il nuovo diritto delle società
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il nuovo diritto delle società
Anno 6 – Numero 19 8 ottobre 2008 NORMATIVA, GIURISPRUDENZA, DOTTRINA E PRASSI IL NUOVO DIRITTO DELLE SOCIETÀ D IRETTA DA O RESTE C AGNASSO E M AURIZIO I RRERA C OORDINATA DA G ILBERTO G ELOSA In questo numero: ! La nuova disciplina dei conferimenti ! Profili di diritto societario cinese ! Il trattamento fiscale dei real estate investment trusts ItaliaOggi CLASSprofessionale DIREZIONE SCIENTIFICA Oreste Cagnasso – Maurizio Irrera COORDINAMENTO SCIENTIFICO Gilberto Gelosa RESPONSABILI AREA DI DIRITTO COMMERCIALE Oreste Cagnasso e Maurizio Irrera RESPONSABILE AREA DI DIRITTO TRIBUTARIO Gilberto Gelosa REDAZIONE Maria Di Sarli (coordinatore) Alessandra Bonfante, Maurizio Bottoni, Mario Carena, Marco Sergio Catalano, Fabio Colombo, Alessandra Del Sole, Massimiliano Desalvi, Elena Fregonara, Sebastiano Garufi, Stefano Graidi, Alessandro Monteverde, Cristina Saracino, Marina Spiotta HANNO COLLABORATO A QUESTO NUMERO Stefano A. Cerrato, Sebastiano Garufi, Federica Monti, Lucia Starola INDICE Pag. PANORAMA LEGISLATIVO Il «conferimento di beni in natura o crediti senza relazione di stima» (artt. 2343 ter, 2343 quater, 2440 bis c.c. introdotti dal d. lgs. 4 agosto 2008, n. 142): osservazioni a prima lettura di Stefano A. Cerrato Semplificazioni per i conferimenti in natura di Lucia Starola STUDI E OPINIONI Le decisioni degli amministratori e dei soci mediante consultazione scritta o consenso espresso per iscritto di Oreste Cagnasso 6 14 24 OSSERVATORIO INTERNAZIONALE Lineamenti di diritto societario cinese (II parte) di Federica Monti 41 FISCALITÀ INTERNAZIONALE Il trattamento fiscale convenzionale dei real estate investment trusts di Sebastiano Garufi 49 SEGNALAZIONI DI DIRITTO COMMERCIALE 61 SEGNALAZIONI DI DIRITTO TRIBUTARIO 65 IL NUOVO DIRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 19/2008 3 SOMMARIO PANORAMA LEGISLATIVO Il «conferimento di beni in natura o crediti senza relazione di stima» (artt. 2343 ter, 2343 quater, 2440 bis c.c. introdotti dal d. lgs. 4 agosto 2008, n. 142): osservazioni a prima lettura L’Autore analizza il recentissimo d. lgs. 4 agosto 208, n. 142, che ha recepito la direttiva 6 settembre 2006, n. 2006/68, che modifica la II direttiva comunitaria in materia di conferimenti, capitale e azioni. Vengono esaminate, in particolare, le nuove regole che consentono di derogare all’obbligo di predisposizione della relazione di stima imposta dall’art. 2343 c.c. in caso di conferimento di beni e di crediti, sia in fase di costituzione della società (nuovi artt. 2343 ter e 2343 quater) sia in occasione di aumento del capitale (nuovi artt. 2440, 2° co. e 2440 bis). di Stefano A. Cerrato Semplificazioni per i conferimenti in natura Il contributo offre una prima disamina su alcune disposizioni del recente decreto legislativo che modifica la direttiva 2006/68/Ce, con particolare riferimento alla nuova disciplina dei conferimenti in natura. di Lucia Starola STUDI E OPINIONI Le decisioni degli amministratori e dei soci mediante consultazione scritta o consenso espresso per iscritto Il legislatore prevede la possibilità di decisioni extra assembleari degli amministratori e dei soci, specificando i casi in cui è ammissibile derogare al principio di collegialità ed individuando alcuni profili del relativo procedimento. Spetta all’interprete e all’operatore integrare la relativa disciplina. di Oreste Cagnasso OSSERVATORIO INTERNAZIONALE Lineamenti di diritto societario cinese (II parte) La Chinese Company Law è la norma principale di riferimento nello studio del diritto societario cinese nonché norma fondamentale per gli investimenti stranieri. Nel presente contributo si propone al lettore un'ampia panoramica sui riflessi che la Company Law manifesta in prospettiva presente e futura. L'argomento è anche occasione per illustrare il quadro principale delle società personali in vista della loro estensione anche a soggetti overseas. di Federica Monti IL NUOVO DIRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 19/2008 4 SOMMARIO FISCALITÀ INTERNAZIONALE Il trattamento fiscale convenzionale dei real estate investment trusts Il 19 luglio 2008 è stata pubblicata la nuova versione del Commentario al Modello di Convenzione contro le doppie imposizioni dell’OCSE, ossia la Convenzione tipo utilizzata dalle moderne giurisdizioni fiscali per risolvere su base bilaterale i casi di doppia imposizione internazionale. Tra le novità di maggior rilievo si segnalano le nuove disposizioni in materia di Real Estate Investment Trusts. Il presente contributo ne illustra la disciplina ed evidenzia i principali effetti sulla normativa italiana attualmente in vigore. di Sebastiano Garufi SEGNALAZIONI DI DIRITTO COMMERCIALE SEGNALAZIONI DI DIRITTO TRIBUTARIO IL NUOVO DIRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 19/2008 5 PANORAMA LEGISLATIVO IL «CONFERIMENTO DI BENI IN NATURA O CREDITI SENZA RELAZIONE DI STIMA» (ARTT. 2343 TER, 2343 QUATER, 2440 BIS C.C. INTRODOTTI DAL D. LGS. 4 AGOSTO 2008, N. 142): OSSERVAZIONI A PRIMA LETTURA L’Autore analizza il recentissimo d. lgs. 4 agosto 208, n. 142, che ha recepito la direttiva 6 settembre 2006, n. 2006/68, che modifica la II direttiva comunitaria in materia di conferimenti, capitale e azioni. Vengono esaminate, in particolare, le nuove regole che consentono di derogare all’obbligo di predisposizione della relazione di stima imposta dall’art. 2343 c.c. in caso di conferimento di beni e di crediti, sia in fase di costituzione della società (nuovi artt. 2343 ter e 2343 quater) sia in occasione di aumento del capitale (nuovi artt. 2440, 2° co. e 2440 bis). di STEFANO A. CERRATO 1. Premessa Con il recentissimo d. lgs. 4 agosto 2008, n. 1421, anche il nostro Paese ha attuato, sia pure in lieve ritardo2, la direttiva 6 settembre 2006, n. 2006/68, che modifica 1 Il provvedimento – emanato in virtù della delega contenuta nell’art. 23 l. 23 febbraio 2008, n. 34 (legge comunitaria 2007) – è stato approvato dal Consiglio dei Ministri in data 1° agosto 2008 ed è pubblicato nella Gazzetta ufficiale, Serie generale, del 15 settembre 2008, n. 216. E’ entrato in vigore, trascorsa la consueta vacatio legis, il 30 settembre 2008. 2 Il termine per il recepimento è, infatti, scaduto il 15 aprile 2008 (art. 2, par. 2, direttiva 6 settembre 2006, n. 2006/68); l’Italia non si è tuttavia, resa inadempiente agli obblighi imposti dall’art. 10 (ex 5) del Trattato poiché il termine interessava esclusivamente le norme imperative introdotte nella II dir., vale a dire soltanto il nuovo art. 32, par. 1, ult. periodo, II dir. – che, in caso di riduzione volontaria del capitale, esige l’attribuzione ai creditori del diritto a rivolgersi all’autorità giudiziaria ed amministrativa per ottenere «adeguate tutele», a condizione di dimostrare che l’operazione pregiudica la soddisfazione dei propri crediti e la società non ha fornito adeguate tutele – al quale l’art. 2445 c.c. è già conforme. IL NUOVO DIRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 19/2008 6 PANORAMA LEGISLATIVO LA NUOVA DISCIPLINA DEI CONFERIMENTI la II dir. in conformità agli obiettivi di semplificazione e modernizzazione del diritto societario indicati dalla Commissione europea nell’Action Plan del 2003. L’intervento comunitario ha interessato vari profili ma le novità principali riguardano senza dubbio le operazioni sulle azioni proprie (artt. 19, 23, 23 bis II dir.; cfr. i nuovi artt. 2357, 3° co., e 2358 c.c.) e la disciplina dei conferimenti di beni in natura e di crediti (artt. 10 bis, 10 ter, 27 II dir.; cfr. artt. 2343 ter, 2343 quater, 2440, 2440 bis c.c.). Con riferimento a quest’ultima materia, in particolare, la direttiva autorizza gli Stati membri a derogare, a certe condizioni, all’obbligo di predisposizione della relazione di stima da parte di un esperto designato dall’autorità giudiziaria o amministrativa e se il conferimento è effettuato in seguito ad aumento di capitale deliberato dall’organo amministrativo per delega, l’esecuzione dell’operazione è scandita da una particolare sequenza di adempimenti. Non è ovviamente questa la sede per un esame approfondito del provvedimento; ci limitamo, piuttosto, ad offrire al lettore una prima informazione e qualche spunto di riflessione suggerito dalla lettura «a caldo» delle nuove disposizioni. 2. La tipologia dei conferimenti ammessi alla procedura «semplificata» tra norma comunitaria e disposizione interna Non è inutile fare un passo indietro e verificare cosa prevede la normativa europea novellata, impostando un confronto con la disciplina di recepimento: in alcuni punti qualificanti, infatti, il legislatore interno si è consapevolmente distanziato dalle norme comunitarie spezzando, a nostro avviso, l’armonia e la coerenza complessiva del disegno sistematico della direttiva. I nuovi artt. 10 bis e 10 ter II dir. autorizzano gli Stati membri ad esonerare i soci che conferiscono beni in natura o crediti dall’obbligo di presentare una relazione di stima ai sensi dell’art. 10 (cfr. art. 2343 c.c., applicabile in caso di aumento del capitale ex art. 2440 c.c.) qualora il conferimento sia costituito (i) da valori mobiliari o strumenti del mercato finanzario3 valutati al prezzo medio ponderato di mercato calcolato in un «periodo sufficiente» (art. 10 bis, par. 1); (ii) da altri beni il cui fair value sia attestato da un «esperto indipendente abilitato», purché la valutazione risalga a meno di sei mesi prima del conferimento e sia stata eseguita in conformità ai principi e criteri di valutazione generalmente riconosciuti nello Stato per quel tipo di bene (art. 10 bis, par. 2); (iii) da altri beni il cui fair value sia ricavato dai conti obbligatori dell’esercizio precedente, purchè sottoposti a revisione contabile (art. 10 bis, par. 2). Il 1° e 2° co. dell’art. 2343 ter recepiscono in modo quasi testuale queste disposizioni, opportunamente rinviando, quanto al primo tipo di beni, alle definizioni dettate dal t.u.f. (art. 111 bis, nuovo ult. co., disp. att. c.c.). Meno opportuna, a nostro 3 Come definiti dall’art. 4, par. 1, punto 18 e 19 della Direttiva 21 aprile 2004, n. 2004/39. IL NUOVO DIRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 19/2008 7 PANORAMA LEGISLATIVO LA NUOVA DISCIPLINA DEI CONFERIMENTI avviso, la scelta di tradurre il requisito della abilitazione dell’esperto con «adeguata e comprovata professionalità» [art. 2343 ter, 2° co., lett. b)] Meglio forse sarebbe stato, come suggerito da alcuni in sede di consultazione pubblica4, mutuare la previsione dettata nell’art. 2465, 1° co., per il conferimento di beni in natura o crediti nelle s.r.l. ed imporre l’obbligo di iscrizione nel registro dei revisori contabili o – se società – nell’albo speciale delle società di revisione. L’opzione è, tuttavia, giustificata nella relazione illustrativa con la volontà di conformarsi alla futura disciplina della revisione contabile in attuazione della direttiva 17 maggio 2006, n. 2006/43, attualmente in corso di elaborazione5. Anche il riferimento al «bilancio approvato da non oltre un anno» [art. 2343 ter, 2° co., lett. a)] suscita perplessità poiché consente di ricorrere anche alle risultanze di bilanci straordinari, purché infrannuali, mentre la direttiva si riferisce esclusivamente ai «conti obbligatori dell’esercizio precedente» vale a dire al bilancio di esercizio, anche se approvato oltre l’anno precedente E’ condivisibile la preoccupazione dei compilatori del decreto di non dilatare eccessivamente il lasso di tempo fra valutazione e conferimento, ma la possibilità di utilizzare bilanci anche straordinari, sia pure sottoposti a revisione, alimenta il pericolo che si assuma come fair value di conferimento un valore calcolato secondo criteri diversi da quelli che orientano la redazione del bilancio di esercizio, al quale la direttiva si è intesa inequivocabilmente riallacciare. La formula adottata dall’art. 2343 ter non sembra inoltre tener conto che – in virtù della facoltà di ritardare l’approvazione fino a centottanta giorni dalla chiusura dell’esercizio (art. 2364, 2° co.) – fra le date di approvazione del bilancio di due esercizi consecutivi potrebbe trascorrere anche più di un anno, rendendo inapplicabile la disposizione. 3. Il procedimento di conferimento. Il conferimento in sede costitutiva Concentrando l’attenzione sulla scansione procedimentale dell’operazione, il quadro normativo non è di immediata decodificazione. La direttiva detta, innanzitutto, una disciplina generale applicabile sia al momento della costituzione della società sia in seguito ad aumento di capitale (arg. ex art. 27, par. 2, ult. periodo); in questo secondo caso – ma soltanto se il conferimento ha ad oggetto beni diversi da valori mobiliari o 4 ASSONIME, Osservazioni al documento di consultazione del Ministero dell’Economia, Dipartimento del Tesoro, per l’attuazione della direttiva 2006/68/CE che modifica la direttiva 77/91/CEE del Consiglio relativamente alla costituzione della società per azioni nonché alla salvaguardia e alle modificazioni del loro capitale sociale, Roma, 4 giugno 2008, 3 del testo reperibile in www.assonime.it; lo stesso suggerimento è formulato nel parere obbligatorio sullo schema di decreto legislativo reso dalle competenti commissioni della Camera in data 23 luglio 2008, reperibile in www.camera.it. 5 Il documento di pubblica consultazione e le osservazioni pervenute sono consultabili sul sito www.dt.tesoro.it. IL NUOVO DIRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 19/2008 8 PANORAMA LEGISLATIVO LA NUOVA DISCIPLINA DEI CONFERIMENTI strumenti del mercato monetario (art. 10 bis, parr. 2 e 3) – è assicurata ai soci di minoranza una particolare tutela consistente nel diritto di domandare che sia effettuata una nuova stima del conferimento; il quadro si completa con un’ulteriore norma, anch’essa strumentale alla protezione delle minoranze, che opera esclusivamente in caso di delega dell’aumento di capitale all’organo amministrativo (art. 10 ter, par. 2). Scendendo più nel particolare, la direttiva impone all’organo amministrativo di verificare la valutazione presentata e, qualora sia siano verificati «fatti eccezionali» (se il conferimento consiste in valori mobiliari o strumenti del mercato monetario) o «fatti nuovi rilevanti» (negli altri casi), di richiedere sotto la propria responsabilità una perizia di stima ai sensi dell’art. 10, parr. 1-3 (vale a dire, secondo il procedimento comune). Altrimenti, occorrerà procedere, entro un mese dalla data effettiva del conferimento, alla pubblicazione di una dichiarazione il cui contenuto ricalca grossomodo quello dell’ordinaria relazione di stima e che deve altresì attestare che non sono intervenuti fatti eccezionali o fatti nuovi rilevanti. Le norme comunitarie non sono molto dettagliate e in sede di recepimento il nostro legislatore ha dovuto compiere un delicato esercizio di coordinamento con i previgenti principi in materia di conferimento di beni. L’art. 2343-ter, ult. co., esige, innanzitutto, che il socio conferente presenti la documentazione comprovante la valutazione del bene e la sussistenza delle condizioni prescritte; tale documentazione, se il conferimento avviene in fase di costituzione, sarà allegata all’atto costitutivo e verificata dal notaio ex art. 2329, 1° co., n. 2, mentre se il conferimento è effettuato in seguito ad aumento del capitale, è ragionevole ritenere – in virtù del rinvio tout court agli artt. 2343 ter e 2343 quater introdotto nell’art. 2440 – che dovrà essere allegata al verbale della deliberazione, esattamente come già avviene per la relazione di stima ex art. 2343. Il secondo passaggio si concreta nella verifica della valutazione del bene e della sussistenza della circostanze e dei requisiti prescritti; la norma comunitaria non fissa, tuttavia, alcun termine temporale né indica se vi sia qualche collegamento con la successiva dichiarazione da pubblicarsi entro trenta giorni dal conferimento. Non è inoltre chiaro a chi spetti curare questa pubblicazione: ritenere che vi sia onerato il socio creerebbe una pericolosa autoreferenzialità dell’accertamento dei requisiti del conferimento e dell’esperto, oltretutto in aperta contraddizione con la funzione di controllo affidata, sul punto, all’organo amministrativo. Per ovviare a queste aporie legislative, il d. lgs. 142/2008 esige che la verifica avvenga nel medesimo termine previsto per la pubblicazione della dichiarazione nel registro delle imprese, della quale sono onerati gli amministratori stessi. Si è in tal modo inteso riconoscere alla dichiarazione una funzione non meramente informativa bensì di attestazione del valore del conferimento e di sussistenza delle condizioni prescritte, in sostanziale coerenza con il ruolo affidato alla relazione di stima nella procedura di conferimento tradizionale. IL NUOVO DIRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 19/2008 9 PANORAMA LEGISLATIVO LA NUOVA DISCIPLINA DEI CONFERIMENTI Gli amministratori, qualora ritengano che si siano verificati fatti eccezionali o fatti nuovi rilevanti ovvero che l’esperto non sia dotato di idonea professionalità ed indipendenza, «procedono ad una nuova valutazione. Si applica, in tal caso – soggiunge la norma – l’art. 2343»6, vale a dire il procedimento ordinario di stima7. 4. Segue. Il conferimento in occasione di aumento del capitale La linearità della procedura ora descritta è alterata se il conferimento è effettuato in occasione di un aumento del capitale. Innanzitutto, è utile rammentare che il conferimento di beni esige, nel nostro ordinamento, il sacrificio del diritto di opzione ai sensi del 4° co., prima parte, dell’art. 2441. Se l’aumento è deliberato dall’assemblea, si applicherà il 6° co. dell’art. 2441, con l’avvertenza che al posto della relazione di stima, dovrà essere depositata, presso la sede sociale nei quindici giorni che precedono la deliberazione, a disposizione dei soci, «la documentazione dalla quale risulta il valore attribuito ai conferimenti» ex art. 2343 ter, ult. co. Successivamente alla deliberazione, nei trenta giorni dal conferimento8, gli amministratori saranno tenuti a verificare la valutazione e a depositare la dichiarazione prescritta dall’art. 2343 quater unitamente all’attestazione che l’aumento è stato eseguito (art. 2440, nuovo 2° co.), salvo che sussistano le condizioni per richiedere una nuova perizia. Con riferimento a quest’ultimo passaggio, abbiamo l’impressione che il legislatore italiano non si sia conformato alle norme comunitarie poiché l’art. 10 bis, 6 Si è dubitato dell’opportunità di estendere il rinvio anche al 3° co., che impone agli amministratori la verifica della stima, considerato che già tale stima funge da «verifica» della valutazione presentata dal socio; d’altro canto, imporre un controllo sull’operato dell’esperto risulterebbe coerente con il sistema delle responsabilità, anche penali (art. 2632 c.c.), gravanti sugli amministratori in caso di sopravvalutazione dei conferimenti. 7 Si può discutere – ma in questa sede ci limitiamo ad evidenziarlo in nota – se il rinvio all’art. 2343 implichi anche l’obbligo di verifica della stima da parte degli amministratori, come parrebbe corretto inferire dalla sussistenza di una responsabilità, anche penale (art. 2632 c.c.), di costoro per la sopravvalutazione dei conferimenti; ai fini dell’applicazione dell’ult. co. occorrerà, invece, confrontare l’esito della stima redatta dall’esperto e verificata dagli amministratori con la valutazione presentata dal socio: ove la differenza ecceda il quinto gli amministratori dovranno procedere alla riduzione del capitale, salvo che il socio preferisca integrare il conferimento ovvero recedere dalla società. 8 Il legislatore non indica il dies a quo del termine concesso per la verifica ma sembra consentito estendere, per analogia, la regola della decorrenza dall’esecuzione del conferimento che si applica, secondo l’opinione prevalente, nel procedimento ordinario di stima: cfr. Cass. 2 marzo 2001, n. 3052, in Foro it., 2002, I, 211 ss. IL NUOVO DIRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 19/2008 10 PANORAMA LEGISLATIVO LA NUOVA DISCIPLINA DEI CONFERIMENTI par. 2, riconosce in ogni caso ad una minoranza di soci pari al 5% del capitale nella misura antecedente l’aumento, il diritto di chiedere – fino alla data effettiva del conferimento – una nuova valutazione, mentre il d. lgs. 142/2008 limita la fruibilità di questo strumento di tutela all’aumento deliberato per delega9. E’ auspicabile che la lacuna possa essere colmata in via interpretativa estendendo all’aumento deliberato dall’assemblea il disposto dell’art. 2440 bis, sul quale ci soffermeremo fra poco; diversamente, mi pare che la norma rischi anche una censura di incostituzionalità per ingiustificata disparità di trattamento dei soci di minoranza. Proseguendo nella nostra disamina, qualora l’aumento sia deliberato dall’organo amministrativo, in virtù di delega, l’esigenza che ai soci di minoranza sia assicurato il diritto di richiedere una nuova valutazione del conferimento ha obbligato il legislatore comunitario a scindere in due momenti la fase di verifica della valutazione del conferimento. A mente dell’art. 10 ter, par. 2, gli amministratori devono innanzitutto controllare la valutazione presentata e pubblicare, prima che il conferimento sia effettuato, la dichiarazione prescritta dal par. 1 accompagnata dall’indicazione della data della decisione di aumento assunta per delega; quindi, una volta che il conferimento è stato effettuato, depositare una seconda dichiarazione dalla quale consti che non sono intervenuti fatti nuovi rilevanti o eccezionali dopo la pubblicazione della prima dichiarazione. L’art. 2440 bis recepisce in modo sostanzialmente fedele queste disposizioni, sia pure con qualche necessario adattamento. 