udienze generali, sia sintetizzati altri discorsi e

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udienze generali, sia sintetizzati altri discorsi e
RECENSIONI
udienze generali, sia sintetizzati altri
discorsi e interventi tenuti in varie
occasioni. Dall’altra, il capitolo riguardante l’Anno di san Paolo nel mondo,
dopo un’introduzione generale, presenta una rassegna di eventi significativi celebrati nei vari continenti.
La lettura del volume potrebbe
apparire a prima vista dispersiva,
proprio perché l’obiettivo dell’A.,
come si diceva, è quello di raccogliere
la più ampia documentazione possibile
facendo memoria di quello che è avvenuto nel corso dell’Anno Paolino in
Italia e nelle diverse parti del mondo.
La frammentazione del percorso è
stata però evitata perché l’A. ha avuto
l’accortezza di proporre all’inizio di
ogni capitolo una sorta di sintesi dei
vari eventi in esso menzionati, i quali,
nonostante l’apparente eterogeneità,
possono comunque rientrare nel titolo
preposto a ciascuno di loro.
Citiamo soltanto un esempio tratto
dal primo capitolo, che si intitola:
«Così è nato ed è stato preparato l’anno paolino». L’abstract in corsivo
menziona: «Il disegno di dare nuova
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vita al complesso basilicale e abbaziale
di San Paolo fuori le Mura esplicitato
nel giugno 2005 dal suo primo arciprete, il cardinale Andrea di Montezemolo; la nascita di una realtà ecclesiale, diversa da quella che si era configurata e consolidata nell’arco di 1300
anni; gli scavi…». L’elenco continua
per altre dieci righe, ma forse la citazione è stata sufficiente a far comprendere al lettore il tipo di materiale che
può trovare nel volume. Alla fine del
quale possono essere consultati due
ampi indici, dedicati rispettivamente ai
nomi delle persone e alle istituzioni
menzionate nei vari capitoli, dai quali
il lettore particolarmente interessato a
qualche momento specifico può
cominciare la lettura del volume.
Come si vede, si tratta di un testo
da consultare, ricco di informazioni e
di documentazione, al quale sarà
utile far riferimento soprattutto tra
qualche tempo quando la memoria
degli eventi recentemente celebrati
tenderà a farsi più labile.
D. Scaiola
VITO COSIMO BASILE, Uebi Scebeli. Diario di tenda e cammino della spedizione
del Duca degli Abruzzi in Etiopia (1928-1929), a cura di DANIELE MARIA
PEGORARI, Bari, Stilo, 2010, 255, con appendice fotografica, € 18,00.
Lo Uebi Scebeli si può considerare il più grande fiume del Corno
d’Africa, lungo 2.050 km, di cui 1.150
irrigano l’Etiopia e 900 la Somalia. Le
sue sorgenti nascono nell’acrocoro
etiopico a poca distanza da quelle del
Giuba, l’altro grande fiume, del quale
diviene un enorme affluente, snodandosi tra savane, altipiani e dirupi che
per secoli l’hanno reso inaccessibile.
Dopo una serie di tentativi andati a
vuoto ad opera di geografi e avventurieri europei e americani, soltanto tra
la fine del 1928 e l’inizio del 1929,
furono individuate le fonti fino alla
Somalia e fu eseguito un accurato
rilievo dalle sorgenti alla foce. Tutto
ciò fu reso possibile grazie alla spedi-
zione italiana organizzata dal duca
degli Abruzzi Luigi di Savoia.
A questa spedizione in Africa
orientale partecipò, come medico e
naturalista, anche il maggiore della
Marina di origini pugliesi Vito Cosimo Basile (1887-1958) che, in tale
circostanza, compì alcuni importanti
studi di patologia umana individuando rari esemplari di zoologia e botanica, di cui è rimasta traccia in un particolareggiato resoconto dato alle stampe per la prima volta dall’editore
Cappelli di Bologna nel lontano 1935
ed ora riproposto, a distanza di ben 75
anni in occasione dell’80° anniversario della spedizione, in una nuova
edizione, impreziosita da un circo-
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RASSEGNA BIBLIOGRAFICA
stanziato saggio introduttivo del
Curatore. Il volume è inserito in una
collana dedicata alla letteratura di
matrice pugliese e s’intreccia alla
storia del Paese in un connubio fra
tradizione e storia europea.
