31 marzo 2005 nr06
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31 marzo 2005 nr06
1616 - Madrid 1547 Alcalà de Henares Miguel de Cervantes Savaedra Il narratario, nella moderna critica letteraria indica il lettore, non quello reale, che ha letto o che leggerà, ma l’implicito, quello cui si rivolge l’autore. Come scriveva Manzoni nel primo capitolo del suo capolavoro: “Pensino i miei venticinque lettori che impressione dovesse fare sull’animo del poveretto, quello che s’è raccontato”. anno undicesimo numero sei il narratario Miguel de Cervantes Savaedra - Don Chisciotte - Edizione Princeps: Ia parte 1605, IIa 1615 Frontespizio della IIa parte. Editore Juan de la Cuesta. Biblioteca Nazionale di Madrid laboratorio di testi: racconti analisi rapsodie epopee giornale in foglio con editoria elettronica da tavolo direttore responsabile Fabio Trazza www.ilnarratario.info - Premio Nazionale “Verba Volant” 1999 con patrocinio Ministero Pubblica Istruzione - [email protected] redazione organizzazione fotocomposizione e stampa in proprio Periodico Quindicinale - Aut. Tribunale Milano 34/95 28.1.1995 - tel/fax 02/6123586 - via Arbe 29 - 20125 Milano giovedì 31 marzo 2005 Se provassero i miei La seconda: Cervanventicinque lettori a tes amava tutti i libri, dimenticare, per incanquasi vivesse dentro una to salutare, la discussioTorre di Babele. ne sulle radici d’EuroLa terza: Cervantes così chisciottesca e così moderna come noi ancor’oggi la conosciamo: denunciava la forma più pa e sui valori, che quelle hanno alimentadella distruzione un itinerario progettato nel carcere e aperto a distrazione e distruzione di libri. sottile to, non potrebbero più di un libro: cogliere i mutamenti e la distrazione dinanzi ft le fasi che l’Europa ha ad esso, il non vedere, attraversato. La lunghezza del tempo apparirebbe la vastità di un deserto. Si potreb- magari in nome di un presunto mutamento di civiltà. be suggerire allora di considerare quali personaggi abbiano rappresentato e ispirato Le prime due questioni sono l’originalità di Cervantes, buffonesca la prima, esaltante gli ideali di un cammino che pure appare, ed anche dei meno uniformi. Non pren- la seconda, la terza questione è molto più antica di Cervantes, ma da questi ripresentata dano, però, i lettori, personaggi della storia: ne nascerebbero delle dispute ancora in tutta la più tragica e anticipatrice coscienza che si possa immaginare. più violente. Aprano i libri (ché senza libri non si dà neanche storia) e lì potranno Che uno non sappia più vedere non è invenzione cervantina, appartiene alla tradizione vedere raccontati i personaggi più straordinari, nati dalla stessa mente umana, che biblica più antica. Dice un passo di Luca (24, 13–21): «In quel medesimo giorno, hanno modellato il carattere dell’Europa: due discepoli se ne andavano verso un villaggio, detto Emmaus, distante sessanta l’Ulisse omerico, l’Ulisse dell’Inferno e il Don Chisciotte de la Mancha. stadi da Gerusalemme, e discorrevano fra di loro di tutti questi avvenimenti. Mentre Il Don Chisciotte, concepito nel 1602–3 in un carcere «dove ogni disagio fa sua parlavano e discutevano insieme, Gesù si avvicinò e si unì ad essi. Ma i loro occhi dimora», e dove il suo povero autore era stato rinchiuso da un fisco implacabile, fu erano impediti di riconoscerlo. Egli domandò loro: –Di che cosa state parlando fra pubblicato, in una Parte Ia di 52 Capitoli con Prologo nel 1605 e in una Parte IIa in di voi cammin facendo?–. Si soffermarono allora rattristati, e uno di loro, chiamato 74 Capitoli e Prologo nel 1615, dopo che il successo della Parte Ia aveva spinto un Cleofa, gli rispose: –Sei tu l’unico pellegrino in Gerusalemme, a non conoscere gli tale Alonso Fernández de Avellaneda, autore rimasto ancora ignoto, a pubblicarne un avvenimenti che vi sono accaduti in questi giorni?–. Domandò loro: –Quali?