B. Vargsson - Grímnismál - Il Discorso di Grimni
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B. Vargsson - Grímnismál - Il Discorso di Grimni
GRÍMNISMÁL IL DISCORSO DI GRIMNI OPPURE IL DICORSO DI ODINO II TRADUZIONE A CURA DI BJǪRN HEINRÍKR VARGSSON ÆTT MÆNDVM SANGVINEM GAVDIVM VITÆ EST PREFAZIONE Questa traduzione del Grímnismál, quarto libro del Codex Regius 2365, oppure Edda poetica, in formato digitale è di libera circolazione; poiché l’autore l’ha eseguita con l’unico scopo di promulgare la stessa. Tuttavia, dato che è costata mesi di lavoro, l’autore prega chiunque volesse condividerla, promulgarla, o in qualsiasi modo pubblicarla, di citarne il traduttore. Questa traduzione ha un’italianizzazione completa dei nomi; scelta argua, e non certo facile da eseguire. Così Gerriøðr è diventato Gheirudo, Grímnir è diventato Grimni e così via. Dove presente, l’italianizzazione è passata attraverso la latinizzazione piuttosto che dal norreno direttamente. Questa scelta è stata presa per svariati motivi: il primo è l’integrazione dei personaggi mitologici nella cultura italiana; il secondo è che la pronuncia del norreno è alquanto complessa da comprendere in forma scritta, e dunque, qualsiasi guida scritta, non porterebbe comunque il lettore non parlante norreno a pronunciare perfettamente il nome letto; il terzo è per dare omogeneità allo scritto; e ce ne sono altri minori ancora. Di sicuro è una scelta criticata da molti: ma bisogna tener di conto che i nomi nella Eldri Edda non sono quelli originali, bensì una norrenizzazione dei nomi protonorreni (Óðinn da Wóðan e così via). Un altro motivo fondamentale per l’italianizzazione è che in lingua originale i nomi sono coniugati in base al caso dativo, genitivo, accusativo, attivo e passivo; mentre in italiano un nome rimane sempre uguale, perciò risulterebbe strano per il lettore italiano leggere “Geirrœðum” anziché “Geirrøðr” e così via. Le kenningar, la sostituzione di un nome o luogo con una frase che lo descrive; sono in questo poema molto più presenti che negli altri poemi eddici; pertanto ho dovuto adattarle all’italiano, per una più facile compresione del testo. Altra questione riguarda invece gli epiteti: solo in rari casi ho tradotto letteralmente l’epiteto norreno nel suo corrispettivo italiano; generalmente ho invece tradotto col nome generalmente usato per indicare il soggetto dell’epiteto. Il metro del Grímnismál è il “fornyrðislag”, il “metro epico”, il più comune della poesia nordica. Ogni strofa è composta da quattro “versi pieni”, ciascuno costituito a sua volta di due semiversi. Leggendo il poema in lingua originale si nota come suoni avvincente, seppur rimanendo poetico: il metro epico infatti usa ripetizioni costanti di iniziali o intere sillabe, parole forti, non concede pausa di lettura e soprattutto è semplice, diretto, (per l’appunto con poche kenningar). Si tratta di una discussione che Grímnir, ovvero Odino, ha con Agnaro, figlio di re Gheirudo, un uomo poco ospitale che per sapere chi è davvero lo ha incatenato tra due fuochi. Agnaro è l’unico di tutto il palazzo ad avere il coraggio di sfidare e portare da bere e mangiare ad Odino; pertanto Odino gli parla e narra delle dimore degli dèi, accenna al destino del mondo e così via, e finisce per farlo re, “uccidendo” Gheirudo. La complessità di comprensione varia per ogni