9 Si è trattato, con ogni probabilità, di un’omissione involontaria dovuta ad una scarsa conoscenza delle dinamiche dell’aumento di capitale da parte dei compilatori del decreto. Ne è prova la circostanza che la prima bozza diffusa nel maggio 2008 adombrava la possibilità che il conferimento in natura potesse avvenire anche senza esclusione del diritto di opzione (cfr. la proposta di art. 2440 in MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, Documento di consultazione – Attuazione della direttiva 2006/68/CE che modifica la direttiva 77/91/CEE del Consiglio relativamente alla costituzione della società per azioni nonché alla salvaguardia e alle modificazioni del loro capitale sociale, Roma, 2008, 10 s. del dattiloscritto reperibile in www.dt.tesoro.it). Anche la motivazione che si legge nella relazione illustrativa tradisce una certa confusione concettuale là dove persiste nel distinguere tra «aumento riservato» e «tutti gli altri casi», ritenendo che solo nel primo sorga un’esigenza di tutela dei soci di minoranza. E’ parimenti criticabile il passo dove si afferma che il meccanismo della doppia dichiarazione sarebbe praticabile «solo in caso di aumento di capitale riservato, quando, cioè gli amministratori sono in grado di conoscere il bene conferito al momento della delibera di aumento di capitale», senza rendersi conto che è solo quella la modalità di aumento che consente il conferimento di beni. In ogni caso, la relazione non spiega in alcun modo perché il diritto delle minoranze di domandare che sia effettuata la perizia di stima sia precluso quando la deliberazione è assunta dall’assemblea. IL NUOVO DIRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 19/2008 11 PANORAMA LEGISLATIVO LA NUOVA DISCIPLINA DEI CONFERIMENTI Si prevede, più in particolare, che l’organo amministrativo depositi presso il registro delle imprese l’attestazione relativa alla verifica della valutazione e dei requisiti dell’esperto unitamente al verbale di aumento, vale a dire entro trenta giorni dalla deliberazione (art. 2436, 1° co.); è chiaro – ma la norma non lo dice – che se l’iscrizione del verbale è ordinata dal tribunale ai sensi del 4° co. dell’art. 2436, l’attestazione dovrà essere depositata al più tardi quando la società riceve comunicazione del provvedimento del tribunale. Dal momento della pubblicazione, i soci di minoranza hanno trenta giorni per «richiedere la presentazione della nuova valutazione». Mi pare che la norma debba essere intesa nel senso che i soci debbano rivolgere alla società l’invito a presentare istanza al tribunale per la nomina dell’esperto; non sembra, per contro, che essi possano «scavalcare» gli amministratori e adire direttamente l’autorità giudiziaria salvo, forse, che costoro si rifiutino di richiedere la perizia. La richiesta deve provenire da una minoranza qualificata pari al 5% del capitale; opportunamente, il nostro legislatore ha optato per la percentuale minima indicata dalla direttiva, anche se ci si può dolere che non sia stata fissata, a livello comunitario, una soglia più bassa almeno per le società quotate. La legittimazione va verificata al momento della richiesta ma deve sussistere già alla data della deliberazione (delegata) di aumento; si può, invece, discutere se debba permanere fino al momento della conclusione del procedimento di verifica della valutazione. L’esecuzione del conferimento è sospesa fino allo spirare del termine (trenta giorni) concesso ai soci di minoranza per domandare una nuova valutazione ovvero fino alla presentazione della stessa (art. 2440 bis, 2° co.). Decorso questo termine, se non sono pervenute richieste, gli amministratori possono eseguire l’aumento e depositare, nei successivi trenta giorni, unitamente all’attestazione prevista dall’art. 2444, la dichiarazione che non si sono verificati fatti eccezionali o fatti nuovi rilevanti (per un difetto di coordinamento, il 3° co. dell’art. 2440 bis utilizza ancora l’endiadi «fatti o circostanze» che figurava, poi eliminata, nell’art. 2343 quater) dopo l’iscrizione della prima dichiarazione. 5. Conclusioni Nel complesso, dunque, l’intervento normativo appare costellato da luci e ombre: sicuramente apprezzabile lo sforzo di semplificare le procedure di conferimento che spesso costituiscono effettivamente un costo eccessivo; e condivisibile anche la scelta di ampliare la cerchia degli «esperti» a comprendere categorie finora ai margini, come i fiscalisti. Discutibili, per contro, alcune soluzioni operative, forse anche, in parte, non conformi alla direttiva, sulle quali è prevedibile che si affaticheranno gli IL NUOVO DIRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 19/2008 12 PANORAMA LEGISLATIVO LA NUOVA DISCIPLINA DEI CONFERIMENTI interpreti, a discapito dell’appetibilità di questa procedura: dal riferimento al bilancio infrannuale al mancato riconoscimento del diritto della minoranza di domandare la verifica nel caso di aumento deliberato dall’assemblea, gli esempi non mancano. Soltanto dall’esperienza «sul campo» si potranno trarre indicazioni più precise. IL NUOVO DIRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 19/2008 13 PANORAMA LEGISLATIVO SEMPLIFICAZIONI PER I CONFERIMENTI IN NATURA Il contributo offre una prima disamina su alcune disposizioni del recente decreto legislativo che modifica la direttiva 2006/68/Ce, con particolare riferimento alla nuova disciplina dei conferimenti in natura. di LUCIA STAROLA 1. Premessa E’ stato approvato in via definitiva dal Consiglio dei Ministri il 1° agosto 20081 il decreto legislativo di recepimento della direttiva 6 settembre 2006, n. 2006/68/CE, che modifica la direttiva 13 dicembre 1976, n. 77/91/CEE, più nota come Seconda Direttiva. La direttiva n. 77/91/CEE è relativa alla disciplina della costituzione delle società per azioni, nonché alla salvaguardia e alle modificazioni del loro capitale sociale e, nello specifico, le modifiche riguardano: − la disciplina dei conferimenti in natura (artt. 10 bis e 10 ter) − la disciplina dell’acquisto dai soci fondatori (art. 11) − la disciplina dell’acquisto di azioni proprie (art. 19) − la disciplina dell’assistenza finanziaria per l’acquisto di proprie azioni (art. 23). Le modifiche della Seconda direttiva sono frutto di un lungo iter che risale alla fine degli anni novanta e si innesta su una volontà di semplificazione delle procedure per specifiche fattispecie di circolazione del capitale, in modo da promuovere l’efficienza e la competitività delle imprese, rafforzando la corporate governance e, recita il considerando 2 della Direttiva di modifica, “senza ridurre le tutele di cui beneficiano gli azionisti e creditori”. Il recepimento della direttiva n. 2006/68/CE è stato previsto dalla legge Comunitaria per il 20072. Il termine per il recepimento della direttiva era indicato nel 15 aprile 2008; la Comunitaria ha tuttavia previsto di fissarlo nei 90 giorni dall’entrata in vigore e quindi il 19 giugno 2008. Come precisa la Relazione illustrativa, il termine del 15 aprile 2008 è rilevante esclusivamente in relazione alle modifiche all’articolo 32 della Seconda direttiva, in materia di riduzione del capitale sociale, dato che le altre 1 2 D.lgs., 4 agosto 2008, n. 143, pubblicato su G.U., 15 settembre 2008, n. 216 Art. 23 della L 25 febbraio 2008. IL NUOVO DIRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 19/2008 14 STUDI E OPINIONI CONFERIMENTI: SEMPLIFICAZIONI disposizioni della direttiva n. 2006/68/CE non sono obbligatorie ma facoltative3. Inoltre, proprio perché le misure di semplificazione sono facoltà degli Stati membri, il legislatore delegante, avvalendosi di tale facoltà, ha indicato specifici criteri di delega. L’approvazione del decreto legislativo è stata preceduta dalla pubblicazione di un documento di consultazione sul sito web del Dipartimento del Tesoro, a cui ha fatto seguito l’invio di osservazioni da parte degli enti interessati tra i quali il Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili, Assonime e Confindustria. Il decreto legislativo approvato dal Consiglio dei Ministri tiene conto dei risultati della consultazione pubblica. L’analisi del testo induce alcune perplessità e considerazioni. 2. Conferimenti in natura L’art. 10 bis della Seconda direttiva, introdotto dalla direttiva n. 2006/68/CE, prevede che, qualora sia disponibile un parametro oggettivo, le attività conferite possano essere valutate a tale valore, senza necessità della relazione dell’esperto di cui all’art. 10 della Seconda direttiva. In adesione a tale principio, per il conferimento di beni in natura e di crediti in sede di costituzione (art. 2343 ter c.c.), ovvero di aumento di capitale (art. 2440 c.c.), non sarà più necessaria la valutazione dell’esperto nei seguenti casi: 1) se oggetto del conferimento sono valori mobiliari ovvero strumenti del mercato monetario4 ai quali è attribuito un valore pari o inferiore al prezzo medio ponderato 3 L’articolo 2445 c.c. vigente già è in linea con l’articolo 32 della Seconda Direttiva, come modificato dalla direttiva n. 2006/68/CE. 4 Con una modifica all’art. 111 bis delle disposizioni per l’attuazione del codice civile, si prevede che: “Ai fini dell’art. 2343 ter per valori mobiliari e strumenti del mercato monetario si intendono quelli di cui all’art. 1, commi 1-bis ed 1-ter del d.lgs. 24 febbraio 1998 n. 58” e precisamente: Per “valori mobiliari” si intendono categorie di valori che possono essere negoziati nel mercato dei capitali, quali ad esempio: a) azioni di società e altri titoli equivalenti ad azioni di società, di partnership o di altri soggetti e certificati di deposito azionario; b) obbligazioni e altri titoli di debito, compresi i certificati di deposito relativi a tali titoli; c) qualsiasi altro titolo normalmente negoziato che permette di acquisire o di versare i valori mobiliari indicati alle precedenti lettere; d) qualsiasi altro titolo che comporta un regolamento in contanti determinano con riferimento ai valori mobiliari indicati alle precedenti lettere, a valute, a tassi di interesse, a rendimenti, a merci, a indici o a misure. Per “strumenti del mercato monetario” si intendono categorie di strumenti normalmente negoziati nel mercato monetario, ad esempio, i buoni del tesoro, i certificati di deposito e le carte commerciali. IL NUOVO DIRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 19/2008 15 STUDI E OPINIONI CONFERIMENTI: SEMPLIFICAZIONI risultante dalla negoziazione in uno o più mercati regolamentati nei sei mesi precedenti il conferimento (il termine di 6 mesi è stato indicato dalla legge delega); 2) se oggetto del conferimento sono beni in natura o crediti diversi da valori mobiliari o strumenti del mercato monetario e il valore attribuito: a) corrisponde al valore equo ricavato da un bilancio approvato da non oltre un anno, sottoposto a revisione legale, a condizione che la relazione non esprima rilievi in ordine alla valutazione dei beni oggetto di conferimento. La direttiva precisa “il cui valore equo sia ricavato, per ogni singolo cespite” dal bilancio. b) corrisponde al valore equo risultante da una valutazione precedente di non oltre sei mesi, conforme ai principi generalmente riconosciuti per la valutazione dei beni oggetto del conferimento, redatta da un esperto indipendente e dotato di adeguata e comprovata professionalità. In merito all’ipotesi sub 2 a), recita la Relazione Ministeriale, poiché “la direttiva fa testuale riferimento al fair value, l’operatività della disposizione sarà limitata ai beni per i quali il bilancio della società conferente abbia adottato il predetto criterio5. La direttiva fa riferimento al bilancio dell’esercizio precedente: si è tradotta questa nozione in quella di bilancio approvato da non oltre un anno, che sembra più fedele rispetto al riferimento all’ultimo bilancio approvato, proposto da alcune risposte alla consultazione, che pare comprendere un periodo di tempo più lungo di quello contemplato dalla direttiva”. La circostanza che il bilancio dal quale è desunto il valore del bene sia stato sottoposto a revisione contabile, nulla aggiunge ai fini della corretta ed effettiva formazione del capitale sociale in quanto il revisore non fa propri i valori indicati in bilancio, sicuramente non verifica il valore del “singolo cespite”, ma essenzialmente verifica la correttezza delle procedure di rappresentazione contabile dei fatti aziendali6. Non pare corretto ritenere che il revisore, che ha espresso un giudizio sul bilancio di una società, possa essere chiamato a rispondere per il fatto che taluni cespiti siano conferiti ad un valore di bilancio risultato non attendibile nel contesto della società 5 A normativa attuale, pertanto, potranno utilizzare tale disposizione soltanto le società che redigono il bilancio applicando i principi contabili internazionali, mentre quando saranno recepite le direttive n. 2001/65/CE e n. 2003/51/CE, a sensi dell’art. 25 della Comunitaria 2007, l’applicazione delle disposizioni sarà possibile per un numero elevatissimo di società non quotate, le quali saranno obbligate a valutare a fair value gli strumenti finanziari derivati e potranno optare per l’utilizzo del fair value anche per alcune attività diverse. 6 Il Principio di revisione 545 sul controllo delle valutazioni effettuate a fair value, prevede che compito del revisore è quello di ottenere sufficienti ed appropriati elementi probatori circa il fatto che le misurazioni del fair value e la relativa informativa siano in accordo con il quadro normativo sull’informazione finanziaria, nonché valutare che il metodo di valutazione del fair value sia adeguato alle circostanze. IL NUOVO DIRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 19/2008 16 STUDI E OPINIONI CONFERIMENTI: SEMPLIFICAZIONI conferitaria. 3. I requisiti di professionalità ed indipendenza dell’esperto In merito all’ipotesi sub 2 b), recita ancora la Relazione Ministeriale, è opportuno “un confronto fra l’articolo 10 della Seconda Direttiva e la trasposizione nella norma italiana. Il primo richiede che la relazione sia redatta da uno o più esperti indipendenti dalla società, designati o autorizzati da un’autorità amministrativa. L’articolo 2343, primo comma c.c., ha previsto la relazione di un esperto designato dal Tribunale, ritenendo che la designazione da parte di un terzo fosse sufficiente a garantirne l’indipendenza della società. L’articolo 10-bis della Seconda Direttiva, richiede ancora una volta l’indipendenza, mentre la designazione da parte dell’autorità giudiziaria e amministrativa è stata sostituita dall’abilitazione”. Il decreto legislativo sostituisce il termine “abilitazione” con il possesso di “adeguata e comprovata professionalità”, delegando all’organo amministrativo (art. 2343 quater, 2° comma c.c.) la verifica dell’idoneità dei “requisiti di professionalità ed indipendenza dell’esperto”. Precisa la Relazione Ministeriale che si è voluto evitare di richiedere l’iscrizione al Registro dei Revisori Contabili “per non restringere ingiustificatamente la platea dei soggetti abilitati”. Tuttavia la scelta operata pare frutto dell’ignoranza (voluta o casuale?) che il termine “abilitazione” è ben presente nel nostro ordinamento, che esistono esami di Stato per “l’abilitazione” all’esercizio delle professioni (tra le quali quella di dottore commercialista ed esperto contabile) e che l’operazione di stima richiede il possesso di specifiche competenze economico aziendalistiche che l’abilitazione certifica. Quanto alla verifica dell’idoneità dei requisiti di professionalità ed indipendenza dell’esperto, operata ex post dall’organo amministrativo, è immediato chiedersi quanto l’organo amministrativo potrà o vorrà essere, a sua volta, “indipendente” nell’esprimere il giudizio sull’esperto ed è legittimo chiedersi sulla base di quali parametri gli amministratori possano o debbano ritenere “idonei” i requisiti di professionalità ed indipendenza dell’esperto. Come già sostenuto dall’Assonime nelle osservazioni al documento di consultazione, la nozione “di abilitazione implica l’esistenza di determinati e ben precisi requisiti di professionalità e onorabilità, il cui rispetto viene comunque verificato da un’entità esterna, con conseguente iscrizione in apposito albo o elenco” ed ancora “oltrepassare con valenza generale il grado di liberalizzazione già adottato per le s.r.l. per adottare una disciplina che lascia le parti interessate totalmente arbitre di valutare l’esistenza in capo all’esperto dei requisiti necessari suscita perplessità”. 4. Criteri di valutazione La disposizione appare comunque problematica, sia nel caso in cui la precedente IL NUOVO DIRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 19/2008 17 STUDI E OPINIONI CONFERIMENTI: SEMPLIFICAZIONI valutazione nascesse in un contesto e con finalità completamente diverse (si pensi ad una valutazione a fini ereditari od a fini assicurativi), sia, soprattutto, nel caso in cui, come ipotizza la Relazione Ministeriale, “la valutazione di cui alla lettera b) dell’art. 2343 ter, secondo comma, sia ab origine preordinata al conferimento, esattamente come quella di cui all’art. 2343, 1° comma”. Infatti, in riferimento ai criteri secondo i quali è stata condotta la presistente valutazione, non sono stati individuati precisi criteri di valutazione, anche in coerenza con la genericità del 1° comma dell’art. 2343. La previsione comunitaria (art. 10bis), stabilendo che la valutazione sia effettuata conformemente “ai principi e ai criteri di valutazione generalmente riconosciuti nello Stato membro” induce a ritenere che sia giunto il momento che le professioni regolamentate codifichino un set di principi di valutazione ad hoc, che potrebbe essere correttamente istituzionalizzato, esattamente come è avvenuto per i principi contabili. Inoltre, a proposito di “valore”, deve essere segnalato, come indicato nelle osservazioni del Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili, che, mentre nel testo dell’art. 2343 c.c. risultante dalla riforma Vietti, l’esperto deve attestare che il valore dei beni “è almeno pari” a quello per il quale avviene il conferimento, e potrebbe essere superiore, invece il testo dell’art. 2343 ter c.c. propone, inopportunamente, la formula per cui il valore del bene necessariamente “corrisponde” a quello del capitale e dell’eventuale sovrapprezzo. Ancora, tornando alla verifica della valutazione da parte degli amministratori, prevista dall’art. 2343 quater c.c., la stessa Relazione Ministeriale evidenzia che la disciplina “potrebbe risultare in una certa misura incoerente con quella di cui all’art. 2343: in base a tale ultima disposizione, infatti, nonostante la presenza di una relazione di un esperto designato dall’autorità giudiziaria (redatta entro i quattro mesi precedenti il conferimento, secondo la prassi) gli amministratori sono tenuti in ogni caso a controllare la valutazione da questo effettuata”. Invece, secondo l’art. 2343 quater c.c., “la verifica degli amministratori non ha ad oggetto la valutazione iniziale, bensì la sussistenza di circostanze, che su questa incidono, sopravvenute tra la data della valutazione dell’esperto o la data di chiusura del bilancio e la data del conferimento nonché i fatti eccezionali verificatosi fra il termine del periodo di riferimento e al data effettiva del conferimento, tali che il prezzo medio ponderato non rifletta il valore del conferimento”. Se quella indicata nella Relazione Ministeriale fosse la corretta interpretazione, si dovrebbe ritenere che gli amministratori risultano in tal modo esonerati da ogni responsabilità in caso di stima originariamente errata, dovendo occuparsi solo di fatti sopravvenuti. Se, come dice la Relazione Ministeriale, la valutazione di cui all’art. 2343 ter c.c. fosse da ritenersi definitiva, qualora non siano intervenuti fatti nuovi “eccezionali” o “rilevanti”, si avrebbe la situazione paradossale di impossibilità da parte degli IL NUOVO DIRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 19/2008 18 STUDI E OPINIONI CONFERIMENTI: SEMPLIFICAZIONI amministratori di sottrarre la società ad una distorsione derivante da una valutazione errata fin dall’origine. Tuttavia, a parere di chi scrive, non è questa l’interpretazione letterale corretta, considerato che, nei citati trenta giorni dall’iscrizione della società, gli amministratori devono depositare presso il registro delle imprese (art. 2343, 3° comma lett. c) una dichiarazione che il valore dei beni o dei crediti conferiti, senza la relazione dell’esperto nominato dal Tribunale, è almeno pari a quello ad essi attribuito ai fini della determinazione del capitale sociale e dell’eventuale sovrapprezzo. Qualora si siano verificati i fatti eccezionali o nuovi rilevanti, di cui al primo comma dell’art. 2343 quater c.c , ovvero gli amministratori ritengano non idonei i requisiti di professionalità ed indipendenza dell’esperto, essi procedono ad una nuova valutazione, applicando in tal caso l’art. 2343 c.c. La norma non specifica se l’onere della nuova valutazione è posto a carico del conferente o della società, ma, dalla lettura della Relazione Ministeriale, traspare l’interpretazione che la nuova valutazione voluta dagli amministratori ha “l’effetto di onerare la società dei costi della valutazione da cui è stato liberato il socio conferente”. 5. Aumento del capitale sociale L’articolo 27 della Seconda direttiva, come modificato dalla direttiva n. 2006/68/CE, dispone che le semplificazioni si applichino anche alla sottoscrizione di un aumento di capitale liberato mediante conferimenti in natura. La dichiarazione di conformità degli amministratori di cui all’art. 2343 quater c.c. sarà, in questa fattispecie, allegata all’attestazione dell’avvenuta sottoscrizione di cui all’art. 2444 c.c., e, nel caso in cui la verifica abbia esito negativo, trova applicazione l’art. 2343 c.c. Il nuovo art. 2440 bis c.c. riguarda l’aumento del capitale delegato al Consiglio di Amministrazione, liberato mediante conferimento di beni in natura e di crediti, senza relazione di stima. L’estensore della norma, a seguito delle osservazioni emerse dalla consultazione, ha correttamente ritenuto che la previsione dell’art. 10 ter, par. 2 della direttiva (dichiarazione preventiva con descrizione dei beni conferiti, valore e metodo di valutazione e fonte di tale valutazione) sia applicabile solo ai casi di aumento di capitale delegato, per rendere edotti i soci della decisione prima che il conferimento venga eseguito. Di conseguenza, gli amministratori, eseguita la verifica di cui all’art. 2343 quater, 1° comma c.c., depositano una prima dichiarazione in allegato al verbale di deliberazione di aumento. Nei trenta giorni successivi all’iscrizione, i soci che rappresentano, alla data della delibera, almeno il 5% del capitale, possono richiedere la presentazione di una nuova valutazione, effettuata a sensi dell’art. 2343 c.c. IL NUOVO DIRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 19/2008 19 STUDI E OPINIONI CONFERIMENTI: SEMPLIFICAZIONI Qualora tale nuova valutazione sia richiesta, gli amministratori depositano per l’iscrizione al registro imprese la dichiarazione che non sono intervenuti i fatti e le circostanze di cui al 2343 quater, 1° comma c.c., successivamente alla data della precedente comunicazione. Non appare, invece, condivisibile la scelta operata dall’estensore della norma di limitare il diritto del socio di minoranza alla fattispecie di aumento di capitale delegato agli amministratori: infatti, anche nel caso di delibera di assemblea anziché degli amministratori, i soci devono essere edotti prima che il conferimento venga eseguito. D’altro canto non appare corretta l’affermazione contenuta nella Relazione Ministeriale che l’art. 10 bis, par. 2, terzo comma della direttiva si debba leggere in stretto collegamento con la sola fattispecie di aumento di capitale delegato agli amministratori. Non è infatti tassativo che l’aumento di capitale deliberato dall’assemblea e il conferimento siano contestuali, e conseguentemente è corretto che l’iter procedurale e le tutele delle minoranze siano analoghe nei due casi. Appare, infine, importante rilevare7 che la disposizione non è idonea ad assicurare una tutela piena ed efficace delle minoranze, le quali potrebbero essere danneggiate, oltre che da una sovrastima del conferimento, anche da una sottostima del prezzo di emissione corrispondente. Quindi, in simmetria con quanto previsto in sede di fusione, sarebbe corretto attribuire agli azionisti di minoranza il diritto di richiedere la relazione di un esperto sulla congruità del prezzo di emissione. 