–. –Il seguito abusivo, dileggiando nel Prologo lo stesso primo autore. fatto di Gesù di Nazaret, –gli risposero–, uomo che fu un profeta, potente nelle opere Un grande libro vive ramificandosi nella coscienza del lettore, come ci ha insegnato e nelle parole, davanti a Dio e a tutto il popolo, e come i Gran Sacerdoti e i nostri Jorge Luis Borges in un’Introduzione al Don Chisciotte del 1980: magistrati lo hanno consegnato, per essere condannato a morte, e l’hanno crocifisso. «L’immagine dell’idalgo e del suo scudiero e delle loro sconfitte ridicole è divenuta Noi speravamo che fosse lui a liberare Israele; invece siamo già al terzo giorno una parte indistruttibile e preziosa della memoria umana, a somiglianza dell’Ulisse dacché sono avvenuti questi fatti». I due non avevano riconosciuto il loro interlocutore. omerico o dell’Ulisse dell’Inferno. Chiuso il libro, il testo continua a crescere e a Ora, circa la pertinenza di questa citazione: —È bene ricordare che è Borges in ramificarsi nella coscienza del lettore. Quest’altra vita è la vera vita del libro». apertura della sua Introduzione al don Chisciotte ad avvertirci sulla rilevanza Si può certo dimenticare un libro. ineliminabile del fondamento biblico e del ruolo dello spirito, per spiegare perché Ma non si pensi che questa operazione sia per natura diversa da quella che Cervantes «ciascuna delle varie nazioni in cui abbiamo parcellizato il pianeta ha, per simbolo e mette in scena nel Capitolo VI della Parte Ia: la distruzione dei libri. Un’operazione compendio, un libro». —Sempre circa la pertinenza, si dovrebbe rileggere la tagliente che dura sino a noi. Il novecento ne ha fatto un’imitazione esemplare. Don Chisciotte critica di György Lukács: «accade che questo primo grande romanzo della letteratura dormiva e Sancio non si opponeva. Così dormono e non si oppongono quanti vedono universale si ponga all’inizio del tempo in cui il dio del cristianesimo imprende ad tanti libri venir distrutti. Eppure Cervantes amava tutti i libri. Viveva per loro. abbandonare il mondo, in cui l’uomo diviene solitario, e può trovare il senso e la Ce lo ha detto nel Prologo e nel Capitolo L della Parte Ia. sostanza nella propria anima, che in nessun luogo trova una patria; in cui il mondo, Ce lo ha detto la critica, facendoci scoprire, con José Ortega y Gasset, come l’amore sciolto dal suo paradossale ancoramento nel mondo dell’al di là astante, sarà dato per i libri sia alla base del filo poetico della realtà scoperto da Cervantes. preda della propria immanente mancanza di significato». —E, per finire sulla Michel Foucault ci ha illuminato sul rapporto folle di Don Chisciotte tra i segni pertinenza, basterebbe considerare la coscienza critica di Cervantes stesso, così acuta dei libri e i dati della realtà e sulla loro ormai impossibile coincidenza. da far invidia al più profondo critico del ’900. Nel celebre Capitolo LVIII della Parte Miguel de Unamuno, in un’opera del 1905, ci ha parlato dell’inconsapevolezza di IIa fa dire a don Chisciotte, che aveva voluto scoprire certe tele che venivano trasportate Cervantes nel creare i suoi personaggi, quasi che dietro di lui agissero, non sentiti, gli coperte, trovandosi così dinanzi alle immagini di San Giorgio, San Martino, Santiago archetipi della scrittura. Forse sarebbe possibile applicare lo stesso impianto critico e San Paolo, dopo averle commentate con lapidari e veritieri giudizi, così medita: non solo per gli scrittori che hanno preceduto Cervantes, ma anche per quelli che «questi santi e cavalieri esercitarono quel che io esercito, cioé la professione delle l’hanno seguito. A partire da lui, infatti, è filtrata nella letteratura una serie di armi; senonché, la differenza che c’è tra me e loro è che loro furono santi e costruzioni di autori e personaggi che del legame con il libro hanno fatto la ragione, combatterono da gente di Dio, mentre io son peccatore e combatto secondo il mondo. ora tragica ora comica, della propria esistenza. Essi conquistarono il cielo a forza di braccia, giacché il cielo vuol esser forzato Illustri critici italiani, come D’Ovidio o Getto, non hanno dimenticato di accostare [citazione evangelica, Matteo, 2, 12], ed io finora non so cosa conquisto a forza di a don Chisciotte il don Ferrante dei Promessi Sposi di Manzoni. travagli». Per capire, poi, qual era il