Ribes nero e ciliegio acido colture pioniere degli anni `60
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Ribes nero e ciliegio acido colture pioniere degli anni `60
AGRICOLTURA ANNI ‘60 Hanno creato reddito e frenato l’esodo dai campi TERRA TRENTINA 6/2008 Ribes nero e ciliegio acido colture pioniere degli anni ’60 20 Da decenni il problema più grave per la montagna è quello dell’abbandono. La fuga dai campi, particolarmente dei giovani, è stata più pesante in quelle zone dove il reddito era particolarmente basso e dove in compenso la fatica era molta per le caratteristiche dei terreni (acclività, esasperato spezzettamento, carenza d’acqua a fini irrigui), che comportavano l’effettuazione di molti lavori a mano e l’incertezza dei raccolti. I Clubs dei 3P, circoli dei giovani coltivatori nati sull’esempio dei 4H Clubs americani, nella seconda metà degli anni Cinquanta, con lo scopo di ridare fiducia ai giovani e di favorire lo sviluppo di un’agricoltura nuova, posero particolare attenzione all’introduzione di nuove colture che potessero dare un’alternativa allo scarso reddito proveniente dalle piccole stalle e dall’impossibilità di praticare la fruttiviticoltura. La risposta è venuta dai piccoli frutti, ribes nero ed amarene in particolare che sono stati introdotti dai Clubs 3P. Fu durante l’anno 1959 che, sulla base di quanto stava avvenendo nella vicina Svizzera, si diede inizio all’introduzione di una nuova coltura: il ribes nero. Non fu certamente facile far credere che, con la “ueta”, com’era chiamato il ribes in molte aree del Trentino, termine usato in quel fran- È merito dei giovani iscritti ai Clubs 3 P avere introdotto in alcune zone di montagna del Trentino la coltivazione del ribes nero e successivamente del ciliegio acido, superando l’indifferenza e talora la contrarietà degli organi tecnici. L’esperienza è durata vent’anni e ha portato i risultati voluti Carlo Bridi gente con dispregio, si potesse dare una mano alla soluzione del drammatico problema del reddito dei contadini di montagna. Va rilevato come in quel periodo la struttura agricola pubblica ufficiale, ossia l’Ispettorato Agrario, fosse decisamente contrario a queste innovazioni colturali in quanto ritenute prive di significato economico. Ciò ha comportato un rallentamento nello sviluppo di questa coltivazione. Per l’introduzione in Trentino di questa coltura si dovette pertanto appoggiarsi ad un importatore di piante dalla Germania, il signor Francesco Costanzi. Ma si pose fin da subito anche il problema del collocamento di questa produzione, per questo si creò un contatto con la ditta Zipperle di Merano, gia nota in Trentino dove comperava dell’uva dalle cantine sociali per la produzione di succo d’uva. Considerato lo scetticismo che regnava fra i contadini, anche fra i giovani, definimmo con la Zipperle un contratto pluriennale con un prezzo minimo garantito, sulla base del prezzo fissato dalla Camera di Commercio di Monaco di Baviera. Nell’arco di pochi anni ben 50.000 piante vennero messe a dimora, ma dopo qualche anno il mercato, a causa dell’offerta che arrivava dai paesi dell’Est Europa, si dimostrò saturo. A quel punto lo stesso Zipperle invitava - con una lettera rivolta a tutti i produttori di ribes - ad estirpare le piante. Fu in quel momento che entrò in campo, su sollecitazione dei propri soci produttori di ribes, l’Unione Contadini con il suo Ufficio Legale. L’Unione si mosse immediatamente sulla ditta Zipperle con un perentorio invito a Un gruppo di contadini prepara le buche per piantare il ribes Gruppo di produttori di Prada di Brentonico davanti alla prima piantina messa a dimora Renato Fracalossi insegna come si pianta il ribes (foto Fracalossi) Momento del raccolto: le donne venivano coinvolte Casse di ribes stivate per la consegna TERRA TRENTINA 6/2008 Coltivazione del ribes nero a Lundo 21 AGRICOLTURA ANNI ‘60 rito. Venne pertanto molto opportuna l’assistenza del tecnico Renato Fracalossi dell’”Agricola Trentina”, che assieme ai contadini di Vigolo Vattaro, partendo dai soci del 3P fece le esperienze di