certo l'unico
malware in circolazione. La rete è intasata da codice dannoso. Una marea montante che soffoca i nostri
dispositivi in rete. Tutto è a rischio. Ci sono malware per ogni piattaforma, sistema operativo, programma;
presto prenderanno di mira anche i nostri smartphone. Codice molto diverso da quello in circolazione sino a
qualche anno fa. Invisibile agli antivirus. Capace di mutare in funzione delle difese che si trova di fronte.
Infinite varianti di innumerevoli matrici che si moltiplicano all'infinito. Recuperarle non è difficile. Basta pagare.
Con una cifra che varia dai 700 ai duemila euro ti porti a casa un kit già pronto all'uso. E non c'è neppure
bisogno di essere dei maghi dell'informatica. Le difese tradizionali stentano a reggere il passo delle minacce.
E poi ci sono le zero day, le vulnerabilità non note, sfruttate per fare breccia nei sistemi. «Se non sai in che
applicativo risiede la falla, contro queste minacce non c'è molto da fare» - ci dice Pierluigi Pagatimi, chief
information security officer presso Bit4Id (www.bit4id.it/it). La risposta dei vendor si concentra sullo sviluppo di
soluzioni basate sull'analisi del comportamento del codice sospetto. Spesso però chi scrive malware si serve
delle stesse armi usate per proteggere i file. Come la crittografia, per esempio. Perciò sapere come si
comporta un malware e cosa cerca di fare può anche non bastare. Così come non basta tenersi alla larga da
siti sospetti se a diffondere il malware diventa un server aziendale. «Chi attacca conosce bene le abitudini del
proprio target. E sa che per infettare un certo numero di macchine, può bastargli colpire un server usato da
tutti in azienda» - spiega Paganini. Come quello del cartellino presenze, spesso utilizzato anche per la
distribuzione dei buoni pasto. «Certo queste tipologie di attacco (watering hole-, letteralmente "abbeveratoio
per gli animali") richiedono una preparazione specifica. E siamo lontani dall'invio massivo di phishing». Non
che gli attacchi di phishing siano scomparsi. Anzi. Utilizzati in combinazione con altre tipologie d'attacco sono
molto efficaci per sottrarre dati. E contrariamente a quanto si pensa, sono redditizi. Molte brecce nei sistemi
originano da campagne mirate di phishing. Come quelle sfruttate dai truffatori della Rete per impadronirsi
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DOSSIER
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delle credenziali di accesso ai servizi di Poste Italiane. O quella da cui è probabilmente partito l'attacco
sferrato al Gruppo Benetton. Siamo alla fine del 2013. Qualcuno viola i sistemi di sicurezza della
multinazionale trevigiana e ruba i disegni di una collezione di vestiti. Non è chiaro quanto tempo passa prima
che qualcuno si accorga del furto - la conferma dell'intrusione arriverà solo qualche mese dopo - ma nel giro
di poche settimane si scopre che qualcuno grazie a quei disegni ha realizzato una serie di prodotti contraffatti
e venduti in Siria. L'azienda di Ponzano si affretta a precisare che né il danno economico né quello arrecato
al marchio sono ingenti. Colpisce oltre alla vulnerabilità dell'azienda, l'abilità degli autori dell'intrusione che, a
quanto sembra, potrebbero aver utilizzato una combinazione inedita di strumenti e tecniche. Forse, un mix
simile alla combinazione di mascheramento del traffico di pacchetti verso siti legittimi resa nota per prima da
FireEye, azienda della Silicon Valley in forte ascesa nel campo della cybersecurity. Una tecnica di
reindirizzamento verso siti legittimi che utilizza header autentici, forgiando in proprio anche i certificati fasulli,
necessari a rendere credibile l'intera manovra criminale'. Siamo in pieno territorio APT**. Un terreno sul quale
i criminali agiscono a completa insaputa delle vittime, facendo leva su tecniche di social engineering per
guadagnare l'accesso alla rete target e sferrare un attacco zero-day; dove per penetrare la rete si scalano
tutti i livelli di privilegio (credenziali di amministratore), si riesce ad aprire un canale di comunicazione con un
centro di comando e controllo (server gestiti da chi attacca per coordinare le operazioni criminali) esterno e
dove poi alla fine si cancella ogni traccia. «E indubbio che in alcuni casi le capacità di questi criminali sono
avanzate. E anche vero però che le opportunità che la tecnologia offre a queste persone è maggiore rispetto
al passato» - commenta Paganini. «Oggi, posso nascondere il traffico di un malware sul web, nascondere il
sistema di controllo di una botnet all'interno di un sito legittimo (Google Drive, Dropbox), oppure servirmi di
Twitter per comunicare le modalità di un attacco. E di Pastebin per postare i comandi». Quando si
dispongono di mezzi adeguati tutto è possibile. «Persino assicurarsi i servizi criminali allo stesso modo in cui
si compra un servizio in cloud». LE PRIORITÀ DI SICUREZZA In questo proliferare di attacchi e minacce
forse però l'aspetto più preoccupante - almeno dal punto di vista operativo - rischia di essere quello di
perdere di vista le proprie priorità di sicurezza. Di non sapere più cioè a quali minacce accordare maggiore
importanza. Per chi decide, cento priorità equivalgono a nessuna priorità. Invece servono idee chiare per
individuare, tra i pericoli in circolazione, quelli a cui dare la precedenza. Imparando a riconoscere le
caratteristiche degli assalitori e delle loro minacce. Per chiunque, protezione del dato e continuità del servizio
dovrebbero essere priorità irrinunciabili. Ma è proprio così? «La perdita di dati aziendali a seguito di eventi
catastrofici, guasti, malfunzionamenti, oppure intrusioni informatiche, è drammatica per chiunque» - osserva
Furio Ferrini, presidente di Consortech (il Consorzio delle imprese tecnologiche della Provincia di Sondrio) e
presidente di Computer Halley (www.computerhalley.it/). «A maggior ragione per chi, come i dottori
commercialisti, deve conservare e trattare informazioni estremamente delicate per conto di numerosi clienti.
Non sempre però gli operatori che li gestiscono - in proprio o conto terzi - sono consapevoli dei rischi che si
corrono. La gran parte dei professionisti - almeno in Valtellina - non ha assolutamente la percezione di quelli
che sono gli obblighi connessi alla normativa» - osserva Ferrini. Le cose non saranno così ovunque. E gli
esempi di eccellenza non mancano. Ma quali pericoli corrono i nostri dati in mano alle amministrazioni
pubbliche? Quanto sono al sicuro i dati conservati da enti pubblici, comuni e ospedali? Fino a ieri la
situazione si poteva solo intuire. Oggi, però il Rapporto sulla sicurezza informatica nella Pubblica
amministrazione Cyber Security Report 2014) ci fornisce un quadro più preciso della situazione. Lo studio,
redatto da CIS (Centro di ricerca di cyber intelligence e information security) e AglD (Agenzia per l'Italia
Digitale) - analizzando i dati relativi ai sistemi di sicurezza interni di 42 amministrazioni centrali, 117 Comuni,
19 Regioni, il 25% delle ASL e il 4,5% degli ospedali italiani - ci restituisce la fotografia di un Paese
gravemente e colpevolmente sguarnito di fronte alle minacce IT. Le situazioni peggiori si riscontrano a livello
di Regioni e Comuni. Per quel che riguarda le prime, nessuna di quelle prese in esame raggiunge il punteggio
minimo e in 14 realtà il livello di criticità riscontrato è grave. Anche tra i 79 comuni presi in esame, ben 68
sono in forti difficoltà di fronte alla minaccia e anche in questo caso nessuna amministrazione raggiunge la
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sufficienza. Si salvano solo 22 amministrazioni (Inps, Corte dei Conti, Regione Friuli Venezia Giulia), su un
totale di 42, che raggiungono un livello sufficiente di protezione. Gli ospedali sono invece quelli più presi di
mira, con un aumento degli attacchi superiore al 200%. Ma gli assalti sono in aumento in tutto il settore
pubblico. Sono le stesse amministrazioni a denunciarlo. Una situazione diffusa da nord a sud. «Lo studio dichiara il direttore del Cis, Roberto Baldoni - ha consentito di individuare i principali problemi su cui agire per
ottenere un miglioramento rapido e sostanziale della nostra protezione. Ha anche purtroppo evidenziato
come ci siano lacune importanti e radicate sia in termini di cultura della sicurezza sia di organizzazione». Una
situazione che definire preoccupante è sin troppo prudente. E infatti già nel 2013, YAssociazione italiana per
la sicurezza informatica (Clusit) parlava di una vera e propria emergenza nazionale. "Nessuno può più
ritenersi al sicuro (...). Tutti sono in qualche modo e a vario titolo minacciati: dai singoli cittadini alle PMI fino
agli stati nazionali e alle più grandi imprese del mondo". Così, si legge nel rapporto 2013 sulla sicurezza
informatica 6 . OLTRE LE DIFESE TRADIZIONALI Quando si ha a che fare con malware progettato per
sfruttare vulnerabilità non conosciute (zero-day), crittografato o polimorfico, che cela cioè la sua vera natura e
muta ogni volta che va in esecuzione, le difese tradizionali non bastano. Servono tool in grado di individuare
le potenziali minacce e rispondere in tempo reale o quasi. A Dario Forte, fondatore e CEO di DFLabs
(www.dflabs.com), azienda specializzata in incident response technology andservices, il termine - però - non
piace: «II concetto di realtime è più legato al marketing and sales che all'aspetto scientifico del problema. Per
questo è più corretto parlare di near real time detection and response». Fatto sta che bisogna cercare di fare
presto. Ma come funzionano questi tool? Le piattaforme di questo genere - ci spiega Forte - si basano su tre
variabili di analisi: «II comportamento (behavior), la ricorrenza (statistic) e lo scostamento dalle baseline
(anomaly)». Più in dettaglio, queste tecnologie creano un ambiente virtuale di esecuzione isolato da tutto il
resto (sandbox) che replica l'ambiente target; il comportamento del malware viene osservato e analizzato: si
individuano i dettagli e le caratteristiche del payload e si tengono d'occhio gli eventuali tentativi di aprire un
canale di comunicazione con un server di comando e controllo. L'obiettivo è quello di ricostruire la signature
di difesa, che sono l'antidoto al malware. «Al momento - ci dice Forte - esistono circa 50 implementazioni
commerciali di queste piattaforme. Alcune hanno già raggiunto un buon livello di maturità, altre invece sono
ancora acerbe e poco utilizzabili». I criminali però non stanno a guardare. Sanno che di continuo nuove
tecniche di difesa sono messe a punto. E allora, rispondono progettando codice che consenta loro di essere
"avvisati", quando il malware diventa oggetto di analisi all'interno di un ambiente virtuale isolato. In che
modo? Sollecitando - durante le fasi in cui il malware tenta di portare a termine i suoi effetti deleteri - ogni
volta che è possibile l'intervento umano. Basta la richiesta di un click con il mouse, oppure la proposizione di
una finestra di dialogo in cui si chiede una risposta tra due o tre disponibili. E una sfida continua. Occorre
essere sempre più furbi. E più bravi. Emulare il comportamento dell'utente. Analizzare un range di file e di
comportamenti in continua espansione. Raggiungere in definitiva un rapporto ottimale tra falsi positivi, che
intralciano lo svolgimento delle normali attività di business, e segnalazioni veritiere (falsi negativi), che
lasciano invece scoperte le aziende di fronte ad un possibile attacco. Le difese poi dovrebbero integrarsi con
quelle di partner e clienti in modo che la threat intelligence (info condivise sotto forma di metadata) raccolte
da altri su repository in cloud possano innescare un circolo virtuoso di condivisione. Le difese non mancano.
Ci sono soluzioni che si concentrano su altri livelli dello stack IT, dal monitoraggio dei pacchetti e dei flussi
che preannunciano un comportamento sospetto, fino ai controllo sulle applicazioni. «Serve una combinazione
ottimale di difese e competenze» - afferma Pierluigi Pagatimi di Bit4Id. Soluzioni in grado di raccogliere e
confrontare info di diverso formato e provenienza: email di spear phishing, file sospetti, log che provano il
tentativo di connessione con centri di comando e controllo esterni, flussi anomali di dati - spesso criptati - che
escono dalla rete. Uno strato supplementare di protezione che si affianca alle difese già esistenti. «Affiancare
eventuali nuovi layer tecnologici e preservare gli investimenti
pregressi è un must imprescindibile» - conferma Forte di DFLabs. «In base alla nostra esperienza, possiamo
dire che gli utenti finali - prima - cercano di comprendere la minaccia e - solo dopo aver creato un framework
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di processo adatto a contenerla - si dedicano allo scouting tecnologico». Detto questo però, deve essere
chiaro che la tecnologia da sola non basta. Le persone giocano un ruolo cruciale. «È fondamentale avere oltre a tutti i meccanismi di difesa - personale in grado di operare in maniera tale da ridurre il rischio da
esposizione» - afferma Paganini. Perché il fattore umano è sicuramente uno di quelli che maggiormente
espone l'azienda a un attacco. «Succede spesso che un dipendente - oggetto di un attacco mirato di spear
phishing, (semplicemente inserendo in maniera impropria dei dati su un portale che magari viene replicato ad
hoc per raccogliere le info relative all'azienda) fornisca a chi attacca l'accesso ai sistemi dell'azienda» - ci dice
Paganini. Perciò, ancora prima della minaccia informatica in sé, al primo posto va messa la formazione dei
propri collaboratori. «La consapevolezza della minaccia è un elemento fondamentale. Solo dopo, si possono
intraprendere tutte quelle azioni in grado di mitigare i rischi» - afferma Paganini. . La digitalizzazione procede
a ritmi vertiginosi con il moltiplicarsi di sensori embedded in oggetti di uso quotidiano, oggi lo smartphone,
domani lo spazzolino da denti, l'auto e il frigorifero. Tutto questo sta dando vita a un ambiente globale
iperconnesso, l'Internet delle cose, in cui la sicurezza I T è destinata a ricoprire un ruolo sempre più
importante. Cybercrime, cyberwar e hacktivism rappresentano il lato oscuro della vita digitale. Lo stillicidio
quotidiano di incidenti di sicurezza è il corollario più vistoso. Per quanto ancora difficile da accettare, questi
fatti ci riguardano molto da vicino, perché possono colpire allo stesso modo le nostre imprese e le nostre
amministrazioni. Se vogliamo continuare a raccogliere i benefici di questa seconda vita digitale, un nuovo
approccio come quello descritto e reso esplicito dalle tecniche e dalle piattaforme di sicurezza di ultima
generazione non è più procrastinabile. Ma non basta. Assumere un atteggiamento e una mentalità da
accerchiamento non serve a nulla. Serve invece un mix di tecnologia, competenze e formazione. La
sicurezza è responsabilità di tutti. La compromissione dell'anello più debole porta alla compromissione
dell'intera catena della sicurezza. DM
In Italia, il ransomware miete più vittime che altrove. Lo dicono i dati di Trend Micro relativi alla
diffusione del ceppo Crypto nell'area EMEA
1 Vedi in http://blog.trendmicro.eom/treiidlabs-seairity-intelligence/a-ypto-ranso7trd:are-goes-local-in-emearegioii/
Secondo CI5 e AglD, l'Italia è un paese gravemente e colpevolmente impreparato per affrontare le
minacce IT [Italian Cyber Security Report 2014] DATA BREACH E ALTRE AMENITÀ
2 Vedi in https://blogs.rsa.com/lions-at-the-watering-hok-the-voho-affair/e http://en.iVikipedia.org/Toiki/WateringJliok
Le situazioni peggiori si riscontrano a livello di Regioni e Comuni, dove si rilevano forti difficoltà e
gravi criticità per la sicurezza IT
3 Vedi in https://www.schneier.com/blog/archives/20l4/08/disguising_exfi.html i hackers-used-google-histealing-corporate-data.html 4 Vedi in http://en.wikipedia.org/wiki/'Advanced_persistent_threat
http://www.csoonline.com/article/2462409/dnta-protectioii/hou'Livello sufficiente di protezione. Su un totale di 42, si salvano solo 22 amministrazioni Onps, Corte dei
Conti, Regione Friuli Venezia Giulia] 5 Reperibile in http://www.agid.gov.it/notizie/italian-cyber-securityreport-2O14
Tecnologia e formazione, fattori critici. Le aziende ospedaliere sono quelle più prese di mira, con un
aumento degli attacchi superiore al 200% 6 // rapporto elaborato da Clusit, analizza il tema della sicurezza
informatica nel 2012 e nei primi mesi del 2013. Lo studio si riferisce a un campione di oltre 1.600 incidenti di
sicurezza significativi, ed è il risultato di una complessa attività di classificazione e correlazione. La sua
compilazione ha richiesto il vaglio di centinaia di fonti e numerose verìfiche incrociate con le informazioni
contenute nei report di molti vendor (tra i quali Cisco, IBM, Kaspersky Lab, McAfee e Trend Micro). Qui
http://www.clusit.it/download/il link al rapporto.
Cybercrime, il lato oscuro della vita digitale. Conoscere per difendersi. L'attacco all'anello più debole
nuoce all'intera catena della sicurezza
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La sicurezza è responsabilità di tutti. Serve un mix di tecnologia e competenze. Il fattore umano
rimane una delle variabili più critiche da controllare CONCLUSIONI
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Computer Idea! - Ed. n.67 - 25 febbraio 2015
Pag. 39
Internet oggi è più popolare della TV
La televisione, ormai possiamo dirlo, non è più quella di una volta e non parliamo solo della qualità dei
programmi, ma soprattutto del modo di vederli. I dati lo confermano: il Web oggi vale più della TV!
Sono anni che si parla della rivoluzione di Internet, ma se l'impatto iniziale della Grande Rete sulla nostra vita
è ormai abbastanza distante nel tempo, gli effetti di quella rivoluzione continuano a manifestarsi. Internet ha
cambiato tutto: comunicazione, informazione, lavoro e anche l'intrattenimento. Persino un colosso come la
televisione, oggi, deve misurarsi con il potere del Web. Lo scontro è in atto da tempo e in questi mesi sono
arrivati i primi risultati. Prevederlo non era difficile, ma dirlo fa comunque un certo effetto: Internet, oggi, è
diventata più popolare della TV. Proviamo a dare qualche numero Prima di procedere, vediamo qualche cifra.
I dati sono quelli di Audiweb, www.audiweb. it, organismo che misura proprio la cosiddetta "audience",
parametro tanto caro al mondo televisivo, ma in questo caso relativo al Web. Scopriamo, anzitutto, che la
percentuale di studenti italiani che usa Internet è pari a poco meno del 100% e questo non stupisce.
Sorprende invece che la categoria delle casalinghe arrivi al 68%, il che ci dice che, seppure con lentezza, il
Web si sta sviluppando anche nel nostro paese. Il sorpasso nei confronti della TV è avvenuto ufficialmente a
giugno dello scorso anno. Confrontando i dati TV e Web nella media giornaliera, per la fascia d'età tra i 18 e i
24 anni, Internet è il mezzo di intrattenimento principale. Altro dato interessante è che la navigazione avviene
sempre più tramite i dispositivi portatili, smartphone e tablet. I giovani, quindi, passano oggi più tempo su
Internet che davanti alla TV e lo fanno il più delle volte quando sono in movimento. Sì, ma i meno giovani? Si
dirà che in fondo è normale che ai giovani la Rete piaccia più della televisione, ma contrariamente a quello
che si può pensare, lo stesso comincia a valere anche per chi giovane non lo è più, almeno dal punto di vista
anagrafico. I dati, in questo caso, arrivano da Nielsen, www.nielsen. com/it, e ci dicono che negli Stati Uniti,
per la fascia di età che va dai 55 anni in su, la visione di video su computer e smartphone è cresciuta del 55%
rispetto all'anno scorso, mentre la percentuale di chi guarda la TV è rimasta praticamente la stessa. In altre
parole, gli "over 55" cominciano ad affiancare Internet ai classici programmi televisivi. È vero che i dati
riguardano l'America, un paese nettamente più sviluppato dell'Italia dal punto di vista tecnologico. Alcuni
segnali, però, sono ben visibili anche nel nostro paese, con un calo significativo delle vendite di televisori e, in
parallelo, l'aumento di quelle dei dispositivi portatili capaci di collegarsi a Internet. Impossibile prevedere con
precisione cosa succederà in futuro, ma oggi sembra che il vecchio rito della famiglia riunita in salotto davanti
allo schermo stia definitivamente per tramontare.
Più Web, meno TV: cosa cambia per gli italiani? Un dato come quello illustrato in queste pagine potrebbe,
e dovrebbe, essere interpretato come positivo. La maggiore diffusione di Internet, infatti, è il requisito
fondamentale per portare il nostro paese allo stesso livello di quelli più tecnologicamente sviluppati. Fa quindi
sorridere, anche se in modo amaro, che tra le prime reazioni ufficiali alla notizia ci sia la volontà del governo
di riformare il canone RAI per adeguarlo alle nuove tecnologie e tassare la ricezione dei canali via
smartphone. Internet in TV: La rivoluzione della TVè iniziata con l'avvento dei televisori Smari, cioè dotati di
funzioni Internet controllabili via telecomando!
Anche gli "over 55" cominciano ad affiancare Internet ai classici programmi televisivi
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Forse non sai che...
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EO news - Ed. n.583 - febbraio 2015
Pag. 28
(diffusione:11752, tiratura:11900)
Digimax
Intervista a Lorenzo Gabrieletto, product manager della divisione Industrial PC
Cura deLLa redazione
D: Qual è la sua opinione riguardo l'andamento del mercato (rallentamento, crescita, forte incremento...)? R:
Il mercato delle SBC, a dispetto della situazione economica e industriale generale, è un mercato in buona
crescita. Recenti ricerche indicano un trend europeo positivo, con il sud Europa un po' in ritardo. La Spagna
ha accelerato più bruscamente di noi ma il trend è tornato a essere leggermente positivo anche in Italia dalla
seconda metà del 2014. Indipendentemente dal quadro generale, per Digimax il mercato delle SBC nel 2014
ha mostrato un buon incremento con una crescita a due cifre. Anche l'inizio di questo nuovo anno si sta
rivelando molto promettente; confidiamo si riveli migliore di quello precedente. D: Quali sono le principali
strategie adottate dalla vostra società sul breve/medio periodo per soddisfare al meglio le richieste di questo
mercato? R: Digimax è un'azienda che crede molto nella professionalità, competenza e organizzazione.
Siamo in questo mercato da quasi 20 anni e si sono succeduti periodi economici favorevoli e meno. Abbiamo
sempre cercato di interpretarli al meglio e in anticipo, collaborando a stretto contatto con i clienti che ci hanno
accordato la loro fiducia. L'aspirazione che ci ha sempre guidato è quella di essere riconosciuti come un
partner affidabile e disponibile, in grado di collaborare alla ricerca delle migliori soluzioni. Il valore aggiunto
del nostro personale e la flessibilità nel gestire ogni situazione ci hanno permesso di crescere in
considerazione e riconoscibilità. Lavoriamo molto su noi stessi per essere pronti a ogni nuova sfida. D: In che
modo state implementando queste strategie (stipula di accordi/collaborazioni, nuove acquisizioni,
investimento in attività di ricerca e sviluppo, in risorse umane...)? R: Ci muoviamo in tre direzioni differenti ma
complementari. 1) Riconoscibilità del brand Digimax con attività di comunicazione e marketing molto mirate.
Un nuovo sito web, particolarmente ricco di prodotti di tutti i brand che promuoviamo, con disponibilità a stock
e dettagli tecnici interessanti. 2) Rapporti di collaborazione duraturi e affidabili. Pur continuando ad analizzare
nuovi mercati e nuovi produttori che vi si affacciano, coltiviamo da molti anni relazioni molto strette con alcuni
partner storici e leader di mercato. Con loro siamo cresciuti e con loro siamo certi di poter crescere ancora
molto. Contemporaneamente facciamo nascere e crescere collaborazioni su specifici mercati interessanti
dove non siamo ancora presenti. 3) Investimenti in struttura, organizzazione e personale. La nuova sede
nella quale ci troviamo da 1 anno e mezzo ci ha messo nelle condizioni di programmare il futuro con una
nuova visione e un respiro più ampio. L'attività logistica e quella di gestione sono state razionalizzate con lo
spirito di creare efficacia ed efficienza. L'inserimento di nuove persone anche in questi anni di scarsa
occupazione e la continua crescita delle competenze interne rimangono comunque la base di partenza su cui
basare nuove politiche di crescita. D: Quali sono i settori applicativi più promettenti? R: Trasporti, medicale e
IoT sono quelli con maggiori potenziali di crescita. Vediamo ancora ampi spazi per aumentare la nostra
presenza nel mercato della classica automazione industriale e in quello legato ai vari aspetti della green
economy. D: Quali sono i principali fattori che distinguono la vostra azienda rispetto ai concorrenti? R: È
innegabile che sia difficile trovare aziende del nostro livello che, anche in questi anni difficili, abbiano
continuato a investire come Digimax. Nuova sede con una grande show-room, nuovo sito web, attività
marketing, nuove assunzioni, struttura e organizzazione snella, flessibilità, competenza e spirito di
collaborazione. Definiamo il nostro percorso e lo perseguiamo con costanza e tenacia, consci che la
concorrenza è agguerrita, rispettandola ma senza averne paura. Lavoriamo molto per migliorare noi stessi,
concentrati sui nostri obiettivi, pensando alle necessità dei nostri clienti e a quello che si aspettano da noi. La
concorrenza è benvenuta, ci stimola a fare sempre meglio. D: Pur non avendo la sfera di cristallo, quali sono
le previsioni sul lungo termine? R: A conclusione di quanto detto in precedenza non possono che essere
positive. Abbiamo un programma di crescita ambizioso, strutturato sui prossimi 3 anni e le risorse umane ed
economiche per perseguirlo. I partner credono in noi, e sempre più clienti ci stanno concedendo la loro
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PAROLA ALLE AZIENDE
02/03/2015
EO news - Ed. n.583 - febbraio 2015
Pag. 28
(diffusione:11752, tiratura:11900)
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fiducia. Il nostro compito nostro è di continuare a meritarcela. In aggiunta, se la situazione economica
generale inizierà a migliorare con costanza, non potrà che darci un ulteriore, importante aiuto.
Foto: Lorenzo GabrIeLetto
Foto: Abbiamo un programma di crescita ambizioso
27/02/2015
ADV Advertiser.it
Sito Web
Lettera43 affida la raccolta pubblicitaria a WebSystem
News 3.0 ha scelto di affidare la raccolta pubblicitaria di Lettera43 a WebSystem, la divisione digital della
concessionaria pubblicitaria del Gruppo 24 ORE System Advertising.Lettera43.it utilizza la formula del daily
magazine, mescolando notizie esclusive, approfondimenti e contenuti con tagli originali che spaziano dalla
politica all'economia, dall'attualità alla cronaca, dagli spettacoli alla cultura e allo sport. "La scelta del nostro
giornale online - spiega il Direttore Paolo Madron - è stata fin dall'inizio quella di puntare alla qualità dei
contenuti con l'obiettivo di offrire sempre delle chiavi di lettura per interpretare e comprendere gli scenari
politici, economici e dell'attualità italiana e internazionale. Ne sono un esempio rubriche di successo come
"Capire le notizie", che aiuta il lettore a interpretare la genesi, le ragioni, i significati e l'impatto sulla vita
quotidiana dei principali avvenimenti, e "Le esclusive di Lettera43", che valorizza tutti i contenuti originali e
unici che offriamo all'utente: inchieste, reportage o approfondimenti su aspetti particolari delle notizie di
maggior rilievo". "Con l'acquisizione di Lettera43 WebSystem rafforza ulteriormente il suo Quality network
offrendo al mercato la possibilità unica di investire sul meglio dell'informazione online, grazie ad un sistema di
aggregazione multibrand che permette di raggiungere un'audience alta, curiosa, ricettiva, unica, eterogenea e
di grandi dimensioni. Siamo infatti il 1° ad-network per pagine viste con 789.727.593 pv al mese (Fonte:
Audiweb View dicembre 2014). Un ad-network imprescindibile per il mercato" spiega Luca Paglicci, Direttore
WebSystem. WebSystem ha infatti costituito intorno alla qualità dell'informazione del Sole 24 Ore un polo
pubblicitario leader nell'informazione online di qualità, che aggrega e valorizza i brand punto di riferimento
dell'editoria online, sia nativi digitali sia di editori cartacei che televisivi.
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People
27/02/2015
ADV Express
Sito Web
A WebSystem la raccolta pubblicitaria di Lettera43
Il newsmagazine italiano genera ogni giorno circa 140 mila accessi e 700 mila pagine viste (Fonte censuaria:
Trackset - settembre 2014) . Il profilo degli utenti è composto per il 57% da uomini e per il 43% da donne in
una fascia d'età compresa tra i 24 e i 64 anni, laureati, impiegati, liberi professionisti e dirigenti. Un'audience
particolarmente alta e pregiata, caratterizzata da elevate risorse culturali e reddituali, curiosa e attenta (Fonti:
Comscore, Google Analytics, Nielsen). News 3.0 SpA ha scelto di affidare la raccolta pubblicitaria di
Lettera43 a WebSystem, la divisione digital della concessionaria pubblicitaria del Gruppo 24 ORE System
Advertising, che vanta un Network di 20 siti e oltre 2.229.000 utenti unici al giorno. Nato il 7 ottobre 2010,
Lettera43.it in tre anni di vita è diventato il primo newsmagazine italiano (non di derivazione cartacea), con
1,4 milioni di lettori mensili (Fonte Audiweb). Diretto da Paolo Madron, Lettera43.it utilizza la formula del daily
magazine, mescolando notizie esclusive, approfondimenti e contenuti con tagli originali che spaziano dalla
politica all'economia, dall'attualità alla cronaca, dagli spettacoli alla cultura e allo sport. Lettera43 genera ogni
giorno circa 140 mila accessi e 700 mila pagine viste (Fonte censuaria: Trackset - settembre 2014) . Il profilo
degli utenti è composto per il 57% da uomini e per il 43% da donne in una fascia d'età compresa tra i 24 e i
64 anni, laureati, impiegati, liberi professionisti e dirigenti. Un'audience particolarmente alta e pregiata,
caratterizzata da elevate risorse culturali e reddituali, curiosa e attenta (Fonti: Comscore, Google Analytics,
Nielsen). "La scelta del nostro giornale online - spiega il Direttore Paolo Madron - è stata fin dall'inizio quella
di puntare alla qualità dei contenuti con l'obiettivo di offrire sempre delle chiavi di letturaper interpretare e
comprendere gli scenari politici, economici e dell'attualità italiana e internazionale. Ne sono un esempio
rubriche di successo come "Capire le notizie", che aiuta il lettore a interpretare la genesi, le ragioni, i
significati e l'impatto sulla vita quotidiana dei principali avvenimenti, e "Le esclusive di Lettera43" , che
valorizza tutti i contenuti originali e unici che offriamo all'utente: inchieste, reportage o approfondimenti su
aspetti particolari delle notizie di maggior rilievo". "Lettera 43 è un daily magazine generalista indipendente
che fa informazione per chi non si ferma alla semplice lettura della notizia ma per chi vuol andare oltre la
semplice notizia. Siamo convinti che entrare nel polo pubblicitario leader nel settore dell'informazione online
rappresentato dal network di WebSystem, sia una scelta coerente con la nostra mission e soprattutto ci
permetta di valorizzare al meglio i nostri asset e il nostro potenziale" commenta l'amministratore delegato di
News 3.0 Daniele Sesini. "Con l'acquisizione di Lettera43 WebSystem rafforza ulteriormente il suo Quality
network offrendo al mercato la possibilità unica di investire sul meglio dell'informazione online, grazie ad un
sistema di aggregazione multibrand che permette di raggiungere un'audience alta, curiosa, ricettiva, unica,
eterogenea e di grandi dimensioni. Siamo infatti il 1° ad-network per pagine viste con 789.727.593 pv al mese
(Fonte: Audiweb View dicembre 2014) . Un ad-network imprescindibile per il mercato " spiega Luca Paglicci,
Direttore WebSystem. MF
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Pubblicità
27/02/2015
e20express.it
Sito Web
Il web 2.0 ha rivoluzionato il modo di comunicare, ma anche le modalità con cui le imprese gestiscono le
relazioni con il pubblico. E l'hôtellerie deve comprendere le dinamiche del mondo social, i mutamenti sottesi al
loro utilizzo e le potenzialità delle risorse digitali per fidelizzare e conquistare i clienti. I cambiamenti delle
strategie di comunicazione nell'era del web 2.0 saranno al centro del quarantaduesimo General Meeting della
European Hotel Managers Association.
Proprio la Communication Revolution sarà il tema del quarantaduesimo General Meeting Ehma. Intenso
come sempre sarà il programma formativo, concentrato nell'Educational Day di sabato 18 aprile. Dopo i saluti
di rito del sindaco di Ginevra Sami Kanaan, la sessione mattutina sarà inaugurata dall'economista e
scrittore Dr Kjell Nordström, per ben 11 anni consecutivi incluso nella Thinkers 50: la top 50 dei più importanti
teorici del management globale. Guarda il video su YouTube A seguire, Jay Feitlinger e Jason
McDonald della società americana di consulenza in digital marketing, StringCan Interactive, introdurranno il
tema della Communication Revolution, mentre i General Manager del Radisson Blu Style Hotel
Vienna, Verena Forstinger, e del Radisson Blu Hotel di Lucerna, Markus Conzelmann, parleranno dei tratti
originali della leadership delle donne manager. Nel pomeriggio sarà quindi la volta di Olaf Slater, Chief
Product Officer della società di consulenza specializzata in distribuzione ed e-commerce alberghiero, Trust
International. Gli interventi proseguiranno poi con Jean-Claude Biver, Ceo e Presidente della
ginevrina Hublot, divisione orologi del gruppo Moët Hennessy - Louis Vuitton (LVMH), nonché con Karthik
Namasivayam, Docente di un partner storico di Ehma come l'École Hôtelière di Losanna, che presenterà
novità e programmi formativi della celebre istituzione accademica. In chiusura di giornata, infine, la vera e
propria tavola rotonda sulla Communication Revolution moderata dal celebre comunicatore di fama
internazionale, Michael McKay. Protagonisti della discussione saranno il Chief Technology Officer
(Cto) di Swisscom, Thomas Di Giacomo, nonché Cyril Ranque di Expedia, Holger Sigmund o Alexander
Fritsch, esperti di online reputation della Servus Tourismuspartner, Mario Jobbe della società di consulenza
specializzata in social media, Brand Karma, Tamar Koifman della digital agency, Digital Luxury Group, e
la Presidente di Diversey Care, Vice President & Officer di Sealed Air, Ilham Kadri. La giornata di venerdì 17
aprile sarà invece dedicata ai momenti istituzionali del General Meeting Ehma, con la riunione mattutina
del Management Council, seguita dalla tradizionale conferenza stampa. Nel pomeriggio si terrà l'Assemblea
Generale, aperta a tutti i soci, che vedrà la presenza di un ospite di eccezione come la neoPresidente dell'Associazione degli alberghi, dei caffè e dei ristoranti europei, HOTREC, Susanne KrausWinkler. Durante il meeting si discuterà tra le altre cose dell'organizzazione del General Meeting 2016,
previsto sull'isola di Cipro, nonché delle candidature per le edizioni successive. Come ogni anno, inoltre,
ricco di spunti interessanti sarà anche il programma sociale, che oltre ad una suggestiva serata di benvenuto
presso l'iconico Jet d'Eau ginevrino, prevede escursioni a Ginevra e alla fabbrica di orologi Vacheron
Constantin, riservate agli accompagnatori durante la giornata di sabato, nonché una visita guidata al Museo
Olimpico di Losanna per tutti, in calendario domenica mattina, che si chiuderà con un brunch al Beau Rivage
Palace di Losanna. In occasione della Cena di Gala di sabato 18 aprile al Grand Hotel Kempinski sono
previste inoltre le cerimonie di premiazione dello European Hotel Manager of the Year 2014, nonché
dell'Ehma Sustainability award by Diversey Care 2015, dedicato al miglior progetto di ospitalità sostenibile
dell'anno.
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La 'Communication Revolution' al centro del 42° general meeting Ehma di
Ginevra
27/02/2015
Engage.it
Sito Web
Pubblicità su Google Play: al via i test delle Sponsored App
Nelle settimane a venire un ristretto numero di utenti comincerà a vedere le applicazioni sponsorizzate
all'interno dei risultati di ricerca del Play Store. Il programma verrà ampliato nei prossimi mesi
Questione di tempo, e sarebbe successo: su Google Play arrivano le app sponsorizzate.Lo sbarco della
pubblicità sul marketplace di Google, attraverso le Sponsored App, è stata ufficializzata da Big G giovedì con
un post sul blog ufficiale dedicato agli Android Developers, in cui Michael Siliski, product management
director di Google Play ha annunciato che nelle prossime settimane sarà avviato un test con alcuni partner
pilota il cui scopo sarà mostrare applicazioni sponsorizzate all'interno dei risultati di ricerca del Play Store.Il
nuovo programma di promozione consentirà di far uscire un'app prima delle altre all'interno dei risultati di
ricerca, con l'obiettivo di far sì che sviluppatori e software house possano pubblicizzare la propria
applicazione e renderla maggiormente visibile su Play Store.Attualmente Google Play raggiunge oltre 1
miliardo di persone sui loro device Android, in più di 190 nazioni. Un bacino importante, che naturalmente non
poteva passare inosservato agli occhi Google, particolarmente attiva, in questi ultimi tempi, nel trovare
soluzioni che possano aumentare la monetizzazione delle sue property, tra cui anche Youtube.«Con più di
100 miliardi di ricerche effettuate su Google.com ogni mese - scrive Siliski -, abbiamo visto come i link
sponsorizzati mostrati accanto ai risultati di ricerca su Google migliorino in maniera significativa la scoperta di
contenuti per utenti e inserzionisti. I risultati di ricerca sponsorizzati su Google Play consentiranno agli
sviluppatori di far conoscere le loro app e daranno agli utenti la possibilità di scoprire delle applicazioni che
altrimenti si sarebbero persi».Nelle settimane a venire alcuni utenti cominceranno a vedere gli annunci di un
selezionato gruppo di inserzionisti. «Il programma verrà ampliato nei prossimi mesi - aggiunge il product
management director -, una volta che analizzeremo e valuteremo i feedback di questa prima fase di test».
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Tecnologia
27/02/2015
Engage.it
Sito Web
Chi viaggia fa colpo con Expedia.it: nuova campagna tv, radio e online di
Ogilvy & Mather
La pianificazione è di PHD. L' adv presenterà le offerte e le destinazioni più richieste per la prossima
primavera
Parte a marzo una nuova campagna pubblicitaria di Expedia.it, con creatività a cura di Ogilvy & Mather e
pianificazione di PHD. Si chiama Chi viaggia fa colpo e presenta il viaggio come una continua scoperta che fa
diventare le persone interessanti. La campagna presenterà le offerte e le destinazioni più gettonate, con
l'intento di suggerire idee per sfruttare al meglio le vacanze pasquali e i ponti di primaverili.L'approccio
multimediale porterà la campagna su diverse piattaforme. Due spot televisivi, da 20 e 10 secondi,
presenteranno offerte volo e hotel su Parigi e i saldi Expedia per destinazioni in tutto il mondo. Saranno in
onda le prime due settimane di marzo e poi per altri 15 giorni ad aprile, sui canali generalisti Mediaset,
Canale5 e Italia1, sulle reti tematiche, come TGCom24 e La5, sulla piattaforma Mediaset Premium Gallery e
sui canali di Discovery Italia, di Sky e Cielo. Durante lo stesso periodo i video saranno usati anche online, su
diversi siti di news, i maggiori portali e i social media. Lo spot radiofonico, di 30 secondi, si concentrerà sulle
offerte per viaggi a Londra e Barcellona, e sarà in onda, sulle principali emittenti radiofoniche italiane.«La
nostra campagna Chi viaggia fa colpo usa l'ironia per sottolineare un dato di fatto: viaggiare arricchisce le
persone e le rende più interessanti agli occhi degli altri - commenta Giovanna Picciano, senior marketing
manager di Expedia.it. - La campagna pubblicitaria vuole ispirare i viaggiatori italiani, suggerendo
destinazioni e offerte interessanti: siamo certi che grazie alla vasta possibilità di scelta, alla combinazione di
volo e hotel, e alle collezioni di destinazioni suggerite dalla nostra app, gli italiani saranno in grado di
organizzare il viaggio perfetto per loro».
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Tecnologia
27/02/2015
Engage.it
Sito Web
Lettera43 affida la raccolta pubblicitaria a WebSystem
New business per la divisione digital della concessionaria del Gruppo 24 ORE System Advertising , guidata
da Luca Paglicci. Il newsmagazine online genera ogni giorno circa 140 mila accessi e 700 mila pagine viste
Lettera43 ha affidato la raccolta pubblicitaria a WebSystem, la divisione digital della concessionaria
pubblicitaria del Gruppo 24 ORE System Advertising, con un network di 20 siti e oltre 2.229.000 utenti unici al
giorno. In precedenza la raccolta era gestita da Manzoni.«Con l'acquisizione di Lettera43 WebSystem
rafforza ulteriormente il suo Quality network offrendo al mercato la possibilità unica di investire sul meglio
dell'informazione online, grazie ad un sistema di aggregazione multibrand che permette di raggiungere
un'audience alta, curiosa, ricettiva, unica, eterogenea e di grandi dimensioni. Siamo infatti il 1° ad-network
per pagine viste con 789.727.593 pv al mese (Fonte: Audiweb View dicembre 2014). Un ad-network
imprescindibile per il mercato». spiega Luca Paglicci, direttore WebSystem.La concessionaria ha costituito
intorno alla qualità dell'informazione del Sole 24 Ore un polo pubblicitario nel settore dell'informazione online
di qualità, che aggrega i brand punto di riferimento dell'editoria online. Tra gli ultimi ingressi nel network i siti
di Fox, 3bmeteo e Affaritaliani.Lettera43 genera ogni giorno circa 140 mila accessi, e 700 mila pagine viste
(Fonte censuaria: Trackset - settembre 2014). Il profilo degli utenti è composto per il 57% da uomini e per il
43% da donne in una fascia d'età compresa tra i 24 e i 64 anni, laureati, impiegati, liberi professionisti e
dirigenti. Un'audience di alto livello, curiosa e attenta (Fonti: Comscore, Google Analytics, Nielsen).«La scelta
del nostro giornale online - spiega Madron - è stata fin dall'inizio quella di puntare alla qualità dei contenuti
con l'obiettivo di offrire sempre delle chiavi di lettura per interpretare e comprendere gli scenari politici,
economici e dell'attualità italiana e internazionale. Ne sono un esempio rubriche di successo come "Capire le
notizie", che aiuta il lettore a interpretare la genesi, le ragioni, i significati e l'impatto sulla vita quotidiana dei
principali avvenimenti, e "Le esclusive di Lettera43", che valorizza tutti i contenuti originali e unici che offriamo
all'utente: inchieste, reportage o approfondimenti su aspetti particolari delle notizie di maggior rilievo».
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Tecnologia
27/02/2015
02:14
Pubblicitaitalia.it
Sito Web
Tutte le News
Secondo quanto riportato da AdAge, Chrysler ha avviato negli Stati Uniti una revisione dell'incarico digital. La
casa automobilistica oggi parte del Gruppo FCA aveva affidato il budget all'agenzia Sapient Nitro scelta, nel
maggio 2010, per seguire le attività online dei brand Chrysler, Dodge, Ram Truck e Jeep. L'obiettivo al tempo
includeva lo sviluppo di esperienze interattive, di advertising online e costruzione e design dei siti, oltre al
supporto nell'ideazione dei siti web internazionali, con contenuti corporate e iniziative per i rivenditori.
Sapient, acquisita recentemente da Publicis Groupe - che ha riunito tutte le sue agenzie digital nel nuovo
network Publicis.Sapient - sarebbe chiamata a difendere l'incarico. Condividi
ADVERTISING ONLINE - Rassegna Stampa 02/03/2015
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Chrysler avvia revisione dell'incarico digital
27/02/2015
01:35
Pubblicitaitalia.it
Sito Web
Tutte le News
Maurizio Boneschi: "L'obiettivo è massimizzare i risultati delle campagne in termini di efficacia e di Roi" Il
legame tra social network e televisione sta diventando sempre più stretto. Nel nostro Paese, secondo una
recente indagine di Nextplora, nove milioni di persone guardano la televisione e contemporaneamente
navigano in rete. Di questi, il 53% dichiara di utilizzare il second screen per cercare informazioni su prodotti di
cui ha appena visto la pubblicità. Sono numeri in continua crescita, che dimostrano ancora una volta come
internet e tv siano media complementari. Per questa ragione ADTZ, l'azienda specializzata nella gestione
delle campagne di social media advertising, ha deciso di offrire ai propri clienti una soluzione innovativa di
Moment Marketing, "che consente di sincronizzare l'advertising su Facebook e Twitter con eventi esterni
come spot, programmi tv, previsioni meteo, eventi sportivi e altro - spiega il sales director Maurizio Boneschi
(nella foto) - grazie a una partnership con un provider internazionale, leader in questo settore, abbiamo
sviluppato delle funzionalità speciali sulla nostra suite ADAM, che ci permettono di realizzare campagne
social maggiormente integrate con la televisione o profilate su determinati eventi per massimizzare i risultati
sia in termini di efficacia che di Roi". Il Moment Marketing offre interessanti opportunità di business per gli
inserzionisti pubblicitari. Le sue dinamiche sono semplici: la sincronizzazione tra tv e social network consente
alla pubblicità che vediamo sullo schermo televisivo di 'proseguire' sui social network, Facebook e Twitter in
primis. "Tutto nasce dal fatto che l'attuale ambiente dei media offre stimoli in ogni momento - continua
Maurizio Boneschi, sales director di ADTZ - e grazie ai dispositivi mobili che accompagnano la nostra
giornata con molteplici notifiche provenienti dai social media, abbiamo la sensazione di essere parte di un
flusso informativo continuo. Come consumatori questo ci porta a rispondere immediatamente a tali stimoli,
interagendo sempre più con il nostro network sociale, che ormai include anche le aziende e la pubblicità". La
sinergia tra tv e social network si fonda su dati consolidati: già nel 2013 Twitter informava che l'impatto degli
spot pubblicizzati in contemporanea in televisione e via tweet è nettamente superiore rispetto agli spot in
onda solo in televisione. Secondo una ricerca Nielsen, gli utenti Usa di Twitter raggiunti dalla pubblicità in
modalità multiscreen mostrano un''associazione del messaggio' maggiore del 95% e, soprattutto, una
'intenzione di acquisto' del prodotto pubblicizzato più alta del 58%. Alcuni importanti brand hanno già
utilizzato questa soluzione per le loro campagne social ottenendo anche una crescita del 27% dei risultati di
engagement. Sfruttando il sempre più diffuso fenomeno della social tv e del second screen, che consente agli
individui di guardare i programmi tv utilizzando più device in contemporanea e di commentarli in tempo reale
sui social, "le aziende dispongono oggi di una straordinaria opportunità - conclude Boneschi - possono
dialogare in tempo reale con i consumatori e soprattutto progettare attività di comunicazione mirate agli
effettivi interessi dei potenziali clienti". Condividi
ADVERTISING ONLINE - Rassegna Stampa 02/03/2015
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ADTZ integra le campagne social e quelle tv con il Moment Marketing
28/02/2015
06:10
Yahoo Finanza
Sito Web
News
Tlc, Cisl e Fistel: imprese non paghino ritardi Agenda digitaleRoma, 28 feb. (askanews) - Gli interventi che il
governo "vuole mettere in campo con un decreto sulla banda larga, attraverso l'imposizione della tecnologia
Ftth-Fttb e lo switch-off della rete in rame, rischiano di generare ulteriore confusione nel sistema delle
telecomunicazioni del Paese". Lo affermano la Cisl e la Fistel-Cisl, secondo cui "avere collegamenti internet
più veloci per i cittadini e per le imprese è sicuramente un obiettivo condivisibile. Ma i ritardi sull'Agenda
digitale non possono essere pagati dalle imprese che per anni hanno atteso una legislazione che favorisse e
agevolasse gli investimenti e una regolamentazione che riconoscesse un prezzo adeguato per ammortizzare
i costi e riconoscere una giusta remunerazione agli investimenti". Il governo, "prima di intervenire a gamba
tesa con un decreto, dovrebbe esaminare lo sforzo economico che le imprese private stanno mettendo in
campo per lo sviluppo delle infrastrutture di banda larga ultraveloce e la relativa domanda che resta debole in
un contesto economico molto difficile per le famiglie italiane. Su 7 milioni di collegamenti in fibra di cui
dispone Telecom Italia, solo 230mila sono clienti che hanno chiesto l'abbonamento alla fibra". L'intervento del
governo, aggiungono i sindacati, "rischia anche di distruggere la capitalizzazione di Telecom (lo spegnimento
del rame rappresenta la svalutazione per decreto di un bene privato) e determina l'incertezza per il futuro
occupazionale di migliaia di lavoratori del principale gruppo di telecomunicazioni nonchè delle sue aziende
appaltatrici". Per questo la Cisl e la Fistel "ritengono che il governo debba abbandonare l'idea della
imposizione delle tecnologie e della rottamazione del rame e aprire un confronto con gli operatori per definire
un piano di sviluppo della banda larga coerentemente con gli obiettivi Ue e con le tecnologie più sostenibili
dal punto di vista economico e della domanda dell'utenza".
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Tlc, Cisl e Fistel: imprese non paghino ritardi Agenda digitale
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO
150 articoli
28/02/2015
Corriere della Sera
Pag. 1
(diffusione:619980, tiratura:779916)
Berlusconi, i possibili alleati e la partita Rai Way-Mediaset
Francesco Verderami
H a sopportato qualche dichiarazione in disordine, l'arrivo ad Arcore per cena in jeans e maglione, i
penultimatum sulle alleanze per le Regionali. Ma l'attacco a Mediaset no, è un affronto che considera
«inaccettabile». Ed è certo quindi che per Berlusconi questa storia con Salvini non finisce qui, «non finirà
qui», ha detto infatti il leader di Forza Italia, furioso non solo per la contrarietà espressa dal segretario
leghista all'opas del Biscione su Rai Way, per il modo allusivo con cui ha evocato il Nazareno e i presunti patti
indicibili con Renzi, ma soprattutto per la chiosa: «Sarebbe un saldo di fine, fine, fine stagione».
L'insistenza sulla parola «fine» da parte di Salvini è parsa a Berlusconi un chiaro riferimento alla traiettoria
della sua leadership. Probabilmente il fondatore del centrodestra ci sarebbe passato sopra ancora una volta,
se non fosse che il capo del Carroccio ha legato quel giudizio politico alle sorti della sua ditta. Ecco perché
gliel'ha giurata, sebbene la congiuntura giudiziaria e la delicatezza dell'operazione finanziaria - più che la
necessità di trovare un'intesa con la Lega in Veneto - lo abbiano indotto a non replicare. Ha lasciato solo che
il Giornale evidenziasse la strana alleanza tra Grillo e Salvini. A futura memoria.
Nulla più. E infatti tutti sono restati zitti, anche a Mediaset, dove l'ordine di Confalonieri è la consegna del
silenzio, per non pregiudicare l'iniziativa industriale. Altrimenti dal quartier generale del Biscione sarebbero
stati denunciati i «riflessi pavloviani di una certa sinistra che non manca mai occasione di mostrare il suo
antiberlusconismo», insieme all'«improntitudine di chi non avrà fiato per durare». Anzi, a Salvini ieri è stata
offerta la tribuna di «Mattino cinque», sulla rete ammiraglia, per dargli modo di rimangiarsi ciò che aveva
detto il pomeriggio prima: «Non ho divorziato da Berlusconi, gli ho chiesto solo di scegliere con chi allearsi».
Ma a Berlusconi delle alleanze per le Regionali interessa fino a un certo punto. Piuttosto ha capito qual è la
scelta di Salvini. Più che gli attacchi al suo primato e al suo partito, sono stati quei concetti sull'opas di
Mediaset su Rai Way, quel «non permetteremo che vengano svenduti gli ultimi pezzi di aziende sane rimaste
in Italia», che gli hanno fatto comprendere le reali intenzioni del segretario leghista. In fondo l'ex premier è
l'anticomunista più marxiano che esista: parte sempre dall'interpretazione economica della realtà per farne
discendere l'analisi politica. E al cuore della questione, il «goleador» - come lo aveva ribattezzato per
conquistarlo - lo sta colpendo al portafogli, che è un pezzo di anima per ogni imprenditore.
D'altronde i sondaggi raccontano a Salvini che più si allontana dall'ex premier più raccoglie consensi, perciò
si è messo a cannoneggiare sulla ridotta berlusconiana, attenta al cuore cioè alla mobilia, e prova così a
recidere il cordone ombelicale di quel che resta dell'elettorato berlusconiano, denunciando - con quelle
espressioni - che l'unico suo interesse è la difesa dei suoi interessi. Ecco perché l'affronto è «inaccettabile»,
ecco perché «non finirà qui»: perché il segretario leghista starebbe sabotando il rinascimento di chi, sul fronte
imprenditoriale, vorrebbe prendersi la rivincita rispetto all'oltraggiosa fortuna che sta vivendo sul fronte politico
e giudiziario.
E invece Salvini ripete per tre volte «fine, fine, fine stagione» e avverte che «noi ci metteremo di mezzo in
ogni modo». La tesi che il capo del Carroccio abbia reagito a un complotto, che abbia voluto mandare un
segnale a chi mirava ad oscurarlo mediaticamente, non regge a giudizio del leader forzista. Persino il Pd è
insorto per «il grave squilibrio a favore di Salvini» nei programmi di Raitre e con i dati dell'Osservatorio di
Pavia rilevati tra gennaio e febbraio ha rivolto un'interrogazione alla tv di Stato: «Ci spieghi come mai il leader
della Lega in quel periodo ha avuto a disposizione 4.723 secondi, mentre il premier e segretario del partito di
maggioranza ne avuti 2.561».
L'affondo di Salvini contro Mediaset sembrerebbe a prima vista una riedizione del «berluskaz». Non è così, e
non solo perché dalla canotta si è passati alla felpa, ma perché Bossi - agli occhi di Berlusconi - ha un'altra
statura politica: ai suoi tempi, con meno voti, governava tre regioni con la mano destra e l'Italia con la mano
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SETTEGIORNI
28/02/2015
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sinistra. Salvini invece - secondo l'ex commissario europeo Tajani - «farà la fine di Tsipras, che pensava di
mettere in riga la Merkel». Probabilmente l'alleanza in Veneto tra Lega e Forza Italia si farà, di sicuro
Berlusconi se l'è legata al dito: «Non finisce qui». Se finisse, vorrebbe dire davvero che è finita.
Francesco Verderami
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28/02/2015
Corriere della Sera
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Il piano per la rete Telecom
Bozza nelle mani del governo. L'Italia vede la ripresa: spread sotto 100, su il Pil
Fabrizio Massaro e Massimo Sideri
L'obiettivo è garantire Internet più veloce per le famiglie e le imprese. La strada è quella della fibra ottica al
posto del rame per la rete Telecom. La bozza del piano, da attuare mediante decreto, è sul tavolo del
governo e prevede incentivi fiscali per gli operatori che investiranno. Il risultato del passaggio alla fibra ottica
su tutto il territorio è previsto nel 2030.
Spread sotto quota 100. Il differenziale tra i rendimenti dei Buoni del Tesoro decennali e i Bund tedeschi, lo
spread, ieri è sceso ai minimi dal 2010, sotto quota 100 punti. E il Prodotto interno lordo del primo trimestre
2015 ha il segno più.alle pagine 2, 3 e 13
MILANO Si chiama, non senza inventiva, «Ring», acronimo di rete italiana di nuova generazione. Come il
suono del telefono nei fumetti. Ed è la bozza del decreto legge per la banda larga che coinvolge in primis
Telecom Italia. Il contenuto del piano che si trova ora sul tavolo del ministero dello Sviluppo economico e che
da qui a martedì, quand'è atteso al Consiglio dei ministri, potrà cambiare ulteriormente, è incandescente:
basterebbero i titoli provvisori dell'articolo 1, inclusione della banda ultralarga nel servizio universale, e
dell'articolo 2, attivazione graduale e definitiva delle reti di nuova generazione, per capire quale possa essere
il grado di preoccupazione tra gli operatori.
Nella sostanza il piano prevede lo switch off (ovvero l'abbandono) della rete in rame - leggi, dunque, di
Telecom Italia - entro il 2030. Un retroscena mostra l'importanza di questo passaggio: fino a una settimana fa
la data ipotizzata era il 2024. Una scadenza spostata in avanti di sei anni, visto lo scontro in campo. Pochi
giorni fa il board di Telecom ha bocciato l'ingresso in Metroweb (la società di fibra ottica di Cdp e F2i)
presentato dall'ad Marco Patuano e ha varato 3 miliardi di investimento sulla rete veloce con 4 mila
assunzioni apprezzato dai sindacati.
L'idea iniziale della bozza, contenuta esplicitamente anche nel programma di Matteo Renzi del 2012, era
creare una rete pubblica. Il collettore avrebbe dovuto essere la società pubblica delle tlc, Infratel. Nella bozza
attuale invece si parla solo di un'architettura «Fttb/Ftth» (Fiber to the building e to the home, cioè la fibra fino
almeno al palazzo) che sia «passiva, neutra e liberamente accessibile». Dunque adesso dipenderà
dall'attuale scontro l'azionariato e la governance della banda ultra larga.
Gli altri elementi forti della bozza riguardano la fornitura di almeno 30 megabit al secondo di velocità come
«servizio universale» entro il 2018 - l'Agcom ha tempo sei mesi per definire quale società avrà questo
compito, ma è chiaro che Telecom è il candidato numero uno - e un voucher per gli operatori che porteranno
la fibra nelle case. Il piano al quale ha lavorato Raffaele Tiscar per conto del governo sarebbe ora oggetto di
considerazioni non sempre concordi da parte di Andrea Guerra, consulente economico di Renzi.
Il progetto del governo sulla rete si incrocia con l'affare delle torri tv. Ancora ieri, a tre giorni dal lancio
dell'opas da 1,22 miliardi di euro di Mediaset, attraverso la controllata Ei Towers, su Rai Way, la società delle
antenne della tv di Stato, la Borsa ha continuato a credere se non all'operazione in sé quantomeno al fatto
che un consolidamento del settore dovrà avvenire. Rai Way è cresciuta del 3,44%, Ei Towers del 1,55%.
Anche in questo risiko delle antenne c'è in ballo Telecom Italia, con in programma la quotazione della sua
società delle torri, Inwit. Una vicenda su cui la Consob è intervenuta chiedendo entro lunedì informazioni alla
Rai sul nodo del possesso pubblico al 51% fissato dal governo. Ma anche il gruppo della famiglia Berlusconi
dovrà chiarire se modificherà l'offerta rinunciando al controllo nella società post-fusione. Ieri il viceministro
dell'Economia, Enrico Morando, ha proposto «un modello Snam o Terna» per le torri tv, con lo scorporo della
rete che «potrebbe essere interamente pubblica, o pubblica e privata» ma senza produttori di contenuto» nel
capitale.
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Il documento Il passaggio alla fibra ottica per garantire Internet più veloce a famiglie e imprese
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Fabrizio Massaro
Massimo Sideri
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51 per cento la quota che il governo vuole mantenere dentro Rai Way, la società delle torri della tv di Stato
1,22 miliardi Il controvalore dell'opas in contanti e azioni lanciata da Ei Towers per il 100% di Rai Way
La vicenda Si chiamerà «Ring»,
Rete Italia
di Nuova Generazione,
il piano per la rete ultraveloce che verrà discusso martedì in Consiglio
dei ministri Dovrebbe essere previsto lo switch off della rete in rame nel 2030. Il servizio universale (a 30
megabit) verrà esteso
al 100 per cento della popolazione entro il 2021 L'Agcom (l'authority
di garanzia
per le telecomunica-zioni) dovrà decidere
entro sei mesi, ma è presumibile che sia la stessa Telecom Italia ad implementare il piano
della rete Sarebbero previsti incentivi,
sotto forma
di voucher,
per gli operatori che portano fibra
in casa delle famiglie Sfumata giorni fa l'operazione
di Telecom Italia su Metroweb,
la società della rete controllata da F2i e partecipata
da Fondo Strategico Nel consiglio di amministra-zione che ha licenziato i conti del 2014 Telecom Italia ha
così deciso di andare avanti da sola sul piano di investimenti per la banda larga
Foto: Telecom Italia
Marco Patuano, 50 anni, amministratore delegato di Telecom Italia dal 13 aprile 2011. Ha ricoperto il ruolo di
Cfo di Tim Brasil Cassa Depositi e Prestiti
Franco Bassanini, 74 anni, presidente di Cassa Depositi e Prestiti dal 2008. Tre volte ministro della Funzione
pubblica (Prodi- Amato-D'Alema) Governo
Antonello Giacomelli, è nato a Prato e ha 52 anni. È sottosegretario al ministero dello Sviluppo economico. È
stato segretario regionale toscano della Margherita
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Si può piangere sul latte versato (che ci costerà 70 euro a testa)
Sergio Rizzo
I n fondo a quel mare di latte che per trent'anni traboccava anche dai nostri confini non c'era traccia del dolce
nettare che il dio Visnu salvò nel suo bianco oceano dall'ingordigia del demone Rahu. Bensì un fiele
amarissimo: 4 miliardi, 208 milioni, 433 mila e 627 euro a carico dei contribuenti. Un conto spaventoso, che
rischia di diventare ancora più salato dopo il deferimento dell'Italia alla Corte di giustizia Ue, con la
motivazione che nonostante le ripetute tirate d'orecchie della Commissione non avrebbe fatto ciò che doveva.
Ovvero, recuperare dagli allevatori che negli anni avevano sforato i limiti di produzione di latte imposti dagli
accordi comunitari le multe di cui si era fatto carico lo Stato .
Tutto cominciò nel 1984, quando Bruxelles decise di introdurre limiti produttivi ai vari Paesi: motivando la
cosa con la necessità di non far crollare i prezzi. Qui governava Bettino Craxi e il ministro era Filippo Maria
Pandolfi. Nella politica agricola gli interessi nordeuropei prevalevano sempre, e fu così anche in quella
occasione sotto il vigile sguardo del commissario all'Agricoltura, il danese Paul Dalsager. La dimostrazione?
Fino al 2009 l'Italia non poteva produrre più di 105 milioni di quintali, contro i 112 concessi all'Olanda, che ha
circa un quarto degli abitanti.
I nostri allevatori, che avrebbero dovuto pagare multe consistenti se non avessero rispettato quei limiti,
continuarono come se nulla fosse. E dieci anni dopo l'Italia aveva già pagato, sotto forma di tagli ai contributi
agricoli, multe per l'equivalente di un paio di miliardi di euro. Tutti soldi che migliaia di produttori (i titolari di
quote latte nel 1995 erano 110.278, quasi tutti nella Pianura Padana) avrebbero dovuto restituire all'Erario.
Ma il disordine statistico e contabile era totale. Per di più c'era al governo la Lega Nord di Umberto Bossi, che
contava fra gli allevatori una solida base elettorale: il futuro leader dei Cobas del latte era stato appena eletto
senatore. E per dire quanto fosse organico il rapporto di Giovanni Robusti, questo il suo nome, con il
Carroccio, si ricordi che nel 1998 fondò la Cesia, una società di consulenze agricole di cui la finanziaria del
partito Fin Group possedeva il 35 per cento. L'ultimo provvedimento del primo governo Berlusconi, nel
dicembre 1994, fu dunque un decreto che accollava le multe pregresse all'Erario. Da allora, però, chi avesse
sforato, avrebbe dovuto pagare: senza se e senza ma.
Non è andata così. Con la Lega che soffiava sul fuoco, gli allevatori allagavano le autostrade di latte e
letame. Intanto i più furbi, servendosi di cooperative fantasma, trasmigravano da Cuneo a Udine, inseguiti dai
magistrati e lasciando dietro di sé milioni da pagare dopo aver sforato allegramente le quote di produzione
che allora si compravano e si vendevano. L'andazzo continuò per anni, con i furbetti che si arricchivano e gli
allevatori onesti che si impoverivano, senza provocare alcun turbamento politico in casa nostra. Finché i
leghisti, che erano già stati al governo dal 2001 al 2006, arrivarono nel 2008 al ministero dell'Agricoltura.
L'ex ministro Luca Zaia, attuale presidente della Regione Veneto, ha recentemente rivendicato di essere
l'autore della legge che prevede «il pagamento oneroso delle multe»: parole sue. Mise la firma su un
provvedimento che consentì la comoda rateizzazione delle sanzioni per i titolari di quote il cui numero nel
frattempo si era ridotto a 43.611. Ma fra i primi suoi atti ci fu anche quello di affidare ai carabinieri un'inchiesta
sul settore lattiero. Che diede risultati sorprendenti, a partire da un numero di mucche ben inferiore a quelle
ufficialmente censite. «Alla luce di questo mi sembra logico che chi deve pagare si fermi un attimo» dichiarò
Zaia. E subito gli obbedirono.
Passò il messaggio che per anni l'Italia aveva addirittura pagato multe non dovute. Alcune procure aprirono
le indagini e ci fu chi spiegò i dati della sovrapproduzione con un flusso enorme di importazioni illegali di latte
estero spacciato per italiano da parte di certi caseifici. Il clima era fetido. Accadde pure che ai vertici
dell'Agenzia incaricata di far pagare le multe fosse collocato un ex senatore leghista. Dario Fruscio si era
però messo in testa curiosamente di applicare la legge e fu rimosso.
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le multe per le quote
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I risultati del tira e molla sono in una relazione sfornata a ottobre 2014 dalla Corte dei conti, dove c'è scritto
che nonostante le bacchettate dell'Europa e dei nostri giudici contabili, «lo stato dei recuperi è fermo perché
la riscossione esattoriale non è stata attivata».
Quanto ai numeri, eccoli. A causa dello splafonamento delle quote latte l'Italia ha pagato 4 miliardi e 494
milioni di euro, di cui i 4,2 di cui sopra a carico dei contribuenti considerando le poche somme recuperate dai
produttori.
Dei circa due miliardi di multe (esattamente un miliardo 957 milioni) precedenti al 1995 e passate in cavalleria
si è già detto. A fine 2014 restavano a carico degli allevatori 2 miliardi 537 milioni. Di questi, 330 sono stati
annullati dai giudici finendo integralmente a carico dell'Erario. La somma si è così ridotta a 2 miliardi 207
milioni: 286 milioni sono stati pagati, per 466 è stata chiesta la rateizzazione e 108 sono considerati
irrecuperabili per varie ragioni. Siamo così a un miliardo e 347 milioni: ma 532 sono in contenzioso, quindi
non esigibili. Appena 815 sono concretamente aggredibili. Ragion per cui per iniziativa del ministero ora
guidato da Maurizio Martina sarebbero partite adesso le relative cartelle esattoriali, con la riscossione
finalmente attivata.
Vedremo gli esiti. Ma vale la pena di ricordare che è come se ogni italiano, senza distinzione di sesso, età,
credo politico o religioso, avesse tirato fuori finora settanta euro di tasca propria. L'unica consolazione è che
da 5 anni non si pagano più multe e dal primo aprile 2015 le quote latte verranno abolite. Meglio tardi che ma
i.
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La parte a carico degli allevatori d'Arco Dati al 2014, in milioni di euro 2.207 286 466 108 Il valore delle multe
Pagate 1.347 Multe ancora dovute 815 Esigibili 532 Non esigibili, per contenzioso Rateizzate Irrecuperabili
Fonte: Corte dei conti
La parola QUOTE LATTE
L'espressione «quote latte» è stata coniata nel 1984 per indicare i limiti produttivi stabiliti dalla politica agraria
comunitaria e imposti agli allevatori dei singoli Paesi, oltre i quali scattano le multe. O meglio, i prelievi
finanziari supplementari. Le quote sono state introdotte da un regolamento comunitario del 1984 allo scopo di
raggiungere un equilibrio tra produzione e consumo di latte nei Paesi membri. Prima di quella data l'allevatore
poteva produrre latte liberamente; dopo poteva comunque
farlo ma versando un tributo, spesso così elevato da rendere anti economica la produzione eccedente e la
commercializzazione del latte.
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«La Lega ha speculato sugli allevatori» ha detto giovedì
il ministro dell'Agricoltura Maurizio Martina ( foto ).
Il governo intanto ha inviato 1.455 cartelle esattoriali«Bisogna essere senza vergogna per dire che il
problema delle quote latte è colpa mia» ha replicato l'ex ministro Luca Zaia ( foto ), governatore del Veneto
28/02/2015
Corriere della Sera
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Spread ai minimi, il Pil torna a salire
Francesco Di Frischia
ROMA Giornata record per lo spread : il differenziale tra i rendimenti dei Buoni del tesoro (Btp) e Bund
tedeschi, al termine di una mattinata di oscillazioni, dopo avere toccato addirittura i 98,5 punti (quota mai
raggiunta dal maggio 2010), ieri ha chiuso a 101. I titoli italiani a 10 anni, in calo, si sono posizionati a 1,34%
sul mercato secondario, mentre il differenziale tra i titoli spagnoli e quelli tedeschi a fine seduta si è fermato a
96 punti. È sempre più lontano il tempo in cui i conti italiani facevano paura. Così il premier Matteo Renzi
twitta : «Dai che è la volta buona».
Intanto un contributo ad allentare la tensione sui mercati internazionali arriva anche dalla Germania: il
Bundestag (il Parlamento) a grande maggioranza approva l'estensione degli aiuti alla Grecia, per la terza
volta negli ultimi 5 anni.
Tornando alla situazione italiana, dopo i segnali positivi sull'aumento della fiducia di consumatori e imprese,
ieri la stima dell'Istat sul Prodotto interno lordo del primo trimestre 2015 registra un altro piccolo segno
positivo: +0,1%. Un dato che «è la sintesi del contributo ancora negativo della domanda interna (al lordo delle
scorte) e dell'apporto favorevole della domanda estera netta», spiegano dall'Istituto di statistica nella nota
mensile. In altre parole, i consumi nazionali sarebbero in affanno, mentre l'export tornerebbe a spingere la
nostra economia. Nonostante sia previsto un ritorno alla crescita nel primo trimestre del 2015, permangono
«difficoltà nel mercato del lavoro e si conferma la fase deflazionistica, seppure in attenuazione», scrive l'Istat.
Comunque si attenua a febbraio il calo tendenziale dei prezzi al consumo che, su base mensile, tornano a
crescere. Nelle stime preliminari dell'Istituto l'inflazione acquisita per il 2015 è pari a -0,3%. In particolare i
prezzi dei beni alimentari, per la cura della casa e della persona aumentano dello 0,7% a febbraio su base
annua. Il carrello della spesa torna così a rincarare dopo la variazione nulla di gennaio. Da notare poi che
l'indice armonizzato dei prezzi al consumo (Ipca) aumenta dello 0,3% su base mensile e fa registrare una
ripresa della crescita su base annua (+0,1%, da -0,5 di gennaio). L'attenuazione della flessione su base
annua e la crescita congiunturale sono dovute soprattutto all'impennata dei prezzi dei vegetali freschi
(+11,2% su anno; +8,2 su mese). Da notare inoltre la crescita tendenziale dei prezzi dei servizi sui trasporti
(+1,4%, da +0,3 di gennaio), l'inversione di tendenza di quelli dei tabacchi (+3,7%, da -0,4 di gennaio) e il
parziale ridimensionamento del calo su base annua dei prezzi dei prodotti energetici non regolamentati (12,8%; era -14,0 il mese precedente). Segnali positivi pure da un rapporto dell'Istat sulla competitività delle
imprese: dopo anni di «ristagno o contrazione della domanda», nel 2014 sono tornate a crescere le vendite
anche sul mercato interno. Nel complesso, una azienda su due del manifatturiero lo scorso anno ha visto
aumentare il fatturato almeno dell'1%. Nonostante le tendenze recessive non ancora scomparse, «le
prospettive di crescita a breve termine dell'economia - spiega l'Istat - si giocano ancora, in gran parte, sul
fronte della domanda estera».
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Il titolo con cedola 3,75% che scade il 15 aprile 2016 I guadagni sulla discesa dello spread Corriere della
Sera Btp quinquennale Acquisto Il 28 novembre 2011, nel giorno del Btp day Il titolo valeva 86,85 Il capitale
investito ammontava a 872 euro Cedole incassate Tra il 15 aprile 2012 e il 27 febbraio 2015 sono state
incassate sei cedole pari a 16,41 euro (già al netto delle tasse) per un totale di 98,46 euro Guadagno a oggi Il
27 febbraio 2015 il titolo vale 104,04 Tra rivalutazione di prezzo e cedole il capitale ammonta a 1151,48 euro
Performance lorda al netto di tutte le tasse 29,90% dal 28/11/2011 32,05% Il titolo con cedola 3,75% che
scade 1 agosto 2021 Btp decennale Acquisto Il 28 novembre 2011, nel giorno del Btp day Il titolo valeva
77,29 Il capitale investito ammontava a 783,51 euro Cedole incassate Tra il 1 febbraio 2012 e il 1 febbraio
2015 sono state incassate sette cedole pari a 16,41 euro (già al netto delle tasse) pari a un totale di 114,87
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 02/03/2015
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Il differenziale con i titoli di Berlino a 98,5 punti, come nel maggio 2010 Prezzi in rialzo dello 0,3%. L'Istat: nel
primo trimestre crescita dello 0,1%
28/02/2015
Corriere della Sera
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euro Guadagno a oggi Il 27 febbraio 2015 il titolo vale 117,83. Tra rivalutazione di prezzo e cedole il capitale
ammonta a 1180,66 euro Performance lorda al netto di tutte le tasse 45,68% dal 28/11/2011 50,69%
La scheda
Lo spread misura la differenza tra i titoli di Stato italiani decennali e i titoli tedeschi: nel 2011 questo
differenziale aveva toccato il record di 576 punti, ieri è sceso fino a un minimo di 98,5 punti. Vuol dire che la
differenza in termini di tassi d'interesse tra Italia e Germania è calata dal 5,76 per cento allo 0,98%. L'effetto
potrebbe essere anche la riduzione del costo di finanziamento per le imprese oltre che una minore spesa per
interessi sul debito pubblico italiano. Inflazione. Dopo molti mesi di discesa continua dei prezzi a febbraio
l'indice del costo della vita è salito dello 0,3% mentre i listini dei beni alimentari sono aumentati dello 0,7%. La
Banca centrale Europea ha ribadito più volte che l'obiettivo (target) per l'inflazione è pari al 2%. La Bce. Un
risultato che potrebbe essere raggiunto con l'avvio delle operazioni di quantitative easing (l'acquisto di titoli di
Stato da parte di Francoforte) che verranno avviate lunedì 2 marzo e che prevedono operazioni fino a 60
miliardi al mese
28/02/2015
Corriere della Sera
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«Io c'ero. La minoranza non è omogenea»
Damiano: tra noi non renziani serve un patto di consultazione per le battaglie comuni Il socialismo Vado a
tutte le riunioni, sono della vecchia scuola sindacale. Siamo nel Pse, il leader sia coerente
Alessandro Trocino
ROMA « Renzi ha fatto cose di sinistra, come gli 80 euro e la tassazione delle rendite finanziarie. Ma rendere
così liberi i licenziamenti mi sembra un'operazione di destra». Cesare Damiano, esponente di spicco della
minoranza pd, a differenza di Pier Luigi Bersani e di Gianni Cuperlo, era presente alla riunione pd convocata
da Matteo Renzi.
Riunione molto criticata.
«Sì, la modalità di convocazione è stata inusuale. E anche la formula non reggeva. Purtroppo si tende a dare
troppo enfasi alla comunicazione».
E perché è andato?
«Appartengo a una vecchia scuola sindacale. Anche se convocano una riunione alle 5 del mattino dietro il
convento delle Carmelitane vado, quasi per istinto. E poi la minoranza non è omogenea. E anche se lo fosse,
a nessuno verrebbe in mente di dare indicazioni tassative».
Bersani e Cuperlo sono stati molto duri. Lei si differenzia dalle loro posizioni?
«Con Bersani non mi differenzio, perché sul jobs act abbiamo votato entrambi a favore. Cuperlo ha scelto di
non partecipare al voto ed è una differenza di impostazione».
Anche lei però resta molto critico sul Jobs act: perché?
«È una riforma troppo schiacciata sulle posizioni della Confindustria. Sui licenziamenti collettivi non tenere
conto del parere di due commissioni, votato all'unanimità da renziani e non, è stato un errore e una
mancanza di rispetto per il Parlamento. Quando si licenzieranno 20 persone, 15 con le vecchie regole e 5 con
le nuove, se il criterio di scelta non fosse legittimo, 15 verrebbero reintegrate e 5 resterebbero fuori dai
cancelli, con solo l'indennizzo. È una diseguaglianza che può avere risvolti costituzionali».
Però ha votato a favore del Jobs act.
«Abbiamo accettato la sfida di un nuovo paradigma. Ma se si indebolisce la tutela del posto del lavoro,
bisogna che sia più forte nel mercato del lavoro. E questo non è: parlo degli ammortizzatori sociali. Quanto al
disboscamento delle forme precarie, bene l'abolizione del contratto a progetto, ma si rischia di tornare al
lavoro coordinato e continuativo. Che è ancora più precario».
Non è troppo tardi ormai?
«No, ci sono ancora alcuni decreti attuativi e si può intervenire. Ma non sono fiducioso. Alcuni si erano illusi
che avremmo continuato con il metodo Mattarella: io non ero tra quelli, ma sui licenziamenti collettivi c'è stata
addirittura una controsvolta».
Cioè?
«Mi sembra che tutto si stia schiacciando tra il sì e il no. E poi vedo che si aprono tanti forni: ma se
ammazziamo tutti i fornai, nessuno farà più il pane».
Si dice che Renzi faccia fatica ad ascoltare.
«Sì, va bene che siamo in una situazione rivoluzionaria e i vecchi occhiali non servono più, ma siamo pur
sempre un partito che appartiene al socialismo europeo. Vorrei un po' di coerenza».
La minoranza cosa può fare?
«Spero che i non renziani, come me, facciano battaglie comuni, anche attraverso un patto di consultazione».
A un renziano suonerebbe come una «minaccia».
«Ma no, è un fatto naturale. La maggioranza cerca il massimo della convergenza e anche noi dobbiamo
farlo».
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L'intervista
28/02/2015
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Foto: La carriera Cesare Damiano,
66 anni, ex sindacalista, deputato del Pd, fu ministro
del Lavoro
nel secondo governo Prodi
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 02/03/2015
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28/02/2015
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Il segretario: Pier Luigi esagera i più giovani non lo seguiranno
«Il metodo Mattarella per me non significa fare caminetti tra i leader» La lealtà Renzi: chiedo lealtà sono tre
giorni che Bersani mi attacca in modo scomposto
Maria Teresa Meli
ROMA È il giorno in cui l'Istat certifica i primi segnali di ripresa dell'Italia. Il giorno in cui lo spread scende
sotto quota 100 e i sondaggi lo danno in ascesa di 2 punti. Ma non è un giorno di festa per Matteo Renzi.
Quella che nelle sue intenzioni doveva essere una riunione di lavoro con i parlamentari (un'altra, simile, si
replicherà il 9 marzo su Pubblica amministrazione, Fisco e cooperazione) è diventata un caso nel Partito
democratico. L'ennesimo elemento di divisione amplificato dalle dichiarazioni di guerra di Pier Luigi Bersani, il
quale, al pari di tanti altri esponenti della minoranza, ha disertato l'appuntamento.
Con i suoi il presidente del Consiglio si lascia andare a uno sfogo amaro, perché quando ha scritto la lettera
per convocare l'incontro «informale» di ieri «non si aspettava una simile reazione». «Bersani - dice ai
fedelissimi - ha ecceduto. Avrei capito una reazione del genere se non avessi mai fatto riunioni, ma ne faccio
in continuazione, comunque, se ha deciso di non venire avrà i suoi motivi. Io chiedo una sola cosa a lui e agli
altri: lealtà. La chiede anche il nostro popolo, che è stufo delle divisioni interne del Pd».
Il premier non è sicuro di dove voglia arrivare Bersani: «Sono tre giorni che mi attacca in modo scomposto»,
confida ai collaboratori. L'obiettivo è, come si dice da giorni, l'affossamento dell'Italicum grazie a un accordo
stretto con Forza Italia, che, però, questa volta, chissà perché non si chiama inciucio? Eppure Renzi è sicuro
che anche coloro che ieri non sono venuti alla «sua» riunione non seguiranno Bersani fino in fondo. Lo
spiega ai fedelissimi: «Io non so se Pier Luigi abbia pensato che il metodo Mattarella consisteva in caminetti
tra i big del partito. Per me non era questo, per me era il coinvolgimento dei parlamentari del Pd, cosa che
volevo fare con questo appuntamento. Però non penso che il resto della minoranza lo seguirà fino in fondo.
Non i giovani di sicuro. Non quelli che stanno alla Camera. Loro si stanno posizionando, ma non vogliono
arrivare fino a un punto di non ritorno. Perché significherebbe far cadere il governo e, quindi, di fatto, porsi
fuori dal partito. Credo che non ci pensino nemmeno lontanamente. Pure quelli che sono agli antipodi da me
non possono avere questo in mente, non i quarantenni almeno».
I più maliziosi tra i renziani sono convinti che i cosiddetti giovani bersaniani si stiano semplicemente
posizionando per le regionali che verranno. Il premier ha detto che probabilmente si svolgeranno il 10
maggio. Il che significa che il 10 aprile le liste dovranno essere pronte. E quindi per avere dei candidati
bisogna muoversi con un certo anticipo. Cattiverie? Può essere. Ma di una cosa il leader è certo: «Alla
Camera non mi tradiranno, stanno soltanto facendo manovre e bluff . Ma hanno chiaro il concetto di lealtà. E
soprattutto sanno che il popolo del Partito democratico non perdona chi lo calpesta».
E ancora: «D'altra parte, che possono volere di più da me? Alle Europee abbiamo preso il 41 per cento,
perché dovremmo disperdere un simile patrimonio solo per una rivincita postuma delle primarie?». Renzi
parla così anche davanti a interlocutori che non sono solo quelli provenienti dalla cerchia dei fedelissimi. E
pure in questo caso non si sente dire dei no. Anzi si sente fare dei calcoli: al massimo alla Camera saranno in
40 a poter tradire. Ininfluenti rispetto alla maggioranza. E 40 è un numero ben gonfiato perché si tratterebbe
di deputati che si assumerebbero la responsabilità di mettere a rischio il governo, insieme al capogruppo di
Forza Italia Renato Brunetta, diventato un fan sfegatato di Bersani.
A sera, le ultime parole del presidente del Consiglio sono rivolte a tutti: «Abbiamo finalmente cose concrete di
cui occuparci, basta con le pagliacciate delle conte tra le correnti interne».
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Nel Pd
I rapporti tra Matteo Renzi e Pier Luigi Bersani hanno avuto un andamento altalenante: i due furono avversari
nelle primarie pd del 2012 vinte da Bersani. Renzi poi sostenne la campagna elettorale dell'allora segretario
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Il retroscena
28/02/2015
Corriere della Sera
Pag. 6
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SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 02/03/2015
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dem alle Politiche del 2013 facendo insieme a Bersani alcuni comizi Matteo Renzi diventa segretario del Pd
l'8 dicembre 2013. In alcune circostanze - in particolare su Jobs act e legge elettorale - viene criticato dall'ex
leader. In altri momenti i due trovano l'intesa, come per la scelta di Sergio Mattarella al Quirinale
Foto: In Aula
L'ex segretario del Pd Pier Luigi Bersani, 63 anni, ieri alla Camera durante le comunicazioni del governo sulla
politica estera
( Blow up )
28/02/2015
Corriere della Sera
Pag. 11
(diffusione:619980, tiratura:779916)
Carfagna: si adegui alla maggioranza Da Raffaele solo provocazioni
Strategie Le primarie serviranno quando si tornerà al voto per scegliere il leader Ne riparleremo tra un po'
Tommaso Labate
ROMA «Non ci si inventa innovatori o rivoluzionari dalla sera alla mattina. E le accuse di Fitto sulla presunta
"deriva sudamericana" di Forza Italia sono, oltre che battute infelici, delle provocazioni che devono essere
abbandonate».
Mara Carfagna, deputata di FI ed ex ministro, abbandona per qualche minuto una riunione con alcune
colleghe del Pd. Attacca Fitto. Però fu una delle prime a credere alla battaglia per le primarie.
Non vorrà negarlo, onorevole.
«Assolutamente no. Prima ancora di Raffaele, fui tra le prime a sostenere che ci volessero delle primarie per
selezionare la classe dirigente di FI. La differenza rispetto ai componenti dell'area Fitto, però, è che io ho
preso atto che la battaglia s'è rivelata minoritaria. E quando si sta in un partito, la minoranza deve accettare
le decisioni della maggioranza».
Addio primarie, quindi?
«No. Le primarie serviranno per scegliere la guida della coalizione quando si tornerà al voto. Ne riparleremo
tra un po'».
Visto il duello Salvini-Berlusconi, però, il rischio è che nel frattempo non ci sia più il centrodestra.
«Col suo modo di fare e con i suoi veti, Salvini sta impedendo ai cittadini che votano per il centrodestra di
poter far prevalere l'alternativa a Renzi. Come in Campania, dove Caldoro ha fatto un miracolo riuscendo a
portare la Regione lontana dai danni del passato. Chiudendo la porta a Ncd, il leader della Lega prova a
costruirsi un suo consenso. Ma rischia di farlo su un cumulo di macerie».
Berlusconi dice di non voler cedere ai diktat del segretario leghista.
«Berlusconi ha sempre lavorato per unire, non per dividere. E quindi fa bene a non cedere ai ricatti, sì».
Una teoria che vale anche per la fine del patto del Nazareno?
«Vede, io ero tra quelli che non erano contenti né della riforma della Costituzione né della legge elettorale.
Però il patto del Nazareno aveva un altissimo valore simbolico perché sembrava aver chiuso un ventennio di
guerra civile».
Sembrava...
«Infatti Renzi l'ha usato finché gli è servito e poi l'ha gettato nel cestino».
E adesso?
«Siamo in una fase d'emergenza in cui una parte del centrodestra governa con il centrosinistra. Ma il nostro
obiettivo è quello di ricostruire, all'interno del perimetro del centrodestra, una vera alternativa a Renzi».
La fase d'emergenza riguarda anche Forza Italia.
«Un partito dove si discute, anche animatamente, è un partito in salute. Ma non si può, come fa Fitto, arrivare
a delegittimare il leader o il partito stesso».
Lei è intervenuta in Aula sul riconoscimento della Palestina...
«Il Pd è stato ambiguo. Noi non siamo contrari al riconoscimento della Palestina. Ma non possiamo dare il via
libera a riconoscimenti unilaterali che prescindono da un fatto: gran parte del territorio palestinese è
controllato da chi, come Hamas, vuole la distruzione dello Stato d'Israele».
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Chi è
Mara Carfagna, campana, 39 anni, è stata ministro
per le Pari opportunità
del governo Berlusconi IV Alla Camera con Forza Italia dalle elezioni del 2006: è alla sua terza legislatura
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L'intervista
28/02/2015
Corriere della Sera
Pag. 33
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denunciare i colleghi non è fare la spia
Marilisa Palumbo
C on una lettera e un manualetto di quindici pagine Rossella Orlandi potrebbe aver rotto un tabù.
La direttrice dell'Agenzia delle Entrate ha deciso di «dare il buon esempio» nella «lotta all'illegalità fiscale»
incentivando le denunce dei dipendenti sui comportamenti illeciti o fraudolenti dei colleghi.
Il riflesso condizionato di molti è: non sarà delazione? Perché la questione morale è, anche, una questione
culturale. Fin da bambini impariamo che denunciare i compagni che copiano è un po' da «infami», e magari
aiutarli a barare ci rende piccoli eroi. In molti Paesi, Stati Uniti in testa, è vero il contrario. E non perché siano
una società di delatori, ma comunità che tentano di basarsi sul merito, dove copiare è imbrogliare (infatti si
usa il verbo cheat , non copy ), ed è concorrenza sleale. Come, oltre a essere illegale, è concorrenza sleale
non pagare le tasse, corrompere, farsi corrompere in cambio di un dono più o meno «pesante». Non un atto
di furbizia ma un danno inferto al bene comune e all'interesse pubblico.
Ecco perché negli Stati Uniti non esiste solo un programma di whistleblower (colui che soffia il fischietto,
dunque segnala il fallo) ormai trentennale per le amministrazioni pubbliche, ma anche uno che tocca i privati:
l'Internal revenue service, la loro Agenzia delle Entrate, consente dal 2006 di denunciare le grandi evasioni
societarie o il vicino o il collega evasori. Con tanto di ricompensa. E se l'idea mette un po' di disagio perché
ricorda il sistema delle taglie, consideriamo qualche numero. Nel 2013 l'Irs ha attribuito 122 «premi» a
cittadini le cui denunce, verificate, abbiano consentito allo Stato di recuperare soldi evasi. Il riconoscimento in
media è di 435 mila dollari, per un totale di 53 milioni. Ma il totale delle somme recuperate è 367 milioni. Con
il False Claim Act, quello che riguarda i dipendenti che evitano frodi allo Stato e si avvicina allo schema
previsto dalla legge Severino (che il commissario anticorruzione Raffaele Cantone vorrebbe applicato in tutta
la Pa), si sono recuperati dall'86 a oggi miliardi di dollari.
E se la denuncia per evasione, atti illeciti o corruzione o frode diventa persecuzione, strumento di vendetta
contro il collega antipatico, o più bravo di noi, o il vicino maleducato? I mezzi per evitarlo ci sono. Il Comune
di Milano, tra i primi in Italia, a metà gennaio, a introdurre la procedura del whisteblowing, ha istituito un
comitato di garanzia che valuti quanto sono circostanziate le segnalazioni (ancora solo 5 o 6, fanno sapere
con un po' di disappunto). E semmai all'estero le preoccupazioni, come risulta da uno studio di inizio febbraio
sul servizio sanitario nazionale britannico, e da inchieste in alcune agenzie federali statunitensi, riguardano la
tutela da ritorsioni di chi ha il coraggio di indicare un comportamento scorretto. Modelli, come dice Orlandi,
non spie.
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EVASIONE FISCALE
28/02/2015
Corriere della Sera
Pag. 48
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Dalla Cdp investimento iniziale di 500 milioni. La dotazione potrà salire a 4 miliardi Un'altra via per l'Ilva Non è
destinato a investire su Taranto, ora in amministrazione straordinaria
Daniela Polizzi
La nuova società per la ristrutturazione e il consolidamento di aziende strategiche in crisi assumerà la forma
di una società per azioni ma funzionerà con le regole di un fondo di private equity. Con un'unica differenza:
sarà un fondo aperto perché partirà con una dotazione iniziale di un miliardo, elevabile fino a quattro.
Investirà nel capitale delle imprese nell'arco di cinque anni e ne avrà altrettanti per cedere le quote sul
mercato, italiano o estero, sulla scia di quanto fanno i grandi fondi internazionali. L'intervento pubblico
avverrà con la partecipazione di Cassa depositi e prestiti (Cdp) che entrerà nel capitale con una dote di 500
milioni e giocherà il ruolo dell'«anchor investor», ossia dell'azionista promotore, come avviene appunto nelle
realtà del private equity. Il resto, dalla governance che si rifletterà nello statuto, alle regole di investimento fino
all'individuazione del management, seguirà precisi binari di stampo privato. Che sono poi l'unica garanzia secondo chi lavora al progetto - per assicurare all'iniziativa l'adesione di investitori di primo livello, fondi
sovrani, banche e privati. Che entreranno solo in aumento di capitale in accordo con i creditori che dovranno
ristrutturare il debito.
Parte con paletti precisi la nuova Spa salva imprese, per non ripetere esperienze fallimentari come la Gepi.
La prima ossatura è stata costruita nel decreto Investment compact. Adesso si entra nel vivo. L'argomento
più delicato riguarda le garanzie dello Stato riservate agli investitori, che dovranno essere definite in un
decreto ad hoc della Presidenza del Consiglio, atteso entro due settimane. Le bozze sono ultimate dalla
squadra che include esponenti del ministero dell'Economia e delle Finanze guidato da Pier Carlo Padoan,
dello Sviluppo economico dove è attivo il viceministro, Claudio De Vincenti, più i consulenti arruolati dal
mondo privato. Da Andrea Guerra, consigliere del premier Matteo Renzi, alla Vitale & associati. Le garanzie
dello Stato saranno estese fino al 60% dei sottoscrittori: fondi pensione italiani, casse di previdenza e la
stessa Cdp. E poiché la garanzia dello Stato è onerosa, questa categoria di soci avrà un rendimento più
stabile ma più basso. Il restante 40% degli investitori non avrà garanzie ma godranno degli stessi diritti
quanto a dividenti e ritorno sul capitale. In questa categoria rientrano fondi pensione esteri private equity,
fondi sovrani del Medio Oriente e della Cina a caccia di rendimenti. Il capitolo delle garanzie è centrale in
quanto traccia la roadmap del primo private equity italiano per il salvataggio delle imprese. E vuole fare
appunto da barriera a derive del passato e ribadire i fini privatistici.
Da qui nasce infatti anche la governance nella quale i soci non garantiti dovranno avere un peso molto forte.
Anche nella nomina del futuro amministratore delegato. Chi dovrà condurre l'impresa sarà un esperto di alto
profilo professionale da selezionare non appena varato il Dpcm e scritto lo statuto con l'aiuto dei
professionisti Piergaetano Marchetti e lo studio D'Urso Gatti Bianchi. Dopodiché partirà il primo investimento.
Ma non sarà l'Ilva. Pensata come strumento di intervento d'urgenza per tenere in piedi il polo siderurgico, il
fondo per i salvataggi sarà dirottato verso altri casi di crisi, dopo che l'Ilva ha ottenuto l'accesso ai benefici
dell'amministrazione straordinaria della Legge Marzano. Nel radar ci sono 150 nomi. Il più studiato è la Sirti,
società strategica di reti per le tlc.
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La vicenda
Il ministro dell'Economia, Pier Carlo Padoan, ha attivato il suo staff per studiare il fondo per le imprese in crisi,
che avrà una garanzia dello Stato
La Cassa depositi e prestiti, guidata dall'amministratore delegato Giovanni Gorno Tempini, dovrebbe investire
500 milioni nella nuova
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 02/03/2015
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Ecco il Fondo «salva imprese», un miliardo e tetto di dieci anni
28/02/2015
Corriere della Sera
Pag. 48
(diffusione:619980, tiratura:779916)
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 02/03/2015
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iniziativa
Il decreto per l'industria
Modello private equity 1Sarà una Spa ma funzionerà come un fondo di private equity. Nascerà con un
miliardo di dotazione, elevabile fino a quattro. La Cassa depositi e prestiti fornirà circa 500 milioni. Ulteriore
liquidità verrà da casse, banche e fondi sovrani o di private equity internazionali
Garanzie 2 Due settimane e il Dpcm definirà le garanzie dello Stato. Fino al 60% dei soci ne beneficerà: fondi
pensione, casse e la Cdp. La garanzia è onerosa, avranno rendimenti più stabili ma più bassi. Il 40% ai fondi
esteri o sovrani, con uguali diritti patrimoniali
Governance 3 Sarà privatistica. I soci senza garanzie avranno un ruolo chiave in scelte strategiche come la
nomina dell'amministratore delegato. Investirà in aumento di capitale, con l'ok dei creditori che dovranno
ristrutturare i debiti. Allo studio la Sirti
01/03/2015
Corriere della Sera
Pag. 1
(diffusione:619980, tiratura:779916)
Lo scarso coraggio di Renzi
Alberto Alesina e Francesco Giavazzi
L e norme sulla concorrenza sono fondamentali per far crescere un'economia. Senza mercati concorrenziali
le imprese obsolete sopravvivono a scapito di imprese più efficienti. Uno dei motivi per cui la nostra economia
è ferma da anni. Molte aziende pubbliche inefficienti, controllate dalla politica (ad esempio nella gestione dei
rifiuti urbani) sopravvivono in mercati protetti. Non è consentito mettere all'asta quei servizi, affidandoli a
privati con tariffe più basse. In molte regioni i treni locali sono fatiscenti, ma non si permette che siano
imprenditori privati, spinti e motivati dalla concorrenza, a gestirli.
Le barriere alla concorrenza danneggiano soprattutto i giovani, che non riescono a entrare in mercati protetti
a favore di chi vi è già dentro. Ma diversamente dal Jobs act, che Matteo Renzi ha portato in porto
magistralmente, sulla concorrenza il presidente del Consiglio si sta scontrando con la politica. O forse,
speriamo di no, è lui stesso a dubitare dei benefici del mercato, cedendo ai vizi dello statalismo, come
sembra voler fare nelle vicende di Rai Way e di Telecom.
Un esempio è il disegno di legge (ddl) sulla concorrenza approvato il 21 febbraio dal Consiglio dei ministri. Il
ddl introduce più concorrenza in molti settori, ma «dimentica» i servizi pubblici. Un caso emblematico è quello
delle Autorità portuali, enti saldamente nelle mani dei politici locali (ne abbiamo 23, un po' troppe anche per
una penisola).