sogno della conquista, è sufficiente risalire L’operazione critica di Unamuno è tuttavia durata a lungo, anche attraverso lo nello stesso capitolo in cui è trattenuta questa sconsolata meditazione sulla propria studio di Américo Castro, ma che oggi appare superata, nonostante la grande stampa esistenza, concepita come l’addio dell’uomo all’epoca del vivere come gente di Dio, strutturata continui a riaccreditarla ancora in occasione del centenario della Parte Ia per avventurarsi nell’epoca nuova da vivere secondo il mondo. del capolavoro cervantino [si vedano le ampie pagine de La Repubblica del 18 e 29 Vi si troverà scolpito l’inno con cui Cervantes apre la modernità all’Europa. marzo 2005]. E nessuno, dell’Europa, si offenda, se si sentirà chiamare Sancio: Gli studi dell’ultimo quarto del novecento, al contrario, mettono l’accento sulle «— La libertà, Sancio, è uno dei più preziosi doni che i cieli abbiano mai dato agli differenze tra Parte Ia e Parte IIa, non foss’altro per i dieci anni che le separano. uomini; né i tesori che racchiude la terra né che copre il mare sono da paragonare ad È stato seguito l’itinerario della consapevolezza di Cervantes: essa; per la libertà, come per l’onore, si può e si deve mettere a repentaglio la vita; la —nel costruire la Parte Ia, basandola sul contrasto tra occasione reale e modello schiavitù invece è il peggiore dei mali che agli uomini possano toccare —». letterario e sulla comica tragicità nel voler anteporre questo a quella, Quanto ha fatto l’Europa dal tempo di don Chisciotte in poi per la libertà per sé ? —e nel costruire la Parte IIa, basandola sull’apologia della propria scelta letteraria, Ci vorrebbe un altro Cervantes per raccontarlo in una prima parte di un romanzo rovesciandone la capacità visionaria del protagonista sull’intera società a lui sull’Europa. Non limitiamoci, quindi, solo a divertirci, leggendo il don Chisciotte. circostante. Non voler capire un libro è come trafiggerlo con la spada, ucciderlo, bruciarlo. Non Se nella Parte Ia, Cervantes fa dormire don Chisciotte, che sogna di inverare i libri, basta leggere, bisogna che il libro si ramifichi nella coscienza, per farlo vivere di mentre i libri gli vengono distrutti, nella Parte IIa, ci presenta la società tutta, sempre vera vita, come diceva Borges. E quanti sono oggi i libri, che, pur potendoci aiutare in festa, deliberata a sentirsi autorizzata non già alla difesa del libro, ma all’assunzione ad accogliere uno dei più preziosi doni che i cieli abbiano mai dato agli uomini, dell’idea che si possa pubblicamente deridere chi ha deciso di inverare quanto i restano chiusi, trafitti di spada? Certo, non li si può leggere tutti. S’impazzirebbe, a libri ci tramandano. sentire chi ha avuto modo d’incontrare don Chisciotte. Ma bisognerebbe pure, per Questo passaggio è decisivo per accertare almeno tre questioni. quel poco che ci è dato, non distrarsi. Comunque vadano le cose, stiamo tranquilli: La prima: Cervantes aveva una personalità fondamentale per la società moderna, non capiterà che lo spirito di Cervantes ritorni a raccontarci le imprese dell’Europa, perchè non solo ne rappresenta la dipendenza dall’ideologia (lezione ben appresa né che venga alcun altro Avellaneda a resuscitarlo falsamente, altrimenti rideremmo dall’Europa), ma ne lascia anche intravvedere la possibilità del suo rovesciamento sino a morirne quando, in una nuova seconda parte, si dovessero raccontare le imprese (lezione male appresa dall’Europa). compiute dall’Europa per il trionfo nel mondo della libertà per gli altri ! 