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SENTENZE IN SANITÀ – TAR LAZIO
TAR LAZIO - sentenza n. 7150/2003
Il periodo di astensione dal lavoro post-gravidanza, in caso di parto prematuro, deve essere calcolato
aggiungendo ai tre mesi obbligatori decorrenti dalla data di dimissione del bambino, il periodo non fruito a partire dalla data effettiva del parto, in quanto anch’esso va considerato come assenza obbligatoria.
Il Tribunale amministrativo regionale del Lazio Sezione II ter ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso n. 7333/2000, proposto dalla sig.ra Tiziana Serpetti, rappresentata e difesa dall’avv.
Francesco Albanese ed elettivamente domiciliata in Roma, via Pompeo Magno n. 1, presso il
difensore;
CONTRO
il Ministero per le politiche agricole in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso
dall’Avvocatura generale dello Stato, ed ivi ope legis domiciliato in Roma, via dei Portoghesi n.
12;
PER L’ANNULLAMENTO
del decreto del Direttore generale delle risorse forestali, montane e idriche emesso in data
23.2.2000, con il quale è stata respinta l'istanza presentata dalla ricorrente diretta ad ottenere il
riconoscimento del periodo complessivo di astensione obbligatoria dal lavoro in caso di parto
prematuro, nonché di ogni altro atto e provvedimento allo stesso consequenziale, presupposto e
comunque connesso con riferimento al medesimo oggetto.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visti gli atti di causa;
Relatore alla pubblica udienza del 18 dicembre 2002 il Consigliere Giancarlo Luttazi;
Udita l’attività defensionale, come da verbale di udienza;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.
FATTO
La ricorrente, agente scelto della Corpo forestale dello Stato, prospetta quanto segue.
Essa ha avuto una gravidanza a rischio ed è stata interdetta dal lavoro ai sensi dell'articolo 5 della legge n. 1204 del 1971 dal 23 marzo 1999 (settima settimana di gestazione).
È stata quindi ricoverata presso l'Ospedale di Narni dal 23 marzo 1999 al 10 maggio 1999 per
minaccia di aborto, nonché dal 29 settembre 1999 fino alla data del parto, prematuro (14 ottobre
1999), per gestosi.
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Dopo il parto la ricorrente è rimasta ricoverata nell'ospedale sino al 21 ottobre 1999 mentre il
figlio, necessitando di ulteriori cure, veniva messo in data 29 ottobre 1999.
Per i tre mesi successivi al parto la ricorrente ha goduto del periodo di astensione obbligatoria
dal citata legge n. 1204 del 1971.
In data 10 febbraio 2000 la ricorrente ha presentato alla propria Amministrazione di appartenenza istanza al fine di ottenere, in ossequio alla sentenza della Corte costituzionale n. 270 del 30
giugno 1999, il riconoscimento dell’intero periodo di astensione obbligatoria dal lavoro ai sensi
dell'articolo 4 della citata legge n. 1904 del 1971, chiedendo di poter usufruire dei giorni del periodo di astensione obbligatoria dal lavoro non fruiti a causa del parto prematuro.
L’atto in epigrafe ha opposto un diniego.
La ricorrente adisce il T.a.r. rubricando: "Violazione e falsa applicazione della legge n. 1204 del
1971. Eccesso di potere per travisamento ed erronea valutazione dei fatti. Eccesso di potere per
illogicità manifesta. Eccesso di potere per mancanza, lacunosa, insufficiente o quanto meno difettosa motivazione ed istruttoria. Violazione dei principi generali in materia di buon andamento
e imparzialità della Pubblica Amministrazione".
L’Amministrazione si è costituita.
Entrambe le parti hanno depositato documenti e una memoria.
La causa è passata in decisione all’udienza del 18 dicembre 2002.
DIRITTO
Si può prescindere dal delibare le censure di difetto di motivazione e di istruttoria, poiché in base alla documentazione e alle memorie delle parti è possibile decidere sulla concreta pretesa sostanziale della ricorrente, e pertanto quest’ultima non ha interesse a vedere delibate anche le
suddette, più formali, censure.
Ciò premesso, il ricorso è fondato in parte.
1.1 - Ai fini della decisione - e tenendo conto che la data presunta del parto era l’8 novembre
1999, mentre il parto, prematuro, si è effettivamente verificato il 14 ottobre 1999 - i periodi da
considerare possono essere così individuati:
a) periodo di due mesi prima della data presunta del parto (8 novembre 1999), durante il quale ai
sensi dell'articolo 4 lettera a) della legge 30 dicembre 1971, n. 1204, era prevista l'astensione
obbligatoria dal lavoro pre-parto;
b) periodo di astensione obbligatoria pre-parto applicato dall'Amministrazione ai sensi del citato
articolo 4 lettera a), della legge n. 1204/1971 [dal 9 settembre 1999, data di inizio del periodo in
cui alla precedente lettera a), al 14 ottobre 2000 (data effettiva del parto);
c) trimestre di astensione obbligatoria post-parto applicato dall'Amministrazione ai sensi del citato articolo 4, lettera c), della legge n. 1204/1971 (tre mesi dal 15 ottobre 2000);
d) periodo di astensione obbligatoria richiesto dalla ricorrente e denegato dall'Amministrazione
(complessivi 5 mesi di astensione obbligatoria dal lavoro, a prescindere dal parto prematuro);
e) porzione del periodo di due mesi di astensione obbligatoria pre-parto ex articolo 4, lettera a),
legge n. 1204/1971 che la ricorrente non ha potuto godere a causa del parto prematuro;
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g) periodo dal 15 ottobre 1999 (giorno successivo al parto prematuro) al 21 ottobre 1999 (data
di dismissione della ricorrente dall'ospedale),
h) periodo dal 15 ottobre 1999 (giorno successivo al parto prematuro) al 29 ottobre 1999 (data
di dismissione del bambino dall'ospedale).