Il ministero per lo Sviluppo economico (Mise) aveva chiesto che venisse vietato a questi enti di essere al
tempo stesso regolatori dei servizi offerti al porto e fornitori degli stessi servizi: infatti nessun privato farà
concorrenza a un'azienda che è posseduta da chi fissa le regole (a Venezia ad esempio l'Autorità partecipa a
una società che gestisce le banchine e altri servizi portuali). Ma questa norma è stata cancellata dal Consiglio
dei ministri.
Non è il solo caso in cui Renzi ha ceduto. Nel campo della sanità il testo originario del Mise prevedeva
l'obbligo di effettuare round periodici di accreditamento delle strutture sanitarie private (spesso vicine alla
politica, come si è visto in Lombardia) in modo tale da evitare il consolidarsi di monopoli di fatto. Anche
questa norma è stata stralciata. Lo stesso è accaduto per i medicinali di fascia C la cui vendita veniva
liberalizzata dal testo del Mise, e che il ministro Beatrice Lorenzin (Ncd) ha bloccato.
Stessa sorte è accaduta alle proposte che rimuovevano la «territorialità» delle licenze Ncc (noleggio con
conducente), una regola che contrasta con la normativa europea e impedisce l'entrata di nuovi soggetti nel
settore. Bocciata (dal ministro Maurizio Lupi, Ncd, un partito di centrodestra che in questa occasione per due
volte ha bloccato norme favorevoli al mercato) anche la rimozione dell'obbligo per gli autisti Ncc di ritornare in
rimessa tra una chiamata e l'altra, una norma, anche questa proposta dal Mise, che avrebbe aperto il
mercato a servizi quali Uber.
Ora il ddl concorrenza inizierà il suo percorso parlamentare. Sarebbe l'occasione per recuperare i
provvedimenti cancellati all'ultimo momento e inserirne altri che erano stati «dimenticati». In realtà il rischio è
che il Parlamento cancelli anche ciò che c'è di buono (e ce ne è molto) nel ddl, come accadde all'analogo
provvedimento del governo Monti che partì anche meglio di questo, ma alla fine portò a casa solo l'obbligo
per l'Eni di separarsi dalle attività legate al gas.
Un avvertimento è venuto in questi giorni dai notai. Il disegno di legge interviene su di loro con mano leggera,
consentendo anche agli avvocati di redigere atti di compravendite di immobili non abitativi di valore inferiore
ai 100.000 euro. Prevede anche che sia possibile costituire una srl semplificata attraverso una semplice
scrittura privata - e non necessariamente con atto notarile. I notai sono insorti, accusando il governo di
spalancare le porte a mafia, camorra, corruzione, e chissà che altro... mancano solo le cavallette.
Alberto Alesina
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 02/03/2015
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Liberalizzazioni
01/03/2015
Corriere della Sera
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Francesco Giavazzi
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SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 02/03/2015
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01/03/2015
Corriere della Sera
Pag. 1
(diffusione:619980, tiratura:779916)
«Non tratto con Mediaset»
Padoan: avanti sulle riforme, abbiamo evitato una manovra da 40 miliardi
Antonella Baccaro
«Per quanto mi riguarda non c'è nessuna trattativa con Mediaset per l'opas su Rai Way. Il limite del 51%
dimostra che il governo non ha intenzione di perdere il controllo». Pier Carlo Padoan ribadisce con il Corriere
i paletti sulla mossa del Biscione: «La logica del governo è quella di verificare quali partecipate possano
creare un valore che serva ad abbattere il debito e ad aumentare l'efficienza».
Il ministro dell'Economia fa poi il punto sui segnali di ripresa: «Derivano da un ambiente macroeconomico
internazionale favorevole, ma anche dalle riforme che realizziamo: l'atteggiamento verso l'Italia, anche nei
Paesi in cui "non ci si fida di noi", sta cambiando. E abbiamo evitato una manovra di 40 miliardi che avrebbe
ucciso la ripresa. Abbassare le tasse sulla casa? La mia preferenza va agli investimenti produttivi». a pagina
6
ROMA Ministro Padoan, perché lo Stato è sceso al 25,5% in Enel e al 30% in Eni ma non può scendere
sotto il 51% di Rai Way, la società delle torri di trasmissione?
«Posto che il controllo di un'impresa non richiede il 51%, in questo caso il 51% viene mantenuto per dare un
segnale aggiuntivo che lo Stato non intende perdere il controllo di Rai Way: 51% è anche un numero
simbolico. Nel caso di Enel lo Stato era già intorno al 30%».
L'avvio della vendita del 5,74% di Enel è caduto nello stesso giorno dell'offerta di Ei Towers (Mediaset) per il
66% di Rai Way. Un caso?
«L'operazione Enel è di natura strettamente finanziaria: l'evoluzione del mercato è stato un fattore
determinante nel definirne i tempi. Il comportamento del titolo dopo la vendita dice che è andata molto bene.
Il fatto che sia avvenuta in concomitanza con Ray Way è casuale. Non c'è un Grande Fratello delle
privatizzazioni».
Il lancio dell'Offerta pubblica di acquisto e scambio (Opas) di Mediaset segna l'avvio di una trattativa?
«Per quanto mi riguarda non c'è nessuna trattativa. Ci siamo stupiti quando abbiamo visto ciò che
succedeva. Non abbiamo intrapreso né azioni né contromisure salvo ribadire il limite del 51%, a
dimostrazione che non c'è intenzione di perdere il controllo di Rai Way».
Fermo il limite del 51%, può esserci una condizione alla quale è possibile una trattativa? Ad esempio se
Mediaset scendesse sotto quota 66% ?
«Ripeto non c'è nessuna trattativa, non ce n'è nessuna intenzione, nè sono stato approcciato da qualcuno
per questo. Una quota è stata messa sul mercato, lì si faranno le scelte: ci sono vari operatori che possono
essere interessati allo scambio delle partecipazioni disponibili».
C'è un piano su Rai Way che ne prevede la confluenza in un polo unico con Ei Towers e Inwit, o anche solo
con quest'ultima società di Telecom?
«Non ne sono a conoscenza».
Che strategia c'è dietro la vendita di Rai Way? C'entra il piano sulla banda larga che il governo sta per
lanciare?
«L'operazione rientra nella logica del governo di verificare quali partecipate possano creare un valore che
serva a abbattere il debito e a aumentare l'efficienza grazie a una maggiore esposizione al mercato dei
management. L'operazione Rai Way è nata con questa filosofia e la mantiene. Poi il mercato si è manifestato
con un'Opas: il perché è domanda che lascio a altri. L'intenzione del governo resta quella».
Si va verso un decreto per la riforma Rai? Quale posto avrà l'azionista Tesoro nella nuova governance ?
«Il governo sta mettendo progressivamente a fuoco gli obiettivi della riforma. Definiti questi, chiariremo
modalità di attuazione, governance , finanziamento e altre specifiche».
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 02/03/2015
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L'intervista Il ministro dell'Economia: manterremo il 51% di Rai Way. Casa, nel 2016 le tasse non caleranno
01/03/2015
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L'Italia intravede la ripresa. Le riforme rallenteranno?
«La ripresa deriva da un ambiente macroeconomico internazionale favorevole, grazie alla decisione della Bce
sul Quantitive Easing (QE), ma anche dalle scelte di politica economica e dalle riforme che stiamo
implementando. E che, a differenza di quanto pensano molti, aumenteranno se lo spread scende. Altrimenti
la ripresa rischia di non consolidarsi».
Rivedrete il dato del Prodotto interno lordo? L'Istat prevede una crescita dello 0,1% nel primo trimestre.
«Aspetterei un attimo. Il Pil è frutto di diverse variabili che stanno andando nella direzione giusta, tutto fa
presumere che questo si tradurrà in un dato migliore del previsto. Forse siamo a un punto di svolta, perciò
insistiamo sulle riforme».
Cosa succederà se il QE non darà i frutti attesi?
«L'operazione della Bce ha alcuni aspetti che richiamano il QE della Banca centrale americana, in particolare
l'idea che in un periodo di tempo determinato ci sarà un'importante e continua iniezione di liquidità con
possibilità di proroga se l'obiettivo non sarà stato raggiunto. Non vedo rischi: l'annuncio di come la politica
monetaria si comporterà nei prossimi 18 mesi è stato molto chiaro. E il fatto che i mercati reagiscano bene ne
è la prova».
Il commissario Ue francese Moscovici ci ha dato «semaforo giallo» sui conti pubblici: bisogna accelerare.
«Da piccolo mi hanno detto che al giallo si rallenta. Forse in Francia non è così. Battute a parte, il messaggio
è importante perché la commissione Ue dice che l'Italia deve continuare sulle riforme ma, a differenza di
qualche mese fa, riconosce che sono stati fatti sforzi nel completare l'aggiustamento strutturale per cui il
governo ha assunto misure aggiuntive nella legge di Stabilità».
Un incoraggiamento?
«Il riconoscimento del fatto che il governo sta impostando una strategia di abbattimento del debito che tiene
conto delle circostanze eccezionali, della crisi, facendo al tempo stesso uno sforzo significativo sulle riforme
strutturali».
Un passo avanti sulla flessibilità.
«Il chiarimento sulla flessibilità elaborato dalla Commissione a gennaio è frutto anche del lavoro della
presidenza italiana e consente di riconoscere gli sforzi di tutti i Paesi che si stanno impegnando nel
cambiamento, come noi. Grazie a questo abbiamo compiuto un aggiustamento strutturale di quasi 5 miliardi
ed evitato una manovra di 40 miliardi che avrebbe ucciso la ripresa».
L'emergenza greca ha eclissato quella italiana?
«Al contrario: il fatto che l'Italia stia dimostrando che pur con condizioni di debito difficili una strategia di
riforme è efficace, è un segnale a altri Paesi che, pur davanti a grandi difficoltà, è possibile trovare una via
d'uscita dalla crisi. Ho la sensazione che l'atteggiamento nei confronti dell'Italia di molti Paesi, compresi quelli
in cui "non ci si fida" di noi, sta cambiando perché stiamo facendo cose importanti».
Le piace l'accordo con la Grecia?
«È un percorso difficile ma andrà rafforzandosi nel tempo se le azioni che prenderà il governo greco
serviranno anche a creare un clima di fiducia. La fiducia è fondamentale ma è ancora insufficiente in Europa,
bisogna fare sforzi per accrescerla altrimenti non possiamo dare per scontato che il processo di integrazione
sia irreversibile».
La crescita prevista in Italia nel 2015 resta sotto l'1%. La domanda interna è debole.
«La ripresa dei consumi familiari sarà sostenuta dall'aumento del reddito grazie agli sgravi fiscali e alla
maggiore fiducia. Così per le imprese che beneficiano della cancellazione dell'Irap sul lavoro e di strumenti di
sostegno ai finanziamenti non bancari. Mi aspetto che le imprese facciano investimenti per aumentare
l'occupazione. I dati sui macchinari sono ripartiti: le imprese hanno deciso di allargare la capacità produttiva».
Ma gli 80 euro non hanno già esaurito la loro spinta?
«Non hanno ancora cominciato a mostrare il loro impatto. Finora le famiglie li hanno usati per ripagare i debiti
e risanare i bilanci. Quando sono stati introdotti, i critici hanno detto che erano una misura debole e
01/03/2015
Corriere della Sera
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SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 02/03/2015
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temporanea che non avrebbe funzionato. Ora che è stata resa permanente e dunque si accumula, grazie alla
maggior fiducia, la spesa ripartirà».
Le tasse sulla casa caleranno?
«Se si devono abbattere le tasse, la mia preferenza va a agli investimenti produttivi, così riparte
l'occupazione».
Ma almeno ci sarà una «local tax» unica nel 2016?
«Stiamo mettendo mano a una riforma generale della finanza locale in cui la local tax avrà un ruolo cruciale.
La finanza locale sarà basata sul principio del pareggio di bilancio degli enti piuttosto che sul Patto di stabilità
interno, che si è rivelato un meccanismo inefficiente. Il quadro è molto fluido. Non posso fare anticipazioni».
Capitolo spesa. La spending review è morta?
«No, anzi. In questi giorni stiamo anticipando la riflessione in vista della nuova legge di Stabilità. Servirà a
disinnescare le clausole di salvaguardia che molti considerano il segnale che la pressione fiscale aumenterà.
Invece è vero il contrario: le misure sulla spesa ci saranno e la pressione non aumenterà».
La Corte dei conti dubita che quest'anno si taglierà quanto previsto.
«Il dialogo con le Regioni e gli enti locali è intenso e garantirà il raggiungimento degli obiettivi e delle nostre
scadenze. Lo abbiamo fatto con le clausole di salvaguardia dello scorso governo, lo faremo ancora».
L'esperienza del commissario alla spending review è conclusa?
«Il lavoro fatto da Carlo Cottarelli è stato utile, deve continuare indipendentemente dal fatto che ci sia un
commissario. Mi piacerebbe pensare che stiamo andando verso una normalità che considera la
razionalizzazione della spesa pubblica un dovere permanente».
Leggeremo mai le carte di Cottarelli?
«Saranno presto rese pubbliche, ma non ci sono carte segrete, misure misteriose, c'è la testimonianza del
lavoro di un anno».
I decreti fiscali vedranno la luce finalmente?
«Stiamo lavorando all'attuazione di tutta la delega fiscale, dalla messa a punto dei decreti discussi il 24
dicembre al completamento di molti altri».
La clausola di non punibilità del 3% per i reati fiscali resterà?
«Il tema è come trattare, nel penale tributario, distinguendo tra un reato, una frode, e il fatto che, a seguito di
errori materiali, un imprenditore che sbaglia nella dichiarazione, rischia la galera. Lo si fa stabilendo delle
soglie, delle percentuali, precisando il profilo della frode fiscale».
Percentuali e soglie riguarderanno la frode fiscale?
«No, la frode fiscale continuerà ad essere punita penalmente come adesso».
Antonella Baccaro
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L'andamento del Prodotto interno lordo Variazioni % sul trimestre precedente Fonte: Istat d'Arco 2011 2012
2013 2014 2015 I II III IV I II III IV I II III IV I II III IV I *stima +0,3 +0,2 +0,1* -0,3 -0,8 -0,9 -0,4 -0,4 -0,8 -0,9 0,2 -0,2 -0,1 -0,1 0,0 0,0 0,0
Foto: Pier Carlo Padoan, 65 anni, ministro dell'Economia da febbraio 2014. In passato ha ricoperto
il ruolo di direttore esecutivo
per l'Italia del Fondo monetario
e di capo economista dell'Ocse
01/03/2015
Corriere della Sera
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La scrittrice: «C'era più resistenza sotto l'Urss»
Svetlana Alexievich: siamo una nazione fondamentalista il cui sogno è ispirare paura Odio e follia Sul Paese
è scesa un'atmosfera di odio, di una certa follia e il Paese si è diviso
Fabrizio Dragosei
MOSCA La scrittrice Svetlana Alexievich non sembra avere molti dubbi su chi possa esserci dietro
all'omicidio di Boris Nemtsov.
«È una morte che fa comodo a molti; di sicuro fa comodo al potere. Con le vicende di Mikhail Khodorkovskij
erano stati intimoriti gli oligarchi che avrebbero potuto finanziare l'opposizione. Ora bisognava forse mettere
in riga gli ultimi uomini liberi, difensori dei diritti umani, oppositori. Quella di Nemtsov era una figura adatta allo
scopo».
Cosa sta succedendo in Russia?
«Sul Paese è scesa un'atmosfera di odio, di una certa follia e il Paese si è diviso. Ormai le Russie sono due,
con una forza oscurantista che prima era marginale e che ora è alla ribalta. Dopo che si vedono gli show
propagandisti alla tv russa, uno ha paura di uscire per la strada. Si parla di eliminare la quinta colonna, i
traditori. E poi ecco che uno come Nemtsov viene ammazzato sul marciapiedi».
Quale pensa possa essere stato l'obiettivo di questo attentato?
«Credo che si volesse sondare il terreno. Questo sistema autoritario avrà pure un piano: una piccola guerra
vittoriosa, omicidi. Tutto rientra nella logica di questo sistema. Neppure Stalin diventò subito lo Stalin che
conosciamo. Se alla marcia ci sarà poca gente, allora il potere penserà di avere le mani libere per proseguire
sulla sua strada».
Pensa che l'opposizione divisa e debole potrà riprendersi?
«Ho i miei dubbi. Per trent'anni ho indagato sulla natura dell'uomo uscito dall'impero sovietico e ho constatato
che la coscienza della schiavitù è radicata in maniera molto profonda. L'84 per cento di consensi a Putin di
cui parlano i sondaggi ha una sua logica.La Russia è ora una nazione fondamentalista. Per vent'anni
abbiamo detto che stavamo costruendo una società di tipo occidentale, che la Russia stava cambiando
lentamente. Adesso tutto questo è finito, la gente non vuole più una società di tipo occidentale. Il sogno russo
è quello di essere un grande impero e di ispirare paura».
E non semplicemente di dimenticare gli anni di umiliazione e difficoltà economiche?
«Sento la gente dire che abbiamo preso la Crimea, che il Donbass è nostro, che la prossima tappa è
Odessa. E tutti tacciono di fronte a queste affermazioni».
Lei ha scritto il libro «I ragazzi di zinco» sui soldati che tornavano dall'Afghanistan in bare di zinco. E ora?
«Ai tempi dell'Urss c'era comunque una sorda resistenza. Si seppellivano i morti di notte, nessuno poteva
parlare, ma si sentiva che la gente era contro quello che succedeva. Eravamo uniti dall'anticomunismo. Ora i
morti tornano da "manovre" nel sud della Russia, non dall'Ucraina. Ma ci sono madri che scrivono su internet
"mio figlio serviva la Patria, mio figlio è un eroe"».
E gli intellettuali, i liberali?
«Fino a ora eravamo in contrasto con il potere e questo era logico. Adesso siamo in contrasto con buona
parte del nostro popolo. La gente non sta bene, ma è contenta perché adesso la Russia è di nuovo grande.
Per molti di noi la strada è una sola, quella di emigrare».
Non crede che la situazione potrebbe cambiare?
«Forze interne in grado di farlo non ne vedo. Solo una qualche catastrofe economica potrebbe mutare la
situazione, ma quella sarebbe pericolosissima perché potrebbe portare alla disgregazione della Russia. E
questo lo temono tutti. Ma poi mi torna in mente "Guerra e pace" di Tolstoj. Il maresciallo Kutuzov prima della
battaglia di Borodino siede vicino alla finestra e guardando nel buio pensa: io farò il possibile, i miei generali e
soldati pure, ma qualcosa di essenziale lo farà qualcuno a noi ignoto».
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 02/03/2015
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L'intervista
01/03/2015
Corriere della Sera
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SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 02/03/2015
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Chi è
Svetlana Alexievich, 66 anni, scrittrice, è una delle coscienze critiche della storia sovietica. I suoi libri sono
stati tradotti in 40 lingue. Nel 2013 era tra i candidati al Nobel per la Letteratura
Il libro
Svetlana Alexievich è l'autrice, tra l'altro, di «Tempo di seconda mano. La vita in Russia dopo il crollo del
comunismo» (Bompiani), un saggio sulla svolta epocale dopo l'Urss
01/03/2015
Corriere della Sera
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Il vaffa day del leader (in maglia nera) L'obiettivo è il partito del
malcontento
Il capo tra destra, vessilli della Serenissima e alleanze variabili. Striscione anti Berlusconi L'abbraccio con il
«rivale» Tosi. I renziani: non ci fanno paura ma non vanno sottovalutati
Marco Cremonesi
ROMA Il mai visto, ieri si è visto. Le bandiere con il Sole delle alpi sventolano fianco a fianco del Tricolore, i
vessilli della Serenissima si intrecciano a quelli dei Fratelli d'Italia e a quelli, tanti, di Noi con Salvini, che
esiste soltanto nel Mezzogiorno.
Potrà essere stato un «vaffan... day» in salsa verde-nera. Potrà essere stata, come sostiene Osvaldo Napoli
di Forza Italia, una manifestazione di slogan piu che «di politica fatta di ragioni e ragionevolezza». Resta il
fatto che la «discesa» nella Capitale di Matteo Salvini è un fatto politico con cui fare i conti, la nascita di un
vero populismo italiano. E Salvini sembra essere riuscito bene nell'impresa difficile di far dimenticare la
sanguigna vena anti meridionale che nella Lega non è affatto mancata. In ambienti renziani, il fatto che il
nuovo soggetto non sia da sottovalutare pare essere percepito.
Lo sdoganamento al centro e al sud Italia del partito che sembrava il meno «esportabile», ieri ha assunto
plastica evidenza nel lungo corteo di Casa Pound che discendeva dal Pincio e andava a fondersi con il resto
della manifestazione. Solo «roba di destra»? Chissà. Ma, come dice il militante romano Francesco Alfano con
t-shirt «Grazie a Dio sono italiano», «ciò che chiamano populismo e' solo malcontento» e se Salvini «sarà
quello che riesce a mettere insieme tutta la destra, va benissimo».
Quanto al berlusconismo, il sentimento è scritto sul grande striscione listato a lutto con tanto di croce:
«Berlusconi politicamente defunto». Al di là dello striscione, al di là delle alleanze con Forza Italia a ieri
ancora possibili, la scommessa di Salvini è che nell'Italia di oggi («Quanto sono belle le bandiere di questo
sventurato paese...») la destra moderata ha avuto la sua occasione e l'ha mancata. Non perché c'è Renzi,
ma «perché gli artigiani, gli imprenditori, i professionisti e i lavoratori vessati dallo Stato non sono più
moderati».
E così, lui, non rinuncia a nulla del repertorio della destra ruspante e di popolo, nemmeno al «chi non salta è
comunista». E pazienza se nel remoto Parlamento del Nord, lui fosse il capo dei «comunisti padani». Il fatto è
che Salvini ne è perfettamente consapevole. Non è pancia, in realtà, ma strategia perseguita con mestiere. A
partire dalla t-shirt, nera, che indossa: «Io sto con Stacchio», il benzinaio che ha ucciso uno dei suoi
rapinatori. Quando parla di foibe e prende posizioni sull'Islam simili a quelle di Oriana Fallaci, l'elettorato che
vuole riunire è, lui ritiene, maggioritario: «I giornalisti - spiega - mi chiedono con quali partiti ci alleeremo. Io
non mi pongo il problema. Cerco l'alleanza con i 60 milioni di italiani che oggi magari non vogliono più andare
a votare». Dunque, «mettiamoci tutti insieme e prenderemo il 51 per cento. A Matteo Renzi toccherà di
andare a lavorare, magari nell'azienda di famiglia».
È la lezione di Marine Le Pen, che in Francia sta raccogliendo intorno a sé tutti i movimenti, anche locali e
apparentemente disparati, nemici di Hollande. Solo opposizione con poche indicazioni su future scelte di
governo? Al di là del no euro, al di là del no all'immigrazione, l'unica indicazione nitida e' quella sulla flat tax al
15%, portata all'orizzonte ideologico dei salviniani dal Partito Italia nuova (Pin) di Armando Siri.
Eppure, il leader della Lega dovrà ben presto fare i conti con la politica come mediazione nel senso più
tradizionale. Il grande avversario di Luca Zaia in Veneto, Flavio Tosi, ieri era presente alla manifestazione. Un
abbraccio con Salvini ma il sindaco non pare intenzionato a fare passi indietro: «Su candidature e liste
deciderà il consiglio nazionale della Liga veneta». Ma di questo, Salvini si occuperà domani. Il sabato è suo e
lo conclude con una promessa: «Se siete disposti a soffrire e a rischiare, noi andiamo vincere».
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SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 02/03/2015
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Il retroscena
01/03/2015
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Prenderemo il 51%
e a Matteo Renzi toccherà andare
a lavorare nell'azienda di famiglia Non mi pongo
il problema delle alleanze Cerco un patto con
60 milioni
di italiani
Foto: Insieme Tosi e Salvini ieri (Cavicchi)
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 02/03/2015
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01/03/2015
Corriere della Sera
Pag. 11
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Bossi: «Con Silvio è sbagliato rompere Il resto è transitorio»
M.Cre.
ROMA «Roma? È ancora ladrona. Anzi, ladronissima», Umberto Bossi è sul palco di «Renzi a casa», la
manifestazione del nuovo soggetto politico di Matteo Salvini, non più padano ma italiano. Anche lui, nel 1999,
aveva organizzato una manifestazione nella Capitale, nell'era secessionista della Lega. Ma i numeri, allora,
erano stati ben diversi.
E che ci fa lei qui se Roma è ancora ladrona?
«Roma vuol dire centralismo. Il Nord ha un residuo fiscale di 100 miliardi rispetto allo Stato. Senza che
questo sia servito a portare sviluppo al Sud».
Insomma, la svolta «nazionale» di Salvini e questa piazza la convincono?
«Sì, è la prima grande piazza non solo leghista contro il centralismo. E cade al momento giusto: perché il
Nord non può più pagare. E il Sud ha bisogno di sviluppo».
Ma «Renzi a casa» non sembra stia per andarci.
«A lui penso che piacerebbe. Andare a elezioni, intendo. Adesso gli va bene, ma tra qualche mese sarà sui
carboni ardenti».
Che effetto le fa che oggi, grazie a «Noi con Salvini», ci siano parecchie persone vicine alla Lega anche al
Sud?
«Vedere così tanta gente mi ha fatto davvero un certo effetto. Sono persone che hanno gli stessi interessi,
che sono poi il difendersi dallo Stato. Ma nessun effetto rispetto al fatto che molti sono del Sud, noi non siamo
mai stati razzisti.È una cosa che si sono inventati per dividerci, come tante altro tipo quella che avessimo
preso dei soldi».
E vedere i tricolori vicino alle bandiere leghiste?
«Nessun effetto».
In piazza tanti di CasaPound e della destra estrema. Ma lei non si è sempre detto nemico dei «fascisti»?
«Con CasaPound non c'è nessuna alleanza, ma un accordo transitorio. D'altronde, quando uno è circondato,
si deve trovare gli alleati che può. Resto però convinto che le guerre le vince, spada contro spada, il popolo.
Non i manipoli».
Che cosa sta succedendo in Veneto? La Lega rischia di dividersi e perdere le elezioni?
«La situazione in Veneto è abbastanza pericolosa. Luca Zaia è forte e credo che possa vincere a mani basse
anche da solo, senza alleati. Però, secondo me, non deve succedere lasciando Berlusconi a guardare da
fuori. Altrimenti, Forza Italia dovrà fare patti con qualcun altro. Non ci vuole una rottura, bisogna pensare al
dopo».
Flavio Tosi ha minacciato di candidarsi contro Zaia se le liste elettorali non fossero decise dai veneti. Pensa
che dovrebbe essere espulso?
«Tosi ha messo fuori dalla Lega un sacco di gente. Troppa gente davvero. Ma non credo che debba essere
espulso anche lui. Il problema è lo stesso di prima: in Veneto non si devono soltanto vincere le elezioni.
Bisogna anche impedire gli scontri e le spaccature. Per questo Salvini dovrà cercare di tenere tutti quanti
uniti».
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Foto: Gesti Umberto Bossi sul palco a Roma fa le corna al governatore del Veneto Luca Zaia (Agf)
Foto: Sul palco
Il segretario della Lega Matteo Salvini, 41 anni, parla ai militanti della Lega alla manifestazione contro il
governo Renzi in piazza del Popolo a Roma (Benvegnù- Guaitoli- Panegrossi)
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 02/03/2015
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L'intervista
01/03/2015
Corriere della Sera
Pag. 13
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Toti: «Copiano Grillo E come i 5 Stelle diventeranno irrilevanti»
Dottor Jekyll e Mr Hyde Ci sono due Leghe, una del Dottor Jekyll con Maroni e Zaia, l'altra di Salvini Mr Hyde
I confini a destra Una cosa è certa, con CasaPound Forza Italia non ha nulla a che fare. Niente
Tommaso Labate
ROMA «Dalla manifestazione di Salvini non ho sentito nessuna ricetta di governo plausibile. Nessuna».
E che cos'ha sentito?
«Slogan, tanti slogan. E anche una serie di "vaffa" che Salvini ha copiato da Grillo. E se Salvini si mette a
copiare Grillo, lo sa che cosa succede?».
Che cosa?
«Che finirà per condannarsi alla stessa irrilevanza politica del M5S».
La guerra di posizione tra Matteo Salvini e Forza Italia si arricchisce di un nuovo capitolo. Qualche ora dopo
la fine della manifestazione, Giovanni Toti stronca modi e toni dell'iniziativa salviniana di piazza del Popolo. FI
e Lega sono ai ferri corti. Sembra quasi il '95, l'alba di una separazione durata cinque anni.
«Il problema, in questo momento, è che ci sono due Leghe. Una Lega del Dottor Jekyll, quella degli Zaia e
dei Maroni, che governa benissimo in Veneto e in Lombardia. E una Lega di Mister Hyde».
Mister Hyde è Salvini?
«La Lega di Salvini sembra orientata alla costruzione di una destra lepenista che non ha alcuna possibilità di
rappresentare un'alternativa a Matteo Renzi. Ma lei immagina il 51% che passa su quella linea? Visto che
non è possibile costruire una maggioranza su posizioni di questa destra, a questo punto è evidente che, pur
attaccando Renzi, Salvini si trasforma nel suo miglior alleato».
Perché lei pensa che...
«Io penso che un centrodestra unito possa vincere. Silvio Berlusconi e Umberto Bossi erano stati in grado di
costruire una coalizione che, nonostante le differenze tra i due movimenti, riusciva a trovare una sintesi e a
governare. Nonostante il Pd decanti miseri dati dello zero-virgola, ricordo che nell'anno appena passato il
solo mercato dell'edilizia ha perso il 7%. E gli italiani lo sanno. Serve una politica economica che dia respiro a
questo Paese. Non tweet, slide o pesciolini rossi».
Come vede la saldatura tra Salvini e CasaPound?
«Mettiamola così. Salvini ha tutto il diritto di stabilire quali siano i confini della Lega. E noi, col presidente
Berlusconi in testa, stiamo continuando faticosamente a provare a mettere insieme un'alleanza con soggetti
che si mettono veti tra loro. Una cosa è certa, però. Forza Italia, con CasaPound, non ha nulla a che fare.
Niente».
FI, però, è un movimento che vive momenti drammatici. La guerra con l'area Fitto.
«Forza Italia è un partito in cui ciascuno ha il diritto di esprimere le proprie posizioni nelle sedi competenti. Il
problema arriva proprio quando un pezzo del partito rifiuta il confronto in quelle sedi e diserta il dibattito».
I fittiani lamentano l'assenza di un dibattito democratico interno.
«Ma non è così. Fitto non ha la maggioranza del partito. E in un partito democratico, funziona così: la
maggioranza decide e la minoranza si adegua».
Fitto dovrebbe adeguarsi, insomma?
«Non siamo noi che stiamo escludendo Fitto dal partito. È Fitto, per le ragioni che le ho esposto prima, che si
sta autoescludendo. Così facendo, Fitto fa male all'intero movimento politico, ai suoi militanti e ai suoi elettori.
E, se posso permettermi, anche a se stesso, visto che anche lui è un dirigente di Forza Italia».
Ce la farete a costruire la coalizione per le Regionali?
«Noi ce la stiamo mettendo tutta. Forza Italia, col presidente Berlusconi in testa, è impegnata in uno slalom
quotidiano tra le opinioni contrastanti e i veti incrociati delle altre forze con cui vogliamo allearci. L'impresa è
difficile ma non la abbandoniamo. Anche perché è l'unico modo che abbiamo per battere Renzi».
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 02/03/2015
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L'intervista
01/03/2015
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Chi è
Giovanni Toti, 46 anni, eurodeputato, dal gennaio 2014 è consigliere politico di FI
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 02/03/2015
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01/03/2015
Corriere della Sera
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La scelta «anomala» di D'Anna: i candidati dem meglio di Caldoro
Io non vado ai gazebo né mando nessuno, e Cosentino ora pensa a ben altro Ma spero che Caldoro
sparisca: Cozzolino e De Luca sono bravi, lui non lo è
Fulvio Bufi
NAPOLI Senatore D'Anna, chi preferisce tra Andrea Cozzolino e Vincenzo De Luca?
«Mi consenta di non rispondere».
Proprio lei dice «mi consenta»?
«No, correggiamo: preferisco non rispondere».
Casertano di Santa Maria a Vico, Vincenzo D'Anna è uno di quelli che da FI se ne sono andati senza
portarsene un buon ricordo. Ora è vicecapogruppo del Gal, e quando parla del suo ex partito dice che è
«affetto da satrapia a livello centrale e da decadenza in periferia». Tradotto: detesta sia Berlusconi che
Caldoro. E siccome è pure amico di Nicola Cosentino, portano direttamente a lui tutte le allusioni che in
questi giorni circolano su una mobilitazione di una parte del centrodestra in soccorso dei due candidati alle
primarie del Pd per le Regionali.
Domenica ci va a votare?
«Ma assolutamente no».
E già, come potrebbe? La conoscono tutti. Allora farà andare i suoi.
«Non andrò a votare per le primarie del Pd e non chiederò a nessuno di andare a votare per le primarie del
Pd».
Ma questa storia dei cosentiniani pronti a sostenere Cozzolino l'avrà sentita.
«Una cosa miserevole. Cosentino lo lasciassero in pace, che ha problemi più seri e grossi (è detenuto e sotto
processo per camorra, ndr ). E i cosentiniani nemmeno esistono. Anzi sì, e sono Caldoro e i suoi, che sono
stati eletti grazie ai voti che ha portato Nicola».
Ma ormai tra poco si rivota.
«E speriamo che Caldoro esca di scena».
Quindi lei va per Cozzolino o per De Luca.
«Sono bravi amministratori, a differenza di Caldoro».
È un sì?
«È una stima da avversario».
Se potesse li voterebbe?
«Se rispondessi a questa domanda finirei nel tritacarne».
Secondo lei perché?
«Perché nel Pd c'è chi non si vuole rassegnare alla realtà. Le primarie ci saranno».
E quindi mettono in mezzo lei? Che però Cozzolino e De Luca ammette di stimarli.
«De Luca è stato un bravo sindaco e Cozzolino un bravo assessore ai tempi di Bassolino. Detto da
avversario».
Però spera che l'uno o l'altro batta Caldoro.
«Io Caldoro spero di indebolirlo con la mia lista, che nemmeno avrei fatto se il centrodestra avesse scelto un
altro. Ma dalle primarie pd siamo fuori».
Come si spiega che esponenti casertani del suo centrodestra vadano agli incontri di Cozzolino?
«Queste sono le illazioni messe in mezzo da Paolucci (l'europarlamentare che tre giorni fa ha lasciato il Pd,
ndr ), ma è una polemica speciosa. E francamente pensare che dietro un selfie possa esserci chissà quale
macchinazione, quale sordida trama, è solo ridicolo».
Veramente nel Pd in questi giorni non ride nessuno.
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 02/03/2015
120
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L'intervista
01/03/2015
Corriere della Sera
Pag. 15
(diffusione:619980, tiratura:779916)
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 02/03/2015
121
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«Non ridono quelli che non volevano le primarie perché non volevano un candidato forte. Per poter
continuare a fare da stampella a Caldoro, come hanno fatto in Regione».
Quindi una spintarella a Cozzolino... O a De Luca.
«La verità è che sono entrambi molto forti. Diciamo che nessuno dei due avrebbe bisogno di aiuto. Chi parla
di organizzazioni oscure ha pensato a quale flusso di voti ci sarà? Sarà talmente alto che per spostare gli
equilibri bisognerebbe mettere in piedi una organizzazione imponente. E se ci fosse stata, sarebbe già sotto
gli occhi di tutti. Se nessuno la vede significa che non c'è».
Oppure che è perfetta.
«Non c'è, non c'è».
Ma tra Cozzolino e De Luca un preferito ce l'ha.
«Salutiamoci qui, è stato un piacevole colloquio».
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Chi è
Vincenzo D'Anna, 63 anni, deputato pdl dal 2010 al 2013 (gruppo Responsabili) Nel 2013 viene rieletto con il
Pdl al Senato. Il 16 novembre aderisce a FI ma 4 giorni dopo diventa vicepresidente del gruppo
Grandi autonomie
e libertà
01/03/2015
Corriere della Sera
Pag. 39
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«Fiat, Europa in pareggio nel 2015»
Altavilla e la squadra del Lingotto: le esportazioni al 40% entro il 2018. Tre modelli per la famiglia «Melfi?
Sono arrivate 38 mila domande di lavoro». Ecco i piani per 500 e Alfa Romeo
Bianca Carretto
Risultati finanziari in crescita, nuovi modelli che riscuotono successo e organizzazione rinnovata: la Regione
Emea di Fca si presenta con un ruolo da protagonista. «Abbiamo ristrutturato profondamente la nostra
organizzazione - anticipa al Corriere il Chief Operating Officer Alfredo Altavilla insieme a tutti i capi dei Brand
della Regione EMEA, compreso il responsabile del mercato Italia - dando un giusto focus al cambiamento
dopo il piano strategico dello scorso 6 maggio e posizionando i nostri brand verso un'area sempre più
premium che richiede un approccio totalmente diverso. Abbiamo voluto dare un segnale di discontinuità
anche dal punto di vista manageriale, consentendo ai nostri dirigenti di ampliare il loro bagaglio di esperienze.
Chi si occupava di brand oggi si occupa di mercati e viceversa. Stiamo creando delle figure professionali che
sappiano leggere il mercato ed i clienti a 360 gradi. In Fca la meritocrazia prevale su tutto, questa
riorganizzazione permetterà di mettersi in gioco nel migliore dei modi».
Che importanza ha in questo momento l'Europa?
«L'Europa per noi è e sarà sempre fondamentale. I risultati commerciali di questa nuova strategia di
riposizionamento dei marchi cominciano a darci ragione, con gli stabilimenti che sono il cuore della nostra
attività. In occasione dell'Investor Day è stata definita la missione di ogni singolo impianto. L'obiettivo è la
saturazione della capacità produttiva entro il 2018, grazie alle esportazioni che raggiungeranno il 40% della
produzione. Raggiungeremo la piena occupazione, a Melfi, ad esempio, tra neo assunti e trasferimenti da
altre fabbriche, stanno entrando oltre 1500 persone, ma i curriculum che ci sono arrivati sono più di 38 mila.
Questa è la realtà. Il risultato positivo ottenuto nell'ultimo trimestre 2014 ha posto le basi per raggiungere, nel
2015, il pareggio operativo nella Regione Emea».
Una donna guida Lancia ma anche Panda e Doblò, le due anime di Fiat... ..
«C'è quella emozionale - spiega Antonella Bruno - che appartiene alla famiglia 500 ed una funzionale, che
seguo direttamente, significa un ventaglio di modelli come Panda e le tre vetture del segmento C che stanno
nascendo e che saranno prodotte in Turchia: una due volumi, una station wagon ed una berlina, più il Doblò,
il Qubo e la Punto. Vogliamo valorizzare al meglio tutto il parco auto Fiat esistente che è di oltre 13 milioni di
vetture in Europa ».
Lancia avrà un futuro ?
«Certo - continua la Bruno - la Ypsilon è stata nel 2014 per il secondo anno consecutivo la seconda vettura
più venduta del segmento B in Italia e la terza dell'intero mercato. La Ypsilon da sola ha immatricolato nel
nostro Paese più di tutte le Audi o le Nissan, prosegue il suo cammino con una costante evoluzione
dell'offerta».
Luca Napolitano è il nuovo responsabile, per Emea, di Fiat, ha il compito di integrare le due anime del
marchio, arriva dalla Spagna dove ha ottenuto grandi risultati per tutti i marchi di Fca. «Le premesse sono
molto incoraggianti - spiega Napolitano - il successo di pubblico nelle concessionarie italiane per il lancio
della 500X ha avuto ripercussioni positive anche sugli altri modelli. Abbiamo lavorato per conquistare nuovi
clienti e ridurre eventuali cannibalizzazioni con altri modelli del gruppo. La 500L è leader in Italia con il 40% di
quota ed è al vertice del suo segmento in Europa, una vettura per la famiglia, con target diverso dalla 500X.
500 e Panda continuano ad essere leader nel segmento A in Europa, dove una Fiat è presente al vertice da
25 mesi».
Il capo Emea di Alfa Romeo è Fabrizio Curci, a cui è stata affidata anche la responsabilità di coordinare a
livello globale il piano di lancio dei nuovi prodotti . «Alfa Romeo - precisa Curci - avrà nuovi show room
dedicati insieme a Jeep ma con ingressi, spazi e identità separati. Il 24 giugno verrà mostrato per la prima
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Intervista
01/03/2015
Corriere della Sera
Pag. 39
(diffusione:619980, tiratura:779916)
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volta il nuovo modello, commercializzato nei mesi successivi, si innesterà con la Mito, la Giulietta, la 4C e la
4C spider, vetture ci hanno aperto l'accesso a segmenti da cui eravamo assenti da tempo. Entro il 2018
usciranno 8 modelli inediti, da quest'anno vivremo una serie di avvenimenti legati al rilancio del marchio. In
primo luogo la riapertura del Museo di Arese, nel giorno in cui compirà 105 anni, stiamo lavorando per
riposizionare ai vertici un marchio che tutti i concorrenti ci invidiano».
La nuova Alfa parteciperà al premio "Auto dell'Anno"?
«Il premio ha una visibilità che dura solo qualche giorno e quindi al momento investimenti di questo tipo non
sono una priorità», interviene Altavilla. In Jeep è arrivato Steve Zanlunghi. «Il verde Jeep circola nelle mie
vene - risponde Steve - ora ho il privilegio di guidarlo in Emea, regione in cui siamo cresciuti, nel 2014, di
oltre il 40% e del 70% , considerando solo l' Europa. La Renegade si è inserita fra le top sellers, da subito,
completeremo il lancio con l'offerta di altri motori e contenuti». Per i veicoli commerciali è arrivato Domenico
Gostoli. «Fiat Professional è un brand che porta utili , si sta spostando sempre più verso il settore delle flotte,
che si sta aprendo anche al Ducato e al Fiorino. La gamma si completerà nella prima metà del 2016 con il
Ducato, leader di mercato, e Doblò in ascesa, valutando ogni opportunità».
Ad Alessandro Furfaro è stato affidato il marchio Abarth e la ristrutturazione di tutto il settore licensing e
merchandising di Fca. «L' obiettivo - commenta Furfaro - è di completare l'affermazione del marchio Abarth in
Europa, facendolo evolvere da un ruolo di nicchia a quello di protagonista nella categoria delle vetture
sportive e di prestigio. Il mandato Abarth sarà proposto a tutti i concessionari Fiat, rappresenterà per la rete
una grande opportunità che inizierà con il ritorno di un modello mitico, la 124 Spider Abarth».
Gianluca Italia, il manager dei successi di Fiat 500L e 500X gestirà le vendite di tutti i brand. «È necessario commenta Italia - dare sicurezza e fiducia alla rete, permettendo a tutta la struttura di crescere nel processo
di vendita e post vendita, una rete che si rivolgerà anche ad una clientela premium. La 500X per il 60% è
scelta da una clientela proveniente dalla concorrenza e da segmenti superiori, vogliamo vendere non solo di
più ma meglio».
L a 500 a cinque porte?
«Nel nostro piano - risponde Altavilla - è prevista una vettura del brand Fiat nel segmento B. Non abbiamo
mai detto che sarà una 500».
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Cos'è
La sigla «Emea» sta
per Europe, Africa and Middle East. Alfredo Altavilla (foto )
è Chief Operating Officer dell'Emea
di Fca dal 12 novembre 2012 La Regione sta dando grosse soddisfazioni
al gruppo con risultati finanziari
in crescita e nuovi modelli che riscuotono particolare successo La 500L ad esempio è diventata leader
in Italia con
il 40% di quota ed è al vertice del suo segmento
in Europa
Foto: Antonella Bruno
Foto: Gianluca
Italia
Foto: Luca Napolitano
Foto: Fabrizio
Curci
Foto: Alessandro Furfaro
Foto: Domenico Gostoli
01/03/2015
Corriere della Sera
Pag. 39
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Foto: Steve Zanlunghi
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01/03/2015
Corriere della Sera
Pag. 43
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Franceschini, i musei e la riforma: «Nuovi direttori, è soltanto l'inizio»
Pierluigi Panza
I love Italy, I love Italy: qualcuno a Occidente ci ama, e non solo per gli spaghetti. «Ci ama per la nostra arte»,
è la convinzione che il ministro per i Beni e le Attività culturali, Dario Franceschini, nutre di ritorno da una
trasferta americana. Rientrato ieri dopo vari incontri con curatori, artisti e investitori d'oltreoceano,
Franceschini sarà oggi in visita in alcuni tra i 400 musei statali italiani aperti gratuitamente per l'iniziativa
«Domenica al Museo».
Ci amano?
«In Usa c'è enorme attenzione verso la cultura italiana, sotto ogni aspetto. Ovviamente si sono sempre
chiesti come mai, avendo questo tesoro, non avevamo introdotto nuovi strumenti fiscali. Così abbiamo
presentato loro l' art bonus , che consente a fondazioni e investitori che pagano le tasse in Italia di ottenere la
defiscalizzazione più alta d'Europa se investono in cultura. Se investono 10, fino a 6,5 non paghi tasse. E
possono legare il proprio nome a un pezzo di patrimonio, come la Fondazione Packard che da 10 anni
finanzia Ercolano».
Poi c'è il «tax credit» per il cinema.
«Grazie al tax credit abbiamo già avuto ritorni importanti: se si stanno girando a Roma il nuovo 007 e il
remake di Ben Hur è grazie alle nuove regole. Prima le major venivano qui solo per location particolari. Nel
2013 le produzioni risultavano pari a 25 milioni mentre nel 2014 siamo a 52».
Avete parlato anche di restituzioni di opere d'arte?
«Sono arrivato in contemporanea alla restituzione della Santa Trinità di Tiepolo. Ma oltre alle restituzioni noi
esportiamo arte contemporanea in Usa. A Soho la collezionista Laura Mattei ha aperto il Cima, Centro
italiano per l'arte moderna: espone opere di italiani (ora Medardo Rosso) e fa fare stage a decine di ragazzi.
Ma tutti, da artisti come Christo ai direttori dei musei, hanno mostrato interesse per le opere italiane».
Già, i direttori dei musei... Qui hanno risposto in 1.200 (80 stranieri) al concorso indetto per selezionare i
direttori dei 20 maggiori musei italiani. Basta cambiare direttore per cambiare i musei?
«Facendo venire figure di rilievo spero si cambi. Ma questo è solo un pezzo della riforma. Prima, gli incassi di
un museo finivano alla Tesoreria generale. Ora i musei avranno bilanci loro e potranno costruire sinergie con
altri enti».
E i piccoli musei?
«La sfida italiana è quella del museo diffuso. Noi non dobbiamo confrontare un nostro museo con un grande
museo straniero, bensì considerare la rete dei nostri siti. Quelli dello Stato, l'anno scorso, hanno superato i 40
milioni di visitatori, più dei primi 5 musei del mondo messi insieme».
Ha presentato anche «#verybello», il portale delle iniziative Expo il cui nome ha fatto sorridere?
«Invece ha avuto accessi enormi, attira. Abbiamo presentato i 1.500 eventi di qualità che si svolgeranno nei 6
mesi di Expo in tutta Italia, proprio per dimostrare che l'Italia è un museo diffuso. E va sostenuto non solo da
grandi privati, ma anche con il crowdfunding , che in Usa è un sistema consolidato. Un patrimonio così vasto
non può essere a carico della sola finanza pubblica, anche di imprese e di una rete di donatori».
Una certa sinistra conservatrice non la pensa così...
«Lo Stato ha il dovere della tutela. Donazioni e contributi non dissacrano e ovunque sono accolti a braccia
aperte. In Italia il Museo Egizio e Venaria Reale stanno sperimentando i primi modelli di integrazione
pubblico-privato nella gestione. Il privato non entra per fare profitto: nessun museo fa profitti, neanche in
Usa».
Ci saranno 1.500 iniziative, ma i Bronzi di Riace non sono venuti a Milano e nemmeno l'«Annunciazione» di
Leonardo degli Uffizi, che pure è andata a Tokyo.
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 02/03/2015
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INTERVISTA Il ministro torna dagli Usa e apre agli investimenti dall'estero
01/03/2015
Corriere della Sera
Pag. 43
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SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 02/03/2015
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«Gli Uffizi hanno prestato 28 opere per Expo. Se avessero prestato anche questa sarebbero rimasti senza un
Leonardo. Lo sforzo è diffondere ovunque il turismo grazie a Expo. Dobbiamo evitare il sovraffollamento in
alcuni centri e di lasciare luoghi meravigliosi senza turisti. Sotto Roma va solo il 15 per cento dei turisti! Con
Paesi che entrano con milioni di persone nel turismo globale i nostri numeri sono destinati a crescere e
dobbiamo gestirli in modo intelligente. Dopo Expo milioni di persone devono tornare in Italia».
L'Expo inizierà con la «Turandot» del primo Maggio alla Scala. Peccato che gli operai della Cgil intendano
rispettare l'astensione dal lavoro...
«Penso che sia un problema in via di soluzione, è cosa talmente evidente... Quello che ho trovato in questo
viaggio è attenzione anche verso la nostra musica e le nostre arti contemporanee. Per questo abbiamo
attivato una nuova direzione a sostegno dei nuovi talenti».
Ma il sistema della cultura italiana è dominato da élite, familismo ed è privo di meritocrazia: come fa un figlio
di un operaio a fare lo scrittore o il professore?
«È un problema di tutto il Paese. I giovani e gli outsider faticano ad affermarsi. Ma avere un premier di 40
anni aiuterà a farlo anche in questo settore. La politica è passata avanti» .
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Iniziative
Qui sopra il ministro Dario Franceschini, già segretario del Pd, tornato ieri da un viaggio istituzionale negli
Stati Uniti Dagli Usa sono state restituite all'Italia due opere illegalmente trafugate. Sono la Santa Trinità che
appare a San Clemente di Giambattista Tiepolo, dipinto rubato in un'abitazione privata di Torino nel 1982, e
la statuetta di Ercole sparito con altri oggetti di valore - tavolette d'avorio - dal museo di Pesaro addirittura 51
anni fa Oggi in tutt'Italia il ministero per i Beni e le Attività Culturali e del Turismo rinnova l'iniziativa
«Domenica al Museo» con l'apertura gratuita dei luoghi statali della cultura
Foto: La Santa Trinità che appare a San Clemente di Gianbattista Tiepolo (1696 - 1770). L'opera era stata
rubata a Torino ed è ritornata alla luce quando è stata messa all'asta da Christie's
02/03/2015
Corriere della Sera
Pag. 1
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Il fiore di Renzi (da spiegare)
Beppe Severgnini a pagina 3
M atteo Renzi mercoledì sarà a Mosca, dove incontrerà Vladimir Putin. Ieri, dopo che gli è stata ricordata
pubblicamente l'opportunità del gesto, ha fatto sapere: deporrà un fiore sul luogo dell'omicidio di Boris
Nemtsov. Meglio tardi che mai, vien da dire.
C'è una bella immagine che arriva dalla Russia. Gli ambasciatori del Regno Unito, della Francia e della
Germania marciano insieme, sotto il cielo grigio, verso il luogo dove è stato assassinato l'avversario di Putin.
Ognuno porta un mazzo di fiori. L'ambasciatore d'Italia non c'è. Abbiamo mandato - la conferma ieri dalla
Farnesina - «un funzionario di medio livello all'interno di una delegazione Ue».
Federica Mogherini? La guida (teorica) della politica estera europea s'è limitata a una dichiarazione di due
paragrafi, dove esprime «indignazione» e «profonda tristezza» e si augura che «le autorità russe conducano
una piena, rapida e trasparente indagine, portando i colpevoli di fronte alla giustizia». Rapida e trasparente
indagine, nella città di Anna Politkovskaja? Giustizia, nel paese di Boris Berezovskij? Come Alto
Rappresentante, bisogna dire, Mogherini tiene un profilo ben basso.
Ogni governo d'Europa vorrebbe una Russia pacifica, seria, affidabile. Tutti sanno quanto sarebbe importante
averla accanto nella lotta ai fanatici dell'Isis. La grande maggioranza di noi sperava che dalle macerie del
comunismo uscisse di meglio di questa rapace autocrazia. A Vladimir Putin non possiamo perdonare tutto in
nome del quieto vivere. Come spiega oggi Angelo Panebianco, come dimostrano Crimea e Ucraina, non si
vive quietamente accanto a personaggi così.
Matteo Renzi è giovane, ma non è ingenuo. Sa che nella vita, degli uomini e delle nazioni, bisogna scegliere.
Anche Londra, Berlino e Parigi hanno importanti legami economici con la Russia; ma davanti all'aggressività
e alla falsità non hanno esitato a dire al Cremlino ciò che merita. Non esiste una via di mezzo tra le
democrazie dell'Unione Europea e le ambizioni di un uomo, la cui parabola sembra segnata. Putin governa
un'economia al collasso e una moneta in caduta libera. Fino a quando l'eccitazione nazionalista farà
dimenticare la pancia vuota? Per quanto tempo ancora la cleptocrazia che lo circonda, bloccata dalle
sanzioni, rinuncerà a frequentare le proprie lussuose residenze in Europa, acquistate chissà come?
Boris Nemtsov è morto. È una buona cosa deporre quel fiore italiano. Ma è più importante spiegare perché.
@beppesevergnini
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SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 02/03/2015
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SCELTE DI CAMPO
02/03/2015
Corriere della Sera
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«Così sta cambiando la destra»
Massimo Rebottia pagina 15
Milano «Sì, la piazza di Salvini è stata una novità, anche promettente». Marcello Veneziani, uno degli
intellettuali più rappresentativi della destra italiana, risponde senza esitazioni. Non significa che gli sia
piaciuto tutto del sabato romano organizzato dalla nuova Lega «lepenista», ma in quella manifestazione ha
visto un «ritorno della politica a destra dopo diversi anni di immobilismo causato anche dalle questioni
personali di Berlusconi».
Quella di Salvini è stata una piazza classicamente di destra?
«Direi di sì. Si inserisce tra l'altro in un fenomeno europeo che in alcuni Paesi è anche più vasto che da noi:
contro l'Ue e l'immigrazione incontrollata».
E la Lega può guidare quest'onda?
«Su questo ho qualche dubbio. Per quanto il suo leader si stia impegnando, la Lega resta una forza
macroregionale. Al Centrosud non avrà mai consensi paragonabili a quelli che raccoglie al Nord. È chiaro che
Salvini, al di là di quanto dice nei comizi, deve trovare intese con forze nazionali».
Chi?
«La destra italiana, in fuga dal berlusconismo, è dispersa: tra l'astensione, Grillo, magari è anche da Renzi.
Salvini può raccogliere molti, ma è un leader transitorio. Una ciambella di salvataggio».
In che senso?
«Il leader della Lega ha un grande merito: sta ridando vigore, vita, a una destra che era esangue,
immobilizzata dalle questioni personali - a volte comprensibili ma sempre personali - di Berlusconi. Però non
sarà lui il punto di arrivo».
Perché?
«Perché Salvini semplifica molto. Mi spiego: Salvini è efficace perché è semplice, ma proprio perché è
semplice, è anche fragile. Giorgia Meloni, per esempio, semplifica meno. Non parla attraverso le felpe».
Però ha anche meno consenso.
«Così vanno i tempi. Ma la piazza di sabato è stata lo stesso significativa: è la prima del dopo Berlusconi».
Si è detto tante volte.
«Questa volta è evidente. Matteo Renzi incarna una versione giovanile, politicamente corretta, direi
omeopatica, del berlusconismo. Matteo Salvini invece ne eredita la parte populista. Ecco perché Berlusconi
politicamente è finito».
Sul fronte populista c'è la concorrenza di Beppe Grillo .
«Quello mi sembra un fenomeno destinato a declinare. Salvini ora è più efficace».
Fino al punto da insidiare Renzi? Oppure quella della Lega è esattamente l'opposizione che il premier si
augura.
«Per ora la seconda ipotesi. Renzi può fare il partito della nazione. A sinistra Landini, a destra Salvini. Per lui
è perfetto. Il leader della Lega rischia di avere lo stesso ruolo che ebbe in Francia Le Pen padre:
elettoralmente significativo, attorno al 15%, ma funzionale alle vittorie della sinistra. Per François Mitterrand,
per esempio, Le Pen era un'assicurazione sulla vita».
Ora però in Francia Le Pen figlia è in testa ai sondaggi .
«Infatti. Alla fine saranno i numeri a decidere cosa diventerà Salvini. Se resta tra il 15 e il 18 per cento sarà
funzionale a Renzi. Se cresce, lo scenario cambia. E i moderati dovranno scegliere: Renzi o Salvini».
Cosa ha detto il leader della Lega di convincente, secondo lei, che potrebbe farlo crescere ancora?
«La descrizione, che è reale, del cittadino comune tartassato. La narrazione dei «piccoli» minacciati: dai
tecnocrati di Bruxelles, dall'immigrazione senza controllo, dalla concorrenza delle merci cinesi a costi irrisori.
Funziona. E Salvini intercetterà consensi anche tra chi in passato ha scelto la sinistra. È già successo in
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 02/03/2015
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Intervista con Marcello VEneziani
02/03/2015
Corriere della Sera
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Francia».
A Roma però in piazza c'erano anche i neofascisti .
«Non mi pare così rilevante. Certo chi si richiama a esperienze nostalgiche da Salvini non si sente respinto».
E CasaPound?
«Del fascismo hanno una visione tra l'ideologico e il sentimentale. Ma più che del Ventennio hanno nostalgia
degli anni 70».
In che senso?
«Sono giovani che cercano discorsi forti, radicali. Non nego che possa esserci qualche testa calda, ma nel
complesso non li trovo inquietanti. Se una forza estrema cerca risposte politiche, si presenta alle elezioni,
partecipa, questo è un percorso positivo».
Hanno fatto esordire una nuova sigla - «Sovranità»- e un simbolo, le tre spighe di grano. Cosa vuol dire?
«Il riferimento probabilmente arriva dal loro modello, Ezra Pound ( poeta e saggista statunitense sostenitore
del regime fascista, ndr ). Il grano, il pane come simbolo dei beni reali, della terra, rispetto alla finanza
immateriale, alla speculazione. Immaginario tipico della destra radicale. Magari pensano anche alla "Battaglia
del grano", a Mussolini».
E poi molti, Salvini compreso, tifano per Putin. Ma qual è il pantheon di questa nuova destra?
«Ormai i pantheon non servono: tutto è presente, contingente, utile per un uso politico immediato. Restano
suggestioni storiche, culturali, ma punti di riferimento veri non ce ne sono più. Basta guardare Renzi, dall'altra
parte».
Finora ha parlato da osservatore. Ma a lei personalmente, da uomo di destra, Salvini l'ha convinta?
«Resto troppo legato all'identità nazionale e al mio essere meridionale per entusiasmarmi. Di Salvini mi
interessa la pars destruens , la demolizione del vecchio edificio. Per costruire ci vorranno anche altri
interlocutori».
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Foto: Chi è
Marcello Veneziani,
60 anni, giornalista
e scrittore, editorialista
del Giornale , membro del cda Rai nella XIV Legislatura (2001-2006) Intercetterà consensi tra gli astenuti, da
Grillo e a sinistra. Ma rischia di non essere determi-nante Il leader del Carroccio è efficace perché è semplice,
ma proprio perché è semplice è fragile Comunque quella della Lega a Roma è stata la prima vera piazza del
dopo Berlusconi
02/03/2015
Corriere della Sera
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Danni erariali Paga solo l'1,4%
Sergio Rizzo
Negli ultimi 6 anni la Corte dei conti ha condannato evasori e corrotti a pagare 5 miliardi: e lo Stato ha
incassato 68 milioni. Un allarme che la magistratura contabile lancia da anni, inascoltata. a pagina 21
È una presa in giro. Questo ti viene da pensare dopo aver scoperto che negli ultimi sei anni lo Stato, le
amministrazioni locali e le società pubbliche hanno recuperato appena l'1,4 per cento della somma derivante
dalle condanne della Corte dei conti per danno erariale. E fa ancora più rabbia se si pensa alle dimensioni di
quella cifra, non lontane da quelle di una manovra economica. Fra il 2009 e il 2014 la magistratura ora
presieduta da Raffaele Squitieri ha appioppato condanne per 4 miliardi 898 milioni 4.014 euro e 59 centesimi:
ma del frutto dei procedimenti conclusi in quei sei anni, nelle casse pubbliche non sono entrati che 68 milioni
726.010 euro e 44. Questo significa che per ogni 100 euro di risarcimenti ben 98,60 non sono stati
fisicamente pagati.
Non hanno pagato i ladruncoli della cosa pubblica. Non hanno pagato gli amministratori incapaci, o peggio
infedeli. Ma nemmeno gli evasori pizzicati a frodare il Fisco. Né i corrotti. Né i politici abituati a trattare il
denaro di tutti come il denaro di nessuno. E se è inaccettabile che in un Paese con il record europeo
dell'inefficienza amministrativa e della corruzione i disonesti la facciano franca perfino quando devono
restituire ai contribuenti il maltolto, è inevitabile chiedersi di chi sia la colpa.
Da anni la Corte dei conti lancia l'allarme su una situazione che non soltanto priva l'Erario di incassi
giganteschi, ma fatto ancor più grava alimenta il senso di impunità e dunque il diffondersi di comportamenti
illegali nella pubblica amministrazione. Allarme, va detto con estrema chiarezza, rimasto sempre inascoltato.
Il fatto è che dopo aver emesso la sentenza di condanna la magistratura contabile non ha più alcun potere
sulla sua esecuzione materiale. Quella tocca al soggetto pubblico danneggiato, che però non è sempre così
solerte nell'aggredire il condannato. Per giunta anche la competenza a valle sull'esito materiale delle
sentenze non è del giudice contabile, ma di quello ordinario. Capita spesso, e non per semplice sciatteria,
che la pratica vada in prescrizione dopo che sono trascorsi i previsti dieci anni di tempo senza che sia stata
messa in atto alcuna azione di recupero. Ci si mette poi la farraginosità delle procedure esecutive sulle
proprietà immobiliari. Per non parlare dei furbi che quando arriva l'ufficiale giudiziario risultano nullatenenti
perché hanno ceduto tutto al consorte o a un prestanome.
Che ci voglia del tempo per prendere i soldi è comprensibile. Lo dimostrano gli stessi dati elaborati dalla
Corte dei conti, secondo cui negli ultimi sei anni sono stati recuperati in tutto 148,8 milioni, di cui 68,7 relativi
alle condanne emanate nel periodo e ben 80,1 per le cause precedenti al 2009. Il problema è se esista
sempre la determinazione necessaria, anche da parte di chi deve scrivere le regole. E qui qualche dubbio
non può che venire.
Per esempio, poteva nell'Italia dei condoni non esserne previsto uno per il danno erariale? L'hanno fatto nel
2005, e se quel condono ha consentito di recuperare forse somme maggiori rispetto a quelle soggette con le
procedure ordinarie, non c'è dubbio che per chi ha rubato 300 mila euro cavarsela pagandone sull'unghia 60
mila è stato un bel vantaggio. Ancora. Per quanto sia difficile da credere, i crediti che le amministrazioni e le
società pubbliche vantano nei confronti di un soggetto privato condannato per danno erariale non sono
privilegiati: vengono pagati alla fine, anche dopo i debiti con le banche. Il risultato è che quando il privato in
questione fallisce è matematico che lo Stato non vedrà mai i soldi.
Da anni, dicevamo, la Corte dei conti si lamenta inascoltata di questa situazione. Eppure metterci rimedio non
sarebbe così complicato. Basterebbe prendere seriamente in esame alcune proposte che vengono dalla
medesima magistratura. Per prima cosa affermare il principio che il credito dello Stato per danno erariale è
assolutamente privilegiato: chi mai potrebbe contestare una cosa del genere? Quindi abolire il termine di
prescrizione decennale per le esecuzioni a carico dei condannati a risarcire i contribuenti. Ma anche
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La Corte dei Conti
02/03/2015
Corriere della Sera
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affermare la competenza ad agire per il recupero al pubblico ministero contabile, il quale dovrebbe girare le
somme incassate coattivamente al ministero dell'Economia, che a sua volta le riverserebbe alle
amministrazioni. Inoltre, alla Corte dei conti si giudica opportuno introdurre alcuni accorgimenti per facilitare la
riscossione delle somme. Si pensa a una procedura simile al patteggiamento nel giudizio penale, da cui
sarebbero esclusi comunque i processi per appropriazione di denaro pubblico. Una ipotesi che secondo i
magistrati contabili potrebbe anche contribuire a ridurre il numero dei procedimenti. Gli daranno mai retta a
Squitieri e ai suoi?
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Il bilancio d'Arco 2009 2010 2011 2012 2013 2014 Anno della sentenza 282.062.865,86 267.041.037,59
308.411.000,25 3.166.619.765,03 546.611.637,23 327.257.708,63 10.289.957,39 14.986.902,66
17.280.505,08 5.976.177,88 17.210.558,36 2.981.909,07 Totale 4.898.004.014,59 68.726.010,44 Somme da
risarcire Somme recuperate % del recupero totale: 2009 2010 2011 2012 2013 2014 3,65% 5,61% 5,60%
0,19% 3,15% 0,91%
Il termine
Per «danno erariale» si intende il danno patito dallo Stato o da enti pubblici a causa di reati commessi da
pubblici ufficiali Il danno erariale comprende qualsiasi genere di interesse pubblico, non solo quello
patrimoniale, ma anche all'immagine
02/03/2015
Corriere della Sera
Pag. 1
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Private, Sgravi fino a 4 mila euro
Orsola Riva
Dopo mesi di gestazione, il decreto sulla Buona scuola arriva domani in Consiglio dei ministri. E potrebbe
contenere sgravi fino a 4 mila euro per chi iscrive i figli a scuole paritarie. Il tema divide il Pd. a pagina 22
Il decreto sulla Buona Scuola, dopo mesi di travagliata gestazione, arriva domani sul tavolo del Consiglio dei
ministri. Il suo fulcro era e resta il piano di maxi-assunzioni annunciato a settembre scorso, ma negli ultimi
giorni il ministro dell'Istruzione Stefania Giannini (già segretario di Scelta civica, ora senatrice Pd) ha deciso di
inserire un nuovo, spinosissimo, capitolo: quello delle detrazioni - fino a 4.000 mila euro - per le famiglie che
iscrivono i propri figli alle scuole paritarie. Materia politicamente assai delicata - basti pensare all'articolo 33
della Costituzione che riconosce il diritto di istituire scuole private purché senza oneri per lo Stato. Gli studenti
sono sul piede di guerra e il Partito democratico si è, anche su questo, subito diviso (una trentina di
parlamentari ha deciso di strappare in avanti, sottoscrivendo, insieme ad altri colleghi, da Rocco Buttiglione a
Paola Binetti, una lettera in favore pubblicata da Avvenire ).
Spiega l'onorevole Simona Malpezzi, una delle firmatarie: «Sto ricevendo moltissime lettere di protesta, ma il
mio è un approccio laico. È stata la legge 62 del 2000 - ministro Berlinguer - a stabilire che la scuola pubblica
fosse un sistema integrato. La maggior parte delle paritarie sono scuole dell'infanzia (private e comunali, ndr)
che suppliscono allo Stato fornendo un servizio alle famiglie. Poi certo ci sono i diplomifici, a cui va dichiarata
guerra, e i tanti professori sottopagati che io invito a farsi avanti denunciando chi li sfrutta» (pagandoli una
miseria in cambio del punteggio di servizio che serve loro per risalire faticosamente le graduatorie, ndr ).
La parola ora tocca a Matteo Renzi, sicuramente più tiepido, almeno in partenza, del ministro Giannini sulla
questione. Spiega il sottosegretario Gabriele Toccafondi (Ncd), pedina importante in questa partita che si
gioca anche sul piano dei rapporti con il partito di Angelino Alfano: «Il nostro vuole essere un aiuto alle
famiglie in difficoltà: un po' come già si fa per le rette dei nidi». Con la differenza che in quel caso il
massimale è fissato a 650 euro, equivalenti a uno sconto fiscale di 120-150 euro, qui è molto di più. «Scrivere
4.000 euro è un esercizio di stile - minimizza Toccafondi -. Se e solo se il premier ci darà l'ok, la parola poi
passerà al Mef che dovrà trovare le coperture (per il mancato gettito, ndr ). Mettiamo che metta a
disposizione un fondo da 10, 20 o 30 milioni. In base a quello verrà ritarato il massimale che alla fine
potrebbe non discostarsi molto da quelli dei nidi». Toccafondi si dice anche disponibile a restringere la platea
dei beneficiari fissando un tetto al reddito. A conferma che la partita è tutta politica: il sasso è lanciato, ora
partono le trattative.
Quanto al cuore della Buona Scuola - il piano per stabilizzare i «precari storici» (circa 140 mila prof che
giacciono nelle Gae, le graduatorie provinciali chiuse dal 2007, anche da 10-15 anni e che ogni anno
cambiano scuola con una ricaduta pesantissima sulla continuità didattica) - anch'esso ha subito importanti
modifiche. Dopo un complicato censimento, il ministero si è reso conto che le graduatorie non potranno
essere svuotate integralmente. Resteranno dentro le Gae (e fuori dal piano di assunzioni) circa 30 mila
persone: quelli che non insegnano più da anni (oltre 20 mila persone) ma anche una parte dei tantissimi
docenti della scuola d'infanzia e della primaria. A loro, se vorranno, resterà la strada del nuovo concorso per
60 mila posti nel triennio 2016-2018. Mentre con i soldi risparmiati (nella legge di Stabilità era stato messo 1
miliardo nel 2015 - 3 a regime - ma ora per le assunzioni basteranno 700 milioni) si finanzierà la formazione
obbligatoria (40 milioni), i laboratori (altri 40), l'alternanza scuola-lavoro anche nei licei (100 milioni) e il piano
digitale (altri 50). Dalle graduatorie d'istituto verranno invece pescati 15 mila «fortunati» (soprattutto prof di
matematica e fisica che scarseggiano nelle graduatorie provinciali). A loro verrà fatto subito un contrattoponte e sarà riconosciuta una corsia preferenziale nel concorso (che in totale porterà in cattedra, quindi, 75
mila prof) .
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 02/03/2015
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IDEE INCHIESTE L'ipotesi per la Scuola
02/03/2015
Corriere della Sera
Pag. 1
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SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 02/03/2015
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Le cifre GLI STUDENTI NELLE PARITARIE Fonte: Corte di giustizia dell'Ue, Anief, Ministero dell'Istruzione
Corriere della Sera IL PIANO DEL GOVERNO 105 mila entro settembre dalle Gae (Graduatorie a
esaurimento) 60 mila con concorso nei prossimi tre anni 15 mila con un contratto «ponte» e poi concorso
COME SI SUDDIVIDONO I PRECARI NELLA SCUOLA 140 mila iscritti nelle Gae (Graduatorie a
esaurimento) 460 mila iscritti in Graduatoria di istituto per supplenze annuali 10 mila nuovi abilitati con i
Tirocini formativi attivi 55 mila diplomati magistrali 70 mila con titolo dei Percorsi abilitanti speciali (Pas)
621.919 infanzia 186.356 primaria 66.158 medie 119.111 superiori 642.040 infanzia 190.608 primaria 69.833
medie 180 mila 133.831 superiori assunzioni in 4 anni I SUPPLENTI dalle Gae 137.500 in totale 59 mila
78.500 dalla seconda fascia delle graduatorie d'istituto
7,88 Milioni
Gli studenti
in Italia
368 Mila Le classi nelle scuole italiane
L'incontro
Il decreto sulla «Buona Scuola» sarà discusso domani dal governo Il fulcro del piano sarà l'assunzione di 180
mila docenti in quattro anni
02/03/2015
Corriere della Sera
Pag. 3
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Le due piste del giallista «I servizi segreti o i gruppi nazionalisti»
Fabrizio Dragosei
MOSCA Se Erast Fandorin si aggirasse ancora per le vie della capitale russa, il suo talento potrebbe rivelarsi
fondamentale per risolvere il mistero dell'assassinio di Boris Nemtsov. Ma Fandorin svelava i misteri più
intricati nella Mosca di fine Ottocento. E poi era un personaggio di fantasia, inventato da Boris Akunin, che ha
narrato le avventure del detective in libri diventati famosi in tutto il mondo.
Per la verità anche Boris Akunin, o meglio B.Akunin, è un nome di fantasia che si è voluto dare Grigorij
Chkhartishvili, scrittore russo nato nella georgiana Tbilisi quando tutto era ancora Unione Sovietica.
B.Akunin (il nome richiama anche vagamente il rivoluzionario anarchico Mikhail Bakunin) ha ignorato per anni
la politica. Fino a quando non ha deciso di schierarsi apertamente con le folle che nel 2011 e 2012
contestarono la rielezione di Vladimir Putin. Poi ha lavorato per cercare di convincere i vari leader
dell'opposizione a formare un unico raggruppamento da opporre a Vladimir Putin. Ma con scarso successo. A
B.Akunin, in assenza di Fandorin, abbiamo chiesto un parere su quanto è successo venerdì sera.
Chi ha ucciso Boris Nemtsov e perché? Quali obiettivi avevano i mandanti?
«Io naturalmente non so chi stia dietro a questo omicidio. Nemtsov era un politico ed è ragionevole
presumere che l'abbiano ucciso i suoi nemici politici. Non qualche mitico "provocatore" e nemmeno
"estremisti islamici" come ufficialmente ipotizza il comitato inquirente di Putin. I nemici politici di Boris
Nemtsov erano di due categorie: primo, il regime stesso contro il quale lui ha lottato senza paura e senza
compromessi. Secondo, gli estremisti antiopposizione i quali durante tutto l'anno passato hanno ricevuto un
attivo aiuto di carattere propagandistico, organizzativo e, probabilmente, finanziario dallo stesso Cremlino.
Nel primo caso non è coinvolto certamente Putin stesso, ma forse lo sono dei funzionari dei servizi segreti
che considerano Putin "non abbastanza duro" e che fanno un loro gioco. Nel secondo caso bisogna cercare i
colpevoli tra i sostenitori del movimento separatista in Ucraina. Tra di loro ci sono persone assai aggressive
che hanno invocato apertamente, e lo fanno ancora ora, l'eliminazione fisica dei "nazional-traditori" tipo
Nemtsov. Ho paura che quello di venerdì sera non sarà l'ultimo attentato».
Nell'ottica degli avvenimenti in Ucraina, dove sta portando Putin la Russia? L'attuale politica significa che i
rapporti con l'Occidente sono irrimediabilmente compromessi?
«Vladimir Putin porta il Paese verso il regime della dittatura personale a vita. Lui, in parole povere, adesso
non ha altra via d'uscita. Probabilmente la situazione non cambierà; i cattivi rapporti con l'Occidente
rimarranno tali. È successo ed è poco probabile che la situazione sia reversibile. Ritengo che alla fine della
storia il regime sarà costretto a isolare il Paese dal mondo esterno. Naturalmente se non crollerà prima sotto
il peso dei problemi economici e della propria mancanza di efficienza».
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Autore
Boris Akunin, 58 anni, pseudonimo di Grigorij Chkhartishvili, scrittore russo nato nella georgiana Tbilisi al
tempo dell'Urss. Noto soprattutto per il ciclo di Erast Petrovic Fandorin, il suo eroe detective Il ciclo è stato
tradotto in Italia: da
«La regina d'inverno» a
«Il marchio del fuoco» (foto) Nel 2011 e nel 2012 Bakunin si è schierato con i manifestanti che hanno
contestato la rielezione di Vladimir Putin
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 02/03/2015
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L'intervista
02/03/2015
Corriere della Sera
Pag. 6
(diffusione:619980, tiratura:779916)
Mario Sensini
ROMA In leggero ritardo sui tempi previsti, l'operazione Tfr (Trattamento di fine rapporto) in busta-paga è
pronta a partire. Questa settimana il Presidente del Consiglio dovrebbe emanare il decreto per stabilire le
modalità di funzionamento del nuovo meccanismo, e subito dopo l'Associazione Bancaria, ed i ministeri
dell'Economia e del Lavoro definiranno l'accordo-quadro grazie al quale le banche forniranno alle piccole
imprese sotto i 50 addetti il credito necessario a compensare l'uscita del Tfr, che finora rimaneva in azienda.
Entro pochi giorni, dunque, circa 12 milioni di dipendenti delle imprese private (quelli con oltre 6 mesi di
anzianità) si troveranno di fronte alla scelta se incassare subito il Tfr che matura ogni mese con la bustapaga, pagandoci tasse più salate, oppure continuare a mantenerlo in azienda o nel fondo pensione. Le prime
buste paga «pesanti» potrebbero essere quelle di aprile. Il decreto in via di emanazione stabilisce che il Tfr
comincerà ad essere erogato con lo stipendio del primo mese successivo alla richiesta.
L'adesione al nuovo meccanismo, che resterà in piedi fino al giugno 2018), sarà possibile fino a settembre di
quest'anno, ma non sarà reversibile. Chi opta per la liquidazione mensile del Tfr, dunque, lo percepirà fino al
giugno del 2018.
Il trattamento di fine rapporto accantonato viene tassato alla liquidazione con un'aliquota effettiva che varia
tra il 23 ed il 27%, e dunque la sua monetizzazione mensile conviene fiscalmente solo a chi dichiara meno di
15 mila euro annui lordi, ovvero a quella fascia di contribuenti cui si applica l'aliquota Irpef del 23%, ed è più o
meno neutrale per chi guadagna tra 15 e 28 mila euro (aliquota Irpef al 27%). Negli altri casi i contribuenti ci
rimettono. Per chi guadagna 1.200 euro netti al mese, il Tfr in busta paga vale 71 euro, 112 per chi ne
guadagna 1.600, 214 euro per chi ha uno stipendio di 3 mila euro netti mensili. Ma per un reddito annuo di 75
mila euro lordi, il Tfr in busta paga comporta una maggior tassazione di circa 600 euro annui.
L'accordo tra Abi e governo prevede che le imprese fino a 49 dipendenti possano ottenere dalla banca,
previa certificazione Inps del Tfr maturato dai dipendenti, le somme necessarie. Nelle aziende che
ricorreranno alle banche il Tfr sarà concesso ai dipendenti con la busta paga del quarto mese successivo alla
domanda. I prestiti ricevuti dalle imprese dovranno essere rimborsati a ottobre 2018 in unica soluzione, a un
tasso pari a quello di rivalutazione del Tfr (oggi l'1,5% annuo).
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12 milioni i dipendenti che
dovranno scegliere se lasciare
il trattamento di fine rapporto
in azienda, destinarlo a un fondo
di previdenza integrativa
o ancora trovare la liquidazione mensilmente in busta paga
27 per cento è l'aliquota massima della tassazione applicata al trattamento di fine rapporto. L'aliquota varia
appunto tra il 23 ed il 27% e la sua monetizzazione conviene fiscalmente solo a chi dichiara meno di 15 mila
euro
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 02/03/2015
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Parte il Tfr in busta paga ma manca il testo definitivo Ecco quando
conviene
02/03/2015
Corriere della Sera
Pag. 11
(diffusione:619980, tiratura:779916)
Masullo: ognuno corre per sé e per i suoi Che vergogna, non è più un
partito
Fulvio Bufi
napoli Se gli si chiede che cosa resta del Pd dopo la lunga e tortuosa marcia di avvicinamento alle primarie in
Campania, il professor Aldo Masullo usa una parola sola, molto napoletana: «Scuorno». Significa vergogna.
Un tipo di vergogna forte, fortissima, dove non basta diventare rossi, ma si vorrebbe proprio sparire («Pe lo
scuorno ca se pigliaje sotto a 'nu scuoglio se 'mpizzaje», recitano i versi della tarantella 'O guarracino : per lo
scuorno andò a infilarsi sotto uno scoglio).
Nel Pd campano però nessuno ha dato segno di voler sparire. Nemmeno chi si è ritirato, come Gennaro
Migliore, spinto più che altro dalla certezza di perdere e di giocarsi quindi candidature future.
Filosofo tra i più autorevoli del Dopoguerra, il professor Masullo si avvia a compiere 92 anni e ha conosciuto
da vicino ben altre generazioni di politici di sinistra. Da indipendente ha fatto parte del Senato per tre
legislature, quando esisteva il Pci o al massimo i Ds.
Oggi come li vede?
«Totalmente privi di pudore».
Non salva nessuno?
«Mi rendo conto che la mia può sembrare una reazione emotiva, e anzi lo ammetto: reagisco emotivamente,
è vero. Ma è vero anche che questo non è più un partito».
Eppure è l'unico che si chiama ancora partito.
«Se è per questo non è che il Pd non lo sia più e altri invece sì: in Italia nessuno schieramento politico è più
un partito».
Restiamo al Pd: che manca?
«Tutto. Innanzitutto un progetto politico. E poi il dibattito: interno e con gli elettori».
I candidati di elettori ne hanno incontrati durante la campagna elettorale.
«Sì, ma che gli hanno detto? Certo, io non sono stato presente, però i giornali li leggo, le cose le seguo. E
non ho sentito una parola sul programma. La differenza tra un progetto politico e uno personale è se si ha o
non si ha un programma che voglia tentare di favorire il bene comune».
E Cozzolino e De Luca che progetto avevano?
«Appartengono a quella categoria di politici che corrono per se stessi».
Hanno ampio seguito.
«E allora diciamo che corrono per se stessi e per i loro uomini».
Così sembra che siano il peggio del peggio.
«Non facciamone una questione personale. Rappresentano quello che è oggi la politica e quello che è oggi il
Pd: non esistono gare di idee e di proposte. Esistono lotte tra persone e i rispettivi seguiti».
C'è stata pure la polemica per i presunti aiuti ai due candidati dal centrodestra.
«Sì, ho seguito. Ma non c'è da meravigliarsi molto».
Almeno un poco sì, però.
«Si tratta di un rischio congenito nel meccanismo delle primarie aperte. Se possono votare tutti, significa che
possono votare tutti, anche quelli che appartengono a un altro schieramento».
A quelli, però, nessuno dovrebbe chiedere i voti, no?
«Certo. E invece ci vanno. Diciamoci la verità: il voto aperto a tutti dovrebbe evitare che le primarie diventino
una guerra tra fazioni interne al partito, come era ai congressi quella dei signori delle tessere. Ma nella realtà
è la stessa cosa: le fazioni si allargano, non condividono l'appartenenza a una corrente ma un'idea di potere
che bada solo all'interesse personale».
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 02/03/2015
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L'intervista
02/03/2015
Corriere della Sera
Pag. 11
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SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 02/03/2015
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Lei la politica l'ha fatta. Sicuro che quello che vede ora sia proprio una novità rispetto ai suoi tempi?
«Io? Io andavo nelle fabbriche a parlare con gli operai. Nei quartieri, nelle sezioni. Ognuno poteva dire la sua.
Poi i dirigenti facevano a modo loro. Però almeno c'era qualcuno che ci provava».
Chiarissimo. Quindi quello che ha visto in queste primarie alla fine non l'ha deluso?
«Deluso? E perché? Per deludermi avrei dovuto prima illudermi. E io ho 92 anni: è da un bel po' che ho
smesso di avere illusioni».
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Foto: Chi è Aldo Masullo, filosofo, ha insegnato a Napoli. È stato parlamentare negli anni Settanta
con il Pci e
dal 1994 al 2001 con i Ds
Foto: Progetto Ormai manca tutto. Un progetto politico, e poi il dibattito interno e con gli elettori
02/03/2015
Corriere della Sera
Pag. 13
(diffusione:619980, tiratura:779916)
«È Renzi che dà le carte, ha vinto il congresso Bersani deve accettarlo»
Il sottosegretario Rughetti: se si crea il muro contro muro diventa poi difficile ripetere lo schema Mattarella Gli
equilibri «Se la minoranza scongelasse i suoi parlamentari si potrebbe discutere» Correntone renziano Il
correntone dei renziani? L'iniziativa di Richetti e Delrio va in questa direzione
Monica Guerzoni
ROMA «Se si crea il muro contro muro, come se il congresso non ci fosse stato, è difficile ripetere lo schema
Mattarella». Angelo Rughetti, sottosegretario alla Pubblica amministrazione, lancia un (severo) appello a
Bersani perché «scongeli» la minoranza.
Bersani chiede di essere ascoltato.
«La vecchia guardia deve accettare che le carte le dà chi ha vinto il congresso. Per poter ripetere il metodo
Mattarella, è necessario ripartire da li. C'è un segretario che ha il dovere e l'onere di portare avanti la sua
linea politica, coinvolgendo anche la minoranza. La quale però deve riconoscere la leadership di Renzi».
Sul Jobs act avete tradito i patti?
«Renzi ha vinto con una linea di rottura rispetto al passato. Loro non possono pensare di riproporre uno
schema sconfitto e che ha prodotto conseguenze negative anche sul mercato del lavoro. Vedo un tentativo di
edulcorare la forza riformista di Renzi per poter rafforzare posizioni interne, sulle quali oggi non si ritrovano
nemmeno tanti parlamentari di minoranza. Se le leadership della minoranza scongelassero i loro parlamentari
si potrebbe avere una discussione costruttiva sulla politica a cominciare dai territori, invece di un confronto fra
tifosi».
Rosato propone un correntone unico dei renziani.
«L'iniziativa di Richetti, in cui io mi ritrovo con Delrio e Guerini, va in questa direzione. Non si tratta di fare una
nuova corrente, ma di mettere a disposizione di tutti uno spazio in cui fare una discussione vera, senza
ripetere lo schema precongressuale. Le posizioni storiche sull'articolo 18, ad esempio, le conosciamo e la
maggioranza vuole cambiarle, il tentativo è trovare soluzioni che portino avanti le idee di tutti».
Bersani lamenta che Renzi non ascolta né la minoranza, né il Parlamento .
«Non ci si può sedere al tavolo convinti di cambiare la proposta altrui. C'è una mancanza di ascolto perché le
posizioni non abbandonano la storia congressuale. Ci vuole una evoluzione nella discussione».
Se Bersani non vota l'Italicum, a scrutinio segreto si rischia?
«Non riesco a capire come si possa difendere oggi una posizione conservatrice sulle riforme. Siamo costretti
a governare col Ncd perché la legge elettorale non consente di stabilire chi vince... L'Italicum è un salto di
qualità impressionante. La prossima volta un partito che vince non ha bisogno di larghe intese, può governare
da solo».
Il punto però sono i capilista bloccati.
«Quel punto resta in discussione. Ma qui si stanno invertendo i ruoli, la minoranza che impone di cambiare un
testo e la maggioranza che si fa carico della mediazione. Non mi sembra che da parte loro ci sia la stessa
disponibilità al confronto».
La minoranza chiede la riduzione dei nominati, l'apparentamento al secondo turno...
«Abbiamo accettato i quattro quinti delle richieste, a cominciare dalla clausola di salvaguardia di D'Attorre. Ma
se vogliono dimostrare che contano così tanto da far cambiare l'accordo con Berlusconi solo per piantare una
bandierina, si va a sbattere».
Speranza ha fissato l'assemblea di Area riformista il 14 marzo, Bersani riunisce i suoi il 21.
«Se le correnti non sono luoghi dove cresce la cultura del Pd, ma strumenti di potere per portare avanti delle
carriere personali, io penso sia sbagliato».
Volete epurare i presidenti di commissione come Boccia e Damiano e sostituire il capogruppo Speranza?
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 02/03/2015
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INTERVISTA
02/03/2015
Corriere della Sera
Pag. 13
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SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 02/03/2015
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«Non sono d'accordo con nessuna forma di epurazione. Ma chi ricopre ruoli istituzionali eviti atteggiamenti di
parte. Se si vuole dare battaglia lo si fa con gli stessi mezzi degli altri, non da posizioni di privilegio. Alzare lo
scontro per rafforzare posizioni personali o di corrente è un errore clamoroso».
In Sicilia i civatiani se ne vanno, succederà anche nel Pd nazionale?
«Una scissione sarebbe negativa. Ma se dovesse esserci, sarà dovuta a calcoli elettorali e posizionamenti
personali. Nessuno potrà portare come alibi il fatto che il Pd non abbia realizzato riforme di sinistra».
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La galassia Le anime della minoranza del Pd Corriere della Sera Matteo Renzi DIALOGANTI CRITICI NON
ALLINEATI RESISTENTI CIVATIANI DISSIDENTI Corradino Mineo Pippo Civati Pier Luigi Bersani Stefano
Fassina Massimo D'Alema Alfredo D'Attorre Giuseppe Fioroni Francesco Boccia Cesare Damiano Gianni
Cuperlo Roberto Speranza (Area Dem) Miguel Gotor Cecilia Guerra Micaela Campana Maurizio Andrea
Martina De Maria Enzo Amendola Matteo Orfini (Giovani Turchi) Anna Rossomando Francesco Verducci
Andrea Orlando Walter Tocci Lucrezia Ricchiuti
Chi è
Angelo Rughetti, 47 anni, avvocato, è stato eletto alla Camera con il Partito democratico alle Politiche 2013.
Ha lavorato a lungo per l'Anci Nel governo Renzi ricopre l'incarico di sottosegretario alla Funzione pubblica
Foto: Se vogliono cambiare il patto con Berlusconi solo per piantare la bandierina allora si va a sbattere
Foto: Speranza e Boccia? No a epurazioni ma non si utilizzino ruoli istituzionali per mosse di parte
02/03/2015
Corriere della Sera
Pag. 14
(diffusione:619980, tiratura:779916)
«FI non condivide? I loro elettori sì». Domani possibile incontro con l'ex premier
Marco Cremonesi
MILANO Il giorno della manifestazione è arrivato, il successo di piazza non è mancato. Eppure, Matteo
Salvini continua ad essere netto - e un po' urticante - in relazione ai rapporti futuri con il partito di Silvio
Berlusconi: «Al di là delle polemiche, vorrei sapere se Forza Italia condivide o meno le proposte della Lega:
se non le condividono, peggio per loro. Perché i loro elettori sì».
L'uscita del segretario leghista è una risposta «collettiva» alla raffica di dichiarazione forziste all'indomani
della manifestazione romana della Lega con la partecipazione di Fratelli d'Italia, di CasaPound e di parecchie
altre rappresentanze della destra poco moderata: dal Mattinale di Renato Brunetta a Paolo Romani, da
Maurizio Gasparri a Osvaldo Napoli a Licia Ronzulli, molti esponenti del partito azzurro hanno avvertito il
capo leghista riguardo al rischio di una deriva a destra che comprometterebbe il rapporto della Lega con
Forza Italia e l'elettorato moderato.
Ma per Salvini, il dividendo politico da incassare resta quello di essersi posto come quel «qualcuno che
davvero fa opposizione a Matteo Renzi». In settimana, in ogni caso, potrebbe svolgersi un incontro tra Silvio
Berlusconi e un emissario del segretario leghista.
In Lega, il buonumore per avere riempito la piazza romana prevale di gran lunga sull'averla dovuta
condividere con tanti Tricolori, fino a sabato scorso impensabili a una manifestazione leghista. Il più
soddisfatto di tutti è Mario Borghezio, che con la destra ha un rapporto antico: «Non si illuda Forza Italia, il
disagio diffuso è anche nel suo elettorato. Che sa di aver bisogno di tutto, tranne che del politicamente
corretto che loro sfoggiano in queste ore».
L'unica posizione apertamente critica in Lega è quella del sindaco di Verona, Flavio Tosi: «Se crei uno
schema che va dalla destra all'estrema destra, regali il Paese a Matteo Renzi per vent'anni». Ma Tosi, nel
Carroccio, è ormai l'anti-Salvini. E oggi, per il match, è un giorno importante: il Consiglio federale dovrebbe
infatti prendere posizione sulla partita veneta. Anche se Tosi ha già convocato un consiglio della Liga per
decidere di liste e alleanze senza «ingerenze lombarde». L'ipotesi che qualcuno, per esempio il sindaco di
Padova Massimo Bitonci, possa chiedere il commissariamento del Veneto continua ad essere assai riportata.
E lui, cosa dice? «Che un segretario della Liga che va a Roma per prendere accordi con Forza Italia e il
Nuovo centrodestra sulla sua candidatura anche in opposizione a Luca Zaia, è già fuori dalla Lega». Per poi
aggiungere: «I richiami allo Statuto della Lega possono nascondere il danno sostanziale che sta facendo al
movimento?».
Insomma, il commissariamento resta assai plausibile. Ma chi potrebbe essere il commissario? La figura più
autorevole e riconosciuta sarebbe Giancarlo Giorgetti. Che però è di Varese: non sarebbe opportuno offrire il
fianco alle accuse su una Lega «lombardocentrica». Meglio dunque un non veneto e non un lombardo: i nomi
più ripetuti sono quelli del segretario friulano Massimiliano Fedriga e del vicecapogruppo al Senato, Sergio
Divina.
© RI
PRODUZIONE RISERVATA
Foto: il videoracconto di Nino Luca sulla manifestazione della Lega
in piazza del Popolo a Roma su corriere.it
In piazza
Un popolo eterogeneo di diverse militanze si è riunito sabato a Roma per la manifestazione organizzata dal
segretario della Lega Matteo Salvini (nella foto, in piazza del Popolo tra
la folla) Le bandiere del Carroccio con il Sole delle alpi e quelle di «Noi con Salvini» (il simbolo usato solo per
il Sud) sventolavano in piazza del Popolo a fianco del Tricolore portato dai militanti di Fratelli d'Italia (che con
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 02/03/2015
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La Lega avverte (ancora) Berlusconi In Veneto l'ipotesi del commissario
02/03/2015
Corriere della Sera
Pag. 14
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SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 02/03/2015
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La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
la Lega ragiona di prossime alleanze alle Regionali), dei vessilli di estrema destra di CasaPound e delle molte
bandiere russe portate dai giovani della associazione Italia-Russia Marine Le Pen, leader del Front national,
alleato con la Lega in Europa, ha mandato un video-messaggio, mentre sul palco è stato letto un contributo di
Heinz-Christian Strache, il capo della Fpo austriaca, il partito che fu di Jörg Haider
02/03/2015
Corriere della Sera
Pag. 14
(diffusione:619980, tiratura:779916)
Il dialogo con Maroni, Zaia e Bossi Le manovre di Forza Italia per
riavvicinare il Carroccio
Le critiche Toti sul comizio di Roma: senza la gente portata dalla Meloni sarebbe stato un flop
Tommaso Labate
ROMA «Salvini si sta comportando come un Grillo, però di destra. E se continua su questa strada, finirà per
trascinare la vecchia Lega di governo in un movimento politicamente irrilevante». Sembrava che Silvio
Berlusconi non potesse, né volesse, andare oltre la stroncatura affidata sabato pomeriggio ai suoi, quando
aveva bollato il segretario federale del Carroccio come «velleitario» ed «estremista». Ma ieri, durante il
consulto telefonico con i big del partito, l'ex premier ha fatto un passo in più. Paragonando Salvini all'ultima
versione del M5S, quello che pare aver perso la spinta propulsiva dell'ultimo biennio.
Sulla scelta di non cedere ai veti del numero uno del Carroccio, Berlusconi trova i suoi tutti d'accordo. A
cominciare da quelli della cerchia ristretta. Basti pensare che Giovanni Toti, che ieri ha replicato in tv a un
affondo antiforzista di Salvini («Le sue urla non fanno altro che aiutare Renzi»), in privato s'è lasciato andare
a ancor meno sull'iniziativa romana del segretario leghista. «Se non fosse stato per la gente portata in piazza
dalla Meloni, quel comizio si sarebbe rivelato un flop», è stato il commento del consigliere politico del leader
forzista. «Non a caso», ha aggiunto, «Salvini ha parlato ai presenti mescolando qualche vecchio slogan del
Msi degli anni Settanta con un po' di antieuropeismo e qualche dose di antiatlantismo...».
Viste le premesse, sembrerebbe difficile pronosticare un riavvicinamento in tempi brevi tra Forza Italia e le
Lega. E invece, dietro la scelta dei berlusconiani di alzare l'asticella, potrebbe nascondersi proprio la voglia di
riaprire il confronto.
Ad Arcore, infatti, hanno deciso di muovere tutte le pedine possibili per far sì che, da dentro la Lega, parta un
«sommovimento» che provi a costringere Salvini ad abbandonare la politica dei veti, a cominciare da quelli
espressi nei confronti dei centristi.
Toti ieri l'altro ha avvicinato Roberto Maroni, ormai cosciente che il divorzio tra FI e Lega comporterebbe
subito dopo l'entrata in crisi della giunta lombarda. E un discorso simile è portato avanti dal coordinatore
veneto di Forza Italia Marco Marin, che sta marcando a uomo Luca Zaia. Per sé, nell'attesa di ritrovarsi faccia
a faccia con Salvini, Berlusconi - costretto a disertare Roma per l'infortunio al malleolo - ha tenuto i contatti
con Umberto Bossi, sicuro com'è che il Senatur abbia ancora il suo peso nel vecchio elettorato leghista.