400 anni fa nasceva quell’Europa 7 delle 377 Illustrazioni create da Gustave Doré (1832-1882) per la più importante traduzione ed edizione francese del Don Chisciotte 1836-37.. il narratario pagina 2 giovedì 31 marzo 2005 laboratorio di testi: racconti analisi rapsodie epopee IMPRESSIONISMO Sta per chiudere una grande mostra al Museo di Santa Giulia a Brescia: Monet. La Senna. Le ninfee. Il grande fiume e il nuovo secolo. Sono state raccolte molte opere provenienti da 40 Sedi, che le hanno offerte in visione, dislocate in 13 Stati disseminati nel mondo: Australia, Belgio, Brasile, Canadà, Egitto, Francia, Germania, Messico, Paesi Bassi, Regno Unito, Stati Uniti, Sud Africa, Svizzera. Un’occasione insolita per riflettere su una stagione decisiva per il mutamento del gusto e della visione della realtà tra la seconda metà dell’Ottocento e i primi due decenni del Novecento. I riferimenti numerici, che si incontreranno in questa riflessione, sono da attribuirsi all’ordine e alla numerazione adottati nell’ottimo Catalogo della Mostra, edito da Linea d’ombra Libri, Conegliano 2004. All’origine e alla conclusione della rappresentazione del mutamento va posto un cammino da fiaba per il colore, iniziato da Camille Corot e stemperato e dissolto con Claude Monet. Dal pastoso e poetico resoconto della realtà, racchiuso in spazi ben definiti, o sciolto alla compenetrazione d’atmosfere d’acqua, luci, rami, volumi di costruzioni, o rigogli di vegetazione, il colore in Corot comincia a balzare sulla tela in scintillii di riflessi (si veda da La Chiesa di Rolleboise [1], a Ponte vecchio sulla Senna a Limay [2], allo Stagno di Avray [3]). Sul tema di Corot parte la fuga della luce con Charles– François Daubigny (Le Chiatte [4], Marina [5] e, soprattutto, Veduta di Herblay [6]). L’erede grande di Corot appare Camille Pissarro che sa piegare il valore del colore alla potenza del futuro (si veda il Tramonto sul Pont Boieldieu a Rouen [9]), all’operosità gioiosa (Cotonificio a Oissel, presso Rouen [13]), all’impresa umana (Tramonto sul Pont Boieldieu a Rouen, tempo nebbioso [10]), al tremore del fallimento dinanzi ad ogni impresa umana (Ponte in pietra a Rouen, nebbia mattutina [11]; La Senna e il Pont–Neuf [17]), sino alla geometria della solitudine umana (Pont–Neuf [14]; Louvre [15 e 16]). Con Pierre–Auguste Renoir il movimento della luce può infine compenetrarsi ad ogni elemento costitutivo dell’immagine, oltre ogni legge cromatica, quasi questa non dovesse essere ‘vista’, ma ‘sentita’ come musica [da 18 a 23]. La lezione di Corot, in Alfred Sisley, col gioco dei Con lo spostamento, per dipingere, di Monet all’Argenteuil, l’apertura alla luce delle forme si dispiega tra lo stupore delle vedute, le cadenze d’ombra, l’incedere d’imprese umane possenti, fino al rarefarsi dei volumi nella pieghevolezza dei giunchi (si vedano da toni freddi a pennellate rapide e meditate (La Senna a Port– Marly [25] e a Billancourt [27]) sui caldi, o dei caldi sui freddi (La Senna a Saint–Cloud [30]), diviene il contrappunto della luce (Reti stese ad asciugare [24]); [55] a [62], in particolare: Primavera; Tramonto; Il Bacino; Ponte della ferrovia; La Senna). Nel 1873 Monet trasferisce la sua vita sull’acqua, facendo costruire un bateau–atelier, le pareti verde– acqua della cabina sulla Senna e tetto come mattone su un fondo di barca nera a tracciare il confine con lo scorrere del fiume. Da qui, nell’anima di Monet, il pulsare delle vibrazioni di luce cessa d’essere un dato tecnico della ricerca pittorica, per trasformarsi e permanere, d’ora in avanti, come testimonianza d’amore e unità con la natura, –nell’azzurro dell’acqua (Vétheuil, vista da Lavacourt [90]), –nel giallo della collina, raccolto, più che riflesso, nell’acqua (Vétheuil [92]), –nel rosso dei papaveri (Campo di papaveri vicino Vétheuil [95]). Un cambio di prospettiva nascerà ‘In canoa sull’Epte’: — con la compromissione della centralità della figura umana e della sua opera; — con la novità della struttura nella dislocazione delle masse cromatiche: verde–azzurro sullo sfondo, quasi quinta di primo piano, e due fasce rosse, remo–canoa, a incrociarsi perpendicolarmente su un fondo scuro, intersecando la grande tela ad olio con l’angolo d’incrocio sul lato destro della tela, che taglia una fanciulla che si sporge come per trattenere il volto nel quadro per essere ricordata prima di scomparire; — con le linee ondeggianti di colore in primo piano, per esprimere il movimento non già in pennellate di colore, ma in puri tratti di disegno, come a pastello (si veda, per tutti e tre questi elementi, In canoa sull’Epte [99]). Quel movimento del disegno, esaltato