6. Tutela per azionisti e creditori Come si diceva all’inizio, il considerando 2 della direttiva n. 2006/68/CE, richiama la conclusione della Commissione che la semplificazione non deve “ridurre le tutele di azionisti e creditori”. Nel complesso delle norme proposte, pare invece che la valutazione dei conferimenti in natura effettuato per relationem riduca le garanzie a favore dei soci e dei creditori. In proposito, oltre a richiamare quanto già accennato in merito alla verifica della professionalità e indipendenza del perito, alla possibile non indipendenza dell’amministratore, il quale deve solo dare notizia di un eventuale interesse nell’operazione, ai poteri degli azionisti di minoranza limitati alla fattispecie di aumento di capitale delegato, alla circostanza che il prezzo di emissione non è valutato da un terzo indipendente, giova ricordare che la valutazione di cui all’art. 2343 ter c.c. non è asseverata e che i creditori non possono esercitare l’opposizione invece prevista nei casi di fusione e scissione. In particolare, il legislatore ha ritenuto di non estendere all’ipotesi del conferimento in natura effettuato all’atto della costituzione, la facoltà dei soci di 7 Vedi: osservazioni del Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili al documento di consultazione. IL NUOVO DIRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 19/2008 20 STUDI E OPINIONI CONFERIMENTI: SEMPLIFICAZIONI minoranza di richiedere, a spese della società la nuova valutazione, trattandosi di fattispecie non espressamente indicata nella direttiva. Chi sarà chiamato a rispondere dei danni in caso di valutazione erronea? L’esperto che esegue la valutazione ex art. 2343 c.c. assume la responsabilità nei confronti della società, dei soci e dei terzi. Analoga responsabilità assume l’esperto di cui al secondo comma lett. b) dell’art. 2343 ter. c.c. Tale disposizione sarà sempre applicabile, anche quando la valutazione iniziale fosse redatta a fini completamente diversi, quindi in ambiti oggettivi che possono richiedere valutazioni con applicazione di criteri diversi? L’esperto, che per qualsiasi motivo sia chiamato ad effettuare una valutazione di beni, come può prevedere, se il suo operato sarà utilizzato a fini di conferimento, quale può essere il valore corretto di capitale e sovrapprezzo nel contesto di una conferitaria non nota al momento della valutazione? Nel caso il valore equo dei beni conferiti risulti dal bilancio sottoposto a revisione, chi è il responsabile? Sicuramente non il soggetto che ha effettuato la revisione legale, avendo questa attività fini ed obiettivi diversi rispetto a quella di attestazione di un valore equo. In ultima analisi, l’ambito delle responsabilità pare restringersi agli amministratori chiamati a fornire la dichiarazione cui all’art. 2343 quater c.c., i quali assumono responsabilità anche penali (art. 2632 c.c.) in caso di sopravalutazione rilevante dei conferimenti in natura. La direttiva dispone (art. 10 ter par. 3) che ogni Stato “prevede garanzie adeguate per assicurare il rispetto delle procedure” qualora sia effettuato un conferimento con le modalità semplificate. Nel decreto legislativo si è ritenuto di non prevedere ulteriori disposizioni, in considerazione del regime di responsabilità vigente. 7. Società a responsabilità limitata Le proposte di semplificazione non si estendono alle società a responsabilità limitata, non previste dalla Seconda direttiva e, comunque, non richiamate nella legge delega. In ogni caso, le società a responsabilità limitata con la riforma Vietti hanno già avuto una disciplina autonoma e semplificata. 8. Acquisto delle società da procuratori, fondatori, soci ed amministratori La Seconda direttiva prevede (art. 11) che anche l’acquisizione da parte delle società di elementi dell’attivo appartenenti a procuratori, fondatori, soci e amministratori sia soggetta a verifica e pubblicità analoga a quella prevista per i conferimenti di beni in natura. La direttiva di modifica ha previsto che sia applicabile anche in questi casi la procedura semplificata. IL NUOVO DIRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 19/2008 21 STUDI E OPINIONI CONFERIMENTI: SEMPLIFICAZIONI Ovviamente lo Stato membro può trattare in modo diverso l’ipotesi di acquisto rispetto a quella dei conferimenti in natura, prevedendo la semplificazione solo per il procedimento relativo a questi ultimi. Nel silenzio della legge delega, la disposizione di semplificazione non è stata inserita nel decreto legislativo. IL NUOVO DIRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 19/2008 22 STUDI E OPINIONI LE DECISIONI DEGLI AMMINISTRATORI E DEI SOCI MEDIANTE CONSULTAZIONE SCRITTA O CONSENSO ESPRESSO PER ISCRITTO Il legislatore prevede la possibilità di decisioni extra assembleari degli amministratori e dei soci, specificando i casi in cui è ammissibile derogare al principio di collegialità ed individuando alcuni profili del relativo procedimento. Spetta all’interprete e all’operatore integrare la relativa disciplina. di ORESTE CAGNASSO 1. L’utilizzo delle tecniche della consultazione e del consenso scritti presuppone una clausola statutaria che ne consenta l’applicazione: è quindi frutto - come nell’ipotesi parallela delle decisioni dei soci - di una loro scelta. In mancanza, vale il principio di collegialità nella sua accezione piena. Assai problematica è per contro l’individuazione dell’ambito all’interno del quale queste modalità possono operare. Mentre per le decisioni dei soci il legislatore circoscrive il perimetro di applicazione della “collegialità attenuata”, nulla è detto espressamente per le decisioni degli amministratori. L’art. 2475 ultimo comma c.c. dispone invero che la redazione del progetto di bilancio e dei progetti di fusione e scissione, nonché le decisioni di aumento del capitale delegate agli amministratori siano in ogni caso di competenza dell’organo amministrativo. Il terzo comma della norma esclude dall’applicazione dei regimi di amministrazione disgiuntiva o congiuntiva le attribuzioni ora richiamate. La regola ha quindi una duplice valenza: da un lato, indica una sfera di competenze inderogabilmente spettanti all’organo amministrativo e quindi non conferibili dall’atto costitutivo ai soci; dall’altro, stabilisce che i regimi di amministrazione “estrapolati” dalla disciplina delle società di persone non possono venire in considerazione con riferimento a tali competenze. In altre parole, queste spettano in ogni caso al consiglio di amministrazione: rimane il dubbio se si tratti di consiglio operante secondo il principio di collegialità piena o anche, ove previsto, secondo quello della collegialità attenuata. IL NUOVO DIRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 19/2008 23 STUDI ED OPINIONI DECISIONI EXTRA ASSEMBLEARI Nessuna indicazione può trarsi, a mio avviso, dal mutamento della formula di chiusura contenuta nell’art. 2475 u.c. c.c.: infatti, nel testo originario del decreto legislativo, le competenze ivi indicate erano attribuite al consiglio di amministrazione; ora, dopo le correzioni introdotte nel luglio 2003, vengono conferite all’”organo amministrativo”. A parte il fondato dubbio relativo alla legittimità dell’innovazione, intervenuta in sede di correzioni di errori materiali del testo legislativo, non pare che la differente espressione possa assumere rilievo: in ogni caso rimane, anche con la nuova formulazione, il dubbio se il consiglio di amministrazione o l’organo amministrativo possano operare con le modalità della consultazione o del consenso scritti con riferimento alle competenze elencate nell’ultimo comma dell’art. 2475 c.c. Ponendo a confronto la disciplina dettata per le decisioni dei soci con le regole relative a quelle degli amministratori può constatarsi, in primo luogo, che nell’un caso la minoranza di essi o ciascun amministratore possono richiedere l’adozione di una deliberazione collegiale, mentre analoga facoltà non è prevista nell’altra ipotesi: pertanto i singoli amministratori non possono imporre il meccanismo della collegialità in presenza di una clausola dell’atto costitutivo che preveda le tecniche della consultazione o del consenso scritti. La differenza di disciplina può trovare spiegazione, tenendo conto che il dibattito ed il confronto tra gli amministratori può comunque essere agevole, anche in mancanza di un’apposita riunione. Inoltre, il legislatore, mentre circoscrive la possibilità di utilizzazione dei regimi di amministrazione disgiunta e congiunta, nessuna “barriera” pone espressamente al ricorso alla collegialità attenuata. La via da percorrere per risolvere il problema dell’estensibilità o non dei limiti di applicazione dei primi alla seconda mi sembra quella della ricostruzione del fondamento della norma che esclude espressamente i sistemi di amministrazione disgiunta e congiunta con riferimento alle decisioni aventi per oggetto la redazione del progetto di bilancio, di quelli di fusione e di scissione e l’aumento delegato di capitale. L’esclusione del regime di amministrazione disgiunta deriva dalla incompatibilità tra esso e le decisioni in questione, che non possono evidentemente essere adottate da singoli amministratori. Anche in mancanza di una norma espressa in tal senso, si sarebbe dovuto arrivare alla medesima conclusione, così come avviene per le società di persone. Meno agevole appare l’individuazione della ratio dell’esclusione del regime di amministrazione congiunta. Invero non si comprende come il regime congiunto all’unanimità - che offre la massima garanzia di compattezza tra gli amministratori non sia idoneo a consentire l’adozione delle decisioni in questione. Forse il legislatore ha ritenuto di accedere a questa soluzione ritenendo necessario che in tal caso le decisioni risultino da atto scritto. Nell’ipotesi del regime di amministrazione congiunta a maggioranza, il fondamento dell’esclusione potrebbe essere ricercato, oltre che nella mancanza del IL NUOVO DIRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 19/2008 24 STUDI ED OPINIONI DECISIONI EXTRA ASSEMBLEARI requisito di forma, nella possibilità - se questa è la lettura della disciplina delle società di persone - che sia ricercato il consenso all’interno della sola maggioranza degli amministratori. Se si ricostruiscono le giustificazioni delle scelte del legislatore nel senso ora indicato, si può concludere che esse non valgono in caso di consultazione e consenso scritti. In questa ipotesi, infatti, si tratta di amministrazione collettiva, di decisioni che necessariamente debbono essere adottate per iscritto, raccogliendo il consenso tra tutti gli amministratori. Mi pare, quindi, che le tecniche di collegialità attenuata possano venire in considerazione anche con riferimento alla redazione del progetto di bilancio e di quelli di fusione e di scissione. Differente mi sembra il discorso nel caso di deliberazione di aumento del capitale affidata agli amministratori. Ragioni di coerenza sistematica inducono a ritenere che la decisione debba necessariamente assumere i caratteri della collegialità piena, dal momento che tale deve essere quella di aumento di capitale adottata dai soci (in quanto modificativa dell’atto costitutivo). Occorre aggiungere che anche nell’ambito della società a responsabilità limitata il legislatore consente la delega agli amministratori della decisione di riduzione del capitale per perdite: infatti l’art. 2482 - bis c.c., all’ultimo comma, richiama a sua volta l’ultimo comma dell’art. 2446 c.c., in tema di società per azioni, secondo il quale, “nel caso in cui le azioni emesse dalla società siano senza valore nominale, lo statuto, una sua modificazione ovvero una deliberazione adottata con le maggioranze previste per l’assemblea straordinaria possono prevedere che la riduzione del capitale (per perdite) sia deliberata dal consiglio di amministrazione”; in tal caso vengono in considerazione le regole relative alla verbalizzazione notarile, al controllo del notaio, alla pubblicità nel registro delle imprese previste dall’art. 2436 c.c. A parte la difficoltà di adattare la norma alla società a responsabilità limitata, il legislatore prevede la possibilità di conferire agli amministratori una competenza riconducibile alle modificazioni dell’atto costitutivo. Ciò posto, analogamente a quanto stabilito per l’aumento di capitale delegato, pare coerente ritenere, in primo luogo, che i modelli di amministrazione disgiunta e congiunta non possano applicarsi con riferimento a tale decisione; in secondo luogo, che per la stessa valgano i principi della collegialità piena, espressamente richiamati per essa quando adottata dai soci (cfr. l'art. 2479 c.c.). In conclusione, a mio avviso, le regole previste dal legislatore con riferimento all’area di applicabilità dei vari modelli di amministrazione possano essere così schematizzate: - l’amministrazione disgiunta non è applicabile alle decisioni elencate nell’art. 2475, ultimo comma, c.c. (oltre che in caso di riduzione delegata del capitale per perdite) per incompatibilità con esse; IL NUOVO DIRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 19/2008 25 STUDI ED OPINIONI DECISIONI EXTRA ASSEMBLEARI - l’amministrazione congiunta, all’unanimità o a maggioranza, non può valere in tali ipotesi, in quanto manca il ricorso alla forma scritta e, nel secondo caso, il necessario coinvolgimento di tutti gli amministratori; - le regole di collegialità attenuata non possono venire in considerazione con riferimento all’aumento - ed alla riduzione - delegate del capitale, non potendo valere con riferimento alla decisione dei soci avente il medesimo contenuto. Pertanto potranno essere adottate mediante consultazione scritta o consenso espresso per iscritto tutte le decisioni degli amministratori, sia quelle di carattere gestorio in senso stretto, sia quelle con contenuto organizzativo (quali la creazione di assetti adeguati, la nomina dei delegati, la valutazione degli assetti o dei piani posti in essere da questi ultimi, l’esercizio dei poteri di intervento nei loro confronti, la nomina di direttori generali, ...). Occorre aggiungere che la disciplina delle fusioni e delle scissioni semplificate consente, a certe condizioni, l’attribuzione all’organo amministrativo della competenza di approvare i relativi progetti: anche in tale ipotesi, così come nel caso dell’aumento di capitale, si tratta di attribuzioni, normalmente spettanti ai soci, che comportano una modificazione dell’atto costitutivo e che richiedono quindi una deliberazione assembleare. Pure per essa mi pare che la consultazione ed il consenso scritti non possano venire in considerazione, quando tali competenze siano conferite all’organo amministrativo. 2. L’atto costitutivo può prevedere l’utilizzo della consultazione scritta o del consenso espresso per iscritto oppure solo dell’una o dell’altra modalità o anche della prima con riferimento a determinate decisioni e dell’altra con riferimento ad altre competenze. Può ammettere il ricorso alla collegialità attenuata per l’intera area in cui è consentito dal legislatore, oppure per un’area più circoscritta; può altresì stabilire che, come nell’ipotesi delle decisioni dei soci, ciascun amministratore abbia la facoltà di richiedere l’applicazione della collegialità piena. In ogni caso, come si è già osservato nelle pagine precedenti, per alcune competenze vale necessariamente tale regola. Pertanto, anche nell’ipotesi di adozione delle modalità della consultazione o del consenso scritti (o dei regimi di amministrazione disgiunta o congiunta), è presente e può essere operante il consiglio di amministrazione. a) L’atto di iniziativa. Il “potere di iniziativa”, in caso di consultazione scritta, può essere attribuito al Presidente del Consiglio di amministrazione o anche ai singoli amministratori. Anche qualora l’atto costitutivo preveda il ricorso alla collegialità attenuata, pare infatti necessaria la nomina del Presidente del Consiglio di amministrazione, sia perché lo stesso legislatore qualifica tale tecnica come una variante in presenza appunto del IL NUOVO DIRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 19/2008 26 STUDI ED OPINIONI DECISIONI EXTRA ASSEMBLEARI consiglio, sia perché in ogni caso sussistono competenze, come si è osservato, inderogabilmente attribuite ad esso con le modalità della collegialità piena. Naturalmente l’esercizio del potere di iniziativa costituisce una facoltà o un obbligo a seconda che “la messa in moto” del meccanismo, diretto a consentire il formarsi di una decisione degli amministratori, costituisca un atto discrezionale o sia oggetto di un dovere imposto dal legislatore. Nel silenzio dell’atto costitutivo, occorre stabilire se esso spetti al presidente o ai singoli consiglieri. A mio avviso, il problema può essere risolto applicandosi le regole, contenute nell’atto costitutivo o desumibili in via interpretativa, in tema di convocazione del consiglio. Chi promuove l’iniziativa deve, come si è già rilevato, formulare una o più proposte di decisione, da sottoporre all’approvazione degli amministratori e verificare la sussistenza dei presupposti di legge per l’applicazione delle modalità in esame, e quindi la collocazione delle materie, oggetto della decisione, all’interno del perimetro fissato dai soci o stabilito dal legislatore per l’applicabilità dei metodi di collegialità attenuata. L’interpretazione della formula “consultazione scritta” pone il dubbio se debbano rivestire tale forma sia l’atto di iniziativa, sia quello di consenso o solo quest’ultimo. Pare preferibile la prima soluzione, più aderente al dato testuale e più opportuna sotto il profilo operativo, dal momento che in tal modo il socio può acconsentire alla proposta con la sua semplice sottoscrizione. In ipotesi di consenso espresso per iscritto, non pare neppure necessario un atto formale di iniziativa, ma è sufficiente che si formi una maggioranza in ordine ad una decisione, su cui tutti gli amministratori siano stati interpellati. Naturalmente nulla esclude che anche in tal caso esso venga formulato da parte di un consigliere con l’indicazione degli argomenti all’ordine del giorno. Con riferimento alla società per azioni il legislatore impone agli organi delegati specifici doveri di informazione e stabilisce che gli amministratori sono tenuti ad agire in modo informato: in ogni caso i sindaci di società per azioni, e così pure quelli della società a responsabilità limitata, vigilano sul rispetto dei principi di corretta amministrazione. L’applicazione di tali regole, di fondamentale rilievo nella disciplina dell'organo amministrativo e certamente di portata generale nel contesto delle società di capitali, comporta, a mio avviso, da un lato, l'obbligo, per l'amministratore che promuove i procedimenti, di fornire agli altri consiglieri le informazioni e i documenti necessari per consentire loro una meditata decisione, e per gli amministratori il cui consenso viene sollecitato di richiedere le eventuali ulteriori informazioni che ritenessero necessarie al fine di poter esercitare in modo informato il diritto di voto. L’atto di iniziativa del procedimento di consultazione scritta deve essere comunicato a tutti gli amministratori. Dovrà altresì esserlo ai soggetti che esercitano il controllo in via facoltativa o obbligatoria (revisore unico o sindaci)? In caso di consenso espresso per iscritto, questi ultimi ne dovranno essere informati? Naturalmente IL NUOVO DIRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 19/2008 27 STUDI ED OPINIONI DECISIONI EXTRA ASSEMBLEARI un’indicazione al proposito inserita nell’atto costitutivo potrebbe essere assai opportuna. In mancanza, credo che la soluzione debba essere positiva con riferimento al collegio sindacale qualora esso fosse previsto obbligatoriamente: infatti in tali ipotesi il legislatore estende ai sindaci di società a responsabilità limitata le norme della società per azioni e pertanto essi dovranno assistere alle adunanze del consiglio di amministrazione, ai sensi dell’art. 2405 comma primo c.c. Se la presenza dei sindaci in tale contesto è diretta a consentire ad essi non solo di acquisire informazioni, ma anche, e soprattutto, di potere intervenire in sede di dibattito, pare coerente, in caso di decisioni adottate con la tecnica della collegialità attenuata, prevedere che essi siano previamente informati della raccolta del consenso al fine permettere loto di intervenire durante il procedimento, acquisendo le informazioni che ritenessero necessarie oppure prendendo i contatti opportuni, al fine di consentire in ogni caso un eventuale “dibattito”, sia pure al di fuori dei canoni dell’unità spazio - temporale. Più incerta mi sembra la soluzione in presenza di organi di controllo di carattere facoltativo: in tal caso, in mancanza di regole contenute nell’atto costitutivo, occorre far riferimento al tipo di controllo ad essi affidato. E’ necessario ancora verificare se la comunicazione - che può avvenire con qualsiasi mezzo - a tutti gli amministratori debba essere contestuale o “successiva”. Mi pare che l’atto costitutivo possa prevedere l’una o l’altra modalità o anche tutte e due in via alternativa. In mancanza di indicazioni, mi sembra che chi assume l’iniziativa possa adottare l’una o l’altra. b) Il consenso. I singoli amministratori possono dichiarare di consentire alla proposta oggetto della consultazione, sottoscrivendone il testo o con atto separato, oppure manifestare il proprio dissenso o, ancora, la propria astensione. Analogamente, nel caso di consenso espresso per iscritto, possono manifestare la loro volontà con una dichiarazione di assenso ad una certa decisione o di contrarietà o di astensione. Il silenzio, in mancanza di una diversa qualificazione contenuta nell’atto costitutivo, mi pare equiparabile all’assenza in un procedimento a collegialità piena. Tale conclusione, se accolta, determina una conseguenza di notevole rilievo nella ricostruzione del procedimento di formazione della volontà con le modalità in esame: infatti, anche con riferimento ad esso risulta configurabile l’esistenza del quorum costitutivo. Invero, salva l’ipotesi in cui l’atto costitutivo equipari il silenzio del legittimato al dissenso o all’astensione, non mi pare che possa essere inteso in altro modo, se non come indice o della volontà di non partecipare o dell’impossibilità di prendere parte alla “raccolta dei consensi”, con la medesima valenza quindi dell’assenza rispetto al procedimento “assembleare”. Come si è già sottolineato, per espressa volontà del legislatore, il consenso deve risultare da atto scritto. IL NUOVO DIRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 19/2008 28 STUDI ED OPINIONI DECISIONI EXTRA ASSEMBLEARI La dichiarazione di ciascun amministratore deve essere comunicata con le modalità stabilite nell’atto costitutivo o, in mancanza, in qualunque modo idoneo, al Presidente del Consiglio di amministrazione: infatti a quest’ultimo spetta il compito di verificare se sia formata, secondo le modalità previste dal legislatore e dell’atto costitutivo, la volontà dell’organo