L'obiettivo minimo, per Forza Italia, è riuscire a sanare la frattura soprattutto in Veneto. Pressando perché
Zaia ottenga da Salvini la «dispensa» ad allearsi con la maggioranza uscente, alfaniani compresi. D'altronde,
come spiega Toti, «non è escluso che, nonostante i non buoni rapporti politici "nazionali", sul territorio non si
possa cambiare passo». E fa un esempio storico: «Anche il Pci e il Psi, all'epoca del grande gelo tra Enrico
Berlinguer e Bettino Craxi, mantenevano salde le alleanze nelle amministrazioni locali».
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I rapporti
La posizione di Salvini su un'alleanza con FI alle Regionali è di apertura Da un lato Berlusconi ha bollato le
ultime uscite del segretario della Lega come estremiste, dall'altro però non mancano i contatti tra i due partiti
per arrivare ad un accordo
Foto: Si è aperta sabato in Fiera a Verona la nona edizione di Sport Expo, la rassegna dello sport giovanile
d'Italia, dedicata a ragazzi dai 6 ai 14 anni, aperta fino a oggi: ieri, in visita, il sindaco Flavio Tosi ha provato
una pistola per il tiro a segno (Ipp)
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 02/03/2015
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Il retroscena
02/03/2015
Corriere della Sera
Pag. 41
(diffusione:619980, tiratura:779916)
Quelle feroci battaglie tra intellettuali
Pierluigi Battista
A h, come erano seri, posati e controllati gli intellettuali di una volta, mica come quelli esibizionisti di adesso,
tutti audience e grossolanità. Sì. Però quant'erano cattivi e feroci anche quando sembravano un club di spiriti
magni, avvezzi al sussurro autorevole, al giudizio sobrio e misurato. Basta sfogliare Centolettori , libro
pubblicato da Einaudi per la cura di Tommaso Munari che raccoglie i pareri dei prestigiosi consulenti
einaudiani, per scoprire una galleria di perfidie senza limiti, anche se quei pareri vengono stilati nei rapporti di
lettura: e, come nota giustamente Ernesto Franco, rapporto è «termine quasi militare».
Natalia Ginzburg che definisce «lumacosa» la prosa di Franco Fortini, «una storia senza sugo». E lo stesso
Fortini che anni dopo stronca La vita, istruzioni per l'uso di Georges Perec, «iettatorio come un quadro di
Magritte, noiosissimo nell'insieme, perfettamente kitsch». E il mite Primo Levi che liquida i saggi di
divulgazione scientifica di Gadda come «prolissi», «noiosi», che «sanno di farina d'altrui sacco», cose
maniacali che descrivono un «misantropo infastidito dal rumore e dall'inquinamento». Poi c'è il crudele Delio
Cantimori che non ha nemmeno paura di prendere qualche cantonata, come quando strapazza un classico
come Il Mediterraneo di Fernand Braudel come «la Via col Vento della storiografia» o massacra Minima
moralia di Theodor Wiesengrund Adorno come un manualetto insipido per «liceali impazienti». Poi c'è persino
Bobi Bazlen, lettore raffinatissimo e onnivoro, che non ha parole molto gentili per Walter Benjamin, latore, a
suo parere, di «banalità adamantine». Per Giorgio Manganelli, la prosa del Premio Nobel della letteratura
Doris Lessing «sa di virtuosa varichina, i suoi periodi vanno in giro con le calze ciondoloni» e inoltre l'autrice
sembra «una discendente degli amori ancillari di Victor Hugo»: il gusto del pettegolezzo tra scrittori non è
evidentemente una novità di questi tempi degradati e corrotti. Più diplomatico Norberto Bobbio che definisce
Operai e capitale di Mario Tronti «un libro mancato». Ma il giudizio tagliente e stroncatorio, qualche volta le
antipatie e i pregiudizi, in qualche caso addirittura la brutalità, non sono il portato di una novità nei modi di
presentarsi degli intellettuali nostrani. Anche nei cenacoli sapevano dirsi cose atroci. Perciò, bando ai
rimpianti per un'epoca che non c'è più. Anche la nostalgia non è più come quella di una volta.
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SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 02/03/2015
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Particelle elementari
02/03/2015
Corriere della Sera
Pag. 52
(diffusione:619980, tiratura:779916)
Ora tocca a chi pedala tendere una mano e rispettare di più il codice della
strada
Maurizio Donelli
se è vero che molti automobilisti non rispettano i ciclisti, è altrettanto vero che molti ciclisti non rispettano il
codice della strada. Come si spiega nell'articolo qui a destra, la tecnologia applicata alle auto consente, e
consentirà in futuro sempre di più, di evitare incidenti. Ma la prima forma di sicurezza è racchiusa nel
comportamento di chi si muove nel traffico. Con qualsiasi mezzo. Bici compresa. E invece, purtroppo, nelle
grandi città continuano a vedersi ciclisti che passano con il rosso, viaggiano contromano, la sera senza luci e
nella quasi totalità senza casco, magari preferendo la carreggiata a una vicina pista ciclabile. La legge parla
chiaro: i ciclisti devono attenersi al codice della strada esattamente come deve fare chi viaggia in auto o in
moto. La differenza sta nell'impunità: difficilmente una bici verrà multata. E chi pedala lo sa bene... Ma preso
atto dei numeri (in Italia sono 249 le persone decedute su una bici nel 2013 e 16.569 quelle ferite) e del fatto
che i costruttori di auto stanno investendo milioni per garantire l'incolumità anche di chi sta in sella, forse
sarebbe opportuna una presa di coscienza di tanti «non oil» così politicamente corretti nei confronti
dell'ambiente ma forse un po' meno nei confronti della propria persona.
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SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 02/03/2015
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Contromano
28/02/2015
Il Sole 24 Ore
Pag. 1
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Il dividendo europeo e la serietà necessaria
Fabrizio Forquet
A leggere i titoli, la giornata di ieri è da incorniciare: spread sotto i 100 punti, ai minimi dal 2010, e Pil in segno
positivo con la fine della recessione. Un'abbinata da sogno. Ma è già tempo di mettere lo spumante in frigo?
Per un Paese che ha conosciuto l'angoscia dello spread a quota 575, con i tassi a breve che erano arrivati a
superare quelli a lungo toccando un iperbolico 8%, verrebbe da dire di sì. Così come il ritorno alla crescita,
seppur minima, dopo 14 trimestri di Pil con segno negativo o zero, è sicuramente un segnale da accogliere
con fiducia. Ma stappare bottiglie sarebbe decisamente fuori luogo. Perché il cammino verso il rilancio è tutto
da percorrere, tra riforme da approvare o attuare e investimenti da fare.
Innanzitutto sui tassi non è tutto oro quel che luccica. I tassi reali a lungo termine continuano in molti paesi
dell'eurozona, in considerazione dell'andamento dei prezzi e della stagnazione dell'economia, ad essere alti.
Se non si tornerà presto a un livello di inflazione accettabile, la spinta dei bassi tassi nominali sui consumi e
sugli investimenti, come stiamo verificando in questi mesi, resterà modesta.
Servirebbe poi evitare le strumentalizzazioni politiche: spread ridotti e refoli di ripresa sono prevalentemente il
dividendo di azioni e dinamiche internazionali (dal calo del prezzo del petrolio alla ripresa americana) e
soprattutto europee. L'annuncio e la messa in atto del quantitative easing da parte della Bce sono la causa
primaria dei dati positivi che si vanno registrando con sempre più frequenza. Secondo uno studio appena
presentato dal CsC l'ampiezza del Qe «è tale da diminuire i tassi reali sui titoli a lungo termine di 109 punti
base». Inoltre l'acquisto diretto dei titoli da parte della Bce «produce un indebolimento del cambio dell'euro
sul dollaro dell'11,4%». Effetti questi in parte già avvenuti, con una conseguente spinta sul Pil italiano del
combinato disposto dei tassi bassi e dell'euro meno forte che viene stimata allo 0,8% nel 2015 e all'1% nel
2016.
Continua pagina 4
Continua da pagina 1
Calcolando l'effetto del QE sul livello dei tassi, nell'ipotesi di uno spread stabilmente sotto i 100 punti nel
2015, la Corte dei Conti ha poi stimato che il servizio del debito calerebbe per le casse dello Stato a 67,9
miliardi. Un risparmio di oltre 10 miliardi rispetto al livello di 78,2 miliardi pagato solo due anni fa (nel 2014
erano 76,6 miliardi), risorse che potrebbero essere utilmente impiegate per la riduzione delle tasse (o per lo
meno per evitare di aumentarle nel corso di quest'anno) o per dare una spinta agli investimenti.
Chi nel Paese è convinto, o si lascia convincere, che i mali dell'Italia derivino sostanzialmente dall'Europa,
dall'euro e dalla Bce, farebbe bene a tenere nel dovuto conto questi dati. La realtà è che se nelle tabelle
macroeconomiche (e si spera presto nei portafogli delle famiglie e nei conti delle imprese) l'Italia torna a
vedere un po' di luce, il merito è in gran parte proprio dell'ombrello e delle risorse che in questi mesi la Bce
sta mettendo a disposizione.
Questo non vuol dire sottovalutare quanto di buono è stato fatto in Italia. Il Jobs Act magari non porterà quel
boom di posti di lavoro che qualche ministro si è sbilanciato a prevedere, ma è una riforma vera, resa
operativa in tempi rapidi, senza marce indietro nell'ultimo miglio dei decreti attuativi. Tra spinta riformista e
stabilità politica, il governo Renzi ha sicuramente dato il suo contributo a un primo positivo cambio di clima in
Europa. Ma guai a sedersi. E guai soprattutto a dimenticare riforme forse anche più importanti del Jobs Act,
che sono state in questi mesi regolarmente rinviate.
Al primo punto, in questo senso, i decreti attuativi della riforma fiscale che, a meno di sorprese, non andranno
neppure martedì prossimo in consiglio dei ministri, totalizzando il quarto rinvio consecutivo. Un piccolo record,
a un anno ormai dall'approvazione della delega. E che dire della tanto sbandierata riduzione delle società
partecipate dallo Stato e dagli Enti locali? Dopo il nulla di fatto nello "sblocca Italia" e nella legge di stabilità,
ora il governo ha destinato il taglio delle partecipate alla riforma della Pubblica amministrazione. Peccato che
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 02/03/2015
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il lavoro da fare
28/02/2015
Il Sole 24 Ore
Pag. 1
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SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 02/03/2015
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anche questa sia rimasta incagliata in Parlamento.
Le incognite poi sono tante. Con i tagli di spesa da fare, le clausole di salvaguardia che rischiano di far
scattare aumenti fiscali fino a 16 miliardi nei prossimi due anni, gli ammortizzatori sociali straordinari ancora
da coprire, il bonus da 80 euro che - come è stato osservato dai magistrati contabili - rischia di essere
vanificato dai nuovi aumenti di tasse.
Tutte buone ragioni per lasciar perdere lo spumante e lavorare con serietà, ciascuno per la propria parte, a
non vanificare le opportunità di ripresa che si vanno prospettando. Di questa serietà certo non fanno parte le
baruffe interne ai partiti e alle coalizioni, in quella che si annuncia come l'ennesima campagna elettorale
italiana fatta apposta per allontanare gli elettori dalle urne. La fiducia è un germoglio fragile e necessario. Se
non lo si farà crescere la ripresa resterà un'illusione numerica, un'araba fenice di cui si potrà dire con
Metastasio «che vi sia ciascun lo dice, dove sia nessun lo sa».
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28/02/2015
Il Sole 24 Ore
Pag. 1
(diffusione:334076, tiratura:405061)
La «nuova Milano» brinda al Qatar
Paola Dezza
Nella Milano da bere degli anni 80, quando dominavano l'edilizia popolare e lo sviluppo dei quartieri-satellite,
erano le grandi famiglie del mattone, da Ligresti a Berlusconi, a pianificare le tendenze urbanistiche della
metropoli lombarda. Poi la città si è evoluta insieme ai grandi eventi del made in Italy, Oggi Milano vive una
nuova fase di sviluppo: grattacieli e quartieri di lusso . pagine 17 e 24
Da oggi chi passeggerà in piazza Gae Aulenti a Milano, andrà alla Feltrinelli o negli shop Sephora, Replay o
Colmar di Porta Nuova o ancora nei prossimi sei mesi seguirà la crescita del campo di grano che i cittadini
semineranno proprio questo pomeriggio tra i grattacieli si troverà in uno spazio del Qatar.
È stata annunciata ieri l'operazione, chiusa nei giorni scorsi dopo sei mesi di trattative, che vede il fondo
sovrano Qia, Qatar investment authority, diventare proprietario del 100% del complesso di Porta Nuova, quel
progetto avviato e portato a termine da Hines Italia Sgr e che ha riqualificato e ricucito un'area semicentrale
che fino al 2005 ha rappresentato una profonda ferita per Milano.
Si tratta di un "big deal" importante per la città e per l'Italia, tornata negli ultimi mesi nel radar dei grandi
investitori internazionali, che cercano opportunità interessanti - e il nostro Paese ne offre vista la revisione
delle quotazioni dall'inizio della crisi immobiliare a oggi - , con ritorni certi e meglio ancora se in grado di dare
sicurezza sul mantenimento del valore del tempo. Il complesso di Porta Nuova, come i trophy asset del
centro di Milano, rappresentano il target perfetto per fondi sovrani e investitori internazionali che in questo
periodo nel nostro Paese iniziano a cercare soluzioni "core" quindi a reddito e non solo opportunistiche. Unico
neo è che a Porta Nuova non tutto è ancora affittato, come il Diamantone, tuttora vuoto dopo le trattative
fallite con Ubs. Solo qualche mese fa, invece, è stato venduto ai coreani di Samsung l'adiacente Diamantino
per 90 milioni di euro circa, mentre Google ha scelto di trasferirsi qui in uffici in affitto.
Continua pagina 24 Paola Dezza
Continua da pagina 17
Il Qatar ha fatto il suo ingresso a Porta Nuova nel maggio del 2013 con una quota del 40% e nelle ultime ore
ha calato l'asso pigliatutto rilevando il restante 60% dai tre fondi proprietari. Le quote sono state quindi
acquistate in misura diversa da Unipol, Hines, Galotti, Mhrec-Monte Paschi Hines real estate crescita, Hicof,
TIAA, il fondo pensione degli insegnanti newyorkesi e Coima.
L'area vale sul mercato circa due miliardi di euro, a fronte di un investimento iniziale dei primi soci intorno ai
300 milioni di euro. Secondo indiscrezioni il Qatar, che ha comperato quasi certamente a sconto, avrebbe
speso per l'acquisizione una cifracompresa tra i 500 e i 700 milioni di euro di equity, il resto è debito.
L'operazione è stata definita in modo tale che Hines continui a gestire i fondi immobiliari proprietari di Porta
Nuova - veicoli che ormai sono a reddito ormai - e d'accordo con il Qatar valuterà l'ingresso di altri fondi
sovrani con quote di minoranza.
L'amministratore delegato di Hines Italia Sgr, Manfredi Catella, ieri decisamente disteso e soddisfatto al
momento dell'annuncio, ha quantificato il rendimento dell'intera operazione in circa il 30% rispetto a quanto
investito inizialmente. «Nessun investitore ha guadagnato meno del 30%- ha detto Catella -, un valore
elevato in un momento di mercato come quello vissuto negli ultimi anni».
Il progetto Porta Nuova comprende 30 edifici pre-certificati e certificati Leed Gold progettati da alcuni dei più
importanti studi di architettura al mondo, tra cui Pelli Clark Pelli Architects, Boeri Studio, Cino Zucchi, Antonio
Citterio & Patricia Viel and Partners, M2P Associati, Caputo Partnership. E due degli edifici hanno
guadagnato riconoscimenti internazionali.
A dimostrazione dei ritorni dell'investimento, secondo i dati di Hines, qui i canoni di locazione sono saliti del
9% mentre nel centro di Milano sono scesi del 20% dal 2012 al 2015.
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 02/03/2015
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REAL ESTATE: CAPITALI ARABI SUI GRANDI PROGETTI
28/02/2015
Il Sole 24 Ore
Pag. 1
(diffusione:334076, tiratura:405061)
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 02/03/2015
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Capitolo più complesso quello delle residenze. «Per quanto riguarda la parte abitativa - dice Catella - c'è
stato un grande rallentamento delle vendite l'anno scorso, ma da settembre è iniziata la ripresa con una
vendita mensile media di 5-6 unità. Meglio ancora è andato l'edificio del Bosco verticale anche grazie al
premio internazionale ricevuto. Oggi il 65% è collocato». Secondo Catella l'Italia dovrebbe essere il secondo
Paese europeo in cui il Qatar ha investito consistenti somme nell'immobiliare, dopo il Regno Unito (dove
peraltro ha appena acquistato Songbird, la società proprietaria di Canary Wharf).
In Italia il Qatar, in diverse declinazioni tra fondo sovrano e Katara hospitality e in misura minore attraverso
società che fanno capo all'emiro e ad altri membri del Governo degli Emirati, detiene un portafoglio che
potrebbe valere secondo le ultime valutazioni ben oltre tre miliardi di euro e che è composto dagli hotel di
lusso e dallo yacht club della Costa Smeralda, il Four Seasons di Firenze, un palazzo in Piazza di Spagna a
Roma, sempre a Roma il Grand Hotel St. Regis e uffici a Milano. In particolare proprio tramite Hines ha
acquistato l'edificio che ospita gli uffici del Credit Suisse a Milano. Nell'operazioni sono stati coinvolti dalla
parte di Qatar Holding, braccio operativo di Qia, Sherman & Sterling e lo studio Tremonti Vitali Romagnoli
Piccardi e Associati, mentre Hines Italia Sgr è stata assistita da Gianni, Origoni, Grippo, Cappelli & Partners e
dallo Studio Maisto.
Negli ultimi mesi è cambiato anche l'asset di Hines Italia Sgr, in cui Manfredi Catella ha aumentato la
partecipazione dal 22,87 al 28,87%, mentre Francesco Micheli sale dal 5% all'8 % e Hines Italia Capital è
scesa dal 72,13% al 63,13 per cento.
Catella tiene anche a sottolineare che «in Italia abbiamo investito per conto di investitori terzi circa un miliardo
di euro nell'ultimo anno». Nelle prossime settimane si vedrà se a questa cifra si potrà aggiungere il valore
dell'ex sede di Unicredit in piazza Cordusio a Milano, alla cui gara di vendita Hines partecipa con il fondo
sovrano di Abu Dhabi. Ma forse in questo caso per mettere le mani sul trophy asset dovrà alzare la posta.
© RIPRODUZIONE RISERVATA Paola Dezza
I NUMERI
290.000
La superficie dell'area
Il complesso ha oltre 30 edifici precertificati o certificati Leed Gold.
140.000
I metri quadri a uso ufficio
Qui si sono trasferiti tra gli altri gli uffici di Google, Samsung, Alexander MQueen.
380
Le residenze
È il numero degli appartamenti nelle tre aree dello sviluppo: Garibaldi, Isola e Varesine
Foto:
AFP
Porta Nuova. Passaggio al Qatar
28/02/2015
Il Sole 24 Ore
Pag. 13
(diffusione:334076, tiratura:405061)
«Roma deve fare da guida nella mediazione in Libia»
Mario Platero
Dobbiamo discutere
il ruolo della Turchia
nella Nato e l'appoggio
del Qatar agli estremisti
NEW york
L'Italia si dice a Washington, è a rischio di un attacco jihadista e dovrebbe essere al centro di una mediazione
diplomatica per risolvere la crisi libica. Ci vorrebbe un impegno da parte del nostro ministro degli Esteri, Paolo
Gentiloni, a condurre un'aggressiva shuttle diplomacy per risolvere l'impasse fra i paesi chiave: fra Turchia e
Qatar dietro il governo libico "ribelle" di matrice religiosa a Tripoli ed Egitto e Arabia Saudita sostenitori del
governo "legittimo" isolato a Tobruk.
L'azione diplomatica si dice, non è più prorogabile, le notizie degli ultimi giorni confermano quanto la strategia
di attacco dei terroristi sia cambiata: con gli arresti dell'altro giorno a Brooklyn, prima ancora in Quebec e a
Bruxelles, con gli attacchi a Parigi, con le tre ragazze inglesi dirette verso un campo di addestramento in
Siria, con l'identificazione di Jihadi John nella persona di Mohammed Emwazi un ex ragazzo di buona
famiglia inglese è ormai chiaro che l'infiltrazione, la mimetizzazione dei gruppi jihadisti in occidente è
diventato l'obiettivo principale dell'Isis. L'obiettivo è scatenare il panico, dare l'impressione di essere in
controllo totale della situazione per continuare a fare propaganda e proselitismo. Mike Rogers, fino ad alcune
settimane fa presidente della Commissione Intelligence alla Camera ha detto in un'intervista esclusiva a il
Sole 24 Ore che la situazione è particolarmente delicata per l'Italia vulnerabile a infiltrazioni per la
destabilizzazione in Libia.
Rogers, un autorevole repubblicano del Michigan, uno dei pochi in grado di agire in modo bipartisan ha
lasciato la Camera per dedicarsi alla preparazione di tavole rotonde fra i candidati presidenziali, focalizzate
sulla sicurezza nazionale. Ha già appuntamenti in Iowa, New Hampshire e South Carolina. E già si parla di lui
come un possibile candidato alla guida del Pentagono o della Cia se nel 2016 prevarrà una vittoria
repubblicana: «La Libia - dice - è solo una parte di un problema di disordine internazionale che va dal teatro
Siria-Iraq, alla Russia, alla Cina che minaccia la stabilità dei mari cinesi del Sud, al Pakistan, all'Iran. Sono
certo che il prossimo presidente americano dovrà rispondere a una sfida il giorno dopo il suo insediamento.
Per questo occorre una divisione del lavoro e occorre molto "focus". L'Italia ha sempre avuto una relazione
molto speciale con la Libia, ha interessi politici, di sicurezza ed economici. Dovrebbe guidare il tavolo per
mettere insieme una coalizione che includa i paesi in grado di imporre una tregua fra le due fazioni libiche e
una stabilizzazione, Turchia, Qatar, Arabia Saudita ed Egitto».
Rogers ha anche detto che in Libia «la diplomazia non può essere sola. È fondamentale rallentare lo slancio
emotivo degli estremisti convinti di essere in vantaggio. Si deve dimostrare il contrario. Se si vuole ottenere la
stabilità in Libia, le parti devono sapere che c'è un martello pronto a colpire il chiodo. Senza questa minaccia
non sarà possibile ottenere i risultati di cui abbiamo bisogno con la diplomazia».
Rogers ha anche identificato Turchia e Qatar come due paesi chiave che contribuiscono alla
destabilizzazione e ha mostrato disappunto in particolare nei confronti della Turchia: «Dovremmo avere una
discussione franca sul ruolo della Turchia nella Nato - ha detto -. Non ha contribuito come avrebbe dovuto al
conflitto in Siria e non appoggia il legittimo interlocutore in Libia. Il Qatar ha appoggiato aggressivamente gli
estremisti islamici nella regione con pessime conseguenze. Tutto è collegato ma ci vuole un'attenzione
specifica sulla Libia, il nostro governo non ha organizzato questo binario parallelo e per questo l'Italia
potrebbe svolgere un ruolo chiave in Libia».
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 02/03/2015
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INTERVISTA MIKE ROGERS EX CAPO COMMISSIONE INTELLIGENCE USA
28/02/2015
Il Sole 24 Ore
Pag. 13
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Rogers è preoccupato dalla nuova strategia dell'Isis: «Abbiamo visto un cambiamento di fondo alla fine
dell'anno scorso quando sono stati individuati 8 australiani che volevano andare in Siria, ma l'Isis gli ha detto
di restare a casa, i messaggi dicevano "rapite delle persone a caso, senza programmare, decapitatele,
filmate l'azione, mandateci il film che lo usiamo per propaganda...". Saremmo ingenui a non pensare che
alcuni di questi jihadisti, estremisti o islamisti radicali si siano infiltrati in Italia anche fra gli immigrati
clandestini. È successo in Giordania nei campi per i rifugiati, nonostante ispezioni rigorose, alcuni elementi
pericolosi sono passati. E se abbiamo visto questo ai confini giordani possiamo dubitare che sia successo in
Italia?».
Rogers ha rivelato che anni fa una delegazione della Lega Araba aveva allertato l'amministrazione Obama e
la sua commissione sul pericolo «rappresentato da un gruppo di estremisti guidati da un uomo di nome
Zarqawi, il leader di al-Qaeda in Iraq. Un gruppo molto consistente di almeno 1.500 uomini, fra loro c'era alBaghdadi. Erano stati rilasciati dalle prigioni irachene e si erano stabilizzati nella Siria Orientale. Chiedevano
interventi preventivi. Ma il presidente non era interessato e nel frattempo quelli sono cresciuti più rapidamente
di quel che si poteva immaginare».
Rogers ritiene che Obama sbagli a non «chiamare il nemico per il suo nome: i leader arabi che ho incontrato
parlando di estremismo radicale islamico. Non dovremmo essere vaghi». Per reagire al pericolo di attacchi
Rogers chiede di non abbassare mai la guardia, di potenziare l'intelligence e di trovare un giusto
compromesso fra diritti alla privacy e necessità di intercettare messaggi dei terroristi: «Dobbiamo definire
bene che cosa si può fare e non si può fare ma questo è il momento sbagliato per rendere le cose difficili per i
nostri agenti quando danno la caccia ai terroristi». Rogers ha anche le idee molto chiare sulle altre regioni a
rischio per l'America, ritiene che il negoziato per il disarmo nucleare con l'Iran sia pericoloso «perché gli
consente di fare quello che doveva essere assolutamente proibito e cioè tenere delle centrifughe per
arricchire l'uranio. Se lo fanno loro lo faranno altri».
Infine, martedì Bibi Nethaniahu parlerà proprio di Iran al Congresso, intervento controverso per le note
ragioni: «comprendo le ragioni di entrambe le parti ma credo che Nethaniahu debba avere una piattaforma
per spiegare quali saranno le conseguenze per il nostro più importante alleato nella regione, e non dovremmo
mai avere paura in America di ascoltare qualcuno che esprima pareri diversi da quelli del presidente».
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AFP
Foto:
Intelligence. Mike Rogers
28/02/2015
Il Sole 24 Ore
Pag. 17
(diffusione:334076, tiratura:405061)
Il braccio di ferro con lo Stato e il futuro di Telecom
Antonella Olivieri
Di
Ecco cosa succede quando pubblico e privato non solo non si incontrano, ma neppure si parlano, su temi di
interesse generale per i quali sarebbe auspicabile una collaborazione costruttiva. La bozza del decreto sulla
banda ultralarga che dovrebbe essere portata al Consiglio dei ministri martedì prossimo contiene più di una
stranezza che lunedì, alla riapertura dei mercati, potrebbe tradursi in un bagno di sangue in Borsa per
l'incumbent delle tlc, Telecom Italia.
La previsione della fine della rete in rame, fissata per decreto al 31 dicembre 2030, probabilmente è superflua
perchè si spera che la tecnologia non si fermi ai parametri del Novecento. Ma se così non fosse, e fosse
miracolosamente possibile allungare efficacemente la vita dell'infrastruttura in rame, imporne per decreto la
morte prematura non avrebbe senso economico, nè per il pubblico, che non ha risorse da sprecare, nè per il
privato, che per natura deve badare al profitto.
Continua pagina 18
Continua da pagina 17
Ma c'è un altro passaggio della bozza del decreto che appare addirittura irrealizzabile e cioè la
trasmigrazione coatta della clientela alla struttura Ftth/Fttb (Fiber to the home, Fiber to the building), dopo un
anno dal suo completamento. Se ne deduce che, per esempio a Milano, dove Metroweb ha già da tempo
completato la rete in fibra ottica in grado di raggiungere l'utilizzatore finale fino alla sua abitazione/ufficio,
entro un anno tutti avrebbero a disposizione i 100 mega. Bello, ma chi paga? Il cliente che non ha richiesto il
servizio perchè magari oggi non sa ancora cosa farsene? Oppure l'operatore telefonico che ha dovuto
rottamare le sue strutture a favore della rete più avanzata? Probabilmente, almeno in prima battuta il
secondo. Con costi a fondo perso, che sono l'esatto contrario dell'incentivo. Allacciare un cliente con la
formula Fttc (Fiber to the cabinet), la fibra ottica fino all'armadio sul marciapiede (mentre fino all'abitazione si
utilizza ancora il rame), consente di offrire velocità di navigazione dai 30 mega in su e costa 150-200 euro
alla compagnia telefonica. Allacciare un cliente in Fttb/Ftth (fibra fino all'edificio o fino all'abitazione),
moltiplica a 100 mega e oltre la velocità di navigazione, ma costa quattro volte tanto rispetto alla formula Fttc.
Chi paga? La rete d'accesso Telecom è in carico a circa 15 miliardi, di cui 11 di avviamento: svalutarla
radicalmente brucerebbe le riserve residue mettendo la società nell'impossibilità di pagare i dividendi per
molti anni. Senza contare che si sgretolerebbero le garanzie a sostegno del debito, con conseguenze poco
piacevoli .
C'è poi una questione più generale che tocca il principio dell'autonomia delle authority. Nella bozza in
circolazione i poteri assegnati al Ministero per lo sviluppo economico, sotto cui rientrano le competenze sulle
Comunicazioni, rischiano di sconfinare nelle prerogative dell'Agcom, l'Authority del settore che, come le
omologhe europee, opera all'interno del quadro normativo europeo.
Parrebbe bizzarro con un solo colpo gettare scompiglio tra gli azionisti Telecom (molti dei quali retail),
mettere in agitazione i consumatori, pestare i piedi all'Authority e attirarsi gli strali della Ue. E se più
banalmente l'obiettivo fosse riportare Telecom al tavolo Metroweb?
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SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 02/03/2015
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L'ANALISI
01/03/2015
Il Sole 24 Ore
Pag. 1
(diffusione:334076, tiratura:405061)
Qe, conto alla rovescia: pronti 1.100 miliardi
Draghi darà il via all'apertura dei mercati il 9 marzo
Alessandro Merli
Le banche centrali dell'area euro potrebbero cominciare l'acquisto su larga scala di titoli di Stato nei giorni
immediatamente successivi all'approvazione da parte del consiglio della Banca centrale europea, giovedì
prossimo a Cipro, della documentazione legale necessaria. Secondo diverse fonti dell'Eurosistema
l'operazione scatterebbe probabilmente a partire da lunedì 9 marzo. Sempre giovedì lo staff della Bce
pubblicherà le nuove stime per l'inflazione (che saranno riviste nettamente al ribasso) e di crescita, stavolta in
rialzo.
Continua pagina 3
FRANCOFORTE
Le banche centrali dell'area euro potrebbero cominciare l'acquisto su larga scala di titoli di Stato nei giorni
immediatamente successivi all'approvazione da parte del consiglio della Banca centrale europea, giovedì
prossimo a Cipro, della documentazione legale necessaria. Secondo diverse fonti dell'Eurosistema il Qe
potrebbe partire lunedì 9 marzo. Giovedì, la Bce presenterà anche le nuove previsioni dello staff, che
dovrebbe includere un netto taglio dell'inflazione nel 2015 (dallo 0,7% di dicembre a -0,1%, secondo il
consenso degli economisti di mercato), e uno minore per il 2016, ma anche un rialzo delle stime di crescita,
come ha anticipato nei giorni scorsi il capo economista Peter Praet. Per la prima volta verranno incluse le
cifre relative al 2017, un indicatore importante nella decisione che la Bce dovrà prendere su un'eventuale fine
del quantitative easing (Qe), per ora fissata al settembre 2016, ma di fatto senza un termine preciso, in
quanto legata al risultato che l'istituto di Francoforte avrà ottenuto nel tentativo di riportare l'inflazione, oggi
negativa, verso una cifra «sotto, ma vicina al 2%». Le previsioni della Bce sul fatto che sia stato imboccato un
«percorso sostenuto» verso il 2% saranno uno degli indicatori principali, insieme alle aspettative di mercato
sull'inflazione, che verranno tenuti sotto costante monitoraggio, secondo le stesse fonti, per decidere
eventuali modifiche al Qe.
Il programma, che porterà all'acquisto mensile di titoli per 60 miliardi di euro, di cui probabilmente circa 45
miliardi di debito sovrano, per complessivi 1.100 miliardi, sarà basato su operazioni sul mercato aperto,
realizzate dalle banche centrali nazionali dei 19 Paesi dell'area euro, ma in seguito a decisioni centralizzate
presso la Bce. Lo schema è quello seguito fra il 2010 e il 2012, quando la Bce ha comprato titoli dei Paesi in
difficoltà, in base al programma Smp. Nei lavori preparatori, secondo una fonte monetaria che vi ha
partecipato, è stata presa in considerazione l'opzione di adottare un calendario di aste, in cui venissero
precisate in anticipo date e caratteristiche dei titoli da acquistare, sul modello del Qe realizzato dalla Federal
Reserve americana, e considerato molto efficace. Questa è stata per il momento accantonata per la difficoltà
di mettere in piedi in tempi brevi un sistema di aste su 19 diversi mercati.
La scelta della duration dei titoli da acquistare è a sua volta complicata dalla diversa struttura dei singoli
mercati nazionali, ma risponderà all'obiettivo di abbassare la curva dei rendimenti nel modo più possibile
uniforme. La duration media dei titoli acquistabili (con scadenze dai 2 ai 30 anni) è di 7,2 anni, un valore non
dissimile da quello con cui si è confrontata la Fed all'inizio delle proprie operazioni di Qe.
Nell'annunciare il Qe europeo, il 22 gennaio scorso, il presidente della Bce, Mario Draghi, non ha escluso
dall'acquisto i titoli con rendimento negativo, un problema particolarmente significativo soprattutto nel caso
della Germania, il mercato più grande, dove oggi il rendimento è sotto lo zero fino ai 6 anni. La Bce vorrà
tuttavia evitare perdite certe e quindi non dovrebbe comprare titoli il cui rendimento alla scadenza è sotto 0,20%, il tasso praticato sui depositi delle banche presso la Bce stessa; potrebbe quindi orientarsi, almeno
inizialmente, sui titoli a più lunga scadenza.
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 02/03/2015
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Definiti da Eurotower tempi, quantità e modalità d'acquisto dei titoli di Stato
01/03/2015
Il Sole 24 Ore
Pag. 1
(diffusione:334076, tiratura:405061)
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 02/03/2015
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La perplessità di molti economisti è che, essendo i tassi d'interesse già molto bassi, per effetto anche delle
attese del Qe, il programma rischi di perdere efficacia. «Dato l'attuale livello dei tassi - ha detto venerdì sera a
New York il vicepresidente della Bce, Vitor Constancio - altri canali saranno più ril evanti: il segnale riguardo
alla futura politica monetaria, l'effetto sulle aspettative d'inflazione, il riequilibrio dei portafogli e altri prezzi di
attività, l'effetto ricchezza e il miglioramento del canale creditizio». Costancio ha diplomaticamente evitato un
riferimento esplicito al cambio, ma è chiaro che l'euro debole è uno degli elementi che possono contribuire
maggiormente al successo del Qe.
Alcuni di questi fattori sono già all'opera, così come lo sono gli effetti delle Tltro, le operazioni quadriennali di
finanziamento della Bce alle banche mirate alla concessione di prestiti all'economia reale. Le ultime
statistiche mostrano che il credito alle imprese sta dando qualche segnale di vita, dopo oltre due anni di
contrazione, e che lo svantaggio nelle condizioni dei prestiti applicati alle imprese italiane e spagnole si sta
ridimensionando, a partire dall'estate scorsa.
Nel frattempo, altri elementi, come appunto l'indebolimento del cambio, ma anche la caduta dei prezzi
dell'energia, hanno cominciato a mettere in moto la ripresa. Più di tutto, osserva Sylvain Broyer, di Natixis, il
Qe va a sommarsi a un allentamento della politica fiscale che può avvantaggiare soprattutto Italia e Francia.
La ripresa in atto, che dovrebbe rafforzarsi nel corso dell'anno, potrebbe portare, secondo Riccardo Barbieri
di Mizuho, a rendimenti obbligazionari più alti a fine 2016, dopo un'ulteriore discesa nelle prossime settimane
in seguito all'avvio del Qe.
Molte preoccupazioni di mercato si sono appuntate negli ultimi tempi sulla possibilità che la Bce, nonostante i
titoli sovrani acquistabili siano circa 7.800 miliardi di euro, cui si aggiungono 500 miliardi delle agenzie
europee, fatichi a trovare venditori in quantità sufficiente, dato che in alcuni Paesi (come la Germania)
l'emissione di debito pubblico è in calo per l'azzeramento del deficit e che molti possessori di titoli sovrani,
come banche e assicurazioni, sono vincolati a mantenerli da requisiti di liquidità o capitale. Secondo
un'analisi di Frederik Ducrozet, di Crédit Agricole, in un primo tempo, almeno inizialmente i venditori
potrebbero essere soprattutto le banche, in particolare quelle della periferia, che negli ultimi tre anni hanno
aumentato notevolmente il loro portafoglio di titoli di Stato. Ma anche fra i detentori di debito dei Paesi del
centro dell'eurozona, qualcuno, fra cui gli investitori stranieri, potrebbe essere indotto a vendere da
considerazioni di prezzo.
Alla vigilia del Qe europeo, comunque, i suoi effetti restano altamente incerti.
© RIPRODUZIONE RISERVATA Alessandro Merli Fonti: elaborazione Crédit Agricole; Bce, Federal Reserve
Board, Bank of Japan e elaborazioni staff Bce IL BILANCIO DELLE BANCHE CENTRALI Indice 2007 = 100;
dati trimestrali LA BASE MONETARIA Indice 2007 = 100; dati mensili Banche centrali nazionali LEGENDA:
Banche nazionali Investitori nazionali non bancari Istituzioni pubbliche estere Banche straniere Investitori
esteri non bancari Obiettivi d'acquisto della Bce (mar. 2015 - sett. 2016) Italia Belgio Spagna Olanda Francia
Germania Irlanda Austria Finlandia Portogallo Grecia LA COMPOSIZIONE DEI POTENZIALI VENDITORI
DELLA BCE Dati in miliardi di euro 0 200 400 600 800 1.000 1.200 CHI DETIENE LO STOCK DEL DEBITO
PUBBLICO NELL'AREA EURO Dati II trimestre 2014. In % 0 10 20 30 40 50 60 70 80 90 100 2007 2008
2009 2010 2011 2012 2013 2014 2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013 2014 2015 0 100 200 300 400 500
0 100 200 300 400 500 Usa Giappone Area euro Usa Giappone Area euro Le possibilità d'acquisto della
Banca centrale europea
01/03/2015
Il Sole 24 Ore
Pag. 1
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I paradossi dell'Europa a tassi zero: con il mutuo si può guadagnare
Morya Longo
Morya Longo pagina 2
Immaginate un mondo in cui gli alberi hanno le radici in alto e le foglie sotto terra, dove i cani portano al
guinzaglio i padroni e i topi inseguono i gatti. Il mondo del «quantitative easing» europeo, dal punto di vista
finanziario, sta diventando così: rovesciato. Dato che sempre più tassi d'interesse sono sotto zero, in Europa
si sta infatti capovolgendo il rapporto tra creditori e debitori: chi chiede denaro in prestito viene sempre più
spesso pagato per indebitarsi, mentre chi presta i soldi deve pagare per farlo. Assurdo, ma vero. È così infatti
per molti Governi, dato che ormai circa il 32% dei titoli di Stato europei ha rendimenti sotto zero. Il paradosso
potrebbe presto materializzarsi anche nel mondo delle obbligazioni aziendali, molte delle quali sul mercato
secondario già hanno mostrato rendimenti negativi: gli operatori non escludono dunque che presto qualche
azienda possa emettere bond a tassi negativi. E in un Paese come la Danimarca, che ha dovuto tagliare i
tassi ufficiali a -0,75% per tener testa al «bazooka» della Bce, si iniziano a vedere anche i primi mutui con
interessi negativi.
Effetto bazooka sui bond
Questo mondo paranormale è la conseguenza di due fenomeni, tra loro concatenati: la deflazione e la politica
che la Bce sta avviando per combatterla, cioè il «quantitative easing». Dalla prossima settimana la Bce
inizierà infatti a comprare titoli di Stato (e non solo) per 60 miliardi di euro al mese, stampando moneta.
L'attesa di questa imminente campagna acquisti ha avuto l'effetto, sul mercato, di abbassare i rendimenti dei
titoli di Stato: quelli dei BTp decennali sono scesi fino al minimo storico di 1,35%, mentre quelli dei Bund
tedeschi addirittura fino allo 0,32%. Ma sulle scadenze più brevi i rendimenti sono da tempo sotto zero:
prestare soldi alla Germania per 3 anni costa, per esempio, lo 0,208%. Ormai - calcola Rbs - in Germania
sono negativi i rendimenti del 65% dei titoli di Stato. E, con percentuali inferiori, lo stesso accade in tanti altri
Paesi.
Molti analisti sono pronti a scommettere che i rendimenti scenderanno ancora. Per un motivo "tecnico": dato
che la Bce nel solo 2015 comprerà sul mercato circa 500 miliardi di euro ma gli Stati ne emetteranno (al netto
dei rimborsi) molti meno, si creerà un effetto-scarsità che potrebbe far salire ulteriormente i prezzi e far
scendere ancor più i rendimenti. Per questo oggi molti investitori comprano titoli europei, sebbene abbiano
tassi bassi o negativi: perché sperano di guadagnare dall'effetto Bce. E i bond emessi da aziende sembrano
seguire la stessa strada. Qualche settimana fa è stato un titolo della Nestlé a mostrare, sul mercato
secondario, un rendimento sotto zero. Poi se ne sono aggiunti altri. Dalla francese Edf alla Royal Dutch Shell,
dalla tedesca Deutsche Bahn alle farmaceutiche Sanofi e Novartis: tutti hanno visto scendere i tassi (offer)
dei loro bond sotto zero.
Fenomeno allargato
Anche perché la politica anti-deflazione della Bce ha spinto molte altre banche centrali a reagire per evitare, o
per ridurre, gli effetti collaterali nei loro Paesi del «bazooka» di Draghi. Nelle ultime settimane la Danimarca
ha tagliato i tassi ufficiali a -0,75% e la Svezia a -0,10%. Anche la Svizzera ha portato i tassi dei depositi
bancari sotto zero. Questo ha aumentato i paradossi in Europa. In Danimarca, riporta il New York Times,
alcune banche stanno addirittura erogando i primi mutui o finanziamenti sotto zero: il giornale Usa racconta la
storia di una piccola imprenditrice che ha ottenuto un finanziamento che le frutterà l'equivalente di un dollaro
al mese di interessi. Insomma: la banca la paga, seppure poco, per prestarle soldi. Il problema è che anche
alcuni conti correnti in Danimarca iniziano ad avere tassi negativi, per cui depositare i soldi in banca inizia a
costare. E questo è un problema, perché le banche rischiano di perdere clienti. Oppure, se tengono i tassi
sopra zero, di perdere profitti.
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 02/03/2015
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L'IMPATTO SUI MERCATI
01/03/2015
Il Sole 24 Ore
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SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 02/03/2015
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I rischi del mondo rovesciato
Tutti questi paradossi derivano da una politica monetaria varata per risollevare l'inflazione e le sorti
economiche dell'Europa. Se il «quantitative easing» avrà successo e durerà poco, la situazione dovrebbe
tornare normale. Ma se durerà troppo, i paradossi potrebbero diventare squilibri sui mercati e infine rovinose
bolle speculative. In Danimarca, per esempio, c'è già il problema di un mercato immobiliare iper-valutato: i
prezzi delle case in molte città sono oggi più alti rispetto a quelli della bolla pre-crisi. In Svezia un quarto degli
appartamenti viene venduto prima ancora che venga esposto il cartello pubblico, tanta è la "fame" degli
acquirenti. Il problema è che le famiglie sono già molto indebitate: portare i tassi dei mutui a zero o sotto,
dunque, potrebbe incentivarle ad indebitarsi troppo. Le Autorità stanno cercando di moderare il fenomeno,
ma è difficile che ce la facciano.
I rischi coinvolgono anche altri settori. Per esempio le assicurazioni tedesche, che hanno sempre avuto
l'abitudine di offrire ai clienti polizze vita con rendimenti garantiti. Dato che le compagnie investono gran parte
dei loro attivi (si parla di 768,9 miliardi di euro) in titoli obbligazionari tedeschi, i mini-tassi attuali rendono per
loro difficile garantire i rendimenti promessi in passato ai clienti. Calcola la Bundesbank che se i tassi dei
Bund restassero bassi per un periodo lungo, 32 assicuratori sugli 85 esaminati rischierebbero l'insolvenza.
Per non parlare del mercato dei bond aziendali, dove le grandi imprese sono incentivate ad indebitarsi (a
tassi irrisori) e poi usare i soldi raccolti per comprare le proprie azioni sul mercato. Alla faccia delle tante Pmi,
anche italiane, che invece soffrono ancora il credit crunch. In fondo anche questo è uno dei tanti paradossi di
questo mondo ai confini della realtà.
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© RIPRODUZIONE RISERVATA IL CROLLO DEI TASSI Rendimenti dei titoli di stato a 10 anni Italia -23,12%
1,76 1,35 28 FEB 2015 31 DIC 2014 Germania -35,42% 0,50 0,32 28 FEB 2015 31 DIC 2014 Spagna 21,56% 1,59 1,25 28 FEB 2015 31 DIC 2014 Francia -36,14% 0,83 0,53 28 FEB 2015 31 DIC 2014 Irlanda 29,97% 1,29 0,86 28 FEB 2015 31 DIC 2014 Grecia -0,92% 9,45 9,36 28 FEB 2015 31 DIC 2014 Usa -7,35%
2,17 2,01 28 FEB 2015 31 DIC 2014 Portogallo -31,66% 1,82 2,66 28 FEB 2015 31 DIC 2014 LE BORSE.
Variazioni % da inizio anno +8,74% Madrid Ibex 35 +5,80% Londra Ftse 100 +2,21% New York S&P 500
+7,72% Tokyo Nikkei +17,49% Milano Ftse Mib +16,28% Francoforte Dax +15,89% Parigi Cac 40 +6,57%
Atene Ase LO SPREAD Differenziale dei rendimenti dei titoli di Stato decennali rispetto al Bund. In punti base
75 100 125 150 L'Europa è in deflazione: i tassi corrono ai massimi dell'anno 1 7 gennaio 145 124 Il giorno
dopo la vittoria della sinistra radicale in Grecia i mercati non hanno scossoni 3 26 gennaio 116 96 Sì
dell'Eurogruppo al piano di Atene: calano i tassi dei bond 5 24 febbraio 112 101 La Bce lancia il "Quantitative
easing" e i rendimenti calano 2 22 gennaio 118 95 Trattative sul debito greco: Atene propone uno swap dei
vecchi titoli con bond legati alla crescita 4 2 febbraio 136 117 Dopo 5 anni lo spread BTp-Bund cala sotto i
100 punti 7 27 febbraio 98* 93 SPAGNA ITALIA 101 125 24 SPAGNA ITALIA 93 98* 5 Gennaio Febbraio 2 5
6 7 8 9 12 13 14 15 16 19 20 21 22 23 26 27 28 29 30 2 3 4 5 6 9 10 11 12 13 16 17 18 19 20 23 24 25 26 27
2 gennaio 27 febbraio AUMENTANO I TITOLI DI STATO CON TASSI SOTTO ZERO Germania Paesi Bassi
Francia Austria Belgio Finlandia Slovacchia Irlanda Portogallo Spagna Italia Lituania Grecia 0 10 20 30 40 50
60 70 80 90 100 I titoli di Stato di ogni Paese europeo Dati in % sul totale titoli di Stato di ogni paese
Rendimenti negativi Rendimenti positivi G F M A M G L A S O N D G 2014 2015 F Titoli di Stato con tassi
negativi in Europa Valori in % sul totale titoli sul mercato 36 30 24 18 12 6 0 Fonte: Rbs La grande gelata dei
tassi Utili stimati (scala sx) Andamento dell'indice (scala dx) 1 ott. 2014 2015 1 nov. 5 dic. 19 dic. 1 gen. 15
gen. 6 feb. 27 feb. Fonte: Thomson-Reuters 0 2 4 6 8 10 12 14 12,4 12,0 8,4 8,1 6,6 3,1 1850 1890 1930
1970 2010 2050 2090 2130 1,7 9,4 Corporate Usa S&P500: crescita degli utili stimati per il 2015 e
andamento dell'indice
01/03/2015
Il Sole 24 Ore
Pag. 2
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Quelle «valutazioni relative» che gonfiano la bolla
Walter Riolfi
Se i mercati siano davvero nel pieno di un'altra bolla speculativa lo scopriremo fra sei mesi, fra un anno o
forse più. Di certo è che le borse sono care sotto tanti aspetti, ma le obbligazioni hanno raggiunto valutazioni
che mai s'erano viste in passato. Pur considerando l'anormalità di tassi ufficiali a zero o sotto zero, gli effetti
perversi dei quantitative easing, è cosa folle dover pagare un interesse negativo per acquistare un titolo di
stato di medio lungo periodo (il Bund a 5 anni rende -0,1%) o accontentarsi di quegli insignificanti 30
centesimi l'anno che offre il Bund a 10 anni: perchè in due lustri può succedere di tutto ed è certo che si
dovrà sopportare un rendimento reale negativo.
Se davvero i bond sono in bolla speculativa, gli esiti potrebbero essere ancor più disastrosi di quelli
sperimentati nella recessione del 2008-2009: perchè la quantità di carta emessa (titoli di Stato, bond societari
a vario rating, titoli costruiti su crediti vari e su tassi d'interesse) è circa il doppio di quella in circolazione 7
anni fa e tutta insieme vale 5 volte il pil mondiale; perchè con tassi ufficiali a zero, le banche centrali non
hanno più leva monetaria, se non quella di stampare moneta per ritirare dai mercati un bel po' di quella carta.
Ma oggi non abbiamo i titoli subprime come nel 2006-07, si dirà. Abbiamo emissioni record di junk bond (titoli
spazzatura) a rendimenti risibili, specie in Europa, abbiamo carta costruita sulle società energetiche
americane in seria difficoltà, sui prestiti agli studenti, su finanziamenti per acquistare auto. Infine abbiamo
pure ritrovato i famigerati titoli sintetici di un tempo; per esempio il Cdo confezionato tre settimane fa da
Goldman Sachs, ancora più a leva dei precedenti.
Nulla è più pericoloso a lungo andare delle valutazioni relative. I bond societari non sono cari se li si raffronta
a quelli di Stato; anche i junk bond, di conseguenza, sono attraenti. E, a maggior ragione, sono convenienti le
azioni. Se un'obbligazione rende lo 0,3%, anche la penultima delle azioni mi darà qualcosa di più come
dividendo. Dilaga questo genere di ragionamenti. Li fanno anche persone serissime, come il capo degli
investimenti di BlackRock: quando dice che i multipli dell'S&P500 sono molto alti, quasi ai picchi del 2000 o
del 2006. «Ma le azioni sono comunque più attraenti dei titoli di Stato», conclude.
Invero i pe (prezzo su utili) sono molto alti, qualunque sia il metodo con cui si calcola il denominatore.
Prendiamo il più semplice (e il più fallace): gli utili stimati per fine anno. Oggi l'S&P vale 17,5 volte i profitti
immaginati nel 2015, valore superiore alla media storica. Il paradosso è che 5 mesi fa, quando il pe 2015
pareva fosse "solo" di 16, perchè gli analisti prevedevano utili in crescita del 12,4%, si diceva che Wall Street
aveva spazio per salire. Difatti è salita di oltre l'8%, a nuovi record. Ma nel frattempo la crescita degli utili è
stata corretta a un insignificante 1,7%. E se diventasse negativa? Niente paura, dicono gli investitori: adesso
le opportunità sono nelle borse europee, i cui utili (forse) saliranno del 7% nel 2015 e mostrano multipli più
bassi. In effetti il pe dello Stoxx è di qualche decimo in meno dell'S&P. Finchè dura la logica delle valutazioni
relative, godiamoci tutti i mercati, anche perchè una bolla può durare a lungo prima di scoppiare.
© RIPRODUZIONE RISERVATA Walter Riolfi
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01/03/2015
Il Sole 24 Ore
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Cinque problemi da risolvere per l'Europa
LE IDEE Si potrebbe creare un euro a due binari e con cambi fluttuanti e avviare una prima condivisione del
debito
Michael J. Boskin
Anche se la crisi greca sembra sia stata messa in pausa, la situazione economica in Europa rimane molto
incerta. La crescita della zona euro è in leggero aumento rispetto ai livelli prossimi alla recessione di alcuni
mesi fa, ma le proiezioni del Fondo monetario internazionale per il 2015 e il 2016 a malapena superano l'1%.
La disoccupazione rimane al di sopra dell'11% - e due volte tanto tra i giovani (e raddoppia ulteriormente in
paesi come Grecia e Spagna).
L'uscita della Grecia dalla zona euro oggi sarebbe probabilmente meno dirompente di quanto sarebbe stata
pochi anni fa. I paesi più a rischio di contagio - Portogallo, Spagna, e Italia - adesso sono meno vulnerabili
agli occhi dei mercati; l'Unione Europea ha istituito un fondo di salvataggio; e la Banca Centrale Europea ha
avviato un vasto programma di acquisto di obbligazioni.
La vera sfida in Europa è la stagnazione persistente e l'aumento della pressione fiscale del settore pubblico
all'interno di stati sociali ipertrofici, con una popolazione in rapido invecchiamento. Per il ripristino di crescita,
opportunità, prosperità e stabilità finanziaria è necessario fornire soluzioni coraggiose a cinque problemi
interrelati.
Il primo problema è fiscale. I conti sono semplici. L'aliquota fiscale necessaria per finanziare la spesa sociale
deve essere uguale al rapporto tra il numero di persone che ricevono benefici e il numero dei contribuenti
(tasso di dipendenza), moltiplicato per il beneficio medio relativo al reddito sottoposto ad imposta (tasso di
sostituzione). Questi i calcoli che hanno portato Mario Draghi, il presidente della Banca Centrale Europea, a
dichiarare che: «Il modello sociale europeo è già superato». Troppi europei riscuotono troppi benefici, ma i
governi hanno finora in gran parte eluso la questione, facendosi carico di un indebitamento enorme, al fine di
rinviare la resa dei conti. È attesa da tempo una riforma che punti ad una spesa sociale corrispondente a
bisogni reali.
Il secondo problema è di natura economica: decennio dopo decennio, la crescita in Europa è scesa ben al di
sotto di quella degli Stati Uniti. Anche se la teoria economica prevede la convergenza degli standard di vita,
l'Europa è in ritardo rispetto agli Stati Uniti di oltre il 30%. Tasse elevate e regolamenti pesanti soffocano il
mercato del lavoro e potenziali nuove imprese. Pagamenti socio-assistenziali eccessivamente generosi
generano disincentivi riguardo a lavorare, assumere, investire e crescere.
Il terzo problema è la crisi bancaria. In Europa, le banche forniscono alle economie europee circa il 70% del
credito, rispetto al 30% degli Stati Uniti. Ma molte banche europee sono zombie finanziariamente
sovraesposti, tenute in vita da infusioni pubbliche di liquidità emergenziali.
In quarto luogo, vi è la crisi valutaria. I numerosi vantaggi dell'euro - trasparenza transnazionale dei prezzi,
minori costi di transazione, e livelli credibili di inflazione - hanno richiesto la rinuncia a politiche monetarie
indipendenti e tassi di cambio flessibili. Ma, dati i limiti di trasferimenti interregionali e mobilità del lavoro,
questo significa che il continente ha una capacità molto minore di assorbire le varie crisi attraverso il
funzionamento dei cosiddetti stabilizzatori automatici.
Infine, l'Europa deve fronteggiare un grave deficit di governance. I cittadini sono sempre più scettici riguardo
alle élite e alle istituzioni sovranazionali come la Commissione Europea, che impongono norme e regolamenti
anche in conflitto con gli interessi economici e la sovranità dei loro paesi. Gli elettori sono irrequieti, come il
risultato delle elezioni greche ha dimostrato. Il sentimento nazionalista è in aumento, e i partiti demagogici di
estrema destra e sinistra guadagnano ad ogni sondaggio.
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 02/03/2015
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Le vie della ripresa. Welfare insostenibile, crescita anemica, banche deboli, crisi valutaria e deficit di
governance vanno affrontati al più presto e contemporaneamente
01/03/2015
Il Sole 24 Ore
Pag. 3
(diffusione:334076, tiratura:405061)
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 02/03/2015
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Affrontare questi problemi sarà difficile, ma non impossibile. La sfida principale è fiscale; l'Europa non può
sfuggire alla necessità di ridimensionare il suo sclerotico welfare. Il continente potrebbe superare il suo
torpore attuale prendendo atto della situazione, e realizzando la serie di politiche, in grado di rafforzarsi
reciprocamente, indicate nel seguito.
Un progressivo consolidamento fiscale - con la riduzione delle dimensioni di spesa pubblica previste, e quindi
delle aliquote fiscali future - dovrà essere al centro dello sforzo. Questo dovrebbe essere combinato con la
mutualizzazione di una parte dei debiti dei paesi fortemente indebitati - definiti da un rapporto debito-Pil
superiore, ad esempio, al 60% o 70% - e modeste svalutazioni in cambio di obbligazioni zero-coupon di lungo
periodo.
Nel frattempo, si dovrà dirimere rapidamente il problema delle banche "zombie" europee mediante
acquisizioni o commissariamenti temporanei, pulizia, e vendita degli attivi, come è stato fatto dalla Resolution
Trust Corporation durante la crisi americana di risparmio e credito degli anni ottanta.
Infine, la zona euro dovrebbe adottare un euro a due binari con un tasso di cambio fluttuante - un'idea
sostenuta dall'economista americano Allan Meltzer. Si dovrebbero sviluppare regole sistematiche per
determinare quando i membri della zona euro vadano retrocessi in "euro B" o promossi in "euro A". Tale
"dimora provvisoria" - definibile "ammortamento senza allontanamento" - permetterebbe di evitare alcuni
problemi (ma non tutti) relativi al completo ritiro di un paese dalla zona euro. Si creerebbe una specifica serie
di incentivi, che, a conti fatti, potrebbe esercitare pressioni sui singoli paesi per evitare la retrocessione,
proprio come le squadre di calcio di alto livello che cercano di evitare la retrocessione verso i campionati
minori.
L'insieme di queste politiche dovrebbe ridurre il debito sovrano, abbassare i tassi di interesse, migliorare la
pressione fiscale, consentire ai paesi di aumentare la competitività con meno sacrifici per gli standard di vita,
e dotare l'Europa di una road map per la prosperità.
© PROJECT SYNDICATE
02/03/2015
Il Sole 24 Ore
Pag. 1
(diffusione:334076, tiratura:405061)
Concorrenza per 250mila immobili
Pagina a cura di Valeria Uva
Valeria Uva pagina 8
A guardare i numeri la prima, parziale, apertura alla concorrenza delle trascrizioni di immobili ipotizzata dal
disegno di legge sulla concorrenza varato il 20 febbraio non è poi così piccola.
Nelle intenzioni del Governo la compravendita di tutti gli immobili - case escluse - che hanno un valore
catastale inferiore a 100mila euro potrebbe in futuro essere conclusa non più solo con l'atto pubblico del
notaio (il rogito, per intendersi), ma con l'autentificazione della firma da parte di un avvocato. Sulla scia di
quanto avviene in Inghilterra e in America.
La proposta deve ancora superare il lungo iter parlamentare prima di diventare davvero legge, ma sta già
facendo discutere mettendo una contro l'altra le categorie professionali. Ma, lasciando da parte - per quanto
possibile - il merito della contesa, proviamo a quantificare l'impatto potenziale del cambiamento.
La fascia di immobili potenzialmente interessati è di tutto rispetto. A guardare alle prime stime elaborate per
conto del Sole 24 Ore da Scenari immobiliari, più dell'80% dei passaggi di mano registrati nel 2014 per
negozi, capannoni e box si è collocato al di sotto della fatidica asticella dei 100mila euro. In termini assoluti,
sulle oltre 300mila compravendite annue del non residenziale, più di 250mila sono di valore inferiore ai
100mila euro (si veda il primo grafico a lato). Ma la quota potrebbe essere ancora più elevata se si considera
che questi importi sono riferiti al valore commerciale dell'immobile, mentre il Ddl si basa sul valore catastale,
che è ancora più basso: la distanza varia da città a città ma in linea di massima si attesta intorno al 30 per
cento.
Fra le tante categorie da cui è composto questo mercato (negozi, laboratori, posti auto ma anche terreni e
immobili agricoli) a dominare in modo preponderante sono i box auto, che da soli hanno assorbito il 95% delle
compravendite dell'anno scorso, complice anche la crisi del terziario e del manifatturiero.
Che l'apertura non sia affatto timida lo confermano anche i notai. «Per noi si tratta sicuramente di una parte
cospicua del mercato - fa i conti Enrico Sironi, consigliere nazionale con delega all'«area propositiva», cioè
incaricato di seguire le novità normative in discussione - vi rientrano senz'altro un negozio da 50 metri quadri
in una media città, un piccolo capannone, per non parlare dei terreni edificabili che hanno valori catastali
molto lontani da quelli commerciali».
E mentre gli avvocati del Consiglio nazionale forense preferiscono attendere il cammino del disegno di legge
prima di commentare o ragionare sui teorici costi della loro assistenza, i notai sottolineano come gran parte
della spesa ora richiesta al cittadino sia costituita da imposte che il notaio in quanto pubblico ufficiale riscuote
e gira al fisco. Nell'esempio in questa pagina, strutturato su un box da 70mila euro in una zona di pregio di
Milano, l'imposta di registro pesa dal 43% (con la soglia minima di mille euro anch e per le pertinenze della
prima casa) fino al 77% (registro al 9%). L'importo su cui si giocherà la concorrenza tra notai e avvocati si
può stimare intorno agli attuali mille euro (ma l'onorario del notaio è oggi completamente liberalizzato), nei
quali le spese per le visure ipotecarie e catastali, gli adempimenti di pubblicità e i contributi previdenziali
pesano - sempre a grandi linee - intorno al 30 per cento. Oltre ai professionisti singoli, poi, la vera guerra al
ribasso potrebbe arrivare se nel settore sbarcassero i grandi player come banche e assicurazioni, che
sarebbero in grado di offrire lo stesso servizio di autentica firma con un proprio staff legale anche a costo
zero, all'interno di un pacchetto tutto compreso con mutuo e assicurazioni.
Ma al di là dei costi, il Consiglio nazionale evidenzia la diversa natura dei servizi offerti. «Il notaio è un
pubblico ufficiale sempre in posizione terza - ricorda Sironi - che assicura controlli preventivi sui registri
immobiliari per legge, andando a ritroso fino a 20 anni, mentre nel Ddl del Governo questi adempimenti sono
lasciati alla volontà delle parti e per questa via si indeboliscono i presidi sul fronte dell'antiriclaggio». Il rischio,
secondo la categoria, è che si apra una falla nel sistema dei registri pubblici, nel momento in cui il controllo
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 02/03/2015
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GLI EFFETTI DEL DDL GOVERNATIVO
02/03/2015
Il Sole 24 Ore
Pag. 1
(diffusione:334076, tiratura:405061)
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 02/03/2015
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sulla compravendita si limita all'autentificazione della firma, senza ripercorrere l'intera storia del bene.
Le spese potrebbero aumentare per chi deve accendere un mutuo: «Senza l'attuale relazione preliminare
notarile - conclude il consigliere - le banche potrebbero esigere un'assicurazione a copertura di errate
trascrizioni».
© RIPRODUZIONE RISERVATA
C LA PAROLA CHIAVE
Valore catastale
Il valore catastale, o valore fiscale, è la base imponibile per il calcolo dell'imposta di registro, in caso di
acquisto di immobili, o per l'Imu e la Tasi per la tassazione della proprietà immobiliare. Il valore catastale si
ricava moltiplicando la rendita catastale (indicata nella visura) per un dato coefficiente di rivalutazione (per le
abitazioni pari al 5%). Questo a sua volta viene moltiplicato per un determinato coefficiente stabilito per legge
e variabile in base alla categoria catastale dello stesso immobile. Le quote in bilico (*) Rendita catastale pari
a 50mila euro; (**) A questa somma vanno aggiunti gli importi della provvigione dell'agenzia immobiliare,
laddove presente che variano dal 2 al 4% del valore del box. Fonte Elaborazione Sole 24 Ore su dati
Consiglio nazionale del notariato (*) valore commerciale; (**) molti sono annessi all'abitazione principale
Fonte: scenari immobiliari L'ESERCITO DEI BOX Numero delle compravendite per settore immobiliare in
Italia IL CONTO Spese e tasse per il rogito di un box situato in centro a Milano venduto per 70mila euro*.
Importi in euro Totale 2014 305.014 Di cui fino a 100.000 euro 252.800 Box auto** 2014 258.000 Di cui fino a
100.000 euro 245.000 Industriale e artigianale 2014 9.300 Di cui fino a 100.000 euro 900 Commerciale 2014
27.000 Di cui fino a 100.000 euro 5.000 Uffici 2014 8.700 Di cui fino a 100.000 euro 1.900 82,0 Quota % 95,0
Quota % 9,7 Quota % 18,5 Quota % 21,8 Quota % Venduto da un privato, pertinenziale a prima casa senza
altri posti auto Registro 1.000,00 Ipotecaria 50,00 Catastale 50,00 Bollo, tassa archivio e tassa ipotecaria
24,80 Spese per adempimenti e misure, contributi e onorario 970,00 IVA 22% IMPOSTE: 2.308,20 Totale**
Venduto dal costruttore, pertinenziale a prima casa senza altri posti auto (Iva al 4%) Registro 200,00
Ipotecaria 200,00 Catastale 200,00 Bollo, tassa archivio e tassa ipotecaria 355,40 Spese per adempimenti e
misure, contributi e onorario 970,00 IVA 22% IMPOSTE: 2.138,80 Totale** Venduto da un privato,
pertinenziale a seconda casa o a prima casa già dotata di altro C/6* Registro 4.500,00 Ipotecaria 50,00
Catastale 50,00 Bollo, tassa archivio e tassa ipotecaria 24,80 Spese per adempimenti e misure, contributi e
onorario 970,00 IVA 22% IMPOSTE: 5.808,20 Totale** Venduto dal costruttore, pertinenziale a seconda casa
o a prima casa già dotata di altro C/6* (Iva 10% o 22%) Registro 200,00 Ipotecaria 200,00 Catastale 200,00
Bollo, tassa archivio e tassa ipotecaria 355,40 Spese per adempimenti e misure, contributi e onorario 970,00
IVA 22% IMPOSTE: 2.138,80 Totale**
Foto:
LE QUOTE IN BILICO
02/03/2015
Il Sole 24 Ore
Pag. 1
(diffusione:334076, tiratura:405061)
Dalla Bei fondi e garanzie alle imprese che innovano
Bussi
Bei, Fei e Commissione Ue chiamano a raccolta le imprese che innovano. Con finanziamenti diretti erogati
dalla Banca del Lussemburgo e garanzie per condividere il rischio con le banche del Fondo europeo per gli
investimenti e della Commissione Ue. Una dote di almeno 24 miliardi in sette anni. Le prime erogazioni in
Italia arriveranno ad aprile.
pagina 7
Siete alla guida di una Pmi che investe in ricerca e innovazione oltre il 20% del fatturato o vanta un
curriculum ricco di brevetti? Amministrate una media impresa che ha macinato una crescita del 10% dei ricavi
in tre anni o ha ricevuto un premio all'innovazione negli ultimi due? Avete un ruolo di responsabilità in una
grande azienda, un ateneo, un istituto di ricerca che avvia progetti innovativi? Se la risposta è sì per almeno
uno dei criteri elencati (e molti altri), potreste essere interessati a Innovfin, il ventaglio di nuovi strumenti
finanziari messi in campo dalla Bei, la Banca europea per gli investimenti, dal Fei (Fondo europeo per gli
investimenti), suo braccio operativo, e dalla Commissione Ue.
La dote a disposizione ammonta ad almeno 24 miliardi, con la possibilità di attivare oltre 50 miliardi di
finanziamenti in innovazione, dato che la Bei copre fino al 50% dei costi di investimento. Il tesoretto proviene
da fondi accantonati dalla Ue all'interno del nuovo programma di ricerca Horizon 2020 per il periodo 20142020. Non esistono tetti nazionali, le richieste possono essere presentate da aziende di ogni taglia ed entro la
metà di aprile dovrebbero arrivare i primi finanziamenti. Innovfin è una versione riproposta e ampliata del
Meccanismo di finanziamento con ripartizione dei rischi sviluppato nell'ambito del VII programma quadro della
Ue, che ha consentito di finanziare progetti di Ricerca e innovazione per oltre 11,3 miliardi e garanzie per
oltre 1,4 miliardi.
Gli strumenti sono cinque: quattro sono ritagliati su misura a seconda delle dimensioni di impresa, mentre il
quinto è un servizio di consulenza per tutte. Il sostegno può essere erogato direttamente dalla Bei, oppure
indiretto, sotto forma di garanzie ai finanziamenti delle banche o di altri istituti finanziari per condividere il
rischio in caso di perdite. Nel primo gruppo rientrano i prestiti compresi tra 25 e 300 milioni per le grandi
imprese e «Innovfin per la crescita delle midcap», che prevede prestiti privilegiati, subordinati e mezzanini per
un valore compreso tra 7,5 e 25 milioni alle aziende di media capitalizzazione fino a 3mila dipendenti. Per
loro, assicurano dalla Bei, la due diligence dura al massimo sei mesi dalla presentazione della
documentazione completa. Del secondo gruppo fanno parte due iniziative per le midcap e le Pmi. Per le
prime la Bei garantisce su una parte delle perdite potenziali su finanziamenti con capitale di debito fino a 50
milioni. Per le imprese fino a 499 dipendenti entra in gioco il Fei.
«Forniamo una garanzia - spiega l'a.d. Pier Luigi Gilibert -sul 50% dei finanziamenti con capitale di debito
compreso tra 25mila euro e 7,5 milioni. Poi, all'interno di questa quota è prevista un'ulteriore condivisione del
rischio tra la Commissione Ue, in prima battuta, e il Fondo europeo per gli investimenti». Lo strumento,
sottolinea Gilibert, «sta suscitando l'interesse delle banche italiane, tanto che all'inizio di quest'anno abbiamo
superato la performance del Meccanismo di ripartizione dei rischi che tra il 2011 e il 2012 ha fornito 310
milioni di garanzie su finanziamenti per 620 milioni. Tra dicembre e febbraio sono già state siglate le due
prime operazioni: con la Banca Popolare di Bari e con il fondo di mini-bond Anthilia Capital Partners per
garanzie totali per 75 milioni. Altre sei o sette operazioni, per circa mezzo miliardo di garanzie, saranno sulla
rampa di lancio nei prossimi mesi».
Per far conoscere la gamma degli strumenti è in corso un roadshow della Bei insieme a Confindustria e con il
sostegno dell'Abi, che giovedì prossimo farà tappa a Firenze e il 17 marzo sarà a Napoli. Secondo
Confindustria «i nuovi strumenti rappresentano un'opportunità per le imprese impegnate in processi di
crescita basati su R&I. Essi possono inoltre essere utilizzati in sinergia con misure nazionali già operative o in
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 02/03/2015
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A disposizione 24 miliardi in sette anni
02/03/2015
Il Sole 24 Ore
Pag. 1
(diffusione:334076, tiratura:405061)
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 02/03/2015
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fase di avvio (per esempio, il credito d'imposta per investimenti in R&I) per ampliare ulteriormente l'effetto
leva».
© RIPRODUZIONE RISERVATA Pagina a cura di
Chiara Bussi
GLI STRUMENTI A DISPOSIZIONE A SECONDA DELLE DIMENSIONI DELLE AZIENDE
PMI
Per le piccole e medie imprese innovative fino a 499 dipendenti e per le midcap di piccole dimensioni Innovfin
fornisce garanzie del Fei e controgaranzie della Commissione Ue su finanziamenti con capitale di debito tra
25mila euro e 7,5 milioni. In questo modo le banche sono garantite contro una parte delle loro perdite
potenziali. Per essere ammessi occorre rispettare almeno uno di dieci criteri. Tra questi una spesa in Ricerca
e Innovazione oltre il 20% del fatturato, brevetti e premi per l'innovazione.
MIDCAP/1
Per le imprese a media capitalizzazione fino a 3mila dipendenti Innovfin per la crescita delle midcap offre
prestiti privilegiati, subordinati e mezzanini tra 7,5 e 25 milioni. Per essere ammessi occorre rispettare
almeno uno di nove criteri. Tra questi una crescita del fatturato di oltre il 10% in tre anni, una spesa in Ricerca
e Innovazione pari ad almeno il 5% dei ricavi o sgravi fiscali per le spesa in R&S negli ultimi 24 mesi. Le
richieste devono essere presentate direttamente alla Bei. La due diligence dura tra i 3 e i 5 mesi.
MIDCAP/2
Per le midcap innovative fino a 3mila dipendenti è previsto anche un sistema di sostegno indiretto della Bei
con garanzie e controgaranzie su finanziamenti con capitale di debito fino a 50 milioni. Questo strumento si
avvale dell'intermediazione di banche e altri istituti finanziari e consente alla Bei di offrire una garanzia su una
parte delle perdite potenziali.
Per poter accedere a questo strumento occorre soddisfare almeno uno dei criteri di definizione di una midcap
innovativa.
GRANDI
IMPRESE
Per le grandi imprese la Bei offre prestiti diretti compresi tra 25 e 300 milioni per progetti di Ricerca e
Innovazione, università e istituti di ricerca pubblici, partenariati pubblico-privato o società veicolo. Tra le
attività finanziabili sono compresi programmi di R&I su un periodo di 3 e 4 anni, spese in conto capitale per
strutture e prototipi, costi di innovazione, attuazione di tecnologie innovative, spese in conto capitale
riguardanti il lancio commerciale e infrastrutture per la ricerca e l'innovazione. Le domande di ammissione
vanno presentate direttamente alla Banca del Lussemburgo.
PER TUTTE LE IMPRESE
Innovfin prevede anche servizi di consulenza per migliorare le condizioni di accesso al finanziamento del
rischio per Ricerca e Innovazione. Lo strumento è trasversale e si rivolge a tutte le tipologie di imprese che
vengono assistite nella preparazione del business plan e nell'elaborazione di una strategia di governance e di
una struttura finanziaria appropriata.
Secondo la Bei i servizi di consulenza dovrebbero accelerare lo sviluppo di progetti di investimento con un
valore degli investimenti di circa 20 miliardi.
02/03/2015
Il Sole 24 Ore
Pag. 1
(diffusione:334076, tiratura:405061)
«Risorse a chi ha buoni progetti»
pagina 7
Uno strumento ad ampio raggio per finanziare l'innovazione di tutte le tipologie di imprese. Ma anche un
nuovo assist alle banche per far ripartire il credito dopo gli scossoni della crisi. A parlare è il vicepresidente
della Bei, Dario Scannapieco, impegnato in queste settimane nel roadshow di Innovfin. «Uno dei fattori che
ostacolano la messa in atto delle attività di Ricerca e innovazione - dice - è la scarsità di finanziamenti
disponibili a condizioni accettabili per le imprese innovative. Per questo la Bei, insieme al Fei e alla Ue, ha
deciso di unire le forze per offrire finanziamenti e garanzie a imprese ed enti che in alternativa avrebbero
avuto difficoltà a reperire risorse».
Quali sono i vantaggi del nuovo ventaglio di strumenti?
Per quanto riguarda le erogazioni dirette si tratta di finanziamenti a tassi convenienti, perché le emissioni
obbligazionarie della Bei hanno un rating tripla A e quindi la Banca può raccogliere capitali sui mercati
finanziari a interessi molto bassi. I finanziamenti concessi sono inoltre di lunga durata, fino a un massimo di
sette anni. Un altro vantaggio è il sostegno alle banche con il sistema delle garanzie. Il nostro valore aggiunto
è la condivisione del rischio al 50% dell'investimento in innovazione, che consente agli istituti di credito di
liberare capitale a vantaggio delle imprese. In questo modo lo strumento potrebbe diventare uno dei tasselli
per dare slancio al credito bancario.
Quali sono le aziende italiane potenzialmente interessate a Innovfin?
Questi strumenti stanno suscitando molto interesse tra le Pmi e le imprese a media capitalizzazione e
numerose banche si sono già dette disponibili. Con i finanziamenti diretti sarà possibile sostenere
anche grandi imprese. Con il Meccanismo di finanziamento con ripartizione dei rischi, il predecessore
di Innovfin,abbiamo erogato risorse a grandi aziende come Fiat e Piaggio.
Innovfin, con il gioco di squadra tra Bei, Fei e Commissione Ue, ha rappresentato un modello per il
piano Juncker da 315 miliardi messo a punto da Bruxelles per mobilitare l'interesse di investitori
pubblici e privati. A che punto sono i lavori?
L'iter prosegue. Le proposte di regolamento della Commissione dovranno essere approvate da Consiglio Ue
ed Europarlamento. La Bei si augura una rapida messa in atto del piano e si sta già attivando per anticipare
alcuni progetti.
Il 2014 è stato un anno record per i finanziamenti Bei in Italia, pari a 11,4 miliardi, in aumento del 4%
rispetto al 2013. Che cosa vi aspettate per il 2015?
Per il 2013 e il 2014 avevamo fissato l'obiettivo di 9 miliardi di finanziamenti in Italia e l'abbiamo superato.
Questo ci fa ben sperare e ci auguriamo che il trend prosegua anche quest'anno. Le risorse ci sono,
l'importante è che vengano presentati buoni progetti.
© RIPRODUZIONE RISERVATA Dario Scannapieco
Foto:
Vicepresidente. Dario Scannapieco
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 02/03/2015
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INTERVISTA A DARIO SCANNAPIECO
02/03/2015
Il Sole 24 Ore
Pag. 1
(diffusione:334076, tiratura:405061)
Corporate tax, la lezione di Londra
Giorgia Maffini
Giorgia Maffini pagina 14
Negli ultimi trent'anni i Paesi Ocse hanno notevolmente ridotto le aliquote della corporate income tax (Cit) per
attrarre imprese e profitti sempre più mobili. La crisi finanziaria ha arrestato la tendenza: ampi deficit pubblici
hanno lasciato poco spazio a una riduzione significativa del carico fiscale.
Il governo di coalizione britannico, insediatosi nel 2010, ha agito in controtendenza, nonostante avesse
ereditato uno dei più alti deficit dell'area Ocse. L'obiettivo era ambizioso: rendere il sistema di tassazione
delle imprese il più competitivo del G20. Sono seguiti cinque anni d'intense riforme, tra le quali il taglio
dell'aliquota Cit dal 28 al 20% e altri interventi volti alla riduzione del costo del capitale (Cdc) quali il
mantenimento di generose deduzioni per interessi passivi e la modernizzazione della normativa Cfc
(Controlled foreign companies). Quest'ultima permette ora il finanziamento di un gruppo attraverso controllate
residenti in giurisdizioni a bassa imposizione.
Per il sostegno all'innovazione è stato introdotto il Patent box (Pb) con un'aliquota del 10% sui profitti
derivanti dallo sfruttamento di brevetti e sono stati ampliati e semplificati gli incentivi per Ricerca e sviluppo
(R&S). Il Pb è volto anche a evitare la migrazione di brevetti verso giurisdizioni a bassa imposizione.
A regime il piano di riforme costerà tra il 20 e il 24% degli introiti medi annuali della Cit. Si tratta di costi
ingenti, finanziati combinando riduzione della spesa pubblica e aumento dell'Iva. Quali sono, dunque, i
benefici di un tale piano di riforme?
Il sistema fiscale britannico è ora molto attraente per le imprese internazionali, in particolare per i loro
headquarters e per le imprese ricche di beni immateriali. Questo spiega, per esempio, la collocazione della
sede fiscale di Fiat Chrysler Automobile a Londra e il trasferimento del quartier generale di General Electric
Oil & Gas da Firenze alla capitale del Regno Unito.
Oggi il regime britannico ha caratteristiche non riscontrabili congiuntamente in nessun'altra economia
comparabile dell'area Ocse. Per esempio, Francia, Germania e Italia hanno aliquote Cit elevate (vedi grafico
1) e regimi molto più restrittivi per la deduzione di interessi passivi e per le Cfc. La Francia ha incentivi alla
Ricerca & sviluppo più generosi di quelli britannici e finanche un Pb (15%). Tuttavia, su un'aliquota Cit già del
33,3% ha introdotto un'addizionale del 3,3% per le imprese con imposta superiore a 750mila euro. Per le
grandissime imprese con fatturato oltre 250 milioni di euro si applica un'ulteriore addizionale del 10,7%,
portando l'aliquota Cit totale al 38% per il 2015.
A parte interventi minori, la Germania non ha significatamente modificato il proprio regime tra il 2010 e il 2015
sembrando per ora poco interessata a fare competizione fiscale .
L'Italia, invece, ha introdotto alcune misure innovative. Il Pb italiano, nonostante un'aliquota più alta (15,7%),
si applica anche a marchi e design, esclusi dal Pb britannico. L'Aiuto alla crescita economica (Ace) riduce il
Cdc permettendo di dedurre un costo nozionale del finanziamento con nuovo capitale ed è perciò volta a
equalizzare il trattamento di quest'ultimo con quello del debito. Rimane da vedere che cosa conterranno i
decreti delegati in approvazione.
Nonostante alcuni innegabili successi, il governo britannico non ha centrato pienamente l'obiettivo di avere il
regime più competitivo del G20.
Per giungere a tale conclusione si utilizzano tre indicatori che misurano i costi del sistema fiscale sulle
decisioni delle imprese. L'aliquota statutaria quantifica l'incentivo a spostare i profitti dove l'aliquota è più
bassa, indipendentemente da dove siano le attività reali. Quando invece si considera l'investimento diretto
estero (Fdi), si valuta l'aliquota effettiva media (Eatr). Localizzato l'investimento in una determinata
giurisdizione, l'incentivo a espanderlo si misura con la l'aliquota effettiva marginale (Emtr). Se nel 2015 la
statutaria e la Eatr britanniche sono ben al di sotto della media Ocse (grafici 1 e 2), la Emtr ne rimane invece
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 02/03/2015
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SISTEMI FISCALI
02/03/2015
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ampiamente al di sopra.
Il Regno Unito è competitivo nell'attrarre profitti e Fdi, ma rimane meno incentivante all'espansione di un
investimento reale già localizzato in Gran Bretagna. Ciò dipende dal regime per gli ammortamenti, uno dei
meno generosi dell'Ocse e quindi relativamente penalizzante per settori come il manifatturiero con ampi
investimenti in macchinari e immobili.
Il quadro non cambia prendendo come riferimento i Paesi del G20. Il Regno Unito presenta l'aliquota
statutaria più bassa insieme a Russia, Turchia e Arabia Saudita, ma si posiziona solo al quinto posto nella
classifica dell'Eatr. La Emtr è solo al decimo posto in una classifica che vede l'Italia in prima posizione, data
la presenza dell'Ace e di ammortamenti relativamente generosi.
Alla vigilia delle elezioni, che cosa farà il nuovo governo britannico? Se vincitore, il partito laburista non
taglierà l'aliquota 2015 al 20%, ma la manterrà al 21 per cento. La differenza è minima e riflette il consenso
su un'aliquota attorno al 20 per cento. Per il resto, molte misure erano già state proposte dal Labour, che non
ha mai fatto vera opposizione all'agenda fiscale della coalizione.
La contestazione è invece arrivata da alcuni Paesi, in particolare dalla Germania, preoccupati del rischio di
erosione della propria base imponibile a causa di alcuni elementi quali il Patent box.
Se la pressione di altri Paesi e dell'Ocse crescerà, il Regno Unito potrebbe adeguare alcune norme al
consenso internazionale, ma allo stesso tempo, per mantenere la competitività, potrebbe abbassare
ulteriormente l'aliquota Cit. Alcune grandi imprese già propongono il 15%, ma con un sistema per ora
competitivo e un deficit ancora ampio, la priorità sarà probabilmente migliorare le finanze pubbliche.
Research Fellow University of Oxford Centre for Business Taxation - Said Business School
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Foto:
IL CONFRONTO TRA LE ALIQUOTE
ALIQUOTE FORMALI DELLA CORPORATE INCOME TAX (non rappresentano la pressione reale)
ALIQUOTE EFFETTIVE MEDIE (EATR)
02/03/2015
Il Sole 24 Ore
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Cambia la mappa dei «paradisi»
Si chiude il periodo per siglare le intese che agevolano la voluntary
Mauro Meazza Antonio Tomassini
Cambia la mappa dei paradisi fiscali: entro oggi, data ultima per la sigla delle intese con l'Italia, diversi Paesi
già nella black list (Svizzera, Liechtenstein e Monte Carlo, che dovrebbe firmare oggi) passa, ai fini del rientro
dei capitali, tra gli Stati virtuosi e la voluntary disclosure può così giovarsi di sanzioni ridotte. Nella mappa
delle giurisdizioni "oscure" restano così, in gran parte, solo Stati extra europei.
Servizi pagina 5
Alla mezzanotte di oggi, 2 marzo, si chiude la speciale "finestra" offerta dalla legge 186/14 per la sigla di
intese tra l'Italia e gli Stati finora compresi nella black list: intese che sono state raggiunte con Svizzera e
Liechtenstein e che sono in definizione per Monte Carlo, con la firma attesa per oggi. Queste intese, peraltro,
seguono allo sblocco delle posizioni di San Marino e Lussemburgo. Tutte mosse che mutano pesantemente
la geografia di riferimento per la voluntary disclosure e, più complessivamente, le rotte dei paradisi fiscali.
Combinando, poi, la firma degli accordi con l'imminente modifica normativa alla legge 186 disposta dal
decreto legge Milleproroghe con l'emendamento Sanga, Paesi finora considerati black list diventano «black
list con accordo» e sono di fatto equiparati, agli effetti sanzionatori, ai Paesi white list. Anche se, ai fini della
voluntary disclosure, è più corretto parlare di Paesi «non black list», perché la legge 186 fa riferimento alla
«white list» solo quando tratta dei Paesi di destinazione delle somme regolarizzate.
Gli effetti per la voluntary
Va chiarito che l'uscita della Svizzera e degli altri Paesi firmatari dalle black list nazionali avverrà al momento
della definita approvazione dei Protocolli di modifica; tuttavia, ai soli effetti della disclosure, essi già potranno
giovarsi di un trattamento di favore. Non si applicheranno quindi i raddoppi dei termini di accertamento e di
misura delle sanzioni tipici dei Paesi black list (resta il tema del raddoppio dei termini di accertamento in
presenza di violazioni penali, ma questo prescinde da dove sono localizzati gli attivi). In sostanza, per i Paesi
black list ma collaborativi, così come per i Paesi white list, al ricorrere delle condizioni di legge, la misura della
sanzione riferita a RW sarà quindi pari allo 0,5% annuo e gli anni da sanare saranno, ai fini RW, quelli dal
2009 al 2013, mentre per le imposte sui redditi (che, si ricorda, si pagano tutte, seppur con sanzioni ridotte
del 25%) non si applicheranno raddoppi di sanzioni e i periodi da sanare saranno dal 2010 (2009 solo in caso
di omessa dichiarazione) al 2013.
Peraltro, è verosimile che questo trattamento di favore sarà riservato anche agli attivi gestiti in tali Paesi, ma
intestati a soggetti interposti black list: per esempio, un deposito titoli gestito in Svizzera, ma nominalmente
riferibile a una società panamense per evitare l'applicazione dell'euroritenuta, se l'Agenzia - come fece in
occasione dello scudo - confermerà nelle sue istruzioni - attese con una circolare già nei prossimi giorni - di
voler guardare alla sostanza.
Le mappe dei paradisi
La previsione contenuta nella legge 186 sembra in linea con la legge di Stabilità e anche con il decreto
delegato sulla fiscalità internazionale (la cui definitiva approvazione dovrebbe avvenire nelle prossime
settimane), che dovrebbe stabilire:
il mantenimento delle black list interne (scomparirà infatti il riferimento normativo alle white list da introdurre,
posto che dopo anni non hanno mai visto la luce);
l'effettivo scambio di informazioni come criterio guida per l'individuazione dei paradisi fiscali.
Nel planisfero in questa pagina vengono evidenziati:
i Paesi tuttora nella black list;
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 02/03/2015
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Giurisdizioni opache sempre più esotiche dopo gli accordi con Svizzera e Liechtenstein - Oggi la firma con
Monte Carlo
02/03/2015
Il Sole 24 Ore
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SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 02/03/2015
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quelli che non sono più da considerare tali (come Svizzera e Liechtenstein) dopo la sigla delle intese con
l'Italia;
altri ancora che avevano accordi sullo scambio di informazioni con l'Italia già prima della legge 186 e che ai
fini della disclosure dovrebbero essere trattati come la Svizzera e gli altri novelli firmatari. Si tratta, in
particolare, di Emirati Arabi Uniti, Ecuador, Filippine, Isole Mauritius, Hong Kong e Singapore.
Il dubbio «Tiea»
Vi sono, infine, i casi molto particolari dei Paesi che hanno firmato con l'Italia una Tiea (Tax Information
Exchange Agreement, ovvero un accordo di matrice Ocse sullo scambio di informazioni tra Paesi che non
hanno siglato convenzioni contro le doppie imposizioni): si tratta di Bermuda, Cayman, Gibilterra, Isole Cook,
Guernsey, Isola di Man e Jersey. Tre di tali accordi (Gibilterra, Isole Cook e Jersey) sono stati recentemente
ratificati dal Parlamento. Qui occorrerà vedere il trattamento che verrà riservato, perché si tratta di
convenzioni modellate sullo standard Ocse, ma che non comprendono l'articolo 26 di quello stesso standard,
che invece è espressamente richiamato dalla legge 186.
In ogni caso, per questi Paesi e anche per gli altri Stati black list con accordo basato sull'articolo 26, il punto
discriminante è che le convenzioni abbiano come decorrenza per lo scambio di informazioni una data
antecedente a quella odierna, il 2 marzo 2015. È evidente che il trattamento o meno come black list con o
senza accordo incide in modo pesante sul costo della regolarizzazione da questi Paesi.
© RIPRODUZIONE RISERVATA I Paesi ex black list in cui la voluntary disclosure costerà meno (*) Se lo
scambio di informazioni entra in vigore entro oggi; (**) Firma attesa oggi San Marino Lussemburgo Città del
Vaticano Svizzera Liechtenstein Monte Carlo** Convenzioni precedenti* Accordi firmati prima della voluntary
disclosure Accordi firmati dopo la voluntary disclosure Emirati Arabi Uniti Ecuador Filippine Isole Mauritius
Hong Kong Singapore
Foto:
FUORI DALLA «LISTA NERA»
02/03/2015
Il Sole 24 Ore
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Il contagio (parziale) della trasparenza
Carlo Garbarino
Tutto è cominciato quando la principale banca elvetica, Ubs, ha offerto sul mercato Usa strategie aggressive
di pianificazione per wealthy individuals, sostanzialmente destinate a riparare somme tassabili sotto la
protezione del segreto bancario svizzero. La reazione degli Stati Uniti è stata l'applicazione unilaterale di
norme interne anche a fattispecie poste in essere all'estero: con la normativa Fatca gli Stati Uniti hanno
imposto alle banche estere - incluse evidentemente quelle svizzere - non solo di rendere disponibili a
richiesta i dati dei propri clienti come era previsto nella previgente disciplina dei qualified intermediaries, ma
anche di trasmettere attivamente informazioni al Tesoro americano, pena essere soggetti a una imposta
sanzionatoria del 30% sugli investimenti negli Usa. Successivamente, i governi locali si sono assunti l'obbligo
di raccogliere i dati dagli intermediari locali e trasmetterli in via automatica al Tesoro. Questo modello è stato
di fatto adottato da altri paesi, laddove essi hanno "imposto" attraverso accordi a Stati della fonte l'accesso ai
dati dei contribuenti, una situazione in cui spesso non vi è alcuna reciprocità (si pensi al caso dell'Italia e della
Svizzera).
Se ogni Stato è un nodo della rete che li collega, la network science può spiegare l'effetto "virale" che si è
attivato attraverso l'adozione di questo modello: da una consolidata ritrosia allo scambio di informazioni da
parte degli offshore financial centers si è passati a un effetto di massa, in cui queste giurisdizioni firmando tra
loro e con paesi Ocse convenzioni per lo scambio di informazioni si sono tramutati da black listed countries a
white listed countries.
Continua pagina 5
Continua da pagina 1
Si è concretizzato un tipping point, un effetto soglia in cui le banche, ad esempio quelle elvetiche, da gelose
custodi della riservatezza dei clienti diventano zelanti collaboratori del fisco estero. Questo effetto soglia è
invero determinato da un meccanismo di endemici trapianti giuridici in cui il precedente regime di riserbo si
trasforma in cooperazione "spontanea" coi governi esteri. Il tutto è non solo condizionato, ma reso possibile
da un'information technology in grado di gestire masse di dati con capacità molto superiori rispetto al
passato. E dunque la concorrenza tra sistemi nell'attrarre investimenti si trasforma, in un un mercato
tendenzialmente trasparente, in concorrenza sulle aliquote, piuttosto che in concorrenza a offrire "riparo" agli
investimenti. Questa situazione si stabilizzerà ulteriormente a breve, quando lo scambio di informazioni
automatico non sarà più ristretto ad aree regionali, ma diverrà pienamente multilaterale nella comunità degli
Stati. Ogni Stato della residenza potrà quindi inseguire ovunque i propri contribuenti, di fatto vanificando la
concorrenza sulle aliquote attuata dagli Stati della fonte.
C'è però un'asimmetria: mentre ciò è pienamente vero per le persone fisiche, non lo è per le multinazionali. E
infatti i redditi delle controllate estere, salvo norme anti-elusive come le Cfc, non sono tassabili per la
controllante nello Stato di residenza. In Europa grazie all'esenzione dei dividendi reimpatriati, negli Usa di
fatto attraverso la prassi di non distribuire i dividendi. Tant'è vero che per gli Usa vi sono più di tre trilioni di
dollari di profitti mantenuti all'estero (con il lock out effect) e per questo si intende introdurre un'addizionale
del 14% su tali profitti (una specie di sanatoria, poiché l'aliquota ordinaria sarebbe 35%).
Certo la ratio dell'esenzione dei redditi societari esteri è assicurare alla mobilità del capitale, ad esempio delle
imprese italiane, lo stesso trattamento riservato alle imprese locali nei mercati in cui vanno ad operare. E
allora perché non estendere lo stesso trattamento alla mobilità di capitale e lavoro di persone fisiche? Tra
l'altro, l'esenzione dei redditi societari esteri nello Stato di residenza spesso si risolve in una doppia
esenzione in quanto gli Stati della fonte non riescono a tassare (vedi le grandi multinazionali digitali Usa, con
scarsa o limitata tassazione sia negli Usa che nei mercati esteri).
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 02/03/2015
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LOTTA ALL'EVASIONE
02/03/2015
Il Sole 24 Ore
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Ci si domanda allora perché il modello dello scambio multilaterale automatico non venga esteso alle imprese
multinazionali. Uno scambio molto più agevolmente attuabile rispetto alle persone fisiche, visto che il numero
dei gruppi transnazionali è ristretto. L'informazione avrebbe inoltre a oggetto bilanci societari e contabilità
fiscale, informazioni di elevato contenuto e attendibilità. È evidente che in tale regime gli Stati della residenza
avrebbero la possibilità di tassare i redditi delle proprie imprese multinazionali consolidandoli, come del resto
già fanno con le persone fisiche con lo scambio automatico unilaterale. In questo modo vi sarebbe reale
concorrenza sulle aliquote societarie degli Stati della residenza, che sarebbero responsabilizzati a introdurre
aliquote competitive: le imprese, più mobili delle persone, tenderebbero ad abbandonare la giurisdizione di
origine per acquisire efficienze di gestione e aliquote più contenute.
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02/03/2015
Il Sole 24 Ore
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La riscossione resta un'incompiuta
di Gianni Trovati
La capacità dei Comuni di incassare le proprie entrate è un problema di democrazia, per due ragioni semplici.
Primo: tasse e tariffe locali si sono impennate in questi anni per fronteggiare i tagli a ripetizione imposti dalle
varie spending review. Secondo: se c'è chi non paga, qualcun altro è chiamato a pagare di più, proprio per
questa cura continua che investe i sindaci. Non serve un master in scienza delle finanze per capirlo, ma
l'evidenza del problema non ha impedito ai Governi di centro-destra, tecnici, di larga coalizione e di centrosinistra di lasciar macerare per quattro anni la riforma della riscossione locale.
Continua pagina 2
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Nell'estate del 2011 (Governo Berlusconi) la politica si è accesa in una delle sue cicliche emergenze e ha
stabilito che Equitalia avrebbe dovuto abbandonare i Comuni per essere sostituita da una «riscossione dal
volto umano». Tanta urgenza si è tradotta subito in un decreto legge (per gli appassionati del genere, la
riforma è scritta nel Dl 70/2011, all'articolo 7, comma 2, lettera gg-ter, sotto il titolo involontariamente ironico
di «semplificazione fiscale»), ma poi nessuno si è affannato a pensare come sostituire l'agente nazionale
della riscossione. È iniziata così la solita catena infinita delle proroghe, che ha spostato la data dell'addio di
Equitalia a metà 2012, poi al 2013, poi al 2014, fino a fissarla ora al 30 giugno 2015. E nessuno ha dubbi sul
fatto che la prossima mossa sarà un altro rinvio, almeno a fine anno.