1.2 - Va anche permesso che, come rilevato anche dalla difesa erariale, attualmente l’art. 16, lettera d), del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151 (“Testo unico delle disposizioni legislative
in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, a norma dell'articolo 15 della
legge 8 marzo 2000, n. 53”) riconosce alla puerpera il diritto al periodo sopra indicato sub d)
(“È vietato adibire al lavoro le donne: … (omissis) … durante gli ulteriori giorni non goduti
prima del parto, qualora il parto avvenga in data anticipata rispetto a quella presunta. Tali giorni
sono aggiunti al periodo di congedo di maternità dopo il parto”); e che, prima del d.lgs. n.
151/2001, analogo diritto era stato riconosciuto dall'art. 11, della legge 8 marzo 2000, n. 53 (che
aveva aggiunto nel testo dell’art. 4, l. n. 1204/1971 un apposito quarto comma).
Peraltro sia il d.lgs. n. 151/2001 sia la legge n. 53/2000 sono entrati in vigore dopo le vicende
ora in contestazione, sicché quelle nuove fonti non sono applicabili alla presente controversia.
1.3 – Venendo a quest’ultima, la ricorrente contesta il provvedimento con cui l'Amministrazione, respingendo una specifica istanza, non le ha riconosciuto il periodo sub d) [rectius: non le ha
riconosciuto il periodo sub e), non fruito a causa del parto prematuro, ed aggiunto un equivalente numero di giorni di astensione dal lavoro al periodo, invece riconosciuto, sub c)]; periodo
che, come rilevato al capo 1,1 che precede, è stato poi riconosciuto in via generalizzata dall’art.
16, lettera d), del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151.
Sia la istanza disattesa sia il ricorso invocano la sentenza della Corte costituzionale n. 270 del
30 giugno 1999, che ha dichiarato la illegittimità costituzionale dell'articolo 4, primo comma,
lettera c), della legge n. 1204/1971 "nella parte in cui non prevede per l'ipotesi di parto prematuro una decorrenza dei termini del periodo dell'astensione obbligatoria idonea ad assicurare una
adeguata tutela della madre e del bambino".
Il richiamo alla pronuncia della Corte è corretto, ma - così come il risulta dalla lettura di dispositivo e motivazione della sentenza costituzionale – essa comporta conseguenze non del tutto
coincidenti con quelle prospettate dalla ricorrente.
La specifica questione sottoposta alla Corte era stata sollevata (con ordinanza del pretore di
Bergamo n. 827 del 15 giugno 1998) con riferimento agli artt. 3, 29 comma 1, 30 comma 1, 31 e
37 della Costituzione, nella considerazione che l'art. 4 comma 1 lett. c) della legge n. 1204/971,
vietando espressamente di adibire al lavoro le donne durante i tre mesi dopo il parto, violava il
principio della parità di trattamento tra le fattispecie di parto a termine e di quello prematuro, in
quanto tutelava adeguatamente solo il primo e non anche il secondo; e pregiudicava altresì il valore costituzionale della protezione della famiglia e quello della tutela del minore, atteso che la
disposizione denunciata non consentiva, nel caso di parto pre-termine, la frazionabilità del periodo di astensione obbligatoria e la decorrenza di parte della stessa dalla data di ingresso del
bambino nella famiglia o quanto meno dalla data prevista del parto, anziché da quella reale, cosi
da consentire un'adeguata tutela della puerpera.
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In particolare la Corte ha ritenuto che l'art. 4, comma 1, lettera c), della legge n. 1204/1971, nel
prevedere due periodi di astensione obbligatoria (uno anteriore e uno posteriore al parto) conteneva una formulazione letterale troppo rigidamente determinata sia in ordine alla durata sia in
ordine alla decorrenza.; e che tale rigidità rivelava aspetti irragionevoli in relazione a casi di parto prematuro.
In questa ipotesi – ha precisato la Corte - è notoriamente indispensabile che il bambino - per un
periodo talvolta lungo - sia affidato alle cure di specialisti ed all'apparato sanitario, mentre la
madre, una volta dimessa e pur in astensione obbligatoria dal lavoro, non può svolgere alcuna
attività per assistere il figlio ricoverato nelle strutture ospedaliere; ed è invece obbligata a riprendere l'attività lavorativa quando il figlio deve essere assistito a casa.