dopo l’incontro con l’arte del Giappone, da puro tratto d’alga nelle acque, lo ritroveremo trasformato in pastosità di tratto a dar corpo alle intense e astratte (siamo già nel xx secolo) volute de Il ponte giapponese a Giverny, 1918-24 [111]. Sul mistero delle ninfee, leggere di luci, cariche di colori e dense di significati [108, 109], scenderanno, ancora più carichi di mistero, i rami dei salici e il riflesso capovolto dei glicini [112] , a consumarsi nell’aria, svanendo tra i grumi più delicati dei colori, lasciati in eredità all’astrazione del ’900. —nella gioia dell’incontro e dell’abbraccio con la natura (Prato a primavera vicino a By [33]); —nel malinconico rarefarsi delle pennellate, quasi che il tramonto non fosse perdita di foglie, ma di pennellate che si diradano nel lento scorrere delle acque in basso (Rive del Loing [34]; La Senna a Suresnes [31]; Rive della Senna in autunno [26]) e dell’aria nel cielo (La Senna all’alba [28]; Rive della Senna. Saint–Cloud [29]); —nella geometria della solitudine (Riva del fiume a Veneux [32]); —fino al lirismo del canto, anche dissonante, dei toni (Rive del Loing vicino Moret [35]). È con Gustave Caillebotte che il più umile dei lavori, le lavandaie, si eleva a parata della nazione (Biancheria stesa sulla riva della Senna [38 e 39]), a cattedrale del tempo tra il sentiero dell’acqua e lo scorrere della strada e, tra l’intensa levità (Rive della Senna, tramonto [42]) e la profonda vacuità (La Senna a valle di Argenteuil [43]), si consuma il ritratto d’un mistero della natura. La malinconica quiete dell’attesa, per una prossima partenza come per un prossimo arrivo (L’ingresso del giardino. Le petit–Gennevilliers [46]), sembra ricordarci che nulla sarà una gita quando è in gioco una vita. E, dal lirismo di Sisley (Vele sulla Senna [45]; Piccolo ramo della Senna a Argenteuil [47]), con Caillebotte si approda al tratteggio intenso sulle figure (Riva della Senna a Le petit–Gennevilliers [48]), che sembrano, sullo scolorarsi del paesaggio di sfondo, colorarsi dell’intensità espressiva, che sarà definitivamente conquistata da Van Gogh. Infine l’ingresso in scena di Claude Monet nei suoi spostamenti da Le Havre a Parigi, quasi a ripercorrere l’origine stessa del cammino da fiaba del colore, intrapreso da Corot, e a riassorbire, rielaborandoli e unificandoli, i percorsi di Daubigny, Pissarro, Sisley con i loro temi e le loro visioni (Fuori dal porto di Zaandam [80]; Promontorio della Hève [48]; Marina al chiaro di luna [50]; Barche a Honfleur [51]; Quai du Louvre [52]; Bacino del commercio a Le Havre [53]). n il laboratorio di testi racconti analisi rapsodie epopee il arratario periodico quindicinale anno undicesimo numero sei 2005 giovedì trentuno marzo narratario autorizzazione tribunale di Milano 34/95 - 28.1.1995 [email protected] affidato per la consegna alle poste italiane Copia fuori Serie numerata contrassegnata e offerta dalla professoressa M.D. Gisella Pirovano . Premio Nazionale “Verba Volant” 1999 con patrocinio del Ministero della Pubblica Istruzione Edizione fuori commercio - Vietata la vendita - Proprietà letteraria e artistica ® Distribuzione a cura del «Laboratorio Altiero Spinelli» Riforma di che? Un coro di proteste si accredita alla pubblica opinione come legittimato a rappresentare scuole e università. Tutte le proteste sono contro le proposte di riforma. Nelle scuole e nelle università si sa bene che c’è uno strano meccanismo: è sparita la democrazia, perchè chi ha il potere nelle scuole e nelle università non fa parlare più nessuno, spacciandosi per manager e pensa di accreditarsi come democratico solo perché capace di criticare il ministro di turno, salvo a prender misure perchè non venga criticato il proprio operato, molto più discrezionale di quello del ministro. La riforma, oggi, forse possibile, dovrebbe essere quella che istituisce strumenti precisi di conoscenza di quel che si fa per gli studenti e di quel che si fa per costruirsi gli alibi a non fare. giornale in foglio con editoria elettronica da tavolo 20125 Milano via Arbe 29 tel./fax 02/6123586 direttore