stanza, ci sono stanze molto semplici da comprendere in quanto dirette così come ci sono stanze complesse il cui significato è ancora oggi in dibattito. Detto ciò, vi auguro una buona lettura, e ricordo che ogni copia inautorizzata, a diverso nome, specie se a fin di lucro, sarà perseguita penalmente per i diritti d’autore. Vale, naturalmente, solo per la traduzione. Bjǫrn Heinríkr Vargsson Mediolanum, XXXI dicembre MMXII Hrauðungr konungr átti tvá sono; hét annarr Agnarr, en annarr Geirrøðr. Agnarr var X vetra, en Geirrøðr VIII vetra. Þeir rero tveir á báti með dorgar sínar at smáfiski. Vindr rak þá í haf út. Í náttmyrkri bruto þeir við land ok gengo upp, fundo kotbónda einn. Þar vóro þeir um vetrinn. Kerling fóstraði Agnar, en karl Geirrøð. At vári fekk karl þeim skip. En er þau kerling leiddo þá til strandar, þá mælti karl einmæli við Geirrøð. Þeir fengo byr ok kvómo til stǫðva fǫðurs síns. Geirrøðr var fram í skipi; hann hljóp upp á land, en hratt út skipino ok mælti: “Farðu þar er smyl hafi þik!”. Skipit rak út, en Geirrøðr gekk upp til bæjar. Hánum var vel fagnat; þá var faðir hans andaðr. Var þá Geirrøðr til konungs tekinn ok varð maðr ágætr. Óðinn ok Frigg sáto í Hliðskjálfo ok sá um heim alla. Óðinn mælti: “Sér þu Agnar fóstra þinn, hvar hann elr bǫrn við gýgi í hellinum? En Geirrøðr fóstri minn er konungr ok sitr nú at landi”. Frigg segir: “Hann er matníðingr sá, at hann kvelr gesti sína ef hánum þikkja of margir koma”. Óðinn segir at þat er in mesta lygi. Þau veðja um þetta mál. Frigg sendi eskismey sína, Fullo, til Geirrøðar. Hón bað konung varaz at eigi fyrirgerði hánum fjǫllkunnigr maðr, sá er þar var kominn í land, ok sagði þat mark á, at engi hundr var svá ólmr at á hann myndi hlaupa. En þat var inn mesti hégómi at Geirrøðr væri eigi matgóðr. Ok þó lætr hann handtaka þann mann er eigi vildo hundar á ráða. Sá var í feldi blám ok nefndiz Grímnir, ok sagði ekki fleira frá sér, þótt hann væri at spurðr. Konungr lét hann pína til sagna ok setja milli elda tveggja, ok sat hann þar VIII nætr. Geirrøðr konungr átti son X vetra gamlan, ok hét Agnarr eptir bróður hans. Agnarr gekk at Grímni ok gaf hánum horn fult at drekka, sagði at konungr gørði illa er hann lét pína hann saklausan. Grímnir drakk af. Þá var eldrinn svá kominn at feldrdinn brann af Grímni. Re Raudungo aveva due figli; uno si chiamava Agnaro, l’altro Gheirudo. Agnaro aveva dieci inverni, e Gheirudo otto. I due erano su una barca con le canne per i pesci piccoli. Il vento li trascinò al largo. Giunsero a riva nell’oscurità della notte, scesero e trovarono una fattoria. Ivi trascorsero l’intero inverno. La padrona della fattoria si prese cura di Agnaro e il padrone di Gheirudo. Giunta la primavera, il padrone gli procurò una barca. Mentre la padrona li conduceva alla riva, il padrone si fermò a discorrere con Gheirudo. I due ebbero il vento favorevole e giunsero facilmente la loro casa. Gheirudo era sulla prua; egli balzò giù sulla terra, e spinse via la barca gridandole contro: “Possa tu arrivare agli spiriti maligni!”