Nel frattempo, infatti, dal decreto d'urgenza il tema è passato a una legge delega, quella sulla riforma fiscale,
ma nemmeno questa viaggia a ritmi particolarmente spediti, al punto che il Parlamento ha appena concesso
sei mesi in più al Governo. Un pacchetto nutrito di provvedimenti attuativi, dal Catasto alla fatturazione
elettronica, è dato come imminente da parecchi giorni, ma di questo gruppo non fa parte il provvedimento
sulla riforma della riscossione.
In un settore delicato come la raccolta dei soldi dei cittadini, tanta incertezza ha naturalmente effetti deleteri.
Per capirlo è sufficiente riflettere sul fatto che la riscossione coattiva, che scatta quando il pagamento non è
spontaneo, è un processo lungo, che richiede mesi e spesso anni: se Equitalia deve abbandonare il settore,
con un addio sempre rinviato ma sempre imminente, difficilmente metterà i tributi locali al centro della propria
strategia e del proprio impegno. Accanto all'agente nazionale, operano le società private iscritte all'Albo, che
oltre ad affrontare i rebus annuali delle imposte che cambiano nome e regole sono eternamente appese a
un'incognita che mette a rischio qualsiasi progetto di sviluppo o, più concretamente, di sopravvivenza: non è
un aspetto secondario, perché queste società hanno contratti con 4mila Comuni e danno lavoro a migliaia di
persone.
Trasformare la riforma della riscossione in un'eterna incompiuta, infine, non trasmette certo un'idea di
certezza ai cittadini; quando poi si scrive in una manovra (per la precisione al comma 688 dell'ultima legge di
stabilità) che le cartelle spedite fino al 2011 ma non ancora riscosse potranno essere abbandonate
automaticamente, senza particolari controlli, quando non superano i 300 euro, il messaggio che le vie di fuga
dai pagamenti siano sempre aperte diventa chiaro. E in un Paese che riesce a superare il 20% di evasione
anche nelle tasse sul mattone, come ha spiegato pochi giorni fa lo stesso ministero dell'Economia, non c'è
bisogno di messaggi di questo tipo.
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57%
A Cosenza il rapporto peggiore tra incassi e accertamenti
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 02/03/2015
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L'ANALISI
02/03/2015
Il Sole 24 Ore
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Contratto a tutele crescenti promosso al test dei costi *
Risparmi di un terzo rispetto all'assunzione a termine
Francesca Barbieri Valentina Melis
Contributi Inps azzerati per tre anni e un taglio del costo del lavoro che può arrivare a superare il 50% in caso
di cumulo del bonus previsto dalla legge di Stabilità 2015 con altri incentivi per l'assunzione. Nella carta
d'identità del contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti che sta per debuttare nel mercato del lavoro dopo il varo definitivo del decreto attuativo del Jobs act da parte del Governo - c'è una ricca quota di benefici
diretti alle imprese che decidono in questi giorni i piani di recruiting da portare a compimento nel 2015.
Il nuovo contratto si presenta quindi appetibile per le aziende intenzionate ad assumere nuovi lavoratori (o a
stabilizzare rapporti a termine), sia per l'incentivo contributivo, sia per la prevalenza del risarcimento
economico in caso di controversia su un eventuale futuro licenziamento. Bisogna ricordare, però, che
l'esonero contributivo ha un limite: spetta per tre anni, ma solo per le assunzioni che avvengono nel 2015.
A disposizione dei datori restano ovviamente altre formule contrattuali (in attesa dell'uscita di scena delle
collaborazioni a progetto, che dovrebbe avvenire a breve), che saranno valutate principalmente in base alla
loro convenienza economica. Il Sole 24 Ore del Lunedì ha provato a fare un confronto, calcolando come varia
il costo mensile per assumere un giovane operaio metalmeccanico, a seconda del tipo di contratto prescelto.
Ipotizzando una retribuzione lorda di 1.589 euro, risulta che con il bonus della legge di Stabilità l'azienda
risparmia 505 euro di "bollini" Inps al mese e il costo complessivo coincide con la retribuzione lorda.
Costa di più il contratto a termine, che la legge Fornero del 2012 ha voluto rendere più oneroso, con un
aumento dei contributi dell'1,4%: gli oneri previdenziali arrivano a 527 euro. E siccome lo sconto previsto
dalla legge di Stabilità si applica solo alle assunzioni a tempo indeterminato, l'esborso mensile passa a 2.116
euro, il 33% in più.
Lo stesso calcolo vale anche per la somministrazione a tempo determinato. In questo caso, però, c'è da
considerare anche la "commissione" richiesta dall'agenzia per il lavoro all'azienda che impiega il lavoratore: in
media, si può stimare intorno al 10% della retribuzione annua lorda. Il costo più elevato si abbina, però, a
numerosi vantaggi normativi, come l'assenza di tetti numerici (salvo clausole del contratto collettivo) e di
durata (non vale come per i contratti a termine la soglia massima dei 36 mesi) e la possibilità di arrivare fino a
sei proroghe per ciascun contratto.
La somministrazione a tempo indeterminato o staff leasing, che nelle intenzioni dell'Esecutivo dovrebbe
prendere quota grazie all'abolizione delle causali prevista da un altro decreto attuativo del Jobs act (quello di
riordino delle tipologie contrattuali atteso in Parlamento per i pareri delle commissioni) porta in dote l'esonero
previsto dalla legge di Stabilità, quindi i contributi Inps sono azzerati per tre anni, ma il costo è più alto per il
compenso riconosciuto all'agenzia: si sfiorano così i 1.800 euro mensili.
Leggermente più alto il costo per avvalersi di un collaboratore a progetto: ai 1.589 euro di compenso lordo si
somma il 20,48% di contributi Inps, pari a 325 euro.
La formula vincente - considerando esclusivamente l'aspetto economico - si conferma l'apprendistato, che
costa circa il 9% in meno al mese rispetto al contratto a tutele crescenti (anche se l'apprendistato non accede
all'esonero contributivo previsto dalla legge di Stabilità).
La possibilità offerta all'azienda di sottoinquadrare l'apprendista con paga del primo livello (rispetto al terzo
livello previsto per gli altri contratti) abbassa la retribuzione mensile lorda a 1.300 euro, a cui si sommano
contributi Inps calcolati in base all'aliquota agevolata dell'11,61%, ipotizzando che il datore di lavoro abbia
alle proprie dipendenze più di nove persone (nelle aziende più piccole i contributi sono addirittura azzerati).
Per gli apprendisti, però, il datore deve mettere in conto un percorso formativo, che giustifica i consistenti
sgravi economici di cui beneficia il contratto.
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 02/03/2015
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Le vie della ripresa ingresso al lavoro
02/03/2015
Il Sole 24 Ore
Pag. 1,9
(diffusione:334076, tiratura:405061)
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 02/03/2015
172
La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
© RIPRODUZIONE RISERVATA Costo finale Non dovuto Costo finale Costo finale Costo finale Costo finale
Costo 1.589 2.116 1.449 2.275 1.748 finale 1.914 Retribuzione lorda mensile 1.589 Contributi Inps a carico
dell'azienda 505 (31,78%) Esonero contr. legge di Stabilità 2015 505 Esonero contr. legge di Stabilità 2015
505 Retribuzione lorda mensile 1.589 Retribuzione lorda mensile 1.298 Retribuzione lorda mensile 1.589
Retribuzione lorda mensile 1.589 Compenso lordo mensile 1.589 Costo dell'agenzia* 159 Contributi Inps a
carico dell'azienda 527 (33,18%) Contributi Inps a carico dell'azienda 151 (11,61%) Contributi Inps a carico
dell'azienda 527 (33,18%) Contributi Inps a carico dell'azienda 505 (31,78%) Contributi Inps a carico
dell'azienda 325 (20,48%) Costo dell'agenzia* 159 CONTRATTI A CONFRONTO IL CUMULO DEGLI
INCENTIVI Le possibili combinazioni tra l'esonero contributivo previsto dalla legge di Stabilità 2015 e i
principali bonus per le assunzioni Lo sconto della legge di stabilità 2015 L'abbinamento con gli altri bonus (*)
Stima calcolata ipotizzando che la "commissione" richiesta dall'agenzia per il lavoro all'azienda utilizzatrice
sia del 10% della retribuzione annua lorda 1.589 Retribuz. lorda mensile Contributi Inps azienda 505 Esonero
contributivo 505 INCENTIVO ASPI GARANZIA GIOVANI LAVORATORI IN MOBILITÀ 584 500 584 1.005
1.089 1.005 Incentivo Garanzia giovani 50% indennità di mobilità residua Costo finale Costo finale
a cura diOrnella Lacqua e Alessandro Rota Porta
LE CHANCE PER LE IMPRESE
Contratto a tutele crescenti a cui si applica, in caso di licenziamento per giustificato motivo oggettivo, il solo
indennizzo economico: due mensilità di retribuzione per ciascun anno di servizio (da 4 a 24 mensilità)
Non è necessario indicare i motivi per i quali il contratto ha un «termine», cioè una scadenza. Il contratto può
essere prorogato fino a cinque volte nei successivi 36 mesi. L'aliquota contributiva è aumentata dell'1,4%
È possibile inquadrare illavoratore fino a due livelli inferiori rispetto alla qualifica da conseguire al termine del
contratto (la retribuzione dunque è più bassa). I contributi Inps a carico del datore sono pari all'11,61% della
retribuzione previdenziale
Il lavoratore, assunto dall'agenzia per il lavoro, viene "somministrato" all'azienda che paga una commissione
per il servizio. Al costo più alto si abbinano vantaggi normativi, come l'assenza di tetti numerici e di durata
Il lavoratore è assunto a tempo indeterminato dall'agenzia per il lavoro che beneficia dell'esonero contributivo
della legge di stabilità. Il bonus viene comunque portato in detrazione dei costi che l'agenzia addebita
all'impresa utilizzatrice
Fino al superamento delle collaborazioni a progetto, è ancora possibile stipulare questi contratti, senza
vincolo di subordinazione, a patto che ci sia un progetto specifico definito dal committente e gestito con
autonomia dal collaboratore
Costo del lavoro mensile ai fini contributivi per un operaio di terzo livello di 25 anni. Contratto dell'industria
metalmeccanica in un'azienda con oltre 15 dipendenti a tempo indeterminato (o apprendistato
professionalizzante con paga di I livello). Retribuzione lorda di 1.589 euro. Valori in euro
28/02/2015
La Repubblica
Pag. 1
(diffusione:556325, tiratura:710716)
Lo scudo di Draghi a difesa del debito
FEDERICO FUBINI
SEMBRA una vita fa quando le voci di politici, economisti, uomini di finanza ed "esperti" da destra e sinistra
proponevano per l'Italia la ricetta Yanis Varoufakis: fare ciò che il ministro delle Finanze della Grecia propone
per il suo Paese. Significherebbe ripudiare gli impegni dello Stato sul proprio debito, e rinegoziarli imponendo
perdite ai creditori. Sembra una vita fa, ma sono pochi mesi. A PAGINA 2 ROMA - Sembra una vita fa
quando le voci di politici, economisti, uomini di finanza ed «esperti» da destra e sinistra proponevano per
l'Italia la ricetta di Yanis Varoufakis: fare ciò che il ministro delle Finanze della Grecia propone per il suo
Paese. Significherebbe ripudiare gli impegni dello Stato sul proprio debito, e rinegoziarli imponendo perdite ai
creditori. Sembra una vita fa, ma sono pochi mesi.
Nel frattempo, si è introdotta una novità che rende obsolete le riflessioni di questo tipo anche per chi le
condivide. Sotto la guida di Mario Draghi, la Banca centrale europea ha deliberato un programma di acquisti
di titoli emessi dai governi europei da quasi 800 miliardi. Oltre 130 miliardi di quegli interventi si
concentreranno su titoli italiani e li eseguirà la Banca d'Italia. Inaspettatamente, Draghi ha annunciato un
dettaglio del quale si sta iniziando ad apprezzare la rilevanza: la Bce comprerà anche obbligazioni a
scadenze lunghissime, i cosiddetti "matusalemme-bond" che i debitori dovranno rimborsare tra trent'anni.
Basta allungare una mano al pallottoliere per capire finoa che punto questa scelta somigli negli effetti, benché
in dosi modiche, a ciò che propongono i fautori di un (teoricamente) controllato «default»: ristruttura verso il
futuro il profilo del debito, ne alleggerisce la pressione e il costo. Libera il governo di un assillo. Ma lo fa in
modo legale, non traumatico, nella continuità dei contratti e degli impegni, senza espropriare i creditori
esistenti in patria o all'estero. Il caso dell'Italia non è neppure il più accentuato rispetto al Portogallo,
all'Irlanda o alla Grecia (se anch'essa parteciperà). Oggi dei 1.475 miliardi di euro di debito italiano quotato
sui mercati - stima Chiara Cremonesi di Unicredit - un terzo (377 miliardi) scadrà fra il 2026 e il 2045. L'arrivo
in forze della Banca d'Italia su mandato della Bce, con la sua scelta di comprare anche "matusalemme-bond",
sposterà questi equilibri. Ci saranno più titoli a scadenza lunga e a rendimenti bassi e meno titoli a scadenza
più breve e rendimenti elevati. Come già annunciato dal direttore del debito Maria Cannata, il Tesoro si
prepara a emettere più obbligazioni da rimborsare fra un quindicennio o un trentennio: intende mettere in
cassaforte l'occasione unica di pagare, grazie alla Bce, interessi a trent'anni sotto al 2%. Il governo ne
deriverà un sollievo, che può diventare l'equivalente di una vera ristrutturazione del profilo del debito nel caso
in cui gli interventi della Bce dovessero proseguire dopo la prima fase destinata a chiudersi in autunno 2016.
È l'elemento di un compromesso più ampio, emerso in questi mesi in Europa malgrado le tensioni per il
collasso dei prezzi e la crisi greca. I tasselli sono ormai tutti visibili. L'Italia e la Francia accettano qualche
riforma e una dose di disciplina di bilancio. Contro di loro la Commissione Ue non impugna gli strumenti
punitivi del Fiscal Compact. La Germania accetta la campagna di interventi della Bce e si avvantaggia più di
ogni altro Paese della svalutazione dell'euro che ne deriva, a sostegno del proprio enorme settore dell'export;
ma Berlino e la Bundesbank ottengono che il rischio sugli acquisti di titoli italiani venga confinato nella Banca
d'Italia. La Grecia resta una ferita aperta, per ora però tamponata.
Intanto a forza di tagli e risparmi, l'intera zona euro ha iniziato a tentare di imitare la Germania: l'area è
passata da un deficit degli scambi con l'estero di 150 miliardi nel 2008, a un surplus di 250 oggi. Una
metamorfosi radicale. Tutti questi elementi compongono un equilibrio instabile, che però permette di non
guardare più all'euro attraverso le lenti del 2012. Quella crisi è finita. Ora la peggiore delle trappole per l'Italia
sarebbe illudersi di essere ormai su una corrente benigna che porterà la ripresa anche senza remare. Una
crescita attesa appena dello 0,5% o 0,6% nelle condizioni ideali e irripetibili del 2015 - euro e petrolio poco
cari, tassi bassissimi- rivela invece tutta le fragilità del Paese.
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 02/03/2015
173
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L'ANALISI
28/02/2015
La Repubblica
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SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 02/03/2015
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Il debito pubblico non è più un'emergenza, ma il debito delle imprese resta in proporzione il più alto d'Europa
dopo quello della Grecia, si sta scaricando sulle banche attraverso le insolvenze private e alimenta un
continuo credit crunch . Il sistema produttivo rimane sottocapitalizzato, dunque è in affanno: in gennaio il
made in Italyè cresciuto solo verso gli Stati Uniti, ma sta letteralmente crollando verso la Cina o il Giappone.
Il Paese può registrare un successo: è riuscito a resistere fino a quando l'alta marea ha sommerso tutti gli
scogli. Ora deve correre prima che l'onda lunga, come sempre accade, si ritiri.
575
530
247
La parabola dello spread
202
95
2011
2012
2010 Governo Berlusconi Governo Monti 17/11 2011 26/4 2013 9/11/2011 30/11/2010 3/5/2010 9/1/2012
19/1/2013
347
227
194
98
2013 2014
Governo Letta Governo Renzi 21/2 2014 1/4/2013 21/2/2014 24/2/2014 MINIMO DI GIORNATA
28/02/2015
La Repubblica
Pag. 1,2,3
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Addio recessione, Pil più 0,1% lo spread crolla sotto quota 100 grazie alla
Bce e al sì ad Atene
L'Istat vede l'Italia in leggera crescita dopo oltre tre anni. Lunedì via ai maxiacquisti di titoli di Stato. Sì del
Bundestag al salvataggio greco LA GIORNATA
ELENA POLIDORI
Effetto Bce sullo spread scende sotto quota 100 e il Pil torna positivo
ROMA. Per la prima volta da tre anni e mezzo il Pil italiano ricomincia a crescere. Per la prima volta da metà
maggio del 2010 lo spread torna sotto la soglia psicologica dei 100 punti base. Frena anche la deflazione. «E'
la volta buona» twitta subito il premier Renzi.
Tecnicamente l'Italia è fuori dalla recessione, una delle più lunghe della sua storia. Nei fatti però si parla di
spostamenti minimi: la crescita prevista dall'Istat nel primo trimestre, infatti, è solo dello 0,1%. Pochissimo,
dunque, ma è pur sempre il primo segno più dopo ben 14 trimestri consecutivi fatti di indici in calo o al
massimo piatti. Così come uno spread a quota 100 non si vedeva da quasi 5 anni. Questo differenziale,
considerato un segnalatore tra i più sensibili dei malesseri del paese, capace di far cadere i governi e di
dettare l'agenda politica, è arrivato anche al picco di 574 punti base durante Berlusconi per poi ricominciare
piano piano a scendere con Monti, Letta ed ora Renzi. Una vera e propria parabola, il cui andamento ha a
che fare con il bene prezioso della fiducia e dell'affidabilità del paese. Ora lo spread s'assesta a quota 100,
quella «giusta» secondo la previsione datata 2013 dell'ex ministro Saccomanni. «E' una gran bella cosa»,
commenta non a caso Monti che quand'era al governo sperava di riportarlo a 287, «la metà esatta» di dove lo
aveva trovato.
All'epoca, questo indicatore era divenuto così popolare nelle sue conseguenze funeste, da finire perfino a
Sanremo, in un duetto tra Rocco Papaleo e Gianni Morandi: «Alza lo share, abbassa lo spread», diceva. Fino
a quel momento i giornalisti economici, quando ne parlavano, erano obbligati a specificare: il differenziale tra i
Btp e il bund tedesco, il più credibile, il parametro di riferimento. Oggi lo spread va giù, il rendimento del
decennale italiano è al minimo storico: significa meno spese per il pagamento degli interessi sul debito.
É la svolta? Gli analisti ricordano che il contesto esterno sta cambiando: lunedì parte il quantative easing
voluto dalla Bce e si vanno allentando le tensioni sulle sorti della Grecia, dopo il sì a larghissima maggioranza
del Bundestag tedesco al salvataggio. Vero. Ma ci sono anche piccoligrandi segni di miglioramento tutti
interni, tutti italiani, ad eccezione del mercato del lavoro che non mostra inversioni di tendenza. Renzi cita
l'indice di fiducia delle imprese che a febbraio raggiunge il valore più alto dall'inizio del 2011 e quello dei
consumatori addirittura, al top da giugno 2002. Poi c'è il ralenti della deflazione: a febbraio i prezzi calano
dello 0,2% rispetto al 2014 ma aumentano dello 0,3% rispetto al mese precedente: è la più alta crescita
mensile dei prezzi da un anno e mezzo (agosto 2013). Il premier: «Sono piccoli segnali ma importanti, come
pure i mutui, le assunzioni a tempo indeterminato con il Jobs Act (mille solo a Melfi) e le riforme che vincono
l'ostruzionismo. Per questo abbiamo una grande responsabilità: dobbiamo coltivare questa fiducia,
prendercene cura».
L'andamento del Pil trimestre per trimestre Variazioni % sul trimestre precedente I II III IV 2011 I II III IV 2012
I II III IV 2013 I II III IV* 2014 I* 2015 + 0,3 + 0,2 + 0,1 0,3 0,2 0,2 0,1 0,1 0,0 0,0 0,0 0,8 0,8 0,9 0,9 0,4 0,4 *
stima FONTE: Istat
Foto: IL GOVERNO Il premier, Matteo Renzi, e il ministro dell'Economia, Pier Carlo Padoan
Foto: IL BANCHIERE Mario Draghi è il presidente della Banca centrale europea. Le sue mosse hanno
favorito la ripresa economica in Europa
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 02/03/2015
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La congiuntura
28/02/2015
La Repubblica
Pag. 3
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"La ripresa c'è ma è troppo debole a trainarla finora è solo l'export"
EUGENIO OCCORSIO
ROMA. «Il dato dell'Istat, e il moderato ottimismo che ha generato, non mi stupiscono perché è quasi
fisiologico che un'economia si riprenda dopo una recessione.
I segnali positivi sono cominciati ad arrivare da ottobre ma, dato il ritardo con cui i dati sono stati pubblicati, si
può stimare che l'economia abbia ricominciato a marciare fin da settembre». Lucrezia Reichlin, economista
della London Business School, analizza le cifre senza troppi entusiasmi ma con la presa d'atto che
probabilmente la recessione è dietro le spalle.
Certo, è una "ripresina", ma per noi che eravamo abituati al segno negativo... È solo una questione di cicli?
«Con la mia società di ricerca Now-casting economics che analizzai dati in tempo reale, stimiamo anche cifre
più alte, +0,16%, una previsione più ottimistica di quella della Commissione europea. Non scordiamoci però
che la ripresa dell'Italia è più anemica di quella della Spagna, della Francia e della Germania. In senso
relativo non andiamo bene. E questo è particolarmente preoccupante perché noi siamo il paese che, dopo la
Grecia, ha avuto la maggiore perdita di Pil (e produzione industriale) dalla crisi del 2008».
Quali sono i settori di forza della mini-ripresa? meccanica strumentale, moda, o quali altri comparti di export?
«I segnali positivi vengono dalla produzione industriale e in particolare dall'export. A febbraio anche la fiducia
dei consumatori ha sorpreso positivamente per la prima volta da molto tempo».
Renzi naturalmente si attribuisce buona parte del merito. È riuscito a iniettare almeno un po' di fiducia, di
dinamismo? «Renzi ha tanti meritie sicuramente l'ottimismo aiuta in economia. A mente fredda, però, non
direi che si possa facilmente identificare un nesso tra le sue politiche e la ripresa. La ripresa italiana è
correlata a quelle delle altre economie europee. E' in parte anche da attribuire alla ripresa Usa, molto
robusta, e alle politiche della Bce che hanno agito su tasso di cambio e costo del credito,e ancora al ribasso
del prezzo del petrolioea una minore incertezza sulla crisi europea».
Quando andrà a regime il Jobs Act ci saranno risultati visibili in termini di occupazione? «Speriamo! Non
scordiamoci però che per gli investitori i fattori chiave sono burocrazia, corruzione e sistema giudiziario.
Bisogna andare avanti su tuttii fronti». Uno studio della Cgia dice che le liberalizzazioni non sono servite ad
abbassare i costi dei servizi, il governo pensa a nuove liberalizzazioni.
Cosa ne pensa? «Non conosco quello studio, ma, ripeto, ciò che serveè un insieme di politiche che agiscano
sia dal lato della offerta che da quello della domanda. Qui la politica fiscale non ci ha aiutati. Non basta
vedere una correlazione tra liberalizzazioni e Pil per stabilire un nesso causale». Quali saranno gli effetti
positivi del QE e qual è la possibilità di un vero trasferimento all'economia reale con l'uscita dalla deflazione?
«L'effetto del QE in qualche modo c'è già stato. Nel momento stesso in cui una politica del genere è
annunciata e quindi attesa, si riflette subito su tasso d'interesse e tasso di cambio. Ne stiamo già
beneficiando.
Ma uscire dalla deflazione non sarà facile. Il mercato del lavoro è ancora molto debole, gli investimenti e la
crescita della produttività molto bassi. Una crescita trimestrale di 0,16% che fa sperare un tasso per il 2015
intorno all'1% non è del tutto confortante».
PER SAPERNE DI PIÙ www.istat.it www.palazzochigi.it Gli altri Paesi recuperano più di noi.
Dobbiamo sfruttare la crescita Usa e le politiche della Bce
Foto: ECONOMISTA Lucrezia Reichlin, della London Business School
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 02/03/2015
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L'INTERVISTA/ LUCREZIA REICHLIN, CAPO DIPARTIMENTO ECONOMICO DELLA LONDON BUSINESS
SCHOOL
28/02/2015
La Repubblica
Pag. 6
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Centri sociali e CasaPound, i duri che allarmano il Viminale
CORRADO ZUNINO
ROMA. Quelli di CasaPound, dopo aver vagheggiato alleanze grilline, cavalcato uno sconclusionato
movimento dei Forconi, hanno trovato nella Lega nazionale di Matteo Salvini una possibilità concreta di
affaccio pubblico italiano. Sono neofascisti veri. Loro dicono del Terzo millennio, ma nei pensieri e nelle
azioni in undici anni hanno mostrato le stimmate mussoliniane: violenza di gruppo con i nemici, solidarietà
sociale con il popolo italiano dimenticato. Nell'orto dell'anti-immigrazione quelli di Casapound ora coltivano
con la Lega Nord una nuova alleanza. Le prove si consumarono lo scorso novembre a Tor Sapienza: scontri
a Roma Est fomentati dalla destra di periferia, con Borghezio a fare da collante tra gli ultras politicizzati e i
suoi padani. A questa strana alleanza fascioleghista si è avvicinata Giorgia Meloni, una "destra sociale"
cresciuta nelle strade di Roma Sud. Sarà in Piazza del Popolo oggi, anche se di recente ha avuto parole
sferzanti verso Casapound: «Me so' indifferenti». Stasera, poi, il suo Fratelli d'Italia farà la seconda
commemorazione - di Mikis Mantakis, vittima degli anni di piombo, eroe della destra facinorosa - in piazza
Bologna. La prima è affidata al tardo pomeriggio al Movimento sociale europeo di Giuliano Castellino.
CasaPound vanta, nelle parole del suo vice-leader Simone di Stefano, condannato a tre mesi per avere
sfilato la bandiera dell'Unione europea dalla sede romana della Commissione nei giorni dei Forconi, seimila
followers in Italia. Molti saranno in piazza del Popolo, oggi alle 15.
La Lega annuncia trecento pullman (la questura ne conta fin qui la metà) e quattro treni speciali. Una piazza
romana quasi piena con trentamila persone è un successo possibile per l'europarlamentare antieuropeista
Matteo Salvini.
Dall'altra parte della barricata in poche settimane si è costituito un fronte anti-Salvini che ora dice: "Roma
ripudia leghisti e fascisti". Nelle ultime ore il fronte ha fatto proprie le parole dell'attore Elio Germano, incise su
un videoappello:«A Roma nun te ce volemo». Quindi ha deciso di praticare la cosa: «Vogliamo impedire
materialmente il comizio della Lega Nord e di CasaPound previsto in Piazza del Popolo», hanno scritto in
piazzale Flaminio prima che in duecento si scontrassero con la polizia (cinque fermi). Fino ad oggi lo
"scontro" è sembrato più un pericoloso gioco a sottrarsi luoghi storici di Roma. Il numero uno dei neofascisti,
Gianluca Iannone, capopopolo e frontman di una rockband, l'altro giorno aveva lanciato l'ultima provocazione:
«Prenderemo noi Piazza Vittorio, domenica mattina». La piazza multietnica è a una fermata di tram dalla
sede di Casapound. C'è stata poi la contesa della piazza del Campidoglio, tre giorni fa. Quindi gli scontri di
ieri, con i "senza casa" che volevano entrarea forza in Piazza del Popolo. Un gioco pericoloso, sotteso dalla
volontà della sinistra antagonista di non dare agibilità politica ai fascioleghisti. Tutto questo desta
preoccupazione in una questura appena scossa dagli hooligans del Feyenoord.
Oggi il Viminale manderà per le strade della città addirittura tremila agenti, ottanta equipaggi del Reparto
prevenzione crimine di polizia e carabinieri. Da ieri sera sono sotto controllo caselli autostradali, stazioni
ferroviarie, vie consolari, metropolitane. Un esercito a difesa di una capitale sventrata troppe volte.
Lo schieramento antifascista, dicevamo, è guidato dagli occupanti della casa che nelle ultime due stagioni
sono diventati protagonisti del movimento.
Hanno avuto leader fermati dalle procure, gestiscono un popolo di sfrattati e occupanti, spesso stranieri, le
cui condizioni sono state rese precarie dal decreto Lupi. Molti "sfrattati" nelle riunioni dei giorni scorsi
chiedevano una manifestazione dura, d'impatto fisico, ma poi è prevalsa l'ala che non vuole un nuovo
assedio di Roma: «Saremo determinati ma pacifici». I duecento che ieri hanno paralizzato il traffico intorno a
Piazza del Popolo e issato canotti contro la polizia vogliono dire, però, che, almeno alla vigilia, il gruppo dei
duri non sta alle regole. E questo è il grosso dubbio per oggi: duecento fuori controllo possono bastare a
incendiare le strade.
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 02/03/2015
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IL RETROSCENA
28/02/2015
La Repubblica
Pag. 6
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SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 02/03/2015
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Ci saranno, tra quelli di piazza Vittorio, tutti i centri sociali romani, accompagnati da alleati di Napoli, Teramo,
L'Aquila. E collettivi studenteschi, reti precarie, le femministe, il forum dell'acqua pubblica, gli occupanti degli
spazi culturali, il Roma Pride. Poi, a tranquillizzare sul piano dell'ordine pubblico, esponenti di Sel e
Rifondazione, neocomunisti, i Cobas e l'Anpi.
Sono attesi gruppi militanti come i 99 Posse e gli Assalti frontali, intellettuali come Erri De Luca e Moni
Ovadia. Il fumettista ZeroCalcare ha disegnato il manifesto del corteo e dice: «A Roma una cosa avevamo di
buono: che non c'era la Lega». Cinquemila persone, si aspetta la questura: in piazza Vittorio potranno essere
il doppio.
Via Ti bur tin a Via La bic ana Via Le pan to se P.zza del Popolo Castel S. Angelo Villa Borghese P.zza di
Porta Maggiore San Giovanni in Laterano P.za Bologna Santa Maria Maggiore Campidoglio Colosseo P.zza
della Repubblica 4 2 3 1 1 ore 15 piazza del Popolo: comizio di Salvini (Lega-Casapound) 2 ore 14 piazza
Vittorio: corteo "fronte anti-Salvini" 3 ore 19 via Cola di Renzo-piazza Risorgimento: Movimento sociale
europeo commemora Mantakis 4 ore 21 piazza Bologna: commemorazione di Fratelli d'Italia 2 I COLLETTIVI
Allarme anche per le frange più dure dei collettivi studenteschi: provocazioni e gesti violenti potrebbero
arrivare da alcuni dei loro militanti GLI OCCUPANTI Gli attivisti dei movimenti romani per la casa in passato
hanno spesso cercato lo scontro con le forze dell'ordine I NEOFASCISTI Nel fronte pro Salvini a preoccupare
di più sono i militanti di CasaPound: si definiscono "i fascisti del terzo millennio" I GRUPPI
Foto: "VIA DA ROMA" Nella foto accanto, un manifestante con un volantino contro Salvini
28/02/2015
La Repubblica
Pag. 11
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"Primarie ultima spiaggia in Campania i renziani hanno fatto troppi errori"
OTTAVIO LUCARELLI
NAPOLI. «Le primarie in Campania sono state rinviate quattro volte ed era evidente fin dall'inizio che il Partito
democratico rischiava di farsi male con le sue stesse mani.
Così è stato». Antonio Bassolino, per dieci anni presidente della Campania, domani sarà in fila per votare in
un seggio di Posillipo. Primarie segnate da veleni, rinvii, defezioni, e denunce di infiltrazioni della destra di
Nicola Cosentino. In gara restano il delfino di Bassolino, Andrea Cozzolino, il rivale di sempre Vincenzo De
Luca, sindaco decaduto di Salerno, e il deputato socialista Marco Di Lello.
Bassolino, teme il caos nelle urne come nel 2011 quando le primarie di Napoli furono annullate e il partito
commissariato? «È evidente che con le primarie si corrono rischie che bisogna controllarle, ma in Campania
la destra a maggio potrà vincere solo se il Pd continuerà a dissanguarsi con le proprie mani. Chi vincerà le
primarie, dunque, dovrà essere sostenuto da tutti. Nessuno può giocare allo sfascio e domani dobbiamo
riscattarci dopo mesi trascorsi a litigare».
Arriveranno numerosi osservatori del Pd da Roma. Ha saputo? «Lo apprendo ora. Bene, è importante un
saldo rapporto tra Pd campano e nazionale.
Uno dei problemi, anche per i prossimi mesi, è lo scarto evidente tra il dinamismo di Renzi, tra la sua
iniziativa politica, e il renzismo pratico qui sul territorio». Che intende dire? «C'è un'evidente differenza tra il
suo dinamismo e la scarsa iniziativa politica in diverse parti d'Italia».
Qual è la vera posta in gioco nelle primarie in Campania? «La principale posta in gioco è il valore
democratico. Prima ancora di chi vince, la cosa importante è che alle primarie tutto vada bene, che gli
eventuali problemi siano contenuti e controllati. Bisogna dimostrare al paese che anche in Campania e nel
Mezzogiorno le primarie del centrosinistra si possono svolgere serenamente».
PER SAPERNE DI PIÙ www.partitodemocratico.it www.quirinale.it
ischiavamo di farci male con le nostre mani, e così è stato con i quattro rinvii Prima ancora di chi
vincerà, conta dimostrare che il Sud sa fare le cose per bene
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 02/03/2015
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L'INTERVISTA ANTONIO BASSOLINO
28/02/2015
La Repubblica
Pag. 13
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Della Vedova: non c'è pasticcio i due testi diversi solo nei toni
(a. d'a.)
ROMA. «Nonè un pasticcio, le due mozioni sulla Palestina non sono in contraddizione una con l'altra». Il
sottosegretario agli Esteri Benedetto Della Vedova difende la linea del governo sul voto che ieri alla Camera
ha spaccato la maggioranza. Linea che peraltro è stato lui a comunicare a Montecitorio, dando l'ok
dell'esecutivo tanto al testo del Pd quanto a quello dei centristi della maggioranza. Sottosegretario, sono
passati due testi che non chiariscono pienamente la linea italiana: un pasticcio del governo? «Non è un
pasticcio, ci sono due mozioni e credo che chiunque le legga possa capire perché il governo ha dato il parere
positivo ad entrambi: non sono in contrapposizione, ci sono accenti diversi e tutti e due impegnano l'esecutivo
a promuovere il riconoscimento, e nona riconoscere subito, la Palestina all'interno di un quadro di rifer im e n
t o identico, il processo di pace tracciato dagli accordi di Oslo che prevede due popoli e due Stati che
convivono». Però la mozione del Partito democratico è più avanzata rispetto a quella centrista.
«Ma nessuna delle due esclude il riconoscimento - termine peraltro contenuto in entrambi i testi - e per
questo il governo concorda con entrambe le mozioni che non sono identiche ma nemmeno in
contrapposizione».
Fatto sta che il Pd chiede di «sostenere» il riconoscimento nelle sedi internazionali, mentre l'altra lo mette in
coda al negoziato tra palestinesi e israeliani.
«Certo, i testi hanno differenze, ma anche quella del Pd impegna il governo a promuovere il riconoscimento
della Palestina tenendo in considerazione le preoccupazioni dello Stato di Israele e dunque non chiede il
riconoscimento immediato. Cosa che peraltro in Europa oltre a Cipro e Malta ha fatto solo la Svezia». Ora il
governo cosa farà? «In chiave bilaterale e in ambito europeo continuerà a lavorare all'obiettivo due popoli e
due Stati, proseguiràa impegnarsi per la sicurezza di Israele e per la democratizzazione della Palestina: il
diritto di Israele alla sicurezza e diritto della Palestina ad essere riconosciuta come Stato sovrano e
democratico non possono essere divisi. Inoltre la mozione di Area Popolare tocca il punto della necessità di
un'intesa politica tra Al Fatah e Hamas e finchè Hamas nega statutariamente l'esistenza di Israele è
impossibile fare sostanziali passi avanti».
Foto: Il governo continuerà a lavorare per la sicurezza di Israele e la democratizzazione della Palestina
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 02/03/2015
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L'INTERVISTA
28/02/2015
La Repubblica
Pag. 13
(diffusione:556325, tiratura:710716)
L'uovo di Colombo
SEBASTIANO MESSINA
L'ESPERIMENTO portato a termine con successo ieri a Montecitorio dimostra che, volendo, basta poco a
mettere d'accordo tutti. Invece di cercare un compromesso tra due posizioni contrapposte, le si approvano
entrambe. Una mozione per dire sì al riconoscimento immediato dello Stato di Palestina, e un'altra per
subordinarlo all'accordo tra Al-Fatah e Hamas. Ovvero: noi siamo favorevoli, ma anche no.
Il metodo della coesistenza degli opposti è geniale e può essere applicato alle questioni più spinose. Si
potrebbe, per esempio, fare una legge che permetta ai gay di sposarsi, ponendo come unica condizione che i
due sposi non siano dello stesso sesso. O concedere la cittadinanza italiana a tutti gli immigrati, ma solo
quando se ne saranno tornati nel loro Paese.
È l'uovo di Colombo della politica: è davvero incredibile che nessuno ci abbia pensato prima.
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 02/03/2015
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BONSAI
28/02/2015
La Repubblica
Pag. 23
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"Che paradosso, a loro vendiamo ai fedeli neghiamo le moschee"
ORIANA LISO
MILANO. Stefano Boeriè l'architetto che ha disegnato il premiatissimo Bosco verticale di Porta Nuova che
diventa, come tutta la zona, proprietà del fondo sovrano del Qatar.
È una notizia positiva? «È difficile non provare soddisfazione, perché questa è la conferma del fatto che
Milano è una città che attrae investimenti, una città che riparte. Dall'altra parte, però, è difficile non provare un
po' di inquietudine».
Per cosa? «Si tratta di un investimento di un governo straniero, non di una società privata: questo implica
riflessioni geopolitiche importanti. È un peccato che oggi in Europa, visto che Porta Nuova non è l'unico
acquisto del genere, non ci sia questa riflessione su investimenti certamente necessari, ma che avrebbero
bisogno di un controllo maggiore, di clausole di trasparenza».
Teme che in nome del profitto si faccia meno attenzione alle regole? «Senza cadere nel rischio
autolesionista del protezionismo, che non ci possiamo permettere, penso che quando società o fondi stranieri
acquistano asset strategici per un Paese (penso al settore energetico, o ai cinesi che acquistano il porto del
Pireo) servirebbe maggior attenzione da parte dell'Europa».
Cosa vorrà dire per Milano avere un governo arabo come "padrone di casa" di un pezzo? «Vedo un grande
paradosso, cheè anche un segnale di schizofrenia di questa città. Vendiamo a uno stato islamico un pezzo
del nuovo centro, ma non sappiamo dare un luogo di culto ai cittadini milanesi di fede islamica, né ai
tantissimi di visitatori di fede musulmana attesi, fra poco, per Expo».
Si aprono le porte ai grandi investitori ma si chiudono agli altri, intende? «Politica e finanza scorrono su binari
lontanissimi: abbiamo un sistema finanziario che muove con sufficiente facilità grandi interessi, ma un
sistema politico che non sa cogliere l'urgenza della domanda di un multiculturalismo ormai già in atto. Temo
che gli effetti positivi di questo acquisto, che pure ci saranno, avranno pochissimi riflessi sulla vita delle
migliaia di musulmani "comuni" che vivono a Milano».
Cosa dice a chi teme che questa "avanzata araba" non sia solo economica? «Che sono certo che a Porta
Nuova, adesso, non si vedranno più donne velate di prima: questa è una grande idiozia, basta vedere le zone
di Londra o Parigi dove lo stesso fondo ha già fatto grossi investimenti. I soldi non hanno odore: a Porta
Nuova continueranno a comprare italiani, arabi, russi e cinesi». PER SAPERNE DI PIÙ
http://milano.repubblica.it www.porta-nuova.com
URGENZE
Il nostro sistema politico non sa cogliere l'urgenza della domanda di multiculturalismo già in atto
Foto: PROGETTO PREMIATO L'architetto Stefano Boeri: suo il progetto del Bosco verticale a Porta Nuova
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 02/03/2015
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L'INTERVISTA / L'ARCHITETTO STEFANO BOERI
28/02/2015
La Repubblica - Ed. firenze
Pag. 1
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"Così la democrazia si svuota di sostanza"
ILARIA CIUTI
«DEMOCRAZIA minacciata».
Il titolo della due giorni fiorentini, ieri e oggi, di Libertà e giustizia non è roseo eppure Sant'Apollonia ieri è
gremita. Il presidente onorario, l'ex presidente di Corte costituzionale Gustavo Zagrebelsky si guarda intorno:
«Pochi mesi fa ci domandavamo se proseguire e ora siamo rigenerati con tante belle energie».
In nome del rischio democrazia? «Il disagio cresce. D'altra parte il maggior partito ha il 38% di consenso e
non si preoccupa che sia solo il 18% se si calcola che vota la metà di chi ha diritto. E la democrazia, che pur
formalmente c'è, si svuota di sostanza ».
SEGUEA A PAGINA III < DALLA PRIMA DI CRONACA DAVVERO siamo messi così male quanto a
democrazia? «Siamo nel tempo esecutivo, nel tempo non politico, nel tempo tecnico. Esecutivo significa,
tanto per non fare citazioni tirare dritto, governo significa invece confrontarsi. Nell'esecutivo chi non è
d'accordo è un impiccio che deve farsene rapidamente una ragione».
Perché parla di tempo non politico? «La politica è il contrario di esecutivo. Procede attraverso il confronto.
Nella politica si hanno idee diverse di società e di giustizia nella società, ci si confronta, si compete, ci si
affronta nelle elezioni per avere consenso nell'applicare un'idea. Mentre il concetto di esecutivo poggia su
quello del dato oggettivo che è il raggiungimento di equilibri finanziari nella sfera pubblica, in modo che i
nostri Stati siano appetibili alla finanza internazionale. Ecco il perché si fanno le riforme, solo per soddisfare
questo obiettivo, E così la parola riforma viene svilita. Un tempo i partiti riformatori le facevano partendo dalle
condizioni date per trasformarle. Oggi invece riformare significa tornare indietro, ripristinare. D'altra parte
questo è il comandamento del tempo tecnico. I tecnici sono conservatori, basti pensare a quelli che vengono
a casa, mi si perdoni il paragone. Vengono per accomodare, ripristinare: come succede oggi in politica».
Proprio in epoca di rottamazioni? «Facciamo un esempio. La riforma del lavoro è un ritorno all'800. Si riduce
lo stato sociale, si riducono le garanzie di lavoratori lasciati soli di fronte al potere del datore di lavoro. Il Jobs
Act, con la riforma dei licenziamenti mette il lavoratore dipendente a disposizione delle decisioni del datore di
lavoro. La stessa parola mercato del lavoro rovescia i principi della Costituzione che considera il lavoro come
nucleo fondamentale della dignità di una persona e che dunque non può essere una merce spendibile sul
libero mercato: crolla il mercato e hai peggiori condizioni di lavoro. La Costituzione non parte dall'economia
ma dal lavoro. Considera i lavoratori come la parte debole nei confronti del datore di lavoro e dunque
stabilisce che siano tutelati con politiche collettive e dal diritto di sciopero. Invece ancora prima del Jobs Act
siè fatta una norma, forse ancora peggiore, che ha praticamente reso nullo il valore dei contratti collettivi di
lavoro nazionali trasferendolo ai contratti di prossimità, dove il lavoratore si trova solo in azienda davantia chi
ha più potere di lui. Mentre il Jobs Act gli toglie anche il diritto di sciopero. I datori di lavoro chi licenzieranno?
Chi fa sindacato, chi sciopera e dunque lo si potrà minacciare: se scioperi ti licenzio» La riforma del lavoro
sarebbe secondo lei incostituzionale? «Non nei termini di norma contro norma, forse. Ma sicuramente in
quelli di filosofia generale, basti pensare agli degli articoli1e 4. Se fossi ancora presidente della Consulta non
ci dormirei la notte, è in ballo il destino di milioni di persone».
E la riforma elettorale? «Cosa ci sia esattamente nel patto del Nazareno non si sa ma sicuramente ci sono la
legge elettorale e la riforma della Costituzione. Si tratta di un patto tra due sole persone mentre sono temi che
si possono affrontare solo attraverso la democrazia partecipativa, perché la Costituzione si può cambiare ma
è di tutti non di pochi. Né vale dire che le riforme vengono approvate da un parlamento cui si dice o sei
d'accordo o ti sciogli. Così diventa solo un organo di registrazione, per esempio di una legge elettorale il cui
vanto sarebbe che 'la sera sapremo chi ha vinto', come la si propaganda. Non ci sono vincitori e vinti in
politica ma un partito che ha più consenso e dunque anche oneri maggiori, come governare e farlo senza
provocare fratture. Chi ne ha meno ha l'onere di collaborare criticamente. Se adesso vediamo il parlamento
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 02/03/2015
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INTERVISTA A ZAGREBELSKY
28/02/2015
La Repubblica - Ed. firenze
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SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 02/03/2015
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per metà deserto, penso, pur non approvando gli aventiniani, che la maggiore responsabilità sia della
maggioranza.
Chi ha più consenso deve decidere ma non schiacciare chi non ce l'ha».
Una deriva autoritaria? «Un'oligarchia in cui comandano pochi, quelli che stanno in alto, spesso una
plutocrazia finanziaria. Una dittatura del presente e della necessità che ha provocato un distacco dalla politica
peggiore da quella provocata dalla corruzione».
In Toscana il piano del paesaggio ha fatto discutere tra difesa del paesaggio e interessi economici.
Come risolvere? «La mediazione è sempre e comunque la strada maestra».
LA POLITICA
"Ci si confronta, si compete, ci si affronta nelle elezioni per avere sostegno nell'applicare un'idea
"IL LAVORO
"Il Jobs Act è un ritorno all'800: si riducono le garanzie di lavoratori, soli di fronte al potere del datore
di lavoro
01/03/2015
La Repubblica
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EUGENIO SCALFARI
È DIFFICILE stabilire qual è il fatto più importante della settimana che termina oggi. Ce ne sono stati molti,
interni e internazionali, di analogo peso, interconnessi tra loro; alcuni erano da tempo in gestazione e tutti
continueranno a svolgersi in futuro. Presentano aspetti positivi e negativi secondo il punto di vista di chi è
chiamato a raccontarli, approfondirne il significato, dare il proprio giudizio. Eccone l'elenco: 1. I dati
macroeconomici e l'inizio dell'intervento monetario della Bce, già previsto da tempo ma operante fin da
domani per l'ammontare di 600 milioni al mese per un tempo di almeno un anno e mezzo se non di più. 2. La
legge di riforma della giustizia civile e le polemiche che ne sono derivate.
3. La manifestazione della Lega a Roma e il tentativo di Salvini di proporsi come il vero oppositore del
governo e di Renzi, diffondendo il suo movimento anche al Centro e al Sud.
4. La riforma in preparazione sulla scuola.
5. La riforma in preparazione sulla Rai 6. La nascita ormai avvenuta del partito della Nazione renziano; un
grande centro come mai è esistito in nessun Paese di solida democrazia dove si confrontano una destra
conservatrice e una sinistra riformatrice, con al centro un eventuale partito di modeste proporzioni che vota
ora per l'uno ora per l'altro dei partiti maggiori secondo il risultato che porteranno davanti agli elettori.
7. La emergente indifferenza dei giovani rispetto alla politica.
8. Il disagio crescente all'interno del Pd. < PAGINA LA SINISTRA dei dissidenti accresce le sue critiche nei
confronti dell'impianto generale del renzismo senza però puntare su un leader nuovo che li possa
rappresentare anche in Europa.
9. La crisi libica e le sue ripercussioni sull'Europa e l'Italia.
10. La crisi ucraina che continua sotto una provvisoria cenere di tregua.
Come si vede l'elenco è assai lungo e scegliere il tema dominante e pressoché impossibile. Comunque,
dovendo fare quella scelta dopo averli tutti qui indicati, credo che possiamo iniziare dall'economia che
comprende la situazione italiana ma anche quella dell'Europa nel suo complesso con ripercussioni politiche
della massima importanza.
*** Su Mario Draghi esistono giudizi complessivamente positivi che però differiscono sui tratti caratteriali che
lo distinguono. Alcuni lo vedono come un "homo oeconomicus", altri come economista, certo, ma anche
politico, anzi soprattutto politico perché mette l'economia al servizio del bene comune. Credo che questo
secondo giudizio sia quello giusto. Del resto lo storicismo, cioè il frutto maturo dell'Illuminismo, identifica
economia e politica; l'economia ha infatti l'etica come cintura di sicurezza o, se volete, l'amore per se stesso
(economia) e quello per gli altri (etica). La politica li condiziona tutti e due e la dinamica fa sì che a volte
predomini l'uno e a volte l'altro senza però che l'aspetto più debole scompaia del tutto.
Draghi è, secondo me, il tipico esempio di chi mette gli strumenti dell'economia che la Bce possiede, al
servizio della politica e usa il mercato non solo come stimolo alla crescita ma come sviluppo delle istituzioni
europee verso l'obiettivo d'uno Stato federale.
Da domani avrà inizio l'intervento della Bce e delle Banche centrali nazionali sul mercato dei titoli pubblici.
L'operazioneè attesa già da due mesi. È stata deliberata definitivamente un mese fa e domani comincia. Gli
effetti sul mercato sono stati registrati da tempo ma giovedì e venerdì scorsi hanno compiuto ancora un
balzo: il prezzo dei titoli è aumentato al massimo facendo diminuire lo spread rispetto ai Bund tedeschi a 100
punti-base e praticamente allineando il tasso di cambio tra l'euro e il dollaro alla parità con vantaggi evidenti
sulle esportazioni.
Bisogna sottolineare ancora un aspetto di questa operazione: il grosso degli acquisti sarà compiuto dalle
Banche centrali nazionali (l'80 per cento del totale) e il 20 direttamente dalla Bce. Le conseguenze politiche
che quel 20 eserciterà sono la proprietà europea di quei titoli perché stanno nel portafoglio della Bce,
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 02/03/2015
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PERCHÉ È DRAGHI IL MOTORE DELLA CRESCITA EUROPEA
01/03/2015
La Repubblica
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SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 02/03/2015
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istituzione europea per eccellenza del cui capitale sono azionisti tutti gli Stati membri dell'Unione.
Il significato è evidente: un quinto dei debiti nazionali diventa debito europeo.
Il giornale "Il Foglio" di giovedì scorso, in un articolo di Aresu e Garnero, ha paragonato Draghi ad Alexander
Hamilton, uno dei padri fondatori dell'indipendenza dell'America e ministro del Tesoro nel governo di George
Washington. Una delle operazioni di Hamilton fu di considerare i debiti degli Stati dell'Unione come debiti
federali. Ed è in questa stessa direzione che sta operando Draghi.
Quel 20 per cento porta inevitabilmente, specie attraverso l'unione bancaria europea, alla nascita per ora
parziale ma certamente evolutiva, dell'assunzione dei debiti nazionali in debito sovrano europeo con annessa
garanzia europea dei depositi bancari, della vigilanza europea sulle banche e, di fatto e di diritto, alla
cessione di sovranità fiscale e del bilancio unico dell'Unione monetaria e politica. Alcune di queste misure
sono già in atto altre saranno l'evoluzione necessaria della costituzione dello Stato federale.
Il vantaggio per il governo italiano ammonterà a due/tre miliardi di minori uscite per gli oneri che il nostro
Tesoro sopporta per pagare gli interessi sul debito pubblico. Più o meno altrettanto ci verranno dal minor
prezzo del petrolio. Renzi ha piena ragione di rallegrarsi per quanto sta avvenendo, di una ancor leggerissima
crescita del Pil e dello spazio che questi risultati, destinati ad aumentare col tempo, possono esercitare
sull'occupazione e sullo stesso Pil. Qui però la responsabilità è sua e del suo governo. Si trova nelle mani un
beneficio che gli è stato procurato da Draghi.
Ora sta a lui trasferirlo sull'occupazione. Riuscirà a farlo? E lo può fare senza un accordo con le
organizzazioni sindacali che rappresentano i diritti dei lavoratori? Di tutti i lavoratori, quelli a tempo
indeterminato e quelli precari? *** Certamente Renzi vuole raggiungere l'obiettivo della crescita sociale oltre
quella economica che Draghi sta realizzando. Ma con le rappresentanze sindacali deve parlare. Finora ha
detto che le ascolterà ma comunque andrà avanti di testa propria e questo è un errore. Non dico che sia un
errore tecnico ma politico. Avere i sindacati sul piede di guerra significa alienarsi almeno dodici milioni di
cittadini elettori, se non di più, specie in una fase di forti sacrifici. Si sente parlare come notevoli risultati
dell'assunzione di mille operai in un'azienda che sembrava decotta e infine si è ripresa per un accordo
incentivato dal ministro del Lavoro e di altri cinquemila nell'industria siderurgica. Quando la disoccupazione è
alle cifre in cui è, questi sono risultati equivalenti ad una cucchiaiata presa dall'acqua di mare con l'obiettivo di
fare diminuire l'altezza degli oceani. Ci vuole ben altro, ci vogliono leggi sul lavoro che creino nuova
occupazione e che evitino di stimolare le assunzioni concedendo la libertà di licenziamento.
Bisogna abolire totalmente il cuneo fiscale e predisporre un salario minimo garantito per tutte le persone in
età di lavoro ma disoccupate. Questi sono i principi di un accordo con le organizzazioni sindacali. E nel
frattempo bisogna operare in Europa con due obiettivi: generalizzare la politica di crescita economica, battersi
in sede politica per gli stessi obiettivi che Draghi persegue con gli strumenti economici dei quali dispone.
George Washington appoggiò Hamilton fino al momento in cui il ministro del Tesoro cadde morto per un
duello alla pistola con un avversario politico. Allora le cose andavano così. Oggi per fortuna non è più così,
ma bisogna evitare quel bullismo di quartiere che è molto diffuso. Speriamo su questo punto di essere
ascoltati. *** Dovrei dire ora che il Salvini leghista si pone come oppositore numero uno di Renzi. Se lo scordi
e si guardi semmai dal Tosi sindaco di Verona, il solo avversario al suo livello ma assai più valido di lui
nell'impostare una buona politica della Lega Nord. A Roma al comizio di ieri il pubblico che ascoltava Salvini
in piazza del Popolo è stato valutato a quindicimila persone. Composte in gran parte da quelle arrivate coi
pullman e i treni speciali dal Nord. Infatti metà di piazza del Popolo era vuota. Dovrei anche dire che la legge
di riforma della giustizia, preparata dal ministro Andrea Orlando, è decisamente buona. Consente ai
condannati da una sentenza giudicata, cioè dopo i tre ordini di giurisdizione, di ricorrere contro lo Stato
attraverso un processo ordinario. Lo Stato avrà un potere di rivalsa contro quel giudice che ha commesso
l'errore ma soltanto se ci sarà stata "negligenza inescusabile"e comunque nei limiti di metà dello stipendio di
quel magistrato colpevole. Altrimenti la multa inflitta resterà sulle spalle del Tesoro. Francamente non si
comprende il perché delle critiche da parte della magistratura che invece l'aveva appoggiata per timore che in
01/03/2015
La Repubblica
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SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 02/03/2015
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caso di errore la rivalsa avvenisse direttamente a carico del giudice colpevole. Questo rischio è stato
scongiurato, la libertà di interpretazione delle leggi è stata ribadita. Allora perché protestano? Dovrebbero
semmai chiedere maggiori risorse economiche per rendere più efficaci i servizi, questo sì. Ma la legge
soddisfa tutti e conquista maggiori diritti contro sentenze comprovate come basate su un errore di fondo.
Dovrei anche affrontare il tema del crescente disagio della minoranza del Pd nei confronti del loro segretario
e capo del governo.
Questo mi sembra un tema che va esaminato sia pure con tacitiana brevità perché lo spazio è tiranno. *** Si
stanno formando alcune correnti renziane dentro il Pd. È strano: renziani che militano nel partito di cui Renzi
è il segretario si associano in correnti.
I dissidenti, cioè non renziani, hanno invece diversa natura. Sono, come già scrissi ai tempi dell'elezione di
Mattarella al Quirinale, "separati in casa". Bersani dopo molte esitazioni ha scelto questo "status". Non
prelude affatto ad una scissione perché la casa di quel partito liquido l'hanno costruita loro. Ma non se ne
sentono più partecipi. Le ragioni sono molte, alcune forse faziose ma altre pienamente condivisibili.
I "separati in casa" però non hanno una leadership che, quando la fine della legislatura lo renderà possibile,
si confronti con Renzi alle primarie e sia in grado di batterlo. Nel frattempo dovrebbero costruire una
piattaforma programmatica presentando disegni di legge e sostenendo leggi di iniziativa popolare, usando
quella libertà dai vincoli di mandato che è garantita dalla Costituzione ma restando però in quei limiti che non
consentano provvedimenti di espulsione disciplinare.
Manca insomma un leader che abbia doti da leader. Alcuni ce ne sono tra i dissidenti, altri potranno
emergere. Per guidare un Pd di sinistra democratica e sperando anche che nasca una destra democratica.
Soprattutto puntando su una nuova Europa anche attraverso il Partito socialista europeo.
Questo è lo stato dei fatti. Quanto alla crisi libica, a quella greca e a quella ucraina, c'è la Mogherini che se
ne può occupare e Dio l'accompagni.
PER SAPERNE DI PIÙ www.governo.it www.parlamento.it
01/03/2015
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Il premier al Pd "Uniti per fermarli"
GOFFREDO DE MARCHIS
VOLUTAMENTE distratto, Renzi twitta il suo entusiasmo per la vittoria dell'Italia del rugby in Scozia mentre
Salvini e i fascisti di Casa Pound gli riversano addosso insulti e critiche feroci. Non significa che il premier
faccia finta di niente. A Palazzo Chigi dicono che in piazza è scesa «una destra che non ci fa paura ma che
non va sottovalutata». A PAGINA 3 ROMA. Volutamente distratto, Matteo Renzi twitta il suo entusiasmo per
la vittoria dell'Italia del rugby in Scozia proprio mentre Salvini e i fascisti di Casa Pound gli riversano addosso
insulti e critiche feroci. Non significa che il premier faccia finta di niente. A Palazzo Chigi dicono che in piazza
a Roma è scesa «una destra che non ci fa paura ma che non va sottovalutata». Il punto semmai è un altro. Il
pericolo leghista, se esiste, ha tempi lunghi. Le elezioni sono lontane e questo tipo di opposizione non può
indebolire il governo in carica.
I renziani che hanno parlato con il segretario provano comunque ad analizzare la manifestazione romana.
«Un po' grillina con i suo vaffa e la sua piazza», spiegano. Anche se gli spazi vuoti erano evidenti. «In verità dicono i fedelissimi del premier - era molto più vuota delle piazze di Grillo». Era evidente e forte la presenza
dei movimenti dell'estrema destra. «C'era un po' di destra romana. Casapound ha avuto un ruolo importantee
si vedeva». Poi era presente la radice del Carroccio.
«Si sono sentiti toni leghisti in stile vecchia maniera ma nemmeno troppo». E in effetti il patriarca Umberto
Bossi, presente a Piazza del Popolo, ha criticato il gemellaggio di Salvini con gli ambienti neofascisti.
Eppure Renzi è abituato a non minimizzare mai la forza degli avversari politici. Ha sempre contestato a Pier
Luigi Bersani, per esempio, la sottovalutazione di Berlusconi nella campagna elettorale del 2013. Un errore
fatale per l'ex segretario. Allora è bene che il partito abbia ben chiaro quali sono le parole d'ordine e le
potenzialità dei concorrenti.
Quella piazza, secondo Palazzo Chigi, dovrebbe far riflettere soprattutto i democratici. E tra loro, in
particolare la minoranza: «Se non regge il Pd, quella è l'alternativa per l'Italia.
Quell'alleanza e quegli slogan.
Dev'essere chiaro a quelli tra i nostri che vivono di maldipancia». Non è una minaccia, ma l'invito a valutare i
rischi di uno strappo dentro la maggioranza di governo. «Ma il Pd - garantiscono gli uomini più vicini al
premier - reggerà fino al 2018: ve dremo Salvini se farà altrettanto».
È il vicesegretario Debora Serracchiani a mettere l'accento sugli umori che si muovono fuori da Piazza del
Popolo. «Oggi sono insieme Lega e fascisti», dice per marchiare la manifestazione. Ma va oltre analizzando il
fenomeno Salvini sulla base dei numeri. «Il segretario della Lega non sta recuperando consensi, negli ultimi
sondaggi non cresce più, ha raccolto rabbia e tensione, ma credo che si fermerà». Questo calo viene
esaminato dalla Serracchini accanto ai dati dell'economia. «C'è un altro dato positivo dal nostro punto di
vista: per la prima volta il Pil sale, ci sono dei segnali buoni per l'economia italiana, grazie non solo all'Europa
che la Lega non vuole, ma grazie al governo che sta facendo quello che per troppo tempo è mancato al
Paese», spiega il vicesegretario. «C'è modo di governare e c'è un modo di fare opposizione, la Legae Salvini
sono molto capaci di fare opposizione ammette la Serracchiani - e molto meno di governare». Si riferisce agli
anni del dominio berlusconiano, ai dieci anni di centrodestra al governo. Il Pd di Renzi vuole indirizzare la
sfida mettendo in contrapposizione gli slogan gridati e il buon governo.
Nel centrodestra evocato dalla Serracchiani c'era Angelino Alfano che però da tempo è nella maggioranza e
rifiuta alleanze con il Carroccio: «Noi abbiamo già deciso di stare con convinzione dentro il Partito popolare
europeo. Avere a che fare con la Lega è un problema che sta tutto sulle spalle di Forza Italia perché noi la
scelta l'abbiamo già fatta».
LA CURIOSITÀ
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 02/03/2015
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IL RETROSCENA
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RENZI TWITTA SUL RUGBY "Evitato il cucchiaio di legno.
Strepitosi gli azzurri del rugby". È il tweet di Matteo Renzi dopo Scozia-Italia, mentre la Lega manifesta
PER SAPERNE DI PIÙ www.leganord.org www.casapounditalia.org
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 02/03/2015
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"No ai diktat di Telecom"
ALESSANDRO LONGO GIOVANNI PONS
LE INDISCREZIONI sul Piano del governo per la banda larga, che il Consiglio dei ministri esaminerà martedì,
hanno incendiato la contrapposizione con Telecom, che si era recentemente sfilata dalla trattativa per entrare
in Metroweb. «Da quando hanno capito che facciamo sul serio qualcuno sta cercando di intorbidire le acque riferiscono fonti della presidenza del Consiglio - ma il messaggio è semplice: l'interesse pubblico è che la
banda larga arrivi ovunque, prima possibile». A PAGINA 9 MILANO. Le indiscrezioni sul Piano del governo
per la banda larga, che il Consiglio dei ministri esaminerà martedì, hanno incendiato la contrapposizione con
Telecom, che si era recentemente sfilata dalla trattativa per entrare in Metroweb. «Da quando hanno capito
che facciamo sul serio qualcuno sta cercando di intorbidire le acque - riferiscono fonti della presidenza del
Consiglio - ma il messaggio è semplice. L'Italia è tra gli ultimi Paesi in Europa per la diffusione della banda
larga, dobbiamo rovesciare la classifica. I partner di questa operazione possono essere diversi: l'interesse
pubblico è che la banda larga arrivi ovunque, prima possibile.
Per accontentare tutti, abbiamo aspettato tanto, troppo. Adesso bisogna correre. I privati sapranno
attrezzarsi». Sembra di capire che il governo non intende subire «eventuali diktat di Telecom». Le polemiche
si erano accese venerdì quando ha cominciato a circolare la bozza di un decreto di accompagnamento del
Piano che il sottosegretario Raffaele Tiscar aveva già preparato e che è penalizzante per Telecom in quanto
stabilisce una data ultima per la rottamazione della rete in rame, il 31 dicembre 2030. Precisa ora l'altro
sottosegretario Giacomelli: «I provvedimenti del governo si limiteranno ad applicare il Piano banda ultralarga
per stimolare gli investimenti di tutti gli operatori: non sarà presentato alcun decreto su Telecom o che
imponga arbitrari spegnimenti della rete in rame».
Il decreto è stato dunque rinviato, anche perché non aveva ancora l'ok di Graziano Delrio e Giacomelli, ma il
concetto dello switch-off della rete in rameè stato comunque inserito nel Piano all'esame martedì. Inoltre, il
fatto che il decreto sia stato fatto slittare rassicura solo in parte gli investitori, poiché non è escluso che la
data del 2030 ricompaia in un nuovo documento al momento opportuno. Per non rischiare scossoni sul titolo
Telecom domani mattina alla riapertura dei mercati, la Consob potrebbe anche intervenire e chiedere al
governo di specificare se il 2030 è una data possibile per lo switch off.
Nella versione definitiva del Piano ("Strategia italiana per la banda ultralarga", il titolo del documento di 146
pagine che ha già ricevuto l'ok di Delrio) la rottamazione del rame è un tassello necessario per far migrare il
Paese a una rete di nuova generazione. Si prevede che entro il 2020 almeno un italiano su due avrà fibra
ottica nelle case, a 100 Megabit. L'obiettivo originario era di arrivare all'85% della popolazione, ma il governo
si è dovuto scontrare con una limitata volontà degli operatoria investire.
Ad oggi sono certi solo 2 miliardi di euro di investimenti degli operatori, in base ai loro piani industriali 20142016 (anche se Telecom ha dichiarato nei giorni scorsi che metterà sulla fibra 3 miliardi di euro nel 20152017). Al 2020, la strategia del governo prevede che gli operatori potranno stanziare in tutto tra i 4 e i 6
miliardi di euro. In particolare, Telecom prevede di coprire il 75% della popolazione entro il 2017 con la banda
ultra larga, ma non in tuttii casi arrivando con la fibra fin dentro le case. Mentre il Piano stabilisce che a un
anno dall'arrivo della fibra ottica in casa da parte di qualsiasi operatore, sarà obbligatorio l'abbandono del
rame.
Peraltro, senza sovrapprezzi: la differenza di costo (oggi circa 5-10 euro al mese, nelle offerte) verrebbe
coperta da un contributo pubblico. Gli operatori saranno obbligati a presentare impegni per realizzare reti in
fibra ottica nelle case con contestuale spegnimento del rame.
Prevista anche la nascita del primo catasto italiano delle infrastrutture e la costituzione di un Fondo dei Fondi
in cui far confluire tutti quelli necessari per il piano banda ultra larga.
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 02/03/2015
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BANDA ULTRALARGA, NESSUN DECRETO MA IL GOVERNO ACCELERA
01/03/2015
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I PUNTI
L'ESECUTIVO Il governo (in foto il premier Matteo Renzi) affronterà la questione della banda ultralarga nel
prossimo Consiglio dei ministri, in agenda martedì I PRIVATI Grande attenzione per il ruolo degli operatori
privati (nella foto, l'ad di Telecom Italia, Marco Patuano) nel piano di sviluppo della fibra ottica nel nostro
Paese LA BORSA Attesa per la reazione dei titoli delle tlc a Piazza Affari, alle indiscrezioni circolate in questi
giorni (nella foto il presidente della Consob, Vegas) Come sarà Þnanziata la banda ultralarga Investimenti
operatori privati in corso
FONTE "STRATEGIA ITALIANA PER LA BANDA ULTRALARGA" PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI
MINISTRI miliardi Piano strategico in corso 2 Programmi Operativi Regionali (2014-20) Fondo sviluppo e
coesione (2014-20) milioni Potranno concorrere al Þnanziamento della strategia anche il fondo Junker ed
economie/sinergie sviluppate da una gestione e!ciente del Sistema pubblico di connettività 419 miliardi 2,4
milioni 230 Programmi Operativi Nazonali (2014-20) miliardi Sino a 5
IL DOCUMENTO
LA STRATEGIA Ecco il Piano con data del 20 febbraio 2014 È la strategia del governo per la banda ultralarga
PER SAPERNE DI PIÙ www.agid.gov.it www.huffingtonpost.it
01/03/2015
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La vera guerra dell'etere
ETTORE LIVINI
DOPO diversi lustri di pace sociale (o di "inciuci", dipende dai punti di vista), nell'etere italiano è scoppiata la
guerra tutti contro tutti. Ei Towers - azienda privata controllata dal leader dell'opposizione - ha lanciato un'Opa
su Rai Way, società pubblica, sapendo di non poterne conquistare il controllo. A PAGINA 9 MILANO. Dopo
diversi lustri di pace sociale (o di "inciuci", dipende dai punti di vista), nell'etere italiano è scoppiata
all'improvviso la guerra tutti contro tutti. Ei Towers - azienda privata controllata dal leader dell'opposizione ha lanciato un'Opa su Rai Way, società pubblica, sapendo di non poterne conquistare (in teoria) il controllo.
Lo Stato, attraverso il Cavallo di Troia del piano per la fibra ottica, vuole ipotecare a tavolino un pezzo del
futuro di Telecom Italia (privata) rischiando di lasciarla domani in balia di un pericolosissimo tiro al piccione in
Borsa.
I nodi di quattro lustri di duopolio televisivoe della disastrosa privatizzazione dell'ex monopolio delle tlc
stanno arrivando al pettine tutti allo stesso momento. E mentre nel resto del pianeta il mercato e le nuove
tecnologie ridisegnano la mappa del mondo a cavallo tra media, telecomunicazione e internet, i "survivor"
tricolori si presentano all'appuntamento in ordine sparso, senza soldi e in battaglia (apparente) tra loro.
Sperando alla fine - magari grazie all'ennesimo compromesso con la regia dello Stato - di risolvere un po' dei
propri guai con i soldi degli altri, in una partita in cui il mix pubblico-privato e l'ingombrante presenza di Silvio
Berlusconi rendono tutto più complicato. I corto circuiti sull'asse Rai-Mediaset-Telecom-Governo di questi
giorni sono figli di queste tare ereditarie. L'assalto del Biscione alle torri di viale Mazzini, che pure ha una sua
logica industriale, ha una spiegazione precisa: i tralicci delle tv sono strutture che rischiano di diventare
obsolete in un mondo dove buona parte dei segnali, televisione compresa, correrà in futuro sul telefono.
Arcore l'ha capito da tempo.E ha puntato su Rai Way - prima negoziando dietro le quinte, ora con l'arma
finale dell'Opa - per iniziare a ridurre i costi senza perdere il controllo dell'autostrada su cui corre il suo
business.
L'affondo muscolare del governo sulla banda larga è figlio di un'altra serie di equivoci hi-tech. L'esecutivo ammirevolmente - vuole lanciare il piano per la modernizzazione digitale del Paese. Ma non hai soldi per
farlo. Il piano industriale di Telecom Italia - forte del monopolio sulla rete in rame e spolpata dalle Opa a
debito dei "capitani coraggiosi" - prevede 500 milioni di investimenti su questa tecnologia in tre anni. Troppo
pochi per la politica che ha sfoderato il "piano B": convincere la societàa entrare assiemea lei (che l'ha fatto
attraverso Cassa depositie prestiti) nel capitale di Metroweb, la società che ha cablato Milano e vorrebbe
replicare il progetto nel resto d'Italia. La scorsa settimana, dopo un lungo tira e molla, la trattativa è saltata sul
tema del controllo: Telecom vuole il 51%. Ma Cdp - che ha il 46,2% - non è d'accordo. E a stretto giro di
posta, guarda un po', è arrivata l'ipotesi del decreto anti-Telecom. Dopo anni di punture di spillo e colpi di
fioretto, tra i telefoni e le tv tricolori è l'ora della scimitarra. Si andrà allo scontro finale o c'è spazio perché si
torni alla più classica delle pax tricolori?I margini, diconoi pontieri dell'"inciucio", ci sarebbero. Telecom - sotto
la spada di Damocle dell'omicidio del rame - potrebbe tornare a sedersi al tavolo Metroweb. Rai Way ed Ei
Towers potrebbero provare a convincere Telecom a conferire le sue torri (destinate alla quotazione per
ridurre il debito) per la creazione di un polo "azzurro" in cui scaricare i loro ripetitori. Risolvendo magari così
anche il delicato tema del controllo. L'ex monopolio delle tlc- soci permettendo - potrebbe poi valutare se
mettere la sua banda larga al servizio delle tv made in Italy. Mediaset Premium, che è a caccia di soci per
condividere i 700 milioni spesi per i diritti Champions, sta già trattando con la società di Marco Patuano
un'intesa commerciale di questo tipo. British telecom e Telefonica, in fondo, si sono già buttati sulle tv in un
mondo dove i confini tra tlc, media e internet stanno sparendo. Scenari da ossessionati dal Patto del
Nazareno? Vedremo. In attesa di regole su conflitti d'interessi, accesso universale alle reti e loro proprietà, la
presenza delle tv di Silvio Berlusconi a un tavolo dove si mischiano impresa e politica rappresenta come
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L'ANALISI
01/03/2015
La Repubblica
Pag. 1
(diffusione:556325, tiratura:710716)
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 02/03/2015
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sempre un'anomalia.E resta da vedere se l'eventuale somma delle debolezze tricolori partorirà soluzioni
industriali in grado di dire la loro (garantendo posti di lavoro e investimenti) nei settori in cui il mondo sta
giocando un pezzo del suo futuro.
01/03/2015
La Repubblica
Pag. 4
(diffusione:556325, tiratura:710716)
"Slogan alla Grillo, Berlusconi resta il leader"
Maria Stella Gelmini, coordinatrice di Fi in Lombardia, avverte Salvini: attento a non tagliare i ponti con gli
alleati "I sondaggi gli sorridono, poi però bisogna vincere le elezioni. Preferiamo la Lega di Maroni e Zaia. Noi
lontani dalla Le Pen"
RODOLFO SALA
ROMA. «Berlusconi politicamente defunto», strilla una striscione leghista in piazza del Popolo. Onorevole
Gelmini, che cosa ne pensa? «Più vedo e sento Salvini - risponde la coordinatrice lombarda di Forza Italia - e
più mi convinco che l'unico leader del centrodestra è Berlusconi, il solo che si preoccupa di tenere unita la
coalizione. Comunque il funerale di Silvio è stato più volte celebrato, senza che lui si sia mai presentato:
quello striscione, in questo senso, porta bene».
E l'aggressione subita dai giovani forzisti? «Brutto episodio. Non credo sia stato ispirato dai vertici della
Lega, ma delle due l'una. O Salvini sta bruciando tutti i ponti politici con gli alleati, oppure il suo messaggio
arriva in modo distorto ai militanti. In entrambi i casi, c'è qualcosa che non va».
Salvini va, per la sua strada...
«Con i «vaffa» di piazza del Popolo sembra il primo Grillo. Invece Forza italia e' una forza europeista, noi
non rincorriamo la Le Pen.
Siamo nel Ppe, cerchiamo di spiegare che cosa va fatto per raddrizzare un barca alla deriva». E cioè? «Dire
quello che non si vuole va bene in un comizio, fermarsi agli slogan non basta. Io voglio capire».
Che cosa? «Se Salvini si preoccupa solo di aumentare i consensi al suo partito, portando in questo modo
porta l'intero centrodestra alla sconfitta. Perché c'è anche un altro volto della Lega, quella di Maroni e Zaia.
Una Lega non alleata con Casa Pound, ma che pensa alla realtà delle piccole imprese, delle partite Iva, dei
cittadini che non ne possono più delle tasse della sinistra. Oggi il messaggio è troppo confuso».
Da piazza del Popolo ne e' arrivato uno preciso.
«Considero positivo che a Roma ci sia stata una manifestazione partecipata contro il governo, ma se la Lega
e' quella che si e' vista ieri, anche al netto degli inevitabili toni che si usano nei comizi, mostra di puntare solo
ad avere il monopolio di un'opposizione che per sua scelta sarà destinata a rimanere tale». I sondaggi le
sorridono...
«E' vero. Ma i sondaggi contano poco, poi bisogna vincere le elezioni. E bisogna vedere vedere fino a che
punto Salvini riesce a tenere unita la Lega».
C'è il banco di prova delle regionali...
«Salvini dovrebbe coniugare la legittima ambizione di partito con le ragioni dell'alleanza che governa la
Lombardia e il Veneto. Altrimenti a vincere e' solo Renzi».
Però ieri la Lega ha dato una prova di forza che voi avete difficoltà a dare...
«Viviamo sicuramente una fase di difficoltà, non lo nascondo. Se la Lega e' forte, va bene, purché però non
sia divisiva. Perché gli italiani possono anche votare, una volta, gli slogan. Ma poi vogliono la buona politica».
PER SAPERNE DI PIÙ www.forzaitalia.it www.leganord.org
Foto: DEPUTATA FI Maria Stella Gelmini è deputata di Forza Italia. È stata anche ministro dell'Istruzione
dell'ultimo governo Berlusconi
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 02/03/2015
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INTERVISTA Le reazioni
01/03/2015
La Repubblica
Pag. 7
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"Roma ladronissima io continuo a volere le bandiere del Nord"
RODOLFO SALA
ROMA. Sono passati 16 anni da quando Umberto Bossi fece la sua marcia su Roma. Corteo da piazza della
Repubblicaa piazza del Popolo,e il treno speciale che portò i leghisti nella capitale si chiamava Nerone. Il
vecchio leader c'è anche stavolta, ma il film non è esattamente lo stesso.
Onorevole Bossi, Roma è ancora ladrona? «Ladronissima. Il Nord ha un credito fiscale di cento miliardi, ma
questo non è servito a creare sviluppo al Sud. Neppure le colonie avevano pagato un pezzo così alto alla
madrepatria».
Nord contro Sud, tutto come allora? «Non è questo il problema, quello che non va bene è il centralismo
romano, ieri come oggi». Le cose sono un po' cambiate, accanto alle bandiere della Lega qui ci sono i
Tricolori.
Che effetto le fa? «Nessuno. Ho visto anche tante altre bandiere, le bandiere dei popoli del Nord. Nel 1999 in
questa piazza c'era tanta gente disposta a combattere e ad andare in galera per i propri ideali. Ma anche oggi
la Lega sta facendo una battaglia di libertà». Con i fascisti di Casa Pound? «Purtroppo trovi gli alleati che
puoi. La colpa è anche della sinistra che manda i centro sociali a fare casino. Comunque io ho le idee
chiare».
E cioè? «La guerra la vince il popolo, non i manipoli: spada contro spada. Io ce l'ho ancora duro».
E Salvini? «È un ragazzo. Capace, ma giovane». Sarà davvero lui l'avversario di Renzi alle prossime elezioni
politiche? «Renzi adesso è forte. Ma non può restare ancora per troppo tempo, rischia di perdere consensi. E
infatti vorrebbe andare presto alle elezioni».
Non la preoccupa la guerra civile che si è aperta fra i leghisti nel Veneto? «Lì c'è una situazione molto
pericolosa. Il compito di Salvini non può essere solo quello di vincere le regionali. Deve impedire che la Lega
si spacchi. Basta con la guerra tra Zaia e Tosi».
Il sindaco di Verona è stato il suo avversario più duro, quando lei era segretario...
«Eh, ne ha buttati fuori tanti, troppi. Ma non bisogna riservarea lui lo stesso trattamento. Tosi, e anche
Berlusconi, non vanno emarginati».
Tradotto, occorre resuscitare l'alleanza con Forza Italia e dare un contentino a Tosi sulla composizione delle
liste? «Nel Veneto non possiamo fare a meno dei nostri alleati. Altrimenti Zaia rischia di perdere.
Ma ascoltino un po' anche Tosi, e lo dico io che con lui non sono mai andato d'accordo». PER SAPERNE DI
PIÙ http://roma.repubblica.it www.repubblica.it
Foto: Umberto Bossi
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 02/03/2015
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L'INTERVISTA / UMBERTO BOSSI
01/03/2015
La Repubblica
Pag. 11
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"Dietro questo delitto non solo la politica Ma per Putin è un vero
problema"
DAL NOSTRO CORRISPONDENTE n.l.
MOSCA. Eduard Limonov non si smentisce mai: «Un complotto del Cremlino? Una provocazione esterna?
Ma non fatemi ridere. Se avessero ammazzato il vero leader dei liberali, Aleksej Navalnyj, potrei capire. Ma
Nemtsov, per i russi era solo un politico in pensione. Uno che, per di più, era stato protagonista nell'era Eltsin
che qui ha lasciato ricordi di ingiustizie, ruberie, corruzione. Tra qualche giorno lo avranno già dimenticato
tutti, amici e nemici». Cinico e controcorrente, lo scrittore russo tiene fede al personaggio raccontato da
Emmanuel Carrère in una biografia che due anni fa gli ha donato fama internazionale: «Mi dispiace deludere
tanta gente di buona volontà, ma vedrete che questo assassinio non porterà alcuna conseguenza».
Tutto il mondo si indigna per l'omicidio di un oppositore di primo piano, di un uomo coraggioso. Come fa a
minimizzare così? «Non minimizzo niente. Dico solo che se dietro al delitto ci fosse un qualsiasi piano
politico, sarebbe un piano stupido e destinato a fallire».
Da anni Nemtsov denunciava scandali e malefatte di Putin e i suoi con libri e documenti. Stava raccogliendo
materiale sulla presenza militare russa in Ucraina.
Aveva anche detto che il Cremlino voleva ucciderlo.
Le sembra così poco? «Tutti quelli che stanno all'opposizione, perfino io, abbiamo ogni tanto la sensazione
di rischiare la vita. Nemtsov lo conoscevo bene, era un uomo di spirito, colto e brillante. Ma le sue denunce
erano solo un chiacchiericcio isterico senza le prove o particolari inediti. Faceva molta scena all'estero ma
non smontava certamente il personaggio Putin qui in Russia».
Tra i nemici di Nemtsov c'erano anche molti oppositori come lei, nostalgici di una certa visione dell'Unione
Sovietica. Quando disse che la Crimea andava restituita all'Ucraina, lei lo aggredì, altri lo insultarono
pesantemente. Non potrebbe essere questo un movente possibile? «Sulla Crimea, ma anche sulla sorte del
Donbass, gli oppositori sono divisi e questo è evidente. Lui faceva parte di quella minoranza, poche decine di
migliaia di persone, che si attiene alla lettera alle posizioni occidentali. Mentre tra i tanti che contestano Putin
resta forte il sentimento nazionale. Ma, ripeto, Nemtsov non aveva lo spessore per fare paura a nessuno».
E allora come spiega il delitto? «So che rischio di smontare tante teorie fantapolitiche, ma non escluderei
una questione marginale, privata. Ci sono tanti aspetti strani».
Per esempio? «Stava con una giovane modella ucraina di Kiev, e questo basterebbe a farne una spy story.
Ma il delitto resta misterioso: a un passo dal Cremlino nella zona a più alta concentrazione di telecamere di
sorveglianza di tutta la Russia. In più, pare, con un arma non proprio da professionisti...».
Non vorrà ridurre tutto a un delitto passionale? «Non mi va di escluderlo a priori. Ma in ogni caso ragioniamo.
Al Cremlino questo delitto crea seri problemi di immagine internazionale e credo che Putin sia sinceramente
contrariato. E non posso nemmeno credere alla tesi del complotto occidentale, voi giornalisti direste "l'ombra
della Cia", per sollevare le piazze, fare tremare dalle fondamenta il regime di Putin. Solo gli idioti possono
pensare che i liberali russi siano in grado di fare un'insurrezione».
Perché? «Perché l'opposizione in Russia oggi non c'è. Dopo le manifestazioni di due anni fa, le leggi sono
state cambiate e si è lavorato di fino su arresti e persecuzioni giudiziarie. Anche il malumore popolare dovuto
alla crisi economica è stato contenuto abbastanza bene. E le sanzioni sono state usate per cementare lo
spirito nazionale della gente. Non vedo rivolte dietro l'angolo».
Qualcuno ha evocato l'omicidio Kirov, che nel 1934 inaugurò la stagione del terrore staliniano. Teme altre
violenze e altri delitti? «Per niente. Sergej Kirov faceva parte del comitato centrale, era un potenziale nemico
interno di Stalin, un suo attendibile successore. Qui siamo davanti a una storia totalmente diversa che non
incide sul sistema».
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 02/03/2015
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INTERVISTA LO SCRITTORE EDUARD LIMONOV
01/03/2015
La Repubblica
Pag. 11
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SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 02/03/2015
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Crede che le indagini potranno portare presto a qualche risultato? «Non mi illudo. Che qualcosa presto ci
venga detto e rivelato, è molto probabile. Che sia tutto attendibile, mi pare invece molto difficile». IL PIANO
Se anche ci fosse un piano, sarebbe un piano stupido e destinato a fallire GLI EFFETTI Mi dispiace deludere
tanta gente ma questo assassinio non avrà alcun effetto PER SAPERNE DI PIÙ http://nemtsov.ru/
www.government.ru/en
Foto: AUTORE Eduard Limonov, 72 anni, è uno scrittore e politico russo. Fondatore del Partito Nazional
bolscevico e leader del blocco politico L'Altra Russia. A lui Emmanuel Carrère ha dedicato una biografia
romanzata
01/03/2015
La Repubblica
Pag. 17
(diffusione:556325, tiratura:710716)
"Allibito dalle epurazioni Forza Italia mai così in basso è colpa del cerchio
magico"
TOMMASO CIRIACO
ROMA. Ha tagliato i ponti con il circo berlusconiano. Raramente a Roma e mai ad Arcore, solo un ostinato
silenzio. A un tratto, però, Sandro Bondi torna a farsi sentire.
Quando è troppo, è troppo. «In Piemonte hanno colpito due persone per bene senza alcun motivo. È una
epurazione assurda, opera del cerchio magico che ruota attorno a Berlusconi», confida al sito "lo Spiffero". I
malcapitati a cui si riferisce il senatore sono Valter Zanetta, coordinatore azzurro di Verbania, e il
commissario torinese Ettore Puglisi. Sono stati messi alla porta senza prevviso dal coordinatore regionale
Gilberto Pichetto. La colpa? Aver scelto di schierarsi con Raffaele Fitto. Lontani i tempi in cui organizzava
seminari politici nella splendida cornice di Gubbio, anche Bondiè rimasto vittima dalla brigata che gestisce
l'agenda dell'ex Cavaliere.
Senatore Bondi, cosa succede? «Mai avrei pensato che nel partito che ho contribuito a fondare si potesse
arrivare a livelli tanto bassi».
Dopo tanto silenzio interviene per difendere i due dirigenti allontanati.
«Abitando in Piemonte, ho fatto solo una considerazione dopo quanto avvenuto ieri.
In questo periodo stanno avvenendo cose molto gravi e difficili da comprendere».
L'input è arrivato dal cerchio magico.
Hanno rimosso due fittiani, in un clima da resa dei conti.
«Io non faccio parte di nessuna corrente, ma constato da tempo che c'è una volontà di emarginare tutti
coloro che, per diversi motivi, non si adeguano a cose e metodi che sono inverosimili e inaccettabili».
Ha avuto modo nelle ultime settimane di sentire Berlusconi per manifestare questo malessere? «Da tempo
non lo sento».
Però è amareggiato.
«L'altro ieri un giornale mi ha nuovamente preso di mira scrivendo che io e Manuela (la senatrice Repetti, la
compagna a cui è legatissimo e con cui trascorre il suo tempo lontano dalla politica) saremmo stati a capo di
un gruppo a favore dell'Imu agricola».
Non è così? «È una cosa assolutamente falsa e strumentale. E non credo che sia stata casuale».
Pensa al cerchio magico? «Non so se il tentativo di screditarmi pubblicamente e altre cose che stanno
avvenendo siano collegate e gestite dal cerchio magico. Io preferisco continuarea restare nel silenzio e,
soprattutto, fuori dalla politica».
Di certo il pugno di ferro è benzina sul fuoco dello scontro intestino, come rileva immediatamente Raffaele
Fitto. «C'è ormai un vero e proprio allarme democratico nel nostro partito, le primarie sono più che mai
necessarie e urgenti. Dopo quanto è accaduto in Puglia, ora si assiste ad assurde ritorsioni anche in
Piemonte». Pochi giorni fa, in effetti, l'intera classe dirigente pugliese di Forza Italia si è dimessa in seguito al
commissariamento del coordinatore regionale fittiano. Non è la prima volta che Bondi si lascia andare a uno
sfogo. «Questa storia è finita - confidò al Foglio nel novembre del 2013 - dietro Berlusconi non c'era niente. In
questi anni non abbiamo costruito nulla di umanamente e politicamente solido o autentico. Finisce male». Per
lui, che ha amato il leader, il nuovo corso è causa di quotidiano tormento.
Fino alle epurazioni, l'ultimo sgarbo che fatica ad accettare: «Sono convinto che questa decisione sia stata
imposta a Pichetto. Mai l'avrebbe presa di testa sua, come mai Berlusconi avrebbe agito in questo modo». E
allora di chiè la colpa? Per il senatore tutto conduce a Maria Rizzotti, chirurgo estetico e parlamentare
arruolata dai centurioni di Arcore. «È lei - ricorda - che fa da cinghia di trasmissione tra il cerchio magico e il
partito in Piemonte».
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 02/03/2015
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L'intervista Sandro Bondi Dopo la Puglia, la scure anti-Fitto colpisce in Piemonte e l'ex coordinatore che
aveva l'ufficio a Arcore rompe il silenzio. "Emarginati tutti coloro che resistono a metodi inaccettabili"
01/03/2015
La Repubblica
Pag. 17
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SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 02/03/2015
199
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ARCORE L'EX CAVALIERE INFORTUNATO Microfrattura al malleolo per Silvio Berlusconi.
L'incidente costringerà l'ex Cavaliere a restare ad Arcore per almeno dieci giorni, fino alla sentenza della
Cassazione sul caso Ruby prevista il 10 marzo PER SAPERNE DI PIÙ www.forzaitalia.it www.pdsicilia.it
Foto: SENATORE Sandro Bondi è stato a lungo ai vertici di Forza Italia e del Popolo della libertà
01/03/2015
La Repubblica
Pag. 26
(diffusione:556325, tiratura:710716)
Berlusconi-Doris altro "prelievo" per i farmaci testati da Molmed Il patto è
sciolto
Terzo aumento di capitale in 3 anni per la società costola del S. Raffaele Dal Cavaliere assegno da 13 milioni
CARLOTTA SCOZZARI
MILANO. Se mai andrà in porto l'acquisizione delle torri della Rai, non si tratterà dell'unica operazione
nell'ambito della quale la Fininvest della famiglia Berlusconi sarà chiamata ad aprire il portafogli. Il 23 febbraio
la Molmed, azienda di biotecnologie che rappresenta una delle tante "M", con Mediaset, Mondadori e il Milan,
nel portafoglio della finanziaria dell'ex premier, ha annunciato l'ennesimo aumento di capitale.
Il consiglio di amministrazione della società, nata da uno spinoff dell'ospedale San Raffaele di Milano, ha
deliberato di esercitare la delega ricevuta lo scorso marzo a ricapitalizzare, entro il 31 maggio, per un
massimo di 50 milioni. Una operazione che segue i due aumenti da quasi 5 milioni l'uno già completati nel
2013 e nel 2014. Sia la Fininvest, di fatto prima azionista di Molmed al 26%, sia la famiglia Doris, socia con
poco più dell'8%, nel gennaio del 2014 si erano impegnate a fare fronte a operazioni di questo tipo, e ancora
nei giorni scorsi hanno fatto sapere che saranno della partita, tant'è che hanno già versato il denaro
necessario «in conto futuro aumento di capitale». Ipotizzando che i due soci mantengano l'attuale quota, per i
Berlusconi si tratterebbe di un esborso di quasi 13 milioni, che scenderebbe sui quattro milioni per la famiglia
Doris. Poco dopo l'annuncio della nuova ricapitalizzazione, Fininvest ha comunicato che è stato sciolto il
patto parasociale che blindava il 28,5% di Molmed e sarebbe scaduto il 4 marzo. All'accordo partecipavano
anche i Doris, oltre che le due società Science Park Raf spa, al momento in liquidazione, a Airain ltd. La
nuova ricapitalizzazione, spiega Molmed in un comunicato, serve a «reperire ulteriori mezzi finanziari per
consentire la piena attuazione dei piani di sviluppo». La società, guidata da Claudio Bordignon, è focalizzata
sulla ricerca e lo sviluppo di terapie per la cura del cancro. Il portafoglio prodotti di Molmed comprende due
terapeutici antitumorali in sperimentazione clinica ma non ancora in commercio: il Tk e il Ngr-htnf.
Foto: IL SOCIO Ennio Doris e la sua famiglia spenderanno 4 milioni per ricapitalizzare la Molmed
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 02/03/2015
200
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IL PUNTO
01/03/2015
La Repubblica
Pag. 26
(diffusione:556325, tiratura:710716)
Proposta superiore ai 100 milioni in vista dell'aumento di capitale il cda dell'ente ligure potrebbe riunirsi già
questa sera
MASSIMO MINELLA
GENOVA. E' stato a lungo alla finestra, ma ora ha deciso di scendere in campo.
Vittorio Malacalza, a capo con i figli Davide e Mattia di un impero economico con interessi dalla siderurgia
all'hi-tech, avrebbe presentato un'offerta per rilevare una quota significativa di azioni della Banca Carige oggi
nelle mani della Fondazione Carige, primo azionista dell'istituto ligure con il 19%. L'operazione
comporterebbe un investimento superiore ai cento milioni di euro e farebbe di Malacalza il nuovo primo
azionista. Il cda della Fondazione dovrebbe esaminare già questa sera l'offerta e in caso di valutazione
positiva potrebbe compiersi una svolta nella banca, cristallizzata per decenni attorno a un asse di potere poi
travolto dalle inchieste di Bankitalia e Procura di Genova, che lo scorso anno portarono all'arresto dell'ex
presidente Giovanni Berneschi. Al timone di Carige dalla fine del 2013, il presidente Cesare Castelbarco e
l'amministratore delegato Piero Montani hanno compiuto una profonda pulizia dei conti, mentre in parallelo è
scattato un piano di rafforzamento patrimoniale con un restringimento del perimetro del business (vendute le
due compagnie assicurative), un primo aumento di capitale da 800 milioni, concluso a luglio del 2014, e un
secondo che dovrebbe scattare nei prossimi mesi, da almeno 700 milioni. Ed è proprio in vista di questo
secondo aumento che la Fondazione Carige deve trovare un nuovo socio, pena la sua cancellazione. Scesa
dal 46 al 19% per far fronte alla prima ricapitalizzazione, l'ente guidato dal presidente Paolo Momigliano non
sarebbe più in grado di far fronte al nuovo aumento. Con un patrimonio che in un anno si è polverizzato (a
causa del crollo del titolo azionario che oggi vale 7 centesimi) passando da 1 miliardo a circa 90 milioni, con
debiti nei confronti di Mediobanca e della stessa Carige, la Fondazione deve trovare un socio a cui cedere
quasi per intero il suo pacchetto, rimanendo con una piccola quota azionaria, così da poter partecipare
all'aumento e riprendere l'attività di sostegno al territorio.
Nel corso dei mesi nomi di soci papabili ne sono circolati tanti, dal fondo americano Apollo, che ha già
acquistato le due compagnie assicurative di Carige, a Investindustrial, guidato da Andrea Bonomi, fino alle
banche popolari. Ora, però, la discesa in campo della famiglia Malacalza potrebbe spazzare via ogni
indiscrezione, con un'offerta di lungo periodo, non speculativa, aperta dopo l'accordo con la Fondazione
anche ad altri soggetti, e amichevole nei confronti della stesso ente che avrebbe la garanzia di partecipare
alla vita della banca (anche con la possibilità di indicare un proprio rappresentante nel cda).
Foto: FOTO: LEONI
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 02/03/2015
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Carige, Malacalza punta a diventare primo socio Offerta alla Fondazione
01/03/2015
La Repubblica
Pag. 26
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Dagli alimenti all'auto ibrida, boom dei gruppi d'acquisto
AGNESE ANANASSO
DAGLI alimenti a km zero ai pannelli fotovoltaici, dai cosmetici all'auto elettrica. La crisi economica ha favorito
il boom dei gruppi di acquisto: amici e conoscenti, mettendosi insieme, riescono ad acquistare beni e servizi a
prezzi scontati. I primi a nascere sono stati i gruppi per l'acquisto di alimenti freschi da fornitori locali. Si tratta
spesso di 10-15 famiglie che si aggregano e si sciolgono autonomamente (Gas, Gruppi di acquisto solidale)
ma possono anche diventare organizzazioni strutturate che coinvolgono associazioni e istituzioni (Gac,
Gruppi di acquisto collettivo). Secondo Coldiretti, dal 2008 i Gas sono cresciuti del 400% e ha stimato che ce
ne siano circa 2.000 strutturati, ma quelli informali nascono continuamente. «Stiamo tentando di mappare
quelli delle province venete - spiega Federica Massolin di 4passi.org, l'associazione che ha attivato un Gas in
provincia di Treviso per ottenere risparmi del 20-30% sugli ordini di alimentari e cosmetici di Altromercato con l'obiettivo di fare rete». Dopo il cibo sono arrivati altri beni come i pellet per le stufe, rincarati dopo l'ultimo
aumento dell'Iva passata dal 10 al 22%.