responsabile Fabio Trazza Il vecchio airone e il suo ultimo atto «Un Pontefice vecchio e malato, come un grande airone, ritto ad attender la morte sulla siepe d’una risaia, circondato da corvi che immobili ne attendono la fine per cibarsene, attira le più ciniche curiosità insieme alla pietà più spontanea e commossa». — «La denuncia del vecchio papa contro il male di oggi si fa sfida per lo stesso concetto di libertà di ricerca scientifica e di decisione sulle vite in base alle possibilità della tecnoscienza. Non manca chi lo insulta. Potranno pur mangiarselo. È lo spettacolo più amaro che una risaia possa offrire. Ma lui spiccherà ugualmente il suo volo e continuerà a cantare col verso dei suoi libri». Così il narratario apriva e chiudeva un articolo dedicato a Woityla lo scorso 28 febbraio e ricordava quanti su quella siepe, osservando i suoi alti e lunghi voli, plaudivano ai suoi canti, pensando che il grande airone sostenesse i loro declamanti slogan. Oggi si sentono stonati rispetto al suo ultimo libro e al suo ultimo atto e immaginano che a stonare sia lui: il grande airone spicca l’ultimo volo e compie l’ultimo atto, consegnando il silenzio al canto di quanti continueranno a sentirlo. Hans Küng (1928) è uno di quei corvi. Teologo svizzero già capace di far sentire la sua voce durante i lavori del Concilio Vaticano II è ora impettito per la scelta fatta dall’Enciclopedia Britannica di annoverarlo tra i grandi pensatori. La Chiesa non riconosce più valore di ortodossia alle sue elaborazioni. Ma Küng non si cura: invia ai giornali del mondo la motivazione del perché, anche lui vecchio, debba sostare immobile nella risaia ai piedi del vecchio airone, perché, al momento opportuno, dopo il volo, lo tengano presente. Se si dovesse commentare il gesto, probabilmente gratuito e non richiesto, si potrebbe dire che risponde al desiderio di arginare preventivamente l’atteggiamento dei media, temuto come strumento di messa a fuoco del ruolo storico avuto dal grande airone. Se si dovesse commentare il documento, sicuramente studiato e puntigliosamente costruito, si dovrebbe osservare che l’obiettivo di Hans Küng è quello di riportare l’attenzione ai temi che il passato ha macinato sbriciolandoli anche grazie al peso di Wojtyla. Küng nel suo documento fissa 11 punti, titolandoli contraddizioni prima, seconda, etc.. Colpisce molto un’imputazione a Wojtyla per una presunta contraddizione della Chiesa relativa al mondo femminile: da una parte un proclamato primato mariano, dall’altra il mantenimento di un ruolo delle donne fuori dall’ordinazione sacerdotale. È difficile immaginare Küng come il portavoce dei diritti delle donne, in un’epoca in cui non mancano donne che non hanno bisogno di uomini per rivendicare rispetto per diritti acquisiti e instaurazione di nuovi diritti per loro stesse. Ed è così difficile immaginare Küng come ordinatore delle forme nelle quali, nel presente, può essere organizzata dalle donne la testimonianza della loro vita cristiana. Là dove, come nel mondo di Küng, sono stati gli uomini a organizzare le donne, tutto è rimasto immobile, quando non in regresso. Là dove, come nel mondo di Woityla, le donne costruiscono comunità di fede originali, lo stupore offerto al mondo è certo più fertile di quello offerto da tanti uomini cosiddetti ordinati. . “Ruolo positivo” In Francia con Legge del 23 febbraio si stabilisce di «riconoscere nei programmi scolastici il ruolo positivo della presenza francese Oltremare, in particolare in Africa del Nord». Non mancano critiche dell’opinione pubblica. Stupisce la tendenza a rivendicare dignità ad un passato di colonialismo, che non appartiene solo alla Francia. Cosa si vuole? Estendere agli stati europei, che hanno covato l’antica malattia, le stesse leggi scolastiche? Per educare i giovani a quali valori? O si vuole un’educazione francese lontana dagli obiettivi per la scuola che l’Europa elabora per tutti gli stati membri? In entrambi i casi si dimostra che la scuola fatica molto a costruirsi e difendere la propria autonomia culturale, lontana da miopi ideologie e contingenti interessi.