potatura, concimazione, trattamenti etc..I risultati furono talmente buoni che le piante anziché produrre 4- 5 kg per pianta com’era di media in Geramnia, in Svizzera od in Austria, arrivarono a produrre fino a 15 kg per pianta come fu il caso dell’impianto di Aurelio Bianchini di Vigolo. Superato il momento di crisi del mercato, il Consorzio organizzava non solo le vendite in forma associata, ma anche gli acquisti delle piante. Con il passare degli anni il prezzo delle stesse andava sempre più crescendo a causa della rivalutazione del marco tedesco, e fu ancora una volta il Club 3P ad assumere l’iniziativa di realizzare in quel di Vigolo Vattaro un vivaio di piante di ribes nero che fino a metà degli anni Settanta rifornì i contadini a prezzi decisamente più interessanti permettendo anche di far guadagnare qualcosa anche a chi produceva molte migliaia di piante ogni anno. L’impegno maggiore di questa coltura, come TERRA TRENTINA 6/2008 rispettare gli accordi sottoscritti, ma invitò anche i produttori di ribes a darsi un minimo di organizzazione. Fu così che vennero gettate le basi per la costituzione del Consorzio produttori ribes nero del Trentino fra i produttori che nel frattempo si erano espansi su diverse aree di montagna. Dall’altipiano della Vigolana, a Vigolo Vattaro, dove vennero fatti i primi impianti, nel 1959, al Bleggio, al Lomaso, a Povo, a Palù di Giovo, all’Altipiano di Brentonico, tutte zone dov’era presente l’organizzazione dei 3P. A presiedere il Consorzio venne chiamato Giovanni Bianchini, presidente del Club 3P di Vigolo Vattaro, ed a segretario venne nominato Carlo Bridi. Bianchini, rimase alla presidenza ininterrottamente per oltre vent’anni. Ma c’erano problemi tecnici da affrontare, di difesa, di sesti d’impianto, di potatura, di scelte varietali, si passò dalla varietà Rosental alla Silvergitter, alla Balduin e alla Wellington, sempre fidandosi di ciò che si era colto nei viaggi sul lago di Costanza dove la coltivazione era praticata da molti anni. Mancava purtroppo qualsiasi assistenza tecnica e qualsiasi sperimentazione in me- 22 Impianto rigoglioso di ribes nero a Vigolo Vattaro (foto C. Bridi) del resto tutti i piccoli frutti, era quello della raccolta. Per fortuna cadeva nella seconda quindicina di giugno, quando le scuole erano finite e quindi ci si poteva avvalere della preziosa collaborazione degli scolari, all’epoca ancora numerosi nelle famiglie contadine. I vari tentativi fatti sia in Austria che in Val Martello di trovare delle macchine per la raccolta meccanica dei grappolini non ebbero molto successo. Pur con risultati alterni, la coltivazione di ribes nero nelle zone dove si era piantato fra la fine degli anni 50 ed i primi anni sessanta andò avanti per una ventina d’anni. Per alcuni anni, a Vigolo Vattaro i contadini che erano tradizionalmente degli allevatori, ebbero un’entrata maggiore dai circa 20 ettari di ribes piantati che non dalle oltre 200 stalle ancora presenti negli anni Sessanta. Le amarene Qualche anno dopo l’introduzione del ribes, nei primi anni Sessanta, contrariamente all’ostilità avuta per l’introduzione del ribes, fu determinante il sostegno del dott. Gino Salvaterra responsabile del settore frutticoltura dell’Ispettorato Agrario, nell’introduzione di una nuova coltura: la ciliegia acida o amarena delle varietà Maylot e Schattenmorelle. Venne poi introdotta a meta degli anni Settanta, la Stevenberg, varietà “scoperta” in Danimarca in un viaggio organizzato dal Consorzio produttori ribes nero e dall’Unione Contadini. Dette colture avevano il pregio di non comportare cure tecniche particolari per la produzione, non solo, potendosi appoggiare al Consorzio ribes nero per la commercializzazione molti coltivatori anche part-time trovarono in queste colture un’interessante integrazione di reddito. Fu la varietà Stevensberg, per la particolare caratteristica della pol- Testimonianze Per noi, afferma Giovanni Bianchini per vent’anni presidente del Consorzio produttori ribes e amarene del Trentino, l’introduzione del ribes a Vigolo Vattaro è stato un toccasana, eravamo in un periodo