Nel suo saggio introduttivo Pegorari tende a focalizzare la propria
attenzione soprattutto sull’importanza politico-economica della spedizione, facendo rilevare come le acque
dello Uebi Scebeli, attraversando
tutto il Corno d’Africa, si rivelavano
indispensabili per l’approvvigionamento idrico della colonia italiana.
Infatti, in seguito, furono utilizzate
per l’irrigazione di vasti comprensori
nella zona di Villabruzzi e di Genale
tanto che il Duca degli Abruzzi alla
sua morte (marzo 1933) volle essere
sepolto proprio sulle sponde di
questo fiume. Da tale viaggio Basile
trasse lo spunto per scrivere il suo
libro, un racconto in forma diaristica
in cui, alle osservazioni naturalistiche
e alle memorie sanitarie, si intrecciano le descrizioni del paesaggio e le
curiosità per le abitudini di vita
quotidiana delle popolazioni indigene con i propri costumi e le proprie
tradizioni religiose. In tale contesto il
giovane saggista fa notare il patriottismo di cui sono intrise le pagine del
diario stilato dall’ufficiale medico
pugliese che, tuttavia, non si riduce
ad una mera retorica nazionalista e
ad un linguaggio tronfio vagamente
razzista in voga in quegli anni, ma è
animato, viceversa, dal desiderio di
ampliare gli orizzonti delle proprie
conoscenze per alleviare le sofferenze
della popolazione africana che non
andava affatto considerata «gente
inferiore» — come la vulgata ufficiale dell’epoca cercava di far intendere
—, ma come persone che meritavano
profondo rispetto e considerazione
anche in virtù delle precarie condizioni in cui vivevano. Proprio per
queste sue posizioni alquanto eterodosse, nel 1938 fu richiamato in
patria per ordine di Mussolini e
destinato dal Ministero della Marina
all’Ospedale Militare di La Maddalena dove, successivamente, assunse
l’incarico di direttore.
Basile, in realtà, si può annoverare
in quella folta schiera di medici
umanisti, in cui lo stile letterario raffinato e l’amore per la conoscenza e per
il prossimo che soffre si fondono in un
perfetto connubio. Nel corso della sua
vita, infatti, seppe coniugare mirabilmente la professione di medico e di
scienziato con la passione umanistica
e letteraria restituendoci una pagina
diversa della storia coloniale italiana
in Etiopia, attraverso il suggestivo
reportage dei luoghi e delle popolazioni visitate, il tutto filtrato attraverso
un caleidoscopio di emozioni che fa
da sottofondo alla narrazione. Il
percorso a dorso d’asino, il tormento
delle zanzare e del clima sono riportati in questo diario con lirismo non
privo, tuttavia, di un certo sarcasmo in
cui traspare la cifra stilistica dell’A.,
grazie ad una prosa elegante capace di
coniugare erudite dissertazioni mediche con nozioni geologiche e geografiche che non vanno, tuttavia, mai a
detrimento della narrazione, la quale,
al contrario, si presenta accurata,
scorrevole e a tratti finanche avvincente. L’A., inoltre, non si è sottratto
alla controversa stagione dell’espansione coloniale italiana, costellata da
molte ombre, che ha irrimediabilmente incrinato il famigerato stereotipo
degli italiani «brava gente», a causa
dei numerosi episodi di violenza e
repressione perpetrati ai danni delle
popolazioni locali. L’originalità di
questo lavoro, dunque, corredato
anche da un ampio repertorio iconografico, offre l’occasione per riflettere,
con maggiore cognizione di causa, su
alcune pagine dimenticate della storia
nazionale, come la vicenda delle colonie italiane in Africa, troppo a lungo
dimenticate e frettolosamente rimosse
dalla memoria collettiva.
G. Preziosi