amministrativo. In particolare egli deve verificare, in caso di consenso espresso per iscritto e qualora le dichiarazioni degli amministratori siano contenute in atti separati, la congruenza tra di esse, al fine di accertare la sussistenza di una volontà concorde: si tratta ovviamente di un compito che può presentare difficoltà interpretative ed incertezze, comportando la ricostruzione della portata sostanziale delle varie dichiarazioni. L’atto costitutivo può fissare un termine minimo ed uno massimo per consentire a ciascun amministratore di esprimere il proprio “voto” in modo informato (avendo la possibilità di acquisire le necessarie informazioni e di consultare gli altri consiglieri ed eventualmente di influire sulla loro decisione) oppure anche solo un termine massimo. In mancanza di indicazioni pattizie, non pare facilmente individuabile - forse non è neppure possibile - una regola suppletiva: chi attiva l’iniziativa potrà sicuramente indicare un termine congruo entro il quale il consenso deve essere espresso. c) La modificabilità dell’atto di iniziativa. Qualora gli amministratori siano chiamati ad esprimersi con le modalità della consultazione scritta in ordine ad una determinata proposta, questa non pare modificabile, salvo l’avvio di altra iniziativa. d) La revoca del consenso. Tenuto conto che le tecniche della consultazione e del consenso per iscritto richiedono il necessario “coinvolgimento” di tutti gli amministratori, il procedimento di raccolta dei consensi si conclude non quando viene raggiunta la maggioranza, ma solo nel momento in cui risultano consultati tutti i legittimati. Pertanto ogni amministratore potrà variare l’espressione della propria volontà e ciò fino al momento in cui si è concluso l’iter procedurale. Tale affermazione non pare in contrasto con la regola della non modificabilità del voto, una volta espresso: infatti, applicandosi il principio della collegialità piena, con la conseguente presenza contestuale dei soggetti legittimati, l’esercizio del diritto di voto avviene a seguito del dibattito e dell’eventuale richiesta di informazioni; nel caso della collegialità attenuata, occorre per contro consentire a ciascun legittimato di “dialogare” con gli altri, eventualmente influenzando la loro opinione, anche se già espressa. e) Le fasi successive. Il Presidente del Consiglio di amministrazione dovrà, una volta consultati tutti gli amministratori verificare se sia stata raggiunto il quorum costitutivo e se si sia formata la maggioranza, tenuto conto dei consensi, dei dissensi, delle astensioni, delle mancate risposte. IL NUOVO DIRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 19/2008 29 STUDI ED OPINIONI DECISIONI EXTRA ASSEMBLEARI I quorum costitutivi e deliberativi possono essere previsti nell’atto costitutivo; in mancanza saranno quelli applicabili alla decisioni del consiglio di amministrazione per volontà dei soci o, in assenza di regole legali al proposito, in virtù di una norma ricostruita in sede interpretativa. Il Presidente dovrà comunicare l’esito della consultazione agli altri amministratori ed all’organo di controllo? In mancanza di indicazioni nell’atto costitutivo, la risposta pare essere negativa, dal momento che il contenuto della decisione dovrà essere trascritto nel relativo libro, a cui dovranno essere allegati i documenti sottoscritti dagli amministratori. Naturalmente la decisione sarà soggetta a pubblicità nei casi previsti dal legislatore. d) I vizi. La decisione adotta con il voto determinante di un amministratore in conflitto di interessi potrà essere impugnata in presenza dei presupposti e secondo le modalità stabiliti nel secondo comma dell’art. 2475 - ter c.c. Analogo discorso vale nel caso in cui si ritenga possibile far valere gli altri vizi della decisione, applicando anche alla società a responsabilità limitata le regole in tema di invalidità delle deliberazioni del consiglio di amministrazione dettate per la società per azioni dal quarto comma dell’art. 2388 c.c.. 3. Anche per le decisioni dei soci l’utilizzo delle regole di collegialità attenuata richiede una scelta in tal senso effettuata nell’atto costitutivo. La loro area di applicazione risulta “a geometria variabile”: infatti, da un lato, il legislatore esclude il ricorso a esse in relazione alle decisioni che modifichino l’atto costitutivo, anche in via indiretta, incidendo in modo sostanziale sull’oggetto sociale o in maniera rilevante sui diritti dei soci; dall’altro, ciascun amministratore o una minoranza qualificata dei soci hanno la facoltà di “imporre” l’utilizzo del metodo assembleare. Queste limitazioni comportano problemi interpretativi non sempre di agevole soluzione: infatti occorre, in primo luogo, verificare se sussistano altre decisioni dei soci non adottabili con queste tecniche; in secondo luogo, è necessario ricostruire l’iter procedurale in modo tale da consentire, al suo interno, l’esercizio della facoltà, da parte degli amministratori o dei soci, di ricorrere alla collegialità piena (e quindi anche i limiti temporale entro i quali può essere fatta valere). Invero è dato riscontare nel lessico delle nuove norme la presenza del termine “assemblea” (in luogo della formula, più ampia, “decisione dei soci”, idonea a ricomprendere anche quelle extra assembleari) e conseguentemente occorre esaminare se mediante esso il legislatore abbia inteso escludere l’applicazione dei metodi della consultazione o del consenso scritti oppure se si tratti semplicemente di una terminologia non coerente con l’attuale disciplina del procedimento di formazione della volontà dei soci nell’ambito della società a responsabilità limitata. Al proposito pare IL NUOVO DIRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 19/2008 30 STUDI ED OPINIONI DECISIONI EXTRA ASSEMBLEARI opportuno distinguere le ipotesi in cui il termine assemblea è inserito all’interno della normativa concernente la società a responsabilità limitata (ove è più facile attendersi un utilizzo coerente delle formule linguistiche) da quelle in cui esso è presente in contesti differenti, relativi a regole comuni alle società di capitali o a tutti i tipi societari. La presenza delle formule “assemblea” o “deliberazione assembleare” riferita alle società di capitali in disposizioni anteriori alla riforma non assume alcun rilievo ai fini dell’individuazione dell’area di applicazione dei metodi di collegialità attenuata: il legislatore, all’epoca, infatti non poteva certo avvalersi di un linguaggio differente, dal momento che il metodo assembleare era inderogabilmente previsto per le società di capitali. In tali ipotesi pare quindi possibile utilizzare i metodi della consultazione o del consenso scritti, purché non si tratti di decisioni aventi per oggetto modificazioni dell’atto costitutivo. In caso di perdite che incidano sul capitale per oltre un terzo, ai sensi del primo e del secondo comma dell’art. 2482 bis c.c., gli amministratori devono senza indugio convocare l’assemblea dei soci per gli opportuni provvedimenti, sottoponendo ad essa una relazione con le osservazioni del collegio sindacale o del revisore. Il quarto comma della norma dispone che, se entro l’esercizio successivo la perdita non risulti diminuita a meno di un terzo, deve essere convocata l’assemblea per l’approvazione del bilancio e la riduzione del capitale. In caso di perdite che incidano sul capitale per oltre un terzo riducendolo al di sotto del minimo, gli amministratori, ai sensi dell’art. 2482 ter c.c., devono senza indugio convocare l’assemblea per deliberare la riduzione ed il contemporaneo reintegro, o la trasformazione della società. Le norme ora richiamate si riferiscono costantemente all’assemblea dei soci ed a deliberazioni da essa adottate. Il legislatore, modificando il testo originario del decreto di riforma, ha previsto espressamente l’esclusione del metodo di collegialità attenuata per le decisioni dei soci di cui al quarto comma dell’art. 2482 bis c.c. (e quindi per l’approvazione del bilancio e la conseguente riduzione del capitale). Il richiamo espresso al solo quarto comma farebbe ritenere che, nonostante l’uso del termine assemblea, sia possibile il ricorso alla consultazione ed al consenso scritti con riferimento alle decisioni dei soci relative agli opportuni provvedimenti in caso di perdita del capitale superiore al terzo, anche se, dal punto di vista sistematico ed operativo, sembrerebbe più coerente ritenere che anch’esse siano sottoposte alla regola della collegialità piena. Infatti l’obbligo imposto agli amministratori, in caso di perdita rilevante, di dar conto dei fatti avvenuti dopo la redazione della relazione, e la previsione che, all’esito, l’assemblea debba adottare gli opportuni provvedimenti (che quindi paiono presupporre un confronto tra i soci) sembrano imporre l’utilizzo del metodo assembleare. Per contro e conseguentemente, la decisione dei soci di delega agli amministratori della riduzione del capitale per perdite - adottabile, ai sensi dell’ultimo comma dell’art. 2482 bis c.c. e dei rinvii in esso contenuti, con le maggioranze proprie IL NUOVO DIRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 19/2008 31 STUDI ED OPINIONI DECISIONI EXTRA ASSEMBLEARI delle modificazioni dell’atto costitutivo e quindi non qualificabile di per sé quale modificazione - non pare richiedere il rispetto del principio di collegialità piena. L’uso della locuzione assemblea dei soci in altri contesti ed in particolare in regole di portata generale non pare assumere un particolare rilievo. Così, ad esempio, il legislatore disciplina, all’art. 2487 c. c., l’assemblea dei soci che nomina e revoca i liquidatori e fissa i criteri di svolgimento della liquidazione: non si tratta di modificazioni dell’atto costitutivo, tanto è vero che vengono solo richiamate le relative maggioranze e pertanto, nel nostro caso, tali decisioni possono essere adottate applicandosi le regole della collegialità attenuata. Differente è invece il discorso per l’assemblea che revochi lo stato di liquidazione, che pare riconducibile ad un’ipotesi di modificazione dell’atto costitutivo. Parimenti, con riferimento alle operazioni straordinarie, il legislatore usa correttamente il termine deliberazione dei soci, dal momento che si tratta in ogni caso di modificazioni dell'atto costitutivo e quindi di decisioni necessariamente collegiali. Ai sensi dell’art. 2361 comma 2° c.c., l’assunzione di partecipazioni in altre imprese comportante una responsabilità illimitata per le obbligazioni delle medesime deve essere deliberata dall’assemblea. Non appare dubbio, in primo luogo, che anche la società a responsabilità limitata possa “assumere partecipazioni” con tali caratteri: infatti, ai sensi dell’art. 111 duodecies disp. att. e trans. c.c., le società in nome collettivo ed in accomandita semplice devono redigere il bilancio secondo le norme previste per le società per azioni qualora tutti i loro soci illimitatamente responsabili siano società per azioni, in accomandita per aziono o a responsabilità limitata. In secondo luogo, occorre verificare se l’attribuzione di questa competenza ai soci costituisca una regola applicabile, anche nel silenzio del legislatore, alla società a responsabilità limitata. La risposta pare essere positiva, dal momento che le ragioni che hanno indotto il riformatore a tale soluzione per la s.p.a. sono sicuramente presenti anche nell’ambito della s.r.l.: infatti, anche con riferimento a quest’ultima, l’assunzione di partecipazioni in imprese comportante l’acquisizione di responsabilità illimitata presenta motivi di particolare delicatezza, potendo alterare il “rischio” assunto dalla società. D’altra parte nell’ambito della s.r.l. appartengono inderogabilmente alla competenza dei soci le operazioni che comportano una sostanziale modificazione dell’oggetto sociale, quindi le decisioni che anche indirettamente potrebbero incidere sull’oggetto sociale e pertanto sul rischio assunto dalla società. In qualche misura a maggior ragione parrebbero appartenervi quelle scelte che modificano tale rischio, comportando l’assunzione della posizione di socio illimitatamente responsabile. Rimane infine l’interrogativo che concerne il tema oggetto della presente indagine: una volta ammesso che l’assunzione delle partecipazioni in discorso competa, nelle società a responsabilità limitata, ai soci, si tratta di decisione necessariamente assembleare o anche adottabile secondo le regole della collegialità attenuata? IL NUOVO DIRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 19/2008 32 STUDI ED OPINIONI DECISIONI EXTRA ASSEMBLEARI Naturalmente il dato letterale contenuto nell’art. 2361, comma 2° c.c., che fa espresso riferimento all’assemblea dei soci, una volta “esportata” la disposizione nel contesto della società a responsabilità limitata, appare irrilevante: infatti nell’ambito della società per azioni l’organo costituito dai soci non può che essere l’assemblea. Occorre pertanto risolvere il dubbio interpretativo alla luce della sola disciplina della società a responsabilità limitata ed, in particolare, della “riserva di collegialità” in essa prevista: che peraltro non sembra consentire, nemmeno essa, una risposta positiva al secondo corno del dilemma. Pur prendendo le mosse da essa pare infatti preferibile ritenere che la competenza in esame debba essere qualificata come rientrante nelle decisioni dei soci necessariamente collegiali: invero l’assunzione di partecipazioni comportanti responsabilità illimitata mi sembra assimilabile - lo si è già sottolineato - alle operazioni che determinano una sostanziale modificazione dell’oggetto sociale, incidendo sia queste ultime sia la prima sul rischio assunto dalla società. Le regole di collegialità attenuata - come quelle relative alle deliberazioni assembleari - trovano infine applicazione in caso di società a responsabilità limitata unipersonale, ovviamente con i necessari adattamenti. Ad esempio, la distinzione tra consultazione scritta e consenso espresso per iscritto pare perdere ogni significato. Per contro la facoltà di ciascun amministratore di richiedere l'utilizzo della collegialità piena può ancora venire in considerazione, anche se le differenze tra quest’ultima e quella attenuata sembrano alquanto ridursi, tenendo conto della disciplina dell’assemblea totalitaria, che richiede la sola informazione degli amministratori e dei sindaci, e non la loro necessaria presenza. Forse la differenziazione consiste quasi esclusivamente nella redazione del verbale, cui si è tenuti in caso di deliberazione assembleare. 4. Anche con riferimento alle decisioni dei soci l’applicazione del metodo assembleare richiede la presenza di una clausola dell’atto costitutivo, che può prevedere le tecniche della consultazione scritta e del consenso per iscritto o solo una delle due o l’una e l’altra in ambiti differenti. Si deve al proposito osservare che la sfera di competenza attribuita ai soci non è solo quella disegnata in via inderogabile dal legislatore, ma può essere ampliata sia nell’atto costitutivo, sia durante la vita della società, con la sottoposizione ad essi da parte di ciascun amministratore o di una minoranza qualificata dei soci di questioni rientranti tra i compiti degli amministratori. Dal momento che solo alcune delle competenze inderogabilmente attribuite ai soci richiedono necessariamente l’applicazione del metodo assembleare, le ulteriori “materie” conferite alla loro decisione dall’atto costitutivo o mediante l’“input” di amministratori o soci possono essere oggetto di procedimenti extra assembleari. Piuttosto, nel costruire la clausola che consente l’adozione di questi metodi, occorre tenere conto di tali ulteriori eventuali competenze al fine di non porre barriere non desiderate al ricorso alla consultazione o al consenso per iscritto. Così, ad esempio, se la clausola dell’atto costitutivo elencasse le IL NUOVO DIRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 19/2008 33 STUDI ED OPINIONI DECISIONI EXTRA ASSEMBLEARI competenze affidate ai soci e con soltanto riferimento ad esse, nei limiti consentiti dal legislatore, prevedesse il ricorso alle regole di collegialità attenuata, l’eventuale decisione dei soci su una questione gestoria attribuita all’organo amministrativo, su impulso degli amministratori o della minoranza qualificata dei soci, dovrebbe essere adottata applicando il metodo assembleare. Quindi nella costruzione della clausola pare opportuno prendere in considerazione la possibilità di “arricchimento” delle competenze dei soci durante la vita della società. a) L’atto di iniziativa. Il potere di iniziativa, in caso di consultazione scritta, può essere attribuito a ciascun socio o a ciascun amministratore, oppure al consiglio di amministrazione o al suo Presidente: in mancanza di indicazioni da parte del legislatore i soci, in sede di redazione dell’atto costitutivo, usufruiscono della più ampia autonomia. Nel caso in cui l’atto costitutivo attribuisca tale facoltà all’organo amministrativo, sarebbe possibile, a mio avviso, la previsione della stessa a favore di uno o più soci, quale diritto particolare di natura amministrativa. Più complesso sembra essere il discorso nel caso di silenzio dei patti sociali. Soluzione preferibile parrebbe - instaurando un parallelismo tra decisioni assembleari ed extraassembleari - ritenere che, anche per le seconde, valgano le regole che in via interpretativa si ritengano applicabili alle prime. Se la si accoglie, occorre, in primo luogo, risolvere il problema dell’individuazione, nel silenzio dell’atto costitutivo, dei soggetti a cui compete il potere di convocare l’assemblea, attribuendo poi agli stessi anche la facoltà di attivare l’iter della consultazione scritta. Occorre aggiungere che, come si è appena rilevato, ciascun amministratore o una minoranza qualificata di soci hanno la facoltà di sottoporre alla decisione dei soci stessi un determinato “argomento” appartenente alla competenza dell’organo amministrativo. Non appare chiaro se in tal modo i soggetti indicati possano, qualora non abbiano espressamente la facoltà di convocare l’assemblea, solo richiederne la convocazione, oppure se in ogni caso questo potere competa loro. Nel caso di decisione extra assembleare, analogamente potrà ritenersi che gli amministratori o i soci di minoranza possano, a seconda della soluzione accolta in ordine al dubbio interpretativo ora illustrato, richiedere l’attivazione della procedura o direttamente attivarla al fine di sottoporre ai soci una decisione di competenza dell’organo amministrativo. Naturalmente nell’esercitare la facoltà di “mettere in moto” le procedure in esame, il soggetto legittimato deve verificare, alla luce dei limiti legali all’adozione di esse e degli eventuali “paletti” posti dall’atto costitutivo, se sia conforme a legge il ricorso al metodo extraassembleare e, in caso di consultazione, deve predisporre un testo di proposta: valgono al proposito i rilievi sviluppati con riferimento all’analogo procedimento relativo alle decisioni degli amministratori. L’atto di iniziativa - lo si è già sottolineato con riferimento alle decisioni degli amministratori - deve contenere una o più “proposte” e parrebbe dover rivestire la IL NUOVO DIRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 19/2008 34 STUDI ED OPINIONI DECISIONI EXTRA ASSEMBLEARI forma scritta: qualora fosse posto in essere dagli amministratori, sembra necessario, tenuto conto del dovere di gestire la società con diligenza e secondo coretti principi, che essi illustrino le ragioni della proposta ed in ogni caso forniscano le informazioni necessarie al fine di consentire ai soci di esprimere il proprio voto, eventualmente allegando all’atto l’opportuna documentazione. Nel caso del consenso espresso per iscritto, come si è già rilevato con riferimento alle decisioni degli amministratori, non risulta necessario un formale atto di impulso. Tutti i soci debbono essere messi in grado di esprimere la loro volontà. Nel caso in cui l’”input” del procedimento non provenga dal consiglio di amministrazione, e vi siano amministratori non soci, l’iniziativa deve essere portata a conoscenza anche di questi ultimi, al fine di consentire loro l’esercizio della facoltà di richiedere l’adozione di una deliberazione assembleare. La comunicazione parrebbe da estendere anche all’organo sindacale, almeno nel caso in cui la sua presenza sia obbligatoria, onde permettere ai sindaci - che nel caso di procedimento collegiale debbono partecipare all’assemblea - di intervenire durante il procedimento, eventualmente suggerendo agli amministratori di richiedere l’intervento della delibera. Nel caso di organi di controllo facoltativi, la necessità della comunicazione dell’atto di iniziativa anche ad essi pare dipendere dal tipo di controllo loro affidato. In mancanza di indicazioni nell’atto costitutivo, la comunicazione ai soci potrebbe essere sia contestuale sia “successiva”. Nessuna previsione legislativa concerne le sue modalità, che quindi possono essere liberamente determinate nell’atto costitutivo o, in mancanza di previsioni, scelte dal soggetto legittimato a porre in moto la procedura. b) Il consenso. Nel caso della consultazione scritta ciascun socio potrà prendere posizione rispetto alla proposta, esprimendo il proprio consenso, oppure il proprio dissenso o anche dichiarando di astenersi. In assenza di previsioni dell’atto costitutivo, - come si è già osservato con riferimento all’analogo problema relativo al procedimento di formazione non collegiale della volontà degli amministratori - la mancata risposta da parte del socio pare equiparabile all’assenza. Tali conclusioni possono essere estese all’ipotesi del consenso espresso per iscritto. La proposta oggetto della consultazione scritta non sembra modificabile, salvo il caso in cui venga messo in moto un successivo iter di consultazione sul nuovo testo. Il legislatore richiede l’utilizzo della forma scritta, che consente anche il ricorso al documento informatico ed alla firma digitale. Anche in caso di decisione a collegialità attenuata risulta possibile la delega di voto, così come prevista e disciplinata dal secondo comma dell’art. 2479 bis c.c. Se la comunicazione dell’atto di impulso al procedimento è effettuata simultaneamente a tutti i soci, parrebbe opportuna la previsione di un termine iniziale IL NUOVO DIRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 19/2008 35 STUDI ED OPINIONI DECISIONI EXTRA ASSEMBLEARI prima del quale i legittimati non possano esprimere la loro opinione (al fine di consentire un’eventuale consultazione informale tra i medesimi) ed in ogni caso di un termine finale, oltre il quale il consenso non può più essere espresso. Se, per contro, l’atto di impulso è comunicato in tempi successivi ai soci, parrebbe opportuna la previsione di un termine massimo per l’espressione del consenso. In mancanza di tali indicazioni nell’atto costitutivo, la funzionalità dei meccanismo di raccolta extra assembleare dei consensi potrebbe essere seriamente compromessa. Il procedimento termina nel momento in cui - entro il termine eventualmente previsto nell’atto costitutivo - l’ultimo socio esprime la