Poi è stata la volta dei servizi: Altroconsumo ha lanciato nel 2013 il gruppo di acquisto di energia "abbassa la
bolletta" a cui si sono iscritte 13mila famiglie nel 2013 e 11mila nel 2014. Il risparmio medio (luce+gas) è stato
rispettivamente di 205 e 135 euro l'anno. E ora è partito anche quello per la telefonia "abbassa la tariffa". I
gruppi di acquisto sono spesso motivati, oltre che dal risparmio, anche da un consumo consapevole orientato
al rispetto dell'ambiente. È il caso di Sole in Rete, il progetto della onlus EnergoClub che ha come obiettivo la
conversione energetica del nostro Paese dal petrolio alle rinnovabili. Nel 2009 ha creato a Roncadelle
(Brescia) il primo gruppo formato da dieci famiglie che volevano installare pannelli fotovoltaici ed
elettrodomestici di classe A++. «Da allora - spiega il presidente di Energoclub Gianfranco Padovan - abbiamo
aiutato a installare circa 2.000 impianti fotovoltaici in tutta Italia. Affianchiamo i gruppi nella scelta dei fornitori
e li seguiamo nell'efficientamento energetico della casa, con un risparmio del 5-10% rispetto agli acquisti
individuali. In cambio chiediamo un compenso di 10 euro per ogni tonnellata equivalente di petrolio
risparmiata. In questa ottica abbiamo avanzato una proposta al ministero di Trasporti per trasformare le auto
usate in elettriche». Energoclub sta organizzando Gas anche per i veicoli elettrici e collabora con il Gruppo di
acquisto ibridi (Gai), nato nel 2012 grazie a Luca Dal Sillaro e Gianalfredo Furini, per l'acquisto di auto ibride.
«Dovevo cambiare l'auto, contattai alcuni amici - dice Dal Sillaro - e acquistammo 16 vetture ibride ottenendo
il 20% di sconto sul prezzo di listino, il 50 sui pneumatici, il 10 sugli accessori e il 20 sui tagliandi. Nel 2014
abbiamo replicato e siamo arrivati a 300 veicoli ibridi, più 4-5 elettrici. Il nostro guadagno? I concessionari ci
danno il 2% sul fatturato. Oggi contiamo associati in tutta Italia e ci dispiace che le case madri ci ignorino,
nonostante rappresentiamo una domanda che non ha bisogno di essere né stimolata né creata». I PUNTI LA
CRESCITA I Gac (Gruppi di acquisto collettivo) sono organizzazio-ni strutturate. Sono cresciute del 400% dal
2008, secondo la Coldiretti che le censisce IL RISPARMIO Il gruppo "Abbassa la bolletta", forte di 24 mila
famiglie iscritte in due anni, ha assicurato dei risparmi di 340 euro annui tra luce e gas I SETTORI Questi
gruppi di acquisto operano in settori di prima necessità (come gli alimenti). Ma anche in comparti molto
innovativi (auto elettrica)
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 02/03/2015
202
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IL CASO/ COSÌ SONO CRESCIUTI I "GAS" E I "GAC" NEGLI ANNI DELLA CRISI. COLDIRETTI STIMA UN
+400% DAL 2008. RISPARMI FINO AL 30%
02/03/2015
La Repubblica
Pag. 1
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I segreti di Cutolo "Sepolto vivo perché se parlo crolla lo Stato"
PAOLO BERIZZI
A PAGINA 21 PARMA. «Se parlo ballano le scrivanie di mezzo Parlamento». Dopo trent'anni? «Molti di quelli
che stanno adesso ce li hanno messi quelli di allora venivano a pregarmi». Non indossa più pantofole con le
iniziali ricamate. «Per dignità non mi sono mai venduto ai magistrati. Se la sono legata al dito e hanno buttato
la chiave».
Essendo sepolto vivo, Cutolo non ha un volto né un corpo. Puoi solo immaginarlo per come lo descrivono. La
moglie, Immacolata Iacone, tecnicamente «vedova», e l'avvocato avellinese Gaetano Aufiero. Sono gli unici,
oltre alla figlia Denise, che vedono «don Raffaè». Gli unici autorizzati, degli altri parenti non si vede più
nessuno. «Al mio difensore ho chiesto di non venire più. Non ho più carichi pendenti, il mio saldo con la
giustizia è in pari. E il 41 bis ho smesso di impugnarlo, tanto è inutile» dice rinserrato nella sua dimensione
post-crepuscolare Raffaele Cutolo detto 'o professore .
Parla con Repubblica attraverso la moglie e il legale. Adesso è a Parma. Tredicesimo carcere della sua vita.
Tredici come gli ergastoli.
«Non vedo nessuno e nessuno mi vede. Soltanto mia moglie e mia figlia, un'ora ogni due mesi perché non
hanno soldi per salire una volta al mese». Denise che è nata con l'inseminazione artificiale, «l'unica
concessione che ho avuto dallo Stato». Ha lo stesso sguardo mobile e scaltro del padre, a Carnevale ha
pattinato sul ghiaccio a Ottaviano vestita da Principessa delle nevi e adesso che ha 7 anni capisce.
«All'ultimo colloquio, dieci giorni fa, mi chiede "papà ma tu stai in una gabbia?".
Mia moglie la prende in braccio: «Papà è qui perché deve insegnare agli altri a non fare gli sbagli che ha
fatto lui». Ma è sveglia. «Papà, non eri qui perché avevi fatto male a una persona? Non le puoi chiedere
scusa e venire a casa?» Le dico, forse sbagliando, "questa persona è morta"».
Fosse soltanto una. E vai a spiegarle che nessuna se ne è andata inciampando, cadendo e battendo la
testa. Mezzo secolo e tre anni di «gabbia», 74 all'anagrafe, record italiano di lungodegenza carceraria. Il
"Professore di Ottaviano" che comandava e distribuiva croci e terrore, e lo Stato lo combatteva e intanto lo
accreditava. «Mi hanno usatoe gonfiato il petto, da Cirillo a Moro che, a differenza del primo, hanno voluto
morto e infatti mi ordinano di non intervenire: leva 'e mani (togliti di mezzo, ndr) mi disse Vincenzo Casillo (il
suo braccio destro, detto 'o Nirone, ucciso a Roma il 29 gennaio 1983, ndr). Poi mi hanno tumulato vivo.
Sanno che se parlo cade lo Stato». Misteri italiani. Segreti italiani. A Parma ci sono anche Riina, Bagarella, il
«Nero» Massimo Carminati. E Dell'Utri. Cutolo è invisibile. Da primo rigo sull'indice della letteratura
camorristica a caso da antropologia di laboratorio. «Anche un albero che non dà più frutti serve sempre lascia galleggiare le parole Cutolo, figlio di contadini e poi Criminale d'Italia a cui Fabrizio De André dedicò
versi da epica brigantesca in Don Raffaè- Lo lasci lì l'albero secco, può fare legna». Più della botanica la
condizione unica di Cutolo - 51 anni in cella a parte un anno di latitanza tra '77 e '78 dopo la fuga dal
manicomio giudiziario di Sant'Eframo, 36 anni i n i s o l a m e n t o t o t a l e (dall'82 e quindi dieci anni prima
del 41 bis), un numero imprecisato di omicidi commissionati e nove assoluzioni negli ultimi nove anni - , fa
venire in mente la gabbia di Ivan Pavlov. Il Nobel russo per la medicina, quello degli esperimenti sul cane:
stimolo neurologico, riflesso condizionato. «Miè talmente entrata sotto pelle questa condizione di defunto in
vita che ormai non mi va nemmeno più che la gente mi veda. Ai processi rinuncio alla videoconferenza».
Autoisolamento indotto. «Salto anche l'ora d'aria. Se per respirare un'ora devo farmi perquisire e sottopormi a
controlli umilianti, preferisco stare in cella. Allo Stato servo così. Pensano sia ancora legato alla camorra. Ma
quale camorra?». La Nco di Cutolo era diventata pre-Sistema, anti Stato. «Pagina chiusa dal 1983, quando
ho sposato Tina nel carcere dell'Asinara (presente un giovane Luigi Pagano, oggi vice capo del Dap). Pago e
pagherò fino alla fine. Ma non sono un pericolo. Sarei pericoloso se parlassi, ma non ce l'hanno fatta a farmi
diventare un jukebox a gettone: il pentito va a gettone.
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Parla e guadagna. Un ulteriore oltraggio alla memoria delle vittime».
Se lo contendevano negli anni d'oro Cutolo, quando sempre dal carcere, a cavallo tra 70 e 80 guidava il suo
esercito di 7 mila affiliati nella guerra sanguinaria (persa) contro la Nuova Famiglia. E anche dopo, nell'81.
Mezza Dc gli chiede di far liberare l'assessore regionale napoletano all'edilizia Ciro Cirillo, uomo di Antonio
Gava sequestrato dalle Br. Sulla trattativa tra servizi segreti, Cutolo e brigatisti - accertata nel '93 da
un'ordinanza del giudice istruttore Carlo Alemi - l'ex boss ha detto e non detto. «È stata la prima trattativa
Stato-mafia. Forse anche la mia vera condanna». In cella ha quattro fotografie: due papi - Giovanni XXIII e
Giovanni Paolo II - quella della madre, e una della moglie Immacolata con la figlia. «Ho una telecamera
puntata sul gabinetto. Non posso avere in cella più di tre paia di calzinie mutande. Vorrei mi spiegassero il
senso. Ho sempre tenuto a essere in ordine. Sono figlio di contadini ma la cura di séè importante. La
insegnavo ai miei uomini». Casillo, Alfonso Rosanova il «santista», Pasquale Barra'o animal , il boia delle
celle morto due giorni fa. «È una forma di rispetto essere sempre impeccabili: ho ammirato Andreotti.
Testimoniai per lui al processo Pecorelli. Nemmeno un grazie, ci sono rimasto male. Alcuni suoi colleghi mi
mandavano gli auguri a Natale. Tutti parolai i politici. L'ultimo che ho stimato è stato Berlusconi». Più magro,
capelli bianchi, stessi occhiali, un disturbo alle mani che ha fiaccato l'indole grafomane: basta poesie. La
retorica del boss istruito e ispirato. «Pazzo intelligente», si descrisse con ghigno sardonico al microfono di
Enzo Biagi.
Il primo raptus criminale: «24 settembre '63, otto colpi di revolver contro Mario Viscito, giovane ottavianese
come me. Una rissa, mi parte la testa. Ventiquattro anni. Ne avevo 22».
Autonoleggiatore abusivo, soprannome Rafele 'e Monaco in quanto figlio di Giuseppe Cutolo, detto 'o
Monaco per la sua religiosità.
«Volevo rifondare il Regno di Napoli. Uno Stato sociale indipendente dove chiunque potesse avere da
mangiare». In una lettera recente l'ha chiamata in un modo ancora più paradossale: «La mia rivoluzione».
«Ho smesso di essere personaggio. L'id ea della dimenticanza non mi dispiace, vorrei solo che questo
avvenisse nel rispetto della dignità di un uomo».
Ragiona l'avvocato Aufiero: «Il 41 bis è una misura che si applica a chi è pericoloso e ancora collegato alla
criminalità organizzata.
Come si può ritenere ancora pericoloso un uomo che è dentro da mezzo secolo, in isolamento da 36 e che
ha commesso l'ultimo reato 34 anni fa?». Curiosità nella monotonia sepolcrale della vita ergastolana: la
staffetta con Bernardo Provenzano. «Ci scambiano le celle. Va via lui arrivo io. Vado via io arriva lui». Ha una
frase mantra, Cutolo. «Mi sono pentito davanti a Dio ma non davanti agli uomini». Aggiunge. «Non ho imperi,
non esistono più i cutoliani. Cutolo è morto. Resuscita per un'ora solo quando viene sua figlia e gli da una
carezza». Se n'è appena andato Pasquale Barra, il suo boia di fiducia. Anche il primoa tradirlo: «Ognuno fa le
sue scelte. Barra ha avuto un'infanzia difficile. Ma ha rovinato il povero Tortora. Che Enzo Tortora era
innocente lo dissi da subito. Chiesi ai magistrati di essere interrogato. Non mi vollero nemmeno sentire».
LE TAPPE
CARRIERA CRIMINALE Cutolo è stato il boss della Nuova camorra organizzata: sconta 4 ergastoli al 41 bis
a Parma
FIGLIA IN PROVETTA Nel 2007 è padre: grazie alla provetta la moglie Immacolata Iacone (sotto) mette al
mondo una bimba
DAL CARCERE La lettera di Cutolo a Repubblica nella quale spiega i motivi per i quali non si è mai pentito
PER SAPERNE DI PIÙ www.repubblica.it
Foto: LE FRASI I politici? Tutti parolai: l'ultimo che ho stimato è stato Berlusconi L'avevo detto che Tortora
era innocente: i pm non mi hanno voluto ascoltare RAFFAELE CUTOLO
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Jobs Act, i sindacati agenzie per il lavoro
FEDERICO FUBINI ROBERTO MANIA
UNA nuova vocazione per i sindacati nel ruolo di agenzie, remunerate dallo Stato e impegnate a reinserire i
disoccupati in nuovi posti di lavoro.
Se necessario, operando anche in regime di concorrenza aperta e trasparente con le multinazionali del
settore come Manpower o Adecco. Manca solo la firma del presidente della Repubblica. A PAGINA 14
ROMA. Una nuova vocazione per i sindacati nel ruolo di agenzie, remunerate dallo Stato e impegnate a
reinserire i disoccupati in nuovi posti di lavoro. Se necessario, operando anche in regime di concorrenza
aperta e trasparente con le multinazionali del settore come Manpower o Adecco.
Manca solo la firma del presidente della Repubblica Sergio Mattarella (potrebbe arrivare oggi) perché nei
prossimi giorni entri in vigore la prima fase della riforma del lavoro, quella sul contratto flessibile a tutele
crescenti. Nel frattempo nel governo si stanno preparando gli altri decreti per attuare la legge-delega di
dicembre scorso, quella che fissa le linee di fondo del Jobs Act. Fra i cantieri aperti, uno in particolare è
certamente destinato a riaprire il confronto fra Palazzo Chigi e i sindacati e, se tutto andrà come previsto,a
trasformare il ruolo delle parti sociali in Italia. Entro l'inizio di maggio il governo deve approvare il nuovo
assetto delle "politiche attive", le strutture destinate a prendere in carico i disoccupati e aiutarli a trovare un
nuovo impiego. È su questo fronte che a Palazzo Chigi si sta preparando un'offerta ai sindacati: anch'essi,
anzi soprattutto loro, potrebbero operare come vere e proprie agenzie per l'impiegoe incassare il premio
previsto per ciascun ricollocamento riuscito di un disoccupato. La sola condizione è che l'impiego sia
assicurato in base al nuovo contratto a tutele crescenti. Che funzioni o meno sul tessuto dell'economia
italiana, un'idea del genere ha implicazioni politiche evidenti: coinvolgere e cointeressare le rappresentanze
dei lavoratori, favorevoli o contrarie al Jobs Act, alla messa in opera della riforma. L'effetto immediato in realtà
può anche spiazzare le confederazioni e metterle di fronte a dilemmi laceranti. La Cgil, da sempre avversa
all'impianto del Jobs Act ma anche al modello del "sindacato di servizi", difficilmente potrebbe accettare
l'offerta del governo di agire a sostegno del collocamento per i disoccupati. Ma pure per il sindacato di
Susanna Camusso chiudersi in una torre d'avorio rischia di diventare sempre più complicato, soprattutto se le
altre confederazioni aderiranno al progetto e ne deriveranno tutti i benefici finanziari e nell'aumento, indiretto,
degli iscritti. L'impianto di fondo resta quello proposto più di un anno fa al governo di Enrico Letta da Pietro
Ichino, il senatore eletto con Scelta Civica e ora passato al Pd. Ichino guarda al modello olandese: ogni
disoccupato riceve un sussidio e viene preso in carico da un centro pubblico per l'impiego, che poi lo affida a
un'agenzia per il lavoro. Quest'ultima può anche essere privatae no-profit,e verrà remunerata dal centro per
l'impiego con un voucher quasi tutto pagabile solo in caso di successo. Se il disoccupato rifiuta uno o più
posti, l'agenzia lo segnala al centro per l'impiego che potrà ritirargli l'assistenza. Quando invece l'agenzia
riesce a rimettere il disoccupato al lavoro, potrà incassare un voucher che varia in base alla difficoltà del
caso. Ricollocare i lavoratori più specializzati può fruttare in media circa 950 euro, il voucher sui meno
qualificati potrebbe valerne circa 2.500, mentre sui casi più difficili in assoluto non è impossibile arrivare a
premi da 6.000 euro all'agenzia per il lavoro. La competenza su queste scelte sarà solo statale con la riforma
del federalismo in Costituzione attesa per il 2016, ma condivisa con le Regioni nel frattempo.
Il punto di svolta è nei criteri di selezione per accreditare le agenzie per l'impiego. Palazzo Chigiè orientatoa
richiedere un profilo che corrisponde da vicino a quello dei grandi sindacati: una struttura a rete su tutto il
territorio nazionale, stretti rapporti con le realtà produttive di ogni regione, una buona capacità di bilancio.
Possono essere operatori for profit come Manpower, ma anche privati no profit come le parti sociali. Per i
sindacati può diventare un'occasione irripetibile di radicare la propria presenza e rafforzare il bilancio. Oggi le
confederazioni vivono una pressione finanziaria notevole,a maggior ragione dopoi tagli nell'ultima Legge di
stabilità: il fondo per i patronati sindacali, che sbrigano pratiche per pensionati o cassaintegrati, è sceso di 35
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IL CASO
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milioni di euro. Certo il sistema può essere aperto anche ad associazioni come Confagricoltura o quelle degli
artigiani.E in realtà già oggi la Uil, per esempio, è attiva in alcune aree del Sud nel collocamento delle
badanti. Ma non ci sono premi in denaro in caso di successo, un'opzione lontana dalla cultura anche dei
sindacati più aperti sul Jobs Act. «È un bene che partano le politiche attivee siamo dispostia favorirle in
organismi bilaterali con le imprese - dice Luigi Petteni della Cisl - ma non accetterei mai di guadagnare
ricollocando un lavoratore». Perplesso anche Guglielmo Loy della Uil. Serena Sorrentino, responsabile delle
politiche del lavoro della Cgil, preferisce invece non entrare nel merito: «È già tutto nella legge delega sul
Jobs Act», si limita a dire.
I PUNTI
E AGENZIE Le agenzie per l'impiego sarebbero selezionate in base alla presenza capillare sul territorio, la
capacità di bilancio, e i rapporti con la produzione
LI OPERATORI Ai criteri fissati dal decreto potrebbero corrispondere sia le sigle sindacali che le grandi
multinazionali del settore, come Adecco o Manpower
PREMI I premi dovuti alle agenzie per l'impiego per aver ricollocato il lavoratore andrebbero dai 950 ai 2.500
euro, ma nei casi più difficili si arriverebbe a 6 mila euro
Quanto costa e quanto costerà assumere un lavoratore che guadagna 22 mila euro lordi
1.407 euro beneÞci tagli Irap 1.096 euro sgravi contributivi legge stabilità 2015 -8.021 euro (-25%) 32.098
euro 32.098 euro 31.790 euro 23.769 euro 28.559 euro 28.559 euro contratto a tempo determinato costo
lavoro annuale attuale FONTE ELABORAZIONE UIL SERVIZIO POLITICHE TERRITORIALI E DEL
LAVORO contratto a tempo indeterminato contratto di collaborazione a progetto (cocopro) costo lavoro
annuale dal 2015 (per tre anni)
PER SAPERNE DI PIÙ www.lavoro.gov.it www.cgil.it
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Saviano: dico no basta clientele
CONCHITA SANNINO
A PAGINA 11 NAPOLI. Una scivolata nell'antipolitica? «No. Nessuna caduta nichilista.E non mi imbarazza il
fatto che Beppe Grillo abbia condiviso il mio invito a non partecipare a queste primarie in Campania, che
hanno riproposto la politica più vecchia. Ma certo siamo distanti su altre cose, con lui e il M5Stelle». Roberto
Saviano non arretra, non corregge, non sfuma quelle parole che, ad urne appena aperte, hanno arroventato
la polemica intorno ai gazebo e diviso il popolo del web. Ma mette un punto fermo: «Le primarie devono
essere regolamentate per legge». E sceglie di spiegare perché è arrivato a postare di notte quell'appello
choc, sulla sua pagina Fb: "Domani non andate a votare in Campania. Questo il mio consiglio" Saviano, alla
fine sono andati a votare più di 150 mila cittadini in un clima relativamente sereno. Sono tutti legati alla
vecchia politica, al fallimento? «No. Ogni generalizzazione reca il pericolo di una forzatura e non intendo
forzare la mia analisi fino a questo punto. Continuo a pensare che queste primarie restino un fallimento
perché hanno lasciato in campo due nomi, De Luca e Cozzolino, legati alla storia degli ultimi venti anni di una
regione che è stata segnata da sperperi, da madornali errori come quello delle ecoballe, da un uso assurdo
dei fondi europei. Ma certo non è pensabile che tutti quelli che sono andati a votare lo hanno fatto per avere
qualcosa in cambio o perché hanno ricevuto qualcosa. Penso che una buona parte appartiene a questa
fascia, ma tanti altri hanno voluto partecipare perché credevano in quel candidato, o perché è prevalsa la
logica del meno peggio.
Ma si è persa comunque un'occasione per proporre percorsi nuovi e persone nuove, investendo meglio sul
futuro del sud. Che è il grande ignorato di questo governo». É pentito? Non teme di cavalcare la stessa antipolitica su cui ha costruito il suo consenso il M5stelle? «Non credo che essere stato ripreso da Grillo significhi
in se aderire o meno a un progetto politico. Sono piuttosto interessato a mostrare come la politica può tornare
ad avere senso, quando davvero diventa dibattito, scambio. E per essere chiari: io sono disposto a parlare
con qualsiasi forza politica o antipolitica, non indosso casacche anche se qualcuno cerca di cucirmene
addosso qualcuna. Quanto al Movimento 5Stelle mi viene semplicemente da dire una cosa: la democrazia è
mediazione e negoziazione.
Quando ci si sottrae a questo, si volta le spalle alla democrazia.
Scelta legittima: ma a quel punto bisogna stare fuori dal parlamento. Ai 5Stelle voglio dire che non esistono
solo due possibili strade: la società dei giustio l'inferno della corruzione. Se si è nelle istituzioni bisogna
influenzare, concertare, negoziare, cioè entrare in una dinamica dialettica. Spesso penso che se questo fosse
stato fatto, all'inizio, il paese sarebbe oggi in una posizione diversa».
Del caso primarie in Campania qual è stato l'elemento più grave? Cosa l'ha colpita di più? «Molti elementi.
Su tutti: sia De Luca che Cozzolino rappresentano il passato, la gestione della Campania con gli errori
madornali, le ecoballe, la speculazione. Sono gli stessi protagonisti degli ultimi 20 anni e siccome ultimi 20
sono stati colmi di contraddizioni, sperperi e mala gestione, tutto questo secondo me, le primarie dovevano
evitarlo e invece lo hanno riproposto.E cioè la gestione non viene giudicata in merito a quello che si é fatto
ma per le prebende che ha diffuso. I fondi europei sono stati, come la crisi dei rifiuti, le grandi "casse del
Mezzogiorno" che hanno mantenuto al potere destra e sinistra in Campania».
Ma la responsabilità politica non ricade anche su un candidato come Migliore che ha scelto di ritirarsi, o sui
parlamentari come Vaccaro e Paolucci che hanno rovesciato il tavolo? «Non le vedo come fughe, ma come il
fallimento dell'istituzione delle primarie stesse. Era evidente chea un certo punto, il meccanismo era falsato».
Non c'è anche un fallimento del Pd nazionale, in questa gestione così imbarazzante delle primarie, a
cominciare dai suoi quattro rinvii? «Certo, il Pd di Renzi ha grande responsabilità. Ora il leader rischia di
liquidare questa cosa dicendo che non é responsabilità sua ma, anzi, dei suoi nemici e rivali. Invece la
situazione in questi luoghi é così complessa perché questi poteri politico-economici dispongono di leve
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estorsive molto forti: che vanno da una parte all'altra dei candidati e condizionano sottosegretariati. Il sud è il
grande ignorato di questo governo ed è elemento della catastrofe contemporanea».
PER SAPERNE DI PIÙ it.facebook.com/RobertoSaviano www.beppegrillo.com
Foto: RILANCIATO DAL BLOG DI GRILLO Ieri mattina il blog del leader dei 5 Stelle ha pubblicato il video in
cui Roberto Saviano invita a disertare le primarie Persa l'occasione di proporre persone nuove. Anche Renzi
ha grandi responsabilità, il suo governo sta ignorando il Sud VIDEO SU FACEBOOK Roberto Saviano in un
video postato su Facebook sabato sera ha lanciato un appello per il non voto alle primarie
02/03/2015
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"Inaccettabile esautorarmi se succede pronto a tutto un errore la deriva
estremista"
RODOLFO SALA
MILANO. «Ho già subito troppi torti, il commissariamento sarebbe inaccettabile». Così Flavio Tosi alla vigilia
del "federale" della Lega, convocato per affrontare la rognosissima grana del Veneto. Per il sindaco di
Verona, e segretario della Liga veneta, quella sarebbe l'anticamera di una clamorosa frattura.
Tosi, se la commissariano lei se ne va dal partito? E magari rompe gli indugi candidandosi davvero contro
Zaia? «Non voglio fare alcuna ipotesi per il futuro.
Ma una cosa è certa: per il commissariamento non ci sono i presupposti, perché è lo Statuto della Lega a
dire che i candidati e le alleanze le decidono i territori e non Milano. Dopodiché il consiglio federale è
sovrano. Salvini è padronissimo di proporre quel che ritiene opportuno, e io di decidere per me stesso».
Siamo all'addio? «Nella Lega ci vuole rispetto reciproco. In passato io ho fatto parecchi passi indietro».
Adesso tocca a Zaia? «Ricordo a tutti che in questi ultimi cinque anni non ho mai boicottato e neppure
messo in difficoltà il governo regionale. Mai detto una sola parola contro Zaia, semmai i problemi sono venuti
dai suoi alleati, Forza Italia e Ncd. Anche per questo dico che nel Veneto dobbiamo andare da soli: la Legae
alcune liste civiche in grado di attrarre i voti moderati e popolari». Il problema è la lista Tosi e anche la
composizione di quella della Lega. Zaia teme che gli eletti a lei fedeli possano condizionarlo troppo una volta
rieletto...
«Dovrebbe spiegare perché Tosi dà fastidio. Una lista con il mio nome non porterebbe via consensi alla
Lega, farebbe solo crescere la coalizione. Se a Verona non avessi avuto con me le civiche, io sarei stato
sepolto». Perché non vuole Forza Italia e il Ncd? «Perché il nostro elettorato li considera contigui a Renzi.
Alfano addirittura ci governa, ma anche Berlusconi ha sostenuto il premier».
Salvini in settimana potrebbe vedere il signore di Arcore...
«Quando c'era il Cerchio magico Berlusconi è stato abituato per troppo tempo a usare la Lega a suo
piacimento, sarebbe ora di finirla». Il segretario federale sottomesso al leader di Forza Italia? «Sta a lui
decidere, non credo che i militanti si aspettino un ritorno all'ovile berlusconiano». Non sembrava questo il
messaggio lanciato da Salvini in piazza del Popolo...
«Il messaggio è quello di una Lega che si sposta troppo a destra e abbandona il tema centrale del
federalismo. Il nostro movimento è sempre stato trasversale, se ci schiacciamo a destra Renzi vincerà a mani
basse. Per batterlo bisogna mettere insieme tutti i moderati, a livello nazionale lo schema è diverso». Con
l'estrema destra ha avuto a che fare pure lei...
«A Verona in consiglio comunale e in giunta ci sono esponenti della destra. Ma anche dei moderati, espressi
dalle liste civiche. Io sono stato il primo a sostenere che le battaglie della Lega vanno condotte in un quadro
di unità nazionale. Per questo mi sono preso un sacco si insulti da Bossi. E allora c'erano anche tanti leghisti
vicini a Salvini che mi attaccavano.
Comunque erano tempi diversi».
E cioè? «Nel Veneto non c'era un segretario che difendeva le ragioni dell'autonomia decisionale, come
faccio io adesso. E nella Lega, a parte me e Maroni, erano tutti allineati e coperti».
Anche Salvini? «Diciamo che la battaglia per il rinnovamento della Lega l'abbiamo cominciata io e Maroni».
Battaglia per far fuori Bossi, che però sabato a Roma in qualche modo l'ha difesa.
«Non bisogna emarginare Tosi», ha detto il vecchio leader. Che effetto le fa? «Intanto mi piace ricordare che
nel 2012, quando si parlava di lista Tosi a Verona, c'erano molti dei suoi che cercavano di impedirla. Bossi
ebbe l'intelligenza e la saggezza di lasciarmela fare. Se così non fosse stato, con gli scandali di Belsito e dei
diamanti, io sarei stato sepolto. Comunque sì, quelle parole mi hanno fatto piacere».
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L'INTERVISTA/ FLAVIO TOSI: "IL PASSO INDIETRO TOCCA A ZAIA"
02/03/2015
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Salvini peggio di Bossi? «Questo lo vedremo al federale di oggi». Ma quale potrebbe essere il punto di
mediazione? «Non è questione di mediazione. Bisogna semplicemente rispettare lo statuto e le regole che ci
siamo dati. È sempre stato così, quando è stato eletto Maroni i candidati li hanno decisi i lombardi, non la
segreteria o il consiglio federale».
Foto: LO STATUTO DICE NO
Foto: Non ci sono i presupposti per il commissariamento, lo Statuto dice che candidati e alleanze le decide il
territorio
Foto: IO PORTO VOTI
Foto: Il governatore spieghi perché do fastidio. Una lista con il mio nome farebbe crescere la coalizione
Foto: TROPPO A DESTRA
Foto: In piazza si è vista una Lega che si sposta troppo a destra Così Renzi vincerà a mani basse
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"La piazza col Duce è oltre i limiti. La sinistra reagisca"
GIOVANNA CASADIO
ROMA. «È necessaria una reazione democratica alla piazza delle croci celtiche, del manifesto di Mussolini, di
Salvini... cos'altro ci vuole per allarmare l'opinione pubblica democratica?». Roberto Speranza, capogruppo
dem a Montecitorio, leader di Area riformista, una delle correnti di minoranza, afferma che l'avanzata di
Salvini è un segnale preoccupante. Speranza, a quale risposta pensa? «Il Pd e il governo devono soprattutto
prosciugare la palude di inquietudine che c'è nel paese dopo sette lunghi anni di crisi economica, attuando
politiche adeguate».
Ma questa nuova destra populista può mettere in difficoltà il Pd? «Questo è un pezzo dell'anomalia italiana,
dove non c'è oggi un'alternanza possibile tra forze compiutamente democratiche. Le croci celtiche, la
partecipazione di Casa Pound, il manifesto di Mussolini sollevato in piazza... non sarà questa l'opinione di
tutti quelli che hanno partecipato o che votano per la Lega, ma è inquietante. Né si può far finta di nulla. Non
deve passare l'idea che tutto si può fare e tutto si può dire, siamo oltre i limiti. Il Pd è l'unico argine a tutto
questo».
Renzi infatti ha rivolto un appello alla minoranza dem: il Pd non deve lacerarsi in divisioni. È d'accordo? «E'
vero. L'unità del Pd è centrale. Siamo l'unica forza credibile che può guidare l'Italia in questo passaggio».
Però tra voi democratici crescono le divisioni. «Abbiamo dimostrato di saper essere uniti nell'elezione del
presidente della Repubblica». Ma il Jobs Act ha scatenato lo scontro interno. «Qui è Renzi ad avere
sbagliato. È chiaro che tutti, ma proprio tutti, dobbiamo tutelare l'unità del Pd. Io faccio il capogruppo, non
sono e non sarò renziano, ma voglio l'unità del partito. Però la responsabilità maggiore spetta a Renzi.
Matteo sa che ogni volta che unisce il Pd fa un servizio non solo alla nostra parte ma al paese».
È d'accordo con lo strappo di Bersani? «Non parlerei di strappi. Bersani ha voluto riaffermare che il "metodo
Mattarella" è quello giusto».
Ma anche che si sente un "figurante" nel Pd renziano. Lei si sente un "figurante"? «No, assolutamente».
Ingaggerete l'ennesimo braccio di ferro sull'Italicum, la nuova legge elettorale? Va cambiata, ora che arriva
alla Camera? «Va rispettata la discussione del Parlamento. Aveva tre punti di debolezza, due sono stati
sanati. La questione del capilista bloccati non è stata risolta, ma va risolta». Voi della minoranza dem siete
divisi.
Ci saranno due convention differenti? «La manifestazione del 21 servirà a sottolineare che c'è uno spazio di
confronto comune tra tutte le minoranze, a partire però da un punto e cioè che il Pd è più forte se la sinistra al
suo interno è protagonista. "Area riformista" terrà una convention nazionale il 14 a Bologna, ma il 21 ci
saremo eccome, ovviamente con il nostro profilo».
Foto: Pd e governo devono prosciugare le inquietudini del Paese.
E Renzi coltivi l'unità del partito
Foto: Roberto Speranza è stato eletto alla Camera nel 2013
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 02/03/2015
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L'INTERVISTA / ROBERTO SPERANZA, CAPOGRUPPO DEL PD ALLA CAMERA
02/03/2015
La Repubblica
Pag. 12
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Nei prossimi giorni scatterà la manovra di Quantitative easing decisiva per consolidare la crescita economica
di Eurolandia La Germania si è opposta a lungo al piano varato dal presidente della banca centrale europea
MAURIZIO RICCI
ROMA. Dopo una gestazione di almeno due anni e un dibattito infinito e, a volte, anche acido, Mario Draghi e
il board della Bce faranno partire nei prossimi giorni, sulla scia del modello americano, il Qe, il Quantitative
easing all'europea. Una decisione presa a maggioranza, che ha lasciato veleni ancora non completamente
riassorbiti. Per l'Europa, infatti, è una strategia rivoluzionaria. Ridotta all'osso, consiste nello stampare
moneta per comprare titoli e debiti di Paesi stra-indebitati. Le monarchie di una volta cercavano lo stesso
effetto di liquidità riducendo la quantità di oro e argento nelle monete. Per l'ortodossia monetaria cara ai
tedeschi il Quantitative easing , insomma, prima ancora che rivoluzionario, è eretico.
E perchè l'hanno accettato? Perchè tutte le altre strade per fermare la deflazione che interessa l'Europa non
hanno funzionato. E i tedeschi hanno dovuto accettare che la Bce realizzi il Qe, comprando proprio i titoli di
Stato, perchè non ci sono abbastanza titoli di altro tipo sui mercati.
Draghi, infatti, rastrellerà titoli in misura massiccia: più di 40 miliardi di euro al mese, almeno fino al
settembre 2016. Cioè 800 miliardi di euro. Più altri 340 in titoli di altro tipo. E' una valanga di carta moneta.
E fra un anno e mezzo si ferma? Niente affatto. Questo è un punto chiave, su cui molto avevano insistito gli
economisti. La Bce continuerà a comprare titoli fino a quando l'inflazione, dallo zero di oggi, non sarà tornata
vicino al 2%. I mercati lo sanno e possono quindi gestire i propri affari, sapendo che ci sarà denaro
disponibile in abbondanza e a lungo.
E' perchè c'è questa montagna di carta moneta in più che si chiama Quantitative easing , cioè allentamento
quantitativo? Esatto. Normalmente, la politica monetaria rilancia l'economia abbassando i tassi di interesse.
Stavolta non si può, perchè sono già a zero. E allora si stampa carta moneta.
Ma se i tassi sono già a zero a che serve? Probabilmente, se fosse partito prima, il Qe sarebbe stato più
efficace. Comunque, anche così, agirà sui tassi. A zero sono i tassi nominali. Quelli che contano, cioè quelli
reali, no. Se c'è una deflazione dell'1%, il tasso nominale zero diventa un tasso reale dell'1%, perchè prezzi e
redditi sono scesi. Al contrario, se il Qe rilancia l'inflazione, il tasso reale scende: con l'inflazione all'1%, il
tasso nominale zero diventa un tasso reale meno 1.
E' a questo che serve il Qe? Non solo. Anzitutto, quando la Bce compra, come pare, 120 miliardi di euro di
titoli di Stato italiani alleggerisce il peso del debito sul bilancio, diminuendone il costo e lasciando più spazio
alle misure di rilancio dell'economia. Qualcuno ha fatto anche notare che se Francoforte concentrasse i suoi
acquisti su titoli ventennali o trentennali, l'effetto sarebbe quello di allungare le scadenze del debito,
aumentando il respiro dell'economia. Chi vende quei titoli a Draghi (banche, assicurazioni, fondi) impiegherà il
ricavato per comprare altri titoli, facendo salire i loro prezzi e generando un "effetto ricchezza".
Quale ricchezza? Se prima avevo in cassaforte titoli che valevano 100 euro e, adesso, quei titoli valgono
120, sono più ricco. Soprattutto, ho riserve più ampie e posso aumentare gli investimenti.
Questo vale anche per le banche? Certo. Poichè in Europa l'80% dei finanziamenti alle imprese passa per le
banche,è decisivo che le banche si sentano sufficientemente tranquille da fare prestiti. Il Qe, liberandoli dei
grossi pacchetti di titoli di Stato e aumentando il valore delle riserve dovrebbe consentire proprio questo.
Intanto, però, il valore dell'euro è sceso E meno male. Con l'euro a 140 sul dollaro le esportazioni erano
strangolate. Per essere competitivo, l'export italiano, calcolavano gli esperti aveva bisogno di un cambio sul
dollaro a 117.
Oggi è a 112 e le esportazioni stanno andando bene, anche se chi ci guadagna di più sono proprio i
tedeschi, che esportano più di noi. Eppurei tedeschi, dopo essersi opposti, ora rischiano di sabotare il Qe, sia
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 02/03/2015
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Arrivano gli acquisti Bce così con la mossa di Draghi prestiti e export
voleranno E il debito peserà di meno
02/03/2015
La Repubblica
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SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 02/03/2015
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pure senza volerlo.
Come è possibile? E' un paradosso, figlio della testardaggine con cui la Merkel si rifiuta di fare, in patria, una
politica espansiva.
Il risultato è che la Germania si avvia al pareggio di bilancio, nel momento peggiore. Perchè? Come compra
120 miliardi di euro di titoli italiani, la Bce vuole comprare 200 miliardi di titoli tedeschi. Ma se lo Stato tedesco
non spende, non si indebita, resta in pareggio e non emette titoli sul mercato, quei 200 miliardi di titoli,
semplicemente, non ci sono. Si rischia un testa-coda.
Se farà il suo corso, il Qe è la svolta attesa? Draghi l'ha già detto: la politica monetaria non basta. Puoi
mettere soldi a disposizione, ma se le imprese non li chiedono perchè hanno paura ad investire, il
meccanismo si inceppae siamo al punto di partenza. Occorrono le riforme, si dice. Ma, soprattutto, occorre
una politica economica che rilanci la domanda, invogliando le imprese ad investire perchè possono tornare a
guadagnare.
La manovra della Bce La Bce acquista obbligazioni (in particolare titoli di stato) sul mercato secondario da
banche, assicurazioni e altre istituzioni Þnanziarie La dose di liquidità immessa sul mercato crea una
maggiore circolazione di moneta destinata all'economia reale Calano i rendimenti dei titoli Più risorse per
misure a favore della crescita L'euro si deprezza Ripresa economica con e!etti su produzione e occupazione
Calano i tassi di interesse Minor costo del debito per gli Stati Si riassestano i bilanci delle banche Maggiori
prestiti Aumenta l'inßazione Cresce la competitività delle aziende esportatrici LE TAPPE
1999 Dalla sua nascita, la Bce si limita ad acquisti minimi di attività finanziarie (soprattutto Bond) senza
emissione di nuova moneta, ma solo con aste di liquidità 2011 Tra dicembre 2011 e febbraio 2012, la Bce
presta fino a 1000 miliardi alle banche con due aste chiamate "Ltro". Prestiti restituiti entro tre anni 2015 A
gennaio, il presidente Mario Draghi annuncia che la Bce comprerà titoli del debito a partire dal 9 marzo e
almeno fino a settembre del 2016
PER SAPERNE DI PIÙ espresso.repubblica.it
Foto: IL BANCHIERE Il presidente della Banca centrale europea, Mario Draghi, durante la presentazione
della nuova banconota da 20 euro
02/03/2015
La Repubblica
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"L'era di Netanyahu è arrivata alla fine Cercherò il dialogo con i
palestinesi"
DAL NOSTRO CORRISPONDENTE FABIO SCUTO
GERUSALEMME «LA GIOSTRA mediatica di Netanyahu sul suo discorso a Washington deve finire.
Tutti sanno perfettamente che nessun leader israeliano, senza distinzione di coalizione, non può accettare la
minaccia nucleare iraniana. Ma c'è modo e modo di fare le cose. Io credo in una discussione franca ed aperta
con l'Amministrazione americana e penso che il discorso di Netanyahu a Washington sia un errore». Marca
subito il territorio Yitzhak Herzog, leader dei laburistie alleato con Tzipi Livni nell'Unione sionista, la coalizione
che tenterà di riportare il centrosinistra al governo dopo 30 anni. Herzog- un cinquantenne di "sangue blu",
suo padre Haim è stato capo dello Stato dal 1983 al 1993 e suo zio Abba Eban è stato ministro degli Esteri
negli anni cruciali fra il 1966 e il 1974 e lui stesso è stato ministro più volte - è convinto della vittoria.
Quando si presenta, allunga la manoe dice: «Piacere, sono il prossimo premier d'Israele».
Perché avete scelto di chiamare la vostra lista unificata l'Unione Sionista? «L'idea di sionismo con cui siamo
cresciuti è quella propugnata dai padri fondatori della nazione. Come disse David Ben Gurion, il leader storico
del mio partito, il Sionismo è il movimento che accomuna tutto il popolo di questo paese, che consente a tutti
di vivere adeguatamente e cercare la felicità, che fa appello alla convivenza con i nostri vicini ed alla giustizia
sociale. Ci sono elementi nella nostra società che pensano di avere l'esclusiva del Sionismo, mentre lo
stanno portando molto lontano dal posto dove dovrebbe essere. Adesso gli elettori hanno un'alternativa».
Con quale piano pensa di convincere gli elettori? «Da premier mi concentrerò su tre temi. Un piano socioeconomico che cambierà totalmente la situazione attuale con grandi "correzioni" sul piano sociale. Tenterò di
riprendere il processo di pace con i nostri vicini palestinesi, basandomi sulla piattaforma originale dei
negoziati, e ricomporremo i rapporti con gli Usa».
Lei parla di trattare ancora con i palestinesi, ma il "ministro della difesa" designato del suo partito sostiene
che il meglio che si possa fare è di «gestire il conflitto, non risolverlo». Quando lei dice di essere l'unica
alternativa a Netanyahu, parla anche di pace? «Assolutamente sì. Parlo di riattivare il processo bilaterale,
sulla base della piattaforma internazionale di cui fanno parte anche i nostri vicini, Egitto e Giordania.
Dobbiamo essere lucidi: non so di che umore sarà la leadership palestinese dopo il 17 marzo. Può darsi che
troverò una leadership così infatuata dei propri atti unilaterali, compreso il ricorso al Tribunale dell'Aja, che
ritengo totalmente inaccettabile, che non offrirà di tornare al negoziato. Ora le nostre relazioni con i
palestinesi non sono le migliori, ma se vogliamo procedere dobbiamo ricostruire la fiducia. Abbiamo bisogno
di parlare faccia a faccia ed è ciò che intendo fare. Non posso promettere il 100% dei risultati, posso
promettere solo il 100% degli sforzi».
Questo comprende anche lo stop all'espansione delle colonie nei Territori occupati? «Per ricostruire i rapporti
di fiducia ho intenzione di bloccare le costruzioni nelle colonie al di là dei "blocchi di insediamenti", che
consideriamo vitali alla sicurezza di Israele. Ripeto, non so di che attitudine avrannoi palestinesi, ed in ogni
caso il ripristino dei rapporti di fiducia richiede bilateralismo. Il nostro obiettivo è di fare cessare gli attacchi ad
Israele».
Per ricostruire la fiducia, sarebbe disposto anche a liberare parte dei detenuti palestinesi? A sdoganare
Hamas? «Abbiamo criticato Netanyahu per questo.
Ma il nostro approccio gode l'appoggio della maggioranza dell'establishment di sicurezza del paese.
Abbiamo intenzione di lanciare un appello internazionale per la ricostruzione di Gaza, ma il nostro obiettivo
principale è la sicurezza di Israele. Non tratteremo con Hamas e non libereremo i suoi prigionieri».
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 02/03/2015
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INTERVISTA Yitzhak Herzog. Parla il candidato premier del centrosinistra al voto del 17 marzo: "Sono io
l'unica alternativa Riattiveremo il processo di pace, è necessaria la fiducia Ma basta con gli atti unilaterali:
inaccettabile il ricorso all'Aja"
02/03/2015
La Repubblica
Pag. 17
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SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 02/03/2015
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Lei è disposto a formare una coalizione di governo con la Lista Araba Unificata? «Non so che coalizione sarò
in grado di formare, perché questo dipende dai risultati delle elezioni. Farò del mio meglio per superare la
soglia dei 30 seggi,e chiunque accetti le linee guida del mio programma potrà entrare nella coalizione.
I partiti arabi hanno detto più di una volta che non intendono fare parte di nessuna coalizione.
Non posso fare altro che accettarlo».
Lei ha detto che nessun leader israeliano è disposto ad accettare un Iran nucleare.
Che ne pensa dell'accordo che si prospetta fra Usa e Iran? «Mi aspetto che americani ed europei prendano
una posizione netta nei confronti di Teheran, il che significa che preferisco un accordo internazionale,
condizionato al fatto che sia un accordo "corazzato", senza scappatoie. Ritengo che debba comprendere un
paragrafo che impedisca all'Iran di sviluppare la bomba. Che è una minaccia per Israele, per tutti i Paesi
moderati nel Medio Oriente e quindi per la pace nel mondo». PER SAPERNE DI PIÙ www.haaretz.com
www.jpost.com
Foto: IL NUCLEARE
Foto: L'Iran non può avere la possibilità di realizzare la bomba, un accordo deve essere "corazzato"
Foto: GAZA
Foto: Lanceremo un appello per ricostruire la Striscia ma la nostra priorità è la sicurezza
Foto: GLI USA
Foto: Quella del primo ministro è una giostra mediatica Va ristabilito il rapporto con gli Usa
Foto: LEADER LABURISTA Yitzhak Herzog, leader del partito laburista israeliano, è l'uomo che sfida Bibi
Netanyahu alle urne
02/03/2015
La Repubblica
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"Più risorse agli istituti pubblici così si aiutano le famiglie"
(a.cus)
"ROMA. «Sono per sostenere la scuola pubblica. Questo deve essere il nostro obiettivo». Pippo Civati,
dissidente dem, non accetta meccanismi di finanziamento della scuola paritaria.
Civati, perché è contrario? «Non conosco nel dettaglio la proposta dei 44 firmatari dell'appello a Renzi. Ma
sono molto scettico e critico di fronte a misure di questo tipo. Dopo le esperienze nelle regioni amministrate
dalla destra che hanno abusato di questo strumento, di fatto è stato impoverito, se non annichilito, il diritto
allo studio.
Ma non sono d'accordo anche per un altro motivo».
Quale? «Difendo il concetto di laicità che sembra scomparso in un momento in cui a livello internazionale si
parla di integralismi e fanatismi. E a livello nazionale si discutono temi sensibili come matrimoni gay e fine
vita, per non parlare degli sconti fatti alla Chiesa con l'Imu. Non sono forse detrazioni, quelle?».
I 44 deputati dicono di voler aiutare chi non se lo può permettere a esercitare il diritto di scelta sancito dalla
Costituzione.
«Mi fa piacere che si parli di indigenti perché il governo finora per loro non ha fatto nulla. Sul tema, tuttavia,
sono per misure più radicali come il reddito minimo».
Porta chiusa anche a discuterne? «Sono pronto a discutere di misure del genere solo una volta che la scuola
pubblica sia stata messa in sicurezza con le risorse necessarie».
Foto: Pippo Civati
Foto: Difendo con decisione il concetto di laicità in un momento in cui sembra essere scomparso
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 02/03/2015
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CONTRARIO / PIPPO CIVATI
02/03/2015
La Repubblica
Pag. 20
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"Alla materna posti insufficienti giusto incentivare le private"
"ALBERTO CUSTODERO
ROMA. «Se le scuole materne paritarie cattoliche e comunali chiudessero, oltre il 30 per cento dei bambini
non potrebbe avere la scuola materna». Giuseppe Fioroni, area popolare pd (corrente dei catto-renziani), ex
ministro della PI, è «sia per archiviare il sistema del precariato nella scuola pubblica, sia per riconoscere la
detrazione fiscale a chi opta per le paritarie».
Che rapporto c'è tra il sistema dei precari e il bonus per la scuola paritaria? «Serve adeguare gli stipendi dei
docenti della scuola pubblica che oggi entrano con poco meno di 1.300 euro e dopo 40 anni ottengono uno
scatto d'anzianità di appena 500. Ma lo scatto d'anzianità non deve diventare il finanziamento del
meccanismo di merito proposto dal governo, sarebbe un'ingiustizia».
Regolarizzati i precari, e adeguati gli stipendi, perché altri soldi alle paritarie? «La libertà di scelta sancita
dalla Costituzione non deve essere una libertà solo per chi se lo può permettere. Il meccanismo della
detrazione fiscale, che è la nostra battaglia, è compatibile anche con la scarsezza di risorse di questi tempi».
L'appello dei 44 deputati pd per il bonus è un attacco al governo? «È il prosieguo della legge Berlinguer,
portata avanti da me durante il governo Prodi. Legge poi smantellata dal centrodestra di Berlusconi».
Foto: Giuseppe Fioroni
Foto: La libertà di scelta sancita dalla Costituzione non è un diritto solo per chi può permetterselo
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 02/03/2015
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A FAVORE / GIUSEPPE FIORONI
28/02/2015
La Stampa
Pag. 4
(diffusione:309253, tiratura:418328)
Atene, da Berlino sì a denti stretti "Gli aiuti? Questa è l'ultima volta"
Il Parlamento vota il piano, strappo nel partito di Merkel Schaeuble all'attacco: "Non ho più voglia di
scherzare"
TONIA MASTROBUONI INVIATA A BERLINO
Adenti stretti la Germania ha votato ieri un prolungamento di quattro mesi del negoziato sugli aiuti alla Grecia.
Nonostante le apparenze - la richiesta presentata dal ministro delle Finanze Wolfgang Schaeuble ha ottenuto
un'amplissima maggioranza di 541 «sì» al Bundestag - i segnali di insofferenza che provengono dal partito di
Angela Merkel non sono da sottovalutare. La cancelliera ha incassato anche il voto favorevole di quasi tutta
l'opposizione, ma ben 29 deputati della Cdu-Csu si sono opposti: è il numero più alto di «ribelli» dall'inizio
della Grande crisi. E a microfoni spenti, molti parlamentari conservatori che hanno votato a favore, giurano
che è stata «l'ultima volta». Una bomba a orologeria che rischia di esplodere a giugno, quando l'eventuale
nuovo accordo con Atene dovrà passare nuovamente per il Bundestag. L'appello di Gauck Neanche l'appello
del presidente della Repubblica Joachim Gauck è servito a convincere i cristiano-democratici dissenzienti. In
mattinata, Gauck aveva invitato i parlamentari a tenere conto di «situazioni difficili, che obbligano ad
attraversare una valle di lacrime prima di ottenere successi con una società rinnovata». Ma alla tesi di Gauck
sono in pochi a credere. E non solo per il titolo eloquente - «il ventre molle» - del loro quotidiano di
riferimento, la Frankfurter Allgemeine Zeitung. Tesi: il voto del Bundestag è stato anche un modo per
impedire che Vladimir Putin allarghi la sua sfera di influenza all'Egeo, che si procuri un «protettorato» anche
nel cuore d'Europa. Tsipras nel mirino Ma a prevalere, tra i deputati della Cdu/Csu, è soprattutto la diffidenza
per il governo rosso-nero di Alexis Tsipras, percepito come inaffidabile. Una delle «ribelli», Dagmar Woehrl,
sintetizza: «l'atteggiamento del nuovo esecutivo greco e le tesi contraddittorie dei suoi rappresentanti hanno
distrutto ogni base di fiducia». Il fatto è, inoltre, che i big del partito di Angela Merkel pensano che
concedendo margini ad Alexis Tsipras, si incoraggino anche i partiti populisti che continuano a crescere nei
sondaggi come Podemos o il Front National. Politici brillanti come Norbert Roettgen sostengono ad esempio
questa tesi, e ricordano anche che diventa sempre più difficile spiegare all'elettorato tedesco perché alla
Grecia servano continuamente nuovi aiuti finanziari. Ma c'è anche chi, come il «falco» Michael Fuchs,
argomenta che è ingiusto che il rendimento tra i titoli di Stato greci e tedeschi sia di nuovo vicino, insomma
che si aiutino così tanto Paesi che non sono affidabili come la Germania. Per molti tedeschi, lo spread ridotto
al lumicino non è un indice di salute dell'eurozona: è, al contrario, l'indizio più evidente di una distorsione. Il
gelo nella maggioranza Uno stato d'animo che il ministro delle Finanze Schaeuble ha espresso chiaramente
durante il suo discorso al Parlamento: «alla luce di ciò che i cittadini in Germania pensano - e anche ognuno
di noi - su questo dibattito, non ho molta voglia di scherzare», ha sottolineato. E a porte chiuse, pare che il
ministro cristiano-democratico si sia detto «senza parole» per il comportamento del suo omologo greco,
Yanis Varoufakis, dopo tre riunioni dell'Eurogruppo in due settimane che si sono sempre risolte in durissimi
faccia a faccia. La polemica sulla Bild Intanto in Germania è partita una polemica per un paginone del tabloid
Bild contro la Grecia intitolato «nein». Sul web è partita una campagna di sostegno - molti tedeschi hanno
postato selfie con la pagina del quotidiano - ma anche proteste. Molti hanno scelto di fotografarsi con un
cartello che recitava «nein a 80 centesimi per un tabloid orrendo». E tre ex Femen hanno manifestato ieri
davanti alla sede storica del quotidiano a seno nudo, cantando «ja alla solidarietà, nein all'austerità».
175% del Pil L'ammontare del debito pubblico della Grecia
29 ribelli I deputati tedeschi che hanno votato no al piano
Foto: I contrari In Germania è polemica per un paginone del tabloid Bild contro la Grecia intitolato «nein». Sul
web è partita una campagna di sostegno: molti hanno postato selfie con la pagina
Foto: TOBIAS SCHWARZ /AFP I favorevoli Tanti invece hanno protestato contro la Bild. E tre ex Femen
hanno manifestato davanti alla sede del quotidiano a seno nudo
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 02/03/2015
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Retroscena
28/02/2015
La Stampa
Pag. 7
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Il premier sceglie di evitare lo scontro per incassare Italicum e
commissioni
Legge elettorale e ricambio nelle presidenze: il segretario non vuole attriti nel partito
FABIO MARTINI ROMA
È venerdì pomeriggio, porzione di giornata che i parlamentari di solito sfruttano per tornarsene a casa e infatti
nella spaziosa mansarda del Nazareno, sono poco meno di duecento gli onorevoli del Pd (su un totale di 422)
che hanno raccolto l'invito di Matteo Renzi di discutere di scuola, Rai e fisco. Altri duecento non si sono
materializzati: tanti, anche se è difficile stabile quanti abbiano aderito al «boicottaggio» promosso dai leader
della minoranza interna e quanti invece non abbiano resistito al richiamo di casa. Certo, non è stata una
assemblea di «successo», quella che si è via via sfilacciata, fino a contare una cinquantina di presenti. Un
risultato che non è sfuggito a Matteo Renzi, presente dal primo all'ultimo minuto alla riunione. E infatti il
segretariopremier è stato insolitamente conciliante rispetto alla minoranza che aveva promosso una delle
iniziative più delegittimanti nei suoi confronti da un anno a questa parte: dell'assenteismo organizzato non ha
proprio parlato. Ha glissato. E ha fatto spargere parole di pace dal suo vice Lorenzo Guerini: «Eviterei di
concentrarci sull'eccesso di polemiche di queste ore e di guardare invece agli aspetti positivi». Parole lievi e
soprattutto rinuncia a replicare alle espressioni sferzanti di Pier Luigi Bersani («Non siamo figuranti»):
l'ennesima dimostrazione che Renzi sa pesare in ogni momento le forze in campo e i cambi di umore. Ieri non
era il momento di rincarare la dose e Renzi non l'ha rincarata. Anche in vista di tre appuntamenti assai
significativi: la preparazione delle liste per le prossime elezioni Regionali (10 aprile); l'approvazione finale
della riforma elettorale (primavera 2015); il rinnovo dei vertici delle Commissioni parlamentari (settembre),
alcune delle quali, le più strategiche, sono guidate da esponenti di Forza Italia e della minoranza Pd. Per
quanto riguarda le elezioni regionali, con Renzi premier, il Pd ha vinto e conquistato roccaforti «nemiche», ma
in termini di consiglieri regionali e di assessorati la minoranza interna ha riscosso gratificazioni che i renziani
vorrebbero ora limitare nelle regioni più significative (Veneto, Campania, Liguria, Puglia) nelle quali si voterà
a maggio. Ma le due battaglie più delicate dei prossimi mesi, Renzi le dovrà combattere in Parlamento,
battaglie che imporranno al presidente del Consiglio una cura speciale dei parlamentari in «mezzo al guado».
L'insolita prudenza manifestata ieri da Renzi si spiega anche col decisivo appuntamento sulla legge
elettorale. Ma anche in vista del tentativo di cambiare alcuni dei presidenti delle Commissioni parlamentari.
Come sempre, a metà legislatura, le presidenze devono essere formalmente rivotate e dunque a settembre
Renzi intende rivedere un equilibrio che risente degli assetti di inizio legislatura, quando il Pd era guidato da
Pier Luigi Bersani e poi da Guglielmo Epifani. E con un governo (quello di Enrico Letta) che essendo di unità
nazionale aveva concesso a Forza Italia alcune presidenze. Nel «mirino» del governo ci sono la presidenza
della Commissione Affari costituzionali della Camera (guidata dal forzista Francesco Sisto), quella Bilancio
(Francesco Boccia, Pd), quella del Lavoro (Cesare Damiano), quella delle Attività produttive del Senato
(Massimo Mucchetti). 4 presidenze In vista del ricambio dei vertici, Renzi punta a quattro commissioni in
particolare: Affari Costituzionali della Camera (guidata dal forzista Sisto), Bilancio, Lavoro e Attività Produttive
(in Senato), tutte in mano a esponenti della minoranza Pd
Foto: LAPRESSE
Foto: Nazareno La sede del Partito Democratico dove ieri Renzi ha riunito gli onorevoli Pd
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 02/03/2015
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Retroscena
28/02/2015
La Stampa
Pag. 9
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Lo spread divide i due Mattei
MARCELLO SORGI
La possibile inversione di tendenza della crisi economica che si trascina da sette anni - fine della recessione,
crescita allo 0,1, spread sotto 100 -, certificata cautamente per la prima volta dall'Istat, è destinata a segnare i
confini del terreno di scontro tra Matteo Salvini, che oggi approda a Roma in piazza del Popolo, tradizionale
luogo di raduno della destra, e Matteo Renzi, che saluta la svolta con la sua abituale enfasi su Twitter. Infatti,
se gli attuali, timidi segni di ripresa dovessero consolidarsi, il leader della Lega, che ha virato da tempo verso
una radicale campagna anti-euro e anti-Europa accompagnata da un'opposizione durissima, perderebbe
alcuni dei suoi argomenti più efficaci, proprio mentre il premier incassa i complimenti del ministro tedesco
delle finanze, il falco Schauble, per le riforme portate avanti fin qui. Accolto da gruppi di manifestanti violenti
che si sono scontrati con la polizia e anche oggi si preparano a dare battaglia, Salvini, in un certo senso, è a
un bivio. La sua marcia solitaria lungo tutto quest'anno lo ha visto salire, settimana dopo settimana, nei
consensi; superare, almeno nei sondaggi, Forza Italia; prendersi d'impeto la guida dell'elettorato di centrodestra, di fronte a un Berlusconi stanco e impedito dalle condanne giudiziarie. Ma adesso Salvini deve
decidere se continuare a crescere e fare il pieno di voti per il suo partito o assumere per davvero la guida di
una destra di governo da rinnovare. È assai improbabile che questa scelta venga fatta nella giornata in cui si
conclude, con la manifestazione romana, la prima tappa del percorso di rinnovamento della Lega, da
movimento nordista piegato dagli scandali che avevano coinvolto il fondatore Bossi e il suo cerchio magico, a
partito nazionale che cerca i voti al Centro e al Sud, anche a rischio di pesanti contestazioni come quelle di
ieri e di alleanze scomode come quella con Marine Le Pen a Strasburgo e Forza Nuova a Roma. Il successo
del raduno di Piazza del Popolo servirà, certo, a consolidare in modo evidente e visibile il passaggio dello
scettro dall'ex-Cavaliere, che oscilla tra il desiderio di tornare in campo e la consapevolezza che il suo tempo
è passato, al guerriero del Carroccio che a tappe forzate alla fine ha piantato le tende nella Capitale. Ma le
parole che Salvini userà dal palco della piazza romana non saranno indifferenti: perchè tra la folla curiosa di
conoscerlo che andrà ad ascoltarlo c'è una parte di pubblico e di elettorato moderato che, finito lo spettacolo,
potrebbe anche decidere di girare la testa verso l'altro Matteo.
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Taccuino
01/03/2015
La Stampa
Pag. 1
(diffusione:309253, tiratura:418328)
Madia: sessismo morboso su noi ministre
Francesca Schianchi
«Certe attenzioni sono proprio esagerate Poche pari opportunità nelle qualifiche basse» A PAGINA 8 Il suo
primo anno da ministro è passato di corsa, «per fare moltissime cose, molte più rispetto ad altri governi nello
stesso lasso temporale». Una delle più importanti sta arrivando in porto: da mercoledì si vota in Commissione
al Senato la sua legge sulla Pubblica amministrazione. «Spero che si riesca ad approvarla a Palazzo
Madama in tre settimane», si augura il ministro Marianna Madia, «per poi arrivare all'approvazione definitiva
prima dell'estate». Ministro della Pa a 33 anni: dica la verità, qualche interlocutore ha provato a trattarla un
po' come una ragazzina? «All'inizio è capitato che qualcuno cercasse di spiegarmi che da decenni si fa così e
che bisognava continuare così. Dopo un anno, mi pare che stia passando sempre di più il messaggio che,
per noi, non esistono prassi consolidate che non si possono toccare». E' stato difficile? «E' ancora difficile, è
una pratica quotidiana». Giovane e donna: ha sentito gli allarmi sulla parità della Clinton e della Lagarde?
«Credo che il problema delle pari opportunità esista soprattutto nelle qualifiche mediobasse piuttosto che nei
ruoli di responsabilità: allargare la sfera del diritto alla maternità e dei servizi è fondamentale». E' una vostra
priorità? «Sì. Già ci sono segnali di ripresa che sono sicura si faranno vedere anche nel tasso di natalità, in
cui si racchiude la precarietà e la paura del futuro. Tutto ciò che fa ripartire quel numero è una priorità, dalle
politiche per il lavoro al sostegno alla maternità, che infatti con il Jobs act e il bonus bebè viene esteso».
Diceva che nei ruoli di responsabilità invece c'è più parità? «Nei ruoli di responsabilità, in Italia, con le scelte
di questo governo e grazie ad alcune leggi, sono stati fatti passi avanti. Poi ci può essere più o meno
sessismo latente, ma da posizioni di visibilità ci si difende meglio». Anche lei ha subito attacchi sessisti...
«Non ci faccio neanche più caso. Di certo c'è un'attenzione morbosa verso le donne che non c'è verso gli
uomini». Lei e la Boschi siete spesso tirate in ballo per la vostra bellezza... «Al di là di come siamo noi, qual è
il dibattito? Donne belle, anche impegnate in politica - penso ad esempio a Luciana Castellina - ci sono
sempre state». Ha citato il vostro governo per metà di donne: ma avete potere vero? Non è che poi alla fine
decide tutto Renzi? «Ma questa domanda la può fare anche, che so, ai ministri Martina o Orlando. Non è
questione di parità di genere, mi sta chiedendo una riflessione sulla leadership di Renzi». Sì, anche. «Renzi
ha una leadership forte, ma sa ascoltare, affidare responsabilità e fidarsi. Vuole sapere cosa fa il suo
governo, e mi sembra giusto: è importante che il premier affermi l'unità di indirizzo del governo». In questo
anno di governo si sono anche logorati i rapporti nel Pd... «Ma guardi, da che ho memoria ci sono sempre
state tensioni nel Pd. Siamo fatti così...». Un po' litigiosi. «Quando la discussione ha come obiettivo migliorare
una norma, è sempre nobile e legittima. Quando nasce una polemica perché il segretario ha convocato i
gruppi, mi sembra poco comprensibile». E' la polemica sollevata nei giorni scorsi da Bersani. «Bersani è
sempre stato vicino alle cose concrete dei cittadini. Stavolta ha sbagliato a suscitare una polemica
incomprensibile: faccio fatica a capirla io, non voglio pensare gli italiani che non si occupano di politica...».
Perché c'è un pezzo di Pd che sembra considerare Renzi un uomo di destra? «Penso sia perché una parte
della sinistra associa una leadership che decide alla destra». C'è il rischio di una scissione? «Non lo so. Ma
se dovesse nascere un partito a sinistra del Pd non sarebbe perché il Pd non ha fatto cose di sinistra». E'
sicura? «Abbiamo tassato le rendite finanziarie, messo un tetto allo stipendio dei manager, assumeremo i
precari della scuola... E potrei andare avanti. Mi sembrano tutte cose di sinistra». L'alternativa a voi è in
piazza oggi: la Lega di Matteo Salvini. «Vorrei capire quali sono le sue soluzioni. Perché se la soluzione ai
problemi è come per i barconi degli immigrati (li soccorriamo ma non li facciamo sbarcare, ndr.), temo debba
ancora approfondire lo svolgimento dell'alternativa...».
Dai libri al Palazzo Studi Diploma al Liceo francese di Roma e laurea con lode in scienze politiche
all'Università La Sapienza di Roma, specializzazione all'Istituto di Studi Avanzati di Lucca in economia del
lavoro Ricerca Collabora con l'ufficio studi dell'Agenzia di ricerche e legislazione di Enrico Letta, fondata da
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INTERVISTA
01/03/2015
La Stampa
Pag. 1
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SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 02/03/2015
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Andreatta, e fa parte del comitato di redazione di Italianieuropei, rivista della fondazione di D'Alema In politica
Nel 2008 a sorpresa viene scelta dal segretario del Pd Walter Veltroni come capolista nel Lazio. Dice: «Porto
in dote la mia straordinaria inesperienza» Al governo Bersaniana, rieletta in Parlamento nel 2013 passando
dalle primarie, successivamente si schiera con Renzi, che a 33 anni la chiama al governo come ministro della
Pubblica AmministrazioneCredo che il problema delle pari opportunità esiste soprattutto nelle qualifiche
mediobasse, non nei ruoli di responsabilità Allargare la sfera del diritto alla maternità e dei servizi è
fondamentale, il Jobs Act va in questa direzione
Di certo c'è un'attenzione morbosa verso le donne al governo che non c'è verso gli uomini Marianna Madia
ministro della Pubblica Amministrazione
Foto: INSIDEFOTO/IMAGE TANIA/A3/CONTRASTO A sinistra Marianna Madia e sopra un ufficio pubblico
01/03/2015
La Stampa
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(diffusione:309253, tiratura:418328)
Limonov: "Una provocazione Vogliono una rivolta anche qui"
"Putin non c'entra, questo omicidio lo danneggia soltanto"
LUCIA SGUEGLIA MOSCA
Erano avversari politici, Boris Nemzov e lo scrittore Eduard Limonov, più volte si erano scambiati accuse
feroci. Ma più volte avevano anche condiviso la stessa cella, arrestati in una delle tante manifestazioni anti
Putin. Dopo l'esplodere della crisi in Ucraina sono finiti su lati opposti della barricata: il primo tra i più aspri
critici dell'intervento russo, l'altro entusiasta della presa della Crimea. Cosa rappresenta per lei la morte di
Nemzov? «Per me purtroppo è solo l'ennesima tra le tante morti dei miei compagni nell'ultimo anno, sono
mesi che seppellisco i miei ragazzi nazionalboscevichi uccisi combattendo nel Donbass coi ribelli, l'ultimo
funerale è stato a Pietroburgo il 21 febbraio. Certo Boris Efimovich lo conoscevo molto bene, da anni, anche
se non ci amavamo affatto, per me era troppo filooccidentale». Un omicidio politico? «Non ci credo. La
ragazza che era con lui, l'unica testimone, è rimasta viva. E nei delitti politici si fa sempre fuori anche il
testimone. Forse è proprio lei la chiave. Aspetto le indagini. Ma certo è un delitto molto strano... mi vengono
strani pensieri». Quali? Alcuni politologi russi anche d'opposizione ventilano l'ipotesi di una strategia della
tensione interna o esterna... «Sì, per me è possibile che si tratti di una provocazione politica. A che scopo?
Forse per scatenare una rivolta arancione anche qui in Russia». Quindi come i pro-Putin lei accusa
l'Occidente... «No, dico solo che Nemzov non era più un politico di rilievo, come nemico del Cremlino oggi il
leader più importante è Navalny. Lui era un brillante pensionato politico, una persona capace ma della
vecchia guardia, ormai non faceva più nulla. Certo era molto noto. Ma rappresentava solo una parte
dell'opposizione, perché dal 2011 in Russia non ci sono solo i dissidenti liberali, ma i comunisti, i nazionalisti,
e così via, anzi gli ultimi sono cresciuti. La sua è soprattutto una morte simbolica». È stato ucciso alla vigilia
della prevista protesta anti-Putin convocata dall'opposizione, le sembra un caso? «È solo una coincidenza. O
meglio, semmai mi sembra una provocazione politica. Ma non dal lato del Cremlino. Mi pare più probabile
che sia opera di avversari del Cremlino. Certo fa comodo a loro, più che a Putin: questo omicidio è l'ultima
cosa che serve al presidente russo in questo momento, lo danneggia soltanto». Dissero così anche per
Politkovskaya... ma i media di Stato hanno fomentato sempre più l'odio verso i dissidenti, specie chi criticava
la politica ufficiale verso Kiev... «È vero, in Russia oggi c'è un'atmosfera di isteria generale, ma anche parte
della nostra opposizione vi ha contribuito. Nella loro Marcia della pace, non hanno forse sfilato con le
bandiere ucraine? Se non è provocazione questa. Facile accusarli di essere "agenti occidentali"». Quali
conseguenze prevede? «Nessuna. P urtroppo temo che come per altri omicidi illustri precedenti, tra pochi
giorni tutti in Russia lo avranno dimenticato. Ma l'Occidente di certo coglierà l'occasione per scatenare e
aumentare l'isteria contro la Russia e contro Putin».
Nemzov non era più un politico di rilievo, ormai non faceva più nulla. La sua è una morte simbolica
In Russia oggi c'è un'atmosfera di isteria, ma vi ha contribuito anche parte dell'opposizione
Per me purtroppo è solo l'ennesima tra le tante morti dei miei compagni. Sono mesi che seppellisco i
miei ragazzi nazionalboscevichi uccisi combattendo nel Donbass con i ribelli Eduard Limonov Scrittore
e leader del Partito nazional-bolscevico russo
72 anni Limonov ha trascorso l'adolescenza a Kharkov, in Ucraina, e ora sostiene i ribelli filorussi del
Donbass
Foto: Scrittore Eduard Limonov è uno scrittore e politico russo È fondatore e leader del Partito
nazional-bolscevico
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Intervista
01/03/2015
La Stampa
Pag. 5
(diffusione:309253, tiratura:418328)
L'Onu: c'è poco tempo per evitare che il Paese cada nel baratro
Rapporto di Ban Ki-moon: la guerra civile totale è dietro l'angolo
PAOLO MASTROLILLI INVIATO A NEW YORK
«La Libia è pericolosamente vicina al baratro di una guerra civile totale». Non ha usato mezzi termini, il
segretario generale dell'Onu Ban Ki-moon, nel rapporto che ha appena presentato al Consiglio di Sicurezza,
per sollecitare la prosecuzione della missione Unsmil e l'accelerazione del negoziato diplomatico per creare
un governo di unità nazionale. L'alternativa al dialogo fra le parti è «la prosecuzione della violenza e il
disordine politico, che serviranno solo a minare l'unità nazionale e l'integrità territoriale del paese». E questo
a fronte di una minaccia terroristica che Ban definisce «un pericolo imminente». Fonti ben informate dicono
che ormai è «questione di settimane». Una via d'uscita politica si può ancora trovare, ma il cammino e i tempi
sono molto stretti. Rinnovare la missione L'Onu è stato il crocevia delle manovre diplomatiche sulla Libia
durante la settimana che si è appena conclusa. Oltre al rapporto di Ban, infatti, il Palazzo di Vetro ha ricevuto
la visita dell'ambasciatore italiano Giuseppe Buccino, l'ultimo ad aver lasciato Tripoli. Gli alleati ammettono
che nessuno conosce il paese come noi, e gli incontri con i membri del Consiglio di Sicurezza e le potenze
della regione sono serviti a fare il punto sulla situazione e discutere la possibile strategia. Il primo punto
all'ordine del giorno è il rinnovo della missione Unsmil, che scade il 13 marzo. L'inviato dell'Onu Bernardino
Leon potrebbe continuare la sua opera di mediazione anche senza, ma ne uscirebbe indebolito. Ban quindi
suggerisce di rinnovare il mandato per un altro mese, riducendo però il personale a 15 o 20 unità, che
faranno la spola dalla Tunisia. Questo elemento basta già a capire la difficoltà della situazione e l'urgenza: un
mese, al massimo, per trovare l'accordo. La diplomazia stenta La questione politica è sempre la stessa. Il
governo laico di Tobruk, appoggiato dall'Egitto, si considera l'unico esecutivo legittimo e chiede che la
comunità internazionale lo aiuti a riprendere il controllo del paese con la forza. Il governo di Tripoli, legato alle
formazioni islamiche, risponde che la situazione sul terreno è ormai diversa e bisogna prenderne atto. Il
pericolo sempre più concreto è che fra i due litiganti goda il terzo, ossia il terrorismo. I servizi italiani non
pensano che l'Isis sia vicino a prendere il controllo, come ha fatto in Siria e Iraq. Se però Tripoli e Tobruk non
trovano un accordo, che consenta poi un intervento internazionale per aiutare la tenuta del governo di unità, i
terroristi possono diventare in fretta il punto di riferimento della popolazione esausta. La soluzione militare
non c'è, nel senso che nessuna delle due parti sembra in grado di prevalere sull'altra. Quindi la prospettiva,
senza un accordo politico, è quella di una guerra civile di lungo termine, nella quale l'Isis troverebbe enormi
spazi da sfruttare. Al momento i terroristi sono concentrati soprattutto nella zona di Derna, in Cirenaica, e
Sabratha, l'area archeologica ad ovest di Tripoli. Questa è anche la regione da dove partono la maggioranza
delle imbarcazioni con gli immigrati illegali, e non è lontana dalle piattaforme dove opera l'Eni, con personale
italiano ancora a bordo. È una posizione più sicura di quella sul terreno e offre rapide vie d'uscita, ma è
anche esposta ad attacchi dal mare da parte dei terroristi. Un piano B non esiste, per ora. Se però l'accordo
politico non si materializzerà nel giro di qualche settimana, la priorità dovrà diventare quella di difendersi.
13 marzo È la data di scadenza della missione Unsmil guidata dall'inviato Onu Leon 1 mese Per aiutare gli
islamici di Tripoli e il governo di Tobruk a trovare un'intesa
Foto: ABDULLAH DOMA /AFP
Foto: Unità nazionale Un giovane sventola l a bandiera libica a Bengasi poco prima della manifestazione di
protesta contro l'embargo di armi cui è soggetto l'esercito nazionale
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Retroscena
01/03/2015
La Stampa
Pag. 7
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Ma Berlusconi prende le distanze "Solo slogan, Matteo non durerà"
Toti: sembra dottor Jekyll e Mr. Hyde. Vuole governare o solo protestare?
UGO MAGRI ROMA
Buone notizie per Forza Italia: Silvio non è nella lista dei «vaffa» salviniani. Sì, certo, tutti hanno visto il maxi
striscione con su scritto «Berlusconi è politicamente morto». E a voler essere pignoli, c'è stata pure
l'espulsione dalla piazza dei giovani «azzurri» (sebbene lo stesso Gasparri riconosca che non erano stati
invitati). Ma nell'insieme la virulenza del capo leghista si è scaricata altrove. Ecco invece la cattiva notizia: l'ex
Cavaliere è stato ignorato dall'«altro Matteo». Come se non esistesse e Salvini avesse già deciso che a
sfidare Renzi, la prossima volta, sarà lui. Berlusconi si faccia più in là. La reazione del Cav Ad Arcore la tivù
era spenta. Il padrone di casa si è fatto riferire. Poi ne ha ragionato con Toti e pochi altri. Il comizio di Salvini
gli è sembrato «un polpettone», un miscuglio di slogan populisti assortiti così così. Programmi pochi, costrutto
ancor meno. Discorsi che possono funzionare bene in piazza o al bar, e su questo Berlusconi non si
scandalizza: chi pensa che possa stracciarsi le vesti per i coretti «Duce-Duce», per i toni sguaiati di Salvini e
per la sua alleanza con la Le Pen è fuori strada. Nel '93 Berlusconi sostenne Fini per il Campidoglio mentre
Gianfranco era ancora il leader del Movimento sociale; e quanto a «finesse», non è che Bossi potesse
confondersi con un lord inglese. Con Salvini, il Cav ci farebbe alleanza domani, e forse addirittura lo
sosterrebbe contro Renzi. Il suo dubbio è che l'altro sia disposto ad allearsi con lui. E questo, francamente,
non l'ha ben capito. Ai suoi occhi resta un bel punto interrogativo. Ragiona a voce alta Toti: «Salvini di questi
tempi sembra Jekyll e Hyde, non si sa con chi stiamo parlando. È quel Salvini che cavalca sempre più la
protesta alla maniera di Grillo e punta a raccogliere da solo il 51 per cento? O invece è il leader della Lega di
Maroni e di Zaia che un po' sconsolati vedono sgretolarsi le alleanze su cui si reggono?». Guarda caso, è
proprio con i due governatori che i contatti sono più intensi: ad Arcore molto si fa leva sulla loro «moral
suasion», nella speranza che poi alla fine Salvini riprenda contatto con la realtà. «Dura minga» In dialetto
meneghino significa: non può durare... È esattamente ciò che pensa Berlusconi di Salvini. L'amico va forte
nei sondaggi, ma sembra già arrivato al suo top. Per andare oltre, dovrebbe dimostrare qualcosa che non si
limiti all'urlo propagandistico. Mostrare vere attitudini politiche. Rispettare anzitutto chi, come Maroni e Zaia,
amministra il territorio insieme con Forza Italia e addirittura con Ncd. Dovrà tessere le alleanze possibili e non
sfasciarle, trasformandosi in un cavallo di Troia renziano. Deborah Bergamini, portavoce berlusconiano, la
mette sotto forma di consiglio: «Salvini non commetta l'errore di sopravvalutarsi, pensando di avere il
monopolio del centrodestra e lanciandosi in una sfida solitaria basata sugli slogan di Piazza del Popolo...».
Insomma, nonostante tutto Forza Italia ci spera. Gasparri, vecchio conoscitore di quel mondo, alza le spalle:
«Salvini adesso sbraita e si gonfia con la protesta, ma quando la Lega è andata da sola è sempre finita male
anzitutto per lei. Per cui alla fine prevarrà la ragione...».
Foto: Vecchi amici Silvio Berlusconi rimpiange l'epoca in cui la Lega Nord era guidata da Umberto Bossi, suo
fedele alleato
Foto: MATTEO BAZZI/ANSA
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 02/03/2015
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Retroscena
01/03/2015
La Stampa
Pag. 13
(diffusione:309253, tiratura:418328)
"Una Silicon Valley italiana così il sogno proseguirà"
Diana Bracco, capo dell'organizzazione "Futuro dell'area? Decideranno i cittadini"
FABIO POLETTI MILANO
Adesso che è quasi fatta, Diana Bracco, presidente di Expo 2015 spa e Commissario generale per il
Padiglione Italia, non tira ancora il fiato. La scommessa sul lascito di Expo 2015 è grande. Quando si
chiuderanno i battenti il 31 ottobre bisognerà decidere cosa fare di quest'area grande come 170 campi di
calcio. Presidente Diana Bracco, di progetti ne spunta uno al giorno, a lei cosa piacerebbe che si realizzasse
sull'area? «Pur non avendo alcuna voce in capitolo sulle scelte future, non possiamo sprecare questa
occasione nemmeno sul dopo. A differenza degli altri manufatti, Palazzo Italia sarà uno dei lasciti materiali
dell'esposizione. L'intera area non ha precedenti. È servita da due autostrade, dall'Alta velocità, da
Metropolitana, Malpensa e Brebemi. Tutti gli spazi sono cablati e digitalizzati, una Silicon Valley italiana».
Sembra il racconto di una metropoli ancora mai realizzata. «Appunto. Sarebbe giusto che siano i cittadini a
decidere cosa farne. Io ho sempre coltivato con la Camera di commercio e con Assolombarda il sogno di fare
di Palazzo Italia un Palazzo dell'Innovazione e di tutta l'area un polo della ricerca tecnologica. Penso a
infrastrutture per supportare le imprese, ai centri di ricerca, alle università come la Statale di Milano che ha
deciso di spostare a Rho-Pero tutte le facoltà scientifiche e alle start-up che su questo sito potrebbero trovare
ampia collocazione». Cosa spera che lasci Expo? «Io sento aria di Expo. A Palazzo Italia vogliamo
coinvolgere due milioni di studenti con la loro ricchezza e creatività. Penso alla Carta di Milano che da qui
arriverà fino all'Onu per ridefinire una piattaforma internazionale sul cibo e sul nutrimento a livello mondiale.
L'Italia può offrire al mondo il valore del cibo sano e sicuro, basato su qualità e tutela della biodiversità. Senza
dimenticare che per la conformazione del suo territorio e la scarsità di materie prime noi ci siamo ingegnati
inventando soluzioni straordinarie». Qui i visitatori troveranno biodiversità, produzione del territorio e grandi
brand alimentari. Come si fa a coniugare la filiera corta del cibo con le multinazionali dell'alimentazione?
«Filiera corta e filiera agroindustriale nazionale del cibo sicuro devono andare di pari passo. Il nostro è un
Paese che deve mantenere il suo scheletro contadino. Penso alla grande mostra delle Identità italiane che
racconterà la potenza del nostro saper fare dall'agricoltura all'artigianato all'industria, con la cifra
dell'innovazione e del gusto. Expo 2015 deve spingere questo Paese». Quindi non solo un'esposizione
commerciale? «Farci conoscere al mondo è una piattaforma di lavoro. Le relazioni commerciali con gli altri
147 Paesi sono l'out. L'attrattiva del turismo è la parte in. Quello legato ai giovani è un progetto affascinante.
Lo penso come ad un Erasmus moltiplicato per mille». Eppure, lo ammetterà, c'è stato il rischio di non farcela
come la Francia nel 2002 che ha rinunciato. Ci sono stati ritardi, crisi economica e pure il malaffare delle
tangenti e degli arresti... «Parto dalla fine. Il sistema dei controlli attorno all'Expo operato da Autorità anti
corruzione, Prefettura, magistratura ha funzionato. Il modello di prevenire le scivolate può essere adottato per
ogni Grande Opera. Expo non finisce, deve servire a ridefinire i concetti di legacy, istruzione, cibo e
nutrimento. Siamo in lotta contro il tempo ma il cronoprogramma è stato rispettato. Stiamo realizzando un
sogno: riconsegnare all'Italia un ruolo significativo nel mondo, una eccezionale possibilità di crescita».
Foto: Impresa Diana Bracco è presidente della società Expo Spa e commissario generale per il Padiglione
Italia
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 02/03/2015
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Intervista
02/03/2015
La Stampa
Pag. 3
(diffusione:309253, tiratura:418328)
Renzi, prima volta al Cremlino In cerca di aiuti sul dossier Libia
Mercoledì il premier in visita ufficiale. Deporrà un fiore sul luogo dell'agguato
FABIO MARTINI ROMA
Da palazzo Chigi fanno trapelare che Matteo Renzi, in visita ufficiale a Mosca il 4 e il 5 marzo, deporrà un
fiore sul luogo dell'agguato a Boris Nemzov. Messaggio preventivo a chi, in Italia, già dubita della «tenuta
etica» del presidente del Consiglio rispetto a un omicidio sul quale, come sempre nella Russia di questi anni,
si addensano sospetti attorno a Vladimir Putin. La prima volta Giovedì mattina Matteo Renzi entrerà per la
prima volta al Cremlino e lì incontrerà Putin per un giro d'orizzonte su dossier caldissimi, anche se la
prossimità temporale con la morte di Nemzov è destinata a caricare di attese tutto quel che farà e dirà il
premier a Mosca. Renzi per la verità, è preceduto da venti anni (e più) di «iper-realismo» nei rapporti italorussi, grazie al consensuale e contestuale «innamoramento» per Putin, coltivato dai due principali leader
italiani del ventennio trascorso, Silvio Berlusconi e Romano Prodi. L'agenda Naturalmente la morte violenta
dell'oppositore di Putin e le manifestazioni di ieri sono destinate a pesare nel tono complessivo della missione
di Renzi, anche se l'agenda dell'incontro non subirà stravolgimenti. Si parlerà di Libia, di interscambio italo russo, di Ucraina, di fonti energetiche. Con un interesse per il Mediterraneo, ecco la novità strategica, che
riguarda entrambi. L'Italia è sensibilissima agli sviluppi della guerra civile libica, ma anche la Russia (dalla
difesa di Assad in poi) ha dispiegato un crescente protagonismo nel Mediterraneo, sul quale Renzi farà leva.
Sondando la disponibilità di Putin su una risoluzione Onu «soft», che sblocchi l'embargo sulle armi indirizzate
ai libici «buoni», che consenta un blocco navale anti-Isis e affidi un mandato esplicito all'Egitto, ma con
l'appoggio «esterno» di Francia e Italia. In questo contesto la Russia potrebbe arrivare a chiedere, allo stesso
Renzi, di partecipare, con la sua flotta, al blocco navale delle coste libiche. Ipotesi «pesante» dal punto di
vista geopolitico. Economia e politica Al di là dei tanti dossier in campo - ecco il punto - Renzi ha deciso di
impostare le trattative con Putin su un doppio registro: quello del tradizionale «amico italiano», sensibile al
grido di dolore russo sul fronte delle sanzioni economiche, ma al tempo stesso adesione piena al fronte
occidentale, segnato dalla iniziativa franco-tedesca, dalla quale il premier italiano non intende dissociarsi.
Renzi conosce, ad esempio, le sofferenze delle imprese italiane impegnate nell'export verso la Russia, in
comparti diversissimi, dall'agroalimentare alla moda, ma dopo aver scartato improbabili scorciatoie nazionali,
l'Italia terrà il punto: il rispetto della tregua sancita a Minsk per il conflitto ucraino è l'unica strada che possa
condurre ad allentare le sanzioni alla Russia e di conseguenza le contro-sanzioni. Sotto questo punto di vista
Renzi potrà toccare con mano lo stato dei rapporti russo-ucraini, visto che il 4 sarà a Kiev, dove incontrerà il
presidente Poroshenko. Nella missione di Renzi è destinato a pesare il proverbiale radicamento italiano in
Russia. Sin dagli Anni Sessanta, con lo stabilimento Fiat a Togliattigrad, Italia e Urss (poi Repubblica russa)
hanno stretto rapporti commerciali intensi (ancora oggi quasi il 10% dell'export italiano è verso la Russia) che
negli ultimi venti anni sono stati consolidati anche politicamente: «zar» Vladimir è stato l'unico leader
mondiale che sia piaciuto senza riserve sia a Prodi che a Berlusconi: così diversi e così sinceramente nemici,
i due hanno intrecciato con Putin rapporti stretti e, nel caso del Cavaliere, anche extra-politici. Un
«innamoramento» ricambiato, come dimostrato da alcuni sketch memorabili. Come quello che si consumò in
Russia al Forum Valdai, nel settembre 2013. Quella volta l'incipit ecumenico fu di Putin: «Stimo molto Prodi,
come stimo Berlusconi». Il Professore alzò le mani, pronunciando un interlocutorio «well, well». Putin
insistette: «So che tra voi non ci sono buoni rapporti, ma Berlusconi è sotto processo perché vive con le
donne: se fosse un gay nessuno lo avrebbe toccato con un dito!». Il ruolo nel Mediterraneo n La questione
della Libia avrà un ruolo centrale nei colloqui. Mosca ha mostrato un crescente attivismo nelMediterraneo e
Renzi sonderà la disponibilità di Putin su una risoluzione Onu che sblocchi l'embargo ai libici Il nodo
dell'Ucraina n Il premier punta a ribadire l'importanza del rispetto e della piena attuazione degli accordi di
Minsk (fra rilorussi e governo di Kiev) per spianare così la strada all'alleggerimento delle sanzioni contro la
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 02/03/2015
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Retroscena
02/03/2015
La Stampa
Pag. 3
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Russia I rapporti commerciali n Ancora oggi il 10 per cento dell'export italiano è verso la Russia. I rapporti fra
Roma e Mosca negli ultimi 20 anni si sono consolidati. Il premier punterà su questo legame particolare per
rilanciare il business Diritti umani n Uno dei gesti più evidenti di Renzi a Mosca sarà deporre dei fiori sul luogo
dell'omicidio di Boris Nemzov. Un modo per evidenziare da subito quanto è necessario anche per l'Italia fare
chiarezza su quanto successo
Foto: DANIEL DAL ZENNARO/AP
Foto: Vladimir Putin con Matteo Renzi al forum Asem di Milano lo scorso 17 ottobre
Foto: La tappa a Kiev Mercoledì prima di arrivare a Mosca, Renzi sarà in Ucraina dove vedrà il presidente
Poroshenko
Foto: Relazioni eccellenti Il presidente Vladimir Putin ha sempre avuto ottimi rapporti sia con Romano Prodi
sia con Silvio Berlusconi
02/03/2015
La Stampa
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«La minoranza ricatta Renzi e resta nel Pd per la visibilità»
[F. SCH.]
«Oscilliamo tra una congrega di faciloni e una congrega di irresponsabili», sbotta il vicepresidente della
Camera Roberto Giachetti contro la minoranza interna del Pd. Bersani dice solo che non vuol fare il
figurante... «E' una cazz... sesquipedale. Vorrei sapere quante volte sono stati convocati gruppi e Direzione
durante la sua segreteria. Sa qual è il vero problema?». Quale? «Facendo così ottengono e rilanciano
continuamente. Partono dal principio che loro sono baciati dalla genialità divina, e noialtri dobbiamo solo
ringraziarli e cambiare idea». Ottengono cosa? «La legge elettorale uscita dal Senato è molto peggio di
quella approvata dalla Direzione del Pd. La loro grande vittoria è una legge peggiore di prima. E ora
rilanciano ancora». Non vogliono i capilista bloccati. «Così Renzi, per accettare i continui ricatti della
minoranza, continua a peggiorare i testi di legge. Vogliamo parlare della riforma del Senato e della modifica
demenziale del vaglio di costituzionalità preventivo?». Sul Jobs act è Renzi che ha ignorato i pareri delle
Commissioni... «Grazie alla precedente gestione del Pd e al fatto di non aver vinto elezioni già vinte, abbiamo
dovuto fare un governo di coalizione, che porta a qualche mediazione. Ma noto che Cuperlo, Fassina,
D'Attorre non hanno gridato allo scandalo quando fu il governo Letta a non recepire il parere della
Commissione difesa su una legge del comparto». Qual è secondo lei il vero obiettivo di questo rilancio
continuo? «L'esigenza di certificare la propria esistenza in vita. E non se ne vanno dal Pd perché dentro al
partito possono lucrare di più in termini di visibilità». Dovrebbero uscire dal Pd? «Se la politica fosse ancora
una cosa seria, nel momento in cui sei continuamente contro il tuo partito, logica e serietà vorrebbero che
uscissi». Senza Fi le riforme sono a rischio? «A prescindere da Fi, ho sempre pensato che se non c'è la lealtà
del gruppo parlamentare del Pd e bisogna stare sotto ricatto di una minoranza, è molto meglio andare a
votare».