. La barca fu trascinata a largo, mentre Gheirudo saliva il sentiero di casa. A casa fu accolto con onori, poiché suo padre era morto. Gheirudo fu nominato re, e acquisì molta fama tra gli uomini. Odino e Frigga erano in Lidoschialvo, e da lì osservavano il mondo. Odino disse: “Guarda Agnaro, il tuo figlioccio, che procrea mostri con una gigantessa in una caverna. Invece il mio figlioccio Gheirudo è un re ed ha fama”. Frigga disse: “Egli è così avaro che al banchetto tratta male gli ospiti, quando ce ne sono troppi”. Odino disse che non era vero, e i due fecero una scommessa sul chi avesse ragione. Frigga inviò da Gheirudo la sua servitrice Fulla. Ella invitò il re al guardarsi da un uomo esperto di magia che sarebbe giunto nelle sue terre. Ed aggiunse che poteva riconoscerlo facilmente, perché nessun cane, per quanto aggressivo, gli avrebbe ringhiato contro. Il difetto più grande di Gheirudo era di non essere per niente ospitale. Pertanto fece imprigionare l’uomo verso il quale i cani più aggressivi non ringhiarono. Costui indossava un mantello azzurro, e disse di chiamarsi Grimni ma non altro, nonostante fosse duramente interrogato. Il re lo fece torturare per farlo parlare, facendolo incatenare tra due fuoco, e lì egli rimase per otto notti. Re Gheirudo aveva un figlio di dieci inverni, che si chiamava Agnaro, come suo fratello. Agnaro andò da Grimni e gli porse un corno d’acqua da bere. Disse che il re errava a torturare un innocente. Grimni bevve. Ma le fiamme si erano avvicinate così tanto che il mantello di Grimni iniziò a bruciare. Hann kvað: Heitr ertu, hripuðr, ok heldr til mikill; gǫngumk firr, funi! Loði sviðnar, þótt ek á lopt berak, brennumk feldr fyrir. Egli disse: Sei caldo, tu che mi metti fretta, e troppo grande; vade retro, fuoco! La stoffa brucia, nonostante io la scosti, il mio mantello prende fuoco. Átta nætr sat ek milli elda hér, svá at mér mangi mat ne bauð, nema einn, Ágnarr, er einn skal ráða, Geirrøðar sonr, gotna lande. Ho trascorso otto notti tra i fuochi, e nessuno mi ha portato dei viveri, tranne uno, Agnaro, l’unico erede, figlio di Gheirudo, delle terre dei Goti. Heill skaltu, Agnarr, allz þik heilan biðr Veratýr vera; eins drykkjar þú skalt aldregi betri gjǫld geta. Salute a te, Agnaro, poiché Odino vuole la tua salute; per una sola bevuta mai avrai una ricompensa migliore. Land er heilagt er ek liggja sé ásum ok álfum nær; en í Þrúðheimi skal Þórr vera, unz um rjúfaz regin. È sacra la terra che vedo estendersi vicino agli dèi e agli elfi; in Trudeimo ci sarà Tore, finché gli dèi non soccomberanno. Ýdalir heita, þar er Ullr hefir sér um gǫrva sali. Álfheim Frey gáfo i árdaga tívar at tannfé. Si chiama Iudaliro, ove Ullo si è costruito una dimora. A Frei donarono Alvheimo in principio gli dèi per il suo primo dente. Bær er sá inn þriði, er blið regin silfri þǫkðo sali; Valaskjálfr heitir, er vélti ser áss i árdaga. V’è una terza dimora, che gli dèi ricoprirono d’argento; si chiama Valaschialfo, quel che il primo Ase costruì per sé in principio. Søkkvabekr heitir enn fjórði, en þar svalar knego unnir yfir glymja; þar þau Óðinn ok Sága drekka um alla daga glǫð or gullnum kerum. La quarta si chiama Secquabeca, laddove le gelide onde s’infrangono; ivi Odino e Saga bevono tutti i giorni felici dalle coppe d’oro. Glaðsheimr heitir enn fimti, þars en gullbjarta Valhǫll við of þrumir; en þar Hroptr kýss hverjan dag vápndauða vera. La quinta si chiama Gladeimo, nella quale si trova la dorata Valhalla, là Odino ogni giorno sceglie i caduti in battaglia. Mjǫk er auðkent þeim er til Óðins koma salkynni at sjá: skǫptum er rann rept, skjǫldum er salr þakiðr, brynjum un bekki strát. Riconoscono subito