propria volontà o, in ogni caso, quando tale termine è spirato. L’individuazione del momento finale dell’iter procedurale appare di notevole rilievo sotto due profili, l’uno comune anche alla raccolta dei consensi espressi dagli amministratori, l’altro peculiare alle decisioni dei soci. Sotto il primo profilo, occorre rilevare - così come si è osservato con riferimento agli amministratori - che fino alla conclusione del procedimento il consenso del socio può essere revocato: in tal modo anche i soci consultati per ultimi possono avvalersi della possibilità di un confronto con gli altri soci ed eventualmente indurli a mutare opinione. Sotto il secondo profilo - peculiare al procedimento in esame - si deve sottolineare come il suo svolgimento possa sempre essere interrotto mediante la richiesta, da parte di ciascun amministratore o di una minoranza qualificata dei soci - di adottare il metodo assembleare. L’esercizio di tale facoltà pone non pochi interrogativi in ordine alla ricostruzione delle relative modalità: in ogni caso può essere fatta valere solo entro l’arco del tempo disponibile prima della ”chiusura” del procedimento. Il legislatore non detta alcuna regola in ordine alle modalità dell’esercizio del diritto spettante ai singoli amministratori o alla minoranza qualificata di soci. L’atto diretto ad interrompere l’iter del procedimento extra assembleare non pare richiedere forme particolari e, come sembra, deve essere comunicato a tutti i soci ed al soggetto o all’organo legittimato a convocare l’assemblea, ove si ritenesse che i singoli amministratori o la minoranza dei soci non abbiano direttamente tale facoltà. Evidentemente le manifestazioni di volontà dei soci risulteranno prive di effetto, come pure saranno inefficaci le dichiarazioni formulate successivamente alla convocazione dell’assemblea. La comunicazione della dichiarazione di volontà del socio, in mancanza di previsioni dell’atto costitutivo, deve essere effettuata, così pare, al Presidente dell’assemblea, con qualsiasi mezzo. c) I quorum. Il legislatore detta una regola peculiare alle deliberazioni extra assembleari: infatti, ai sensi dell’ultimo comma dell’art. 2479 c.c., esse sono adottate con il voto favorevole di una maggioranza che rappresenti almeno la metà del capitale sociale. La norma, che, si ripete, vale solo per le decisioni in esame (dal momento che per quelle assembleari è prevista una differente disciplina) è espressamente dichiarata dal IL NUOVO DIRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 19/2008 36 STUDI ED OPINIONI DECISIONI EXTRA ASSEMBLEARI legislatore derogabile dall’atto costitutivo. Quindi risultano ammissibili sia la riduzione, sia l’innalzamento del quorum, ivi compresa la previsione dell’unanimità dei consensi. Come si è rilevato trattando delle decisioni degli amministratori, anche per quelle dei soci è possibile il riferimento al quorum costitutivo, considerando assenti salva diversa disposizione dell’atto costitutivo i soci che non abbiano tempestivamente espresso la loro volontà. Occorre sottolineare che per le deliberazioni assembleari sono previsti quorum differenti da quelli applicabili alle decisioni adottate con le tecniche della consultazione e del consenso scritti. Pertanto, qualora un amministratore o i soci di minoranza richiedano il ricorso al metodo assembleare, non solo viene variata la modalità di assunzione della decisione, ma risultano modificati i quorum. Forse potrebbe essere opportuno che l’autonomia privata, che tanto spazio ha con riferimento alla società a responsabilità limitata, venisse utilizzata per eliminare tale differenze e creare regole più omogenee, impedendo che l’iniziativa di singoli amministratori o soci di minoranza possa addirittura cambiare “le regole del gioco”. E’ possibile configurare una decisione non assembleare in forma totalitaria, in caso di consultazione scritta? Forse sì: in mancanza dell’atto di impulso comunicato dal soggetto legittimato a tutti i soci, si potrebbe ipotizzare, con una sorta di applicazione analogica della regola contenuta nell’art. 2479 bis, ultimo comma c.c., che la decisione sia adottabile quando tutti i soci manifestino la loro volontà, tutti gli amministratori ed i sindaci siano informati e nessuno si opponga alla trattazione dell’argomento. d) Le fasi successive. Nell’ambito del procedimento assembleare sono previste varie attività, anteriori e susseguenti, alla deliberazione vera e propria, tutte di competenza del Presidente, dirette, da un lato, a verificare la regolarità della costituzione e l’identità e la legittimazione dei presenti; dall’altro, ad accertare i risultati delle votazioni. Nell’ipotesi in esame occorrerà una verifica preventiva diretta ad accertare l’identità e la legittimazione dei soggetti destinatari dell’atto di impulso al procedimento extra assembleare; e poi una successiva volta al controllo della identità e della legittimazione di coloro che hanno manifestato per iscritto il loro consenso; nonché all’accertamento del risultato della raccolta dei consensi, e della congruenza delle dichiarazioni contenute in atti separati (verifica che può presentare difficoltà ed incertezze) ed alla relativa “proclamazione”. Pare ammissibile, anche nel procedimento a collegialità attenuata la delega di voto, con la conseguente necessità di accertare la sussistenza e la regolarità della procura. In mancanza di una disciplina pattizia, occorre stabilire quale sia il soggetto a cui competono questi compiti. Ove l’atto costitutivo individui il Presidente dall’assemblea, spetterà a lui porli in essere, essendogli attribuiti specificamente all’interno del procedimento assembleare (cfr. l’art. 2479 bis c.c., al quarto comma); in mancanza, essi parrebbero competere all’organo amministrativo. IL NUOVO DIRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 19/2008 37 STUDI ED OPINIONI DECISIONI EXTRA ASSEMBLEARI Non sembra necessaria la redazione del verbale, dal momento che il legislatore prevede la trascrizione nel libro delle decisioni dei soci, da un lato, di quello dell’assemblea, dall’altro, delle decisioni adottate secondo i canoni della collegialità attenuata: l’art. 2478, comma primo, n.2 c.c. pare in tal modo contrapporre le due ipotesi e quindi non richiedere la stesura di un documento che illustri l’iter extra assembleare, anche se parrebbe utile - e sicuramente potrebbe essere previsto dall’atto costitutivo - la sua redazione. In ogni caso la documentazione concernente la consultazione o il consenso scritti deve essere conservata dalla società, così come dispone l’ultimo periodo della disposizione ora richiamata. La trascrizione della decisione nel libro dei soci, come è noto, assume nel nuovo sistema un notevole rilievo, dal momento che il termine per promuovere l’azione di annullabilità e di nullità decorre da tale momento. Il libro delle decisioni dei soci è tenuto a cura degli amministratori: quindi la documentazione relativa alla consultazione o al consenso scritti e l’esito di tali procedure devono essere comunicati dal soggetto tenuto ad accertarlo all’organo amministrativo. e) I vizi. L’utilizzo delle tecniche della consultazione scritta e del consenso espresso per iscritto comporta la possibilità di una serie di “scostamenti” dell’iter in concreto seguito rispetto al modello legale o a quello delineato nell’atto costitutivo. Così, ad esempio, è possibile che sia stato adottato uno dei due metodi, mentre i soci nell’atto costitutivo hanno previsto solo l’altro; che sia stato fatto il ricorso alle tecniche di collegialità attenuata con riferimento a decisioni necessariamente assembleari per volontà del legislatore o per scelta contenuta nell’atto costitutivo; che la decisione sia stata adottata senza la convocazione dell’assemblea, pur in presenza di una richiesta da parte di amministratori o soci di minoranza; che manchi la forma scritta; che non sussista il requisito della chiarezza dell’argomento oggetto della decisione e del consenso alla stessa; che l’iter sia stato posto in essere da un soggetto non legittimato;... Si tratta in ogni caso di vizi “tipici” del procedimento extra assembleare, tutti rientranti nell’area della semplice annullabilità. Diverso il discorso nel caso in cui sia stato adottata una decisione non collegiale in assenza assoluta di informazione dei soci: l’ipotesi pare configurabile - con riferimento alle procedure in esame - qualora uno o più soci siano rimasti del tutto all’oscuro dell’iniziativa diretta alla raccolta dei consensi. In presenza di tale fattispecie, il vizio è quello della nullità. 5. La prima opzione che debbono effettuare i soci è quella di “autorizzare” o non il ricorso, per le decisioni degli amministratori e/o dei soci, alle tecniche della consultazione e del consenso scritti (o anche ad una sola di esse). La valutazione IL NUOVO DIRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 19/2008 38 STUDI ED OPINIONI DECISIONI EXTRA ASSEMBLEARI naturalmente deve essere effettuata tenendo conto delle peculiarità della singola società, alla luce delle “dimensioni” dell’organo amministrativo e del numero dei soci, dei loro rapporti, delle esigenze di funzionalità e di snellezza nella gestione dell’impresa sociale e nella scelte di competenza dei soci. In ogni caso questi ultimi, nella redazione dell’atto costitutivo, debbono introdurre regole coerenti con il “volto” della società a responsabilità limitata da essi prescelto. Inoltre debbono utilizzare gli spazi di autonomia per delineare l’iter dei procedimenti extra assembleari, colmando il silenzio del legislatore al proposito. In tale prospettiva appare opportuno, con riferimento alle decisioni degli amministratori, l’introduzione nell’atto costitutivo di clausole dirette a: - delimitare l’area di applicazione delle tecniche di collegialità attenuata; - fissare competenze e modalità in ordine alle verifiche relative alla sussistenza dei presupposti del procedimento ed alla legittimazione dei partecipanti; - delineare le modalità della consultazione scritta, con particolare riferimento all’individuazione del soggetto legittimato a dare impulso al procedimento, al contenuto ed alla forma di tale atto, ai destinatari ed alle modalità della sua comunicazione; - stabilire le modalità del consenso espresso per iscritto; - determinare i tempi della raccolta dei consensi, nonché le modalità della relativa comunicazione ed i suoi destinatari; - qualificare il rilievo della mancata espressione della volontà dell’amministratore nel termine stabilito (equiparandola, ad esempio, all’assenza nel caso di procedimento collegiale); - disciplinare l’iter successivo all’espressione dei consensi, con particolare attenzione alla constatazione dell’esito ed alla sua proclamazione. In relazione alle decisioni dei soci l’atto costitutivo potrebbe risolvere una serie di “nodi” aperti, prevedendo: - l’area di applicazione della consultazione e del consenso scritti; - le competenze in ordine alla “direzione” del procedimento; - le modalità adottate nell’esercizio del potere dei singoli amministratori e dei soci di minoranza di richiedere l’intervento dell’assemblea; - il soggetto o i soggetti legittimati a dare impulso alla consultazione; i modi in cui la stessa deve svolgersi; - le “forme” del consenso espresso per iscritto; - il termine finale, entro il quale la raccolta dei consensi deve essere conclusa (ed eventualmente il termine iniziale); - le modalità di espressione del consenso e della sua comunicazione; i destinatari della medesima; - la qualificazione del “silenzio” da parte del socio; - i quorum costitutivi e deliberativi; IL NUOVO DIRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 19/2008 39 STUDI ED OPINIONI DECISIONI EXTRA ASSEMBLEARI - le fasi successive, relative alla constatazione del risultato ed alla sua comunicazione agli altri organi societari; - gli eventuali strumenti di documentazione delle varie fasi della procedura. Occorre aggiungere che, utilizzando gli spazi di autonomia, i soci potrebbero anche “correggere” le incertezze del dato normativo, con clausole dal contenuto certo e di facile applicazione in concreto. Con riferimento, in particolare, ai confini assai elastici e dai contorni sfumati dell’area in cui non risulta ammissibile il ricorso alla collegialità attenuata, l’intervento in sede di redazione dell’atto costitutivo è in grado di “portare certezze” rovesciando l’impostazione del legislatore. I soci possono infatti delineare un ambito di decisioni concernenti competenze “ricorrenti”, adottabili sicuramente con il metodo della consultazione o del consenso scritti (ad esempio, approvazione del bilancio, nomina e revoca dei componenti degli organi,...), al di fuori del quale trovi sempre applicazione il principio di collegialità piena. In tal modo si otterrebbe il duplice vantaggio di poter usufruire delle forme semplificate con riferimento alle decisioni più frequenti, e di costruire una linea di confine, dai contorni precisi, rispetto a quelle collegiali. IL NUOVO DIRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 19/2008 40 OSSERVATORIO INTERNAZIONALE LINEAMENTI DI DIRITTO SOCIETARIO CINESE (II PARTE) La Chinese Company Law è la norma principale di riferimento nello studio del diritto societario cinese nonché norma fondamentale per gli investimenti stranieri. Nel presente contributo si propone al lettore un'ampia panoramica sui riflessi che la Company Law manifesta in prospettiva presente e futura. L'argomento è anche occasione per illustrare il quadro principale delle società personali in vista della loro estensione anche a soggetti overseas. di FEDERICA MONTI Come si è avuto modo di vedere nel precedente contributo, la Chinese Company Law ha un'importanza centrale nello studio del diritto societario cinese. Essa, oltre che essere la primissima legge a prevedere e regolamentare le tipologie societarie nella Repubblica Popolare Cinese, funge da norma sussidiaria alla disciplina speciale in vigore per i contratti associativi del tipo Ventures e per le Wholly Foreign Owned Enterprises, ovvero per le società ad investimento sino-estero ed estero. Nell'ottica di un'analisi approfondita delle principali forme di investimento a disposizione di un investitore straniero in Cina, ritengo allora non possa prescindersi dal preliminare studio dell'unica fonte interna, oltreché prima, di diritto societario cinese. 1. Chinese Company Law e prospettive future Mi sembra, fin da ora, necessario premettere, che parlare della Chinese Company Law (o se vogliamo, Legge sulle Società di diritto cinese) non è cosa semplice, considerate le numerose difficoltà a cui essa ci espone, nonché le infinite interpretazioni che ne derivano e che sono la conseguenza primaria delle nette differenze linguistiche tra l'italiano ed il cinese mandarino. Il problema di fondo, per di più spesso trascurato, è che la Company Law non consente, almeno secondo il mio punto di vista, un immediato utilizzo del metodo comparatistico. Con questo non voglio dire che una comparazione non possa farsi tout court, ma si dovrà procedere per gradi. IL NUOVO DIRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 19/2008 41 OSSERVATORIO INTERNAZIONALE DIRITTO SOCIETARIO CINESE (PARTE II) Quando si parla di diritto societario cinese lo si può fare sia da un punto di vista accademico, che da un punto di vista più strettamente operativo quale norma di integrazione alla disciplina sulle società sino-estere, concetto ormai ben noto. Su quest'ultimo punto vale la pena soffermarsi: se, infatti, fino a ieri era corretto parlare, con sicurezza, della Chinese Company Law nei termini di “norma d'integrazione alla disciplina delle società sino-estere”, dalla seconda metà del 2007 sostenere ciò sta diventando sempre meno esatto sia perchè lo scenario delle società sino-estere si sta via via ampliando, sia perchè in ogni caso la Chinese Company Law andrà ad integrare la normativa speciale, solo ed unicamente delle sino-estere aventi natura di società di capitali. Quanto detto non è che un chiaro esempio del fatto per cui dedicarsi al diritto cinese- delle società significa certo conoscerne le norme, almeno quelle fondamentali, ma soprattutto avere chiaro il funzionamento dell'ambage normativa societaria intesa proprio come unità complessa e stratiforme. Ricordo, infatti, che la Cina non è provvista di alcuna elaborazione codicistica; così, nell'opera di ricostruzione sistematica del diritto societario sarà ingrato compito dell'interprete andare alla ricerca di tutte quelle norme e regole che consentano di far luce sulle linee guida dell'ordinamento cinese. Chiarito, allora, che la Chinese Company Law regolamenta unicamente le società di capitali il quadro societario non può ancora dirsi completo; è opportuno, in questo contesto, aprire una parentesi per illustrare qual è, allora, la fonte che,d'altro versante legalizza e regolamenta le società personali. Si tratta della Partnership Enterprise Law of People's Republic of China (PEL). Tale norma ha conosciuto, nell'anno 2006, un intervento di riforma con cui è stato ampliato nettamente il panorama delle tipologie societarie di persone, per altro, avvicinandosi molto alle tipologie societarie occidentali. Prima della Riforma del 2006, le cui modifiche sono entrate in vigore il 1° giugno 2007, l'unica forma legale di società personale era la General Partnership accanto alla quale, ora, ritroviamo ulteriori due forme societarie: la Special General Partnership e la Limited Partnership. Ritengo che quanto precede sia di considerevole importanza almeno per un paio di motivi: innanzitutto mi pare interessante la possibilità di inquadrare lo stato delle cose secondo una diversa prospettiva, inoltre in vista dell'ampliamento e del riflesso, che la Riforma di cui si sta parlando avrà anche sugli investimenti esteri, non sarà più vero affermare che la Chinese Company Law integra la disciplina speciale propria delle società sino-estere, considerato che proprio la definizione di società sino-estere sembra davvero essere vicina ad un cambiamento radicale (vd. tabella che segue). IL NUOVO DIRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 19/2008 42 OSSERVATORIO INTERNAZIONALE DIRITTO SOCIETARIO CINESE (PARTE II) Situazione attuale Investimenti Sino-Esteri Foreign Invested Enterprises (FIEs) Joint Ventures Wholly Foreign Owned Enterprises Prospettiva futura Investimenti Sino-Esteri (prospettiva futura) Foreign Invested Enterprises (FIEs) Joint Ventures Wholly Foreign Owned Enterprises Foreign Invested Partnerships (FIPs) Standard General Partnership Special General Partnership Limited Partnership In secondo luogo, ritengo questo cambiamento di grande interesse altresì per avere chiaro il quadro normativo complessivo del diritto societario cinese, in continua evoluzione. In ogni modo, per quel che riguarda il frangente sino-estero e quindi per quanto concerne i diversi veicoli di investimento per operatori stranieri, allo stato attuale delle cose c'è solo un disegno di legge in corso di approvazione che, seppure con ogni probabilità renderà possibile, in un futuro non troppo lontano, investire in società personali, comunque non è ancora norma ordinaria. IL NUOVO DIRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 19/2008 43 OSSERVATORIO INTERNAZIONALE DIRITTO SOCIETARIO CINESE (PARTE II) 2. Le società personali Giunti a questo punto e visto come il panorama societario stia considerevolmente cambiando, vorrei fare un brevissimo cenno alle società personali, se non altro, per una questione di completezza, aggiornamento ed attualità. Come si è avuto modo di vedere, tre sono i tipi sociali di matrice personalistica: La Standard “General Partnership”, in buona sostanza, simile alla nostra società in nome collettivo a cui, dopo la Riforma del 2007, fanno seguito la “Special General Partnership” e la “Limited Partnership” ovvero rispettivamente società tra professionisti e società in accomandita semplice. E' fondamentale inquadrare subito le norme da tenere in considerazione: a) La Partnership Enterprise Law - norma di diritto interno; b) Il Draft Foreign-Invested Pertnership Enterprise Regulation - che renderà possibile l’estensione della disciplina interna anche a soggetti overseas; nonchè in ultimo c) Il Catalogo sugli investimenti esteri. Quest'ultima fonte normativa, inizialmente “pensata” ed adoperata per gli investimenti in FIEs in conformità al policy plan del Governo Cinese sarà applicabile anche alle FIPs. Ne consegue che un investitore straniero che vorrà investire in FIPs potrà farlo solo nel rispetto del predetto atto normativo, pena l' inammissibilità da parte delle autorità. La trattazione delle singole forme societarie personali e di capitali esula da questo contributo, ma per una primissima presentazione delle stesse si propongono le tabelle che fanno seguito. Standard General Partnership Enterprises (Titolo II, Capo 1, artt. 14-54, Partnership Enterprise Law) Regime di responsabilità: illimitata e solidale. Atto costitutivo: la forma scritta è richiesta ad substantiam. Costituzione: l'autorità competente è la Business Registration Autority (corrispondente al nostro Registro delle Imprese) per l’approvazione dell’atto costitutivo, ovvero rilascio della Business Licence; la decisione che deve essere presa nei 20 giorni successivi al deposito della domanda; Il rilascio della Business Licence ha finalità costitutiva (e non di mera certificazione anagrafica come nel nostro sistema. Si tratta di un regime più semplificato, ma simile a quello richiesto per le società di capitali di diritto cinese). Poteri di direzione e controllo: non è previsto alcun organo collegiale, tuttavia IL NUOVO DIRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 19/2008 44 OSSERVATORIO INTERNAZIONALE DIRITTO SOCIETARIO CINESE (PARTE II) sembra potersi optare per un modello di amministrazione congiuntiva, disgiuntiva o mista; in ogni caso la legge non parla di amministratori stricto sensu (direstors), ma di partners (accento sulla natura personalistica). Ancora su questo punto, la legge non parla della possibilità di affidare a terzi l’amministrazione della società. In caso di amministrazione disgiuntiva per il socio amministratore è previsto l’obbligo di informare regolarmente gli altri soci non amministratori. In buona sostanza ritroviamo ciò che è previsto dall’ art. 2261 cc.. Vige il Principio di diretta inerenza per cui al potere di amministrazione è connesso quello di rappresentanza (art.26, 2°co. PEL). In tal senso non sembrano ammesse deroghe. Special General Partnership Enterprises (Titolo II, Capo VI, artt. 55-59, PEL) Si tratta di società che esercitano servizi professionali sulla base di competenze e conoscenze professionali. Regime di responsabilità: è la nota caratteristica di questo tipo sociale. E' basata sul fault system, quindi se da un comportamento negligente del professionista socio consegue una responsabilità per la società, in nome e per conto della quale questi abbia agito, dell’azione risponderà direttamente ed illimitatamente il professionista che abbia agito, mentre gli altri soci continueranno a godere del beneficio di responsabilità limitata alla loro partecipazione sociale. La PEL consente al professionista negligente di ripianare, però, le perdite sofferte dalla società, a seguito della sua condotta, mediante ristoro. Al di fuori di questa ipotesi la responsabilità è sempre illimitata e solidale. Atto costitutivo, costituzione, poteri di direzione e controllo: rinvio normativo ai Principi Generali dettati dalla stessa fonte normativa. Si rinvia, di conseguenza, a quanto già detto per le Standard General Partnership Enterprises. Limited Partnership Enterprise -Titolo II, Capo VI, artt. 60-84, PEL-Schema societario simile alla nostra “sas”Regime di responsabilità: è costituita da almeno un ‘general partner” (nella IL NUOVO DIRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 19/2008 45 OSSERVATORIO INTERNAZIONALE DIRITTO SOCIETARIO CINESE (PARTE II) posizione corrispondente ai nostri soci accomandatari) e un ‘limited partners’ (soci accomandanti) con responsabilità limitata alla partecipazione sociale in ragione ai conferimenti eseguiti. Compagine sociale: c'è un limite dimensionale; da un minimo di 2 soci ad un massimo di 50 soci. Nel caso di modificazione dell’assetto sociale: se nella compagine sociale rimanesse un solo “limited partner”, la società dovrà sciogliersi; diversamente, nel caso in cui rimanesse un solo “general partner” la Limited Partnership dovrà trasformarsi in General Partnership Enterprise. Regime dei Conferimenti: a differenza delle precedenti forme societarie, la legge pone i soci di fronte ad un divieto di conferimento d’opera. Per ora si tratta, ricordo, di forme societarie possibili solo per i residenti nella Repubblica Popolare Cinese, non anche per gli investitori stranieri. Esiste però quel disegno di legge in corso d'approvazione, a cui si è già fatto cenno, che renderà possibile investimenti in società di persone anche a soggetti overseas. 