Foto: Giachetti Vicepresidente della Camera, Pd, attacca la minoranza del partito
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 02/03/2015
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INTERVISTA 8 domande a Roberto Giachetti
02/03/2015
La Stampa
Pag. 6
(diffusione:309253, tiratura:418328)
Carfagna: "La Madia ha ragione le pari opportunità restano lontane"
Il dibattito sulle donne: "Anche questo governo ha fatto poco"
MARIA CORBI ROMA
Ci si avvicina all'8 marzo, sarà per questo che dal palco degli Oscar (Patricia Arquette), al Fondo Monetario
Internazionale (Christine Lagarde), passando per la Silicon Valley (Hilary Clinton) la voce delle donne si sta
alzando di nuovo nel chiedere parità, a iniziare dai posti di lavoro. Ieri il ministro Madia ha lanciato l'allarme su
La Stampa. E Mara Carfagna ribadisce: «C'è una grande questione ancora irrisolta, ed è la questione
femminile». Cospirazione contro le donne come dice la Lagarde? «La Lagarde usa un termine forte ma
intende dire che nonostante esistano norme internazionali, norme comunitarie, norme costituzionali, che
sanciscono a livello formale il dovere di assicurare pari opportunità, pari diritti pari dignità, la meta fatica a
essere raggiunta». La Madia parla di sessismo, anche contro le donne ministro. «Quello che accade in
politica ha un valore simbolico import a n t e, m a m i p re o cc u p e re i piuttosto delle donne italiane che
fanno fatica a entrare nel mondo del lavoro nonostante si laureino prima e meglio degli uomini. L'Italia non
utilizza al meglio una parte del suo capitale umano. E il problema serio è che non esiste un'agenda Renzi per
le donne». Una bocciatura del governo sulla questione femminile? «Pochi provvedimenti sporadici, non
omogenei. Renzi è stato sollecitato anche dal mondo dell'associazionismo a nominare un interlocutore
politico che possa fare da megafono alle esigenze delle donne italiane, che riguardano non solo occupazione,
salari, lavoro, ma anche la violenza. E il dubbio è che il silenzio di Renzi nasconda indifferenza e
sottovalutazione della questione. Non basta piazzare qualche donna ai vertici di aziende pubbliche e avere
ministri donne per pensare che il problema della parità sia affrontato nella maniera giusta. Servono politiche
attive, efficaci, sinergiche per promuovere la parità, per contrastare le discriminazioni, per combattere il
fenomeno della violenza contro le donne. Mi sarei aspettata di più da un governo formato da molti giovani e
molte donne». Il fronte trasversale delle donne, per le donne che fine ha fatto? «Sto lavorando come
responsabile del dipartimento libertà civili e diritti umani di Forza Italia, con alcune colleghe del partito
democratico a una proposta che possa sollecitare il governo e il parlamento ad assumere la questione della
parità e del contrasto alle discriminazioni come una priorità assoluta.È vero però che in questi primi due anni
di legislatura, è mancata quella trasversalità che dal 2008 al 2011 ci ha permesso di fare passi avanti
importanti». Cambiando argomento, passiamo a Salvini, a quello che è successo sabato a Roma, «Non è
così che si costruisce un' alternativa vincente alla sinistra. Se ognuno coltiva il suo piccolo campo,
guadagnerà magari qualche voto in più ma non sarà stato capace di costruire una coalizione in grado di
sconfiggere Renzi». twitter @mariacorbi
Foto: Arquette L'attrice americana Patricia Arquette ha chiesto parità dal palco degli Oscar
Foto: Lagarde Anche la direttrice del Fmi ha denunciato la mancanza di parità uomo-donna nel mondo
Foto: Ex ministro Carfagna, ministro delle Pari opportunità con Berlusconi
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 02/03/2015
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Intervista
02/03/2015
La Stampa
Pag. 16
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Carige, blitz di Malacalza È primo azionista col 10,5%
La Fondazione ligure vende le azioni per 66 milioni di euro
GILDA FERRARI GENOVA
Votata all'unanimità dal consiglio di amministrazione e da quello di indirizzo, la partita più complicata di
Fondazione Carige termina con un lieto fine. La famiglia Malacalza - attraverso Malacalza Investimenti - ha
siglato con l'ente un preliminare di vendita per il 10,5% della quote della banca. La Fondazione è fuori
pericolo e la territorialità della banca è garantita dal più industriale dei soci reperibile in regione. Si chiude
così l'annus horribilis del gruppo bancario. Il contratto è stato ratificato ieri pomeriggio, per meglio comunicare
una decisione che era nell'aria. Malacalza è il primo socio di Carige con il 10,5%, seguito dai francesi di Bpce
che hanno il 9,98%, dalla Fondazione che è ferma al 4,8%, e da Ubs con il 4,62%. Fondazione vende al
prezzo di 0,062 euro ad azione un 10,5% che costa all'imprenditore oltre 66 milioni di euro: un prezzo «non
soggetto a revisioni o aggiustamenti di sorta». L'efficacia del contratto è subordinata all'ottenimento, entro il 5
maggio, delle autorizzazioni da parte del ministero dell'Economia (che deve autorizzare la Fondazione a
vendere «sino al 19%» delle quote come richiesto) e di Banca d'Italia. L'operazione, in considerazione delle
autorizzazioni attese, si prevede possa giungere a perfezionamento all'inizio del prossimo trimestre. La
discesa di Fondazione Carige nell'azionariato della banca si avvia alla stabilizzazione. L'ente rimane al 4,8%
delle quote, avendo venduto nei giorni scorsi qualche punto percentuale sul mercato. In cassa di sono circa
90 milioni, compresi i 66 versati da Malacalza. «Abbiamo approvato un budget previsionale al 2021 da
presentare al ministero - annuncia il presidente Paolo Momigliano - La Fondazione è ormai nelle condizioni di
stare in piedi da sola. Venderemo ancora qualcosa sul mercato, così da restare con una quota tra lo 0,5% e il
2% e poi avremo terminato il percorso». Momigliano sottolinea che «65 milioni serviranno a riscattare le
azioni da Mediobanca, quindi chiederemo di rinegoziare i termini, allungandoli, del prestito con Carige, ma
siamo in grado di affrontare le erogazioni e di restare in vita». Ieri è stata una giornata storica per la
Fondazione. Lo si capiva anche dall'espressione dei consiglieri al termine delle riunioni. «Stavamo lavorando
alla ricerca di un partner industriale possibilmente del territorio e siamo riusciti a centrale l'obiettivo - dice
Graziano Mazzarello - In questo modo garantiamo la salute della banca e riusciamo anche a riservare un
piccolo ruolo all'ente». «Un passo verso il risanamento finanziario avviato lo scorso anno - aggiunge
Momigliano - Siamo davanti a un investitore solido, con ottica a lungo termine e con sensibilità al legame con
il territorio». Vittorio Malacalza, con il figli Davide e gli avvocati Andrea D'Angelo e Sergio Maria Carbone ha
fatto un salto in Fondazione nel tardo pomeriggio per portare il suo saluto al consiglio. Si è detto soddisfatto
«dell'unanimità della decisione» di dire sì alla sua proposta «assunta dopo attente valutazioni». «Pur
consapevoli delle incertezze dello scenario economico - ha detto Malacalza - abbiamo deciso di investire per
supportare banca Carige mettendo a disposizione, oltre ai capitali, il nostro patrimonio di conoscenza
imprenditoriale con l'obbiettivo di rafforzare il ruolo tradizionale della banca a supporto dello sviluppo
economico del territorio di riferimento». L'accordo tra i Malacalza e l'ente, messo nero su bianco nei patti
parasociali, prevede che rispetto ai tre amministratori da inserire nel board della banca (che spettano al
nuovo socio), due vengano indicati dal nuovo socio e uno dalla Fondazione. Oggi Gli eventi della settimana
Lavoro e Pil n L'Istat diffonde i numeri sull'occupazione, sul Pil e sull'indebitamento delle amministrazioni
pubbliche Domani L'auto a Ginevra n Pre-apertura del Salone dell'Auto di Ginevra e conferenza stampa di
Sergio Marchionne, ad del gruppo Fca Venerdì In Germania n Diffusione dei numeri della produzione in
Germania, da cui dipende la congiuntura in tutta Europa
Foto: La sede della Banca Carige a Genova
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 02/03/2015
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L'ENTE GENOVESE APPROVA ALL'UNANIMITÀ. IL PRESIDENTE MOMIGLIANO: È UN INVESTITORE
SOLIDO
02/03/2015
La Stampa
Pag. 16
(diffusione:309253, tiratura:418328)
"Rafforzeremo la banca Un'operazione per Genova"
Il nuovo socio: "Salire al 24%? È una possibilità Porte aperte se qualcuno vuole entrare nel capitale"
[GIL. F.]
GENOVA dava fatto per il bene della banca e della città». A Vittorio Malacalza - classe 1937, nato a Bobbio
ma genovese d'adozione, industriale appassionato d'arte moderna e di barche a vela - riesce bene
nascondere l'emozione dietro le parole. Ma il suo sguardo azzurro lo tradisce: rivela entusiasmo. Perché
comprare Carige? «Alla base di questa operazione c'è una scelta intuitiva. - racconta -. Poi è stato fatto un
esame della situazione della banca e dei numeri. Ho pensato che acquistare sarebbe stata una buona cosa
per la città, per la banca stessa e anche per noi, visto che non siamo un ente di beneficenza». Seduto al
tavolino di un caffè, un quarto d'ora dopo essere uscito dalla sede di Fondazione Carige «Non sono né felice
né triste. Ho fatto quello che andov'è andato per un «saluto» al consiglio di indirizzo che ha appena deliberato
di cedere il 10,5% del pacchetto alla Malacalza Investimenti, Vittorio spiega che la sua è «un'operazione di
responsabilità, oltre che di interesse». Al suo fianco il figlio Davide annuisce. Il management? «Ho incontrato
il presidente Castelbarco e l'ad Montani prima di chiudere, ho avuto un'ottima impressione. Banca Carige ha
attraversato un periodo difficile, ma credo che la nostra presenza possa dare garanzie. Sono un socio
industriale, interessato al bene della banca: ho fatto la mia parte». Il volto di Malacalza si fa più concentrato
quando scandisce «questa non è un'operazione contro ma un'operazione a favore. È un'operazione inclusiva,
se qualcuno volesse essere della partita noi non abbiamo preclusioni. Ma non abbiamo paura di restare soli.
Anzi». Vittorio Malacalza è uomo che in giovane età ha conosciuto la fatica del lavoro e il dolore della perdita
precoce del padre. Per capire il suo rapporto con Carige e il senso della «scelta intuitiva» occorre tornare
indietro nel tempo, quando nel 1961 Carige gli propose un prestito. Lo ricorda? «Mi offrirono loro 20 milioni di
lire, ai tempi facevo il commerciante, ero nell'edilizia, non ero nessuno, avevo tre dipendenti. Mi chiesero di
far firmare il magazziniere a garanzia del prestito e io dissi tenetevi i vostri soldi. Tornarono dopo qualche
giorno, senza più chiedere garanzie: avevano fatto uno strappo alla regola». Per 35 anni la famiglia
Malacalza lavorò con Carige, prima di orientarsi su altri istituti. Ma quei primi 20 milioni di fido, come tutti gli
inizi della sua vita compreso «il primo socio, l'amico Bolfo», Vittorio non li ha dimenticati. Come ci si sente a
essere il primo azionista della banca che le concesse il primo prestito della sua vita? «Niente di speciale. Ma
posso dire che la forza di Carige è sempre stata la capacità di dare risposte immediate agli imprenditori. Da
qui occorre ripartire». La fase aggregativa che si profila all'orizzonte pare non essere un problema:
«Succederà prima o poi anche alla banca ligure, l'importante è arrivarci in salute, da aggregante e non da
aggregato». Il futuro si vedrà, insomma. Adesso c'è da pensare a questo 10,5% nuovo di zecca che potrebbe
crescere. «Coglierò tutte le opportunità che si presenteranno», s'illumina Vittorio, mentre il figlio Davide lo
invita alla prudenza aggiungendo «va bene anche così...». «Parteciperemo all'aumento di capitale e poi
vedremo l'inoptato», tira dritto Vittorio. «E poi chissà, potrebbero aprirsi nuove opportunità». L'ambizione è
salire al 24% per avere il governo della banca? «È una possibilità. Tempo al tempo, adesso siamo qui, per
fare la nostra parte, con serietà e responsabilità. Vogliamo giocare un ruolo, ma siamo pronti a fare i secondi
azionisti, nel caso. O i terzi». A proposito di secondi azionisti, c'è Malacalza o Bonomi dietro Ubs? «Secondo
me Bonomi, io di certo no e anzi questa è una cosa interessantissima da scoprire».
Non sono né felice né triste, ho fatto quello che andava fatto per il bene della banca e della città
Ho incontrato l'ad e il presidente dell'istituto e ho avuto un'ottima impressione Vittorio Malacalza Imprenditore
0,06 euro È il prezzo per azione offerto da Malacalza per ciascun titolo Carige
Foto: L'industriale Vittorio Malacalza ha 77 anni È genovese d'adozione
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 02/03/2015
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Intervista
02/03/2015
La Stampa
Pag. 19
(diffusione:309253, tiratura:418328)
Mutui, porte sbarrate agli atipici Le banche decidono in base al reddito
Ma i giovani sperano nel Jobs Act. Crescono le erogazioni di prestiti (+32% nel 2015)
SANDRA RICCIO
Finora i lavoratori atipici si trovavano ad affrontare mille ostacoli per riuscire a ottenere un mutuo casa dalla
banca. Chissà cosa succederà adesso a quei giovani, che avendo in tasca un contratto a tutele crescenti
previsto dal Jobs Act, andranno a chiedere un finanziamento allo sportello. Le banche li catalogheranno
ancora tra i "precari"? E che succederà a quei lavoratori che invece rimarranno ancora relegati nel limbo dei
contratti a tempo determinato? Tempo per valutare Servirà del tempo per capire le pieghe che prenderà la
riforma che sta riscrivendo il mondo del lavoro. Gli operatori del mercato intanto provano a rassicurare: «Oggi
nella selezione delle richieste le banche sono orientate su aspetti che riguardano solo in parte il tipo di cont ra
t t o » s p i e ga ROBerto Anedda, direttore market i n g d i Mutui on l i n e. Pe r l'esperto, conta di più il livello
di stipendio. È su questo che le banche hanno preso a orientarsi maggiormente. Quanto bisogna
guadagnare? Per fare un esempio, per un finanziamento del valore di 100mila euro della durata di 20 anni
può bastare un reddito di 1.500 euro del nucleo familiare. In alternativa si allunga la durata a 30 anni con un
reddito da 1.200 euro. Il momento sarebbe propizio per una giovane coppia che si avvicina all'idea di comprar
casa col mutuo. Questo perché i tassi Bce ai minimi storici hanno spinto gli spread sui finanziamenti a livelli
molto bassi. Così il miglior fisso oggi viaggia intorno al 3% e garantisce la rata stabile per tutto il periodo del
prestito. Il variabile è più basso, intorno all'1,70%, ma salirà non appena la Banca centrale europea
ricomincerà a rialzare il costo del denaro. Una nuova categoria Negli ultimi anni le banche hanno "scoperto"
la categoria dei precari e per loro hanno costruito prodotti appositi. In questo particolar settore si sono buttati
per primi i grandi istituti come Intesa Sanpaolo seguiti poi da molti altri operatori. Nonostante il tentativo di
colmare il divario tra lavoratori con contratti e quelli senza, i risultati sono rimasti al lumicino. I numeri dicono
infatti che solo una minuscola quota tra gli atipici che fanno richiesta di mutuo riesce davvero a ottenere il
finanziamento. A pesare non è solo il tipo di contratto. Negli anni della crisi la capacità di reddito degli italiani
è diminuita, soprattutto per i precari. L'effetto è che nel primo semestre del 2014, la quota di mutui concessa
a favore dei lavoratori con contratti atipici è stata pari solo allo 0,6%. Tra l'altro per accedere al mutuo devono
pagare di più sotto forma di tassi leggermente più alti e di garanzie extra, spesso rappresentate dallo
stipendio o dalla pensione di un genitore. Altri prodotti invece non richiedono la presenza di alcun garante ma
hanno una serie di polizze assicurative che permettono di coprire i costi delle rate mensili anche
nell'eventualità che si resti senza lavoro. Clima più positivo Il clima generale intanto sta volgendo in positivo. Il
mercato dei mutui è in ripresa con un incremento delle erogazioni del 32% nei primi mesi dell'anno. Anche la
domanda di immobili è in forte salita. «L'anno nuovo è iniziato con dati record - racconta Alessandro Ghisolfi,
responsabile centro studi di Casa.it -. In un solo giorno, a inizio gennaio, abbiamo toccato il livello da primato
di un milione di visite e da quel momento le ricerche giornaliere sono rimaste alte». Anche dall'indice di
Casa.it che misura il divario tra richieste della domanda e prezzi proposti dall'offerta arrivano segnali positivi
perché le distanze si sono abbassate all'11%, quattro punti in meno rispetto all'anno scorso. Per l'esperto, il
vento è cambiato e le banche non si lasceranno sfuggire l'occasione per proporre prodotti per ogni profilo,
anche per gli atipici. Vecchi e nuovi.
Tassi e spread 1,1 1,4 1,15 2007 2007 1,35 3,69 3,55 3,21 3,12 Fisso 2,64 2,53 2,07 1,82 5,24% 4,51%
5,43% 4,95% 5,18% 2,87% 4,99% 1,52% 2,91% 1,24 1,32 4,65% 2,10% 5,74% 3,69% 5,30% 4,75% 1,65%
Variabile 2,91% - LA STAMPA 2,97% 2,83% Fisso Variabile 1,07 0,99 1,31 1,34 Fonte: Elaborazione su
rilevazioni www.mutuionline.it Evoluzione spread medio su mutui casa, durata 20 anni (febbraio 2008 - 2015)
Evoluzione migliori tassi su mutui casa, durata 20 anni (febbraio 2008 - 2015) 2008 2009 2010 2011 2012
2013 2014 2015 2008 2009 2010 2011 2012 2013 2014 2015
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 02/03/2015
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TUTTO SOLDI /
02/03/2015
La Stampa
Pag. 19,22
(diffusione:309253, tiratura:418328)
"Nessun impatto dal petrolio Per crescere puntiamo sul gas"*
Fabrizio Di Amato: siamo la Ferrari dell'ingegneria chimica Aiutiamo i produttori di metano a trasformare la
materia prima
FRANCESCO SPINI MILANO
«Le difficoltà degli anni scorsi ci hanno aiutato a migliorare, sono state una "scossa" per ripensarci in termini
organizzativi e manageriali. Abbiamo fatto una decisa sterzata, sebbene abbiamo continuato a performare,
con un marchio che nel mondo è sempre rimasto fortissimo». Ora, assicura il presidente Fabrizio Di Amato, la
sua Maire Tecnimont - gruppo di ingegneria e costruzioni per i settori gas e petrolio, petrolchimica e
fertilizzanti, nato dall'incorporazione di giganti quali Fiat Engineering e Tecnimont - si è stabilizzata. «Il 2014 spiega insieme con l'ad Pierroberto Folgiero - è stato un anno di transizione, in cui sono emerse evidenze
incoraggianti da questi due anni di riorganizzazione». Una rifocalizzazione che, anche nei primi nove mesi del
2014 ha visto i ricavi salire del 5,6% e l'utile del 61,7%. Cosa ha fatto la differenza? «Ci siamo fatti forti delle
nostre competenze distintive. Abbiamo messo in sicurezza le risorse più importanti, a cominciare dal cervello
di chi lavora con noi. Abbiamo letto il mercato che nel frattempo stava cambiando pelle, crediamo di averlo
interpretato prima degli altri». Che cosa avete cambiato? «Abbiamo adottato un modello guidato dalla
tecnologia, su cui abbiamo ripensato il mix dei prodotti. Abbiamo messo a reddito le nostre competenze. La
funzionalità dei nostri impianti deve venire prima di tutto, ma deve arrivare insieme al margine. Abbiamo
rivisto i controlli, il risk management e la disciplina finanziaria. Portiamo nel mondo la grande scuola italiana
dell'ingegneria chimica: il made in Italy non è solo quello della moda...». Il made in Italy della chimica?
«Guardi che Tecnimont è leader al mondo nei polimeri, con una quota di mercato oltre il 30% di gran lunga
superiore ai nostri concorrenti. Abbiamo ricreato le condizioni di sostenibilità nel lungo periodo. Insomma:
abbiamo avuto una polmonite ma ne siamo usciti più forti di prima». Quanto è contato l'ingresso dei soci arabi
nel 2013? «Con la Arab Development Company c'è sempre stato un rapporto di grande stima, in un rapporto
di collaborazione ventennale. Questi soci hanno dato credibilità al nostro progetto e un peso forte nel Medio
Oriente. Per i nostri interlocutori dell'Area, i nostri soci rappresentano una sorta di bollino di qualità,
spalancandoci anche le possibilità di avere credito localmente a tassi assai competitivi». Questo in cosa si è
tradotto? «In 15 anni ad Abu Dhabi abbiamo fatto lavori per 12 miliardi. Per loro siamo la Ferrari del settore».
State assumendo? «Oltre 200 persone nell'ultimo anno. Per un ingegnere chimico siamo una scuola
riconosciuta nel mondo, un trampolino». Le dismissioni sono finite? «Gran parte delle azioni previste dal
piano è stata fatta, l'ultima è l'accordo per la vendita della centrale a biomasse di Olevano. Per il resto il
percorso di rafforzamento finanziario è a buon punto». Su quali attività vi concentrate? «Per noi è l'era del
downstream, attraverso la costruzione di impianti per la trasformazione del gas in derivati. Per tenere il valore
aggiunto all'interno, i Paesi di produzione non esportano la materia prima, ma la lavorano. Noi interveniamo lì.
Siamo forti anche nella petrolchimica, con i polimeri, e nei fertilizzanti: con una nostra società olandese
abbiamo oltre il 50% del mercato mondiale di questa tecnologia». Su quali Paesi puntate? «Su quelli che
hanno le risorse naturali e investono di più nella trasformazione. Da questo punto di vista gli Stati Uniti sono
al primo posto e stiamo spingendo moltissimo con accordi e partnership. Ci interessano l'Africa dell'Ovest Nigeria e Camerun in particolare - dove ci sono enormi risorse naturali e scarse infrastrutture, i paesi dell'ex
Unione Sovietica». Che impatti può avere su di voi il crollo del prezzo del greggio? «Non siamo nel business
upstream, non tiriamo fuori la materia prima dal sottosuolo. Nel breve termine quindi non vediamo alcun
impatto». E nel lungo periodo? «Gli investimenti nella trasformazione impiegano cicli molto lunghi. Potrebbe
preoccupare un calo del greggio molto prolungato. Notiamo che sauditi ed emiratini non hanno tagliato
nemmeno una linea di investimenti: è segno che l'Opec ha una strategia ben chiara ma non certo finalizzata
a far collassare il mercato». Avete acquisizioni in vista? «Stiamo sempre con gli occhi aperti, ma non c'è
nulla. Vogliamo ridurre il debito in maniera crescente. In termini di generazione di cassa potremo contare
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 02/03/2015
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TUTTO SOLDI / MADE IN ITALY / MAIRE TECNIMONT
02/03/2015
La Stampa
Pag. 19,22
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SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 02/03/2015
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sull'impatto positivo della transazione da 139,4 milioni di dollari con Endesa Chile (Enel) e della vendita di
BiOlevano, che apporterà 80 milioni». Avete introdotto il voto maggiorato. Perché? «Perché lo consideriamo
un'innovazione che, ad esempio, un domani potrebbe favorire un aumento del flottante. Una necessità che
oggi non c'è».
30
per cento La quota del mercato mondiale dei polimeri controllata da Maire Tecnimont
50
per cento La fetta globale di mercato dei fertilizzanti che fa capo a una società olandese di Maire
LA STRUTTURA DEL MERCATO Non estraiamo il greggio, perciò il prezzo del barile non ci
preoccupa. Siamo focalizzati su petrolchimica, polimeri e fertilizzanti
I SOCI ARABI È stato fondamentale l'ingresso dei nuovi azionisti, che ci hanno aperto nei loro Paesi
possibilità di mercato e di credito a tassi competitivi
Ricavi*
L'azienda in cifre
1.167,5
1893
30
4.300
74,9
25,9 Fondazione Dipendenti Ebitda* - LA STAMPA I Paesi in cui è presente Utile netto* milioni di euro milioni
di euro milioni di euro *dati riferiti ai primi 9 mesi del 2014
Foto: Il quartier generale
Foto: Nella foto sopra la sede principale di Maire Tecnimont Il gruppo è nato dall'aggregazione di grandi
imprese come Fiat Engineering e Tecnimont Qui a destra l'amministratore delegato Pierroberto Folgiero
Foto: High tech Gli impianti di Maire Tecnimont sono specializzati nella trasformazione di idrocarburi in
prodotti ad alto valore aggiunto
Foto: 200 assunti Questo il bilancio di Maire Tecnimont nell'ultimo anno. Sono soprattutto ingegneri e tecnici
specializzati
28/02/2015
Il Messaggero
Pag. 6
(diffusione:210842, tiratura:295190)
E il premier si prepara a cambiare anche le commissioni in quota FI
RINVIATA PER ADESSO LA QUESTIONE DEL CAPOGRUPPO SPERANZA: «NIENTE VITTIME, MA
ROBERTO SIA IN SINTONIA»
Alberto Gentili
ROMA A meno di un miracolo, a meno che il patto del Nazareno torni inaspettatamente in vita, Matteo Renzi
procederà a defenestrare tutti i presidenti delle Commissioni parlamentari in quota Forza Italia. «Dobbiamo
fare le riforme e dobbiamo farle in fretta, non ci possiamo permettere di avere nei posti chiave chi è
all'opposizione e assume posizioni pregiudizialmente contrarie. Appena si può si cambia, il Parlamento non
può trasformarsi in una palude permanente contraria al cambiamento», è il ragionamento del premier. LE
POLTRONE CHE SCOTTANO Il patibolo non verrà alzato subito, ma tra maggio e giugno. Più o meno a
metà della legislatura cominciata nel febbraio 2013. «Gli attuali presidenti», spiegano al Nazareno dove ieri il
premier-segretario ha celebrato la non-stop di seminari tematici con la diserzione di Pier Luigi Bersani e di
gran parte della minoranza interna, «sono stati eletti quanto ancora non c'era il governo Letta e non si sapeva
cosa sarebbe accaduto. E siccome a metà legislatura vengono rinnovate o confermate le presidenze con il
voto di ciascuna Commissione, va da sé che sicuramente i presidenti espressione di Forza Italia verranno
sostituiti». In ballo ci sono poltrone importanti. Alla Camera quella del presidente della commissione Affari
costituzionali, il forzista Francesco Paolo Sisto; di Elio Vito (Difesa), di Daniele Capezzone (Finanze) e di
Giancarlo Galan (Cultura) che, finito agli arresti domiciliari con l'accusa di corruzione nell'ambito dell'inchiesta
Mose, continua a presiedere la sua Commissione da...casa. Al Senato le presidenze in quota Forza Italia
sono quelle di Francesco Nitto Palma (Giustizia) e di Altero Matteoli (Lavori pubblici). Ma c'è da vedere se nel
piano di riassetto - ed è quello su cui si stanno interrogando al Nazareno - non finiranno anche i presidenti in
quota alla minoranza interna: Francesco Boccia (Bilancio), Cesare Damiano (Lavoro) e Massimo Mucchetti
(Industria). «Vedremo...», è il laconico commento di un renziano doc. Sembra archiviata invece, almeno per il
momento, la questione del nuovo capogruppo alla Camera, in sostituzione del bersaniano Roberto Speranza.
«Matteo non ha alcun interesse a fare martiri o vittime», dicono al Nazareno. Ma un altro esponente del
cerchio ristretto è meno prudente: «Come le presidenze delle Commissioni, anche i vertici dei gruppi a metà
legislatura vanno confermati o cambiati. Ed è indubbio che la conduzione del gruppo deve essere in linea con
il partito, senza una perfetta sintonia non si va da nessuna parte...». Insomma, Renzi fa di Speranza un
"sorvegliato speciale". «Ma se Roberto saprà guidare il gruppo in modo equilibrato come ha fatto finora,
senza scadere nei deliri di Bersani, è molto probabile che resti al suo posto. Vediamo come si muove»,
aggiunge il renziano del "giglio magico". L'alternativa a Speranza è già pronta: Matteo Richetti, che in questi
giorni ha dato vita alla componente "Spazio democratico" con il proposito di rosicchiare parlamentari alla
minoranza bersaniana. Al premier-segretario, per blindare governo e riforme, non basterà però la sostituzione
dei presidenti di Commissione forzisti. Il vero fronte caldo, quando in estate riprenderà l'esame della riforma
costituzionale e della legge elettorale, tornerà ad essere il Senato. E lì, ora che il patto del Nazareno è alle
spalle, Renzi per andare avanti avrà bisogno di arruolare in maggioranza almeno una ventina di senatori.
«Ma stiamo lavorando e non siamo lontani dal traguardo», garantiscono al Nazareno.
Foto: La riunione dei parlamentari del Pd al Nazareno
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 02/03/2015
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IL RETROSCENA
28/02/2015
Il Messaggero
Pag. 7
(diffusione:210842, tiratura:295190)
Amendola: «Nessun pasticcio, posizioni coerenti»
«VA RICONOSCIUTO IL DIRITTO ISRAELIANO AD ESISTERE»
M. Ven.
ROMA E ora? Che cosa farà l'Italia quando sarà chiamata a dire in modo netto sì o no al riconoscimento
dello Stato palestinese? «Il governo ha il sostegno a procedere al riconoscimento e favorire la riapertura del
negoziato di pace. Dipenderà molto dalle elezioni del 17 marzo in Israele. Auguriamoci la vittoria di forze
progressiste animate dalla voglia di riaprire quel processo che la destra, al governo con Netanyahu, ha
bloccato». Enzo Amendola, responsabile esteri del Pd, respinge le critiche dell'opposizione dem e di quella
esterna alla scelta di votare due diverse mozioni. «Anzitutto non sono poi così diverse». Fassina parla di
scelta ridicola. Come risponde? «Chi parla di pasticcio non ha letto le mozioni e non sa di politica estera.
Capisco che per amore della polemica qualcuno voglia sporcare questa giornata, ma sarebbe stato
tecnicamente impossibile votare mozioni in contrasto fra loro. In più, nella mozione del Pd votata anche da
Sel, c'è la richiesta di promuovere il riconoscimento dello Stato palestinese. Ci sono sensibilità da rispettare.
Quando c'è di mezzo la pace, non si può ridurre tutto a questioni interne». Vuol dire che la posizione di
Fassina è strumentale? «Dico che vanno lette bene le mozioni. E non capisco neppure lo stupore di Forza
Italia che nel 2012, sotto il governo Monti, votò il riconoscimento della Palestina come Stato osservatore alle
Nazioni Unite. Un passaggio che dal punto di vista del diritto internazionale vale molto più di un impegno
politico al riconoscimento. Il nostro voto è coerente con quanto l'Italia sostiene da anni come obiettivo: due
Stati e due popoli che convivano nella reciprocità del diritto». Il riconoscimento di Israele è una condizione per
il riconoscimento? «Tutte le forze politiche palestinesi dovrebbero riconoscere il diritto di Israele a esistere,
anche Hamas».
Foto: Amendola Resp. Esteri Pd
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 02/03/2015
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L'INTERVISTA
01/03/2015
Il Messaggero
Pag. 1
(diffusione:210842, tiratura:295190)
Alfano: noi siamo l'unica alternativa a questi estremisti
Alberto Gentili
«Salvini ce l'ha con me perché sto costruendo un'area moderata che per lui è un ostacolo». Angelino Alfano
risponde al capo della Lega in un'intervista al Messaggero . A pag. 4 Ministro Alfano, oggi si è preso un bel
po' di insulti. Insieme a Renzi è stato il principale bersaglio di Salvini. Nulla da dire? «Dalle mie parti si dice
che la fissazione è peggio della malattia. Credo di rappresentare per Salvini una forma di sindrome
monomaniacale compulsiva». Perché ce l'ha tanto con lei? «I motivi sono essenzialmente due. Il primo: vuole
costruire un'estrema destra forte, ma perdente e dunque sa bene che la costruzione di un'area moderata
alternativa alla sinistra mette in pericolo il suo progetto. Il secondo motivo è che siamo esattamente agli
antipodi: Salvini vuole uscire dall'Europa e dall'euro, è contro il Partito popolare europeo (Ppe) e va a
braccetto con Le Pen. Noi invece siamo per cambiare l'Europa, dare più poteri a Mario Draghi, più forza al
piano Juncker per rendere più solida e robusta la ripresa. E se questo programma va in porto, le chance di
Salvini saranno del tutto finite». Salvini dice: «Mai con Alfano». E lei afferma: «Mai con Salvini». Chi sceglierà
Berlusconi? «Noi la nostra scelta l'abbiamo già fatta. Siamo dalla parte del Ppe, delle riforme e dell'Europa e
stiamo realizzando una gran parte delle ambizioni dei moderati italiani: abbiamo introdotto la responsabilità
civile dei magistrati, abbiamo smontato la legge Fornero, superato l'articolo 18 e riformato il mercato del
lavoro, abbiamo ridotto l'Irap e sbloccato i tetti retributivi per le forze dell'ordine, investito di più in sicurezza. E
siamo anche riusciti a fare zero tasse per chi assume, tant'è che l'occupazione sta ripartendo. E' chiaro che
se il nostro esperimento di governo di area non Pd ha successo, si crea un grandissimo problema per Salvini.
Insomma, noi la nostra scelta l'abbiamo fatta e il problema della Lega è tutto sulle spalle di Berlusconi». Già,
ma alla fine cosa farà? «Non posso fare pronostici in casa altrui. Ciò che è certo è che noi abbiamo fatto una
scelta netta e chiara contro questa brutta destra, che è poi quella prediletta dal Pd. Ed è la prediletta perché
se risulterà predominante, farà perdere a lungo l'area alternativa alla sinistra. Spero che Berlusconi se ne
renda conto. I dati sono lì a dimostrarlo: alle ultime elezioni in Emilia Romagna la Lega ha ottenuto il miglior
risultato di sempre e il centrodestra il peggiore di sempre. Questo è lo schema di Salvini: Lega forte e
centrodestra perdente». C'è chi però prevede un futuro fosco per il Ncd, stritolato tra la Lega e Renzi... «Noi
rappresentiamo la soluzione per chi è di centrodestra, ma non vuole stare sotto Salvini. Per chi non è del Pd,
ma condivide le cose che stiamo facendo al governo. Le sembra poco? E' un'ottima base per rilanciare
l'iniziativa dei moderati italiani. E poi sono convinto che realizzando, da qui al 2018, i nostri obiettivi
programmatici, la nostra identità sarà ancora più chiara. Tra l'altro, mentre a sinistra si litiga e a destra si
stralitiga, siamo gli unici che uniscono con il progetto di Area popolare e gli unici - al di fuori del Pd - che
danno stabilità al Paese permettendo all'Italia di agganciare la ripresa economica. Se non avessimo salvato
la legislatura, oggi sarebbe ancora la recessione a farla da padrona. In più saremo sempre più protagonisti
del cambiamento: presto vareremo il family-act per mettere al centro la famiglia, una nuova centralità per le
politiche a favore del Sud, la sicurezza, il reato di omicidio stradale e altre battaglie di civiltà come la legge sul
"dopo di noi", in modo da dare un futuro ai bimbi portatori di handicap nel momento in cui non avranno più i
genitori». E' sicuro di farcela? Renzi si è dimostrato imprevedibile... «Noi abbiamo una grande forza. Siamo
decisivi sia per la tenuta del governo, sia perché l'area moderata e di centro non finisca sotto di Salvini. Vorrei
far notare che il giorno dell'elezione del presidente Mattarella c'erano tre maggioranze. C'era la maggioranza
per il Quirinale che comprendeva la sinistra del Pd e Vendola, c'era il patto del Nazareno che era
maggioranza per le riforme e c'era la maggioranza di governo. Ora possiamo dire che dopo l'elezione del
capo dello Stato e il Jobs Act c'è solo la maggioranza di governo in cui siamo decisivi». Il bilancio romano
della piazza è stato positivo, perché invece con gli ultrà del Feyenoord è stata una débacle? «Non condivido
nulla di quanto dice Salvini, ma con quattromila uomini mi sono impegnato a garantire il suo diritto a parlare.
Un grande grazie alle forze dell'ordine, al loro impegno e professionalità e un caloroso riconoscimento ai
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 02/03/2015
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L'intervista
01/03/2015
Il Messaggero
Pag. 1
(diffusione:210842, tiratura:295190)
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 02/03/2015
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romani che hanno affrontato forti disagi. Con il Feyenoord è stato tutto diverso: gli ultrà giunti in città alla
spicciolata non potevano essere incanalati dalle forze dell'ordine».
Foto: Il ministro dell'Interno Angelino Alfano
01/03/2015
Il Messaggero
Pag. 7
(diffusione:210842, tiratura:295190)
«È a fine corsa» Renzi snobba così l'altro Matteo
Tweet sul rugby, invece che sul lumbard. I suoi: per noi è una manna, ci consegna il voto moderato
Alberto Gentili
Matteo Renzi snobba Matteo Salvini e i suoi "vaffa". Proprio nei minuti in cui il leader leghista, chiude la
manifestazione "Renzi a casa" di piazza del Popolo, il premier lancia un tweet dedicato alla nazionale di
rugby: «Evitato il cucchiaio di legno. Strepitosi gli azzurri del rugby. #sei nazioni». E' evidente però che la
calata su Roma del leader della Lega non è passata inosservata. Anzi, a palazzo Chigi si fregano le mani: «
Ci sarebbe da dire 10-100-1000 Salvini», dice uno dei collaboratori più stretti di Renzi. E spiega: «Magari ce
ne fossero tanti di Salvini, per noi sarebbe una manna. La polarizzazione dello scontro tra Renzi e
l'estremista Salvini, alleato con i fascisti, è per Matteo il meglio che può capitare: lascia aperte immense
praterie, ci consegna di fatto il voto moderato». Ma non c'è solo la «certezza» che l'avanzata di Salvini, «in un
imbarazzante abbraccio con i fascisti», e l'eclissi di Silvio Berlusconi, «probabilmente porteranno più voti a un
Pd capace di innovare e di fare scelte coraggiose come il Jobs Act». C'è, nel cerchio ristretto di Renzi, anche
la voglia di lanciare un avvertimento alla minoranza del Pd: «Se il Pd non reggesse, sarebbe Salvini
l'alternativa. Sia chiaro a quelli che tra i nostri vivono di maldipancia». Sospiro. Sussulto d'ottimismo: «Ma il
Pd reggerà fino al 2018, vedremo se Salvini farà altrettanto». «GLI ITALIANI NON STUPIDI» Il dubbio sulla
tenuta del leader leghista nasce dall'analisi dei suoi slogan: «Replicare il linguaggio di Bossi declinato a 2.0, è
un clamoroso errore politico. Gli italiani non sono stupidi, sanno che le fanfaronate del leghista sono solo
propaganda. Tanto più che c'è da vedere quanti siano gli italiani favorevoli all'uscita dall'euro. Ormai le cose
stanno andando bene anche a Bruxelles: i soldi della Banca centrale europea hanno cominciato a girare, lo
spread è in picchiata, la Grecia è uscita dal caos». E poi, secondo Renzi e i suoi consiglieri, «Salvini ha scelto
il momento sbagliato per sferrare il suo assalto». «Proprio in queste ore», sostengono a palazzo Chigi, «i dati
economici dimostrano che è arrivata la ripresa, che la crisi economica è finalmente alle spalle e l'Italia riparte.
Dunque, non è questa la stagione giusta per seminare rabbia e demagogia, i frutti verranno raccolti da chi,
invece di sparare fanfaronate, lavora seriamente, ventre a terra, alle riforme capaci di cambiare volto al
Paese». In quattro parole: «Salvini è a fine corsa». In ogni caso si tratta di «una destra che non ci fa paura,
ma che non va neppure sottovalutata. Un po' grillina con i suoi vaffa e la sua piazza, in verità molto più vuota
delle piazze di Grillo. Un po' destra romana, Casapound c'era e di vedeva».
ADESSO C'È LA RIPRESA GLI SLOGAN LEGHISTI NON FUNZIONANO
CARROCCIO E FASCISTI SONO INSIEME E ALLEATI Renzi Serracchiani
Foto: Slogan anti-Matteo
Foto: Il palco che ha ospitato l'intervento di Matteo Salvini ieri a Roma: «Renzi a casa»
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 02/03/2015
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IL RETROSCENA
02/03/2015
Il Messaggero
Pag. 1
(diffusione:210842, tiratura:295190)
Renzi conferma il viaggio: «Errore isolare la Russia»
Marco Conti
Ifiori sul luogo dell'agguato mortale a Boris Nemtsov prima di incontrare Vladimir Putin e dopo aver visto a
Kiev il primo ministro ucraino Poroshenko. A pag. 3 `
IL RETROSCENA R O M A I fiori sul luogo dell'agguato mortale a Boris Nemtsov prima di incontrare Vladimir
Putin e dopo aver visto a Kiev il primo ministro ucraino Poroshenko. L'annuncio, dato ieri pomeriggio da
palazzo Chigi, è servito a mettere a tacere coloro che nutrono dubbi sull'opportunità della visita che Matteo
Renzi farà mercoledì e giovedì a Mosca. OBIETTIVO Ad annullare il viaggio Renzi non ci pensa proprio
anche se non sottovaluta la gravità del «barbaro omicidio». D'altra parte i riflettori che tutte le capitali
occidentali Bruxelles in testa - hanno acceso sulla prima missione russa del presidente del Consiglio italiano,
non gli dispiacciono. Alzare il rating della politica estera italiana è l'obiettivo che il Rottamatore si è dato in
questo secondo anno di permanenza a palazzo Chigi. La cancellazione della visita, a seguito dell'omicidio di
Nemtsov, significherebbe per palazzo Chigi attribuire al capo del Cremlino una responsabilità diretta tutta da
verificare. L'obiettivo della missione resta invariata e l'eventuale sovrappiù di disponibilità che Putin potrà
dare, in un momento di debolezza internazionale, potrebbe venir utile. Al centro dei colloqui - una volta
riscontrata la volontà di Putin di fare chiarezza sino in fondo sull'omicidio dell'oppositore - la crisi in Ucraina e
l'escalation del terrore attuato dall'Isis anche in Libia. L'impegno da parte di Putin a schierare il proprio Paese
a fianco dell'Occidente per combattere il califfato del terrore, è l'obiettivo principale del viaggio di Renzi anche
in vista della prossima riunione dell'Onu dove il voto della Russia è decisivo per creare un fronte comune che
autorizzi una missione dei caschi blu, una volta che le varie tribù libiche hanno trovato un'intesa per guidare
insieme il Paese. Evitare lo stallo in consiglio di sicurezza, dove Mosca ha diritto di veto, significa porre le
basi per uno sforzo internazionale comune contro il terrore dell'Isis. Renzi ha incontrato per la prima volta
Putin ad ottobre dello scorso anno nel corso del vertice Asem e poi al G20 australiano, ma quello di giovedì
sarà il primo faccia a faccia tra due leader che non si conoscono. Per anni Putin ha gestito i rapporti con
l'Italia grazie a due primi ministri, Berlusconi e Prodi, che con la Russia vantavano un rapporto consolidato,
seppur costruito in modi e tempi diversi. «La Russia è stata decisiva nel conflitto in Siria. E' nel consiglio di
sicurezza dell'Onu con diritto di veto e voglio provare a riportare Putin a sedere al tavolo internazionale», ha
sostenuto Renzi poche settimane fa. Il rispetto delle intese raggiunte di recente a Minsk rappresentano per il
presidente del Consiglio la base di partenza di un possibile riavvicinamento. Una posizione, quella italiana,
che si colloca tra quella "russofona" di Germania e Francia e l'ala più dura guidata dalla Polonia e dai paesi
balcanici. ISOLAMENTO Per Renzi l'altissimo consenso di cui gode Putin in patria è anche frutto di
«quell'esasperata emarginazione» che l'Occidente ha decretato con le sanzioni. Misure di embargo che
Mosca lamenta essere state prese nel pieno del semestre europeo a guida italiana. Dopo aver vinto la
battaglia della Mogherini - che scontava un presunto eccesso di feeling tra Roma e Mosca e un anno di
condivisione a distanza delle scelte fatte da Berlino e Parigi, Renzi intende muoversi in maniera più
autonoma scongelando i rapporti non solo con Mosca ma anche con molti dei paesi della cinta sovietica. A
cominciare dalla Bielorussia di Lukashenko, paese diventato per l'Europa sede del dialogo Est-Ovest. Renzi
è consapevole come l'omicidio di Nemtsov rischi di allontanare la Russia dall'Occidente, ma è anche convinto
che sarebbe pericoloso accentuare l'isolamento di un Paese in piena deriva nazionalista. Arrestare gli
assassini e trovare il movente che allontani i sospetti sul Cremlino, sono per Renzi le richieste che l'Occidente
deve fare a Putin affinché eviti si ripeta un caso Politkovskaja. La giornalista russa uccisa nel 2006 alla quale
Putin, come unico "risarcimento", ha dedicato le olimpiadi di Sochi.
Foto: «AL PRESIDENTE CHIEDERÒ DI FARE PIENA CHIAREZZA SULL'ASSASSINIO DEL LEADER
DELL'OPPOSIZIONE» A METÀ SETTIMANA IL PRIMO INCONTRO AL CREMLINO TRA LO ZAR RUSSO E
IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO La folla ha manifestato con i cartelli raffiguranti Nemtsov
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 02/03/2015
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Il retroscena
02/03/2015
Il Messaggero
Pag. 1
(diffusione:210842, tiratura:295190)
Luttwak: la mano è dei nazionalisti non dei servizi
Flavio Pompetti
«Boris Nemtsov era un uomo onesto e determinato ad aiutare la Russia ad aprirsi al mondo». Il politologo
Luttwak aveva conosciuto l'oppositore assassinato a Mosca. A pag. 3 «Boris Nemtsov era un uomo onesto e
determinato ad aiutare la Russia ad aprirsi al mondo. La sua morte mi tocca profondamente sul piano
personale». Il politologo americano Ed Luttwak aveva conosciuto l'oppositore assassinato venerdì sera a
Mosca «quando era vice primo ministro, e aveva davvero tra le mani una posizione di potere scomoda per
Putin e per gli oligarchi che lo circondano». Negli ultimi anni ricorda Luttwak, quel potere era sfuggito a
Nemtsov. Chi lo ha colpito ha voluto abbattere un ombra, cancellare un nome emblematico piuttosto che
togliere di mezzo un vero, potenziale nemico. Che idea si è fatto della matrice dell'attentato? «Dubito che il
mandante sia stato Putin. Se si trattasse di un omicidio di stato la dinamica sarebbe stata molto diversa,
meno plateale e rischiosa. E poi non ne vedo il motivo: Nemtsov era sì una delle voci più critiche della politica
di espansione di Putin in Ucraina, ma la sua protesta non era assolutamente in grado di minare la popolarità
del presidente. Avrà piuttosto suscitato l'ostilità dei nazionalisti, e una frangia estremista con ogni probabilità
ha deciso di liquidarlo». Che vantaggio ne avrebbero ricavato? Il responsabile dell'omicidio di Litvinenko:
Andrei Lugovoy oggi siede in parlamento, ed è il secondo in carica nel partito democratico russo dietro il
leader Zhirinovsky. L'assassinio di Nemtsov difficilmente produrrà una simile promozione: è stato eseguito in
modo troppo plateale, e ha sollevato un'ondata di protesta troppo visibile per essere cancellata». Quindi c'è
da escludere le piste della Cia e del Mossad. «Sospetto che gli unici ad avanzare queste interpretazioni siano
irriducibili complottisti italiani, sempre in cerca della coda di zio Sam in ogni scandalo internazionale». Un'altra
pista suggerita dallo stesso governo russo è che l'omicidio sia stato un'iniziativa del terrorismo islamico.
«Anche questo è un fronte improbabile. Putin ha risolto in modo magistrale la minaccia cecena, che era
l'unica in grado di esprimere attentati in nome della fede religiosa. I precedenti tentativi di occupazione
militare della Cecenia avevano rafforzato l'irredentismo e gli attacchi suicidi, e il rispetto dell'autonomia si era
tradotto in una licenza al proselitismo nei confronti delle regioni circostanti. Putin ha trovato in Kadyrov l'uomo
forte da piazzare al comando a Grozny. Da una parte ha assecondato le istanze separatiste; dall'altro
mantiene con forza le redini sull'esecutivo. In questo modo è riuscito ad imbavagliare i ribelli musulmani, e a
controllare gli jihadisti». Lei pensa che l'omicidio di Nemtsov sia stato un favore politico? «Sospetto che non
sia stato un atto richiesto da Putin, ma che chi ha agito lo abbia fatto in un eccesso di zelo patriottico, per
punire una voce dissenziente rispetto agli obiettivi nazionalistici della Russia.» Le manifestazioni di piazza di
ieri indeboliscono Putin? «Forse avranno conseguenze sul piano politico, ma in quanto alla piazza Putin non
ha nulla da temere. I sondaggi assegnano un 80% di sostegno popolare al sogno della Novorossiya, la
restaurazione di un'influenza imperiale sulle province, che Putin sta inseguendo con un certo successo.
Certo, senza l'omicidio di mezzo, la manifestazione di ieri sarebbe stata osteggiata con maggior forza dal
regime, ma la tensione e l'attenzione internazionale hanno protetto la folla dalla repressione». Il movimento
può crescere dopo il successo di ieri? «E' molto difficile e pericoloso fare opposizione in Russia, e
l'intransigenza del regime non è nemmeno l'ostacolo principale. Le voci di dissenso al momento sono più forti
all' interno del gruppo degli oligarchi che sono danneggiati dalle sanzioni e dall'isolamento internazionale, che
dalla sfera politica o dal movimento popolare. La realtà è che l'orgoglio nazionalista copre ogni altro
problema, e cementa l'opinione pubblica a fianco del presidente». L'occidente chiuderà gli occhi di fronte a
questo omicidio? «Non esiste più un occidente compatto, e i singoli paesi che lo componevano si sono
espressi con chiarezza all'inizio della crisi ucraina, quando la Crimea è stata annessa con la forza alla
Russia. I governi europei hanno immediatamente dichiarato in quella occasione che la loro risposta
escludeva l'uso della forza, il che alle orecchie di un guerriero come Putin equivale ad una dichiarazione di
resa».
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 02/03/2015
242
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L'intervista
02/03/2015
Il Messaggero
Pag. 1
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SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 02/03/2015
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Foto: Edward Nicolae Luttwak, 72 anni, è un economista, politologo e saggista romeno naturalizzato
statunitense, esperto di politica internazionale e consulente strategico del Governo americano «NEMTSOV
ERA UN UOMO ONESTO MA PER PUTIN NON POTEVA CERTO RAPPRESENTARE UN PROBLEMA»
«PER FAVORE NON PARLATEMI DI CIA E MOSSAD NON REGGE NEMMENO LA STORIA DEI
TERRORISTI ISLAMICI»
02/03/2015
Il Messaggero
Pag. 11
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IL RETROSCENA
Andrea Bassi
R O M A La storia della rottamazione della rete di Telecom Italia è la storia di un fidanzamento rotto
praticamente sull'altare. E, come a volte capita, è un fidanzamento che si è rotto perché in troppi hanno
voluto mettere bocca negli affari privati dei promessi sposi. Telecom e il fondo F2i, che insieme al Fondo
Strategico Italiano della Cassa depositi e prestiti controlla Metroweb, la società che ha cablato la città di
Milano, erano arrivati a un accordo. Una lettera di intenti che prevedeva un investimento comune nella banda
larga con l'ingresso di Telecom in Metroweb, oppure con la creazione di una nuova società, la tradizionale
Newco, da capitalizzare con 500-600 milioni ciascuno e iniziare a stendere fibra ottica in giro per l'Italia in
modo da portare connessioni ad alta velocità fin dentro le case degli utenti (fiber to the home). Anche il fondo
strategico della Cassa depositi e prestiti, fino ad un certo punto della trattativa, era sembrato essere
d'accordo con questo schema. Una sola condizione aveva posto Telecom Italia per chiudere l'intesa: il
controllo con almeno il 51 per cento della società per la fibra ottica. Il punto di vista dell'ex monopolista è
chiaro, essendo la rete il suo principale investimento strategico, non può permettersi di non controllarlo.
ARRIVA LA POLITICA Ma al tavolo di Metroweb-Telecom, ad un certo punto ha voluto sedersi anche la
politica: Palazzo Chigi, in primis, attraverso il consigliere economico Andrea Guerra, ex amministratore
delegato di Luxottica, e Raffaele Tiscar, vice segretario generale della presidenza del Consiglio. Anche su
pressione degli altri operatori (Wind aveva proposto di conferire la propria rete di Infostrada e Vodafone si era
invece detta pronta a investire in modo cospicuo in Metroweb), gli uomini del premier avrebbero messo un
veto ad una partecipazione maggioritaria di Telecom. La società della rete, nella loro visione, dovrebbe
essere una società «condivisa». Ma quella del condominio su un investimento strategico come la rete, per
Telecom Italia è una bestemmia. Come se non bastasse, anche i sondaggi preventivi con l'Antitrust non
avrebbero dato gli esiti sperati. Il garante del mercato aveva fatto sapere che avrebbe imposto dei
«remedies», degli obblighi in capo all'ex monopolista, scalzando di fatto i cugini dell'authority delle
Comunicazioni, che pure in teoria sarebbero competenti a riguardo. Insomma, alla fine i galli nel pollaio erano
diventati così tanti, che Telecom ha preferito fare da sola. La scelta probabilmente più razionale, per quanto
nel gran pasticcio della banda larga in Italia sia possibile esserlo. Si prenda il garante delle tlc. Da anni
continua a ridurre il prezzo di affitto della rete in rame, spingendo gli investimenti verso una tecnologia basata
sul doppino, la Fiber to the cabinet. Il governo invece vuole la fibra fino a casa, la Fiber to the home. Due
politiche industriali diametralmente opposte. E in questo quadro le società private sono chiamate a decidere
come e quanto investire. Cosa succederà ora? Risedersi al tavolo con Metroweb forse è ancora possibile, ma
forse sarà più semplice senza la pistola puntata alla testa della rottamazione della rete e dei prezzi
amministrati.
Foto: L'ARRIVO SULLA SCENA DI GUERRA E TISCAR OLTRE ALLE AVVISAGLIE DI NUOVI TAGLI
DETTATI DALL'ANTITRUST HA ROTTO GLI EQUILIBRI
Foto: Marco Patuano
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 02/03/2015
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Ritardi, intrusioni e veti incrociati così la banda ultra larga non decolla
28/02/2015
Il Giornale
Pag. 2
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Soccorso azzurro a Renzi: l'Imu agricola rimane
Il governo si salva per l'assenza di 12 senatori Fi Il giallo sulla votazione «meccanica» della Rossi
Francesco Cramer
Roma Dodici apostoli azzurri salvano Renzi. Palazzo Madama, mercoledì pomeriggio: in Aula si vota un
emendamento a firma D'Alì-Gibiino che è un po' la bandiera di Forza Italia. Si tratta di abolire l'Imu sui terreni
agricoli, vera e propria patrimoniale difesa coi denti da governo e Pd. In Senato si battaglia: favorevoli alla
cancellazione della tassa sugli agricoltori tutte le opposizioni: Forza Italia, Lega, Gal, Movimento 5 Stelle e
Sel. Contro: il Pd, i centristi e, nonostante Alfano si presenti come la sentinella antitasse, pure l'Ncd. Si vota e
Renzi si salva per il rotto della cuffia: l'emendamento viene respinto per 129 voti contro 120 di favorevoli.
Un'inezia. Colpisce che, guardando i tabulati, sia stata proprio Forza Italia a dare una mano al governo.
Dodici gli assenti azzurri che, se fossero stati in Aula, avrebbero messo sotto il governo. Tra questi, anche
nomi noti: Sandro Bondi e la compagna Manuela Repetti, Maurizio Gasparri (che guida invece la classifica
degli stakanovisti del voto, ndr ), Denis Verdini, Niccolò Ghedini, Altero Matteoli, Riccardo Conti, Francesco
Aracri, Stefano Bertacco, Domenico De Siano, Enzo Fasano e Pietro Iurlaro. Il quotidiano Libero punzecchia
proprio Bondi e consorte additandoli come «guide» dei dodici assenti. Querela in vista: «Ciò è
vergognosamente falso e mette chiaramente in luce l'intenzione, ancora una volta, di screditare e infangare
gratuitamente l'immagine dei senatori Bondi e Repetti», dicono in coro in una nota. Il senatore D'Alì, ovvio, c'è
rimasto male; sia nel merito del suo emendamento: «Proponevo di togliere l'Imu agricola avendo pure trovato
i 350 milioni di copertura del mancato gettito. Si poteva aumentare il canone demaniale dei pozzi petroliferi.
Sa quanto pagano? 2 euro e mezzo per 100 ettari di mare o fondale marino»; sia dal punto di vista politico:
«Qualche attenzione in più e il governo andava sotto». L'altra frittata capita più tardi. Il senatore della Lega,
Stefano Candiani, chiede la verifica del numero legale. A norma di regolamento devono esserci almeno
dodici senatori a farne richiesta. Richiesta accettata. Si vota e, oplà, l'esito è 148: in pratica il governo si salva
per un solo voto. Una presenza in meno e l'Imu agricola sarebbe stata rimandata. Il bello è che quel voto
determinante era di Mariarosaria Rossi che, peraltro, non c'era. Com'è possibile? La senatrice è inciampata
nella «pallina». In pratica i senatori, quando si vota a ripetizione, per non tenere il dito nella fessura mettono
una pallina di carta sul «sì» o sul «no» ed evitano di stancare il polpastrello. La pallina della Rossi è rimasta
lì; e Renzi s'è salvato.
L'ULTIMO SONDAGGIO
40,2%
3,5%
1,1%
0,9%
3,9%
0,6%
16,1%
16,1%
12,0%
2,4%
1,0%
2,2% L'EGO Fonte: Swg Pd Ncd Sc Prc Verdi M5S Fdi-An Italia Unica Lega Nord Fi Altri Sel
Foto: TENSIONI Gli attivisti occupano Santa Maria del Popolo contro Matteo Salvini poi si scontrano con gli
agenti in piazzale Flaminio A destra, il leader leghista e Claudio Borghi
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 02/03/2015
245
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il retroscena
28/02/2015
Il Giornale
Pag. 4
(diffusione:192677, tiratura:292798)
Il dem ebreo minimizza: «Compromesso accettabile Evitato un errore
fatale»
Il deputato: «Il sì è condizionato all'accordo con Israele. Senza questo non avrei votato»
Laura Cesaretti
Roma Emanuele Fiano, parlamentare del Pd ed ebreo milanese, è nonostante tutto soddisfatto del
compromesso un po' pasticciato che si è raggiunto ieri a Montecitorio con le due diverse mozioni di
maggioranza sul Medio Oriente. Mozioni in cui, sottolinea, «il riconoscimento diretto dello stato di Palestina,
che ora sarebbe stato un errore, non c'è». Onorevole Fiano, il suo capogruppo Roberto Speranza però ha
twittato il contrario: dice che è stato approvato il riconoscimento. Come la mettiamo? «È colpa dei 140
caratteri di Twitter, mettiamola così. Speranza non poteva precisare che il riconoscimento e la linea dei due
popoli-due Stati è l'obiettivo che abbiamo tutti, ma solo a valle di un mutuo riconoscimento tra palestinesi ed
israeliani. D'altronde, se ci fosse stato, io non avrei potuto condividere la mozione del mio partito». Quindi
non è vero che avete votato due mozioni di maggioranza contrapposte? «Beh, certo sarebbe stata più
auspicabile una mozione unica. C'è una differenza di sfumaturetra iduetesti,anchesecomesisa le sfumature
sono
centrali
in
qualsiasi
discussionesulenelMedioriente.
Lacosaimportantecomunqueècheèstatofattounlavoro di approfondimento e mediazione
moltoimportantedalministroPaoloGentiloniedalgruppoPd, EnzoAmendolainparticolare, per produrre un testo
che ricalca i fondamentidegli accordidiOslo: solodalla trattativa tra le parti può scaturire il mutuo
riconoscimento». Quindiil risultato la soddisfa, nonostante il pasticcio? «Certamente.E,comeero
certo,vedoche anche l'ambasciata di Israele riconosce lo sforzopositivochec'è stato.Iosonoconvinto che alla
fine sidebba arrivare adunoStato palestinese, anche se certo non mi scordo cosa c'è scritto nello statuto di
Hamas, che vuole la distruzione di Israele». Perché nella sinistra è così difficile
trovareunaposizioneequilibrataenonpregiudizialmente filo-palestinese?
«Èunastorialunga,chederivadallaGuerra fredda quando l'Urss si schierò colmondo arabo. E negli anni in cui si
è formata la generazionedelPdodiernoipalestinesisono stati percepiti come la parte debole con cui schierarsi,
contro Israele. Con delle eccezioni, naturalmente:Napolitano,Veltroni, Fassino, Rutelli. E ora Matteo Renzi».
StefanoFassinaperódicechelalineatenuta oggi da Pdè «ridicola». «Non ricordo negli ultimi mesi una sola volta
in cui Fassina sia stato d'accordo col Pd. Mi sarei stupito del contrario». "Fassina protesta? Mi sarei stupito
del contrario La polemica
...impegna il governo a continuare a sostenere in ogni sede l'obiettivo della costituzione di uno Stato
palestinese che conviva in pace, sicurezza e prosperità accanto allo Stato di Israele, sulla base del reciproco
riconoscimento e con la piena assunzione del reciproco impegno a garantire ai cittadini di vivere in sicurezza
al riparo da ogni violenza e da atti di terrorismo; a promuovere il riconoscimento della Palestina quale Stato
democratico e sovrano entro i confini del 1967 e con Gerusalemme quale capitale condivisa, tenendo
pienamente in considerazione le preoccupazioni e gli interessi legittimi dello Stato di Israele; a ricercare, a tal
fine, un'azione coordinata a livello internazionale, e in particolare in seno all'Unione europea ed alle Nazioni
Unite, in vista di una soluzione globale e durevole del processo di pace in Medio Oriente fondata sulla
esistenza di due Stati, palestinese ed israeliano; ad attivarsi per sostenere e promuovere il rilancio del
processo di pace tramite negoziati diretti fra le parti
LE MOZIONI SCHIZOFRENICHE
Il testo del Pd
300
Sì APPROVATA CON
...impegna il governo a sostenere sia in sede bilaterale che multilaterale, di concerto con i partner europei, la
tempestiva ripresa del negoziato diretto fra israeliani e palestinesi, come via maestra per la realizzazione
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 02/03/2015
246
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l'intervista Emanuele Fiano
28/02/2015
Il Giornale
Pag. 4
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SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 02/03/2015
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degli Accordi di Oslo; a promuovere il raggiungimento di un'intesa politica tra Al-Fatah e Hamas che,
attraverso il riconoscimento dello Stato d'Israele e l'abbandono della violenza, determini le condizioni per il
riconoscimento di uno Stato palestinese ; a promuovere in seno all'Unione europea un'azione più determinata
sulla crisi del Medioriente ripristinando l'inviato speciale per il processo di pace ma soprattutto prospettando a
entrambe le parti i vantaggi di un partenariato speciale con la stessa Unione, una volta che fosse concluso il
conflitto
Il testo di Ap-Sc
237
Sì APPROVATA CON
01/03/2015
Il Giornale
Pag. 4
(diffusione:192677, tiratura:292798)
«Le detrazioni per le paritarie vittoria di Fi»
La responsabile Scuola degli azzurri: «Bene la proposta del governo»
Francesca Angeli
Roma Nella riforma della scuola potrebbe entrare anche una norma che prevede detrazioni fiscali per le rette
scolastiche pagate dalle famiglie alle scuole paritarie. Onorevole Centemero la parità economica per le
scuole non statali è una battaglia storica del centrodestra e di Forza Italia che però fino ad ora non è riuscito
a vincerla. Ritiene che il governo di Matteo Renzi arriverà ad abbattere il tabù sulle scuole private?
«L'educazione non deve essere un monopolio statale. Si tratta di un pregiudizio. Renzi dovrà combattere
anche all'interno del Pd perché contro le paritarie oltre al Movimento Cinque Stelle e Sel sono schierati anche
molti esponenti Pd». Le detrazioni fiscali sono lo strumento giusto per riconoscere la libertà di scelta alle
famiglie? «Credo che il governo stia discutendo due opzioni. L'ipotesi della detrazione oppure la costituzione
di un fondo dedicato alle paritarie ma la scelta giusta è la prima». Perché? «Prima di tutto perché l'entità del
fondo sarebbe sempre incerta come già accade oggi ed ogni anno sarebbe soggetta a variazioni a seconda
della disponibilità economica. Le scuole iniziano l'anno senza sapere su quanti soldi potranno contare. Noi
abbiamo un sistema di istruzione pluralistico: ci sono le scuole statali, quelle gestite dagli enti locali e le non
statali, ovvero le paritarie. Tutte fanno parte del sistema nazionale di istruzione. Le detrazioni fiscali
rappresenterebbero finalmente l'applicazione concreta di un principio di vera uguaglianza per le scuole. Le
famiglie possono detrarre le spese per l'attività sportiva dei figli o le spese per il veterinario ma non quelle per
l'educazione, è assurdo». Tutti i tentativi di abbattere questo tabù si sono infranti contro l'articolo 33 della
Costituzione: «Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo
Stato». «Ma su questo punto il dibattito costituzionale non è univoco. "Senza oneri" aggiuntivi riguarda
l'istituzione ma non il funzionamento degli istituti. Io poi chiedo di guardare pure all'articolo 30 che è
precedente e nel quale i nostri padri e le nostre madri costituenti hanno scritto chiaramente che "È dovere e
diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli, anche se nati fuori del matrimonio". Dunque sono le
famiglie e non lo Stato ad avere il diritto di scegliere l'istruzione che vogliono per i loro figli». "'educazione non
è un monopolio statale, si tratta di un pregiudizio Il principio
Foto: INSEGNANTE Elena Centemero, eletta alla Camera per Forza Italia È stata nominata da Silvio
Berlusconi responsabile Scuola e università del partito Lombarda, ha insegnato latino e greco [Olycom]
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 02/03/2015
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L'intervista Elena Centemero
02/03/2015
Il Giornale
Pag. 4
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Regionali, Salvini alza il prezzo Il Cavaliere: la Lega usi la testa
Berlusconi spera nel Carroccio dialogante: «Se fa il Grillo di destra Matteo è il miglior alleato di Renzi». E il
leader padano: «Niente polemiche, Fi deve dire se condivide le nostre proposte»
Francesco Cramer
Roma Berlusconi spera nella Lega dialogante perché «i veti e i "vaffa..." di Salvini giovano solo al Pd.
Paradossalmente se Matteo fa il Grillo di destra si trasforma nel miglior alleato di Renzi». Questo il
ragionamento del Cavaliere desideroso che «dopo i muscoli la Lega mostrila testa». In altre parole: Salvini ha
legittimamente aizzato la sua piazza ma poi deve prevalere l'interesse generale dell'elettorato di centrodestra.
L'ex premier, che non è in piena sintonia con alcune frange di destra estrema presenti in piazza del Popolo,
pensa sempre che «l'elettorato è lo stesso e quindi non si può andare divisi favorendo il Pd; sarebbe un
suicidio politico». Formalmente siamo ancora al braccio di ferro con Salvini che avverte: «Io voglio parlare di
contenuti. Al di là delle polemiche vorrei sapere se Fi condivide o meno le proposte della Lega: se non le
condividono, peggio per loro, perché i loro elettori sì...». Di fatto s'intravvedono spiragli per un accordo,
magari siglato da Zaia in modo che sia il governatore uscente a metterci firma e faccia. Berlusconi, che
attende l'esito del consiglio federale di oggi, ha un duplice atteggiamento nei confronti di Salvini: da una parte
ne critica l'estremizzazione tanto che arriva a definirlo un «Grillo di destra»; dall'altra ne riconosce capacità
dialettiche e fiuto politico. In ogni caso è un alleato naturale con il quale si può e si deve trattare perché
l'avversario vero è la sinistra. Ecco perché, ad esempio, l'ex premier chiede espressamente ai giovani di
Azzurra libertà - sabato aggrediti e cacciati dalla piazza - di non gettare benzina sul fuoco. Infatti i fratelli
Zappacosta, uno dei quali è finito all'ospedale a causa di un petardo scoppiato vicinissimo all'orecchio,
tornano a minimizzare: «Nonostante l'accaduto produca dolore e rabbia - dice Andrea Zappacosta - sono
sicuro che tale fatto sia limitato al fanatismo di chi l'ha compiuto e non rappresenti la volontà di Salvini e della
stragrande maggioranza degli elettori della Lega Nord». Toni dialoganti come quelli dei tanti pontieri che da
settimane e anche in queste ore - lavorano affinché Salvini non si impicchi ai soliti veti. D'altronde sono in
tanti, nella Lega, a fare il tifo affinché Salvini faccia prevalere la realpolitik e non vada allo scontro con Tosi,
precludendosi alleanze con i moderati che, peraltro, hanno garantito al Carroccio il governo della Lombardia
e dello stesso Veneto. Ed è per questo che, forti della sponda di molti leghisti dialoganti, sono in tanti in Fi a
prendere di petto il leader del Carroccio. Per Paolo Romani «Fi può avere in comune qualcosa con chi c'era
sul palco, come Bossi o con la classe dirigente della Lega, come Maroni con cui governiamo insieme.
Abbiamo poco in comune con CasaPound e poco in comune con la cultura del vaffa». Per Toti, invece, «il
problema è che ci sono due Leghe. Una Lega del dottor Jekyll, quella degli Zaia e dei Maroni, che governa
benissimo in Venetoe in Lombardia.E una Lega di mister Hyde-Salvini orientata alla costruzione di una destra
lepenista che non ha alcuna possibilità di rappresentare un'alternativa a Renzi». E pure Alfano manda un
messaggio al Cavaliere: «Non è nel suo interesse sottomettersi all'estrema destra». Non si placano, invece,
le scaramucce interne, con i fittianisemprecol coltello traidenti per la rimozione di due coordinatori piemontesi
vicini all'ex governatore pugliese. Tensioni che paiono non smussarsi.
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 02/03/2015
249
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il retroscena
02/03/2015
Il Giornale
Pag. 7
(diffusione:192677, tiratura:292798)
Renzi omaggia lo zar e nessuno si indigna
Sulla visita del premier a Putin niente ironie (come sull'amicizia col Cav)
Gian Maria De Francesco
Roma Un fiore sul luogo dell'agguato all'oppositore russo Boris Nemtsov. Il premier Matteo Renzi ha voluto
evitare qualsiasi polemica sul prossimo viaggio a Mosca, con tappa in Ucraina, mercoledì e giovedì prossimi.
Sono circa dieci giorni, infatti, che Palazzo Chigi ha ventilato l'intenzione di effettuare una missione politicoeconomico-diplomatica in terra russa. I rapporti con il presidente Vladimir Putin sono ottimi, ma - a differenza
di quanto accaduto a Silvio Berlusconi - non c'è nessuno che gli faccia pesare il cordiale rapporto con colui
che la stampa schierata e benpensante considera un oligarca piuttosto che un rappresentante regolarmente
eletto dai cittadini. Non essere Silvio Berlusconi ha i suoi vantaggi e, per quanto riguarda le relazioni con
Mosca, ancora di più. All'ex premier, infatti, è toccata qualsiasi sorta di ironia per il suo rapporto privilegiato,
anche in occasione dell'ultima visita ad Arcore per il vertice euroasiatico dell'ottobre scorso. Renzi, invece,
viene esaltato dalla stampa quasi fosse il primo ad aver compreso che, senza l'accordo della Russia, il
Consiglio di sicurezza dell'Onu è in stallo. Specialmente sulla Libia, una pentola a pressione che rischia di
saltare a causa dell'avanzata dell'Isis. Ora, però, la morte di Nemtsov rischiava di scompaginare i progetti. È
ovvio che non basterà deporre un fiore per allontanare i sospetti di coloro che sono pregiudizialmente ostili al
presidente russo, ma avrà di sicuro un impatto mediatico. Molto più dura sarà la partita con Mosca: la Russia
ha bisogno che qualcuno in Europa si spenda per ridurre le sanzioni irrogate a causa del sostegno ai
separatisti ucraini. Non a caso chi ne ha pagato maggiormente dazio è stata l'Italia. La mossa sarebbe più
che giustificabile considerata l'importanza dell'export verso la Russia e considerato che Berlino mai farà quel
passo, pur avendone sofferto come il nostro Paese. Superata l'impasse, sarà più facile discutere con Putin di
Libia: il presidente russo è uno dei principali nemici dell'Isis e i suoi ottimi rapporti con Egitto e Turchia
potrebbero rivelarsi decisivi. A dispetto dei benpensanti.
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 02/03/2015
250
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il retroscena
28/02/2015
Avvenire
Pag. 9
(diffusione:105812, tiratura:151233)
«Basta inutili guerre o i giovani scappano dal Pd»
Russo: «Non sono andato, poco preavviso. I 40enni evitino il gioco delle correnti»
Marco Iasevoli
ROMA Nel corpaccione dei parlamentari del Pd c'è anche chi resta spiazzato da questo improvviso ritorno
dell'eterno scontro tra Renzi e Bersani. «E mi creda, non sono pochi, forse sono così tanti che si potrebbe
costruire un'altra corrente, quella dei bersorenziani», scherza Francesco Russo, senatore 45enne dei
democrat. «Nel dibattito di questi giorni vengono fuori problemi veri, come la necessità di spazi di confronto
seri che aiutano decisioni veloci; e questioni sottovalutate, come il peso che litigi e parole grosse hanno nel
nostro rapporto con il Paese. Qui c'è un'intera generazione di giovani che ha una fiducia nei partiti e nella
politica pari allo "zero virgola", e nemmeno riesce a capire perché si litiga, per cosa, con quali obiettivi». È
andato ai "focus group" del Pd? No, sono a Trieste. Avevo preso impegni nel mio collegio. Non è un'assenza
polemica, due giorni di preavviso erano pochini. Però anche io manderò cose scritte soprattutto sulla scuola.
Quale è il problema nel partito? La prendo larga ma poi arrivo alla risposta. Io vengo dalla generazione-Vedrò
(le kermesse che sino a pochi anni fa organizzava Enrico Letta, ndr ). L'obiettivo era portare i 30-40enni di
allora alla guida del Paese. Poi è nata, con lo stesso obiettivo, la Leopolda. Sa cosa facevano sia Letta sia
Renzi? Consentivano ai giovani di ascoltare "maestri", persone che avevano realizzato qualcosa in politica, in
impresa, nella cooperazione, nella cultura. Il problema oggi è che gli stessi 40enni, proprio nel momento in
cui possono incidere nel Paese, sentono l'esigenza di organizzarsi in correnti e di scavare trincee. Ma così
non si va da nessuna parte. Vola alto, senatore, qui c'è una "guerra"... Se davvero c'è una guerra in corso
perdono tutti, perché abbandoniamo gli elettori e la classe dirigente di domani. So di sembrare un alieno, in
realtà vorrei invitare il Pd ad essere lungimirante. Ovvero? A Trieste 20 giovani stanno facendo un percorso
incontrando faccia a faccia ministri e personalità autorevoli del territorio. Si chiama 20Lab, lunedì partirà
anche a Milano con l'università Cattolica e l'istituto Toniolo. I partiti e le correnti non c'entrano, c'entra la
voglia di investire sui giovani per non lasciarli alla rassegnazione verso classi dirigenti che replicano sempre
gli stessi vizi. © RIPRODUZIONE RISERVATA
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 02/03/2015
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L'intervista
01/03/2015
Avvenire
Pag. 8
(diffusione:105812, tiratura:151233)
Il premier avvisa i malpancisti pd: «È una destra che non mi fa paura vince
solo se non reggiamo noi»
Lo zapping tra rugby e manifestazione: «Un po' Grillo un po' CasaPound. Noi arriviamo al 2018, loro
chissà...»
MARCO IASEVOLI
ROMA Sorride, Renzi, quando legge sui giornali che «Salvini è il suo avversario perfetto», quando alcune
analisi addirittura sospettano che Palazzo Chigi stia "costruendo" la leadership del segretario leghista per
avere campo libero tra i moderati. Un sorriso che però è smorzato da un pensiero preoccupato: «Gli stessi
esponenti del Pd che sottovalutano e derubricano Salvini a fenomeno da baraccone sono poi quelli che si
fanno venire mal di pancia a ripetizione...», osserva il premier facendo zapping tra Piazza del popolo e la
vittoria dell'Italia del rugby in Scozia. Il senso delle sue parole è chiaro: la premessa per tenere la Lega
lontana dal governo è un Pd unito, il Pd delle europee che ha sfondato il 40 per cento e non quello litigioso
degli ultimi giorni. «Se non reggiamo questa è l'alternativa», è il passaparola tra i fedelissimi renziani per
"persuadere" Bersani & Co. Il premier non ha paura di Salvini, il tweet sul rugby («Niente cucchiaio di legno,
grandi azzurri!») serve anche a comunicare una certa indifferenza. Ma non sottovaluta il "fenomenoMatteo"
perché sa che se implode il suo partito e cade il governo la presa sociale della nuova Lega può crescere.
L'analisi politica di Palazzo Chigi è più o meno questa: il leader del Carroccio mette insieme un po' di «"vaffa"
grillini ma con piazze più vuote», un bel po' di destra romana («CasaPound eccome se si vedeva»,
osservano maliziosi i consiglieri del premier), qualche spruzzata di leghismo vecchia maniera non troppo
esibito per non far tornare alla memoria gli ultimi scandali dell'era Bossi. «Noi al 2018 ci arriviamo, vediamo
se quel giorno ci sarà ancora Salvini», è la scommessa di Renzi. Una scommessa che però, è il messaggio,
si vince se Bersani e i «malpancisti» fanno gioco di squadra.
Foto: Matteo Renzi
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 02/03/2015
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Il retroscena
01/03/2015
Avvenire
Pag. 9
(diffusione:105812, tiratura:151233)
«Mai con la destra estrema leghista»
Alfano: «Prospettive opposte. Salvini attacca? È sindrome monomaniacale» Sull'Italicum noi abbiamo fatto un
accordo con Renzi che rispettiamo. Non si tocca «Unioni civili? Siamo pronti a dire sì alle tutele patrimoniali,
ma il matrimonio è e deve restare un'altra cosa. Un'eventuale legge deve avere un perimetro chiaro, senza
ambiguità»
ARTURO CELLETTI
ROMA «Una manifestazione di una destra estrema. Con le parole d'ordine della destra estrema. Con le facce
della destra estrema». Angelino Alfano continua a seguire in silenzio il raduno della Lega. A tratti commenta.
«Gli attacchi di Salvini? Ha una evidente e preoccupante sindrome monomaniacale. E - come si dice dalle
mie parti - la fissazione spesso è peggio della malattia», dice il ministro dell'Interno. Le valutazioni più
personali lasciano subito spazio all'analisi politica. Alfano boccia in maniera definitiva la Lega. Chiude
definitivamente a ogni rapporto. «Noi governiamo con Renzi e costruiamo un futuro al Paese, Salvini va a
braccetto con CasaPound. Siamo diversi, incompatibili, non possiamo stare nello stesso campo, non
possiamo giocare la stessa partita. Noi abbiamo scelto l'Europa, Salvini la vuole smontare. Noi puntiamo
sull'euro, Salvini rivuole la lira. Chiudiamo questa storia: abbiamo prospettive opposte». È quasi sera. Alfano
sospira. Nessun incidente, nessuna tensione. «Dopo le accuse, l'Italia dovrebbe dire grazie alle nostre forze
dell'ordine», ripete. Per quaranta minuti si parla dell'attualità politica. Di un rapporto sempre più saldo con
Renzi, delle riforme che non possono essere messe in discussione, di una legislatura che va completata,
della minaccia del terrorismo su cui il ministro non ha nessuna intenzione di abbassare la guardia. Ma oggi è
il giorno della manifestazione. Alfano lo sa e da lì parte. Lei e Salvini prospettive opposte, esclude alleanze
future... Le escludo. Assolutamente. Le parole sono come pietre. Lo ripeto: prospettive opposte. Noi non
rinunceremo mai all'Europa. Anzi puntiamo tutto sull'Europa e vogliamo darle più forza. Perché è con l'Europa
che si vince il terrorismo, che si argina l'immigrazione clandestina. Noi crediamo al piano Junker... Sentivo
Salvini e pensavo a Forza Italia. Che vuole dirci? Che con noi la partita è chiusa. Salvini sta con Marine Le
Pen, noi siamo nel Ppe. E poi Salvini dice mai con chi sta con gli europopolari... Ecco che pensavo: è il
momento che Forza Italia dica parole chiare. Ha ascoltato gli attacchi a Renzi? Renzi starà festeggiando.
Renzi spera che sia Salvini il volto dello schieramento alternativo perché se davvero fosse lui vincerebbe per
sempre. Se la sfida dovesse essere Renzi-Salvini o ancora meglio moderati-destra estrema sarebbe una
partita senza storia. Salvini è lo sfidante che Renzi vuole. Che gli permette di guadagnare ulteriore centralità
politica. Oggi lei sta con Renzi, ma domani? Oggi pensare di riorganizzare l'area alternativa alla sinistra è
terribilmente complicato. Che fai, riorganizzi un'area con Salvini e una Lega che oramai è destra estrema? Io
con Salvini non ho nulla in comune, non c'è un punto di contatto; con Renzi, invece, stiamo facendo cose, le
sue battaglie sono le nostre, sono quelle dei moderati italiani: liberalizzazioni, Irap, meno tasse sulle nuove
assunzioni. C'è un patto vero, forte che andrà avanti fino al 2018. E dopo? Non vede possibile un
prolungamento di questo patto? Il 2018 è lontano. Ma ora guardiamo all'oggi. C'è una ripresa che si comincia
a sentire e si sono cose da fare. Sicurezza, Sud, famiglia: non sono battaglie ideologiche, arriveranno presto
nuove misure concrete. In questa legislatura nata sull'emergenza stiamo facendo cose importanti: il
superamento dell'articolo 18, la responsabilità civile dei magistrati... Forse è più giusto pensare al Paese che
a Salvini? Nel programma di governo c'è il nostro Dna, ci sono le nostre priorità. Si va avanti con Renzi.
Insisto: che vede dopo il 2018? Questa legislatura doveva preparare una sfida tra l'area socialista e quella
popolare. Noi abbiamo un progetto. È complicato, ma c'è. Vogliamo rifondare uno schieramento che possa
battere il Partito democratico e siamo consapevoli di quanto sia complicato. Perché noi con Renzi parliamo
già a quell'area. Non c'è più la Cgil che indica la strada... La minoranza Pd vuole cambiare l'Italicum: che dice
Alfano? Noi abbiamo fatto un accordo con Renzi che rispettiamo. Non si tocca. Perché porta tre risultati:
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 02/03/2015
253
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Il ministro dell'Interno gela il capo della Lega: «Va a braccetto con i fascisti di casa Pound, siamo
incompatibili». E sfida Fi: «Come fa a pensare ad alleanze con chi attacca chi ha scelto il Ppe?». Poi rilancia:
«Se è lui l'alternativa a Renzi, il Pd ha vinto per sempre» L'intervista
01/03/2015
Avvenire
Pag. 9
(diffusione:105812, tiratura:151233)
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 02/03/2015
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reinserisce le preferenze, garantisce la certezza di sapere chi vince e dà una rappresentanza in Parlamento a
chi non ha vinto. Se il problema è il Pd, se c'è una rottura nel Pd, sarà Renzi a dirci che c'è necessità di
cambiare e allora valuteremo. Il Pd ha cominciato a ragionare su una legge per regolare le unioni civili:
collaborerete? Noi siamo pronti a dire sì alle tutele patrimoniali. Ma Renzi conosce la nostra posizione, sa che
abbiamo tre paletti chiari e invalicabili: unioni civili e matrimoni sono cose diverse e vanno lasciate diverse, no
alle adozioni e no alle reversibilità. Già, la reversibilità ha un costo spropositato e se avessimo delle risorse
vanno destinate alla famiglia. Non so se si farà una legge, ma se così sarà dovrà avere un perimetro chiaro
senza zone grigie e non prestarsi a interpretazioni ambigue. E Renzi? Ne abbiamo parlato, comprenderà le
nostre posizioni. La minaccia terroristica fa paura e oggi sul web hanno scovato un documento di
propaganda: 64 pagine in perfetto italiano... La linea è non sottovalutare ma nemmeno drammatizzare.
Sappiamo che corriamo dei rischi, che l'Italia e Roma sono nel mirino. La Capitale è un'immagine, un simbolo
e non esiste nessun Paese a rischio zero. Ma l'Italia ha la guardia alta e il decreto appena approvato ci
permette di sfidare la minaccia con ancora più forza. Sul calcio dopo i fatti di Roma-Feyenoord si volta
pagina? Bisogna voltare pagine. La Uefa non si può limitare a condannare, occorre immaginare una strada
per introdurre velocemente un Daspo europeo. Perché pagine come quella non vanno più lette.
SERRACCHIANI (PD) «Salvini incassa rabbia ma presto si arenerà» «Salvini ha raccolto la rabbia e la
tensione che c'è nel Paese, ma credo che si fermerà perché c'è un altro dato positivo: per la prima volta il Pil
sale, ci sono dei segnali positivi per l'economia italiana, grazie non solo all'Europa, che la Lega non vuole, ma
grazie soprattutto al governo». ELSA FORNERO «La politica leghista è di basso livello» «Il merito della
riforma sulle pensioni parla da solo. Penso e spero che gli italiani siano in grado di capire il basso livello della
politica alla Salvini». Così l'ex ministro del Lavoro, Elsa Fornero, ha replicato al segretario della Lega che
dalla manifestazione di Roma è tornato ad attaccarla pesantemente. «Sembra una di quelle manifestazioni di
una decina di anni fa della sinistra unita solo per essere contro. Magari, per sbaglio, vinci una volta ogni
quattro, ma poi duri meno di due anni e riperdi, come è capitato con Prodi. Non riesco a immaginare regalo
più grande a Renzi. Bossi sul palco è la ciliegina sulla torta. Pazzesco». ZANETTI (SC) «Un regalo per Renzi
e Bossi è la ciliegina»
Foto: L'intervento Matteo Salvini durante la manifestazione della Lega Nord contro il governo Renzi in piazza
del Popolo a Roma, 28 febbraio 2015. ANSA/ ETTORE FERRARI
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«Destra da rifare: ci provo anch'io»
GIANCARLO PERNA
Freddolosa e veemente, Isabella Rauti in Alemanno, mi riceve nel salotto di casa sua avvolta in un pullover a
collo alto per soggiorni in igloo e dice decisa: (...) segue a pagina 9 segue dalla prima (...) «La destra si sta
squagliando e va riaggregata». Poi, lascia il triste argomento e si dedica ai convenevoli. Mentre la domestica
prepara i caffè, mi informa dei problemi vegetativi che angustiano il terrazzo dell'attico dove abita con Gianni,
l'ex sindaco di Roma, e Manfredi, loro unico figlio e luce dei suoi occhi. I semi non germogliano e le piante
rifiutano di attecchire. «Ti manca il pollice verde», concludo. Lei non replica. Forse non ama mettersi in
discussione. I caffè arrivano e faccio in tempo, prima di sedermi, di notare che tra le foto incorniciate
straboccano quelle del padre, Pino Rauti, mentre quelle del marito sono in netta minoranza. «Ostracizzi
Gianni per punirlo del pasticcio in cui si è cacciato?», ironizzo. Mi riferisco, ovviamente, all'accusa dipresunta
associazione mafiosa per ottenere finanziamenti che pende sull'ex sindaco da un paio di mesi. Isabella non ci
trova niente da ridere e gela il mio sorriso. «Perché dovrei punirlo? - dice secca-. Anzi, ho cercato di stargli
più vicino possibile. Ritengo la vicenda un'ingiustizia». Non incontrando da anni la collega (Rauti è
giornalista), ne avevo scordato il temperamento drammatico. Mi adeguo all'istante e, vedendola un po'
dimagrita, chiedo: «Quanti chili hai perso dall'irruzione in casa dei carabinieri alle otto di mattina del 2
dicembre?». «Tre chili ma per la dieta - dice e stavolta, valla a capire, è lei a ridere-. Però quello che si è
scatenato quel giorno è stato spiacevole. Ho rivissuto il trauma di 42 anni fa quando mio padre fu arrestato
per terrorismo e dipinto come un mostro. Per poi, assolverlo pienamente da tutto». «Tu ce lo vedi Gianni
accordarsi con le cosche per soldi?», domando. «Sono assolutamente certa dell'innocenza di mio marito e
non credo all'esistenza della mafia in Campidoglio. L'indagine, comunque, parla di cose vecchie e di sinistra,
mentre la versione dei media l'ha spacciata per una cosa di destra». Il tema la fa stare sulle spine. Infatti, mi
chiede: «Quante domande hai ancora su Gianni?». «Un paio. Ma quelle sul tuo impegno in politica saranno
peggiori», le annuncio sadico. Isabella rabbrividisce e col telecomando aumenta il riscaldamento. Non è il tipo
da affrontare serenamente un'intervista. Non è cinica, cerca di rispondere lealmente, soffre. Quanto basta per
scatenare il facocero che cova in ogni intervistatore. Domino il mio lato cattivo e chiedo dolcemente: «Vi siete
arricchiti mentre Gianni era sindaco?». «Valà. Ci sono i conti bancari e l'assenza di proprietà a dimostrarlo.
Gianni, quando è stato eletto, aveva una casa. Ora l'ha venduta per pagarsi le spese affrontate nell'ultima
campagna elettorale finita male». «Se non è ladro, è scemo o incapace?», domando. Isabella che è
un'intellettuale pignola come quelle di sinistra, una che soppesa le frasi e non ammette sinonimi perché ogni
parola ha un significato irripetibile, mi guarda con compatimento. Poi, ignorando la primitività della mia
domanda, risponde compunta: «La macchina di un grande comune come Roma è sommamente difficile e
piena di trappole. Non a caso, Gianni è stato un ottimo ministro dell'Agricoltura, essendo i dicasteri meno
accidentati. In Campidoglio forse ha sbagliato la scelta di alcuni collaboratori. Certo non è venuto meno ai
principi di onestà». «Pino, tuo padre, che in fatto di soldi era un francescano, come avrebbe reagito
all'inchiesta?», chiedo. «Credendo all'assoluta innocenza di mio marito», taglia corto. Poi guarda l'ora - con
l'aria di dirmi: «Oltre a te, mi aspetta il vasto mondo» - e noto che ha, asserpolato sul polso, un orologino a
forma di aspide. Come un ammonimento. Che è saltato in mente a te e Gianni di fondare Prima l'Italia,
ennesimo movimento di destra? «Sono due anni che ci lavoriamo. Un tentativo, fatto in umiltà, di riunire la
diaspora della destra». Di eredi di An, ci sono già Storace e Fratelli d'Italia. Che avete di diverso? «Non è un
ulteriore partitino di destra. Io sono già esponente di Fd'I. Il partito quindi ce l'ho. Ma punto a un'area di destra
più vasta. È il compito di Prima l'Italia». Sei con Giorgia Meloni per l'alleanza con Matteo Salvini? «Sarò alla
sua manifestazione romana di domani ( oggi per chi legge, ndr ) con gli altri di Fd'I. Di Salvini condivido la
critica all'Ue germanocentrica, quella alla moneta unica e il realismo sull'immigrazione». In che ti differenzi?
«Sull'unità nazionale, che per noi è imprescindibile, e sull'atteggiamento verso il Mezzogiorno d'Italia. Per
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INTERVISTA Isabella Rauti
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intenderci, Salvini ha verso il Sud modi paternalisti e salvifici - riassunti nel suo refrain: «Siamo qui per
salvarvi» che considero antistorici e francamente grotteschi». Il suo lepenismo ti sta bene? «Di Marine Le
Pen potrei parlarti mezzora». Due secondi. «Ho il massimo interesse per lei: con un linguaggio semplice ha
sfondato a sinistra ma con idee forti di destra». Con il Cav in crisi, siete tutti in coma. «Vero. Berlusconi è
esaurito e il re è nudo. Il berlusconismo va superato per creare un nuovo fronte alternativo alla sinistra». Vuoi
arruolare Gianfranco Fini? «Recentemente, intervistato dal Corsera , è stato gratuitamente offensivo con
Giorgia Meloni che ha invece il coraggio di sfidare il governo». Potrebbe dare un contributo di idee. «Lui
immagina una destra, plasmata sul Ppe, che è quella che va da Monti a Passera. L'antitesi della nostra. Fini
è un popolare europeo, ossia un democristiano». Ha anche ripudiato la sua legge sull'immigrazione. «Il primo
dei molti errori su questo tema, è stata l'abolizione del reato di clandestinità. Ora siamo saturi: non possiamo
accogliere tutti e da soli. Prima vengono gli italiani». In pratica? «Aiutiamo i Paesi di provenienza a svilupparsi
per trattenere i loro abitanti. Nel frattempo, blocchiamo gli sbarchi con le navi schierate davanti alle coste di
partenza». Sei più missina di Gianni. Tanto che - litigando con lui - hai aderito ad An solo dieci anni dopo
Fiuggi. Neofascista nei precordi? «Mai stata. Sono figlia di quel Pino Rauti che ha dato a intere generazioni le
coordinate per uscire dal tunnel del neofascismo. Io sono della destra nazional-popolare». Ci fu una polemica
per una foto di tuo figlio, allora sedicenne, che faceva il saluto romano. Influenza più tua che di Gianni? «Di
nessuno dei due. Manfredi frequentava all'epoca un gruppo studentesco di destra extraparlamentare. Da
allora, ha responsabilmente capito che gesti, anche scherzosi, possono causare problemi». Sei convinta
femminista. Pensavo che l'ideale muliebre di destra fosse l'angelo del focolare. «Oddio, come sei antico!
Siamo tutti postfemministi, uomini e donne e indietro non si torna. Sono per la complementarietà dei sessi e
per le pari opportunità nel rispetto delle differenze di genere». Per me è ostrogoto. Sei per le quote rosa?
«Sono state utili per correggere un deficit di democrazia...» Un chi? «Mi metterò al tuo livello. Le quote hanno
ridato alle donne, sottorappresentate nelle istituzioni, il posto che gli compete. Ma, in sé, sono solo un mezzo
tristanzuolo. Non il fine, che è il prevalere del merito». Tra femministe, destra-sinistra non contano. Infatti, sei
nella Fondazione Nilde Iotti, presieduta da Livia Turco, ex Pci. «C'è, per fortuna, un dialogo delle donne aldilà
delle appartenenze. Sono nel comitato scientifico di una fondazione culturale, che non è un partito politico».
Le donne impegnate migliorano la società? «Ovvio. Le donne sono portatrici di buon governo». I settori più
femminilizzati, scuola e magistratura, sono una frana. (Tace a lungo prima di rispondere) «Se è vero, dipende
dal fatto che, anche lì, le donne occupano poche posizione di vertice». Matteo Renzi? «Molto smart, tanto
bluff». Mattarella al Quirinale? «Non mi è piaciuto che Renzi abbia imposto un proprio candidato. E con
Mattarella ha riesumato la Balena bianca già inghiottita dal mare della Storia». È questa l'Italia che vuoi per
Manfredi? «Per lui voglio una Repubblica presidenziale libera dal renzismo».
FINI La destra che Fini immagina è quella che va da Monti a Passera. L'antitesi della nostra SALVINI Di
Salvini condivido la critica all'euro e all'immigrazione. Non il suo atteggiamento verso il Mezzogiorno
FEMMINISMO Sono di destra e femminista. Le quote rosa? Un mezzo tristanzuolo ma sono state utili
RENZISMO Renzi? Molto smart, tanto bluff. E con Mattarella ha riesumato la Dc
Foto: Isabella Rauti con Gianni Alemanno [Fotogramma]
28/02/2015
ItaliaOggi
Pag. 4
(diffusione:88538, tiratura:156000)
Il voto sulla legge elettorale svelerà se Bersani sta bluffando
SERGIO SOAVE
Il rifi uto della minoranza interna al Partito democratico di partecipare a una riunione dei gruppi parlamentari
convocata dal segretario sembra avere il signifi cato di un defi nitivo passaggio all'opposizione (non si sa se
solo interna). Gli argomenti metodologici addotti per questa scelta aventiniana, basati sul poco tempo a
disposizione per discutere di argomenti complessi come la riforma tributaria, appaiono assolutamente
spropositati alla conseguenza che se ne vuole trarre: il rifiuto del dialogo e l'apertura di una battaglia campale
sulla legge elettorale e la denuncia della riforma del lavoro come incostituzionale. Il fatto che questa volta sia
stato personalmente Pier Luigi Bersani a lanciare la sfi da a Matteo Renzi probabilmente deriva dalla
convinzione, maturata nell'ex governatore emiliano, che se non si approfi tta ora della mancata sponda
berlusconiana per imporre condizioni stringenti all'esecutivo, Finora contro Renzi ha sempre perso non verrà
più un'altra occasione altrettanto favorevole per riaprire i giochi e cercare di ribaltare i rapporti di forza
all'interno del Partito democratico. L'imminenza delle elezioni regionali, che potrebbero, anche grazie alle
convulsioni che attanagliano tutte le formazioni di centrodestra, Lega compresa, dare a Renzi una vittoria
insperata anche nelle regioni attualmente guidate dalle coalizioni moderate, dal Veneto alla Campania, rende
la fase attuale decisiva anche per gli equilibri interni al Pd. Le tensioni che si verifi cano in modo esasperato
sulla scelta del candidato democratico in Campania testimoniano proprio di questo clima da ultima spiaggia
vissuto dalle correnti minoritarie del Pd. Non è ancora chiaro se l'irrigidimento inatteso di Bersani abbia come
scopo una trattativa da condurre da posizioni migliori sulla distribuzione del potere e degli incarichi nel
rinnovo dei consigli regionali e municipali sottoposti al voto, secondo uno schema tradizionale, oppure se si
sta aprendo una faglia destinata a forme di rottura più defi nitive. La replica di Renzi, che paragona Bersani a
Fausto Bertinotti, che fece fallire i due governi di Romano Prodi, fa ritenere che il segretario sia interessato ad
andare a vedere quello che considera un bluff della minoranza, magari per poi mettere in atto un progetto di
elezioni anticipate. Si vedrà concretamente nel voto defi nitivo sulla legge elettorale, specialmente se
resteranno le distanze con Forza Italia se Bersani vuole davvero arrivare a una rottura o se cerca solo, un po'
goffamente e fuori tempo massimo, di rilanciare in una partita a poker nella quale fi nora è sempre stato
sconfi tto da Renzi. © Riproduzione riservata
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 02/03/2015
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IL PUNTO
28/02/2015
ItaliaOggi
Pag. 14
(diffusione:88538, tiratura:156000)
Due assegnoni per Marina e Piersilvio
ANDREA GIACOBINO
Papà Silvio siè appena staccato un assegnone da circa 52 milioni di euro grazie alle riserve delle quattro
casseforti con cui controlla il 60% circa di Fininvest (Holding Italiana Prima, Seconda, Terza e Ottava). Ma i
figli Marina e Pier Silvio Berlusconi non sono da meno e, anche per loro, l'inizio del 2015 è stato ricco di
soddisfazioni nel portafoglio. Sono stati infatti appena depositati i bilanci chiusi al settembre dello scorso anno
di Holding Italiana Quarta e di Holding Italiana Quinta, controllate rispettivamente dalla presidente di Fininvest
e Mondadori e dal vicepresidente di Mediaset. La prima, che detiene il 7,652% di Fininvest e che ha
comprato per 10 milioni una polizza quinquennale Postafuturo Private, ha deciso di prelevare 5,1 milioni dalla
riserva straordinaria unitamente agli 850 mila euro dell'utile. E tutto ciò perché Fininvest ha assegnato alla
società nei primi giorni di quest'anno un riparto straordinario di 6,3 milioni,a seguito della vendita da parte
della holding del 7,79% di Mediaset per 377 milioni. In sostanza, quindi, Marina s'è messa in tasca 6,02
milioni, esattamente 1,30 euro per ciascuna dei 4,63 milioni di azioni. Più ricco il cedolone di Pier Silvio pari a
7,04 milioni (1,53 euro per ciascuna dei 4,6 milioni di azioni), risultante dalla somma dei 2,02 milioni dell'utile
e di 5,01 milioni attinti dalla riserva, il tutto naturalmente reso possibile dal già riparto milionario da Fininvest,
di cui possiede una quota analoga a quella di Marina. Quindi i due eredi di primo letto dell'ex premier hanno
incassato complessivamente 13 milioni. Rino Gambari (Ig Group) sempre più in rosso Profondo rosso sempre
più spinto per i conti di Rino Gambari, imprenditore bresciano di Lumezzane e già partner di minoranza di
Intesa Sanpaolo nella autostrada Serenissima. Qualche giorno fa, infatti, si è svolta a Brescia nello studio del
notaio Francesco Lesandrelli un'assemblea straordinaria della sua cassaforte Ig Group, che ha deliberato
prima l'azzeramento e successivamente la ricostituzione del capitale a 100 mila euro. La manovra si resa
necessaria dopo che Gambari, nella sua qualità di amministratore unico, ha presentato una situazione
patrimoniale aggiornata alla fi ne dello scorso ottobre dalla quale sono emerse perdite per 10,9 milioni, che
hanno ridotto il capitale sotto i minimi di legge. Il passivo è peggiore del rosso di 9,1 milioni di fi ne 2013, che
fu ripianato mediante utilizzo pressoché integrale della riserva soci per versamenti in copertura perdite. Tra gli
asset di Ig Group il 20% della Immobiliare Arcom e il 2,5% di Bancassurance Popolari, frutto di una
joinventure tra Banca Etruria e le popolari francesi, dove, fra gli azionisti, compare col 6,3% Intermedia
Holding, la merchant bank bolognese fondata da Giovanni Consorte, di cui Gambari è socio con una piccola
quota (0,26%). Fondata e liquidata una società di Scaroni È già fi nita ancor prima di iniziare la società fra
Paolo Scaroni, ex ceo di Eni e oggi vicepresidente della banca d'affari Rothschild, e il suo amico Alvise
Alverà, patrizio veneziano, da anni fi nanziere a Londra dove opera con il gruppo Institutional Service Center.