l’aspetto della sala quelli che vengono da Odino: il tetto è sorretto da lance, i muri son adorni di scudi, le panche son fatte con le corazze. Mjǫk er auðkent þeim er til Óðins koma salkynni at sjá: vargr hangir fyr vestan dyrr ok drúpir ǫrn yfir. Riconoscono subito l’aspetto della sala quelli che vengono da Odino: un lupo penzola sull’ingresso occidentale e sopra di lui vigila un’aquila. Þrymheimr heitir enn sétti, er Þjazi bjó, sá inn ámátki jǫtunn; en nú Skaði byggvir, skír brúðr goða, fornar tóptir fǫður. La sesta si chiama Trumeimo, ove risiede Tiazi, l’odiabile gigante; oggidì Scada vive, antica sposa del dio, nella dimora del padre. Breiðablik ero in sjundo, en þar Baldr hefir sér um gerva sali, á því landi er ek liggja veit fæsta feiknstafi. Breidablica è la settima, laddove Baldero s’è costruito una corte, in quella terra io so che si trovano pochissime parole malvagie. Himinbjǫrg ero en átto, en þar Heimdall kveða valda véum; þar vǫrðr goða drekkr í væro ranni glaðr inn góða mjǫð. Iminmonte è l’ottavo, laddove dicono che Heimdallo governi i templi; ivi il guardiano degli dèi beve nella dimora felice l’idromele divino. Fólkvangr er inn níundi, en þar Freyja ræðr sessa kostum i sal; halfan val hon kýss hverjan dag, en hálfan Óðinn á. Folcvanga è la nona, laddove Freia dispone posti per il banchetto; ella sceglie ogni giorno la metà dei caduti, l’altra metà è di Odino. Glitnir er inn tíundi, hann er gulli studdr ok silfri þakðr it sama; en þar Forseti byggir flestan dag ok svæfer allar sakir. Glitni è la decima, con colonne d’oro e ricoperta d’argento; laddove Forseti risiede la maggior parte del giorno e placa ogni lite. Nóatún ero en ellipto, en þar Njǫrðr hefir sér um gǫrva sali, manna þengill enn meins vani hátimbroðonm hǫrgi ræðr. Nuatuna è l’undicesima, laddove Niordo s’è costruito una corte, il giusto Vane regna sugli uomini dai suoi imponenti templi. Hrísi vex ok há grasi Víðars land viði; en þar mǫgr of læzk af mars baki frækn at hefna fǫður. Crescono erba e cespugli nelle terre di Vidaro; laddove crescerà il giovane cavaliere che vendicherà il padre. Andhrímnir lætri í Eldhrímne Sæhrímne soðinn, fleska bezt; en þat fáir vito við hvat einherjar alaz. Andrimni fa in Eldrimni Serimni cucinare, buona carne; lo sanno in pochi di cosa gli einherjar si nutrano. Gera ok Freka seðr gunntamiðr hróðigr Herjafǫðr; en við vín eitt vápngǫfugr Óðinn æ lifir. Ghera e Freca vengono nutriti dal glorioso Padre degli Eserciti; ma solo di buon vino invecchiato si nutre Odino. Huginn ok Muninn fljúga hverjan dag jǫrmungrund yfir; óumk ek of Hugin at hann aptr ne komit, þó sjámk meirr um Munin. Hughino e Munino volano fieri ogni giorno intorno al mondo; io temo che Hughino non faccia ritorno, ma ancora di più temo per Munino. Þýtr þund, unir þjóðvitnis fiskr flóði í; árstraumr þikkir ofmikill valglaui at vaða. Il Tundo scroscia, i pesci di Fenri nuotano tra le onde; la corrente è rischiosa al guado della Valhalla. Valgrind heitir, er stendr velli á heilǫg fyr helgum durum; forn er sú grind, en þat fáir vito, hvé hón er i lás lokin. Si chiama Valgrindo, quello che è posto dinanzi alle sacre porte; quel cancello è antico, e in pochi lo sanno, come si faccia ad aprirlo. Fimm hundruð gólfa ok um fjórum tøgum, svá hýgg ek Bilskirnni með bugum; ranna þeira er ek rept vita míns veit ek mest magar. Cinquecento