3. Chinese Company Law: norma sussidiaria, ma non solo I principali veicoli societari ovvero quelli a cui gli investitori ricorrono più spesso, sono già stati analizzati nel precedente contributo in cui si diceva dei contratti associativi del tipo Ventures nonché delle forme ad investimento completamente straniero, ovvero le Wholly Foreign Owned Enterprises. Accanto a questi ci sono quelli che generalmente vengono definiti ‘secondari’. A dire la verità non si tratta di nuove forme associative, ma di accezioni particolari delle forme già viste quindi di Ventures o di Wholly Foreign Owened Enterprises. Sto parlando della Foreign Trade Company e della Foreign Invested Commercial Enterprise, di cui cenni si erano fatti anche nel primo contributo. Entrambe tali due forme sono caratterizzate dall’esercizio dell'attività di importexport con differenze basate per lo più su base fiscale, che in verità a seguito dell'entrata della Cina nella WTO, non rappresentano neanche più la principale ragione di scelta dell'una piuttosto che dell'altra forma. Con la ratifica da parte della Cina del protocollo della WTO, infatti, sono venute meno alcune limitazioni riguardanti la Foreign Trade Company che sebbene fosse connotata, in precedenza, da maggiori incentivi fiscali, rimaneva comunque 'ancorata' ad un rigido limite territoriale ovvero la sua sede legale andava registrata necessariamente entro i confini di zone franche (come la Waigaoqiao Free Trade Zone di Shanghai); oggi, a seguito di un intervento di riforma del 2005, non è più così e l'investitore non sarà più legato all'anzidetto limite. Al contrario, la Foreign Invested Commercial Enterprise ha mostrato, fin dalla sua istituzione, maggiore duttilità lasciando l'investitore libero nella scelta dell'area in cui costituirla. IL NUOVO DIRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 19/2008 46 OSSERVATORIO INTERNAZIONALE DIRITTO SOCIETARIO CINESE (PARTE II) La situazione odierna vede la Foreign Trade Company in posizione di secondo piano rispetto alla Foreign Invested Commercial Enterprise, maggiormente preferita dall'investitore, il che fa pensare ad essa come una forma d'investimento ormai “oldfashioned”. Ciò a cui, invece, mi preme più dare risalto, nel corso dell'analisi della Chinese Companay Law, è un’altra forma associativa, davvero più interessante: si tratta della Foreign Invested Company Limited by Shares ovvero una società di capitali a partecipazione straniera. Si tratta di una forma di investimento che è stata introdotta a seguito di (si faccia bene attenzione!) una circolare del Ministero del Commercio estero e della Cooperazione economica del 1995. Tale circolare, sebbene possa sembrare strano, ha avuto un’importanza ed una rilevanza al pari di una norma ordinaria di primo grado e leggendo il suo contenuto ci si accorgerà che si tratta di un mero “filtro normativo” per slittare direttamente alla disciplina della Chinese Company Law che finisce per regolamentare interamente, e non solo come mera norma sussidiaria, questa forma societaria a differenza degli altri veicoli ad investimento estero. Mi spiego: le leggi speciali sulle Ventures e sulle Wholly nel loro corpus, pur non essendo norme autonome, comunque danno una serie di indicazioni piuttosto dettagliate in merito ai requisiti per la costituzione, in merito alle peculiarità della Corporate Governance ed in merito al suo funzionamento e così come molti altri aspetti. La Circolare Ministeriale del 1995 si presenta in maniera decisamente diversa, decisamente più scarna rispetto alle altre norme speciali, molto meno esauriente nei contenuti, rimandando a pie' pari la regolamentazione delle Foreign Invested Company Limited by Shares alla disciplina della Company Law, nella parte dedicata alle società per azioni e disponendo solo circa le diverse modalità costitutive. Operativamente, infatti, la SpA cinese ad investimento straniero può essere il risultato di una fusione per incorporazione, di una costituzione ab origine oppure ancora di una trasformazione di Joint Ventures o Wholly Foreign Enterprises, già esistenti. In realtà le tre ipotesi si traducono in sostanza in quattro distinte situazioni: 1. Fusione per incorporazione -I tipoE' il caso di una società straniera che decida di investire in una Joint Stock Limited Company, ovvero una società di capitali domestica -di diritto cinese- già esistente, costituita in rispetto di quanto dispone la Chinese Company Law. 2. Fusione per incorporazione -II tipoE' il caso di una società straniera che decida di investire in una Foreign Invested Company Limited by Shares, già esistente. Il caso pratico è, per IL NUOVO DIRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 19/2008 47 OSSERVATORIO INTERNAZIONALE DIRITTO SOCIETARIO CINESE (PARTE II) esempio, l'aumento di capitale di quest'ultima con emissione di nuove azioni o trasferimento di azioni già nel portfolio della stessa società. 3. Costituzione ab origine E' il caso della costituzione simultanea o per pubblica offerta di una Foreign Invested Company Limited by Shares. 4. Trasformazione E' il caso in cui una FIE (Joint Venture o Wholly Foreign Owned Enterprise) già esistente che decida di 'ristrutturare' la propria natura giuridica secondo la veste di una società per azioni. In tutte le ipotesi appena viste dovranno ricorrere specifici requisiti quali la conformità dell'oggetto sociale, della futura Foreign Investment Company Limited by Shares, al Catalogo degli Investimenti; presenza di minimo 2 partners (e comunque non più di 200) di cui almeno la metà abbia residenza in Cina e almeno un investitore straniero; capitale minimo registrato pari a 30 milioni di RMB (solo per alcune attività sono richiesti investimenti minimi maggiori); investimento straniero non inferiore al 25% del capitale investito; solo nell'ultima ipotesi è richiesto poi che la FIE abbia avuto utili, nei tre anni precedenti la trasformazione. Si tratta di requisiti richiesti certamente dalla Circolare ministeriale del 1995, ma anche dalla stessa Chinese Company Law (i.e. art. 79) che finisce per essere, in definitiva, la norma fondamentale per la Foreign Invested Company by Shares così come chiaramente si ricava dalla lettura dell'art. 25 della stessa circolare laddove si dice “Other matters relating to the company that are not provided for in these Provisional Regulation shall be handled in accordance with the Chinese Company Law...”1 . Ritengo, in conclusione e alla luce di quanto fin qui esposto, che la Foreign Invested Company Limited by Shares sia davvero l'esempio migliore per comprendere bene quanto sia importante la conoscenza della Chinese Company Law per le sue implicazioni sul diritto interno, ma specialmente sugli investimenti stranieri. 1 Trad.: “Ogni altro problema, di natura societaria, di cui questo regolamento non dispone andrà regolato dalla Chinese Company Law”. IL NUOVO DIRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 19/2008 48 FISCALITA’ INTERNAZIONALE IL TRATTAMENTO FISCALE CONVENZIONALE DEI REAL ESTATE INVESTMENT TRUSTS Il 19 luglio 2008 è stata pubblicata la nuova versione del Commentario al Modello di Convenzione contro le doppie imposizioni dell’OCSE, ossia la Convenzione tipo utilizzata dalle moderne giurisdizioni fiscali per risolvere su base bilaterale i casi di doppia imposizione internazionale. Tra le novità di maggior rilievo si segnalano le nuove disposizioni in materia di Real Estate Investment Trusts. Il presente contributo ne illustra la disciplina ed evidenzia i principali effetti sulla normativa italiana attualmente in vigore. di SEBASTIANO GARUFI 1. Introduzione Il 19 luglio scorso l’OCSE ha pubblicato la nuova versione del Commentario al Modello di Convenzione contro le doppie imposizioni. Tra le nuove modifiche, che – come noto – non hanno efficacia vincolante1, ma costituiscono le nuove linee guida per le future negoziazioni dei trattati da parte degli Stati, sono state introdotte nuove rilevanti disposizioni relative al trattamento fiscale dei redditi derivanti dalla partecipazione ai Real Estate Investment Trusts (cd. “REIT”). Il Commentario agli articoli 10 e 13 del Modello OCSE (rispettivamente riguardanti il trattamento dei dividendi e dei guadagni di capitale) recepisce le osservazioni e i commenti degli esperti del settore, ricevuti dall’OCSE in seguito alla pubblicazione di un Rapporto ad hoc del 30 ottobre 2007. Le ragioni della necessità di tali emendamenti risiedono nell’ampio sviluppo che i REIT stanno di recente registrando nelle moderne giurisdizioni fiscali. Queste forme di investimento nascono, infatti, negli anno ’60 negli USA, dove l’investimento in società immobiliari da parte dei risparmiatori fu incentivato dall’introduzione di un regime di 1 Il Commentario non deve essere considerato come uno strumento annesso implicitamente alle convenzioni concluse dagli Stati sulla base del Modello OCSE e dunque non può avere efficacia vincolante tra le parti contraenti. Esso è piuttosto uno strumento interpretativo dei trattati. Si veda sull’argomento piùdiffusamente C. GARBARINO, Manuale di tassazione internazionale, Milano, 2008, 202 e ss. IL NUOVO DIRITTO DELLE SOCIETÀ – N.19 /2008 49 FISCALITA’ INTERNAZIONALE IL TRATTAMENTO FISCALE CONVENZIONALE DEI REIT esenzione dalle imposte sui redditi conseguiti da questi organismi2. L’esperienza americana venne successivamente recepita nel vecchio continente, dove la forma di investimento allora maggiormente diffusa era lo strumento dei fondi aperti, in grado di consentire agli investitori di ricevere, in luogo dei dividendi, un rendimento fisso basato sull’andamento del valore del patrimonio di proprietà del fondo. I REIT, sebbene con denominazioni differenti, e gli organismi similari hanno, così, cominciato a trovare regolamentazione nelle legislazioni degli Stati europei, al punto che attualmente più della metà degli Stati membri dell’OCSE conosce questa forma di investimento3. Nel Rapporto testé citato l’OCSE evidenzia le principali caratteristiche comuni dei REIT nei diversi ordinamenti. Trattasi, infatti, di società ad azionariato diffuso, trust o contratti di natura fiduciaria che ritraggono primariamente i propri redditi da investimenti a lungo termine in beni immobili, distribuiscono su base annuale una quota consistente dei profitti conseguiti e, in generale, godono di un regime di esenzione da imposta sui redditi (ovvero vi sono soggetti in misura limitata) per i proventi ottenuti dai beni immobiliari sottostanti4. 2 Il primo Stato americano a dotarsi di una legislazione in tal senso fu il Massachusetts, ove era possibile costituire una forma di trust idonea a sfuggire al divieto di investire in beni immobili per il tramite di società. A livello fiscale, il ricorso ad un trust consentiva di subire l’imposizione reddituale al solo livello del beneficiario, evitando così di incorrere nella doppia imposizione economica. Tuttavia a seguito della sentenza Morrissey v. Commissioner (296 U.S. 344) del 1935, nella quale la Corte Suprema stabilì che la struttura utilizzata presentava i caratteri tipici delle società e, pertanto, consentiva un indebito aggiramento del divieto, il ricorso all’investimento immobiliare tramite il trust entrò in una fase di declino. Cfr. P.M. FASS, M. E. SHAFF e D.B. ZIEF, Real Estate Investment Trusts Handbook, Eagan Minnesota, 2007. 3 Lo strumento dei REIT è conosciuto – con alcune varianti dal modello americano – in Austra (Immobilien Investmentfonds) in Belgio (Sociétés d’Investissement à Capital Fixe en Immobilière), in Francia (Sociétés d’Investissements Immobiliers Côtées), in Lussemburgo (Fonds commun de placement o Societé d’investissement à capital variable/fixe), nei Paesi Bassi (Beleggingsinstelling), in Germania (REIT-Aktiengesellschaft), in Italia (Società di intermediazione immobiliare quotate), in Regno Unito (Real Estate Investment Trusts) e in Spanga (Sociedades de Inversiòn Immobiliaria), ma anche in Australia, Canada, Hong Kong, Giappone, Corea, Messico e Singapore. Per ulteriori approfondimenti sulla normativa tedesca ed inglese si rimanda, rispettivamente, a P. ECKL, M. SEIBOTH, The introduction of a German Real Estate Corporation, in European Taxation, 1/2007, 3-12; R. ROWE, S. BOADLE, UK real estate investment trusts – The first twelve months, in European Taxation, 3/2008, 141-148. 4 La definizione OCSE si presenta piuttosto ampia e tale da mettere in evidenza le caratteristiche comuni delle varie forme di REIT nei diversi ordinamenti. Esistono, tuttavia, significative differenze nella legislazione delle singole giurisdizioni riguardanti non soltanto la denominazione, ma anche la struttura dell’organismo e l’ambito di operatività del regime fiscale di favore. IL NUOVO DIRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 19/2008 50 FISCALITA’ INTERNAZIONALE IL TRATTAMENTO FISCALE CONVENZIONALE DEI REIT Negli Stati europei di civil law prevale il modello organizzativo della società o del fondo, mentre le esperienze di common law sono maggiormente orientate verso la forma del trust e più raramente verso quella societaria. È opportuno evidenziare che in Italia, in linea con le esperienze degli altri Stati, il regime fiscale agevolato per questi organismi è stato introdotto dall’art. 1, comma 119 della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (cd. finanziaria 2007), che ha previsto uno speciale regime per le cd. “Società di investimento immobiliare quotate” (“Siiq”), che svolgono in via prevalente attività di locazione immobiliare. Più specificamente, le società che presentano i requisiti previsti dalla normativa di attuazione del citato provvedimento5, possono esercitare una specifica opzione ed accedere ad un regime di esenzione da IRES e IRAP6, mentre gli utili distribuiti ai partecipanti, in qualunque forma, sono soggetti ad una ritenuta del 20%. A tal fine, la società deve soddisfare contemporaneamente le seguenti condizioni: 1. Deve essere costituita sotto forma di società per azioni; 2. Deve essere residente nel territorio dello Stato; 3. Le azioni da essa emesse devono essere negoziate in un mercato regolamentato degli Stati membri dell’Unione europea e degli Stati aderenti all’Accordo sullo spazio economico europeo che sono inclusi nella lista di cui al comma 1 dell’art. 168-bis, TUIR; 4. Nessun socio deve possedere direttamente o indirettamente più del 51% dei diritti di voto esercitabili nell’assemblea ordinaria e più del 51% dei diritti partecipazione agli utili; 5. Almeno il 35% delle azioni sia detenuto da soci che non possiedano direttamente o indirettamente più del 2% dei diritti di voto nell’assemblea ordinaria e più del 2% dei diritti di partecipazione agli utili. 6. La società deve svolgere prevalentemente attività di locazione immobiliare. Quest’ultimo requisito si ritiene soddisfatto se il valore degli immobili iscritti nell’attivo e destinati alla locazione sia almeno pari all’80% dell’attivo patrimoniale. A tal fine assumono rilevanza anche le partecipazioni che costituiscono immobilizzazioni finanziarie detenute in altre Siiq, nonché quelle detenute nelle società che esercitano l’opzione congiunta prevista dal comma 125 dell’art. 1 della finanziaria 2007, ovvero quando, per ogni esercizio, almeno l’80% dei componenti positivi del conto economico provenga dall’attività di locazione immobiliare. A tal fine rilevano anche i dividendi percepiti dall’attività di locazione svolta dalle partecipate che abbiano optato per il redime di esenzione. 5 D.M. 7 settembre 2007, n. 174. Sulle modalità e i requisiti per l’esercizio dell’opzione si veda L. DEL FEDERICO, Provvedimento Agenzia delle Entrate 28 novembre 2007: la comunicazione dell’opzione per il regime delle società di investimento immobiliare quotate (Siiq), in Il Fisco, n. 45, 2007, 2-6025. 6 IL NUOVO DIRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 19/2008 51 FISCALITA’ INTERNAZIONALE IL TRATTAMENTO FISCALE CONVENZIONALE DEI REIT Ai sensi del comma 125 dell’art. 1 appena citato, la disciplina in esame può essere estesa, su opzione congiunta, anche alle società per azioni residenti in Italia non quotate, svolgenti anch’esse attività di locazione immobiliare in via prevalente, che siano partecipate da una Siiq che possieda almeno il 95% dei diritti di voto nell’assemblea ordinaria ed almeno il 95% dei diritti di partecipazione agli utili. 2. Profili dell’imposizione transnazionale dei REIT 2.1 L’applicazione delle Convenzioni Nel caso in cui l’attività di investimento del REIT dovesse presentare profili di internazionalità, verrebbero in rilievo questioni di potenziale doppia imposizione, derivante dal concorso di due o più potestà impositive, ossia quello dello Stato della fonte del reddito e quello della residenza dello stessp (laddove l’organismo fosse soggetto a tassazione limitata e non beneficiasse di un regime di totale esenzione dalle imposte sui redditi). Il problema della doppia imposizione appare rilevante sotto un duplice profilo. Il primo riguarda la potenziale doppia imposizione dei redditi conseguiti dal REIT, quando l’attività di investimento è esercitata in più giurisdizioni; il secondo attiene alla potenziale doppia imposizione sulla distribuzione dei redditi conseguiti agli investitori, quando questi risiedono in uno Stato diverso dal REIT. Per risolvere il primo problema, su cui le modifiche del Commentario del luglio scorso nulla dispongono, occorre preliminarmente verificare se i REIT possano o meno beneficiare delle Convenzioni contro le doppie imposizioni. In altri termini, occorre verificare se essi rientrino nell’ambito di applicazione soggettivo delle Convenzioni, ai sensi dell’art. 1 delle stesse. Come noto, i trattati fiscali che si basano sul Modello OCSE si applicano alle persone residenti di uno o di entrambi gli Stati contraenti. Il termine “persona”, in base alle disposizioni dell’art. 3 par. 1, lett. a) del Modello OCSE include le persone fisiche, le società e ogni altra associazione di persone7, mentre l’art. 4 definisce residente di uno 7 Il Modello OCSE e le convenzioni internazionali firmate sulla base dello stesso recitano espressamente “the term ‘persons’ includes an individual, a company and any other body of persons”. Trattasi di una lista non esaustiva che deve essere utilizzata in senso molto ampio (cfr. K. VOGEL, On double taxation conventions, Londra, 1997, 170) e all’interno della quale l’OCSE stessa include le partnerships, che tuttavia esulano dall’ambito di applicazione delle Convenzioni qualora siano entità trasparenti, perché non assoggettate ad imposta a motivo delle loro residenza. Nessuna disposizione è invece contenuta con riferimento ai trust, i quali potrebbero essere considerati a “body of persons” ai sensi dell’art. 3, paragrafo 1, lettera a) della Convenzione, ma sul punto non vi è uniformità di opinioni ed alcuni Stati includono espressamente l’istituto nell’ambito di applicazione soggettivo della singola convenzione bilaterale. Si veda R. DOEMBERG, K. VAN RAAD, The 1996 United States Model Income Tax Convenzion: analysis, commentary and comparison, L’Aja, 1997, 25 ss. IL NUOVO DIRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 19/2008 52 FISCALITA’ INTERNAZIONALE IL TRATTAMENTO FISCALE CONVENZIONALE DEI REIT Stato contraente una persona che, secondo la legislazione di questo Stato, è ivi soggetto ad imposta a motivo del suo domicilio, della sua residenza o della sua sede di direzione o altro criterio analogo. Di conseguenza, per poter beneficiare delle Convenzioni internazionali contro la doppia imposizione, il REIT dovrebbe essere un soggetto a cui l’ordinamento giuridico attribuisce capacità di agire ed essere soggetto ad imposta sui redditi. Alla luce delle citate disposizioni, nessun problema interpretativo dovrebbe sorgere allorché il REIT sia organizzato sotto forma di società o di altro organismo soggetto ad imposta sui redditi. Tuttavia, come sopra evidenziato, i REIT godono comunemente di regimi fiscali di favore, sicché il secondo requisito previsto dall’art. 4 sopra citato potrebbe non risultare soddisfatto. A tal fine occorre, tuttavia, evidenziare che il Commentario all’art. 4 del Modello OCSE osserva che in molti Stati membri dell’OCSE una persona è considerata soggetta ad imposte in uno Stato a prescindere se di fatto lo Stato prelevi o meno le imposte in capo a quel contribuente8. Secondo tale interpretazione, fondi pensione, enti di beneficienza e altre forme di organizzazione che costituiscono esempi di entità non soggette ad imposte rientrerebbero in ogni caso nell’ambito di applicazione della Convenzione, atteso che l’esenzione si applicherebbe soltanto laddove fossero soddisfatti tutti i requisiti previsti dalla normativa. Analoga interpretazione dovrebbe, pertanto, applicarsi ai REIT e il requisito della loro soggezione ad imposta non dovrebbe verificarsi in senso effettivo, ma solo potenziale, ossia quando le condizioni stabilite dalla normativa interna per l’accesso al regime fiscale di favore risultino soddisfatte. Il Rapporto OCSE, che accoglie questa linea interpretativa, suggerisce infatti di includere i REIT nell’ambito di applicazione della Convenzione, considerandoli espressamente “persone residenti” di uno Stato contraente. Tuttavia, attesa la mancanza di efficacia vincolante del suddetto Rapporto, gli Stati che non dovessero aderire a questa tesi, dovrebbero risolvere la questione su base bilaterale durante i propri negoziati. L’inclusione dei REIT nell’ambito di applicazione soggettivo delle Convenzioni consentirebbe di risolvere i conflitti impositivi degli Stati interessati in relazione ai redditi prodotti all’estero. Al contempo, le rilevanti disposizioni della singola Convenzione offrirebbero la possibilità di risolvere eventuali conflitti di qualificazione e 8 Si tratterebbe, infatti, di una soggettività passiva effettiva ma anche potenziale, tale per cui ne sarebbe incluso il soggetto che non deve essere effettivamente tenuto al pagamento delle imposte. Per contro, ne sarebbero esclusi i soggetti per i quali la normativa interna non stabilisce alcun presupposto di soggezione (attuale o potenziale) ad imposta. Cfr. R. ROAHTGI, Basic International Taxation, L’Aja, 2002, 72; J.D.B. OLIVER, Company residence – Four Cases, in British Tax Review, 5/1996, 535. IL NUOVO DIRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 19/2008 53 FISCALITA’ INTERNAZIONALE IL TRATTAMENTO FISCALE CONVENZIONALE DEI REIT determinare se i redditi da essi prodotti ricadano nelle previsioni dell’art. 6 (redditi immobiliari) ovvero dell’art. 13 (utili di capitale). Con riferimento alla disciplina italiana sopra illustrata, non pare sorgano particolari problemi interpretativi. Le Siiq, infatti, sono società per azioni (e come tale sarebbero ordinariamente soggette ad imposta sugli utili), che di fatto fruiscono del regime di esenzione qualora siano soddisfatti i requisiti per l’esercizio dell’opzione. Di conseguenza, rientrano nell’ambito di applicazione delle Convenzioni9. Con riferimento al trattamento fiscale dei singoli redditi che potrebbero beneficiare del più favorevole trattamento convenzionale, il Rapporto OCSE distingue tre principali categorie di REIT, a seconda della tipologia di utile prodotto: 1. Equity REIT. In questa classe, che è la più diffusa, rientrano i REIT che investono e detengono beni immobili ed operano in settori specifici (residenziale, industriale, alberghiero, etc.), e che ritraggono la maggior parte dei propri redditi dalla locazione dei beni stessi. 