LA GRATITUDINE? UN`ARTE DA COLTIVARE! L`Università della

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LA GRATITUDINE? UN`ARTE DA COLTIVARE! L`Università della
LA GRATITUDINE? UN’ARTE DA COLTIVARE!
L’Università della California ha effettuato una ricerca sulle “emozioni gratuite”. E’ risultato che, in
poco tempo, in coloro che avevano coltivato coscientemente l’esercizio della gratitudine, si
verificava un sensibile miglioramento della qualità della vita. Cresceva l’ottimismo e la voglia di
sorridere, miglioravano le relazioni umane, ma anche il benessere fisico e lo stesso sonno. Secondo
il direttore della ricerca, in caso d’insonnia è preferibile contare i gesti di gratitudine donati
piuttosto che le pecore! La stessa ricerca ha messo in evidenza che le persone che erano state aiutate
gratuitamente avevano maggiore attitudine ad aiutare spontaneamente gli altri. Coloro che avevano
praticato quotidianamente azioni di gratitudine, mostravano livelli superiori di prontezza,
entusiasmo, determinazione, attenzione ed energia rispetto al gruppo che si era concentrato sui
problemi o su come stare meglio rispetto agli altri 1.
La gratitudine è strettamente legata alla gratuità. Non è un dovere, ma un piacere. Le persone che
hanno in comune l’arte della gratitudine sono accomunate dagli atti di gentilezza gratuita. Perciò la
gratitudine è un’arte da apprendere e da fare apprendere fin dal primo vagito, nonché da coltivare
per tutta la vita. Essa è uno stile di vita che si esprime nella cortesia, nella gentilezza, nel saper fare
dono e nel sapersi fare dono. E’ una finestra aperta ai raggi del sole, un canto di “grazie” che
manifesta gioia per la vita e nel contempo gioia per l’incontro con l’altro.
Naturalmente, per coltivare l’arte dell’essere grati bisogna saper riconoscere i semi di gratitudine
prenderne cura; per manifestare gratitudine occorre saper leggere i segni di gratitudine che
s’incontrano lungo il cammino, superando ogni forma di autoreferenza, di arroganza e di egoismo.
Una casa con le finestre chiuse, ove regnano muffa e ragnatele, mai potrà cantare la sua gratitudine
ai raggi del sole e all’aria pulita che ridona vita agli ambienti. In un terreno incolto difficilmente
attecchiranno le piantine di gratitudine.
La gratitudine è una virtù civica che è stata sempre riconosciuta universalmente. Ad essa le religioni
danno particolare rilevanza. Infatti, ogni fede si radica nel senso di gratitudine che l’uomo deve
avere nei riguardi del creatore ma anche delle creature.
Ad esempio, ogni cristiano è chiamato anzitutto ad amare Dio e il prossimo ed a “rendere grazie”.
San Paolo così esorta i primi cristiani: “Fratelli, siate sempre lieti, in ogni cosa rendete grazie.
Questa è infatti la volontà di Dio”2. La preghiera è prima di tutto espressione di lode e di
gratitudine. Il Magnificat3 di Maria e il Benedictus4 di Zaccaria sono splendidi canti di
ringraziamento. Lo stesso Gesù più volte esprime il suo grazie al Padre 5.
Per il mussulmano uno dei principali aspetti della fede è sentire gratitudine verso Dio. L’essere
grati è talmente importante che chiunque nega la verità è denominato kafir (ingrato). Un credente
ama, ed è riconoscente a Dio per la Sua generosità e per tutti i doni che gli sono stati dati.
Il Buddismo insegna che tutti gli uomini sono strettamente legati tra loro e che nessuno può vivere
isolato; perciò, dobbiamo essere immensamente riconoscenti agli altri. Ogni buddista è tenuto a
ripagare i “quattro debiti di gratitudine” che così possiamo sintetizzare: gratitudine verso gli esseri
viventi, verso i genitori, verso la legge, verso i maestri. Dedicarsi agli altri, si afferma, è il modo
migliore per ripagare il debito di gratitudine al Buddha.