Quanto alla decorrenza del periodo di astensione post-parto nell'ipotesi di parto prematuro, la
Corte poi aggiunto che da tempo è stata rilevata l'incongruenza della disposizione in parola, e
che in materia si propongono diverse soluzioni, collocando l'inizio di quel periodo o al momento
dell'ingresso del neonato nella casa familiare, o alla data presunta del termine fisiologico di una
gravidanza normale.
La Corte ha rilevato che la scelta fra le diverse possibili soluzioni spetta al legislatore [ed in effetti il legislatore, con il citato art. 16, lettera d), d.lgs. n. 151/2001, ha optato per data presunta
del termine fisiologico di una gravidanza normale]; e che, peraltro, accertata l'illegittimità costituzionale della norma, sarà il giudice, in assenza di intervento legislativo, a individuare nel
complessivo sistema normativo la regola idonea a disciplinare la fattispecie in conformità dei
principi indicati (così come già affermato dalla Corte nelle sentenze n. 347 del 1998 e n. 295 del
1991).
La sentenza costituzionale n. 270/1999, dunque, non ha riguardato gli ulteriori giorni non goduti
prima del parto, qualora il parto sia avvenuto in data anticipata rispetto a quella presunta; e non
ha dunque sancito (come invece ha fatto la normativa riferita sub 1.2, sopravvenuta e dunque
non applicabile alla ricorrente) che tali giorni siano aggiunti al periodo di congedo di maternità
dopo il parto.
La pronuncia, invece:
ha eliminato l’eccessiva rigidità dell’art. 4, lettera c) della legge n. 1204/1971 laddove - in relazione a casi di parto prematuro in cui il bambino fosse affidato alle cure di specialisti ed all'apparato sanitario, mentre la madre era già stata dimessa dalla struttura ospedaliera – imponeva
che la madre dovesse ugualmente considerarsi in astensione obbligatoria dal lavoro, pur non potendo svolgere alcuna attività per assistere il figlio ricoverato, “consumando” così inutilmente
giorni di astensione obbligatoria invece utilmente fruibili una volta che il bambino, dimesso
anch’egli dalle strutture ospedaliere, fosse effettivamente affidato alle cure materne;
ha demandato al giudice, in attesa dell’intervento del legislatore, di individuare dal sistema vigente la decorrenza del periodo di astensione post-parto nell'ipotesi di parto prematuro.
Ciò premesso, quanto al profilo sub 1), deve affermarsi innanzi tutto che il provvedimento impugnato è illegittimo laddove computa i tre mesi di astensione obbligatoria post-parto non tenendo conto della innovazione ordinamentale operata dalla Corte costituzionale ed indicata sub 1).
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Quanto al profilo sub 2), questo giudice ritiene che, alla luce della pronuncia della Corte e del
sistema vigente alle date di riferimento (vale a dire prima delle innovazioni legislative di cui
all’art. 16, lettera d), del decreto legislativo n. 151/2001 e alla legge n. 53/2000), il periodo di
astensione post-parto nell'ipotesi di parto prematuro debba computarsi, in aggiunta e prima dei
tre mesi obbligatori decorrenti dalla data di dimissione del bambino, a far data dal parto prematuro. Ritiene in particolare il Collegio che, nella fattispecie in esame, il periodo fra il parto prematuro e la dimissione del bambino [il periodo indicato sub h) nel capo 1.1 che precede] debba
anch’esso considerarsi assenza obbligatoria post-parto, ed aggiungersi ai tre mesi di legge.
In questo modo infatti sono rispettati sia la data dell’effettivo evento naturale del parto, sia la
impostazione della legge [il previgente art. 4, lettera c), della legge n. 1204/1971 prevedeva come dies a quo la data effettiva del parto e non quella presunta], sia la pronuncia della Corte costituzionale, che ha stigmatizzato e cassato la rigidità del citato previgente art. 4, lettera c), della
legge n. 1204/1971. Né rileva la conseguente diminuzione dei due mesi previsti per il periodo di
astensione pre-parto ex art. 4, lettera a), della legge n. 1204/1971, poiché questo periodo è finalizzato a tutelare la salute della madre e del nascituro prima del parto, e non vi è ragione di utilizzarlo una volta che la nascita si sia, seppure prematuramente, verificata.
2. – Il ricorso va dunque accolto nel senso indicato al capo 1.3 che precede.
Per l’effetto va annullato l’impugnato provvedimento e dichiarato il diritto della ricorrente ad
usufruire dell’astensione obbligatoria post-parto nel periodo indicato sub h) nel capo 1.1 che
precede, nonché nei tre mesi successivi.
Le spese di giudizio possono essere compensate.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio accoglie il ricorso in epigrafe nel senso indicato in motivazione al capo 2.
Compensa fra le parti le spese di giudizio.
Ordina che la presente sentenza venga eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, presso la sede del Tribunale amministrativo regionale, nella Camera di
consiglio del 18 dicembre 2002, dal Collegio così composto:
Roberto Scognamiglio
Paolo Restaino
Giancarlo Luttazi
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Presidente
Consigliere
Consigliere estensore
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