stanze e altre quaranta, credo ci siano tra gli archi di Bilschirni; di tutti gli edifici che so che hanno un tetto io so che è il più grande. Fimm húndruð dura ok um fjórum tøgum, svá hygg ek at Vallhǫllo vera; átta hundruð einherja ganga senn ór einum durum, þá er þeir fara at vitni at vega. Cinquecento porte e altre quaranta, credo ci siano nella Valhalla; ottocento einherjar usciranno da ogni porta, quando andranno a combattere contro il lupo. Heiðrún heitir geit, er stendr hǫllo á Herjafǫðrs ok bítr af Læraðs limum; skapker fylla hón skal ins skíra mjaðar, knáat sú veig vanaz. Si chiama Heidruna la capra, che sta nelle stanze di Odino e mangia le foglie dell’albero Lerato; ella riempierà il calderone col suo chiaro idromele, un liquore che non può mancare. Eikþyrnir heitir hjǫrtr, er stendr á hǫllo Herjafǫðrs ok bítr af Læraðs limum; en af hans hornum drýpr í Hvergelmi, þaðan eigo vǫtn ǫll vega. Si chiama Eicturni il cervo, che sta nelle stanze di Odino e mangia le foglie dell’albero Lerato; dalle sue corna cadono gocce in Verghelma, (la foce) dalla quale genera ogni fiume. Síð ok Víð, Sækin ok Ækin, Svǫl ok Gunnþró, Fjǫrm ok Fimbulþul, Rín ok Rennandi, Gipul ok Gǫpul, Gǫmul ok Geirvimul, þær hverfa um hodd goða, Þyn ok Vin, Þǫll ok Hǫll, Gráð ok Gunnþorin. Sido e Vido, Sechino ed Echino, Svolo e Guntro, Fiormo e Fimbultulo, Rino e Renandi, Ghipulo e Gopulo, Gomulo e Gheirvimulo, essi scorrono dinanzi le dimore divine, Tino e Vino, Tollo ed Aullo, Grato e Guntorino. Vína heitir enn, ǫnnor Vegsvinn, þriðja Þjóðnuma, Nyt ok Nǫt, Nǫnn ok Hrǫnn, Slíð ok Hrið, Sylgr ok Ylgr, Víð ok Ván, Vǫnd ok Strǫnd, Gjǫll ok Leiptr, þær falla gumnum nær, en falla til heilar heðan. Uno si chiama Vina, un altro Vegsvino, un terzo Tiodnuma, Nuto e Noto, Nono e Rono, Slido e Rido, Sulgo e Ulgo, Vido e Vano, Vondo e Strondo, Ghiollo e Leipe, questi scorrono vicino agli uomini, per poi finire giù negli inferi. Kǫrmt ok Ǫrmt ok Kerlaugar tvær, þær skal Þórr vaða hverjan dag er hann dæma ferr at aski Yggdrasils, þvíat Ásbrú brenn ǫll loga, heilǫg vǫtn hlóa. Cormo e Ormo e i due Cherlaughi, essi Tore ogni giorno guarda quando si reca a meditare presso l’albero Iugdrasilo, altrimenti il Ponte degli Dèi brucerebbe tutto, tutte le sacre acque bollirebbero. Glaðr ok Gyllir, Gler ok Skeiðbrimir, Silfrintoppr ok Sinir, Gísl ok Falhófnir, Gulltoppr ok Léttfeti, þeim ríða æsir jóm dag hvernn, er þeir dæma fara at aski Yggdrasils. Glado e Gulliro, Glero e Scheitbrimi, Silvrintopo e Siniro, Ghislo e Falovni, Gulltopo e Lettfeti, questi destrieri gli Asi cavalcano ogni giorno quando si recano a meditare presso l’albero Iugdrasilo. Þrjár rætr standa á þrjá vega undan aski Yggdrasils; Hel býr undir einni, annarri hrímþursar, þriðjo mennzkir menn. Tre radici partono per tre direzioni sotto l’albero Iugdrasilo; sotto una vive Hela, sotto una i giganti di ghiaccio, sotto una terza vivono gli uomini. Ratatoskr heitir íkorni, er renna skal at aski Yggrdrasils; arnar orð hann skal ofan bera ok segja Níðhǫggvi niðr. Si chiama Ratatosco lo scoiattolo che correrà sull’albero Iugdrasilo; udirà le parole dell’aquila dall’alto e le riferirà a Nidogo in basso. Hirtir ero ok fjórir, þeirs af hæfingar á gaghálsir gnaga: Dáinn ok Dvalinn, Dúneyrr ok Duraþrór. Inoltre ci sono quattro cervi, che tendendo il collo brucano le foglie più basse: Daino e Dualino, Duneira