2. Mortgage REIT. Questi organismi (più rari, ma conosciuti soprattutto negli USA) concedono mutui o cedono contratti di mutuo già esistenti ai soggetti interessati all’acquisto di beni immobili e ritraggono la maggior parte dei propri utili dagli interessi sui prestiti. 3. REIT ibridi. Trattasi di REIT che combinano le strategie di investimento tipiche delle prime due categorie. Nelle ipotesi in cui l’attività di investimento del REIT dovesse assumere carattere transnazionale, per gli organismi del primo tipo si renderebbero applicabili le disposizioni dell’art. 6 delle Convenzioni (redditi immobiliari), mentre per quelli appartenenti alla seconda categoria quelle dell’art. 11 (interessi). Qualora, invece, il reddito venisse prodotto nell’altro Stato contraente svolgendo attività di impresa per mezzo della proprietà immobiliare situata nell’altro Stato, potrebbero rendersi anche applicabili le disposizioni dell’art. 7 del Modello OCSE. Analogamente, la cessione transnazionale dei beni immobili detenuti dal REIT potrebbe ricadere nelle previsioni dell’art. 13. 2.3. Le distribuzioni di reddito da parte del REIT È stato in precedenza sottolineato che il secondo profilo di criticità relativo ai profili di internazionalità di un REIT attiene alla potenziale doppia imposizione cui è 9 Più problematica sembra, invece, la questione relativa alla possibilità di beneficiare del credito per le imposte pagate all’estero, posto che la detrazione non spetta nel caso in cui il contribuente non sia soggetto ad imposta sui redditi. In tale ipotesi, tuttavia, non vi sarebbe doppia imposizione, posto che soltanto lo Stato della fonte potrebbe eventualmente avanzare pretese impositive sul reddito prodotto nel proprio territorio. Per un approfondimento sul punto, si rimanda al Rapporto OCSE. IL NUOVO DIRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 19/2008 54 FISCALITA’ INTERNAZIONALE IL TRATTAMENTO FISCALE CONVENZIONALE DEI REIT esposta la distribuzione dei redditi agli investitori, quando questi risiedono in uno Stato diverso dal REIT. Essi potrebbero, infatti, essere contemporaneamente soggetti ad imposta nello Stato della fonte di produzione del reddito e nel proprio Stato di residenza, secondo la legislazione interna dei due Stati. Al fine di ovviare a questo inconveniente, il principale tema affrontato dal Rapporto OCSE, poi trasfuso nelle modifiche del Commentario al Modello convenzionale, attiene al corretto inquadramento fiscale, ai fini del trattato, dei redditi distribuiti da un REIT residente in uno Stato contraente ad investitori residenti nell’altro Stato contraente. A tal fine il Rapporto esamina la questione sotto due profili: il primo attiene alla qualifica spettante alla distribuzione del reddito ai fini della convenzione, il secondo riguarda le modalità di trattamento fiscale della distribuzione, quando il REIT non è organizzato sotto forma di società. Laddove, infatti, il REIT rivestisse una forma societaria, le distribuzioni di reddito agli investitori rientrerebbero senza dubbio nelle disposizioni dell’art. 10, relativo ai pagamenti di dividendi. Nel caso in cui, invece, il REIT non fosse organizzato sotto forma di società, potrebbe sorgere qualche problema interpretativo, atteso che la formulazione letterale dell’art. 10 impone che si tratti di “dividendi pagati da una società residente di uno Stato contraente”, ove il termine “società” è definito dall’art. 3, paragrafo 1, lett. b), Modello OCSE. In base alle particolari caratteristiche del REIT, l’OCSE ha cercato di fornire un approccio interpretativo comune da riservare alle distribuzioni dei REIT, proponendo di superare un’interpretazione rigorosamente letterale dei termini del trattato10. Il tema centrale della discussione, come accennato, riguarda la corretta qualificazione della distribuzione dei redditi dal REIT ai suoi investitori e, più specificamente, se essa debba essere considerata come reddito immobiliare (e quindi assoggetta al relativo regime impositivo stabilito all’art. 6 del Modello OCSE), ovvero come distribuzione di dividendi (disciplinati, invece, all’art. 10 del Modello OCSE). La distinzione non è di scarsa importanza, atteso che l’art. 6 stabilisce il concorrente esercizio della potestà impositiva dello Stato della fonte (ove la proprietà immobiliare è situata) e dello Stato della residenza, senza alcuna limitazione, mentre l’art. 10, fermo restando il potere impositivo dello Stato della residenza, ammette la tassazione nello Stato della fonte, ma in misura limitata a determinate aliquote. In considerazione dei beni che costituiscono la quasi totalità dell’attivo di un REIT, la soluzione di considerare le distribuzioni di reddito agli investitori alla stessa stregua dei redditi immobiliari poteva apparire la scelta più corretta, essendo il REIT uno schermo tramite cui detta proprietà è detenuta dal singolo soggetto. Tuttavia, come emerge dal Commentario, la scelta dell’OCSE si è orientata nel senso di valorizzare la 10 Rapporto OCSE del 30 ottobre 2007, paragrafo 20. IL NUOVO DIRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 19/2008 55 FISCALITA’ INTERNAZIONALE IL TRATTAMENTO FISCALE CONVENZIONALE DEI REIT posizione dei piccoli investitori. Questi ultimi, infatti, detengono quote in siffatti organismi al solo fine di percepire proventi dall’investimento e non sono interessati all’acquisizione o allo sfruttamento dei beni immobili sottostanti. In quest’ultimo caso, la posizione di un soggetto che detiene quote di un REIT non sarebbe, infatti, dissimile da quella di un qualsiasi altro soggetto che acquista quote di partecipazioni in una società al fine di percepirne dividendi e, dunque, non vi sarebbe ragione alcuna per assoggettare le due fattispecie ad un trattamento fiscale differente. Tuttavia, non bisogna trascurare di osservare che, in ragione del regime fiscale di favore di cui godono generalmente questi organismi, le distribuzioni dei redditi da parte dei REIT sono diverse dalle distribuzioni ordinarie di dividendi, atteso che questi ultimi hanno già scontato una prima imposizione a livello della società sottostante. La scelta dell’OCSE, trasfusa nelle nuove disposizioni del Commentario, sembra essere una soluzione di compromesso: è fissata una percentuale di partecipazione al REIT, al di sotto della quale si ritiene che l’investitore non abbia il potere di esercitare alcuna forma di controllo sui beni immobili sottostanti e, dunque, sia interessato esclusivamente ad ottenere un rendimento dall’investimento. Per contro, al di sopra della predetta soglia, l’investitore sarà considerato titolare di un interesse sostanziale nella proprietà immobiliare, non già nel semplice rendimento dalla partecipazione all’organismo. Di conseguenza, in base alle osservazioni del Commentario all’art. 10 nella sua nuova formulazione, i futuri testi convenzionali potranno prevedere che le distribuzioni di redditi da parte di un REIT residente in uno Stato contraente ad un investitore residente nell’altro Stato contraente che possiede una quota di partecipazione inferiore al 10% siano soggette ad imposta anche nello Stato della fonte, ma in misura non superiore al 15% (ossia la ritenuta massima prevista per i dividendi all’art. 10, paragrafo 2, lettera b) del Modello OCSE)11. Per contro, le distribuzioni relative a partecipazioni minime del 10%, non essendo opportuno prevedere un’imposizione limitata da parte dello Stato della fonte in considerazione dell’interesse precipuo nei beni immobili sottostanti, saranno 11 L. NOUEL, The tax treaty treatment of REITs – The alternative provisions included in the Commentaries on the 2008 OECD Model, in European Taxation, 9/2008 osserva che la scelta di fissare al 10% la soglia di distinzione tra piccolo e grande investitore operata dall’OCSE risiede nelle seguenti ragioni: (i) essa costituisce la soglia utilizzata dagli USA nelle proprie convenzioni firmate dagli anni 1990 e contenenti disposizioni relative ai REIT; (ii) alcuni Stati hanno una limitazione sull’ammmontare di interessi che un investitore può possedere in un REIT (ad esempio, nel Regno Unito non possono farsi distribuzioni a società che detengano almeno il 10% delle azioni senza incorrere in una sanzione e in Germania non è ammesso che un singolo investitore detenga da solo una partecipazione superiore al 10% ai diritti di voto di un REIT); (iii) questa potrebbe essere la soglia minima per rivelare informazioni alle autorità competenti. IL NUOVO DIRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 19/2008 56 FISCALITA’ INTERNAZIONALE IL TRATTAMENTO FISCALE CONVENZIONALE DEI REIT considerate alla stessa stregua dei redditi immobiliari e, come tali, saranno soggette ad imposizione piena nello Stato della fonte ed in quello della residenza, in base all’art. 6 del Modello OCSE (salvo, poi, il beneficio del credito di imposta o dell’esenzione per evitare la doppia imposizione, ove applicabile). La soglia del 10% proposta dall’OCSE è ovviamente suscettibile di modifiche in sede di negoziazione da parte degli Stati, ma il trattamento fiscale appena illustrato si applicherebbe a prescindere dalla forma giuridica rivestita dal REIT. Tuttavia, laddove gli Stati volessero consentire di applicare il regime fiscale proposto anche alle distribuzioni di redditi da parte di REIT che secondo la legislazione dello Stato della fonte non si qualificano quali “società residenti”, il Commentario suggerisce una formulazione alternativa. In base a quest’ultima, i dividendi pagati da una società residente o da un REIT organizzato secondo la legislazione di uno Stato contraente ad un residente dell’altro Stato contraente, sono tassati in quest’ultimo Stato. Il termine società, secondo le disposizioni del Commentario all’art. 3, si riferirebbe non soltanto alle persone giuridiche, ma anche a qualsiasi ente o organizzazione equiparata alle società ai fini delle imposte sul reddito. Con riferimento alla legislazione italiana, è stato sopra evidenziato che è stato introdotto un regime fiscale speciale per le Siiq e uno per la tassazione delle distribuzioni di redditi agli investitori. In particolare, ai sensi dei commi 134-136 dell’art. 1 della finanziaria 2007, i soggetti residenti presso i quali i titoli di partecipazione detenuti nelle Siiq sono stati depositati, direttamente o indirettamente, aderenti al sistema di deposito accentrato e gestito dalla Monte Titoli s.p.a., nonché i soggetti non residenti che aderiscono a sistemi esteri di deposito accentrato aderenti al sistema Monte Titoli operano, con obbligo di rivalsa, una ritenuta del 20% sugli utili in qualunque forma corrisposti a soggetti diversi da altre Siiq, derivanti dall’attività di locazione immobiliare. Detta ritenuta è ridotta al 15% in relazione alla parte dell’utile di esercizio riferibile a contratti di locazione di immobili ad uso abitativo stipulati ai sensi dell’art. 2, comma 3, della legge 9 dicembre 1998, n. 431. La ritenuta è applicata a titolo di acconto, con conseguente concorso dell’intero importo dei dividendi percepiti alla formazione del reddito imponibile, nei confronti di: a) imprenditori individuali, se le partecipazioni sono relative all’impresa commerciale; b) società in nome collettivo, in accomandita semplice ed equiparate, società ed enti indicate alle lettere a) e b) dell’art. 73, TUIR e stabili organizzazioni nel territorio dello Stato di società ed enti non residenti. La ritenuta è applicata a titolo di imposta in tutti gli altri casi. La ritenuta non si applica, invece, nei confronti degli utili corrisposti alle forme di previdenza complementare, agli organismi di investimento collettivo del risparmio costituiti in IL NUOVO DIRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 19/2008 57 FISCALITA’ INTERNAZIONALE IL TRATTAMENTO FISCALE CONVENZIONALE DEI REIT Italia e agli utili che concorrono a formare il risultato maturato delle gestioni individuali di portafoglio. La ritenuta non si applica poi agli utili corrisposti alle Siiq. Le partecipazioni detenute nelle società che abbiano optato per il regime speciale, non beneficiano comunque del regime della participation exemption previsto dagli articoli 58, 68 e 87, TUIR. Le modifiche apportate al Commentario che, come noto, non hanno alcuna efficacia vincolante, non hanno alcuna influenza sulle Convenzioni firmate dall’Italia attualmente in vigore, che non contengono disposizioni ad hoc sulle Siiq. Ne consegue che qualora lo Stato della fonte fosse l’Italia (essendo la Siiq ivi residente) ed il socio percettore risiedesse in un altro Stato contraente, si dovrà prescindere da un esame della consistenza della partecipazione di quest’ultimo, come invece suggerito dal Commentario, e assoggettare la distribuzione degli utili alla ritenuta più favorevole prevista all’art. 10 della Convenzione eventualmente applicabile. In base alla legislazione italiana, infatti, il reddito dell’investitore deriverebbe dalla partecipazione ad una società per azioni e la relativa remunerazione è fiscalmente assimilata ad un dividendo, soggetto tuttavia ad una tassazione “speciale”. 3. Trattamento degli utili di capitale Il Rapporto OCSE ha anche affrontato la questione relativa alle plusvalenze eventualmente derivanti dalla cessione delle partecipazioni in un REIT e al loro assoggettamento alle disposizioni dell’art. 13, paragrafo 4, Modello OCSE. Trattasi, più specificamente, della disposizione relativa al trattamento fiscale applicabile alle plusvalenze derivanti dalla cessione di partecipazioni di società il cui patrimonio è costituito per più del 50 per cento da beni immobili situati nell’altro Stato contraente. Questo paragrafo, inserito a seguito delle modifiche del 2003, ha risolto definitivamente il dibattito relativo alla questione sull’applicazione – alla cessione delle quote in esame – delle disposizioni relative all’alienazione di beni immobili (disciplinati dal paragrafo 1 dell’art. 13), ovvero di normali quote societaria (rientranti invece nell’ultimo paragrafo dello stesso articolo)12. Atteso che l’oggetto principale del REIT consiste nell’investimento e nella detenzione di beni immobili, occorrerebbe verificare se al momento della cessione delle quote detenute dagli investitori risultino soddisfatte le condizioni previste per l’applicazione dell’art. 13, paragrafo 4 del Modello OCSE e assoggettare la relativa plusvalenza al trattamento fiscale ivi previsto. 12 La distinzione è rilevante, atteso che il paragrafo 1 dell’art. 13 prevede l’esercizio della potestà impositiva concorrente dello Stato della fonte e dello Stato della residenza, mentre l’originario paragrafo 4, divenuto successivamente il paragrafo 5, stabilisce che il reddito sia assoggettato a tassazione esclusivamente nello Stato di residenza dell’alienante. IL NUOVO DIRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 19/2008 58 FISCALITA’ INTERNAZIONALE IL TRATTAMENTO FISCALE CONVENZIONALE DEI REIT Tuttavia, durante la discussione in seno all’OCSE, è stata sostenuta la tesi di assimilare la cessione della partecipazione detenuta da un piccolo investitore alla stessa stregua della cessione di un titolo, piuttosto che di beni immobili. Questa soluzione, infatti, consentirebbe di uniformare il trattamento fiscale della cessione a quello delle distribuzioni di utili e di ridurre i costi di gestione connessi all’applicazione delle imposte. La nuova formulazione del Commentario all’art. 13 accoglie questa impostazione e introduce la possibilità di includere nelle Convenzioni un’eccezione per i guadagni di capitale relativi a piccole partecipazioni in un REIT. Di conseguenza, recependo questa formulazione, la plusvalenza derivante dalla cessione della quota di un piccolo investitore sarebbe soggetta alla sola potestà impositiva dello Stato di residenza di quest’ultimo. La plusvalenza derivante dall’alienazione di quote consistenti in un REIT rimarrebbe, invece, soggetta al trattamento previsto dall’art. 13, paragrafo 4 del Modello OCSE e sarebbe, pertanto, tassabile anche nello Stato in cui è situata la proprietà immobiliare. Nel caso in cui il REIT non fosse organizzato in forma societaria, il Rapporto OCSE fornisce due soluzioni alternative. La prima consisterebbe nell’includere la formulazione opzionale già contenuta al paragrafo 28.5 del Commentario all’art. 13 del Modello, che consentirebbe l’applicazione dell’art. 13, paragrafo 4 alla cessione di quote in partnership o trust. La seconda sarebbe, invece, quella di estendere l’art. 13, paragrafo 1 del Modello OCSE all’ipotesi di cessione di quote dei REIT che siano considerati come entità trasparenti ai fini fiscali. Con riferimento alla legislazione italiana, vista la più volte sottolineata assenza di efficacia vincolante delle modifiche sulle Convenzioni attualmente in vigore, occorre osservare che la cessione di quote detenute in Siiq residenti da parte di investitori non residenti, ricadrebbe nelle previsioni dell’art. 13, paragrafo 4 delle Convenzioni. Così, nelle Convenzioni dell’Italia che contengano la disposizione relativa alle società il cui patrimonio è costituito da beni immobili13 si applicherà il regime fiscale dello Stato della fonte e quello della residenza. In quelle in cui è invece assente detta disposizione14 13 Più specificamente, trattasi delle Convenzioni concluse con Algeria, Armenia, Australia, Bangladesh, Canada, Cina, Corea del Sud, Estonia, Filippine, India, Israele, Lettonia, Lituania, Messico, Nuova Zelanda, Paesi Bassi, Pakistan, Venezuela e Vietnam, 14 Le Convenzioni dell’Italia non contenenti la specifica clausola relativa alle società immobiliari sono quelle concluse con: Albania, Argentina, Austria, Belgio, Brasile, Bulgaria, Cipro, Costa d’Avorio, Danimarca, Ecuador, Egitto, Emirati Arabi Uniti, Etiopia, Finlandia, Francia, Georgia, Germania, Giappone, Grecia, Indonesia, Irlanda, ex Jugoslavia, Kuwait, Lussemburgo, Macedonia, Malaysia, Malta, Marocco, Mauritius, Monzambico, Norvegia, Polonia, Portogallo, Regno Unito, Repubblica Ceca, Repubblica Slovacca, Romania, Senegal, IL NUOVO DIRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 19/2008 59 FISCALITA’ INTERNAZIONALE IL TRATTAMENTO FISCALE CONVENZIONALE DEI REIT si applica il trattamento fiscale esclusivo dello Stato della residenza dell’investitore, indipendentemente dall’ammontare della partecipazione detenuta. 