Qualche giorno fa, infatti, a Milano, nella sede della Strategic Investments, società di consulenza aziendale
costituita poche settimane prima, controllata da Scaroni al 60% tramite la Immobiliare Cortina e da Alverà al
40% tramire la Isc Ltd Uk, si è svolta un'assemblea che fa deliberato la messa in liquidazione designando
Scaroni come liquidatore. Scaroni spiega le motivazioni della repentina decisione nel verbale d'assemblea
laddove dice che «venuto meno l'accordo con la Elliott Advisors Uk di Londra, il patrimonio netto della società
si è ridotto di oltre un terzo in conseguenza della perdita che al 15 gennaio 2015 ammonta a 14.247 euro».A
di là del dato contabile, poco signifi cativo per una newco, chiè il soggetto dell'accordo cui puntavano Scaroni
& Alverà? La Elliott Advisors inglese altro non è che il braccio britannico del grande hedge fund americano
attivista Elliott Management fondata dal 70enne fi nanziere Paul Singer, bollato come «avvoltoio» dal governo
sudamericano, che gestisce asset per 25 miliardi di dollari e che è stato protagonista, nello scorso autunno, di
un duro braccio di ferro col governo argentino, dopo aver investito sui tango bond. Lo scontro si è concluso
con la sentenza di un tribunale americano che obbliga il governo di Buenos Aires a risarcire Singer per 1,6
miliardi di dollari. © Riproduzione riservata
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CARTA CANTA
28/02/2015
ItaliaOggi
Pag. 4
(diffusione:88538, tiratura:156000)
In Italia è la tv il mezzo più usato
DI MAURO MASI*
Secondo una ricerca di Agcom resa nota dal suo presidente Cardani, nel nostro paese la televisione
rappresenta ancora il mezzo largamente più usato: ad essa accede oltre il 95% della popolazione italiana, il
secondo mezzo per diffusione è la radio (68%) mentre Internet diviene il terzo mezzo più utilizzato (55%)
sorpassando la stampa che passa in un anno dal 59 al 52%. Peraltro se ci si riferisce al solo aspetto
dell'informazione (e non all'uso complessivo del media) lo scenario cambia in maniera significativa: la tv
rimane al primo posto coprendo circa l'80% della popolazione (con almeno 14 anni d'età) ma la stampa
tradizionale rappresenta il secondo mezzo di informazione e internet solo il terzo. Infatti i quotidiani sono
scelti dal 45% degli italiani che vogliono informarsi mentre internet è al 42%. Lontani altri mezzi di
informazione, la radio al 19% e i periodici all'11%. I dati di Agcom confermano la tendenza degli italiani, ben
nota da tempo, come fruitori indefessi della televisione (la media della visione è circa 4 ore al giorno,
superiore a quella europea 2,8 e vicina ai picchi degli Stati Uniti 4,9 ore al giorno). Un dato che sembrava
connesso al mondo ormai passato della tv analogica e che invece risulta confermato nell'attuale scenario
caratterizzato dalla molteplicità delle piattaforme (digitale, satellitare) e dalla multicanalità. * * * Come
abbiamo sostenuto più volte su questa rubrica, il dibattito che si svolge negli Stati Uniti sulla cosiddetta «Net
neutrality» (neutralità della rete) deve interessare moltissimo ogni utente di internet in tutto il mondo. Lo
scorso martedì 24, la Commissione federale sulle comunicazioni (Fcc) ha preso la sua decisione e si è
schierata senza se e senza ma a favore della net neutrality come aveva chiesto anche il presidente Obama e
come chiedevano tanti attivisti sul web. La decisione della Fcc è tecnica ma andando alla concretezza
impedisce ai gestori tecnologici della rete (gli Internet service provider) di essere liberi di operare sulle proprie
infrastrutture anche imponendo prezzi diversi per le aziende proprietarie di contenuti e comunque avere la
possibilità di selezionare chi porta servizi in rete. Insomma, come si è detto e scritto, l'accesso a internet
viene considerato simile all'accesso alla corrente elettrica e non a quello a una pay tv. Il tema ha riacceso un
forte dibattito politico con i repubblicani che annunciano di voler fare una legge che annulli la decisione della
Fcc e le grandi società di telecomunicazioni che minacciano di non fare più investimenti sulle infrastrutture di
rete mentre le over the top (Google, Facebook, Twitter, Microsoft, Amazon, Apple) si mantengono molto
distaccate, intanto per loro, comunque vada, va bene. Vedremo quello che accadrà. Ma intanto si può fare
riferimento ad un esempio europeo: in Olanda già nel 2011 è stata votata la net neutrality, anche lì le
Telecom hanno minacciato fuoco e fiamme e grandi sconvolgimenti nel mercato. Non è successo niente. *
delegato italiano alla proprietà intellettuale CONTATTI: [email protected] © Riproduzione riservata
Foto: Mauro Masi
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IL PUNTO
28/02/2015
Financial Times
Pag. 9
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The Italian coastguard has saved hundreds from the sea he calls his 'friend', write Rachel Sanderson and
Giulia Segreti
Rachel Sanderson, Giulia Segreti
Lieutenant Antonello Fava, one of the 11,000 coastguards who every day patrol an area of ocean twice as big
as the mainland, speaks in the firm, measured tone you would expect from a military man. Except, that is,
when the 35-year-old describes the more harrowing sights from his 13 years in the job, pulling thousands of
migrants alive and dead from the waves. Then his voice rises and falls like the Mediterranean Sea. One such
scene brought Lt Fava to the attention of Pope Francis, whom he met this month as part of a delegation of
Italian coastguards invited to the Vatican. Before meeting the pontiff - who has berated the EU for letting the
Mediterranean become "a watery grave" amid a surge in the numbers seeking to reach Italy's shores as
conflicts flare across the sea - the young lieutenant was largely unknown. On New Year's eve, he left his
pregnant wife and 18-month-old daughter at home and embarked on a mission to rescue hundreds of
refugees abandoned on a merchant ship. The scene he encountered sounds like something from a disaster
movie. "They had signalled to us there were problems on board," recalls Lt Fava, speaking from the southern
port city Bari, an important base for Italy's coastguard not far from the city of Taranto where he was born. "It
was an operation that forced us to do something very difficult and dangerous because in that moment there
was no other solution." The target for his five-strong team was a Moldovan-flagged merchant ship spotted
careering from Greece towards the southern coast, packed with 800 mostly Syrian migrants. The word was
there could be people smugglers on board, armed and hostile. In addition, the seas were stormy and the
waves high - five to six metres in some places. So Lt Fava and two colleagues took to helicopters, landing on
deck in driving rain and high winds. "Not without a little difficulty," he says with characteristic humility of a
mission which took most of the night. "There was not a lot of time," he adds, his voice tightening. He and his
colleagues headed for the control room but found no armed men. The smugglers had already bailed, leaving
the controls jammed at 8 to 9 knots on a collision course for the coast. Lt Fava and his colleagues wrested
back control of the steering and brought the ship to shore. "I don't know if they knew how much danger they
were in but they were clearly distressed after a long journey," says Lt Fava, who estimates that in another 20
minutes the boat would have hit the coast, creating "an enormous human tragedy". He recalls: "When I
clambered from the bridge to the deck . . . they were cheering and crying with joy and clapping me on the
back." And how did he feel? "I ask myself the same question every time we make a rescue," says Lt Fava who, according to the interior ministry, has helped rescue several hundred of the 37,580 people saved last
year. "We often talk to them, listen to their stories while we bring them ashore, but we cannot begin to
understand what brings them to take these journeys that are often suicidal." Lt Fava's tale goes to the heart of
the immigration debate embroiling Europe. In Italy, the mood is especially fractious. The country sits at the
front line, with its porous 7,600km coastal border a busy entry point for those seeking a way into Europe.
Migration agencies warn that a confluence of a mild winter and humanitarian crises in Syria and Libya mean
the traditional springtime surge in human smuggling - a trade that began in earnest with the Arab uprisings of
2011 - could grow even deadlier. An extensive Italian search and rescue operation, Mare Nostrum, was
closed last year amid budget cuts and pressure from anti-immigrant parties. The fact that coastguards such
as Lt Fava were willing to risk their lives to save migrants only encouraged them to come, some argued. The
new Triton operation, a European border control mission, has a reduced mandate - patrolling only 30 miles off
Italy's coast. The Pope and UN High Commissioner for Refugees say the priority must be saving lives at sea.
Prime Minister Matteo Renzi argues that dealing with the deteriorating situation in Libya would tackle the
problem at the root. Meanwhile, anti-immigration rhetoric is rising in Italy, where a triple-dip recession has
taken a toll on social cohesion. This Saturday the anti-immigrant, anti-euro Northern League party - so far
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A heroic saviour of stricken migrants
28/02/2015
Financial Times
Pag. 9
(diffusione:265676, tiratura:903298)
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 02/03/2015
261
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mainly a northern phenomenon - is taking to the streets of Rome. Opinion polls show Matteo Salvini, the
party's xenophobic leader and an MEP, is the most popular politician after Mr Renzi. Lt Fava will not be drawn
on the politics. He makes clear he does not consider it his role. He joined the coastguard because it united his
passions: being with people and the sea - "my great friend". On each mission he thinks about those close to
him, including his wife, who is fearful about his work. "Family for us is important because, at the end of days
and months of work, there is someone who understands - and, even if they do not understand what you are
doing, they support you." He admits he and his colleagues were moved by the Pope's attention because it
made them feel "our work is valued and taken seriously". "There is immigration, and it is growing all the time,"
acknowledges this carefully spoken man on the front line. "But we coastguards are at the service of all who
travel by sea." The writers are respectively the FT's Milan correspondent and Rome reporter
02/03/2015
Financial Times - Ed. weekly review
Pag. 1
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QE, negative interest rates and possible break-up of eurozone erode currency
STEVE JOHNSON
Fears over a potential plunge in the euro have led to a record number of Asian, US and UK investors hedging
out their exposure to the single currency, even as European equities have come back into favour. The
dramatic moves illustrate widespread concerns that the onset of quantitative easing, the emergence of
negative interest rates and the lingering possibility of a break-up of the eurozone could further undermine the
euro. It has already tumbled 20 per cent against the dollar, to $1.12, since May 2014. "Investors are
increasingly switching from the euro to their own domestic currency. This is unusual. In the past 10-20 years
a lot of equity investors have said, 'If I get the stocks right, the currency will not make much difference'," said
Neil Dwane, chief investment officer for European equities at Allianz Global Investors. Jasper Berens, head of
UK retail at JPMorgan Asset Management, added: "[Investors] are concerned that whatever gains they make
in European equities they might lose in the currency. We take the view that this is a very real risk for
investors." Net flows into the currency-hedged share classes of European equity funds have jumped from just
€154m in 2012 to €1.08bn in 2013 and €5.23bn in 2014, according to Morningstar, the data provider. In
January they broke through €1bn a month for the first time, surging to €1.48bn. JPMorgan said 73 per cent of
the gross flows into its Europe Dynamic ex-UK fund went into currency-hedged share classes in January, up
from just 20 per cent during 2014. These classes now account for 32.8 per cent of the fund's assets of
$491m, up from 13.2 per cent in February 2014. Allianz's European Equity Dividend fund saw net inflows of
€956m into its hedged share classes last year, according to Morningstar, up from just €114m in 2014. Mr
Dwane, manager of the fund, said the Luxembourg-domiciled vehicle was popular with Asian and Middle
Eastern investors who increasingly wanted their exposure hedged into Singapore, Hong Kong or US dollars in
case there was a fresh euro sell-off. "In the US, Middle East or Asia, three years ago my narrative would have
been European equities are cheap, European equities are high yielding and the euro is a strong currency. As
a non-eurozone investor you win on all three counts," said Mr Dwane. "With the change in tone and action by
Mario Draghi [the president of the European Central Bank who introduced QE] I could still argue that Europe
is cheap and Europe is high yielding but I could no longer argue that the basis for a strong euro is in place.
"We are trying to be more transparent with our clients and saying this is a risk that you might not want to run."
The norm in cross-border investing has been that fixed income investors typically hedge their currency
exposure in order to manage volatility, but equity investors do not, given that the bulk of their volatility is
usually in the equities themselves. Just 10 of the several hundred UK unit trusts investing in European
equities currently offer hedged share classes, according to JPMorgan. However, Mr Berens said the evidence
from the US, UK and Japan was that "stock markets have done extremely well when you have QE, but the
currency has not done so well". Tony Stenning, head of UK retail at BlackRock, which has seen strong
demand for the hedged share classes of its Luxembourg-domiciled European fund from Asia, the UK and US,
said "there is definitely more interest".
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 02/03/2015
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Investors slash exposure to euro
28/02/2015
International New York Times
Pag. 1
(diffusione:222930, tiratura:500000)
BY VANESSA FRIEDMAN
''What is real and what is fake? What does the confusion of the two mean for our understanding of
beauty?''These are questions that have been raised again and again over the last few years, both inside the
fashion industry and out - by legislators, the advertising industry and women, activist or not - as the truth
versus airbrushing movement has reached epidemic proportions.When they come up, they generally, and
understandably, provoke passion and debate. Sometimes they provoke political activism. What they do not
often provoke, however, is clothes.Except, that is, in the case of Miuccia Prada, quoted above. This was
backstage, after the show, when the crowd had surged in to hear her elliptical comments on inspiration. It has
become a Milan ritual, as predictable as traffic jams and dinners at Da Giacomo - and the fact that what Mrs.
Prada does each season cannot be predicted from the last.Exploring ideas of retouching, genetic modification
and plastic surgery - the things we do these days to redesign nature - this time 'round the designer sent out
shrunken trouser suits with three-button jackets and pants cropped at the ankle; sculptural baby-doll dresses;
and neat little coats in the sugary pastel shades of clichéd femininity, but remade in spongy futuristic
technojersey fabrics and accessorized with opera gloves, bouffant up-dos and 1960sstyle flat bows or fur
epaulets.Therewere real ostrich skin spaghettistrap dresses and faux ostrich-print leather jackets; plastic
flower brooches on coat lapels and rhinestone flower brooches on cocktail dresses; real tweed draped
sleeveless tops with coordinated pants, and faux tweed prints - many of the iterations of womanhood she has
toyed with before, though never with so much overt irony. Despite the messwith-your-assumptions approach,
however, it was in many ways her least convoluted collection (and explanation, for that matter) in
seasons.''Both realities are a part of today,'' she said afterward, the clothes being a case in point. ''It wasn't
about dreaming or imagining; it was about thinking over all those metrics.''It is this - Mrs. Prada's willingness
to engage with an idea, one generally in the public domain, and wrestle it out on the runway - that makes her
so interesting to watch. Sometimes the process is more resolved than others, sometimes more layered, but
the sheer fact that she is working through a problem in real time gives her clothes a relevance that goes
beyond silhouette or seam.Admittedly, though, not everyone wants meta-commentary on the human condition
as part of their wardrobe. For those, there is the relaxed approach at Agnona, where Stefano Pilati is slowly
but surely crafting an image of intelligent, subtle ease for a grown-up woman (see the rough-edged glen paid
overcoats; the lavishly fringed feather-light cashmere knit capes; and the season's most elegant jumpsuit,
with diamondstudded patch pockets on the backside).Certainly it makes more sense than the halfway
measures at Emporio Armani, where an effort to jazz up the signature youthful tailoring via ''hybrids and
cross-cultural references'' (read: ikat), blouson trousers cropped and buttoned at the calf, knit purple and red
fur vests, and a series of glittering little black dresses felt unnecessarily forced.Sometimes it's O.K. to just play
to your strengths, as Veronica Etro did in her Etro collection, which resembled nothing so much as a textile
fair in a trouser.Or a dress, or tunic, patchworked out of woven jacquards, tweeds, suede, python, tapestry,
sequins, velvet - sometimes as many as 10 fabrics in one controlled, strong-shouldered silhouette, and one
color palette of golden earth tones. Imagine awear-your-living-roomto-work day, and you'll get the idea.It
actually wasn't a bad one (Ms. Etro is a good decorator). Still, it did not attempt to address any larger
questions of contemporary culture, and as a result lacked a certain currency; that was the province of Jeremy
Scott at Moschino, who did it through the prism of a oneliner. Or, to be accurate, an entire standup set of oneliners.This season his subject was fashion itself, from the rise of athleisure wear to accessories to haute
denim to branding. There were quilted puffa everythings in Lego-bright shades, from greatcoats to skirts to
overalls, along with multiple bags (backpacks, messengers, tophandles) with every look, that gave way to
quilted leather versions of the same, which segued into baseball-striped jerseys and sweats splashed with
hip-hop Looney Tunes characters.Next came Moschino-banded Calvin Klein-style tighty whiteys-turnedSCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 02/03/2015
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VANESSA FRIEDMAN ON PRADA'S TAKE ON REALITY
28/02/2015
International New York Times
Pag. 1
(diffusione:222930, tiratura:500000)
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 02/03/2015
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intoone-shoulder cropped tops paired with inside-out jeans or sweats and hung with exaggerated rapper
chains, and faux Chanel bouclé suits likewise festooned; faded denim patchworked with gold leather; brown
and tan logo-print leather carry-ons; and to end it all, a series of graffiti-sprayed sequin and taffeta gowns.A
lot of it was funny, in a slapstick sort of way, but easy jokes can wear thin after a while, especially when the
suggestion is that they actually be worn. Most women do not want to be a visual punch line (Katy Perry aside,
perhaps).Which is why the finale dresses, especially the white ones tagged in black, worked: stereotypical at
base, the spray-painting gave them an urban edge that was additive. They were not just a sartorial stunt; they
were smart. As a result they were, at long last on Mr. Scott's runway, a step toward the real thing.
02/03/2015
International New York Times
Pag. 1,9,11
(diffusione:222930, tiratura:500000)
BY VANESSA FRIEDMAN
Something has shifted in Milan.For decades the Italian fashion world was shaped by the oppositional
influence of two poles: sex and the cerebellum. Their tension informed the aesthetic narrative of the country,
and of fashion week. Armani vs. Versace; Umberto Eco vs. Sophia Loren; Prada vs. Gucci; Silvio Berlusconi
vs. Mario Draghi - you know how this goes. Well, no longer. Blame it on the new administration in Rome, with
its emphasis on productivity and export-boosting Made in Italy promotion, or the Internet and its ability to
disrupt - well, pretty much everything - but over the weekend it became clear that two new magnetic forces
were redefining the industry.Heritage and the digital age; the past and the future; craft vs. technology - call it
what you will. The expression is the same, and it has made allies of the most surprising brands.After all, there
was Versace, for years synonymous with an Amazonian, noholds-barred va-va-voom, but this season titled
''#Greek'' for the house's signature Greek key motif, updated for the Twitter generation. It appeared in electric
shades on intarsia sweaters and simple day dresses, mixed it up with tailored black jackets and swishy
trousers, not to mention deconstructed ''Versace'' branding; and then spawned emojis and @s in a crystaltraced virtual conversation-in-a-minidress (or three) that popped loudly enough to be read on any small
screen.It sounds riotous, but was, in fact, cleverly calculated. When Versace puts a pinstripe on the runway,
you know something new is going on.Especially because it wasn't the only one; pinstripes also showed up at
Aquilano. Rimondi, where the designers Tommaso Aquilano and Roberto Rimondi abandoned their usual
Roman Baroque for an altogether simpler gray flannel and navy enlivened by the occasional belt of grommets
or silver paillettes (a little reminiscent of past Prada, but a welcome palette cleanser). Meanwhile, in a wishywashy collection apparently inspired by China, though generically full of leopard and fringe and degrade
chiffon, even Roberto Cavalli threw out an oddly business-like piece or five via a black and white windowpane
check that appeared in a sleeveless coat dress, sequined trouser and shaggy fur.The message was getting
through, though nowhere so clearly as at Bottega Veneta, where the creative director Tomas Maier said, he
wanted ''a bolder ap-proach'' and then went all in with an celebration of the pixelated world via dots on
trousers, shirts, vests and coats, often all at the same time and in a variety of colors. This segued into an
oversize industrial grid on capes and coats, occasionally interspersed with vinyl squares, before it all got
layered up, one atop the other, in the shell of a small dress, with lace over lines over dots, and then blacked
out in tuxedo suiting.It was a complicated equation, but an interesting one, and continued in different forms
via the geometry visible at Marco de Vincenzo, who built his collection out of circles and rectangles in wool,
cable knit, lozenge appliqués, and Lurex, as well as the graphism at Jil Sander, where the designer Rodolfo
Paglialunga seems to be coming into his own.So there were understated classic Sanderisms, such as the
navy coat and matching trouser, and color blocking through pieces (a pale pink shirt with a lemon polo neck
atop a pair of fir-green pants), but there were also glossy furs and pony skins cut and spliced in diagonal
stripes to catch the light in different ways; the lines of an unfinished diagram on a white slip dress or perfectly
tailored black coat; and narrow leather strips, like so many bits (bytes?) of binary code, on a skirt and
sweatshirt top.Call it algorithmic chic; the opposite of the handwork that was on display at Tod's, where
Alessandra Facchinetti produced her best collection to date by leavening lacelike leather shirts with a pair of
velvet pants, weaving leaf patterns into leather skirts and pairing them with perfect cotton shirts, and
combining the two (top and bottom) in a featherweight but relaxed whip-stitched leather shirt dress. Or
Antonio Marras, where lace and rose appliqués and ruffles gave a rich romance to generous portraitcollared
coats, trapeze dresses and the artsy tunic/trouser combination.The appeal of one is intellectual and
streamlined; the other tactile and humanistic (indeed, Mr. Marras dedicated his collection to his friend, the
seventysomething former model Benedetta Barzini, whose runway heyday was the 1960s, and put her on the
catwalk at the end to rousing applause). Both are resonant; they just push different buttons.And sometimes
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 02/03/2015
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2 NEW MAGNETIC FORCES REDEFINE THE INDUSTRY
02/03/2015
International New York Times
Pag. 1,9,11
(diffusione:222930, tiratura:500000)
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 02/03/2015
266
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they even work together, as at Marni, where no-nonsense graphic tunics, trousers and tops in worsted wool
and tweed cut with military-like precision and bound by a wide leather circlet at the waist were softened by
fraying, hand-cut edges and then racheted up with patch pockets and sleeves in an almost feral deep-dish
fur.Floral jacquards in muted shades of navy, forest green and mustard hinted at the bucolic without
collapsing into froth, and the whole had its own raw self-propulsion. Gravity at work.
02/03/2015
International New York Times
Pag. 9,10
(diffusione:222930, tiratura:500000)
BY MATTHEW SCHNEIER
For an industry in the unbreakable slipstream of fashion shows, news of John Fairchild's death broke slowly.
Mr. Fairchild died during fashion week, a fact he might have liked, or at least deemed appropriate. So while
the fact was spreading on social media Friday morning New York time, it was late afternoon in Milan, and
most of the editors - including Mr. Fairchild's successors at Women's Wear Daily - were watching Alessandra
Facchinetti's collection for Tod's.''I'm sorry for the news,'' said Diego Della Valle, the chairman of Tod's Group,
as the gathered masses made their way out of the show. It was the first he was hearing of Mr. Fairchild's
death. ''He was one of the persons that built what you see today in the world, the fashion system,'' he
mused.When he met Mr. Fairchild, ''I was young, I was nobody at the time,'' he said. ''I remember him as very
kind with me.''At the following show, Philosophy di Lorenzo Serafini - née Philosophy di Alberta Ferretti, who
still owns the label but has passed along the reins of design - Ms. Ferretti was shocked and overwhelmed
when told of Mr. Fairchild's death. She begged the duration of the show to compose herself.''It is very
terrible,'' she said afterward, shifting between Italian and English and speaking with the help of a translator.
''Una brutta notizia. For me, he is the man who represents a real moment of quality in fashion. He was a
person who dedicated his life to fashion.''She agreed that Mr. Fairchild could be tough. ''When we met in New
York, I was shocked by this man who was so powerful in fashion, but then we had a beautiful relationship,''
she said. ''He tried to have some suggestions.'' But, she added, ''the right suggestions.''Brian Atwood, the
footwear designer who began his career in the studio of Gianni Versace, recalled meeting Mr. Fairchild in the
late 1990s, early in his time at the house.''I always remember, he'd come backstage and chat with Gianni,'' he
said. ''He had such a discerning eye and input on the collection. It was great to watch.''Asked if Mr. Fairchild
ever gave Mr. See page 10From page 9 Versace a hard time about the collection, Mr. Atwood said, ''Oh, a
little bit. You're in that position for a reason.''Laudomia Pucci, the interim chief executive of Emilio Pucci and
Mr. Pucci's daughter, attested to Mr. Fairchild's particular mixture of kindness and cutting. ''He was extremely,
extremely nice with my father, whenever he talked to him,'' she said. ''But at the same time, he had that
niceness and then this very dry sense of humor.''She'd been at drinks at the Four Seasons with a friend when
the news reached her. Here in Milan, it has filtered, via word of mouth in addition to published tributes, from
person to person among the more senior industry figures who had known Mr. Fairchild, though for many of
the younger generation who people the party circuit, he was a remoter figure, a legendary name from another
time.Rosita Missoni, the co-founder and matriarch of the Missoni line, is of the older generation, and had
known him for decades. ''Before our name had meaning in fashion, it was my bible,'' she said of Women's
Wear Daily, speaking by phone straight off a plane from Cape Town, where she had been a guest speaker at
the Design Indaba Conference, returning for the Missoni show Sunday evening. ''It was the only daily paper in
the world at that time - I'm speaking about the '50s - about fashion.''Her stories of Mr. Fairchild hark back to a
bygone era, nearly unimaginable today. She remembered Mr. Fairchild sending a Women's Wear Daily writer
and photographer to cover a Missoni family vacation on a tiny Dalmatian island in the late '60s. During dinner,
she said, ''We heard them calling, 'Missoni, Missoni!' They came out to this little island, just this spot of
fishermen. They were sent to see what kind of holiday we were having.''Later in New York, she and her late
husband, Ottavio, were almost turned away from Le Côte Basque, the tony restaurant, because Mr. Missoni
was not wearing a jacket or tie. ''At the next table was John Fairchild,'' Mrs. Missoni said. ''He said, 'This
gentleman can teach you how to dress. Please don't dare to send him out or put on him any kind of tie.' ''''We
think we are all eternal,'' she added sadly. ''When I heard that he passed away, I really regret that I lost
contact with him, not going to New York frequently. I have a very, very good memory of him.''Those who had
encountered him more recently found him unchanged.''About two years ago, I saw him at the Ritz,'' Donatella
Versace, Mr. Versace's younger sister and since his death the steward of his label, said in a note. ''He waved
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 02/03/2015
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Milan remembers John Fairchild
02/03/2015
International New York Times
Pag. 9,10
(diffusione:222930, tiratura:500000)
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 02/03/2015
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at me and invited me to join him for tea. It was like time had not gone by for him, still the same bright, fun
vibrant John Fairchild I always knew. I am so glad I had this moment with him, and now I will treasure it
forever.''
02/03/2015
International New York Times
Pag. 19
(diffusione:222930, tiratura:500000)
JACK EWING
On Thursday, the European Central Bank holds its first monetary policy meeting since it decided in January to
begin buying 60 billion euros, or $67 billion, a month in government bonds and other debt in an attempt to
arrest a slide in inflation to levels considered bad for growth. At a news conference after the meeting Mario
Draghi, the central bank's president, is expected to give more details about how the complicated purchase
operations will be carried out. The central bank will meet in Cyprus, one of its twice-yearly forays out of
Frankfurt, amid a population still resentful at the harsh bailout program imposed on the country in 2013.
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 02/03/2015
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E.C.B. policy makers to meet as bond-buying plan nears
28/02/2015
The Guardian
Pag. 9
The Guardian Domestic edition
Donatella Versace is pushing to find what she calls the "Versace of today".It's become something of a refrain
behind a collection each season. Autumn/ winter 2015, at Milan fashion week, was no different. But, arguably,
the method for getting there was. If, recently, Versace has drawn on the heritage and spun it in new ways,
she said this season she had "closed the door on the archive". In its place on the mood board was the
internet. This show was live-streamed and some dresses featured the @ sign and hashtags in sequins.The
show notes introduced the concept of "#greek", the classic Grecian Versace key design reworked as "the
emoji of the future".The reworked key design was there across straps on dresses, knitwear, bags and even
gloves on one look. The colour scheme - primary brights mixed with black, orange and green - was punchy.
Some models wore asymmetrical thighhigh boots, with one coming higher than the other. Evening dresses
were short and sequinned - with the letters of the word Versace dotted across them, with those social media
symbols - or longer in jersey crepe.If the motifs on the sequinned numbers felt like over-egging a theme, the
jersey dresses were beautifully cut and instantly desirable. A simple black dress with a yellow panel on the
shoulder and a cut out back detail was a high point.While the designer described the collection as daywear, it
was hardly office attire. In Versace world, daywear is still a new concept. Here it translated as skater skirts,
bomber jackets and heels lower than four inches - a look that was closer, in silhouette if not price tag, to what
the digital native generation might wear."We are finding a new language," said Versace, "particularly online. It
has to be simple and powerful."The digital theme for this collection may have come from the business side of
the Versace machine. E-commerce is a significant part of the expansion plan for the fashion house - the
Versace website is active in nine countries.Versus, its younger brand, has gone further with this concept. The
first Versus capsule collection by Anthony Vaccarello was instantly available online after the show in
September.Vaccarello was announced as permanent creative director of Versus in January. A young Italian
designer rated for his sexy aesthetic, and coming with over 83,000 Instagram followers, he might well be the
perfect fit for the "Versace of today". His first official collection will be watched with interest - no doubt on all
digital channels.The Versace label is expected to launch on the stock market by 2018, a plan hatched by
chief executive, Gian Giacomo Ferraris. Under his direction, net profit increased by almost a third in 2013 and
there has been double digit growth in China. Ferraris also negotiated external investment for Versace.
Blackstone Group took a 20% stake last February, when the brand was valued at about $1.4bn (£900m).The
former Lib Dem deputy leader, who will indicate that the Tories have yet to agree to the pardon, will speak
after concerns were raised in Whitehall that paedophiles could benefit. Officials have said that there may be
no record of whether a minor was involved in a prosecution because homosexuality was illegal regardless of
age. Homosexuality was decriminalised in 1967 for consenting adults aged 21 and over. The age of consent
was eventually equalised in 2001.Campaigners believe the concerns about paedophiles could be overcome
by introducing amendments to the legislation to clarify that the sex took place between consenting men aged
over 16.Turing's relatives have presented a petition to Downing Street, signed by more than half a million
people, calling for a pardon for all prosecuted under the pre-1967 law. Turing was convicted of gross
indecency under section 11 of the Criminal Law Amendment Act of 1885, which imposed a maximum prison
sentence of two years, after he admitted having sex with a man.The mathematician, played by Benedict
Cumberbatch in the film The Imitation Game, was believed to have taken his own life two years later after
avoiding a prison sentence by agreeing to the process known as chemical castration.He was granted a
posthumous pardon in 2013 by the Queen after a request from Chris Grayling, the justice secretary.Hughes
will say the time has come for men who did nothing wrong under today's law to be pardoned.
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 02/03/2015
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Versace joins digital age, embracing icons of social media
02/03/2015
The Guardian
Pag. 1.7
The Guardian Domestic edition
Mother's Day is in May in Italy but it came early this year. Dolce & Gabbana's autumn/winter collection at
Milan fashion week yesterday afternoon was called "Viva la mamma". It was a celebration of mothers
everywhere.The clue came with the invitation, which featured drawings by children dedicated to their mums
with words like "ti amo mamma" ("I love you, Mum") scrawled in sweetly wobbly handwriting. The theme was
underlined by the tableau at the back of the catwalk - it featured grown-up models along with babies, toddlers
and children.With everyone dressed in Dolce, it was like a live, art-directed family portrait. This had evolved
from January's menswear show, which was dedicated to family and had particularly photogenic ones crossing generations from grandmothers to children - as the tableau. Both shows came with hashtags to
boost the social media presence of such snap-able images, this time #DGmamma.Domenico Dolce and
Stefano Gabbana like to take a theme and run with it. One model was six months pregnant, three carried
babies and a little girl walked down the catwalk - all to the applause of the front row, and the warbling of the
Spice Girls' 1996 hit Mama.It was visible on the clothes too. Sweaters and dresses had those scrawled
messages rendered in sequins, there was a mother and child print and a later section of the show used
drawings done by the designers as children as prints on pretty silk dresses.Other parts of the collection
deviated. One particularly fun way was jewelled headphones - likely to become a highly prized accessory of
the young and rich next season.Playing with symbols of femininity, the brand classics were all there: wiggle
dresses with elbow-length sleeves and rose prints, pencil skirt suits, embellished doctor bags, lingerieinspired lace and the influence of the early 1960s silhouette. The mix of the wholesomeness of family with a
healthy dollop of sexy is a trademark of this quintessentially Italian brand, which turns 20 in October.Dolce &
Gabbana is in the top 10 most successful Italian brands, according to a study last month. The research, by
Mediobanca, surveyed 135 fashion companies. It suggests that a lot of this success is down to exporting - the
brand is available in 40 countries and 79% of sales in 2013 came from overseas.Universal themes such as
family will only help that cause - they translate into any language. Including children with this womenswear is
a fun show device that translates well to the world of social media and smart business, and a savvy way to
showcase the Dolce & Gabbana Junior line, launched in 2012. The UK childrenswear market, for example, is
estimated to be worth £5.6bn and is predicted to grow.The talk on the front row yesterday centred around
Peter Dundas' probable exit from Pucci, where he has been creative director since 2009.The Pucci show on
Saturday night was a fairly typical glamorous display with op art prints, 1970s shapes and jetset-worthy wafty
dresses worn by models including Eva Herzigova, Karlie Kloss, Joan Smalls and Natasha Poly.Dundas took
his bow at the end with his design team, a sign that this was a swansong. It has been suggested that he will
move to Roberto Cavalli, where he began his designing career. Marco Zanini, who quit Schiaparelli in
November after only two couture collections, has been mooted to take over at Pucci. Milan fashion week
continues today and an announcement is expected.
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 02/03/2015
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D&G's Milan show riffs on motherhood
02/03/2015
The Times
Pag. 39
The Times
'When the punch bowl is not taken away, the reckoning can be painful'Buying eurozone stocks was "a nobrainer right now", the 30-year veteran of the investment banking industry said to nods of agreement from the
other bankers, investors and business people gathered.And so it is. This Thursday, Mario Draghi, president of
the European Central Bank, will formally launch plans to expand the ECB's balance sheet by €1.1 trillion via
an enormous asset-purchase scheme.Technically speaking, the scheme is not quite as big as some initially
suggested, as the balance sheet expansion announced in January includes a continuation of existing
purchases of asset-backed securities and covered bonds. But it still means that the ECB will be buying in €50
billion of eurozone sovereign debt every month.The bond market, in the vernacular, has accordingly been
"frontrunning" the ECB by buying up eurozone sovereign debt. As the ECB's purchases will be based on how
large a country's economy is relative to the eurozone as a whole, 25.6 per cent of the bonds bought will be
German and 20.1 per cent will be French. Yields of both have fallen sharply in anticipation, with getting on for
70 per cent of German debt trading on a negative yield and more than half of all French debt trading on a
negative yield.More astonishing still, Germany is issuing five-year bonds carrying a negative yield. In other
words, right from the start, bond investors are buying a product on which they will actually lose money if they
hold it to duration. As one leading City economist observed: "When you buy a cup of coffee, the cup is
marked to the effect that 'this contains hot water'. These bonds should be marked 'you will lose money on
these bonds'." That things have got out of hand is emphasised by the fact that even some bonds issued by
Portugal, Spain, Ireland and Italy - yes, Italy - are traded with negative yields.As Alberto Gallo, the head of
European macro credit research for RBS, noted: "An investor told us: 'It's official, there are no more sellers of
bonds.' " In other words, there is a danger that risk is being mispriced - the very thing that created the
financial crisis in the first place.With government debt trading at prices where investors risk a loss if they buy
it, fund managers, where they can, must look to other assets. This is not always possible - some fund
managers, particularly of pension fund assets, are required to hold bonds and not equities.It is, however, what
the ECB hopes will happen and what, indeed, is already happening. Since Mr Draghi announced that the
ECB would launch its programme of full-blown quantitative easing, the DAX in Germany is up by nearly 9 per
cent, the CAC 40 in France and the MIB in Italy by 8 per cent and the Ibex 35 in Spain by 5 per cent. The
FTSE 100, by contrast, is up by barely 2 per cent, although that, in all probability, also reflects nervousness
about the election.The tidal wave of money being pumped out by central banks is having a distorting effect
elsewhere, too. Since the Bank of Japan announced an 80 trillion yen (£450 billion) target forf expanding the
monetary base at the end of October, the Nikkei 225 is up by nearly 15 per cent and trading at levels not
reached for 15 years.That astonishing performance is not easily reconciled with Japan's lacklustre economic
performance, nor with the futuref profitability of companies in the country, w which rose by a meagre 1 per
cent during the most recent quarter for which data is available. Yet experienced Japan hands are talking
seriously about the Nikkei recapturing 25,000 by the end of the year - a level last seen in October 1991.With
valuations being distorted even before Mr Draghi has launched full-blown QE, knowing when to halt the
programme will be critical. When the punch bowl is not taken away, in the idiom, the reckoning can be painful.
Indeed, there is even a school of thought in the markets that the long-term seeds of the financial crisis were
sown when the US Federal Reserve, under Alan Greenspan, kept monetary policy too loose for too long after
initially cutting rates in the wake of the 9/11 terror attacks. With interest rates so low, investors were forced to
hunt for yield elsewhere, driving them towards riskier assets.Disturbingly in the United States, where the
Fed's asset purchases have come to an end but have not been unwound, there are signs that such behaviour
is re-emerging. The proportion of loans issued to sub-prime borrowers is at its highest level since 2007,
according to Equifax, a data provider. It reports that nearly four in every ten car loans, credit cards or personal
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La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
It's a no-brainer to buy eurozone equities, but keep an eye on the exit
02/03/2015
The Times
Pag. 39
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 02/03/2015
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loans issued during the first 11 months of last year - more than 50 million individual loans in total - went to
sub-prime borrowers. In other words, the very type of borrowing and lending that contributed to the
crisis.There has also been a revival in synthetic collateralised debt obligations, the credit products whose
build-up also contributed to the crisis, with global volumes doubling to $20 billion. Since the crisis, many such
products have been regulated out of existence, but market participants are suggesting that demand for them
could increase as QE once again intensifies the hunt for yield.So, for now, buying eurozone equities is,
indeed, a no-brainer. But when everyone is crowding into a nightclub, it is always best to keep one eye on the
exit. Ian King is business presenter for Sky News. Ian King Live is broadcast at 6.30pm Monday to Thursday
surprise. According to a World Health Organisation report, Delhi has six times the levels of airborne
particulate matter (PM2.5) than are considered safe - a record that exceeds that of Beijing, making it the
world's most polluted big city.It's not just Delhi. Thirteen of the world's 20 most polluted cities are in India, the
study said, and poor air quality is shaving 3.2 years off the lifespan of more than half of the country's 1.26
billion people.Since storming to power in a landslide election last year, Narendra Modi has talked a lot about
cleaning up the sacred River Ganges, sweeping the streets and building toilets, but there has been far less
focus on cleaning the nation's filthy air.That's odd because the problem is getting worse, and the costs of
failing to tackle it on the nation's health and economy are staggeringly high.The smoke belched out by
coalfired power stations, which generate more than 60 per cent of India's electricity, is the biggest source of
Robin Pagnamenta is South Asia Correspondent of The Times
28/02/2015
Le Figaro
Pag. 26
Le groupe achève une phase de cessions massives en acceptant l'offre sur ses 20résiduels de SFR.
@BertilleBayart BERTILLE BAYART
Et maintenant ? La question que se posent tous ceux qui s'intéressent de prèsles actionnaires notamment ou de loin à Vivendi reste à ce stade sans réponse. Y compris après le bilan fait vendredi par le groupe de
son année 2014, qui s'est soldée sur un bénéfice net de 4,7 milliards d'euros. Un chiffre multiplié par 2,4 à la
faveur des plus-values de cessions engrangées sur la période.Car Vivendi n'est plus le même. La
transformation du groupe est spectaculaire, sous l'effet des cessions massives enclenchées depuis la mi2013. Vendu, le géant des jeux vidéo Activision, vendus, les opérateurs télécoms Maroc Telecom, SFR et
enfin le brésilien GVT... Et cela continue : ce vendredi, le conseil de surveillance a accepté l'offre de Patrick
Drahi de rachat de ses derniers 20 % dans le capital de SFR-Numericable, payables 3,9 milliards d'euros en
deux tranches (la seconde en avril 2016). Au final, dans son nouveau périmètre, Vivendi affiche un chiffre
d'affaires de 10,1 milliards d'euros (- 1,6 %). Ce chiffre était de 22,1 milliards en 2013, de 29 milliards en
2011.La conséquence de ces cessions se lit aussi au bilan. Le groupe, surendetté à hauteur de 13 milliards
d'euros en 2013, est désormais gorgé de cash. Il affiche à fin 2014 une trésorerie nette positive de 4,6
milliards d'euros, alors qu'il n'a pas encore encaissé le produit de la cession de GVT, ni celui du solde de ses
parts dans SFR-Numericable.La cagnotte va donc s'arrondir à plus de 10 milliards, ce qui alimente bien des
appétits. Le conseil de surveillance a apporté vendredi une première réponse, avec - comme prévu depuis le
printemps - une vaste opération de retour aux actionnaires, étalée dans le temps. Au total, ceux-ci
obtiendront 5,7 milliards d'euros, au travers de trois années de versement d'un dividende à 1 euro par action
et de 2,7 milliards d'euros de rachats d'actions sur dix-huit mois.Un « Bertelsmann à la française »Mais la
suite reste à écrire. « Rome ne s'est pas construite en un jour », a expliqué le président du directoire, Arnaud
de Puyfontaine, comme pour tempérer l'impatience de certains investisseurs. Le nouveau Vivendi se résume
à deux grandes filiales : Universal Music, leader mondial de la musique enregistrée, qui doit accélérer sa
montée en puissance dans le streaming, et Canal +, dont la croissance repose aujourd'hui sur son essor
international. Deux marques puissantes, dont le président de Vivendi, Vincent Bolloré, martèle qu'elles
peuvent créer de la valeur en travaillant davantage ensemble.Avec la sortie définitive de SFR, Vivendi
semble s'éloigner d'un modèle de convergence, combinant contenus et plateformes de distribution, même si,
dans le cadre de l'opération GVT, le groupe se retrouve à la tête d'un ticket de 5 % au capital de Telecom
Italia qui contribue à brouiller les pistes.Récemment, Vincent Bolloré avait confié au micro de RTL son
ambition de construire un « Bertelsmann à la française » , en référence au géant allemand des médias qui
additionne presse écrite, médias audiovisuels et Internet. L'attelage à deux chevaux - Universal et Canal - n'y
suffira pas. D'où les spéculations sur de futures acquisitions, qu'alimentent le cash accumulé par Vivendi, la
réputation d'agilité financière de Vincent Bolloré et le questionnement stratégique de tout un secteur bousculé
par les nouveaux usages digitaux.Un jour, on prête à Vivendi de l'appétit pour des titres de presse français le groupe a été candidat au rachat de L'Express, finalement emporté par Patrick Drahi - le lendemain de
l'ambition pour un rapprochement avec l'empire Mediaset de Silvio Berlusconi en Italie. « Nous sommes
ouverts à toutes les opportunités », a convenu Arnaud de Puyfontaine, tout en promettant beaucoup de «
discipline financière » en cas de croissance externe.Mais Vincent Bolloré a le talent d'entretenir le mystère, et
la réputation de surgir là où on ne l'attend pas. « Honnêtement, je n'ai aucune idée de ce qu'il va faire »,
confie un bon connaisseur du groupe et de son président. Selon une autre source, il est encore un peu tôt
pour déclencher une grosse opération. D'abord parce que les cessions ne sont pas toutes bouclées. Mais
aussi parce que Vincent Bolloré n'a pas fini d'asseoir son autorité conquise chez Vivendi après une passe
d'armes avec son patron historique Jean-René Fourtou.Avec seulement 5 % du capital, l'industriel breton a
accédé à la présidence en juin dernier, en même temps que le directoire a été renouvelé sous la direction
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 02/03/2015
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Bolloré entretient le mystère sur l'avenir de Vivendi
28/02/2015
Le Figaro
Pag. 26
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 02/03/2015
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d'Arnaud de Puyfontaine. À la prochaine assemblée générale, c'est le conseil de surveillance qui fera sa
mue. Henri Lachmann et Pierre Rodocanachi vont rejoindre JeanRené Fourtou et Claude Bébéar sur les
bancs sans droits de vote de ce conseil (comme vice-président et censeur). Ils seront remplacés par Tarak
Ben Ammar, grand expert de la production de cinéma et vieille connaissance de Vincent Bolloré, et
Dominique Delport, le directeur général d'Havas Media (un groupe contrôlé par Vincent Bolloré).Si personne
ne sait encore ce que fera Vincent Bolloré, chacun s'accorde désormais à dire qu'il s'est donné les moyens
d'y parvenir.
28/02/2015
Le Monde - Ed. sport & form
Pag. 2
(diffusione:30179, tiratura:91840)
Patricia Mazuy (Réalisatrice)
Je rebondis sur la dernière chronique d'Arnaud Tsamère dans ces colonnes (" Sport & forme " du 21 janvier)
où il analysait un des moteurs émotionnels du sport : sa glorieuse incertitude. Quand j'ai vu, le lendemain du
match PSG-Chelsea du 17 février, les images prises par un usager du métro des supporteurs racistes de
Chelsea qui empêchaient Souleymane S. de monter dans le wagon au motif qu'il était noir, j'ai trouvé que,
narrativement, les deux plans (car il y avait bien deux plans : un large le long du quai, un rapproché sur les
supporteurs), dans la longueur tendue de la répétition des revendications racistes et des gestes, étaient forts
et portaient leur poids, leur quasi mise en scène, de drame. Tout cela s'est passé en dehors du cadre du
sport. Dans la vraie vie.Parce que, si la structure dramatique est l'art de préparer les crises, si le drame se
bâtit sur nos attentes de ce qui risque d'arriver et dans l'incertitude du résultat, alors ces deux plans, diffusés
par le Guardian puis mondialement sur Internet, sont la mise en application de la préparation des drames.
Les trois sortes de personnages comme dans une tragédie grecque : le héros, les adversaires possédés par
le mal et les spectateurs du chœur, impuissants, cantonnés au rôle d'observateurs.Dans le deuxième plan qui
se rapproche des méchants, de leurs invectives, on ressent nettement leur profonde jouissance à s'afficher
racistes. Construction du suspense avec un plan bâti sur du concret : comment et quand la porte se
refermera-t-elle ? Les acteurs communiquent une sombre jubilation, ils savent qu'ils sont filmés et ce qu'ils
risquent. Mais ils s'en foutent. Ils ont retrouvé la passion sans limite collective du supporteur de base. Se
laisser voir et filmer dans l'aspect le plus sombre : je suis raciste et j'aime ça. Flippant car ils se sentent
vivants. La vie n'est plus dans les stades. Dans les stades, il y a la division " stade de la police ", dirigée par
un commissaire divisionnaire qui organise le travail d'une dizaine de superflics chargés d'éviter les
débordements violents des supporteurs.Les images du métro racontent autre chose, comme le boucan qui
s'est ensuivi à la gare de St Pancras quand les supporteurs sont rentrés à Londres en Eurostar. Elles parlent
de la résilience du supporteur bafoué et honni qu'on a maté dans les stades.Mais la résilience de vie est-elle
de s'attaquer à un Noir pour faire entendre sa voix ? De saccager la place d'Espagne, à Rome, comme l'ont
fait les supporteurs de Rotterdam ? J'ai regardé les photos de " notre ville éternelle saccagée " comme disent
les Italiens. Dans les images prises sur le vif du métro parisien contaminé par un racisme profond, ou de la
capitale de l'Italie blessée par la furie néerlandaise, transparaît surtout l'impuissance des forces de sécurité
qui ne peuvent agir que dans un périmètre délimité, celui du stade qui chasse les supporteurs et les
bannit.Ça fait un drôle de film, très irréel et chaotique : le choc de ces images. J'ai parlé depuis avec un vieil
ami qui a fait partie des premières organisations ou tentatives d'organisation de la sécurité dans le foot.
Depuis, il n'est plus policier, il écrit des livres avec des amis de tous bords. Il a l'âme du poète.
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 02/03/2015
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La vie n'est plus dans les stades
28/02/2015
Le Monde - Ed. sport & form
Pag. 2
(diffusione:30179, tiratura:91840)
Philippe Ridet
Il n'y a plus d'argent pour payer les stewards du stade Ennio-Tardini, plus d'eau chaude dans les douches,
plus d'avion ni de bus pour assurer les déplacements. Résultat : les joueurs du FC Parme, actuellement
dernier de Serie A, le championnat italien de première division, n'ont pas pu disputer leur rencontre dans leur
stade contre Udine, le 22 février, et envisagent sérieusement de se rendre à Gênes, dimanche 1er mars,
avec leurs propres véhicules. Le club pourrait quitter la compétition. Il faut remonter à la saison 1942-1943
pour trouver une équipe professionnelle interrompant sa saison avant son terme. Il s'agissait du FC Palerme,
et les Américains venaient de débarquer en Sicile.En revanche, il suffit de remonter aux années 1990-2000
pour comprendre les déboires des Gialloblu (" Bleu et Jaune "), deux fois vainqueurs de la coupe de l'UEFA
en 1995 et 1999. A cette époque-là, l'argent coule à flots dans cette ville tranquille et prospère de 200 000
habitants. La société agroalimentaire Parmalat et son président-fondateur, Calisto Tanzi, s'occupent de tout :
des emplois, de la croissance, du football. Attirés par les gros salaires plus que par la qualité du jambon, les
grands joueurs (Brolin, Taffarel, Veron, Cannavaro, Buffon, Thuram, Biaggio, Crespo) et les entraîneurs de
renom (Ancelotti, Prandelli) marquent l'histoire du club. En 2003, tout s'effondre dans le plus grand scandale
financier que l'Italie ait connu. Un trou de 14 milliards d'euros est découvert dans les comptes de Parmalat.
Près de 135 000 épargnants voient leurs économies englouties. Calisto Tanzi est condamné à dix-sept
années de réclusion pour " banqueroute frauduleuse ".Commencent alors les années noires du FC Parme.
Habitué au sommet, le club, privé de sa manne, découvre le ventre mou du championnat, les relégations
évitées de justesse, les qualifications in extremis pour la -Ligue Europa. Minée par des scandales politiques,
la ville décline et confie son sort à un jeune maire du Mouvement 5 étoiles. L'aéroport est sur le point de
fermer. La programmation du Teatro Verdi, autrefois temple de l'art lyrique, n'est plus ce qu'elle était. Le
stade Tardini sonne creux. Antonio Cassano, sa seule vedette, a déjà fait ses valises à l'intersaison. Comme
ses coéquipiers, il n'était plus payé -depuis des mois.Mais le spectacle doit continuer. Alors que l'UEFA
interdit au club de disputer la Ligue Europa cette saison en raison du non-respect des règles du fair-play
financier, les instances du football italien ne trouvent rien à redire à l'engagement du FC Parme en Serie A. Pourtant, quelques signaux avant-coureurs auraient dû les inquiéter. Pourquoi le club salariait-il 250 joueurs
pour 50 millions d'euros par an ? Pourquoi, en décembre 2014, le FC Parme a-t-il été vendu à une
mystérieuse société chypriote fondée un mois auparavant avec un capital de 1 000 euros ? Pourquoi a-t-il été
revendu aussitôt à un entrepreneur de Brescia, Giampietro Manenti, dont la société, Mapi Group, est
domiciliée dans un pavillon de Slovénie avec un capital de 7 500 euros ? " Manenti a acheté un club de Serie
A, pas une charcuterie de campagne ", se désole le maire.Le club - dont la dette est passée de 16 millions
d'euros en 2006 à 197 millions d'euros aujourd'hui - se rapproche de la faillite. Ni la ville ni les instances du
football ne semblent disposées à sauver au moins la fin de saison du FC Parme. Rétrogradé en Serie B, le
club pourrait être mis aux enchères.
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 02/03/2015
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A Parme, des footballeurs sans stade ni bus
01/03/2015
Le Monde
Pag. 19
(diffusione:30179, tiratura:91840)
Christine Rousseau
C'est par un chantant " Buongiorno a tutti " que Marco - pardon Marc - Voinchet a ouvert, vendredi 20 février,
" La Matinale " de France Culture " in diretto da Roma ". Une semaine après avoir fait escale à Téhéran, dans
des conditions pas toujours aisées, l'équipe qui anime la tranche 6 h 30-9 heures a installé son studio dans le
cadre majestueux de la Villa Médicis. Moins pour y parler de culture - même s'il en fut question en fin
d'émission avec l'hôte des lieux, Eric de Chassey - que de Matteo Renzi, à l'occasion du premier anniversaire
de son accession à la tête du gouvernement italien.De chroniques en portraits, de reportages en revue de
presse, d'analyses en journaux conçus à Rome par Olivier Danrey et à Paris par Antoine Marette, Marc
Voinchet et la rédaction auront passé au crible la politique menée depuis un an par le sémillant président du
conseil, les réformes entreprises ou en projet, ses résultats en demi-teinte en matière d'emploi (13 % de
chômage) et de dette publique, la brûlante question libyenne après les récentes menaces de Daech
d'envoyer des immigrants en Italie ; ou encore la personnalisation du pouvoir à gauche façon Renzi. Le tout
s'achevant par un débat de haut vol réunissant Raffaele Simone, linguiste et philosophe, Giovanni Orsina,
historien et politologue, et Jacopo Zanchini, directeur de l'hebdomadaire Internazionale.Cette étape romaine
marquait ainsi le début d'une série intitulée " L'Europe en questions " qui devrait voir la " Matinale " de France
Culture se délocaliser à Madrid (17 avril), Athènes (5 mai), Londres à l'occasion des élections législatives (7
mai), avant de se conclure à Bruxelles (12 juin) pour établir un bilan de la première année de la Commission
européenne présidée par le Luxembourgeois Jean-Claude Junker.Un tel périple ne surprendra guère les
auditeurs de Culture, habitués qu'ils sont depuis quatre ans à ces délocalisations partielles ou de 24 heures,
et surtout au positionnement résolument géopolitique de la station, voulu par son directeur Olivier Poivre
d'Arvor, qui reconnaît que son parcours de diplomate n'y est pas étranger. D'ores et déjà, le pari semble
réussi puisque l'audience est passée de 1,6 % en 2009 à 2,2 %, en 2014, son record historique. " Si nous
avons gagné des auditeurs, cela tient au fait que nous sommes parvenus à sortir du cadre étroit d'une radio
culturelle pour se tourner vers le monde, sans faire pour autant du RFI. Il ne s'agit pas pour nous de
commenter l'actualité mais d'expliquer les grands enjeux mondiaux. "Ce traitement " volontairement long " et
en profondeurdes enjeux internationaux qui se décline dans les différentes tranches d'info (80 % des sujets
relèvent de l'actualité internationale), mais aussi les magazines de la rédaction tels " Secrets des sources "
(samedi 8 h 10-9 heures), " La Face cachée du globe " (dimanche à 12 h 40) ou les délocalisations, a permis
à Olivier Poivre d'Arvor d'opérer en douceur une petite révolution. " Historiquement, cette chaîne était faite
d'un côté par des producteurs de programmes, de l'autre par une rédaction de journalistes. Or cet alliage
n'était pas extrêmement fertile. A présent,à nos trois rendez-vous majeurs, les 6 h 30-9 heures, le 12 heures13 h 30 et le 18 heures-19 heures, nous avons réussi à faireoubliercette distinction pour produire de
l'information éclairée et transformer l'image d'une chaîne qui produisait des programmes de grande qualité,
mais un peu hors du temps. "Un rapprochement dû notamment aux délocalisations qui ont eu aussi pour effet
de renouveler sensiblement le panel d'experts et d'intervenants issus du monde entier, en sortant quelque
peu du cadre franco-français. Grâce au lancement à l'automne d'une radio We-b-- " France Culture monde "
destinée à l'espace francophone, le directeur de la station entend bien accentuer cette tendance. Et faire de
cet espace un nouveau terrain de conquête afin de créer de nouveaux liens hors frontière. Voire de resserrer
ceux déjà existants à l'antenne (un quart du public réside à l'étranger) - et sur les réseaux sociaux."
Aujourd'hui, nous ne sommes pas loin d'avoir la même audience en France qu'à l'étranger si l'on tient
compte, ce que ne fait pas encore Médiamétrie, des réseaux sociaux où, notamment sur Facebook, la
majorité des contributeurs sont originaires du Maghreb. Quant aux téléchargements, sur les 8,08 millions
effectués chaque mois, nous en avons près de 2,5 millions provenant de l'étranger. " De quoi nourrir
quelques ambitions à l'international.
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 02/03/2015
278
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France Culture, la géostratégie en marche
01/03/2015
Le Monde
Pag. 20
(diffusione:30179, tiratura:91840)
C. BI.
Cette Fashion Week milanaise sera la dernière de l'actuel président de la Camera Nazionale della Moda
Italiana, l'organisme qui dirige la mode italienne. Mario Boselli, 73 ans, a annoncé son intention de se retirer
le 15 avril, mais conservera tout de même un titre de président honoraire. Elu en 1999 pour succéder à Santo
Versace (le frère de Gianni et de Donatella), ce tisseur de métier est un pur produit de l'industrie textile
italienne qui avait repris l'entreprise familiale en 1959.Depuis son arrivée, il défendait la puissance de la mode
italienne, de son héritage et s'employait à faire émerger de jeunes stylistes sur une scène milanaise où les
grands noms du luxe occupent énormément de place. Les dernières années avaient été mouvementées :
entre la crise économique, la montée en puissance des Fashion Weeks de Londres et New York ou encore
les reproches faits à Milan de défendre le commerce plus que la création, Mario Boselli avait plusieurs fois
haussé publiquement le ton.L'arrivée aux côtés de cet homme de caractère, Italien à 200 %, " chauvin " diront
certains, de Jane Reeves, une Anglaise nommée directrice générale en 2013, avait quelque peu surpris les
observateurs. Pour la profession, le départ de Mario Boselli renvoie évidemment à celui de Didier Grumbach,
président de la Fédération française de la couture, du prêt-à-porter des couturiers et des créateurs de mode,
remplacé l'an dernier par Ralph Toledano. Le Français de 77 ans avait annoncé son départ en juillet 2014
après seize ans de " règne ".Avec ces retraits, c'est une page de l'histoire de la mode qui se tourne. Mais de
l'autre côté des Alpes, les systèmes qui devraient prendre le relais ne sont pas encore tout à fait en place. Et
la mode italienne attend de pied ferme un nouveau patron.
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 02/03/2015
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La fin d'un règne à la " Camera della Moda "
02/03/2015
Les Echos
Pag. 14
(diffusione:118722, tiratura:579000)
Pierre de Gasquet
Constructeur du « Britannia » et de l'infortuné « Costa Concordia », l'italien Fincantieri lorgne les mythiques
Chantiers de Saint-Nazaire, mis en vente par le sud-coréen STX sous la pression de ses banques. Récit
d'une approche discrète en vue du mariage entre deux « fleurons » nationaux jaloux de leurs histoires. La
scène est digne d'un des meilleurs théâtres de Broadway. Bien calé dans son fauteuil, le milliardaire Micky
Arison, soixante-cinq ans, président et héritier de l'empire Carnival Cruises, savoure le show de lancement du
« Britannia », assis entre le vice-ministre de l'Economie et le maire de Trieste. Plus grosse fortune de Floride,
né à Tel-Aviv, le fils du fondateur Ted Arison manque rarement le baptême de ses « nouveau-nés » de
144.000 tonneaux. Pour celui du « Britannia », ultime « joyau » de l'industrie navale italienne sorti des
Chantiers de Monfalcone - le « plus grand paquebot jamais construit en Italie » -, le patron de Fincantieri,
Giuseppe Bono, n'a pas lésiné. Ni sur la musique, tonitruante, ni sur l'accueil, en grande pompe, des quelque
800 invités d'honneur venus assister au lancement de cette immense ville flottante de 330 mètres, aux
couleurs de l'Union Jack, encore plus grande que l'infortuné « Costa Concordia ». Il y va d'une relation de
confiance de plus de vingt ans entre le numéro un mondial des croisières, Carnival Corp., et le champion
italien de la construction navale, candidat déclaré à la reprise des Chantiers de Saint-Nazaire en France. «
Tout dépend des Français » « Notre rapport de confiance avec le fondateur de Carnival, Ted Arison, est né
au début des années 1990. Depuis, nous avons construit plus de la moitié de leurs navires », se félicite
aujourd'hui le patron de Fincantieri. Au total, Carnival Corp. aura investi plus de 25 milliards d'euros en vingt
ans en Italie à travers ses commandes. « Si L'Europe veut s'en sortir, il faut travailler à la consolidation de
l'industrie des chantiers navals plutôt que de se faire la guerre entre nous », confie Giuseppe Bono aux «
Echos ». « Nous sommes encore trop petits par rapport aux colosses qui sont apparus aux Etats-Unis et en
Chine, et demain en Inde ou en Russie. » Pour autant, la partie de Saint-Nazaire n'est pas gagnée pour son
chevalier blanc italien, bien conscient que le Fonds stratégique d'investissement de la Caisse des Dépôts
(encore actionnaire à 33,4 % de STX France) a un droit d'agrément sur le repreneur. « Tout dépend encore
des Français. L'embargo sur les navires Mistral (construits à Saint-Nazaire, NDLR) commandés par la Russie
risque de compliquer le jeu », reconnaît Giuseppe Bono, dans l'avion de retour de Trieste à Rome... A
soixante-dix ans, ce Calabrais discret et modeste, doté d'une solide réputation de « manager » rigoureux
dans la péninsule, n'aimerait rien de plus que couronner sa carrière à la tête de Fincantieri par la prise de
contrôle de son grand rival français mis en vente par le coréen STX (son actionnaire à 66,6 %), sous la
pression de ses banques, pour cause de surendettement. Le plus grand bassin d'armement d'Europe « Il faut
en moyenne de 24 à 30 mois pour construire un bateau de cette envergure », explique Agostino Vidulli,
directeur adjoint du chantier de Monfalcone, en arpentant à grandes enjambées le bassin du plus grand
chantier italien. « Seuls les Allemands de Meyer Werft ont réussi à réduire à 21 mois ce délai de construction
avec leur chantier couvert ». La reprise des Chantiers de Saint-Nazaire permettrait à Fincantieri de récupérer
le plus grand bassin d'armement d'Europe (450 mètres de longueur contre 340 mètres à Monfalcone) et sa «
forme d'assemblage » de 900 mètres pour construire les futurs mastodontes des mers. « C'est une
opportunité sans précédent pour l'Europe. Les chantiers de STX de Turku en Finlande ont été repris par
l'allemand Meyer Werft en 2014. La consolidation du nord de l'Europe est déjà engagée ; la reprise des
chantiers de Saint-Nazaire constituerait l'autre volet, au sud, face à la montée en puissance des asiatiques »,
estime Corrado Antonini, ancien PDG de Fincantieri, devenu « strategic advisor » de Carnival. « Du point de
vue de la concurrence, il n'y a pas d'opposition de nos clients », assure-t-il. Mieux : ils verraient
favorablement une forme de « rationalisation ». D'autant que Fincantieri et le groupe d'armement naval
français DCNS coopèrent déjà, dans le secteur de la défense, dans le cadre des programmes européens de
construction des frégates Horizon et FREMM. Mais STX est désormais entre les mains de ses créanciers. Et
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 02/03/2015
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Fincantieri, le chevalier blanc italien des Chantiers de Saint-Nazaire
02/03/2015
Les Echos
Pag. 14
(diffusione:118722, tiratura:579000)
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ceux-ci risquent de vouloir faire monter les enchères, redoute-t-on côté italien. Doté d'un profil « transversal
», Giuseppe Bono navigue depuis plusieurs décennies dans le monde des entreprises publiques italiennes
comme un poisson dans l'eau. Issu de la sphère du PSI (Parti socialiste italien) de Bettino Craxi, ce petit
homme aussi efficace qu'effacé a commencé sa carrière dans une filiale de Fiat avant de rejoindre
Finmeccanica en 1993, à l'époque où le groupe public est encore un conglomérat tentaculaire où l'on
retrouve des trains, des navires et des centrales électriques en même temps que le constructeur automobile
Alfa Romeo (revendu à Fiat en 1986). D'abord au côté du « prodien » Fabiano Fabiani, puis d'Alberto Lina,
Giuseppe Bono, promu à la direction opérationnelle du groupe, contribuera à rationaliser cette « macédoine »
d'activités. Avant de se faire éjecter en 2002 par Silvio Berlusconi, qui a décidé de propulser Francesco
Guarguaglini à la tête de Finmeccanica. Doté d'une réputation de bon gestionnaire, le Calabrais discret hérite
de la tête de Fincantieri, dont il ne cesse de préparer l'introduction en Bourse à partir de 2006. En l'espace de
treize ans, le constructeur de Trieste devient le numéro un mondial des navires de croisière avec 21 chantiers
navals sur quatre continents et plus de 20.000 salariés (dont 7.700 en Italie), et numéro un de la construction
des navires d'appui pour plates-formes offshore, avec l'acquisition du norvégien Vard à STX Europe en
décembre 2012. « Complémentarité intelligente » Lointain héritier des chantiers de Monfalcone, fondés par
les frères Cosulich, d'origine croate, en 1908, Fincantieri est aujourd'hui un des fleurons méconnus de
l'industrie italienne, présent à la fois dans la construction de sous-marins pour la marine italienne ou le
secteur des super yachts de luxe de plus de 70 mètres de long. Un fleuron fragile qui revient de loin,
toutefois, après avoir survécu à plusieurs crises cycliques grâce à l'appui, décisif, de son client Carnival. «
Pas l'ombre d'un Italien à Saint-Nazaire jusqu'ici », a constaté récemment le site spécialisé Mer et Marine.
Plus de deux mois après la petite phrase du ministre de l'Economie, Michel Sapin, sur la « complémentarité
intelligente entre les deux ensembles », les négociations entre Fincantieri et STX semblent au point mort.
Aucune délégation italienne n'a encore été reçue à Saint-Nazaire. Mais côté italien, on assure que l'intérêt est
réel et que les contacts sont en cours au plus haut niveau. Présent à Paris au dernier sommet franco-italien
du 24 février, le patron de la Caisse des Dépôts italienne, Franco Bassanini, grand artisan de la réforme de
l'Etat dans la péninsule et homme clef des relations franco-italiennes, milite en faveur du rapprochement.
Malgré sa récente cotation en Bourse en juin 2014 - un succès « mitigé » dans une période encore tendue -,
la « grosse machine publique italienne » Fincantieri (encore contrôlée à 72 % par la Caisse des Dépôts
italienne) ne rassure pas forcément les syndicats français. D'autant que les deux constructeurs restent en
concurrence frontale dans le secteur des croisières, où Fincantieri pourrait chercher à récupérer des
commandes au détriment de son futur partenaire français. Jusqu'à une date récente, l'armateur italo-suisse
MSC (Mediterranean Shipping Company), numéro deux mondial des porte-conteneurs, a commandé tous
ses bateaux de croisière aux Chantiers de Saint-Nazaire en saluant son « grand savoir-faire industriel et
artisanal ». Mais Fincantieri a déjà obtenu une mégacommande de 2,1 milliards d'euros pour deux navires de
MSC Crociere, en mai 2014. Pour l'insubmersible Giuseppe Bono, « 2015 sera l'année de la reprise du
marché des croisières ». A Monfalcone, il a lancé un appel pour que le gouvernement italien s'inspire des
Français et des Allemands pour offrir aux armateurs des garanties à l'export à la hauteur de leurs attentes.
Un message entendu par la Caisse des Dépôts italienne, qui a annoncé, le 26 février, un relèvement des
aides à l'export et une meilleure coordination entre la Sace italienne et les autres agences de crédit de
l'exportation (Coface en France et Euler Hermes en Allemagne). Après le retrait de Daewoo, qui a démenti le
24 février s'intéresser à la reprise de STX France, il y va des chances du constructeur du « Britannia » de
remporter la bataille de Saint-Nazaire en s'adjugeant le constructeur du « Queen Mary 2 ». Plus qu'une
question d'honneur, une question de survie à long terme... Les points à retenir Plus de deux mois après la
petite phrase du ministre de l'Economie, Michel Sapin, sur la « complémentarité intelligente entre les deux
ensembles », les négociations entre Fincantieri et STX, propriétaire des Chantiers de Saint-Nazaire,
semblent au point mort. Mais, côté italien, on assure que l'intérêt est réel et que les contacts sont en cours au
plus haut niveau. La « grosse machine publique italienne » Fincantieri ne rassure pas forcément les syndicats
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Les Echos
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SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 02/03/2015
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français. D'autant que les deux constructeurs restent en concurrence frontale dans le secteur des croisières.
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Les Echos
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Ingrid Feuerstein
Le marché automobile européen a bien démarré l'année 2015. Les crossovers tiennent une nouvelle fois la
vedette. Le Salon de Genève ouvre ses portes cette semaine dans un climat de net regain de confiance.
Alors que la reprise du marché automobile se confirme en Europe, les constructeurs espèrent que les
nouveautés présentées à Genève les aideront à tourner pour de bon la page de la crise. Après dix-sept mois
d'affilée de croissance, le marché automobile européen a fait un bon démarrage cette année. Sur le mois de
janvier, les ventes de voitures ont progressé de 7,1 % en Europe de l'Ouest, ce qui a conduit les analystes de
LMC Automotive à revoir à la hausse leurs prévisions pour 2015 (de 2,5 % à 3 %). « Le marché européen a
bien démarré l'année 2015, poursuivant la tendance de l'an dernier. Cela rend le secteur confiant dans le fait
qu'il y aura une demande forte pour les modèles présentés à Genève », écrit Brian Walters, analyste chez
Jato, dans une note. Tirée par le besoin de renouveler un parc vieillissant, la reprise concerne maintenant
tous les grands marchés européens, en premier lieu la Grande-Bretagne (+ 9,3 % en 2014), mais aussi
l'Espagne (+ 18,4 %), soutenue par une prime à la casse. Seule la France reste encore à l'écart de cette
reprise (+ 0,3 % l'an passé). Dans le même temps, les marques généralistes ont épongé leurs pertes, à
coups de fermeture d'usines, de réduction de lignes et de plans de départs massifs. PSA, numéro deux en
Europe, a annoncé avoir retrouvé la rentabilité sur le Vieux Continent, tout comme ses concurrents Renault et
Fiat. Cela dit, le Salon de Genève porte tout de même les stigmates de cette crise prolongée. Le flot de
nouveautés semble un peu moins dense, compte tenu de l'annulation de certains programmes. C'est le cas
notamment de la Citroën C5, repoussée d'abord par le partenariat avec GM puis par la décision de
repositionner Citroën. La clientèle familiale toujours chouchoutée Ce Salon consacrera une nouvelle fois le
succès des crossovers. Alors qu'ils représentent plus de 20 % du marché européen, les SUV ne sont plus
considérés comme un marché de niche. Sur son stand, Renault mettra en valeur son Kadjar, tandis que
Hyundai dévoilera son Tucson. Chez Seat, un concept de crossover compact laisse supposer que la marque
espagnole entrera bientôt sur le segment. Le haut de gamme ne sera pas en reste, avec le nouvel Audi Q7 et
le concept QX30 chez Infiniti. Sur le créneau des citadines, Nissan va présenter un concept préfigurant sa
future Micra qui sera made in France. Elle fera face à une Peugeot 208 restylée à mi-parcours et à la petite
Opel Karl. Les constructeurs vont aussi se disputer la clientèle familiale, que ce soit avec des monospaces
(version 7 places de la BMW Active Tourer, Volkswagen Touran) ou avec des berlines familiales telles que la
Superb chez Skoda. Comme à l'accoutumée, le Salon de Genève laissera sa part de rêve aux amateurs de
grosses cylindrées. Ferrari attirera sûrement les regards avec sa 488 GTB et ses 670 chevaux sous le
capot...
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 02/03/2015
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Au Salon de Genève, les constructeurs veulent tourner la page de la crise
02/03/2015
Les Echos
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Pierre de Gasquet
En plein essor, la marque de vêtements bon marché est valorisée à près de 1 milliard d'euros. C'est la
première introduction en Bourse importante, cette année, sur le marché italien. Quatre ans après la reprise
de sa maison mère, les grands magasins Coin, par le fonds BC Partners, la marque de vêtements bon
marché OVS va lever aujourd'hui 414 millions d'euros en plaçant 49,3 % de son capital. 90 % des actions ont
été réservées aux investisseurs institutionnels. Sur la base du prix retenu (4,10 euros par action), la
valorisation globale du « H&M italien » s'établira à 931 millions d'euros, pour une fourchette de prix initiale de
908 millions, à 1,2 milliard d'euros. Spécialisé dans la vente de vêtements low cost pour adultes et enfants,
OVS s'est affirmé en sept ans comme la première enseigne du secteur dans la péninsule, en doublant sa part
de marché de 3 % à 6,3 % (5,2 % sous sa seule marque), loin devant Zara, H&M et Benetton. Ouverture
d'une trentaine de boutiques par an « L'ensemble des fonds levés à travers l'introduction servira à renforcer
la situation patrimoniale d'OVS et non à réduire l'endettement de Coin », a précisé l'administrateur délégué
d'OVS, Stefano Beraldo. Le groupe est présent dans la péninsule à travers un réseau de 900 magasins, sous
les enseignes d'OVS, OVS Kids, Upim et Blue Kids. Il table sur un taux de croissance annuel de 7 % de son
chiffre d'affaires grâce à l'ouverture de 25 à 30 boutiques par an, outre les magasins en « franchising ». En
revanche, la présence internationale (133 magasins, surtout en Espagne) restera limitée. « OVS sera
bénéficiaire en 2014, même avant son introduction, après avoir payé quelque 50 millions d'euros d'intérêts
financiers [pour un endettement global de 705 millions d'euros, NDLR] », a précisé Stefano Beraldo, qui a
lâché la direction de Coin pour se concentrer sur sa filiale. Fondé en 1972 sous le nom d'Oviesse, OVS
Industry est devenu au fil des ans la première entreprise d'habillement italienne, avec un chiffre d'affaires de
877 millions d'euros (en hausse de 7,4 %) sur les neuf premiers mois de 2014, et un résultat avant impôts de
102 millions d'euros. Grâce à sa collaboration avec le styliste Elio Fiorucci et le créateur de la griffe Costume
National, Ennio Capasa, et au lancement d'OVS Kids, l'enseigne a su maintenir son image « trendy » face à
Zara et à H&M. A l'issue de l'opération, le groupe Coin conservera 50,7 % du capital d'OVS. Stefano Beraldo
n'a pas exclu que BC Partners réduise ses parts dans Coin dans les prochaines années.
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 02/03/2015
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Le « H&M italien », OVS, entre en Bourse
02/03/2015
Les Echos
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P. de. G.
Selon une enquête de la banque Mediobanca, le secteur dispose d'un « trésor de guerre » de 7,3 milliards
d'euros. La filière de la mode italienne affiche un solide bulletin de santé et elle est prête à d'éventuelles
acquisitions. C'est le constat de la banque d'affaires Mediobanca, qui a décortiqué les bilans de 135
entreprises du secteur de plus de 100 millions d'euros de chiffre d'affaires. La filière reste un moteur crucial
du made in Italy avec un « solde commercial positif de plus de 25 milliards d'euros » en 2014, soit 26 % de
l'excédent commercial du secteur industriel italien. Selon la banque d'affaires, un de ses principaux points
forts est son niveau élevé de liquidités disponibles, qui garantit à la filière un trésor de guerre de 7,3 milliards
d'euros pour d'éventuelles acquisitions. « La filière est solide et en bonne forme, même si on assiste à un
léger ralentissement sur les dernières années », estime le rapport. Sur la période 2009-2013, les ventes de
l'ensemble des entreprises du secteur ont augmenté de 32,4 %, les filières à plus forte croissance étant la
joaillerie (+ 82 %), la maroquinerie (+ 62 %) et les lunettes (+ 33 %), devant l'habillement et le textile (+ 19
%). Parmi les entreprises leaders, Prada a enregistré la plus forte croissance sur cinq ans, avec un bond de
130 % de son chiffre d'affaires, devant Ferragamo (+ 104 %). Selon Mediobanca, « les entreprises de la
mode apparaissent décidément mieux capitalisées que le reste de l'industrie italienne ». Avec des taux de
marge respectifs de 26 % et 17,7 % en 2013, Prada et Ferragamo restent les deux entreprises les plus
rentables de la filière avec Tod's (20 %) et Armani (18,6 %). Pour 2014, le groupe Prada a toutefois annoncé
un léger recul de 1 % de son chiffre d'affaires, à 3,55 milliards d'euros.
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 02/03/2015
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La mode, une filière cruciale pour le made in Italy
02/03/2015
Les Echos
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Julien Dupont-Calbo
Fort d'une trésorerie de 10 milliards d'euros, le groupe veut bâtir un « Bertelsmann à la française ».
Aujourd'hui, Vivendi est presque nu. L'ex-conglomérat a quitté ses oripeaux de magnat des télécoms, mais il
n'a pas encore revêtu son costume de roi des médias, son ambition. « C'est le début d'un long voyage. Rome
ne s'est pas fait en un jour », a expliqué aux analystes Arnaud de Puyfontaine, le président du directoire de
Vivendi. De fait, la nouvelle direction est aux commandes depuis huit mois seulement. Sa mission ?
Transformer un holding en un groupe opérationnel versé dans les contenus. Pour ce faire, l'équipe
Puyfontaine a commencé par finaliser les cessions de SFR et de GVT. Vendredi, lors de la présentation de
ses résultats annuels, Vivendi a donc donné une « suite favorable » à la proposition d'Altice, le groupe de
Patrick Drahi, de lui céder dès à présent, et pour environ 3,9 milliards d'euros sa participation résiduelle de 20
% dans Numericable-SFR. Et ce malgré les conditions - 40 euros par action, alors que le cours était de 55,40
euros vendredi à la clôture. Vivendi a jugé que le « faible niveau de liquidité » du titre justifiait la transaction d'autant qu'avec cette opération il aura engrangé 17 milliards d'euros de SFR, la valorisation initiale de
l'opérateur. Côté télécoms, Vivendi ne possédera bientôt plus que 7,4 % du capital de Telefonica Brasil et 5,7
% de celui de Telecom Italia, provenant de la vente de GVT à Telefonica. Seul maître à bord de NumericableSFR, Patrick Drahi peut, lui, revenir à la charge sur Bouygues Telecom. Ce qu'il aurait commencé à faire en
proposant, selon le « JDD », un rachat autour de 7,5 milliards d'euros, à Martin Bouygues, qui « n'est pas
vendeur ». Cap sur les contenus Avec ces opérations, les dettes - 11,1 milliards fin 2013 - appartiennent au
passé. Vivendi est désormais assis sur 4,6 milliards d'euros, auxquels il convient d'ajouter les sommes à
venir de la vente de la participation dans Numericable- SFR (3,9 milliards) et de GVT (4,2 milliards). Entre les
rachats d'actions et un dividende de 1 euro, les actionnaires recevront 1,3 milliard d'euros au titre de l'année
2014. Après impôts, il devrait rester au moins 10 milliards en caisse. Les actionnaires pourraient se voir
distribuer 5,7 milliards supplémentaires d'ici à mi-2017. Même en étant généreux, Vivendi peut donc s'offrir
son rêve. Le groupe, qui fut en son temps le chantre de la convergence des tuyaux et des contenus, dit
vouloir se consacrer à ces seuls derniers. Vincent Bolloré, président du conseil de surveillance depuis sa
prise de pouvoir en juin dernier, évoquait en décembre un « Bertelsmann à la française », une réunion de
médias écrits, télévisuels et numériques. Le milliardaire breton, qui dispose d'un peu plus de 5 % du capital
de Vivendi, a d'ailleurs raffermi vendredi son emprise sur la direction du groupe, avec les nominations au
conseil de Tarak Ben Ammar, un proche, homme de cinéma, et de Dominique Delport, le directeur général
d'Havas Media, une entité de la galaxie Bolloré. Le duo remplace Henri Lachmann et Pierre Rodocanachi,
nommés vice-président et censeur - sans droit de vote. Au sein de Vivendi, il ne reste plus ujourd'hui que la
musique (Universal Music Group) et la télévision payante (Canal+). Fin 2014, Vincent Bolloré lorgnait les
médias français du groupe belge Roularta (« L'Express », « L'Expansion », « L'Etudiant »), finalement tombés
dans l'escarcelle de Patrick Drahi. Vendredi soir, garantissant aux analystes une « discipline stricte » en
matière d'acquisitions, Arnaud de Puyfontaine a confirmé avoir « des idées ». « Pour paraphraser les
Beatles, nous travaillons huit jours par semaine », sourit-il.
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 02/03/2015
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En pleine métamorphose, Vivendi cède le reste de Numericable-SFR à
Patrick Drahi
02/03/2015
Les Echos
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Le ministère italien de l'Economie a déclaré hier exclure toute discussion avec Mediaset concernant une offre
de rachat de Rai Way, la filiale d'antennes relais du groupe public, la Rai. Mediaset, la société de Silvio
Berlusconi, a annoncé son intention de lancer une OPA de 1,2 milliard d'euros pour prendre le contrôle de
Rai Way.
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 02/03/2015
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Rome ne veut pas parler avec Mediaset de Rai Way
02/03/2015
Les Echos
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Telecom Italia est dans la ligne de mire du PDG d'Orange, Stéphane Richard. « Il n'y a pas de négociations,
simplement des échanges de vues avec les dirigeants », a-t-il déclaré au « JDD ». « Mais cela pourrait être
une belle opportunité de consolidation européenne. » Hier, un porte-parole de l'opérateur italien démentait
toute discussion avec Orange sur un possible rapprochement.
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 02/03/2015
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Orange s'intéresse de près à Telecom Italia
02/03/2015
Liberation
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Liberté pour Erri de Luca
Rebonds La Lyon-Turin Ferroviaire, une filiale de l'entreprise publique SNCF Réseau et de son homologue italien, veut
construire pour près d'une dizaine de milliards d'euros, un tunnel TGV au travers des Alpes pour nous
entraîner encore plus dans une vie à grande vitesse. Elle a déposé plainte à Turin contre Erri De Luca. Elle
entend le faire condamner pour des propos sur le sabotage du projet dans une interview accordée au
Huffington Post italien. Il risque une peine de prison pouvant aller de un à cinq ans de prison ferme. Nous
avons lu la Parole Contraire qu'il vient de publier aux éditions Gallimard où il défend sa liberté de parole.
Alors que la France vient de se mobiliser pour défendre la liberté d'expression, comment pourrait-elle laisser
un écrivain risquer la prison pour ses déclarations publiques ? En lecteurs, nous exprimons notre solidarité
avec Erri De Luca. En citoyens, nous demandons à l'Etat français de donner l'ordre à SNCF Réseau de faire
retirer cette plainte. En Européens, nous demandons au Parlement européen de se prononcer sur la liberté
de critique d'un projet financé par la Commission européenne sur nos deniers. En défenseurs de la liberté
d'expression, nous n'acceptons pas qu'un écrivain soit poursuivi pour ses mots. Parmi les signataires : Lotfi
Achour, cinéaste, metteur en scène, Christophe Alévêque, humoriste, Marc Amfreville, professeur de
littérature, traducteur, essayiste, Hubert Artus, journaliste, Salim Bachi, romancier, Astrid Bas, actrice,
Etienne Balibar, philosophe, Muriel Barbery, romancière, Edmond Baudoin, dessinateur, Frédéric Bélier
Garcia, metteur en scène, Jean Benguigui, acteur, Daniel Benoin, acteur, metteur en scène, Olivier Bétourné,
président des éditions du Seuil, Alexandre Bilous, journaliste, Laurent Binet, écrivain, Thierry Bosc, acteur,
Jean-Marcel Bouguereau, journaliste, Sylvain Bourmeau, journaliste, professeur associé à l'EHESS,
Geneviève Brisac, écrivaine, éditrice, Olivier Cadiot, écrivain, Philippe Caubère, comédien, auteur, metteur
en scène, Roger Celestin, universitaire, Sophie Charnavel, éditrice, Yves Cochet, ancien ministre de
l'Environnement, Olivier Cohen, éditeur, Anissa Daoud, comédienne, Anne De Amézaga, productrice de
spectacles vivants, Emmanuel Demarcy-Motta, directeur de théâtre, metteur en scène, Chloé Delaume,
écrivaine, Cécile Duflot, députée, ancienne ministre du Logement, Marie Desplechin, journaliste, écrivaine
Lionel Duroy, romancier, Annie Ernaux, écrivaine, Aurélie Filippetti, romancière, députée, ancienne ministre
de la culture, Antoine Gallimard, éditeur, Isabelle Gallimard, éditrice, Christian Garcin, écrivain, Armand Gatti,
auteur, dramaturge, François Gèze, éditeur, Nedim Gürsel, écrivain, chercheur, Fréderic Hocquard, conseiller
de Paris, directeur d'Arcadi, Jean-Marie Laclavetine, écrivain, éditeur, Arlette Lauterbach, traductrice, Pierre
Lescure, journaliste, Joëlle Losfeld, éditrice, Marie-José Malis, metteur en scène, directrice de théâtre
Dominique Manotti, romancière, Carole Martinez , romancière, Nicolas Mathieu, écrivain, Anne Messager,
artiste et plasticienne, Arnaud Meunier, metteur en scène, directeur de théâtre, Betty Mialet, éditrice, Gérard
Mordillat, romancier, cinéaste, François Morel, comédien, Marie-Aude Murail, écrivaine, Susie Morgenstern,
romancière, Paul Otchakovsky-Laurens, éditeur, Pierre Péju, écrivain, romancier, Emmanuel Pierrat, avocat,
écrivain, Olivier Poivre d'Arvor, écrivain, Jean-Claude Polack, psychiatre et psychanalyste, Jean-Bernard
Pouy, écrivain, Serge Quadrupani, romancier, Michel Quint, écrivain, Christophe Rauck, directeur de théâtre,
metteur en scène, Patrick Raynal, romancier, éditeur, Serena Reinaldi, actrice, Juliano Ribeiro-Salgado,
cinéaste, Jean-Michel Ribes, metteur en scène, acteur, dramaturge, Philippe Robinet, éditeur, Pierre-Louis
Rozynès, journaliste, Christian Salmon, écrivain et chercheur, Jean-Marc Salmon, chercheur en sciences
sociales, Siné, dessinateur et caricaturiste, Catherine Sinet, rédactrice en chef de «Siné mensuel», Stéphane
Sitbon-Gomez, écologiste, Romain Slocombe, écrivain, dessinateur, Danièle Valin, traductrice, Christiane
Veschambre, poète, Dominique Voynet, ancienne ministre de l'Environnement, Edouard Waintrop, délégué
général de la quinzaine des Réalisateurs, Emmanuel Wallon, professeur de sociologie politique, mais aussi
Pierre-Antoine Chardel, professeur de sociologie, Paola De Luca, traductrice, Bernard Faivre d'Arcier,
Jérôme Garcin, journaliste, écrivain, Jean-Benoît Gillig, producteur, Laurent Herbiet, réalisateur, scénariste,
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 02/03/2015
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Tribune.
02/03/2015
Liberation
Pag. 23
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 02/03/2015
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Jean Kehayan, journaliste, essayiste, Nathalie Kuperman, écrivaine, Emmanuel Lemieux, éditeur, Olivier
Nora, éditeur, Stanislas Nordey, comédien, metteur en scène, directeur de théâtre, Frédéric Pierrot, acteur,
Manuel Pradal, cinéaste, Élisabeth Roudinesco, historienne, Charlotte Silvera, réalisatrice, scénariste, Fred
Vargas, écrivain, Jo Vargas, artiste peintre, Iris Wong, scénariste... www.soutienaerrideluca.net
02/03/2015
Liberation
Pag. 32
Jean Lemierre. Un banquier qui change
Portrait - Par Nathalie Raulin Photo rüdy waks
Etre banquier par les temps qui courent ne vous attire pas une immédiate sympathie. A fortiori, si vous
présidez la banque à qui la justice américaine vient d'infliger plusieurs milliards d'euros d'amende pour avoir
violé, à répétition, l'embargo sur des pays autoritaires comme l'Iran ou, carrément infréquentables, comme le
Soudan pourvoyeur de fonds d'Al-Qaeda. Sans doute cette délicate question d'éthique a-t-elle traversé
l'esprit des administrateurs de BNP-Paribas quand, à l'automne, il leur a fallu s'entendre sur le nom du futur
président du conseil : psychologiquement ébranlé par l'ampleur d'une affaire découverte sur le tard, Baudouin
Prot, le titulaire du poste, avait choisi la retraite anticipée. Dans le luxe sobre de l'hôtel Mondragon, siège de
la BNP, rue d'Antin, Jean Lemierre détonne. Verbe lent et geste mesuré, le nouveau banquier en chef ne
partage pas les manières anguleuses et stressées de ses pairs en finance. Il le dit : «Je ne suis pas un pur
produit BNP-Paribas.» Conseiller du président depuis 2008 tout de même, mais pas de ce sérail
concurrentiel, dont l'horizon intellectuel s'arrête souvent à la défense de la maison ou, au mieux, de la
profession. «Dans les milieux financiers internationaux, Lemierre a une aura qui dépasse le lobby bancaire : il
a le sens de l'intérêt général chevillé au corps», confirme un ancien camarade de l'ENA, devenu patron du
CAC 40. Jean Lemierre a le profil type du grand commis de l'Etat. Il est ancien directeur général des impôts,
l'une des plus importantes administrations de Bercy, et ancien patron du Trésor, l'une des plus prestigieuses.
Une carrière que ce fils de salariés de la chambre de commerce du Havre doit un peu au hasard : «Quand je
suis entré à Sciences-Po, je ne savais même pas que l'ENA existait. J'ai passé le concours parce que les
autres élèves ne juraient que par ça.» De là date sa révolution copernicienne : «Avant, j'étais bon élève. A
l'ENA, j'ai eu une vraie révélation de ce qu'était le service public.» Le polard en sort dans la «botte» avec
rang d'inspecteur des finances. Fin septembre, lors de l'assemblée générale du Fonds monétaire
international (FMI) à Washington, l'homme est réclamé par tous, Christine Lagarde, la patronne du FMI,
Mario Draghi, numéro 1 de la Banque centrale européenne (BCE), les huiles de la Réserve fédérale (Fed).
«Avec son air un peu pataud, Lemierre passait de bureau en bureau pour les éclairer sur la crise
ukrainienne», se souvient une conseillère. Ce respect planétaire, Lemierre le doit à ses huit ans passés à la
tête de la Banque européenne pour la reconstruction et le développement (Berd). Dans cet établissement
international et public, finance et diplomatie sont sommées de faire bon ménage. «A la Berd, il s'agissait
d'accompagner la transition démocratique des pays de l'ex-bloc soviétique, précise-t-il. C'était simplement
enthousiasmant.» De cette mission, qui lui impose de côtoyer assidûment les chefs d'Etat et de
gouvernement de l'est de l'Union, à commencer par Poutine, il tire un enseignement : «La compréhension
entre les peuples n'est pas seulement une question de langue, c'est une question de concepts, de manière
de penser, de référence culturelle. C'est une discipline extraordinaire que de diriger une institution financière
multilatérale.» Des exemples ? «Pour les Russes, la fin des années 90 sont des années de malheur et de
pauvreté. A l'Ouest, on considère alors que c'est des années de démocratie.» Entre ces deux feux, le
banquier, lui, se coltine le réel. «Pour la corruption, je n'ai aucune complaisance, il faut la combattre, dit-il.
Même s'il est parfois difficile d'expliquer cela à des gens qui n'ont rien, dont l'espérance de vie s'effondre et
qui sont alors tentés de saisir ce qui passe à leur portée. La réponse, c'est le développement économique.»
La Berd est école de patience et d'humanité. A 63 ans, Lemierre respire l'un et l'autre. L'Est, pour Lemierre,
s'étend aux confins qui tôt l'aimantent. «Le Havre en reconstruction de mon enfance était tourné vers la mer.
Les paquebots arrivaient de New York et l'Angleterre, de "l'autre côté de l'eau". Le "bien" venait de là», se
souvient ce petit-fils de marin. Repéré par les autorités chinoises alors qu'il était directeur du Trésor, il entre
en 2010 au conseil du richissime fonds souverain chinois, le China Investment Corporation (CIC), alors dirigé
par Lou Jiwei, devenu depuis ministre des Finances. «Nous avons passé des heures assis ensemble, dit
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 02/03/2015
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portrait. Passé par le Trésor et la Berd, cet ancien haut fonctionnaire est devenu président de la BNP à la
faveur des crises successives.
02/03/2015
Liberation
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SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 02/03/2015
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Lemierre. C'est la condition pour ensuite pouvoir communiquer par téléphone, même avec un interprète.» Un
ami, Jiwei ? «Ce n'est pas un métier où l'on se fait facilement des amitiés, répond-il, désarçonné. L'important,
c'est d'être respecté et d'avoir des bons interlocuteurs.» Son affection, il la réserve à sa famille, ses deux
garçons de 18 et 16 ans, sa petite dernière de 9 ans - «the queen of the world» - et sa femme Jeanne-Marie
Prost, médiatrice du crédit, démissionnaire de ses fonctions le jour de l'intronisation de son époux comme
président de la BNP «pour éviter les conflits d'intérêt». Même à l'autre bout du monde, Lemierre n'oublie
jamais ce pourquoi il travaille. «L'élite mondialisée, ça n'existe pas», dit-il. «On est de quelque part. Moi, je
suis de France et d'Europe. Pour bien négocier, il faut savoir qui on est et ce qu'on défend.» De son poste
stratégique au sein du CIC, le banquier use donc pour servir des intérêts français. Ainsi de Suez, où sur ses
conseils, le fonds souverain chinois investit 4 milliards d'euros. «C'est un entremetteur remarquable. Sa
rigueur et sa hauteur de vue en font un facilitateur décisif», apprécie Gérard Mestrallet, patron du groupe.
Quand, en 2008, après deux mandats à la Berd, il accepte de rejoindre la BNP comme conseiller du
président, on pense le cantonner au rôle d'ambassadeur distancié. Las ! La faillite de Lehman Brothers le met
sur orbite planétaire. Deux voyages par semaine ne sont alors pas de trop pour démêler un imbroglio devenu
mondial, entre bashing américain des banques françaises, faillite grecque et volonté des régulateurs
mondiaux de mettre la finance au pas. Début 2014, quand la justice américaine accroît sa pression, c'est à lui
que la BNP fait appel pour épauler son directeur général, Jean-Laurent Bonnafé, dans la jungle procédurale.
En désespoir de cause, c'est Lemierre encore qui convainc Hollande d'intercéder auprès d'Obama pour éviter
à la BNP une sanction insoutenable. «Les pouvoirs publics ont eu un comportement décisif, salue le
banquier. On était dans une situation difficile. Le président Hollande a tenu une ligne constante, claire et
juste.» BNP-Paribas devait prendre ses responsabilités et payer, mais la sanction ne devait pas être
disproportionnée. Elle est néanmoins suffisamment lourde pour un changement de casting au sommet de la
banque. «Lemierre était là, discrètement, avec le calme des vieilles troupes, raconte un pair. Il s'est imposé
naturellement pour prendre la suite.» Sans heurt. En 5 dates 6 juin 1950 Naissance à Sainte-Adresse (Haute
Normandie). 1995 Directeur du Trésor. Juillet 2000 Président de la Berd. Septembre 2008 Conseiller du
président de la BNP. 1er décembre 2014 Président de BNP-Paribas.