nel quale dalle piccole stalle da latte si tiravano fuori pochi soldi, il prezzo del latte era a ter- Impianto di amarene a Vigolo Vattaro sotto il Castello (foto C. Bridi) ra e le nostre stalle avevano una media di 2-3 mucche. L’arrivo del ribes ha significato poter disporre finalmente di qualche soldo. Ma questo non valeva solo da noi, anche a Lundo nel Lomaso, Achille Giovanelli Leader del gruppo locale dei produttori, ci diceva che con i primi raccolti di ribes si iniziò finalmente l’introduzione dei primi motocoltivatori. Ricordo il caso di Vigolo dove uno dei più grossi produttori di ribes in un paio d’anni realizzò i soldi per comperare il trattore. Il problema della commercializzazione è stato di fatto legato sempre alla Zipperle di Merano, prosegue Bianchini. Abbiamo fatto parecchi tentativi per trovare altri acquirenti in Italia, ma la Zipperle è stata per noi il cliente più affidabile. Il signor Hans Zipperle, ha avuto modo di ricordarci spesso come il nostro ribes e le nostre amarene avevano un contenuto in acido ascorbico e vitamina C molto più alto di quelle che importava dai paesi dell’Est Europa, e pertanto erano preferiti dall’Azienda meranese. Forte, ricorda Bianchini, era il raccordo con l’analogo Consorzio produttori dell’Alto Adige assieme al quale facevamo la trattativa con la Zipperle. Renato Fracalossi è stato per molti anni l’unico tecnico che si occupava di questa coltura. An- che per me, ricorda, era una coltura nuova, per fortuna avevamo dei buoni riferimenti in Germania sia a livello tecnico che di produttori. Questo ci ha permesso di maturare in fretta la necessaria esperienza che abbiamo accresciuto con il costante confronto con gli amici coltivatori, sia per i sistemi di coltivazione che per le nuove varietà. Certo, qualche problema tecnico dopo qualche anno è arrivato, e si trattava di un problema grosso, l’eriofide, che è stato assieme al calo dei prezzi uno dei motivi principali per l’abbandono di questa coltura, prosegue Fracalossi. Nell’arco di poco tempo si è avuta una massiccia presenza di questo temibile parassita della famiglia degli acari. Acaro che produceva delle punture sulle gemme delle piante e procurava delle “galle” nelle quali si inseriva proteggendosi dai trattamenti che in tal modo risultavano pressoché inefficaci. Le conseguenze di questi attacchi erano molto pesanti. Anche Fracalossi ricorda l’importanza dal punto di vista economico dell’introduzione di questa coltura, per l’Altipiano della Vigolana, per il Bleggio, per il Lomaso, per l’altipiano di Brentonico, per Povo per Palù di Giovo prima che anche nelle parti alte venissero piantati vigneti e frutteti. TERRA TRENTINA 6/2008 pa a prestarsi molto bene per la produzione di succhi dato il colore particolarmente intenso e l’alta percentuale di vitamina C in essa contenuta. Nell’arco di pochi anni, grazie al buon adattamento climatico, al fatto che le piante si prestavano molto bene alla raccolta meccanica, (per la quale sul finire degli anni Settanta molti contadini si erano attrezzati), e vista la buona produzione ed il buon apprezzamento sul mercato furono messe a dimora oltre 35.000 piante. Ma dopo il ribes nero anche l’amarena ha dovuto fare i conti con la spietata concorrenza dei Paesi dell’Est Europa che, affamati di valuta pregiata esportavano in Italia a qualunque prezzo le loro produzioni. “Purtroppo l’agroindustria ha le sue dure leggi commerciali: compera là dove i prezzi sono minori ed anche i bei discorsi fatti appena pochi anni prima in un grande convegno sulle colture minori di un sostegno a queste colture dell’Unione Europea, non trovarono nessun seguito lasciando i contadini con un pugno di mosche”, concludevamo così la narrazione dell’avventura di questi piccoli frutti agli inizi degli anni Ottanta scrivendo la storia di un gruppo di giovani e della loro terra. Per fortuna in quel periodo un’altra zona con altre colture minori, la Val dei Mocheni adeguatamente sostenuta dalla Provincia e da un nuovo servizio di assistenza tecnica si stava rapidamente consolidando. Ma questa è un’altra storia. 23