4. Conclusioni Le modifiche al Commentario sul trattamento fiscale dei REIT segnano un importante traguardo per risolvere i problemi di doppia imposizione legati al crescente sviluppo degli investimenti nel mercato immobiliare. Non può, tuttavia, non osservarsi che la scelta dell’OCSE di modificare il Commentario, anziché agire direttamente sul Modello di Convenzione, possa derivare da ragioni legate alla più semplice approvazione delle modifiche da parte degli Stati membri, che d’ora in poi saranno liberi di decidere, nelle proprie negoziazioni, se inserire o meno nel testo del trattato delle disposizioni ad hoc. Ai fini della operatività di dette modifiche, è necessario sottolineare il ruolo del Commentario nelle singole Convenzioni bilaterali stipulate dagli Stati. Se, infatti, questo viene considerato come strumento intepretativo delle Convenzioni, occorre verificare se gli Stati, nello sipulare il trattato particolare, abbiano voluto riferirsi alla formulazione del Commentario vigente al momento della sua conclusione o abbiano accettato di uniformarsi alle istruzioni dello stesso così come sarebbero state modificate ed ampliate dall’OCSE. Nel primo caso, si verificherebbe l’inconveniente di rendere non operative per i trattati già in vigore le nuove disposizioni (che invece sarebbero applicabili per le convenzioni che saranno stipulate sulla base del nuovo Modello). Nel secondo caso, invece, non sarebbe agevole dimostrare se il nuovo Commentario possa essere considerato come un accordo sopravvenuto tra gli Stati contraenti, giacché le nuove modifiche, che non si sono limitate a semplici puntualizzazioni su come il testo della norma doveva essere ab origine interpretato, ma a chiarimenti sulla portata applicativa della norma, sortirebbero piuttosto l’effetto di “riformulare” l’articolo del Modello. In tali casi, potrebbe essere necessario intavolare una procedura amichevole tra le autorità competenti degli Stati contraenti affinché si pervenga ad un accordo chiarificatore. Non pare, oltretutto, che le modifiche apportate dall’OCSE abbiano un forte impatto sulla normativa italiana esistente in materia di Siiq. Alcuni profili problematici, che a livello OCSE non hanno conosciuto ancora una specifica regolamentazione, trovano disciplina nella normativa interna. In ogni caso, occorre attendere che l’Italia decida di allinearsi alle nuove disposizioni nei testi convenzionali oggetto di futura negoziazione, per testare l’operatività delle modifiche. Siria, Singapore, Spagna, Sri Lanka, Stati Uniti, Sudafrica, Svezia, Svizzera, Tanzania, Thailandia, Tunisia, Turchia, Ucraina, Ungheria, Zambia, IL NUOVO DIRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 19/2008 60 SEGNALAZIONI DIRITTO COMMERCIALE SEGNALAZIONI DI DIRITTO COMMERCIALE INDICAZIONI INTERPRETATIVE E APPLICATIVE Società partecipate - La Commissione per l’applicazione della legge 241/90 - ovvero l'organismo preposto alla vigilanza sull'attuazione del principio della piena conoscibilità e trasparenza dell'attività della pubblica amministrazione, al quale possono rivolgersi privati cittadini e pubbliche amministrazioni - in un parere recente ha precisato che le società miste pubbliche partecipate in misura maggioritaria da enti locali che gestiscono in regime di privativa srvizi pubblici quando adottano atti per l’esercizio del servizio pubblico e per l’individuazione del contraente sono soggetti alla normativa sull’accesso dei documenti di cui all’art. 22 della l. 241/90. Il testo del parere è reperibile al sito http://www.governo.it. UNIONCAMERE Trasferimento quote di s.r.l. - E’ stata pubblicata la circolare dell’UnionCamere che commenta la legge n. 133 del 6 agosto 2008 contenente novità in tema di trasferimento di quote di s.r.l.. La circolare affronta le problematiche relative alla disciplina applicabile, al termine per l’iscrizione dell’atto nel registro delle imprese e all’attività dell’Ufficio del Registro delle Imprese. Il testo della circolare in data 22 settembre 2008 è reperibile sul sito www.italiaoggi.it. CONSOB/BANCA D’ITALIA/ISVAP Conglomerati finanziari – Mediante comunicato del 2 ottobre u.s., la Consob, la Banca d’Italia e l’Isvap, sulla base di quanto previsto dall’Accordo di Coordinamento sottoscritto il 31 marzo 2006, hanno aggiornato l’elenco dei conglomerati finanziari italiani, vale a dire di quei gruppi societari che svolgono attività in misura significativa nel settore assicurativo ed in quello bancario e/o dei servizi di investimento. Il testo è disponibile per la lettura sul sito: www.consob.it Vendite allo scoperto – Sul proprio sito, la Consob ha dapprima invitato gli operatori al rispetto delle regole in materia di vendite allo scoperto e, successivamente, ha pubblicato le misure restrittive da adottare. Da ultimo, mediante comunicato del 1° ottobre ha previsto che la vendita di azioni di banche e imprese di assicurazioni quotate nei mercati regolamenti italiani e ivi negoziate deve essere assistita, oltre che dalla IL NUOVO DIRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 19/2008 61 SEGNALAZIONI DIRITTO COMMERCIALE disponibilità, anche dalla proprietà dei titoli da parte dell'ordinante al momento dell'ordine e fino alla data di regolazione dell'operazione. Il testo è disponibile per la lettura sul sito: www.consob.it ISVAP Monitoraggio degli investimenti – Considerata la situazione di variabilità dei mercati finanziari in atto, l’ISVAP ha richiesto alle imprese di assicurazione di fornire i dati relativi alla situazione degli investimenti anche alla data del 30 settembre 2008. In un primo tempo, tale comunicazione era stata prevista solamente in data 30 ottobre 2008 ed in data 31 dicembre 2008. Il testo è disponibile per la lettura sul sito: http://www.isvap.it/isvap_cms/docs/F17991/integrazione%20lettera%20monit.%202%2 0e%208%20_08.pdf BANCA D’ITALIA Crisi dei mercati internazionali – Sul sito della Banca d’Italia è disponibile il testo dell’intervento del Governatore Mario Draghi che si è soffermato, tra l'altro, su come affrontare il problema della prociclicità in quanto fonte di instabilità finanziaria e sulle implicazioni in termini di politica monetaria dell'attuale crisi dei mercati internazionali. Il testo è disponibile per la lettura sul sito: http://www.bancaditalia.it/media/notizie/160908 Banche - La Commissione europea ha proposto una revisione delle norme comunitarie sui requisiti patrimoniali delle banche volta a rafforzare la stabilità del sistema finanziario, e a ridurre l'esposizione al rischio e a migliorare la vigilanza delle banche che operano in più di uno Stato membro dell'UE. In base alle nuove norme le banche non potranno concedere prestiti oltre un certo limite ad una singola controparte e le autorità nazionali di vigilanza avranno un quadro più chiaro delle attività dei gruppi bancari transfrontalieri. Il testo integrale della proposta, che modifica le direttive esistenti in materia di requisiti patrimoniali, è reperibile sul sito: http://ec.europa.eu/internal_market/bank/regcapital/index_en.htm GIURISPRUDENZA Falsa rappresentazione dell’attivo da parte del debitore e annullamento del concordato – Il Tribunale di Mantova, con la sentenza del 18 settembre 2008, evidenzia come il debitore, il quale chieda di essere ammesso alla procedura di concordato preventivo e rappresenti ai creditori un attivo diverso e di molto superiore a quello effettivamente a disposizione della procedura, compia un atto fraudolento “assimilabile IL NUOVO DIRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 19/2008 62 SEGNALAZIONI DIRITTO COMMERCIALE ad un atto di sottrazione o dissimulazione dell’attivo, in quanto vizia geneticamente l’accordo che sorregge il concordato”. Tale illegittimo comportamento, secondo il Tribunale mantovano, potrebbe costituire un presupposto per l’annullamento del concordato preventivo ex art. 138 L.F. Il testo integrale delle sentenza è reperibile su : http://www.ilcaso.it/giurisprudenza/archivio/1333.htm. Inammissibilità del ricorso ex art. 700 c.p.c. e revoca dell’amministratore delegato – Il Tribunale di Mantova, con la pronuncia del 10 luglio 2008, dichiara inammissibile il ricorso ex art. 700 c.p.c. proposto dai soci di minoranza, titolari di più di un quinto del capitale sociale, finalizzato alla revoca in via cautelare dell’amministratore delegato di una società per azioni. Il Giudice fonda la sua decisione sulla base di un duplice ordine di motivi: da un lato, sull’assenza nella disciplina vigente, di alcuna disposizione che preveda tale rimedio a favore dei soci di minoranza, dall’altro, sull’assenza del presupposto fondamentale della strumentalità e del necessario collegamento della misura cautelare richiesta con le domande oggetto della causa di merito. Il testo integrale delle sentenza è reperibile su : http:// www.ilcaso.it/giurisprudenza/archivio/1321.htm. Contratti del consumatore - In sede di regolamento di competenza, la Corte di Cassazione, ha affermato che il foro del consumatore é esclusivo e speciale sicché la clausola che stabilisca come sede del foro competente una località diversa da quella di residenza o di domicilio elettivo del consumatore, anche se il foro indicato come competente coincida con uno dei fori legali di cui agli artt. 18 e 20 cod. civ., é presuntivamente vessatoria e, pertanto, nulla. Il testo integrale della sentenza dell’ordinanza n. 24262 della Corte di Cassazione, 26 settembre 2008, è reperibile sul sito www.cortedicassazione.it. OSSERVATORIO COMUNITARIO Direttiva fusioni e scissioni delle società per azioni - La Commissione europea ha presentato una proposta di modifica della direttiva sulla fusione e la scissione, volta essenzialmente a ridurre le formalità amministrative. In particolare la proposta mira a: -ridurre gli obblighi di comunicazione delle operazioni di fusione e scissione quando gli azionisti vi abbiano rinunciato o quando si tratti di operazioni tra società madri e figlie; - evitare le doppie comunicazioni, qualora gli stessi obblighi siano già richiesti in altre disposizioni comunitarie; - consentire alle imprese di utilizzare internet e la posta elettronica per la pubblicazione e la trasmissione ai propri azionisti dei progetti di fusione e scissione. IL NUOVO DIRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 19/2008 63 SEGNALAZIONI DIRITTO COMMERCIALE La proposta rientra tra le misure annunciate nella "Comunicazione della Commissione sulla semplificazione del contesto in cui operano le imprese in materia di diritto societario, contabilità e revisione contabile", pubblicata nel luglio del 2007. Il testo integrale della proposta è reperibile sul sito: http://ec.europa.eu Banche - La Commissione europea ha proposto una revisione delle norme comunitarie sui requisiti patrimoniali delle banche volta a rafforzare la stabilità del sistema finanziario, e a ridurre l'esposizione al rischio e a migliorare la vigilanza delle banche che operano in più di uno Stato membro dell'UE. In base alle nuove norme le banche non potranno concedere prestiti oltre un certo limite ad una singola controparte e le autorità nazionali di vigilanza avranno un quadro più chiaro delle attività dei gruppi bancari transfrontalieri. Il testo integrale della proposta, che modifica le direttive esistenti in materia di requisiti patrimoniali, è reperibile sul sito: http://ec.europa.eu/internal_market/bank/regcapital/index_en.htm Concorrenza - La Corte di Giustizia delle Comunità Europee, rinviando al giudice nazionale, ha recentemente affermato che è applicabile la disciplina dettata dall'art. 81, n. 1 del Trattato 25 marzo 1957, al contratto di fornitura esclusiva di carburanti e combustibili, e di lubrificanti e di altri prodotti, nel caso in cui il gestore della stazione di servizio assuma uno o più rischi finanziari e commerciali, in proporzione non trascurabile, connessi alla vendita di tali prodotti a terzi e qualora contenga clausole atte a violare il gioco della concorrenza, come quella relativa alla fissazione del prezzo di vendita al pubblico. Sarà il giudice del rinvio che dovrà verificare, inoltre, se il contratto concluso nel caso di specie abbia l'effetto di impedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza ai sensi dell'art. 81 del Trattato 25 marzo 1957. Il testo integrale della sentenza della Corte di giustizia delle Comunita' Europee, Sez. III, 11 settembre 2008, 279 /06, è reperibile sul sito http://eur-lex.europa.eu. IL NUOVO DIRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 19/2008 64 SEGNALAZIONI DIRITTO TRIBUTARIA SEGNALAZIONI DI DIRITTO TRIBUTARIO LEGISLAZIONE Approvato il modello per l’adesione ai processi verbali di constatazione - Con Provvedimento del 10 settembre 2008, il Direttore dell’Agenzia delle entrate ha approvato il modello di comunicazione per l’adesione ai verbali di constatazione in materia d’imposta sui redditi e d’Iva, di cui agli artt. 18-ter e 18-quater del dl n. 112/08, convertito dalla legge n. 133/08. Detto modello, con le relative istruzioni di compilazione e modalità e termini di presentazione (30 giorni successivi dalla data di consegna del p.v.c.), è scaricabile dal sito www.agenziaentrate.gov.it. (Agenzia delle entrate, Provvedimento del 10 settembre 2008) Pubblicato il decreto sulle agevolazioni per l’innovazione industriale - Sulla G.U. è stato pubblicato il decreto del Ministero dello sviluppo recante le condizioni, i criteri e le modalità per la concessione di agevolazioni a favore di progetti d’innovazione industriale volti a sostenere lo sviluppo dei settori tipici del made in Italy, di cui alla legge n. 296/06, art. 1, c. 845. I soggetti interessati alle agevolazioni sono: - tutte le imprese, ad eccezione di quelle che operano nei settori di cui alla sez. A, divisione 49,50,51 e 53, della classificazione delle attività economiche Istat 2007; - tutti gli organismi di ricerca. Il termine iniziale per la presentazione delle domande è fissato al 3 ottobre 2008. (Ministero dello sviluppo economico, Decreto del 10 luglio 2008, in G.U. n. 205 del 2 settembre 2008) Antiriciclaggio. Pubblicata la White liste - Con decreto del 12 agosto 2008 il Ministero dell’economia ha provveduto ad individuare gli Stati extracomunitari e i territori stranieri che, in tema di antiriciclaggio, impongono obblighi equivalenti a quelli previsti dalla Direttiva n. 2005/60/CE; ciò comporta per gli operatori italiani, che intrattengono rapporti commerciali con soggetti residenti in paesi non inclusi in detta “white list”, il dover sottostare a procedure più complesse ai fini della disciplina antiriciclaggio prevista dal d.lgs n. 231/2007. (Ministero dell’economia e delle finanze, decreto del 12 agosto 2008, in G.U. n. 202 del 29 agosto 2008) IL NUOVO DIRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 19/2008 65 SEGNALAZIONI DIRITTO TRIBUTARIO Convenzione con la Repubblica d’Islanda contro doppie imposizioni - Sulla G.U. n. 206/08 è stata pubblicata la legge recante “Ratifica ed esecuzione della Convenzione tra la Repubblica italiana e quella islandese per evitare le doppie imposizioni in materia di imposte sul reddito e sul patrimonio e per prevenire le evasioni fiscali, con Protocollo aggiuntivo, fatta a Roma il 10 settembre 2002”. (Legge n. 138 del 4 agosto 2008, in G.U. n. 206 del 3 settembre 2008, S.O. n. 208) INDICAZIONI INTERPRETATIVE E APPLICATIVE Imprese svolgenti attività regolamentata alle quali non si applicano le agevolazioni (cuneo fiscale) Irap - L’Agenzia delle entrate ha specificato quali sono le imprese operanti in concessione e a tariffa nei settori dell’energia, dell’acqua, dei trasporti, delle infrastrutture, delle poste, delle telecomunicazioni, della raccolta e depurazione delle acque di scarico e delle raccolta e smaltimento rifiuti, nei confronti delle quali non si applicano le agevolazioni (cosiddetto cuneo fiscale) Irap e, allo scopo, ha precisato che per tali debbono intendersi quelle nei cui confronti sono ravvisabili entrambi i due seguenti criteri: - sotto il profilo giuridico, deve trattarsi di un’attività svolta in forza di una concessione traslativa e cioè di un provvedimento col quale l’ente pubblico conferisce a un soggetto privato diritti o potestà inerenti un’attività economica in origine riservata a una pubblica amministrazione e che, tuttavia, questa non intende esercitare direttamente; - sotto il profilo economico,deve trattarsi di un’attività il cui corrispettivo è costituito da una tariffa e cioè da un prezzo fissato o “regolamentato” dalla pubblica amministrazione in misura tale da assicurare l’equilibrio economicofinanziario dell’investimento e della connessa gestione. (Agenzia delle entrate, Ris. n. 358/E del 24 settembre 2008) Le sanzioni amministrative per chi utilizza lavoratori irregolari - L’Agenzia delle entrate ha, con una corposa circolare, affrontato il tema delle sanzioni amministrative irrogabili a chi utilizza lavoratori irregolari, affrontandovi i seguenti punti: - organo competente all’irrogazione delle sanzioni - criteri di commisurazione delle stesse - applicabilità del principio del favor rei - termine di notificazione del provvedimento d’irrogazione delle sanzioni - riscossione delle sanzioni irrogate dall’Agenzia delle entrate - giurisdizione delle relative controversie IL NUOVO DIRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 19/2008 66 SEGNALAZIONI DIRITTO TRIBUTARIO - giudizio d’opposizione al provvedimento sanzionatorio - controversie pendenti - impugnazione degli atti di riscossione. (Agenzia delle entrate, Circ. n. 56/E del 24 settembre 2008) Emanata la circolare concernente l’adesioni ai processi verbali di constatazione - Con la Circolare n. 55/E, avente a tema l’istituto dell’adesione ai p.v.c. istituito con l’art. 83 del dl n. 112/08, l’Agenzia delle entrate, è intervenuta a fornire i primi relativi chiarimenti, tra i quali: 1) l’adesione comunicata dal contribuente è irrevocabile, salvo che non possa ritenersi espressa in modo non valido, ed è esperibile per le violazioni concernenti le imposte dirette, l’Irap, l’Iva, le addizionali comunali e regionali, le imposte sostitutive dei redditi; 2) non è possibile aderire nelle ipotesi di recuperi su base dichiarativa (artt. 36bis e 36-ter del dpr 600/73 e art. 54-bis del dpr 633/72); 3) il mancato pagamento delle somme dovute a seguito dell’adesione costituisce violazione sanzionabile (sanzione del 30%); 4) se una società (così come analogamente nel consolidato per trasparenza) manifesta l’intenzione di aderire, i soci possono fare altrettanto per i loro redditi da partecipazione. Se non lo fanno nei loro confronti scatta l’accertamento. (Agenzia delle entrate, Circ. n. 55/E del 17 settembre 2008) L’Assonime interviene sul tema della neutralità delle operazioni straordinarie Con una propria Circolare l’Assonime prende in esame il contenuto del dm 25 luglio 2008, attuativo delle disposizioni della legge n. 244/07, in tema di neutralità delle operazioni societarie straordinarie, precisando tra l’altro: - che, ai fini dell’applicazione dell’imposta sostitutiva, è rilevante la classificazione contabile del bene effettuata dal conferitario, non assumendo invece rilevanza quella del conferente; - che, nelle operazioni di scissione, devono essere esaminati gli effetti derivanti dall’uscita di un singolo bene con la giustificazione economica di tale operazione. Con la stessa circolare viene, altresì, auspicato un chiarimento dell’Agenzia delle entrate circa la problematica afferente alla possibilità di considerare direttamente i valori civilistici ai fini della determinazione dell’Irap. (Assonime, Circ. n. 51 del 12 settembre 2008) IL NUOVO DIRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 19/2008 67 SEGNALAZIONI DIRITTO TRIBUTARIO Correzione di refuso nella circolare n. 54/08 in materia di stock option – Con Comunicato stampa del 10 settembre 2008, l’Agenzia delle entrate ha reso noto che la circolare n. 54 del 9 settembre 2008, relativa all’abolizione del regime fiscale agevolato delle stock option, previsto dal dl n. 112/08, contiene un refuso nell’ultimo capoverso della premessa e nel secondo capoverso del primo paragrafo e che, di conseguenza il testo corretto della circolare nei menzionati punti è il seguente: “…la differenza del valore delle azioni al momento dell’esercizio del diritto di opzione e l’ammontare corrisposto al dipendente concorre a formare il reddito imponibile da lavoro dipendente”. (Agenzia delle entrate, Comunicato stampa del 10 settembre 2008) L’abolizione del regime agevolato per le stock options - Con la Circolare n. 54/E, l’Agenzia delle entrate ha illustrato l’abolizione del regime agevolato delle stock options di cui all’art. 51, c. 2, lett. g-bis del Tuir, per così come previsto dall’art. 82, commi 23 e seg. del dl n. 112/08, con la precisazione, tra l’altro, che: - se la data d’assegnazione è successiva, le nuove disposizioni operano anche per i piani deliberati prima del 25 giugno 2008; - la differenza, tra il valore delle azioni al momento dell’assegnazione del diritto d’opzione e l’ammontare corrisposto dal dipendente, concorre sempre a formare il reddito imponibile da lavoro dipendente; - che è escluso dalla base imponibile previdenziale il reddito dipendente derivante dall’esercizio dei piani di stock options. (Agenzia delle entrate, Circ. n. 54/E del 9 settembre 2008) La nuova deducibilità e detraibilità per pasti e alberghi - Con la Circolare n. 53/E, l’Agenzia delle entrate ha illustrato le novità introdotte dal dl n. 112/08 in tema di deducibilità/detraibilità delle spese relative alle prestazioni alberghiere e alla somministrazione di alimenti e bevande. Nella stessa Circolare viene, tra l’altro, precisato: 1) in tema d’imposte dirette: - che la prevista limitazione al 75% della deducibilità si rende operante anche in relazione alle spese da considerarsi di rappresentanza; - che deve essere sempre e comunque rispettato, per potersi usufruire del beneficio, il requisito dell’inerenza; - che, in occasione del versamento dell’acconto per il periodo d’imposta 2008, bisogna tener conto di detta limitata deducibilità, 2) in tema d’Iva: IL NUOVO DIRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 19/2008 68 SEGNALAZIONI DIRITTO TRIBUTARIO - che, per poter usufruire della detrazione, è sempre necessario che le spese siano documentate con fatture; - che, qualora la prestazione venga fruita da un soggetto (per es. dal dipendente in trasferta) diverso dal committente, la fattura deve recare l’intestazione di entrambi i soggetti; - che, per le spese da considerarsi di rappresentanza, continua ad applicarsi la specifica previsione di indetraibilità di cui all’art. 19-bis1, lett. h), del dpr 633/72; - che la nuova detrazione opera in relazione alle prestazioni ricevute a decorrere dal 1° settembre 2008; con applicazione, per quel che concerne l’individuazione del momento della loro effettuazione, del disposto di cui all’art. 6 del dpr 633/72 (pagamento del corrispettivo o, se precedente, emissione della fattura). (Agenzia delle entrate, Circ. n. 53/E del 5 settembre 2008) GIURISPRUDENZA Nessuna detrazione a fronte di operazioni esenti - La Corte di Cassazione (riallacciandosi peraltro alla giurisprudenza comunitaria, vedasi ad es. la sentenza della Corte di Giustizia della Ue del 7.12.06, causa C-240/05) ha statuito che l’inerenza dell’attività all’oggetto dell’impresa non è sufficiente per attribuire alla stessa il diritto alla detrazione dell’imposta dovuta o assolta a monte per acquisti di beni o servizi effettuati per il successivo compimento di operazioni esenti, essendo anche necessario che queste ultime siano assoggettabili ad imposta. (Cassazione, Sentenza n. 22690 del 9 settembre 2008) Il rinvenimento di documentazione extracontabile non è sufficiente per un accertamento - La Corte di Cassazione ha statuito che il ritrovamento di documentazione extracontabile (nel caso di specie, un’agenda rinvenuta nella sede di un cliente della società e a quest’ultima intestata) non può da solo supportare un accertamento, necessitando di ulteriori indagini atte a ricondurre l’agenda agli affari della società intestataria della stessa, con esplicitazione adeguata delle ragioni che appunto dimostrino la riferibilità delle annotazioni riportatevi all’attività delle società. (Cassazione, Sentenza n. 23254 del 9 settembre 2008) Per l’iscrizione a ruolo dell’imposta dichiarata e non versata non serve alcun previo invito - Con la sentenza n. 22197, la Corte di Cassazione ha statuito che, in IL NUOVO DIRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 19/2008 69 SEGNALAZIONI DIRITTO TRIBUTARIO presenza di omesso versamento dell’Iva dichiarata direttamente dal contribuente, l’obbligo del preventivo invito al pagamento, previsto dall’art. 60 del dpr n. 633/72 quale adempimento necessario e prodromico all’iscrizione dell’imposta a ruolo, non sussiste. (Cassazione, Sentenza n. 22197 del 3 settembre 2008) IL NUOVO DIRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 19/2008 70 NORMATIVA, GIURISPRUDENZA, DOTTRINA E PRASSI IL NUOVO DIRITTO DELLE SOCIETÀ ItaliaOggi CLASSprofessionale Class Professionale srl – via Marco Burigozzo 5 – 20122 Milano Telefono: 02/58219.1 – Telefax: 02/58317598 – E-mail: [email protected] Direttore responsabile ed editore Paolo Panerai (02-58219209) Tariffe abbonamenti: euro 120,00 (abbonamento annuale 24 numeri) Per la sottoscrizione di nuovi abbonamenti telefonare al numero verde 800-822195 oppure inviare un fax al numero verde 800-822196 allegando, oltre alla richiesta di abbonamento con i propri dati anagrafici, fotocopia dell’assegno non trasferibile intestato a: Class Professionale srl – via Marco Burigozzo n. 5 – 20122 Milano, oppure fotocopia del bonifico bancario intestato a: Banca di Roma, filiale di Milano 5, Piazza Edison 1 – 20123 Milano – conto corrente n. 923631/55 – ABI 03002 – CAB 01631. 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