e Duratrora. Ormar fleiri liggja under aski Yggdrasils, en þat uf hyggi hverr ósviðra apa: Góinn ok Móinn, þeir ero Grafvitnis synir, Grábakr ok Grafvǫlluðr, Ofnir ok Svafnir, hygg ek, at æ skyli meiðs kvisto má. Molti serpenti vivono sotto l’albero Iugdrasilo, molti più di quanto credano gli sciocchi: Goino e Moino, figli di Gravitni, Grabaco e Gravo luto, Ovni e Svavni dovranno sempre, credo, mordere la corteccia dell’albero. Askr Yggdrasils drýgir erfiði meira enn menn viti: hjǫrtr bitr ofan, en á hliðo fúnar, skerðer Níðhǫggr neðan. L’albero Iugdrasilo sopporta dolore più di quanto gli uomini credano: il cervo lo bruca, da una parte marcisce, e Nidogo lo morde da sotto. Hrist ok Mist vil ek at mér horn beri, Skeggjǫld ok Skǫgul, Hildi ok Þrúði, Hlǫkk ok Herfjǫtur, Gǫll ok Geirǫlul, Randgríð ok Ráðgríð ok Reginleif; þær bera einherjum ǫl. Voglio che Rista e Mista mi portino il corno, Scheggiolda e Scogula, Hilde e Truda, Loca ed Herfiota, Golla e Gherolula, Randgrida e Ratgrida e Reghinleva; queste servono da bere agli einherjar. Árvakr ok Alsviðr, þeir skolo upp heðan svangir sól draga; en und þeira bógóm fálo blíð regin æsir, ísarnkol. Arvaco ed Alsvido, loro faticosamente trainano il Sole; ma gli dèi Asi misero vicino al loro petto una sacca d’aria (isarncola). Svalinn heitir, hann stendr sólo fyrir, skjǫldr, skínanda goði; bjǫrg ok brim ek veit at brenna skolo ef hann fellr í frá. Si chiama Svalino, ciò che è davanti al Sole, uno scudo, dinanzi la divinità accecante; so che monti e mari brucerebbero se esso da lì cadrebbe. Skǫll heitir úlfr, er fylgir eno skirleita goði til varna viðar; en annarr Hati, hann er Hróðvitnis sonr, sá skal fyr heiða brúði himins. Si chiama Scollo il lupo, che segue la dea splendente, nascosto trai boschi; ma un altro, Hati, che è figlio di Fenri, precede la chiara sposa del cielo. Ór Ymis holdi var jǫrð um skǫpuð, en ór sveita sær, bjǫrg ór beinum, haðmr ór hári, en ór hausi himinn. La terra fu creata dalla carne di Umiro, il mare dal sangue, le montagne dalle ossa, gli alberi dai capelli, il cielo dal teschio. En ór hans brám gerðo blið regin Miðgarð manna sonum; en ór hans heila vóro þau in harðmóðgo ský ǫllum skǫpuð. Dalle sue sopracciglia i santi dèi fecero la Terra di Mezzo per gli uomini; dal suo cervello vennero create tutte le nuvole tempestose. Ullar hylli hefr ok allra goða hverr er tekr fyrstr á funa; þvíat opnir heimar verða um ása sonum, þá er hefja af hvera. Ha la simpatia di Ullo e di tutti gli dèi chi tocca il fuoco per primo; poiché diventano visibili le case degli elfi, una volta che i calderoni sono spenti (?). Ívalda synir gengo í árdaga skíðblaðni at skapa, skipa bezt, skírum Frey, nýtum Njarðar bur. I figli di Ivaldi in principio costruirono Schiblada, la nave migliore, per il lucente Frei, il benedetto figlio di Niordo. Askr Yggdrasils, hann er æztr viða, en Skíðblaðnir skipa, Óðinn ása, en jóa Sleipnir, Bilrǫst brúa, en Bragi skálda, Hábrók hauka, en hunda Garmr. L’albero Iugdrasilo, egli è il migliore tra gli alberi, Schiblada tra le navi, Odino tra gli dèi, Sleipni tra i cavalli, Bifrosto tra i ponti, Braghi tra gli scaldi, Haubruco tra i falchi, Garmo tra i cani. Svipum hefi ek nú ypt fyr sigtíva sonum, við þat skal vilbjǫrg vaka; ǫllum ásum, þat skal inn koma Ægis bekki á, Ægis drekko at. Ho alzato la testa dinanzi ai figli degli