1
Robert Emmons, Thanks!: How Practicing Gratitude Can Make You Happier, Houghton Mifflin Company, New York, 2007
1 Ts, 5 6-18
3
Lc, 1 39-56
4
Lc, 1 68-79
5
Mt, 11 25-30
2
“La gratitudine è espressione di cortesia e gentilezza. E’ un modo di agire che nasce dal cuore (la
cordialità) e si manifesta ed irradia nella gioiosità di un buon carattere. Da qui ha origine lo spirito
di gruppo, la tolleranza e la capacità di accogliere gli altri, manifestando loro la propria
considerazione e rispettandone le convinzioni” 6. Chi sa dire grazie, con sincerità, onora anche se
stesso ed esprime la sua “signorilità”!
L’ingratitudine, anche se spesso si manifesta nel comune agire, è innaturale poiché è manifestazione
di egoismo, di incapacità di riconoscere l’altro, di considerare l’agire come dono gratuito.
L’altruista non può essere ingrato! “L’homo sapiens nasce cooperativo, lo dimostra il fatto che i
bambini sono altruisti di natura”7. La generosità, l’altruismo, la riconoscenza sono fattori essenziali
per una vita buona e felice. La persona grata, infatti, sa essere, sa rapportarsi agli altri, sa abitare il
mondo secondo uno stile amicale e solidale 8. E’ pur vero che nella vita quotidiana s’incontrano
tante resistenze che ostacolano il “grazie di cuore”. Mi riferisco al grazie “a denti stretti” che
manifesta il sentirsi costretti o la malevolenza; al grazie ostentato che esprime servilismo o un modo
di accalappiare l’altro; al grazie epidermico da scrollarsi di dosso il prima possibile ….. E’ pur vero
che talora la gratitudine può essere premessa al raffreddamento o alla rottura di relazioni o può
favorire la meschina ricerca di motivazioni al fine di metter da parte la “necessità” di esser grati
all’altro. Talvolta si può arrivare finanche a calunniare la persona verso la quale si dovrebbe essere
grati al fine di dare una motivazione “logica” all’incapacità di esprimere riconoscenza. Questa,
però, è miseria umana! … E’ pur vero che per taluni è “tutto dovuto”; altri hanno la convinzione
che ogni azione buona dell’altro sia necessariamente un atto non disinteressato … E’ pur vero che
talora il dir grazie è relegato alle pratiche di buona educazione dell’età infantile. Queste maniera di
“dir grazie” , però, sono tutte deviazioni che ricacciano l’uomo nel ginepraio o nelle paludi
dell’egoismo, disonorandolo.
Si ha, perciò, la necessità di curare – sin da piccoli – in famiglia, nella scuola, nei vari ambiti sociali
il germoglio dei “fiori di gratitudine”, estirpando per tempo la gramigna dell’indifferenza,
dell’arroganza, dell’ingratitudine, della cafonaggine e togliendo le pietre della durezza di cuore.
Siamo tutti chiamati a favorire (in noi stessi e negli altri) la maturazione della sensibilità al bene e al
bello, lo sviluppo dello stupore, l’esercizio della gentilezza e della gratuità, lo spirito di servizio, la
costruzione dell’uomo empatico, un positivo atteggiamento di fronte alla vita, lo sforzo silenzioso
ma sempre più intenso verso ciò che è bene, l’aspirazione alla bellezza, la capacità di riconoscere ed
apprezzare il bene fatto dagli altri, il piacere di impreziosire il proprio cammino con tanti “grazie”.
Dobbiamo sentirci parte di una comunità in cui ciascuno si sa far dono per l’altro e per gli altri. La
cortesia, la generosità, la riconoscenza, la costante attenzione al bene comune, il saper sorridere
all’altro sono petali di quel meraviglioso fiore che con i suoi colori e il suo profumo esprime il suo
gioioso e sincero grazie ad ogni nuovo giorno che viene.
Giovanni Perrone
6
Frattini, Bertinelli, Legge scout, legge di libertà, ed. Nuova Fiordaliso, Roma, 2002
M. Tomasello, in Antonio Galdo, L’egoismo è finito, ed. Einaudi, Torino, 2012, pag. 9
8
Antonio Bellingreri, Per una pedagogia dell’empatia, ed. Vita e Pensiero, Milano, 2005
7