02/03/2015
Wall Street Journal
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BY DAVID ENRICH AND SHAYNDI RAICE
Banks in Europe regularly dole out lucrative work to their competitors, partly based on how much business
they will receive in return.LONDON-When Deutsche Bank AG hired 25 banks last summer to help it raise
about $ 9 billion of new capital, it made some unusual selections. In addition to a handful of Wall Street
stalwarts, three Italian banks made the cut. Japan's Nomura Holdings Inc. was on the list. So was a large
Austrian bank.Deutsche Bank selected the banks partly based on their size and skills. But the assignments,
which generated a total of about €119 million ($133 million) in fees, were also designed to reward banks for
handing past business to Deutsche Bank, and to coax others to do the same, according to bankers involved
in the process.Behind the scenes in Europe, banks regularly dole out lucrative work to their competitors,
partly based on how much business they will receive in return. The practice, known as reciprocity, is
emblematic of the industry's clubby, tightknit nature, bankers say.In the U. K., the Financial Conduct Authority
in February launched an investigation into competition in investment banking. Reciprocity is one of the
practices on the regulator's radar because of its potential to be anticompetitive, although the agency hasn't
yet decided on the precise scope of its investigation, according to a person familiar with the regulator."I was
very surprised that this existed," said Douglas Ferrans, the former chairman of the Investment Management
Association, a U. K. trade group of money managers, who has studied the ballooning number of investment
banks hired for routine underwriting assignments. "In all my years as an investment manager, I believed
banks pitched for underwriting business and it was won on price and ability to execute. What I discovered
was some form of cartel operating." Mr. Ferrans conducted the study while at the IMA on behalf of the
Institutional Investor Council based partly on interviews of industry practitioners.Mr. Ferrans says the practice
inflates the number of banks working on deals and therefore hurts shareholders of the company that is paying
the banks' fees. Other critics say it introduces the possibility of pricefixing and entrenches the power of giant
European banks.Many investment banks say there is nothing wrong with reciprocity. They say it is a
legitimate way to push customers to give them more business and that nobody loses. They say the practice
rarely involves explicit quid pro quos.There are no U. S. or European laws that specifically outlaw reciprocity,
lawyers and bankers say.The phenomenon works in a variety of ways. In one prevalent form, a bank picks a
rival to work on its own stock or bond offerings, in exchange for that rival hiring it for a similar job. "There is an
understanding that if you bring a bank to your deal, they will bring you to their deal," said the head of a large
European bank's investment- banking unit.Reciprocity also comes into play as banks jostle for roles working
for corporate clients. The banks picked to lead corporate offerings, or to assemble loans from several banks,
often have latitude to assign other banks to play supporting roles in the deals. Those assignments are often
handed out on the basis of reciprocal business, bankers say.In another variety, Dutch bank ING Groep NV
last year was preparing to spin off its insurance unit, NN Group, in a stock offering. First, though, the bank
wanted to arrange a €1 billion credit line for NN Group. It told rival banks that it would reward those that lent
money with a role in the planned IPO, according to bankers involved in the pitch. The revolving credit line was
signed in April with a dozen banks, according to Dealogic. All but one ended up on NN Group's IPO a few
months later.While it isn't uncommon for banks to dangle loans to win more lucrative business from clients,
bankers say it is rarer for one deal to be so clearly conditional on another.An ING spokesman said it selects
banks based mainly on their ability to complete transactions and that other factors like relationships with the
banks "are a secondary criteria."At gatherings such as the annual International Monetary Fund meetings in
Washington, banks dispatch senior capital-markets executives to meet to compare notes on which banks owe
others business, according to participants. Bankers come to the meetings with presentations listing the
services one bank has provided to another. The meetings are "reciprocity fests," said a senior banker who
has attended.Reciprocity is especially prevalent among European banks, although U.S. and Asian banks
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 02/03/2015
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Reciprocal Deals Are Key Tool For Banks
02/03/2015
Wall Street Journal
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SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 02/03/2015
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operating in Europe also participate. The practice isn't nearly as widespread in the U.S., bankers say.Bank of
America Corp. executives, for example, unsuccessfully tried to get on a European bank's bond sale by citing
the fact that they had recently given that bank a large transaction- processing contract, according to a person
familiar with the matter. Nomura bankers, meanwhile, have landed on deals after arguing that their
distribution of European banks' asset-management products to Japanese retail customers entitles Nomura to
more underwriting business, according to a person familiar with that pitch.The tit- for- tat strategy gained
popularity in 2010, when Deutsche Bank was planning a $ 14 billion share sale. It sent letters to banks inviting
them to pitch for the business and asking them what assignments they could provide Deutsche Bank in the
future if they were put on the deal, according to several bankers who saw the letter.Deutsche Bank ended up
naming 34 banks to the offering, a large roster, and agreed to pay €229 million in underwriting fees. Among
the winners: National Bank of Greece- not a traditional go- to banker for Deutsche Bank. The same month,
National Bank of Greece launched its own € 2.8 billion share sale. Deutsche Bank was one of the lead
underwriters.Deutsche Bank soon jumped up the European rankings of banks handling stock sales for other
financial institutions, although its rise also reflected the bank's investment in that business. In 2009, Deutsche
Bank ranked 12th, according to Dealogic. In three of the next four years, it was the top- ranked bank, and it
placed third last year."We are a leader in raising equity for financial institutions because of our knowledge of
the markets and our relationships with issuers and investors, not because of reciprocity agreements," a
Deutsche Bank spokeswoman said.The tactic rippled throughout the industry, as rival banks took note of
Deutsche Bank's success. But Deutsche Bank has remained a leading practitioner, bankers say.UniCredit
SpA, Italy's largest bank, routinely relies on reciprocity as a factor in selecting banks to work on its deals,
including a € 7.5 billion share sale in 2012 and a € 1 billion bond deal last September, according to bankers
involved in the processes. In both deals, banks that had previously given UniCredit assignments won leading
roles.Last year, Raiffeisen Bank International AG scored a spot on Deutsche Bank's share sale, a few months
after the Austrian bank had tapped Deutsche Bank to lead its own share sale. A bank that bid for the
Raiffeisen deal was informed it wasn't selected because it hadn't awarded the Austrian bank a lucrative cashmanagement contract, according to a banker involved.A Raiffeisen spokesman said "the decisive factor" in its
selection of banks for its share sale "is the success of the transaction. Reciprocity plays a subordinate role."
02/03/2015
Wall Street Journal
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BY SAM SCHECHNER -Rory Jones contributed to this article.
BARCELONA- Orange SA of France is considering launching a bid to tie up with Telecom Italia SpA, in a sign
that European telecom companies are continuing to push forward a wave of consolidation across the
region.Orange Chief Executive Stephane Richard said Sunday he is considering whether to pursue a deal to
merge with financially strapped Telecom Italia, amid broader reflection on how to play a role in the wave of
deal making in Europe."I think it would be a very attractive deal," Mr. Richard said in an interview ahead of the
Mobile World Congress in Barcelona. "We're thinking about it, but it is a purely internal discussion," he said.A
spokeswoman for Telecom Italia said on Sunday that there were no negotiations between the two companies.
French newspaper Journal du Dimanche earlier reported Orange's interest in pursuing a Franco- Italian
merger to create a new European behemoth.The European telecommunications market is in the midst of a
decade-high boom in merger-and-acquisition activity, with companies looking to consolidate a patchwork of
operators across the region to boost profit. Last year, deals for European telecom companies totaled $130
billion, the highest since 2005.So far this year, BT Group PLC has sealed a £12.5 billion ($19.3 billion) deal to
buy U.K. mobile operator EE, while Hutchison Whampoa Ltd. has entered talks to buy Telefónica SA's U. K.
operation for potentially more than £ 10 billion.Mr. Richard didn't specify what structure any Orange bid for
Telecom Italia might take. The Italian company is struggling under a heavy debt load, but had valuable assets
in Brazil. French media conglomerate Vivendi SA will also have a minority stake in Telecom Italia after the
sale of its Brazilian assets to Telefónica, which had a stake in the Italian company.
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Orange Considers Deal With Italian Firm
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La Repubblica - Affari Finanza - Ed. n.8 - 2 marzo 2015
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Washington Pechino il duello delle valute
Marcello De Cecco
Negli ultimi dieci anni, il dollaro non è mai stato così alto nei confronti delle principali monete. L'ascesa è stata
rapida, se a metà dell'anno scorso si ponevano domande sulla eccessiva forza dell'euro, domande che oggi
non hanno più senso dopo una svalutazione che ha rimesso il vento nelle vele degli esportatori europei. La
caduta dell'euro è dipesa dall'aggravarsi della crisi ucraina ma uguale e forse maggiore impatto ha avuto
prima l'attesa e poi la certezza dell'inizio di una vigorosa politica di quantitative easing da parte della Bce, che
sembra abbia preso il testimone dalla Fed e si è impegnata a immettere sui mercati 60 miliardi al mese per
almeno un paio di anni. Allo stesso tempo, la Fed ha decretato la fine del suo qe e ha fatto capire di star
pensando a una stretta dei tassi di interesse nel secondo semestre. Il crollo del petrolio, promosso dall'Arabia
Saudita in concomitanza con il balzo del dollaro, se ha giovato e gioverà ai grandi consumatori, come l'India e
l'Europa, ha colpito duramente chi di petrolio vive, in particolare la Russia. Il rublo scende più o meno nella
stessa misura in cui scende il petrolio. segue a pagina 10 S egue dalla prima Lo stesso vale per il disastrato
Venezuela. La rupia indiana dovrebbe invece avvantaggiarsi del declino del prezzo del petrolio, ma questa
variabile è stata soffocata dal balzo del dollaro. In generale, poche monete hanno seguito quella americana
nella sua ascesa. Potrebbe essere un andamento, quello delle valute allineate al dollaro, asimmetrico, con
una separazione di destini quando il dollaro sale e invece un ritorno al legame quando esso scende. Prima
della Unione monetaria europea, era una strategia di politica valutaria della Banca d'Italia e delle altre banche
dei paesi periferici europei di cui si lamenta la scomparsa dai giorni di Maastricht. Il governatore della
Reserve Bank of India, Raguram Rajan, che è stato un eccellente economista dell'Università di Chicago,
tornato in patria per raddrizzare la barca della politica monetaria indiana, ha di recente deprecato con parole
molto forti e chiare la politica del quantitative easing della Fed, mettendo in luce uno dei problemi che più
affliggono in particolare i paesi asiatici per la forza del dollaro. Approfittando dei tassi di interesse bassissimi
indotti dal QE della Fed, infatti, le imprese private e i governi, in particolare, ma non solo, dei paesi asiatici,
hanno preso a prestito quantità enormi di dollari, mediante l'emissione di obbligazioni collocate sul mercato
americano. Questo movimento è divenuto una valanga nel 2014, quando si è fatta probabile la stretta della
Fed. I debitori, in specie asiatici, si sono affollati a vendere i loro titoli a Wall Street per approfittare dei tassi
ancora bassi. Ma non hanno fatto molto caso, né sembra l'abbiano notato quelli che hanno sottoscritto le loro
emissioni, al dollaro in ascesa, che rende più problematica la restituzione dei prestiti e perciò più basso il
valore dei loro titoli. Ora, nell'attesa di un inasprimento monetario americano, i debitori e creditori in dollari
possono solo sperare che il passaggio di testimone dalla Fed alla Bca faccia da calmiere ai tassi e alle
condizioni creditizie. Ma le cose non sono così semplici: il mercato dei titoli privati europeo è una frazione
molto piccola di quello americano e anche quello dei titoli pubblici non è altrettanto facilmente penetrabile
dalla periferia. Non è perciò scontato che il passaggio di testimone tra le due banche centrali comporti
condizioni immutate sul mercato finanziario internazionale, con una fonte di carry trade che sostituisce a
un'altra, senza problemi per i debitori. Ha ragione quindi Rajan a preoccuparsi, antivedendo il ripetersi di
difficoltà e fallimenti del tipo di quelli sperimentati nel corso della crisi asiatica della fine degli anni novanta del
novecento. I protagonisti sono sempre quelli, a partire dalla Russia, che ha già visto il crollo della moneta per
il rimpatrio accelerato dei prestiti che aveva ricevuto dai mercati internazionali. Le enormi riserve di valuta
accumulate in anni recenti, quando il petrolio continuava a salire, ammorbidiscono la caduta evitando gli
effetti più traumatici. Così come accade per l'Arabia Saudita e per la Norvegia, altri grandi produttori colpiti dal
crollo del prezzo. Ma anche le riserve più grandiose si esauriscono e la velocità della loro diminuzione è
seguita dalla speculazione internazionale con interesse, fomentando strategie pericolose. Da questo quadro
è rimasta finora fuori la Cina. Lo scopo è mettere nel giusto rilievo il ruolo di quello che sta diventando il vero
centro dell'economia mondiale. Lo si vede bene nell'attuale ciclo del dollaro. Le autorità cinesi hanno attutito
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[ IL COMMENTO ]
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La Repubblica - Affari Finanza - Ed. n.8 - 2 marzo 2015
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con misure di rilancio della domanda interna gli effetti della crisi sulle esportazioni, ma ai primi segni di ripresa
della economia americana hanno iniziato a svolgere un'azione decisa per modificare la struttura
dell'economia cinese, innanzitutto permettendo la fine del boom dell'acciaio indotto dalla politica di
costruzione anticiclica di infrastrutture. La nuova fase cinese, che ha compreso un'azione contro l'eccessivo
proliferare del credito parabancario, mostra la centralità della economia cinese. Crollate le quotazioni sui
mercati delle principali materie prime a causa del cambio di direzione della economia cinese, sono infatti
entrati in crisi profonda i paesi che negli anni precedenti si erano arricchiti esportando materie prime in Cina.
Effetti marcati si sono così visti in paesi come Brasile, Argentina, Australia, esportatori di metalli e prodotti
agricoli, ma anche sui paesi africani dove i cinesi hanno fomentato la crescita di miniere e enormi aziende
agricole. La Cina ha operato in una prospettiva di lungo periodo, volta alla sostituzione del dollaro al centro
del sistema monetario e finanziario internazionale. Dalla Cina è partita l'iniziativa volta a creare istituzioni
alternative alla Banca Mondiale e al Fmi. Sono i cinesi ad avere, con la loro Export and Import Bank, prestato
in due anni 670 miliardi di dollari a tassi convenienti, eclissando tutti i prestiti, garanzie e assicurazioni fornite
dalla Eximbank americana negli 80 anni precedenti. Con prudenza, ma con determinazione, i cinesi stanno
mettendo lo yuan al posto del dollaro nei ruoli di moneta di transazione e di riserva. La Cina è al primo posto
nel commercio internazionale e questo l'aiuta molto, insieme alla notoria potenza finanziaria dei famosi
oligarchi cinesi emigrati, che operano da Taiwan, dalla Malesia, dall'Indonesia e da Singapore, a creare e a
far crescere il mercato titoli in Renmimbi, sul quale si sono emessi 450 miliardi di obbligazioni nei primi otto
mesi del 2014, contro i 376 miliardi dell'intero 2013.
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La Repubblica - Affari Finanza - Ed. n.8 - 2 marzo 2015
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Paolo Possamai
Diceva a ottobre 2013: "Il nostro unico interesse è per un accordo strategico, non vogliamo vendere. Terremo
il 30% di ogni singolo gruppo per mantenerne la guida". Diceva pure: "La parola d'ordine è
internazionalizzare" e "Largo ai manager in tutte le società di famiglia". Parole di Gilberto Benetton, che
disegnava la nuova mappa di Edizione Holding. Oggi con le trattative per World Duty Free (Wdf) è probabile
che la regola indicata un anno e mezzo fa sarà contraddetta e i Benetton lasceranno il timone di questa
società. Sarà il primo passo di una nuova strategia. segue a pagina 2 con articoli di Paola Jadeluca e Giorgio
Lonardi Una strategia che chiama in causa anche Autogrill, Atlantia (con le controllate Aeroporti di Roma e
Autostrade per l'Italia), Benetton Group. Insomma è in gioco l'intero universo di business della famiglia
trevigiana, in un passaggio di evidente delicatezza. Probabilmente, nel nome di Wdf la regola indicata un
anno e mezzo fa sarà contraddetta e i Benetton lasceranno il timone. Ma il top management sta in pari tempo
coltivando una serie di altri obiettivi: trovare un partner per Adr entro sei mesi e poi per le autostrade di Aspi,
per Autogrill nel corso del 2016, per Benetton Group tra 2-3 anni. Scadenzamenti differenziati a seconda
dello stato di maturazione dei processi di valorizzazione dei singoli gruppi e delle relative strategie di crescita.
Nulla per Wdf è ancora deciso. Ma è assai probabile che prima dell'estate i Benetton ne concludano la
vendita. Dipenderà in primis dal prezzo, la decisione finale se vendere il 50,1% detenuto tramite la cassaforte
Edizione s.r.l. oppure fondersi con una società che non pretenda di avere in mano la totalità di Wdf. Al
momento - prima che al tavolo inizi la discussione sui valori e sui modelli di governance - la famiglia di
Ponzano Veneto pare privilegiare la tesi della cessione. In questi ultimi mesi è andata maturando la
persuasione che Wdf non ha la massa critica per competere da leader sulla scena internazionale. Occorrerà
capire se emergerà un'offerta che proponga una plausibile soluzione di co-governance e, non di meno, la
creazione di un player in grado di battersi su scala planetaria. Intanto va osservato che il piano industriale
triennale presentato da Wdf a metà gennaio una prima risposta la fornisce: il neo amministratore delegato
Eugenio Andrades non candida il gruppo a essere aggregatore, ogni enfasi è posta sulla ricerca di efficienza.
Quale che sia l'esito delle trattative, ossia che i Benetton escano del tutto o mantengano una partecipazione
nel gruppo aggregante, su Wdf avverrà un'Opa, perché è in questione il passaggio di controllo della società
quotata a Piazza Affari. E su tali aspettative dunque il titolo sta salendo a razzo. Sono quattro i pretendenti
ammessi alle informazioni societarie di Wdf. Ma ve ne sono altrettanti fuori dalla porta, in attesa di poter
visionare pur essi i libri contabili e intavolare un confronto con i Benetton. I nomi sono noti, circolati a più
riprese, e includono sostanzialmente i principali attori del settore: dal colosso svizzero Dufry ai francesi LS
Travel Retail (Lagardère) e Dfs (Lvmh), ai coreani Lotte e Shilla, a Dubai e Qatar Duty Free, alla turca Setur,
al fondo americano Kkr, a un grande fondo di private equity presente nel capitale di un operatore asiatico. In
pole position ci sta Dufry, perché nell'integrazione con Wdf avrebbe le sinergie più rilevanti e pertanto
potenzialmente sarebbe in grado di formulare l'offerta più vantaggiosa. Dufry non pone la condizione secca di
liquidare i Benetton, ma il peso specifico di Edizione holding sarebbe di molto inferiore ai soci messicani e
brasiliani attuali azionisti di riferimento del gruppo elvetico. E dunque che senso avrebbe mantenere la quota
in portafoglio? Un puro investimento finanziario è lontano dalle logiche sin qui seguite da Edizione, cui risale
comunque la questione di dove re-investire e quali altri business coltivare in via privilegiata. Uno dei perni
della strategia di diversificazione, rispetto all'originaria United Colors of Benetton, ha a che fare con la
gestione di infrastrutture tramite la holding Atlantia. La programmata cessione del 30% di Adr, e in futuro di
Aspi, ha in questo senso un fine immediato: reperire risorse per sostenere lo sviluppo su scala internazionale.
Quando nelle scorse settimane, in particolare, l'amministratore delegato di Atlantia, Giovanni Castellucci, ha
dichiarato che nel primo semestre del 2015 sarebbe avvenuta la vendita del pacchetto di Adr dipendeva dal
fatto che era in gioco la possibilità di assumere la gestione della società concessionaria dell'aeroporto di
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Benetton, il riassetto dell'impero
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Santiago (tramite la controllata Costanera Norte). Ipotesi sfumata e con essa pure l'urgenza. Ma non è affatto
sfumato l'interesse che viene da alcuni fondi sovrani del golfo - Adia (Abu Dhabi) a Qatar Holding, a Wren
House (Kuwait) - e fondi pensione canadesi. Alla voce "ipotesi tramontate" va messa pure la fusione con la
sub-holding per le infrastrutture di Ferrovial, concessionario in particolare per gli aeroporti britannici di
Heathrow, Glasgow, Aberdeen e Southampton, esplorata da Edizione con il presidente e azionista di
controllo del gruppo spagnolo: Rafael Del Pino non ne vuol sapere di avere attività in Italia, evidentemente
poco si fida delle autorità di regolazione delle concessioni nel nostro Paese. Poiché in termini prospettici
sempre più emerge la necessità di aumentare la quota dei ricavi di matrice extra-italiana, Atlantia sta
valutando gare per concessioni e acquisizioni di gestori soprattutto in Centro-Sud America, a partire da
Brasile e Cile, ma anche Messico e Colombia. Nel radar rientrava fino a un anno fa pure la Russia. E pure la
Turchia, dove sono stati messe in gara per 25 anni dieci concessioni (tra cui i due ponti sul Bosforo). Gara
che nel 2013 era stata vinta dalla cordata composta da Koç Holding, Malaysia's Uem, Group Berhad e Gözde
Private Equity e che poi è stata annullata dal governo Erdogan. La massima spinta sulla
internazionalizzazione vale pure per Autogrill, che sotto la guida di Gian Mario Tondato sta vivendo una
ulteriore fase di metamorfosi. A fronte dei pesanti cali di ricavi e margini nelle concessioni per la ristorazione
autostradale, soprattutto tra Italia e Francia, Tondato sta cercando mercati geografici nuovi e sviluppando in
particolare il segmento aeroportuale. D'altra parte, il calo dei traffici e dei consumi lungo le autostrade è
fenomeno di lungo periodo e che avrà stabili significative ripercussioni sull'organizzazione dell'impresa (e sui
dati occupazionali). Di sicuro la ricerca di un partner per Autogrill, società cui Gilberto Benetton è
particolarmente legato, è un imperativo: il gruppo deve crescere in zone del pianeta dove oggi non è
sufficientemente presente e per questo lo scouting è preferenzialmente orientato su un operatore medioorientale o asiatico (senza scartare del tutto l'ipotesi in campo da anni di una fusione con la britannica Ssp).
Tra tutti i campi presidiati, quello che richiede ancora maggior tempo prima che le sementi possano crescere
porta il marchio Benetton Group. La svolta più drammatica e più importante di quest'ultimo biennio ha a che
fare proprio con l'industria che è stata l'innesco delle fortune della famiglia veneta. Orgoglio della prima
generazione, sotto la guida di Luciano, capace di generare profitti tanto elevati da dare l'abbrivio ai fratelli per
misurarsi con la storica partita delle privatizzazioni di Autogrill, Autostrade (e poi Telecom). Alessandro
Benetton, nel suo breve periodo da vicepresidente esecutivo, ha avuto il coraggio di affermare a casa che
l'azienda era diventata un po' vecchia. Se prima potevano dire con fierezza "come noi non c'è nessuno", negli
ultimi anni toccava dire piuttosto "come noi non c'è più nessuno". Da qui lo scorporo della manifattura
industriale e delle proprietà immobiliari, rispetto alle attività commerciali legate alla valorizzazione del brand.
Impensabile che i Benetton dichiarassero l'interesse a avere soci anche nella bottega di casa, ma tra un paio
d'anni apriranno le porte anche a partner per il business abbigliamento. La testa del gruppo è stata del tutto
rinnovata, con una squadra guidata da Marco Airoldi, con una mai vista prima struttura commerciale di
manager interna. Sistemi informatici, logistica, rete produttiva, relazioni commerciali in franchising, revisione
della presenza solo nei mercati strategici a sufficiente redditività: tanti cantieri che configurano una sfida
davvero cruciale per Benetton Group. Ma a ben guardare, il concetto di sfida e di svolta, dopo un ventennio
abbondante di crescita aggressiva e rampante per Edizione, riguardo tutto l'impero che fa capo a villa Minelli.
SCHEMA 37 , BENETTON GROUP , SCHEMA 38 , OLIMPIAS GROUP , SCHEMA 34 , AUTOGRILL ,
WORLD DUTY FREE , PIRELLI & C , ASSICURAZIONI GENERALI , IL SOLE 24ORE , MEDIOBANCA ,
GRUPPO BANCA LEONARDO , SCHEMA 39 , MACCARESE , EDIZIONE PROPERTY , CIA DE TIERRAS
SUD ARGENTINO , CALTAGIRONE EDITORE , VERDE SPORT , SINTONIA , ATLANTIA , AUTOSTRADE
PER L'ITALIA , GRANDI STAZIONI , S . DI MEO , BENETTON GROUP S.P.A.
Foto: Nella foto, l'interno del nuovo Mercato del Duomo aperto da Autogrill a Milano
Foto: 1 2 Qui sopra, Giovanni Castellucci (1) ceo di Atlantia e Eugenio Andrades (2) ceo di World Duty Free
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La Repubblica - Affari Finanza - Ed. n.8 - 2 marzo 2015
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(diffusione:581000)
"Serve un 'whatever it takes' anche qui"
PARLA FEDERICO MEROLA, AD DI ARPINGE ED EX PRESIDENTE DELL'ANCE: "DOBBIAMO CREARE
LE CONDIZIONI ANCHE IN ITALIAPER UN INTERVENTO LIBERO E SPONTANEO DEL MERCATO. IL
MODELLO C'È E FUNZIONA, È QUELLO DI CANADA E AUSTRALIA"
(a.bon.)
«Serve un whatever it takes anche nel campo degli investimenti in infrastrutture, se vogliamo davvero dare
una svolta al settore. Dobbiamo creare le condizioni per un intervento libero e spontaneo dei privati nel
settore "con ogni mezzo necessario e a qualsiasi costo", per dirla come il presidente della Bce Mario Draghi».
Federico Merola è attualmente l'amministratore delegato di Arpinge, società d'investimento in infrastrutture
privata, ma istituzionale, costituita lo scorso anno dalle tre casse di previdenza delle professioni tecniche
(Cipag, Eppi e Inarcassa) sull'esempio di quanto accade in paesi più avanzati in materia, come il Canada e
l'Australia. Merola, che in passato è stato anche senior partner di F2i e direttore dell'Ance, è considerato uno
dei principali tecnici del settore. Dottor Merola, che significa in questo caso whatever it takes? Non si fa già il
massimo possibile? «Mi faccia fare un passo indietro. La politica monetaria espansiva degli ultimi due anni,
culminata nel quantitative easing, è servita solo a comprare tempo. Non si è ancora tradotta in investimenti in
economia reale . Ora il Piano Juncker indica la necessità di passare alla fase degli investimenti. Ma non
basta». Perché no? «Intanto perché, con appena 2 miliardi di euro di nuovi stanziamenti, 6 miliardi di fondi
ristornati e 5 miliardi di risorse Bei, il Piano Juncker vuole generare oltre 300 miliardi di nuovi investimenti.
Non è ancora del tutto chiaro se e come ciò potrà realmente avvenire. Ma è evidente che la palla passa ai
singoli paesi dell'Unione, che dovranno avere la capacità di attivare, in competizione tra loro, meccanismi
efficaci per attirare risorse. Non c'è alcuna allocazione garantita ». Mi faccia ricapitolare: ci sono pochi soldi,
non sembra facile attivare gli investimenti dei privati e l'Italia deve farsi largo in concorrenza con gli altri paesi.
Le premesse non sono buone... «Non è per niente facile. Per questo occorre che l'Italia faccia, per suo conto,
di più». Che cosa di più? «L'Italia si presenta all'appuntamento con cronici ritardi, qualche tabù, la tradizionale
resistenza al cambiamento e soprattutto l'assenza di una reale strategia compiuta. Tutto questo nel momento
in cui importanti provvedimenti sono appena stati approvati o sono in via di emanazione ma senza che sia
ravvisabile il coerente filo conduttore di un reale cambio di passo. Un Investment Compact degno di questo
nome dovrebbe ricondurre ad una visione unitaria molti temi, inclusi quelli in discussione oggi con riferimento
alle regole di investimento per fondi pensione, casse e assicurazioni; i benefici fiscali; la disciplina delle Sicaf;
gli incentivi alle infrastrutture sociali; il riassetto degli ultimi scampoli di credito a medio lungo termine, come il
Mediocredito Centrale». Dove lo troviamo a suo giudizio questo "filo di Arianna"? «Il benchmark si fa sempre
sui casi di successo. Bisogna guardare ai modelli che hanno meglio funzionato all'estero e importarli, con i
dovuti aggiustamenti, in Italia». Quali sono questi modelli? «In Europa, soltanto il 3 per cento delle risorse dei
fondi pensione è investito in infrastrutture, contro un 10-15 per cento in Canada e Australia. I dati parlano da
soli. Del resto, nomi come Canada Pension Plan (Cpp), Omers, Ontario Teachers, Aimco o l'australiana Ifm
sono pienamente entrati nelle cronache internazionali. Partendo da questi esempi dobbiamo avere il coraggio
di affrontare il cambiamento con soluzioni non convenzionali». Ce le dica. «Servono innanzitutto società di
investimento istituzionali che operino come promotori puri, , capaci di costruire managerialità e competenza
industriale nei diversi comparti delle infrastrutture di medio livello. Perché i veicoli puramente finanziari
altrimenti non riescono a investire adeguatamente e perché le medie opere diffuse sui territori sono molto più
efficaci in termini di benessere e effetti sul Pil.». E poi che altro? «Ovviamente norme più efficaci per il
governo del territorio; regole destinate agli investitori e al risparmio gestito più moderne; la riorganizzazione
del sistema delle garanzie, una riedizione del credito agevolato per le infrastrutture sociali, un fisco in grado di
riconoscere la natura degli investitori e la destinazione degli investimenti, nonché la reale diffusione di best
practice nella gestione. Si tratta di un "big bang". Vale la pena tentare. Come ha detto sempre Draghi, "il
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[ L'INTERVISTA ]
02/03/2015
La Repubblica - Affari Finanza - Ed. n.8 - 2 marzo 2015
Pag. 4
(diffusione:581000)
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rischio di non fare oggi è più alto del rischio di fare", anche magari sbagliando qualcosina». (a.bon.) FONTE:
ELABORAZIONE ANCE SU DATI ISTAT , S. DI MEO
Foto: Nel grafico qui sopra, il drammatico e costante calo degli investimenti in infrastrutture In Italia
Foto: Qui sopra, Federico Merola
02/03/2015
La Repubblica - Affari Finanza - Ed. n.8 - 2 marzo 2015
Pag. 5
(diffusione:581000)
ZAIA, UNA PAGELLA CON TUTTI ZERI UN'AMMINISTRAZIONE
"SLOGANISTICA"
Alberto Statera
Chiede il cronista:"Vi piace la visione espressa da Luca Zaia nel quinquennio di presidenza del Veneto?"
Lunga pausa e il presidente degli industriali Roberto Zuccato risponde laconico:"Non capisco la domanda". Il
che significa: "Quale visione?" Ecco, questo è il sentimento degli imprenditori veneti, protagonisti frustrati di
quell'ex modello di successo tradito prima dal berlusconismo finito nelle macerie prodotte da Giancarlo Galan
e, nell'ultimo quinquennio, dalla Lega paralizzata nelle lotte di puro potere tra il governatore e il sindaco di
Verona Flavio Tosi e dall'incedere sul mercato nazionale della politica di Matteo Salvini. In cinque anni Zaia
ha proclamato quasi tutto e il contrario di tutto, in un tripudio di slogan con scarso costrutto che gli
imprenditori hanno vissuto come un vacuo esercizio di propaganda. Ad esempio, sull'indipendenza del
Veneto: "La solita propaganda - dice Zuccato - che ci fa solo del male, accresce l'isolamento, non ci aiuta,
sterilizza le grandi opportunità che abbiamo di fronte a noi". Al netto dei periodici innamoramenti degli
imprenditori veneti per chi comanda e quindi nelle temperie attuali per Matteo Renzi, la tragicommedia
goldoniana "Luca, Fulvio e Cacasenno" ha oscurato ogni bilancio ragionato della legislatura leghista che, nel
vuoto pneumatico di "visione", ha perseguito soprattutto l'occupazione di poltrone e il governo di
un'amministrazione "sloganistica", con vette di rara comicità. L'ultima boutade è che il Mose è un'opera
statale e che se fosse stata regionale ci sarebbero stati i controlli e nessuno scandalo. Ora, a parte il fatto che
Zaia è stato per anni vicepresidente di Galan mentre volavano "stecche" da tutte le parti e che nella sua
giunta aveva confermato alle Infrastrutture Renato Chisso, detto "Renatino 3%", che ha patteggiato due anni
e sei mesi per l'affare Mose, poche settimane fa il presidente uscente che ha fatto in articulo mortis? Ha
nominato all'Anticorruzione regionale un dirigente arrestato per turbativa d'asta e un altro per peculato e
malversazione, per la serie largo alle competenze. Adesso il neo-leader leghista Salvini, che si agita
confusamente tra l'opzione della Lega forza di governo e quella del populismo antisistema, dice che Zaia è il
governatore più amato, stando ai sondaggisti che ormai partecipano alle operazioni politiche più improbabili e
spericolate. Ma essere più amato di Roberto Maroni, suo collega lombardo, non è una gran medaglia da
appuntare sul petto, visto che a Milano le cose non vanno meglio che a Venezia. Semplicemente, gli scontri
di potere sono meno evidenti perché non si vota tra poche settimane. In due anni di governo la giunta di
Maroni ha prodotto il nulla, salvo slogan buoni la sera per il Tg regionale della Rai. Piccato per le critiche, il
governatore lombardo ha rivendicato in una lettera a "Repubblica" i titoli dei suoi slogan: "Ambulatori aperti",
"Zero bollo", "Zero ticket". Ma Roberto Rho gli ha fatto rilevare che curiosamente non ha sfiorato nessuna
delle questioni più serie: "Una legge contro il consumo di suolo che autorizza il consumo di suolo, una legge
contro la costruzione di moschee di patente incostituzionalità, un inutile referendum sull'autonomia, una
riforma sanitaria mille volte annunciata e mai realizzata, la sostanziale incapacità di elaborare un progetto di
ristrutturazione e rilancio dell'Aler. "Tra tanti zeri, il titolo è "Zero spaccato". [email protected]
Foto: Nella foto qui sopra, Luca Zaia , presidente della Regione Veneto
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 02/03/2015
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OLTRE IL GIARDINO
02/03/2015
La Repubblica - Affari Finanza - Ed. n.8 - 2 marzo 2015
Pag. 9
(diffusione:581000)
LA COMUNITÀ DELL'ENERGIA IL VECCHIO SOGNO TORNA ATTUALE
Andrea Bonanni
Il costo dell'energia in Europa è superiore del 40 per cento a quello negli Stati Uniti. Il costo del gas è tre volte
tanto. Ogni anno nella Ue spendiamo 400 miliardi di euro per importare il 53 per cento del nostro fabbisogno
energetico. Questa situazione di grave dipendenza ci crea non pochi problemi politici (vedi i rapporti con la
Russia), ma anche un danno competitivo sui mercati mondiali. Ed è aggravata dal fatto che i 28 Paesi
dell'Unione sono malissimo interconnessi tra di loro e dunque non riescono a scambiarsi l'energia quando ne
hanno bisogno. Lo standard di interconnessione minima fissato dalla Ue per il 2020 è pari al 10 per cento del
fabbisogno di ciascun Paese, ma dodici stati membri non riescono a rispettarlo: Italia, Spagna, Portogallo,
Irlanda, Gran Bretagna, Polonia, Romania, Estonia, Lettonia, Lituania, Malta e Cipro. Solo questa carenza ci
costa 40 miliardi di euro all'anno in energia sprecata. Per cercare di risolvere quello che è ormai diventato il
più pericoloso tallone d'Achille dell'Europa, la Commissione ha presentato nei giorni scorsi un vasto
programma di ristrutturazione del panorama energetico. Il vicepresidente dell'esecutivo europeo responsabile
per le questioni energetiche, Maros Sefcovic, lo ha definito «il più ambizioso progetto politico dalla creazione
della Ceca», la comunità del carbone e dell'acciaio che negli anni Cinquanta costituì l'embrione della
Comunità europea. Gli obiettivi del programma sono molteplici. In primo luogo c'è da realizzare le
interconnessioni della rete elettrica rendendo possibile lo scambio in tutto il continente tra l'energia eolica che
sarà prodotta nel mare del Nord e quella solare che arriverà dal sud Europa. Solo per raggiungere lo
standard minimo di interconnessione, sono stati identificati 137 progetti per un investimento di 40 miliardi. Poi
ci sarà da realizzare due grandi «hub» per lo stoccaggio e la distribuzione del gas liquefatto (trasportabile
anche per nave): uno nell'Est europeo, per cui sono in competizione Grecia e Bulgaria, e uno nel
Mediterraneo, in Italia o in Spagna. Infine ci sarà da raggiungere gli obiettivi di relativa indipendenza
energetica: taglio del 40 per cento delle emissioni di CO2, produzione del 27 per cento del fabbisogno tramite
energie rinnovabili e raggiungimento del 27 per cento di efficienza energetica per il 2030. Per realizzare tutto
questo, Bruxelles prevede che saranno necessari oltre mille miliardi di investimenti da qui al 2030: una cifra
che farebbe della grande ristrutturazione energetica il «core business» europeo per i prossimi decenni.
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 02/03/2015
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PALAZZO EUROPA
02/03/2015
La Repubblica - Affari Finanza - Ed. n.8 - 2 marzo 2015
Pag. 14
(diffusione:581000)
Egitto, 150 miliardi di dollari per ripartire maxi investimenti dall'energia
alla finanza
IL MINISTRO DEL COMMERCIO ESTERO, NAGLAA EL EHWANY, SPIEGA I PROGRAMMI DI SVILUPPO
DEL PAESE CHE VUOLE METTERSI ALLE SPALLE QUATTRO ANNI TRAUMATICI, DALLA PRIMAVERA
CHE ESTROMISE MUBARAK FINO AGLI SCONTRI CON L'ISIS. "I TURISTI STANNO TORNANDO"
Alessandra Baduel
«La rivoluzione è nata da cause economiche, noi ora cerchiamo di rispondere al malessere di quella parte di
popolazione che ha bisogno di sviluppo». Naglaa El Ehwany, ministro per il Commercio estero nell'attuale
governo egiziano, è un tecnico di prim'ordine che presta le sue competenze di accademica, studiosa e
consulente per la crescita del Paese da molti anni. Pochi giorni fa era a Roma per una serie di incontri con
imprenditori italiani, che si sono svolti anche in Egitto con la missione promossa dai ministeri dello Sviluppo
Economico e degli Esteri per approfondire le opportunità del mercato egiziano a fine febbraio. Una missione,
quest'ultima, alla quale hanno partecipato 90 aziende, cinque gruppi bancari e altrettante associazioni
imprenditoriali, che sono stati in visita al Cairo, al Canale di Suez, al Parco eolico di Zaafrana e in altre sedi
dove si può vedere cosa sta facendo il governo egiziano, che ha messo in campo investimenti per ben 150
miliardi in dollari. L'appuntamento centrale è ora la grande conferenza internazionale sullo Sviluppo
economico che si terrà dal 13 al 15 marzo a Sharm el Sheik. È questo il tema che sta più a cuore a Naglaa El
Ehwany, insieme alla voglia di spiegare l'effetto sociale dei progetti di sviluppo. Ministro, il luogo, Sharm El
Sheikh, sembra una scelta simbolica. «E in parte lo è. Sharm è un'immagine forte del turismo in Egitto. Di lì,
dopo la rivoluzione e i vari sommovimenti politici, molti erano andati via. Ora i turisti tornano, le cose stanno
andando meglio. Poi c'è il lato pratico, in Egitto le sedi più grandi per fare conferenze come questa sono lì».
Presenterete un piano di sviluppo ambizioso, sperate di attrarre investimenti di decine di miliardi di dollari. Nel
dettaglio, cosa proporrete? «Sono 49 le iniziative in discussione fra opportunità di investimento delineate ma
ancora non pronte e progetti veri e propri, pronti per l'investimento, che sono 33: due di joint venture fra
pubblico e privato, altri a gestione pubblica pronti per essere offerti al settore privato, altri ancora del tutto
privati. I settori interessati, per come li abbiamo suddivisi, sono dieci: energia, petrolio gas e miniere,
agricoltura, telecomunicazioni, edilizia in particolare abitativa, commercio, trasporti e logistica, sanità ed
educazione, turismo, innovazione». Qualche esempio? «Un progetto che riguarda il trattamento delle acque
reflue ad Abura Wash, a nord di Giza, per 700 milioni di dollari, per fare un esempio diciamo piccolo. Ma poi
ci sono progetti di sviluppo come quello nell'aerea di Suez, dove già da agosto si lavora all'ampliamento del
canale. Si tratta di una riqualificazione dell'area che implica logistica, cantieri navali, fabbriche del settore
manifatturiero con i tessuti prodotti vicino al porto per essere pronti al trasporto, anche turismo ovviamente. E
la creazione di un Parco Tecnologico». Come sono i rapporti con la Russia, e con la Cina? «Per quel che
riguarda la Russia, le sanzioni europee hanno avuto l'effetto di un aumento dei rapporti. Esportiamo molto più
cibo, vegetali soprattutto. E c'è un patto per una maggiore cooperazione nel settore privato. Quanto alla Cina,
abbiamo firmato un memorandum d'intesa per investimenti nei settori energetico e dei trasporti. Alla
conferenza verranno molte loro aziende, incluso il gigante delle telecomunicazioni Huawei». Lei parla spesso
di promozione del capitale umano e di sostegno dei meno privilegiati. Come valuta l'impatto sociale di questi
progetti di sviluppo? «Mi attendo un grosso beneficio. La rivoluzione è partita perché c'erano tre milioni di
disoccupati, quasi tutti giovani che avevano studiato e non riuscivano a fare quello a cui aspiravano. Ora
l'idea è di creare lavoro più qualificato anche per loro. La nuova Costituzione prevede il doppio della spesa
per sviluppo sociale, istruzione, sanità, assistenza. Le famiglie con sussidio pubblico adesso sono tre milioni,
prima erano un milione e mezzo. In più i sussidi sono vincolati al fatto che i figli vadano a scuola. La
copertura sanitaria pubblica è stata estesa, si punta a costruire case di edilizia popolare, c'è un ministero
dello Sviluppo urbano per migliorare la situazione delle periferie e anche le file per il pane sono un problema
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 02/03/2015
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INTERVISTA
02/03/2015
La Repubblica - Affari Finanza - Ed. n.8 - 2 marzo 2015
Pag. 14
(diffusione:581000)
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 02/03/2015
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risolto: c'è un sistema automatizzato con carta a punti che le ha fatte sparire». Fino a pochi anni fa lei era nel
Consiglio nazionale per le donne. Molte in Egitto subiscono violenze, ci sono progetti anche per loro? «Le
violenze contro le donne in piazza Tahrir sono state fatte per ragioni politiche, per umiliarle in pubblico. Ma
sono le donne delle periferie degradate a subire tutta la vita le condizioni peggiori: lavorano per mantenere la
famiglia e vengono abusate e picchiate in casa. Molti progetti sono dedicati proprio a loro». S. DI MEO
Foto: Il ministro del Commercio estero egiziano Naglaa El Ehwany ; a destra il Canale di Suez: sono appena
partiti i lavori per il raddoppio
02/03/2015
La Repubblica - Affari Finanza - Ed. n.8 - 2 marzo 2015
Pag. 33
(diffusione:581000)
DAN GRAMZA, GURU DEGLI INVESTIMENTI, SPIEGA I SEGRETI ALLA BASE DELLE SUE STRATEGIE :
COME ANTICIPARE I SEGNALI DI ACCELERAZIONE O DI CORREZIONE CHE CONSENTONO DI
MUOVERSI TRA I LISTINI IL 17 MARZO TERRÀ UNA CONFERENZA PRESSO BORSA ITALIANA
(l.d.o.)
Milano Individuare un metodo di investimento e perseguirlo anche se momentaneamente i mercati si
muovono in direzione opposta. Studiare i megatrend che caratterizzeranno l'economia mondiale e individuare
le società meglio posizionate. Sono le due regole base per ottenere buone performance sui mercati finanziari
secondo Dan Gramza, fondatore della società di investimenti Gramza Capital Management, consulente di
enti e istituzioni come Cme Group e Università di Ginevra, nonché autore di libri e conferenziere, che in
quest'intervista ad Affari&Finanza presenta alcuni dei temi che tratterà il 17 marzo prossimo a Milano, nella
sede di Borsa Italiana per l'evento "I grandi trader internazionali" organizzato da Ig. È pronto a svelare i
"segreti" di un trading di successo? "Anche se il lavoro che porta alle scelte di compravendita è molto
complesso, il ragionamento alla base si può spiegare con uno schema abbastanza semplice: si tratta di
individuare i segnali che lasciano presagire un'accelerazione o una correzione in arrivo. Ovviamente la scelta
richiede uno studio analitico e continuo dei grafici, ma se si ha fiducia nel proprio metodo di lavoro, occorre
perseguirlo anche se momentaneamente dal mercato arrivano segnali che vanno in direzione contraria". Il
suo sembra un ragionamento da investitore di medio-lungo termine, più che da trader a caccia di occasioni...
"Le regole di investimento nel breve, medio e lungo termine sono - in termini generali - le stesse. A cambiare
è solo l'incidenza della volatilità nelle diverse prospettive temporali...". Fin qui non ha svelato molto delle sue
strategie. "Nelle mie scelte seguo essenzialmente cinque indicatori: cerco di comprendere dove sta andando
il mercato nel suo insieme; quindi fisso le regole di entrata e uscita sui singoli titoli; stabilisco il livello di
guadagno oltre il quale monetizzare e le perdite che sono disposto ad accettare; definisco il rapporto tra i
profitti e le perdite di un determinato mercato; infine faccio una stima della durata di un trend rialzista o
ribassista". Quindi, per chi è alle prime armi con il trading, occorre fare una full immersion tra studi e analisi?
"La formazione in questo campo è fondamentale, come per ogni attività di business. Il trader deve porsi nella
stessa condizione di un imprenditore, che sa di dover studiare continuamente il mercato per riuscire a fare
meglio degli altri. Quindi, indipendentemente dalla tecnica che sceglierà di utilizzare, non potrà prescindere in
ogni scelta da un'analisi delle aspettative di profitto e dei rischi che corre. Questo sarà fondamentale per
decidere modalità e tempistiche di ingresso e uscita. Quanto più la tecnica sarà affinata, tanto più alte
saranno le possibilità di ottenere risultati positivi. Il concetto vale anche per chi decide di affidare i propri
investimenti ad altri, ad esempio a gestori professionali. Un investitore informato e istruito contribuirà ad
allocare al meglio il proprio risparmio. Se gli vengono proposte soluzioni che fatica a comprendere, il mio
consiglio è di lasciar perdere". Intende dire che vanno evitate scelte d'istinto, ad esempio resistendo alla
tentazione di liquidare tutto quando le cose vanno diversamente rispetto alle aspettative? "Lo stress è una
costante per chi investe in Borsa. Ma, se si ha fiducia nel proprio metodo di lavoro, si possono evitare scelte
affrettate". Allargando lo sguardo allo scenario macro, quali sono a suo avviso i settori e le aree più
promettenti? "L'invecchiamento della popolazione mondiale sarà un tema chiave dei prossimi anni. Quindi
monitori con grande attenzione le società che si occupano di assistenza sanitaria, di biotecnologia e
l'industria farmaceutica. Inoltre le tecnologie Internet, i social media e la telefonia mobile continueranno a
crescere in maniera sostenuta. Quanto alle valute, il dollaro è destinato a mantenere una posizione di forza a
causa del suo ruolo di valuta di riserva. Anche se non sono così convinto che la Federal Reserve inizierà ad
alzare i tassi sul finire del primo semestre: potrebbe avvenire anche a fine anno, se non addirittura nel 2016.
Prevedo ancora una crescita robusta in Cina e questo potrebbe portare benefici per i grandi produttori di
materie prime come l'Australia e il Canada. Inoltre, l'abbondante liquidità in circolo sui mercati finanziari
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 02/03/2015
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"Cinque indicatori per comprare e vendere al momento giusto"
02/03/2015
La Repubblica - Affari Finanza - Ed. n.8 - 2 marzo 2015
Pag. 33
(diffusione:581000)
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 02/03/2015
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promette un'accelerazione nel processo di fusioni e acquisizioni in vari settori, a cominciare dall'industria
petrolifera e del gas, che si trova a fare i conti con la riduzione dei margini conseguente al calo dei prezzi.
Qual è la sua view sull'equity dei Paesi sviluppati, reduci da anni di rialzo? "Sono ottimista sia per Wall
Streeet, grazie agli utili aziendali che promettono di crescere sensibilmente nei prossimi trimestri, sia verso
l'Eurozona, grazie alla spinta che arriva dalla Bce. Occorre però prestare molta attenzione al ritorno della
volatilità, tra tensioni geopolitiche, alti e bassi delle commodity e incertezze sulla crescita mondiale". Di cosa
parlerà a Milano? "Presenterò il mio approccio agli investimenti, che ho battezzato 'Behavioral Japanese
Candle analysis', vale a dire due strategie d'investimento specifiche a breve, medio e lungo termine. Inoltre
spiegherò l'importanza del 'Trading in Eye of the Storm' e come iniziare a metterlo in pratica. Le tecniche che
presenterò saranno applicate agli attuali mercati europei e degli Stati Uniti in tempo reale". S.DI MEO
Foto: Il trader deve porsi nella stessa condizione di un imprenditore che sa di dover studiare continuamente
02/03/2015
Corriere Economia
Pag. 1
Tassi zero o negativi: le buone occasioni per chi vuole investire
Massimo Fracaro
Sarà difficile nei prossimi mesi vedere il Tesoro italiano collocare Btp con tassi negativi. Come sta
avvenendo, invece, per i Bund tedeschi, i bond svizzeri, svedesi o olandesi e, perfino, per gli Oat francesi
(paese che di squilibri finanziari non ne ha certo pochi). Il fatto che lo spread nei giorni scorsi abbia bucato al
ribasso il muro dei 100 punti, è già di per sè, un successo (a gennaio 2012 eravamo a quota 520). Da
festeggiare, perché il differenziale con i Bund tedeschi può scendere ancora. E' questa una delle scommesse
da giocare nei prossimi mesi. Ma perché si deve investire su titoli a resa zero se non negativa? E chi lo fa?
Per capirlo vale la pena ricordare il meccanismo che lega i rendimenti delle obbligazioni ai loro prezzi. Più i
tassi scendono, più sale la quotazione di titoli. Tassi negativi, stanno a significare prezzi stellari. Ma fino a
quanto si può sprofondare nella negatività? Le banche, probabilmente, continueranno a investire sui titoli di
Stato perché perdere lo 0,08 per cento, rendimento di qualche Bund, è sempre meglio che depositare i soldi
presso la Bce e pagare una penale dello 0,20%. Ma c'è un'altra ragione per cui la scommessa dei tassi
negativi si può tentare. Da questo mese prenderà il via l'operazione di quantitative easing della Bce che
acquisterà 60 miliardi di titoli al mese, per un totale di 1.080 in 19 mesi. Se l'operazione avrà successo, i
rendimenti dei titoli di Stato scenderanno ulteriormente e, di conseguenza, i loro prezzi saliranno. Quello che
ci insegna la parabola dei rendimenti negativi è che non bisogna più solo guardare alle cedole delle
obbligazioni, come siamo stati abituati a fare dai tempi della grande inflazione, ma valutare il ritorno
complessivo di un investimento (interessi e capital gain). E, visto che stiamo parlando di finanza, forse è il
caso di scoprire un altro derivato di questa crisi. Il necessario ritorno degli investimenti sull'economia reale,
che può dare rendimenti più interessanti dei bond. Se avvenisse, saremmo sulla strada (quasi) perfetta per
allontanarci dalla crisi. Dopo aver attraversato, purtroppo, una tempesta perfetta.
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SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 02/03/2015
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IL PUNTO
02/03/2015
Corriere Economia
Pag. 1
Liberalizzazioni: la matita rossa dei professionisti
ISIDORO TROVATO
A pagina 21
U na pioggia di proteste. Il mondo dei professionisti non ha accolto con favore il disegno di legge sulla
concorrenza appena varato dal governo Renzi. Lo scontro però sembra più che altro orientato sulle
competenze, piuttosto che sui ruoli. Un contesto molto diverso da quello vissuto con i governi Berlusconi e
Monti quando si parlava di liberalizzazioni, abolizione degli albi professionali e deregulation totale.
«Le professioni italiane sono sempre state aperte alla concorrenza, - afferma Marina Calderone, presidente
del Coordinamento unitario delle professioni - come dimostra la tempestiva e piena attuazione delle varie
normative di liberalizzazione che si sono susseguite nel tempo. Rispetto al passato, però, il governo Renzi ha
scelto di intervenire sulle professioni con un disegno di legge dando così la possibilità di una riflessione
parlamentare. Gli ordini professionali, in rappresentanza di un comparto che contribuisce a creare il 15% del
Pil, chiedono all'esecutivo l'istituzione di un tavolo tecnico per meglio poter discutere del nostro contributo al
buon andamento della pubblica amministrazione e di come aumentarne l'efficienza». Stavolta quindi non
sembra in discussione l'intero sistema, però le obiezioni esistono e riguardano molte categorie.
Ingegneri e architetti
Nel campo delle costruzioni torna d'attualità un tema esploso qualche mese fa: la concorrenza tra società
d'ingegneria (composte generalmente da ingegneri e architetti) e i singoli professionisti dell'area edile. In
base al disegno di legge le società di ingegneri potranno assumere commesse da privati superando una
disciplina oscura e risalente agli anni '40. «Il punto è - spiega Leopoldo Freyrie, presidente del Consiglio
nazionale degli architetti - che così si creano i presupposti per un vantaggio concorrenziale. Nel mondo delle
professioni tecniche la forma giuridica di aggregazione esiste già, è stata istituita dalla riforma del governo
Monti e si chiama società tra professionisti. Le Stp hanno vincoli e controlli che le società d'ingegneria non
hanno». Qualche esempio? «I soci di una società di ingegneria - elenca Freyrie - non hanno l'obbligo di
esercitare la professione in via esclusiva nell'ambito dello stesso organismo; nelle società tra professionisti i
soci iscritti all'Albo devono rappresentare almeno i 2/3 del capitale , per le società d'ingegneria non sono
previsti limiti specifici all'apporto di capitale da parte dei soci. Infine le Stp rispondono disciplinarmente delle
violazioni delle norme deontologiche all'Ordine professionale presso il quale sono iscritte, invece l'ordine di
riferimento non può verificare o sanzionare eventuali violazioni delle norme deontologiche di una società di
ingegneria. Prima le società d'ingegneria potevano operare solo per le pubbliche amministrazioni, adesso
hanno accesso anche al mercato privato. Non mi pare che si tratti di concorrenza ad armi pari».
Avvocati
Il nuovo testo del governo propone proprio l'introduzione delle società tra professionisti anche tra gli avvocati
che però nella loro legge forense le avevano messe al bando. «Si introduce il concetto di società
multidisciplinare senza tener in alcun conto l'importanza del segreto professionale particolarmente previsto e
tutelato dalla nuova normativa forense - protesta Maurizio de Tilla, presidente dell'Associazione nazionale
avvocati - e si introduce nuovamente il socio di capitale che inquinerà certamente l'esercizio della professione
e lo stesso andamento dei processi».
Commercialisti e notai
La critica si concentra soprattutto sulla norma che riguarda gli immobili (destinati a uso non abitativo) il cui
valore catastale non superi i 100 mila euro: in base alla riforma non saranno più soltanto i notai a poter
sottoscrivere l'atto ma anche gli avvocati. A lanciare l'allarme sono i notai che denunciano una deregulation
che potrebbe aprire le porte a infiltrazioni mafiose e truffe sul modello di ciò che è successo negli Usa con i
«mutui subprime». Ma a protestare ci sono anche i commercialisti: «Se la ratio della norma - si chiede
Gerardo Longobardi, presidente dei commercialisti - è quella di allargare la platea dei professionisti a quelli
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 02/03/2015
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Concorrenza
02/03/2015
Corriere Economia
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La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
che autenticano la firma del cliente nel mandato alle liti, non si comprende perché siano stati esclusi i
commercialisti, che abilitati alla difesa tributaria dei contribuenti, già autenticano la firma di questi ultimi. Se
invece la ratio era quella di individuare professionisti dotati di specifica competenza in materia, ricordiamo
che i commercialisti, accanto ai notai e agli avvocati, già dal 2005 vengono delegati alle operazioni di vendita
dei beni immobili nel processo esecutivo».
Molto negativo il giudizio dei commercialisti anche sulle nuove norme relative agli atti di trasferimento delle
partecipazioni di srl. «La modalità proposta dal governo - spiega Longobardi - non fornisce al consumatore
garanzie di certezza e qualità del servizio come avviene con la normativa attuale. Quella della cessione delle
quote di srl è un'attività oggi riservata al notaio e al commercialista. La redazione di questi atti dovrebbe
essere appannaggio di professionisti con adeguate competenze nella materia del diritto societario e che per
legge sono tenuti al rispetto della normativa antiriciclaggio».
Insomma, secondo i commercialisti ci si troverebbe al centro di una logica di due pesi e due misure. «Le
nuove norme - ricorda il presidente dei commercialisti - penalizzano alcune categorie professionali e ne
avvantaggiano altre, senza perseguire, a parer nostro, l'obiettivo della semplificazione. È quindi una
semplificazione a somma zero. Per contro, nonostante la dichiarata volontà di favorire il consumatore, il
disegno di legge lo priva di qualsiasi effettiva tutela circa la garanzia del rispetto delle condizioni minime
imposte dalla legge».
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Foto: Mise Il ministro Federica Guidi
02/03/2015
Corriere Economia
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Popolari Soluzione Casse di Risparmio L'exit strategy passa per una
Fondazione
Il progetto potrebbe interessare Vicenza e la Veneto. Cariverona alleata del Banco
stefano righi
In attesa della conversione in legge del decreto Renzi dello scorso gennaio, che impone alle dieci banche
popolari con più di otto milioni di attivi la trasformazione della società in Spa, molti stanno correndo ai ripari.
Ci saranno 18 mesi di tempo, secondo il decreto, a far data dalla pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale , per
operare la trasformazione. Ma dopo anni di rinvii e di onerose perdite di tempo con il solo fine (raggiunto) di
cristallizzare lo status quo , c'è chi sta lavorando per anticipare i tempi e presentarsi pronto, nella nuova veste
di Società per azione, già nel corso di quest'anno.
Obblighi e volontà
Al di là degli obblighi di legge, infatti, la tendenza appare chiara e i più avveduti si stanno attrezzando. La
Popolare di Vicenza, nelle parole del suo presidente, Gianni Zonin, già nell'estate del 2014 mise allo studio
una possibile radicale trasformazione dello statuto sociale. Altri stanno ragionando sui medesimi principi.
Vi è però, comprensibilmente, da conservare un patrimonio di storia e di rapporti con i territori di origine che
sarebbe imperdonabile dilapidare. Così, per meglio coniugare passato e futuro, l'idea che va per la maggiore
è quella di trasformare alcune delle attuali banche popolari cooperative in fondazioni, a cui conferire tutte le
attività non strettamente bancarie che fanno oggi capo alla Popolare.
Dentro alla fondazione finirebbero gli asset immobiliari, le collezioni d'arte e tutto ciò che non è strettamente
connesso all'attività bancaria. La fondazione, così dotata, cederebbe invece a una nuova società per azioni
tutto il business bancario, mantenendo una quota minoritaria della stessa Spa, che si costituirebbe con un
aumento di capitale che fornirebbe la maggioranza della dotazione finanziaria necessaria alla newco .
L'ipotesi potrebbe soddisfare gli interessi della PopVicenza e di Veneto Banca, che peraltro ha già due
fondazioni in casa, la Veneto appunto e la Intra.
Schemi
Nei fatti, il progetto ricalca lo schema ideato una ventina d'anni fa da Giuliano Amato, quando creò le
fondazioni ex bancarie che resero possibile la trasformazione delle vecchie Casse di risparmio in Spa. Da
quella esperienza straordinaria il sistema bancario nazionale ha tratto grandi benefici, con la nascita di due
colossi di dimensione europea, Unicredit e Intesa. Qualcosa di simile potrebbe accadere domani sulla spinta
della volontà del governo Renzi. I poli aggreganti sembrano inizialmente identificarsi nell'Ubi e nel Banco
Popolare. Saranno probabilmente i gruppi guidati rispettivamente da Victor Massiah e Pier Francesco Saviotti
i primi a muovere. Entrambi sono dati sulla direttrice di Nordest, verso Vicenza e Montebelluna, le due
banche (popolari e non quotate) che secondo le recenti cronache sono maggiormente bisognose di un
processo di consolidamento. Per tutte, c'è la necessità di individuare rapidamente investitori istituzionali che
possano rappresentare un nocciolo duro capace di dare stabilità all'azionariato delle banche popolari
trasformate in Spa.
Tra i più lesti a muoversi c'è il Banco Popolare, che sembra aver avviato delle valutazioni con l'altro grande
attore delle finanza veronese, la Fondazione Cariverona, presieduta da Paolo Biasi, tuttora azionista rilevante
di Unicredit. Cariverona - anche se è difficile riconoscere nell'eventuale investimento un processo di
diversificazione del rischio - potrebbe rappresentare per il Banco Popolare presieduto da Carlo Fratta Pasini il
primo mattone di un edificio interno a cui ancorare, in ottica di rispetto e di tutela del territorio, le sorti future
del Banco. Peraltro, Cariverona è già socia del Banco. Si tratterebbe di ritarare i pesi in un'ottica diversa,
strategica. Per Biasi, le cui quotazioni erano, secondo alcuni, in flessione, sarebbe l'ennesimo ritorno da
protagonista.
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 02/03/2015
311
La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
Governance Verrebbe scorporata l'attività bancaria in favore della Spa, che avrebbe la maggioranza del
capitale
02/03/2015
Corriere Economia
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SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 02/03/2015
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@Righist
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L'ipotesi di trasformazione Aumento di capitale Aumento di capitale Banca Popolare Cooperativa Nuova
Banca SpA Proprietà immobiliari e d'Arte Attività bancaria Fondazione SpA con meno del 50% con più del
50%
Foto: Popolare di Vicenza Gianni Zonin
28/02/2015
Milano Finanza - Ed. n.42 - 28 febbraio 2015
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Torna Berluscash?
Elkann vende il mattone per avere in cassa 3,4 miliardi e comprare asset management I Berlusconi vogliono
assicurarsi libri e antenne per raddrizzare i conti. Chi ha più chance L'offerta di Ei Towers sulle 2.300 torri di
Rai Way, secondo il Pd, è una mossa politica, figlia (segreta) del patto del Nazareno, che porterà al
monopolio di settore e permetterà ai Berlusconi di dominare la scena ancora una volta in barba alle regole di
mercato e alle authority? Chiedetelo agli azionisti, piccoli e grandi, quindi anche alla Rai (e indirettamente al
governo Renzi), della società infrastrutturale sbarcata a Piazza Affari a metà dello scorso novembre. Tutti
dovrebbero rispondere: sì, grazie, accettiamo l'offerta pubblica di offerta e scambio, monetizziamo e al
contempo diventiamo soci del colosso nazionale del settore, in attesa di nuovi e più ricchi dividendi. Perché
se si guarda solo al mercato non c'è altra scelta. Il titolo Rai Way nella seduta di venerdì 27 ha toccato il
nuovo massimo storico a 4,07 euro, balzando del 27,65% da inizio anno e soprattutto del 38% rispetto al
prezzo del debutto (2,95 euro). Difficile non accostare questo rally all'opas lanciata da Ei Towers a 4,5 euro
per azione con un premio implicito del 52% rispetto al valore del debutto sul listino. E che attorno all'azienda
presieduta da Camillo Rossoto ci sia attenzione lo dimostra il fatto che nelle ultime due settimana è stato
scambio il 9% del capitale su un flottante complessivo del 35%. A posizionarsi pare siano stati i fondi
infrastrutturali che già sono esposti sul settore, soprattutto nei big americani (American Towerse Crown
Castle) o i fondi di private equity azionisti della francese Tdf (Tpg, Ardian e Charterhouse) o l'inglese Arqiva
(Canada Pension Plan Investment Board, Macquarie European Infrastructure e Ifm). Perché, nonostante il
niet del premier che stoppa di fatto le intenzioni di acquisto e delisting di Ei Towers («deve restare il vincolo
del controllo pubblico al 51%, non si discute»), il decreto dello stesso Renzi col quale lo scorso settembre si è
avviata la privatizzazione di Rai Way, l'intervento dell'Antitrust e della Consob, l'alzata di scudi dei principali
esponenti del Pd, è plausibile che il predatore partecipato al 40% da Mediaset non mollerà la presa. Come
farà, la società presieduta da Alberto Giussani che controlla 2.300 torri e vuole diventare il leader nazionale
del settore, a far cambiare idea ai vertici di viale Mazzini e all'inquilino di Palazzo Chigi? La strada è di fatto
una sola: dimostrare di voler allentare la presa sulle infrastrutture di trasmissione tv e tlc pubbliche. Come
fare? Una prima soluzione è cambiare i contenuti dell'opas e, come anticipato da MF-Milano Finanza, offrire
alla Rai un controllo paritetico della newco, ovviamente definendo meglio i confini della governance e
garantendo una equa rappresentanza in consiglio d'amministrazione. Oppure si può ampliare il perimetro del
progetto coinvolgendo, come sostengono da giorni gli analisti di Piazza Affari, la società che gestisce le torri
di Telecom Italia che sta per quotarsi. O, ancora, si potranno coinvolgere in un momento successivo al
matrimonio quegli stessi fondi infrastrutturali che stanno studiando la complessa operazione da 1,22 miliardi.
Altrimenti si può seguire la rotta tracciata dal viceministro dell'Economia, Enrico Morando: «Per una volta
usciamo dalla polemica politica e iniziamo a valutare se non sia il caso di ammodernare il sistema
radiotelevisivo. Forse anche in questo settore serve un'operazione che lo aiuti a essere più produttivo, dal
punto di vista di autonomia della rete dalla produzione di contenuti. Come è avvenuto nel caso dell'energia
elettrica e del gas. Sul modello Snam e Terna», ha detto l'esponente di governo in un'intervista concessa al
Quotidiano Nazionale nei giorni scorsi. Ma quella della torre è solo una delle mosse che la famiglia Berlusconi
sta per mettere a segno per dare scacco matto finanziario. E tornare a essere il re di denari di Piazza Affari e
non uno dei tanti nella top ten dei paperoni scavalcato pure dal sodale Ennio Doris. L'altra è l'offerta per ora
non vincolante da 130-150 milioni avanzata dalla Mondadori per la Rcs Libri. Un altro modo per creare un
campione nazionale del settore della lettura con un quota di mercato del 40% del mercato trade e del 16%
dell'intero business nazionale. Operazione non facile, non solo per l'opposizione di molti scrittori, ma anche
perché il cda di Rcs, che lunedì 2 marzo deve dare una risposta, è in scadenza e in seno al gruppo di Via
Rizzoli è in atto una guerra tra soci per il controllo. Queste due scelte strategiche, sostengono gli addetti ai
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 02/03/2015
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DYNASTY - Rampolli in manovra Conviene seguirli?
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Milano Finanza - Ed. n.42 - 28 febbraio 2015
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SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 02/03/2015
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lavori, sono figlie di un'unica strategia impostata dall'ex premier, che sta risalendo la china nei sondaggi
elettorali, e definita dalla holding Fininvest presieduta da Marina Berlusconi, non a caso numero uno della
casa editrice di Segrate. L'obiettivo finale è abbandonare o limitare al massimo l'esposizione nei business più
ciclici (l'editoria periodica e la finanza in senso stretto) per concentrarsi su attività solide, durature e dal
rendimento certo come quelle infrastrutturali o i libri. Per arrivare a essere leader indiscussi in settori che non
sono strettamente legati all'andamento dell'economia e che garantiscano dividendi. Non per nulla dal 1996
anno di quotazione di Mediaset, le società riconducibili ai Berlusconi, quindi la tv, Mondadori e Mediolanum,
hanno distribuito qualcosa come 7,4 miliardi ai soci, a partire da Fininvest. E se si considera che dal 2011 il
Biscione (4,87 miliardi di cedole staccate dalla quotazione datata 1996) non regala soddisfazioni e da
Segrate non arrivano assegni dal 2008 con l'unica eccezione del 2010 (41 milioni), si può dire che le aziende
dell'ex premier sono state un po' avare negli ultimi anni. Perché cash is king in quel di Arcore. Da qui si
spiega la ferrea volontà dell'ex Cav di non mollare la presa su Mediolanum (30%) nonostante il diktat di
Bankitalia di mantenere non più del 9,9% dopo la sua condanna definitiva. La famiglia è infatti convinta di
vincere il ricorso al Tar sul congelamento dei gran parte della partecipazione. Il 22 aprile il tribunale si
esprimerà e sarà il vero d-day. O B-day in questo caso. In caso di sconfitta, comunque, la vendita di un
pacchetto di azioni Mediolanum superiore al 20% e potenzialmente congelato in un trust definito da Intesa
Sanpaolo garantirebbe un incasso monstre. Basti pensare che ai prezzi attuali, con un azione del gruppo
bancario guidato da Ennio e Massimo Doris vicina a 7 euro con un guadagno del 28,4% da inizio anno, per
una capitalizzazione di 5 miliardi, a Fininvest arriverebbe una cifra lorda vicina al miliardo. Capitali coi quali si
potrebbe sanare definitivamente Mediaset Premium, uno dei temi più caldi sul tavolo dei Berlusconi. Perché
se il broadcaster è leader incontrastato sul fronte della raccolta pubblicitaria in Italia e Spagna (la branch
locale ha staccato giust'appunto un dividendo di 47,5 milioni su un utile 2014 di 55,5 milioni), il business del
digitale a pagamento non sarà a break even fino al 2017 a causa del costoso shopping dei diritti esclusivi
della serie A e soprattutto della Champions League. Per questo si pensa ad alleati quali la spagnola
Telefonica già all'11% del capitale e, potenzialmente, al gruppo francese Vivendi presieduto da Vincent
Bolloré, azionista forte di Mediobanca, super-liquido e proprietario pure del gruppo pubblicitario Havas che
vuole far crescere per linee esterne. Dare vitaa un polo multimediale su scala europea garantirebbe ai
Berlusconi un futuro televisivo diverso, ma migliore. (riproduzione riservata)
MEDIASET MEDIASET ESPANA EI TOWERS MEDIOLANUM MONDADORI 3,0 4,5 4,0 3,5 quotazioni in
euro Var.% sul 27 nov 2014 9,5 11,0 11,5 10,5 10,0 quotazioni in euro Var.% sul 27 nov 2014 38 50 46 42
quotazioni in euro Var.% sul 27 nov 2014 4,5 7,0 6,0 6,5 5,0 5,5 quotazioni in euro Var.% sul 27 nov 2014 0,7
1,0 0,9 0,8 quotazioni in euro Var.% sul 27 nov 2014 4,12 € +27,4% 11 € +13% 49 € +15% 6,79 € +20,8%
0,99 € +21,2% 27 feb '15 27 nov '14 27 feb '15 27 nov '14 27 feb '15 27 nov '14 27 feb '15 27 nov '14 27 feb
'15 27 nov '14
GRAFICA MF-MILANO FINANZA
Foto: Pier Silvio Berlusconi
Foto: Silvio e Marina Berlusconi
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Quanta qualità in Italia
Silvia Berzoni Class Cnbc
«Cinque anni fa la Fed ha immesso molti soldi nel mercato americano con un'unica intenzione: indebolire il
dollaro e rafforzare gli asset finanziari. E ha funzionato». Mario Gabelli, uno dei più noti gestori guru di Wall
Street, plaude all'operato della banca centrale che ha trascinato i mercati ai massimi e ha spinto anche gli utili
aziendali. «E nel 2016 i conti delle corporate saranno ancora migliori, perché si pensa che l'Europa
riprenderà a crescere, così come il Giappone». Domanda. Mister Gabelli, dunque i multipli espressi dal
mercato sono assolutamente sostenibili. Risposta. I multipli sono una funzione dei tassi di interesse. I bond
decennali sono al 2% ma crediamo che saliranno al 3-3,5%. Quindi la situazione è questa: buone trimestrali
ma venti contrari in prospettiva dai tassi di interesse. E allora bisogna comportarsi come in aereo: tenere le
cinture allacciate perché ci sarà molta volatilità. In questo scenario l'unica soluzione possibile è adottare una
gestione attiva: agendo così si può pensare di guadagnare il 10% annuo nei prossimi dieci anni acquistando
aziende di valore così come facciamo noi e Warren Buffett, comprando l'indice si arriverebbe a stento al 5%.
D.E dove si trova valore? R. Ci sono segnali nel biotech e nel settore dei social media che indicano che le
valutazioni sono alte. Ma ci sono titoli industriali con valutazioni ragionevoli, bisogna solo cercarle bene e
comprarle al giusto prezzo, il che è sempre un sfida. Penso ad esempio al food&beverage e alle società in
odore di m&a. Per esempio Cyberonics si è unita all'italiana Sorin per creare valore aggiunto, mentre in
Spagna Iberdrola ha aumentato la sua esposizione sugli Stati Uniti. Quindi ci sarà molta ingegneria
finanziaria, tante aziende si ameranno e convoleranno a nozze. Ne vedremo delle belle. Il vero rischio è la
troppa eccitazione a proposito delle azioni che salgono: quando cadi dal quinto piano di un palazzo ti fai
male, se cadi dal piano terra molto meno. D. Quali sono i Paesi su cui puntare nel 2015? R. Noi non
compriamo pensando ai Paesi ma pensando alle aziende. Anche italiane. Per esempio, per stare nel
food&beverage, stiamo comprando Campari, anche se qui negli Stati Uniti vende un bourbon, il Wild Turkey,
che non è il mio preferito. Però siamo preoccupati dal modo in cui stanno gestendo la governance: stanno
trattando come si deve gli azionisti? Non mi piace la creazione di una nuova categoria di azioni privilegiate
con voto multiplo. Anzi, penso sia una cosa terribile perché permetterà agli insider di mantenere il controllo
del voto e poi di vendere le proprie azioni nel tempo. Ci piacciono poi le aziende che producono beni di lusso.
Alcune persone credono che i beni di lusso siano solo gioielli o vestiti, cravatte, bourbon o champagne, ma
anche Brembo, che vende componenti per auto di alta gamma, va considerato lusso e per questo l'abbiamo
comprata qualche anno fa. D. Parlando di lusso e di Italia non si può non pensare alla Ferrari. Vi interessa
l'ipo decisa da Fca? R. Nel contesto dei beni di lusso Ferrari è un'azienda davvero unica, non per niente
abbiamo già azioni Exor. Se fossi un investitore io mi concentrerei proprio su quest'ultima per poi avere una
presenza in ognuno dei suoi brand, Fca compresa. Dunque ci concentreremo sulla quotazione di Ferrari,
ragionando sul prezzo di vendita, il valore, i multipli ma, anche qui, su come vengono trattati gli azionisti. D.
Marchionne li sta trattando bene? R. L'ho incontrato l'ultima volta nell'assemblea di Case New Holland, dato
che mi piace seguire l'industria dei mezzi agricoli. Gli ho detto che ha fatto un lavoro straordinario, date le
enormi sfide che doveva affrontare con certe regolamentazioni in alcune parti del mondo. D. Le tre azioni da
comprare nel 2015? R. La prima è una compagnia del Tennessee. La musica, come il bourbon, specialmente
quella country, sta diventando molto popolare, basti pensare ad esempio a Taylor Swift, che ora si sta
spostando verso un genere diverso. C'è un'azienda chiamata Ryman: hanno grandi hotel e le azioni valgono
58 dollari con un dividendo che è salito da poco, mentre i dirigenti stanno facendo un buon lavoro. La
seconda è la costola di una delle aziende di ingredienti di cui parlavo, International Flavours and Fragrancies:
il titolo è a 120 dollari. La terza è una società che si è trasferita da Londra a Miami e si occupa di cavi e
sistemi wireless nei Caraibi: si chiama Cable and Wireless C o m m u n i c a t i o n s. Inoltre siamo interessati
a Interpump e ad altre aziende italiane che sono però difficili da comprare: troppo piccole per un fondo da 50
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 02/03/2015
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INTERVISTA
28/02/2015
Milano Finanza - Ed. n.42 - 28 febbraio 2015
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SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 02/03/2015
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La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
miliardi. D. Lei è stato un pioniere nel settore dei media. Come approfittare dell'evoluzione e delle dinamiche
del settore? R. Ottima domanda. Ci sono 3 miliardi di persone in Cina e in India che cercano ogni giorno di
avere più smartphone. Qualcuno deve crearne i contenuti. Io non conosco il cricket ma a quanto pare c'è una
grande popolazione che lo adora e che ha bisogno di contenuti. Tutti vogliono guardare la Coppa del Mondo
di calcio e il Superbowl ma pretendono altissima qualità sotto tutti i punti di vista. Dunque consiglio ai miei
clienti 21st Century Fox di Rupert Murdoch, ma ho in portafoglio anche un'azienda messicana chiamata
Gruppo Televisa, dove Emilio Escaraga sta portando avanti l'impresa del padre con telenovelas e tante altre
cose. Abbiamo anche azioni di aziende europee via cavo e di tlc. Insomma, ci convincono sia la distribuzione
sia i contenuti. D. Ha comprato la sua prima azione a 13 anni. Se oggi avesse la stessa età, che cosa
comprerebbe? R. Qualcosa che è divertente da guardare, qualcosa che esiste da un po' di tempo ma che
abbia il potere di ispirare nuovi modi per fare innovazione. Guardo i miei nipoti che stanno online tutto il
giorno, quindi probabilmente comprerei azioni di un'azienda del web, non per guadagnarci ma per avere una
sorta di ispirazione e per possedere una piccola parte di un business vincente. Nel momento in cui diventassi
un investitore maturo, comprerei Netflix e BSkyB. O qualcosa di semplice e immortale come Ferrari.
(riproduzione riservata)
Foto: Mario Gabelli
Foto: Quotazioni, altre news e analisi su www.milanofinanza.it/gabelli
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Milano Finanza - Ed. n.42 - 28 febbraio 2015
Pag. 1.20
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Se Elkann si mette in finanza
Luciano Mondellini
John Elkann ha rotto gli indugi nella notte tra martedì 24 e mercoledì 25, quando dagli Stati Uniti è trapelata
la notizia che Exor ha deciso di vendere la quota (81%) nella società immobiliare newyorchese
Cushman&Wakefield (C&W), ovvero la terza controllata per importanza, dopo Fca e Cnh, in pancia alla
holding. Al di là di quello che potrebbe sembrare, il disinvestimento in C&W non rappresenta per niente un
segno di arretramento della cassaforte di casa Agnelli ma al contrario un sintomo di rilancio, visto che è il
segnale più chiaro che Exor è in procinto di fare un nuovo maxi investimento. Un nuovo colpo che, come ha
spiegato per primo MF/Milano Finanza giovedì 26, sarà realizzato nell'acquisizione di una quota di
maggioranza o di controllo relativo in una società operante a livello globale nel settore dei servizi finanziari,
nelle assicurazioni o nel risparmio gestito in particolare. La cessione dell'immobiliare newyorchese, valutata
dal Wall Street Journal 2 miliardi di dollari, infatti assicurerebbe alla holding di John Elkann, che ne detiene
l'81%, una cifra ai prezzi di mercato odierni di 1,62 miliardi di dollari, ovvero 1,42 miliardi di euro. Questa
iniezione di cassa, cospicua di per sé, diventa importantissima se si va ad aggiungere a quella in pancia da
tempo a Exor, che nel giugno 2013 ha ceduto la sua quota nella società di certificazione svizzera Sgs per 2
miliardi registrando 1,5 miliardi di plusvalenza netta. La liquidità di Exor, quel giorno, salì nell'intorno dei 3
miliardi ma, nonostante questo, da allora nessuna nuova acquisizione importante è stata conclusa se si
escludono i circa 700 milioni investiti nel convertendo Fca. Quindi, ipotizzando un incasso di circa 1,4 miliardi
dalla cessione di C&W, la holding guidata da John Elkann si ritroverebbe in pancia mezzi tra 3,4 e 3.7 miliardi
da investire, un cifra che consente a Exor di osservare con grande voce in capitolo i mercati mondiali in cerca
di prede. Insomma, comunque la si osservi, la cessione di C&W segna un punto di svolta importante nelle
strategie della holding piemontese. Soprattutto è importante capire come e su quali obiettivi Exor intenda
impiegare questa ingente cassa. Secondo le indiscrezioni, l'iniezione di denaro, infatti, non sarà utilizzata per
sostenere le strategie future né di Fca né di Cnh, visto che a Torino si ritiene che la holding abbia completato
con il convertendo il suo ruolo di sostegno a Fiat Chrysler. Invece, l'idea sarebbe quella di un nuovo
investimento in ottica di diversificazione nel portafoglio. In particolare, visto che i due maggiori asset in
portafoglio sono Cnh e Fca, ovvero due società industriali, Exor starebbe cercando una società in un settore
meno capital intensive in cui entrare in maggioranza o con una quota che consenta il controllo. In questo
senso le indiscrezioni pubblicate da MF-Milano Finanza il 26 febbraio, indicano come sospettato principale il
comparto dei servizi finanziari e, considerando che i rendimenti degli investimenti nelle banche non sono
granché soddisfacenti né in termini di redditività né in termini di dividendo, il mirino sarebbe puntato
soprattutto sul comparto assicurativo e sul risparmio gestito. Ma non sulle Generali, ipotesi che Torino
smentisce categoricamente. D'altronde, ha ricordato Equita sim in settimana, l'interesse della holding per
questo settore non sarebbe una novità. In un report in cui ha alzato il prezzo obiettivo del titolo da 33 a 40
euro confermando la raccomandazione hold, la società di analisi ha spiegato che la cessione di Cushman &
Wakefield «avrebbe un impatto positivo sul Nav del 4% circa», ma soprattutto che in passato la holding di
casa Agnelli studiò in almeno tre occasioni un investimento nei servizi finanziari, con «il dossier Banca
Fideuram nel 2009 e quello Kbc nel 2010 oltre ai rumor su Swiss Re nel 2014». Inoltre Equita ha sottolineato
come il nuovo target price sia calcolato applicando uno sconto sul Nav del 15%, «inferiore alla media storica
per tener conto della gestione attiva mostrata negli ultimi anni», da quando cioè Elkann è arrivato alla guida
della holding. Sulla stessa linea Mediobanca, che in una nota ha alzato il prezzo obiettivo da 35 a 45,3 euro,
confermando la raccomandazione outperform. La banca di investimento milanese valuta positivamente
l'ipotesi di cessione di C&W. Non solo, ma la nota ha inoltre spiegato «che da quando John Elkann ha
assunto la posizione di ceo di Exor (febbraio 2011, ndr) ha iniziato a gestire il suo portafoglio più attivamente
e, cosa probabilmente più importante, monetizzando gli investimenti redditizi con una buona tempistica». Al
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 02/03/2015
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RAMPOLLI IN MANOVRA/2
28/02/2015
Milano Finanza - Ed. n.42 - 28 febbraio 2015
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SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 02/03/2015
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La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
momento Mediobanca nel calcolo del target price su Exor applica uno sconto del 15% rispetto al Nav, ma
ritiene che una gestione attiva e redditizia del portafoglio potrebbe «meritare uno sconto anche più basso».
Infine, si legge, Exor «resta un buon modo per investire in Fca, e quindi in Ferrari, a sconto rispetto agli attuali
prezzi di borsa» conclude la nota. In questo quadro sarà cruciale che il nuovo investimento si riveli un
successo. Secondo quanto trapela, gli obiettivi allo studio della holding si concentrerebbero su società
incorporate negli Stati Uniti o in Europa ma che abbiano un'attività in tutto il mondo. Insomma radicate negli
Usa o in Europa, come del resto Fca e Cnh, ma che abbiano un business globale in grado di controbilanciare
il ciclo cui sono soggette le aziende industriali. Visto che dopo l'ipo di Ferrari nella prossima estate Exor avrà
anche il controllo diretto della Rossa con circa il 24%. Nel frattempo un piccolo investimento è stato fatto in
gennaio nella Juventus, club che Exor controlla con il 63,7%. Il sodalizio bianconero venerdì 27 ha reso noti i
conti della semestrale 2014/15, segnando ricavi stabili a 156 milioni e una perdita netta di 6,7 milioni rispetto
all'utile di 4,8 milioni registrato nel semestre 2013/14. Inoltre gli investimenti sul mercato hanno provocato un
aumento dell'indebitamento finanziario, arrivato a toccare i 224 milioni, ovvero 18 in più nei confronti del
semestre 2013/14. Non solo, ma come hanno rivelato le carte societarie, nel semestre la Juventus ha
assorbito liquidità per circa 21,6 milioni e ha dovuto rivolgersi a Exor ottenendo una linea di credito di 50
milioni. La holding, infatti, ha aperto un finanziamento «con decorrenza primo febbraio» e da utilizzare fino
alla «scadenza del 31 dicembre 2015». Insomma, una piccola stampella al club tanto amato dall'Avvocato
Agnelli, il nonno che ormai tanti anni fa lo ha designato come futuro comandante del suo impero (riproduzione
riservata)
COME È IL PORTAFOGLIO DI EXOR ORA GRAFICA MF-MILANO FINANZA 30,81%** 80,91% 38,29%
63,77% 4,72% 17,09% 17,37% 27,1%* EXOR FCA (Fiat Chrysler Automobiles) Cushman & Wakefield ***
Almacantar Juventus The Economist Banijay Group Banca Leonardo Cnh Industrial * Circa 40,3% dei diritti di
voto ** 46,15% dei diritti di voto *** In vendita Dopo la separazione di Ferrari da Fca in estate Exor avrà il
24,03% delle Rossa
EXOR SOTTO LA PRESIDENZA DI JOHN ELKANN GRAFICA MF-MILANO FINANZA 2010 2011 2012
2013 2014 2015 2008 2009 0 10 20 30 40 Quotazioni in euro - Variazione % sul 2 marzo 2009 39,8 € +547%
13 maggio 2008 dal 13 maggio 2008 al 28 febbraio 2009 era ancora Ifil
Foto: John Elkann
Foto: Quotazioni, altre news e analisi su www.milanofinanza.it/exor
27/02/2015
The Economist - Ed. n.9 - 28 febbraio 2015
Pag. 25
Marching to a different tune
A bold move to free up employment
WHILE many people's eyes were on Greece, another southern European country was taking a very different
approach to easing its economie plight. On February 2Oth Italy's left-right coalition headed by Matteo Renzi
approved two decrees enacting thè core of an employment reform that parliament had broadly endorsed last
year. The measures aim to dose a yawning gap between Italy's labour-markef'outsiders", who are mostly
younger workers on short-term contraets with scant entitlement to welfare benefìts, and thè protected
"insiders", typically older workers, who enjoy both job security and thè certainty of an adequate pension. The
reform sweeps away a skein of temporary contraets, replacing them with one that affords new employees
progressively greater safeguards until, after three years, they become entitled to a permanent job. On thè
other hand, thè reform ends thè right to reinstatement of workers judged to have been unfairly fired. (That
entitlement will now be reserved mainly for victims of discrimination.) Compensation will be given instead.
That nullifies a clause in Italy's 1970 Workers' Charter that thè left holds sacred. Mr Renzi's determination to
meddle with it has poisoned relations between thè prime minister and a big minority within his centre-left
Democratic party. But his reform also creates a new benefit for thè involuntarily unemployed: a monthly
payment of up to €1,300 ($1,480) that can last for two years, but which starts to taper after four months. At
thè end of two years, a jobless worker becomes entitled to lesser benefìts. The reform has limitations. It does
not affect public-sector workers, who are almost impossible to get rid of. It only applies to new hirings (though,
since so many of Italy's workers are now on short-term contraets, its effeets will soon be felt). The unions hate
it, but employers, who will get •• • generous incentives to use thè new contract, welcomed it. Mr Renzi said it
meant that "rights enter thè vocabulary of a generation that hitherto has been excluded." It will help create
jobs and prosperity, added his finance minister, Pier Carlo Padoan. Both are sorely needed. Italy's
unemployment rate is 12.9%, but among those agedbetweenis and 29 it is 42%. The economy remains
obstinately static, though most forecasters predict growth of around 0.6% this year. The hope is that thè
reform will raise productivity, cut unemployment and encourage investment, particularly from abroad. But
there are also some doubts. One is whether bosses will in fact start to hire more freely. And since those
already in permanent work will be put on thè new (and, for them, less advantageous) contract if they change
jobs, there is a chance thè reform coulddiscouragelabourmobility. The bigger question is what comes next.
Labour-market measures were rushed onto thè government's agenda last autumn only when it became clear
thè economy was not recovering. Mr Renzi's priority remains politicai and constitutional reform, which he
views as essential for decisive government, and for enabling further economie measures that Italy needs.
Privatisations and some limited liberalisation are planned. But if thè economy does revive, such reforms might
once again go on thè back burner. •
ITemporary fix Italy's: Unemployment rate, '. 2012 13 14 Sources: lstit;IlSote-24 Ore
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 02/03/2015
319
La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
Italy's labour market
27/02/2015
The Economist - Ed. n.9 - 28 febbraio 2015
Pag. 58
Growing by shrinking
Italy's giant defence contractor takes an important step in its restructuring IT TOOK more than three years,
but on February 24th Finmeccanica, Italy's state-controlied aerospace and defence group, said it had found a
buyer for its rail businesses. Hitachi, ajapanese conglomerate, will pay €773m ($876m) for Finmeccanica's
40% stake in Ansaldo STS, a railway-signalling company listed on Milan's stock exchange, and €36m for
AnsaldoBreda, a trainmaker (and lossmaker) fully owned by Finmeccanica. The deal will make Hitachi thè
fourthbiggest company in thè rail-equipment business worldwide, behind Bombardier of Canada, Siemens of
Germany and Alstom of France. For Finmeccanica it marks an important step in thè industriai pian it
announced in January, following thè appointment last year of a new chief executive, Mauro Moretti. Saddled
with debt and reeling from a series of corruption scandals, thè Italian industriai giant has been seeking to get
out of activities it now sees as non-core, to cut its debts and ìmprove its cashflow. It is Europe's third-biggest
military supplier (after BAE Systems of Britain and Airbus of France). Half its profits come from
AgustaWestland, a world leader in helicopters, but thè group is also into defence electronics, missiles and
civil-aircraft parts. At thè plan's unveiling last month, Mr Moretti said Finmeccanica was spread too thin and
was wasting money where it could not win: of thè 18 business areas in which it operates, it is among thè
leaders in only four. Mr Moretti's mantra is to do more with less: he wants to sell a smaller range of products
to more customers. Recent cuts in Western countries' defence budgets are prompting Finmeccanica, like its
peers, to focus on technologies that have civil as well as military uses, and on places where defence
spending is growing, such as Africa, Asia, thè Middle East and Brazil. The sale of its railway assets will
reduce Finmeccanica's debt by €6oom, to €3.4 billion, by thè end of thè year. More disposals are likely to
follow, including FATA Group, which designs and builds such things as metals-processing plants, and parts of
DRS Technologies, an American defenceelectronics firm. Gian Piero Cutillo, Finmeccanica's chief financial
officer, says its remaining non-core businesses account for less than 1% of its €14 billion a year in sales.
There is speculation it may also exit a j oint venture in missiles with BAE and Airbus. But in some areas it
wants to expand: it is seeking to buy a majority stake in Avio Spazio, an aerospace firm in which it has 14%.
Mr Moretti's biggest challenge is transforming Finmeccanica from a loose bunch of semi-independent
businesses into a coherent whole, as Airbus has done. His predecessors tried to do this, but he is acting a lot
faster than they did. He has already shed about 50 executives as he centralises thè management of ali units
at thè headquarters in Rome. He aims to save Cisom over five years, by rationalising supply chains and
research and development activities among thè various units. Bolshy unions and weakltalian governments
have long stymied attempts to revamp Finmeccanica and turn it into a truly world-class firm. But Mr Moretti
has aiready succeeded in reviving Ferrovie dello Stato, thè state-owned railway, taking it from loss to profit.
And he has strong backing from a new, reformist administration. CGIL, Italy's biggest union, is demanding
meetings with thè government about thè sale of thè rail business, and talking about blockìng it. But there is
ground for optimism that thè country's politicai climate has changed sufficiently for thè company's new boss to
be able to push through a thorough, and much-needed, restructuring. •
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 02/03/2015
320
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Finmeccarrica
28/02/2015
Le Magazine du Monde - Ed. dossier
Pag. 45
Philippe Ridet
Les membres de l'équipage et les voyageurs du vol Alitalia reliant Rome à Palerme ce samedi 14 février n'en
reviennent toujours pas. Ils ont vu ce jour-là monter à bord de l'appareil, comme n'importe lequel des 200
passagers, leur nouveau président de la République, Sergio Mattarella, élu deux semaines plus tôt. Celui-ci
s'en allait, comme souvent le week-end, retrouver sur sa terre natale ses amis, sa famille, son coieur - à qui il
doit le volume impeccable de sa belle chevelure blanche. Il vient aussi eurir la tombe de son épouse,
décédée il y a trois ans, et de son frère, assassiné pour le compte de la Mafia en 1980. Tous deux reposent
au cimetière de Castellammare del Golfo. Pour les Italiens, cet aller-retour sur un vol régulier et avec un billet
payé par ses soins est une première. Avant lui, tous les présidents avaient utilisé, pour une question de
sécurité et peut-être de prestige, un des appareils de la otte de l'Etat. Les présidents, mais également
certains premiers ministres. C'est ainsi qu'à Noël, Matteo Renzi s'est rendu avec toute sa famille à la station
de sports d'hiver de Courmayeur. Aux frais du contribuable. ancien proFesseur de droit,plusieurs fois
parlementaire, ex-membre de la Cour constitutionnelle, Sergio Mattarella, dont les sourires sont aussi rares
que les discours, sait qu'il aura du mal à se hisser au niveau de popularité de son prédécesseur, Giorgio
Napolitano. Ce dernier était surnommé le « roi Giorgio » en raison de ses manières compassées, de son
habileté à surmonter les crises et d'une légende qui voudrait qu'il soit le fils naturel du dernier roi d'Italie. En
neuf ans au pouvoir, sa cote de bonnes opinions est rarement tombée au-dessous de ... 80 %. Aussi le
nouvel élu mise-t-il beaucoup - au moins dans un premier temps - sur sa réputation d'austérité, de probité et
sur la simplicité de ses manières. C'est ainsi qu'on le vit monter dans une Fiat Panda grise pour se rendre au
domicile d'un de ses enfants à Rome,la veille de son élection. Cette modeste Panda, qui tranche
singulièrement avec les Lancia et autres Maserati dans lesquelles les hommes politiques italiens aiment à se
faire promener, a tout de suite été interprétée comme annonciatrice d'une nouvelle ère. On nous permettra
d'attendre un peu pour se prononcer définitivement sur la question... Mais à peine était-il rentré de Palerme
que Sergio Mattarella réservait une nouvelle surprise à ses compatriotes. Dans quelques mois, le temps
d'aménager les lieux et de transférer quelques services, le palais du Quirinal, où il réside et travaille, sera
ouvert tous les jours aux visites, une possibilité jusqu'alors oerte seulement les dimanches, et encore de
8h30 à midi. «Je veux souligner le lien entre le Quirinal et l'histoire de notre pays» , a écrit Sergio Mattarella
le 16 février dans un communiqué. De nouvelles salles de ce palais de 1 200 pièces, construit à partir de 1
538 pour les papes, seront ouvertes aux touristes. Y compris son bureau, les jours où il sera en visite ocielle.
Cette décision n'est pas seulement un acte de générosité. Même si les Italiens sont fiers de l'apparat qui orne
la fonction de président de la République, ils en connaissent aussi le prix. Les 110 500 mètres carrés (jardins
compris) du Quirinal sont une « danseuse » dont l'entretien annuel s'élève à 228 millions d'euros, en
comptant les salaires des 1 700 personnes (forces de l'ordre, salariés divers, conseillers) qui y travaillent.
Bien que réduit par Giorgio Napolitano de 78 millions d'euros, ce budget dépasse celui de la Maison Blanche
(136,5 millions d'euros pour 454 salariés), de l'Elysée (112,5 millions d'euros, 941 salariés) ou de
Buckingham Palace (57 millions d'euros, 300 serviteurs). En temps de crise, ça fait désordre, même si les
Italiens ne sont plus à un scandale près. En rendant à ses concitoyens une partie de l'eort qu'ils consentent
pour l'entretenir dans tout le luxe dû à sa fonction, le modeste Sergio Mattarella démontre qu'il sait aussi faire
de la politique. Les premiers sondages attestent qu'il a déjà marqué les esprits. Sa cote de confiance
approche les 50 %. Pas si mal pour un homme encore inconnu il y a trois semaines. Philippe Ridet
SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 02/03/2015
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La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
L'ostentatoire modestie du président italien.

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