dèi vincitori, questo gesto darà loro speranza; per tutti gli Asi invece, questo succederà sulla panca di Eghiri, nella dimora di Eghiri. Hétomk Grímr, hétomk Gangleri, Herjan ok Hjálmberi, Þekkr ok Þriði, Þuðr ok Uðr, Helblindi ok Hár; Mi chiamo Grimo, mi chiamo Gangleri, Herian e Hiamberi, Tecco e Tridi, Tudo e Udo, Helblindi e Haro (Eccelso); Saðr ok Svipall ok Sanngetall, Herteitr ok Hnikarr, Bileygr, Báleygr, Bǫlverkr, Fjǫlnir, Grímr ok Grímnir, Glapsviðr ok Fjǫlsviðr; Sato e Svipalo e Sanghetalo, Herteito e Nicaro, Bileigo, Baleigo, Bolverco, Fiolniro, Grimo e Grimni, Glapsvito e Fiolsvito; Síðhǫttr, Síðskeggr, Sigfǫðr, Hnikuðr, Alfǫðr, Valfǫðr, Atríðr ok Farmatýr; eino nafni hétomk aldregi, síz ek með fólkum fór. Sidotto, Sidschego, Padre della Vittoria, Nicudo, Padre di Tutti, Padre dei Caduti, Atrido e Farmaturo; solo con un nome non mi chiamo mai, quando viaggio tra i popoli. Grímne mik héto at Geirrøðar, en Jálk at Ásmundar, enn þá Kjalar, er ek kjálka dró; Þrór þingum at, Viðurr at vígum, Óski ok Ómi, Jafnhár ok Biflindi, Gǫndlir ok Hárbarðr með goðum; Mi chiamo Grimni da Gheirudo, ma Ialco da Asmundo, e Chialaro, poiché trainai una slitta; Troro nelle riunioni, Viduro nelle battaglie, Oschi e Omi, Iavaro e Biflindi, Gondli e Harbardo tra gli dèi; Sviðurr ok Sviðrir er ek hét at Søkkmímis, ok dulða ek þann inn alda jǫtun, þá er ek Miðviðnis vark ins mæra burar orðinn einbani. Sviduro e Svidri sono chiamato da Succmimi, quell’antico gigante ingannai, quando di Midvidni divenni l’uccisore del figlio. Ǫlr ertu, Geirrøðr! Hefr þú ofdrukkit; miklo ertu hnugginn, er þú ert míno gengi, ǫllum einherjum ok Óðins hylli. Sei ubriaco, Gheirudo! Hai bevuto troppo; hai perso una cosa importante, hai perso il mio aiuto, di tutti gli einharjar e di Odino. Fjǫlð ek þér sagða, en þú fátt um mant; of þik véla vinir; mæki liggja ek sé míns vinar alklan í dreyra drifinn. Ti ho parlato molto, e tu ricordi poco; gli amici ti ingannano; vedo la spada del mio amico giacere a terra sporca di sangue. Eggmóðan val nú mun Yggr hafa; þitt veit ek líf um liðit; úfar ro dísir, nú knáttu Óðin sjá, nálgaztu mik ef þú megir! Un morto di spada avrà ora Odino; so che il tuo tempo è giunto; le dise ti sono avverse, ora puoi vedere Odino, vieni da me se ne hai la forza! Óðinn ek nú heiti, Yggr ek áðan hét, hétomk Þundr fyrir þat, Vakr ok Skilfingr, Váfuðr ok Hroptatýr, Gautr ok Jálkr með goðum, Ofnir ok Svafnir, er ek hygg at orðnir sé allir af einum mér. Mi chiamo Odino, un tempo Iuggo, ancor prima mi chiamavo Tundo, Vaco e Schilfino, Vafuto e Roptaturo, Gauto e Ialco tra gli dèi; Ovni e Svavni, il cui pensiero viene soltanto da me. Geirrøðr konungr sat ok hafði sverð um kné sér, ok brugðit til miðs. En er hann heyrði at Óðinn var þar kominn, stóð hann upp ok vildi taka Óðin frá eldinum. Sverðit slapp ór hendi hánum, visso hjǫltin niðr. Konungr drap fæti ok steyptiz áfram, en sverðit stóð í gǫgnum hann, ok fekk hann bana. Óðinn hvarf þá. En Agnarr var þar konungr lengi síðan. Re Gheirrudo era seduto con la spada sulle ginocchia, per metà sguainata. Quando udì che l’ospite era Odino, si alzo con l’intenzione di togliere Odino dai due fuochi. La spada gli cadde dalla mano, con l’elsa verso il basso. Il re inciampò e cadde in avanti, la spada lo trafisse ed egli morì. Allora Odino scomparve. E così Agnaro divenne re per molto tempo.