PANORAMA PER I GIOVANI

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PANORAMA PER I GIOVANI
N. 4 - Anno 2015
COLLEGIO UNIVERSITARIO “LAMARO POZZANI” - FEDERAZIONE NAZIONALE DEI CAVALIERI DEL LAVORO
PANORAMA
PER I GIOVANI
15 | 2016
01-08-16
PANORAMA PER I GIOVANI
EDIZIONE
D I G I TA L E
Federazione Nazionale dei Cavalieri del Lavoro
Direttore responsabile
Mario Sarcinelli
Direttore editoriale
Stefano Semplici
Grafica
David D’Hallewin
Direzione
Collegio Universitario “Lamaro Pozzani”
Via Giuseppe Saredo N. 84 - 00173 Roma,
tel. 06 72.971.322 - fax 06 72.971.326
Internet: www.collegiocavalieri.it
E-mail: [email protected]
Autorizzazione edizione on-line
panoramaperigiovani.it
Tribunale di Roma n. 361 del 13/10/2008
ECONOMIA
CULTURA
FORMAZIONE
POLIS
SCIENZE
ECONOMIA
N.
N. 15
4 - Anno 2016
2015
CULTURA
N.
N. 15
4 - Anno 2016
2015
Lo stress (test) è passato
L’opera di Alphonse Mucha: tra art nouveau e utopia
I risultati dello stress test di fine luglio non destano eccessive preoccupazioni; gli istituti bancari del nostro
Paese saprebbero resistere ad un’eventuale nuova crisi finanziaria
Al complesso del Vittoriano la retrospettiva su uno dei maggiori esponenti del Liberty inaugura una nuova
stagione espositiva
di Nicola Galvani
di Angelica Rossetto
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Il 29 luglio, alle 22, dopo una lunga attesa, vengono resi noti
i risultati dello stress test del 2016.
Si tratta di uno studio riguardante 51 banche dell’Unione Europea, che coprono il 70% degli attivi bancari totali nell’UE.
L’obiettivo dello studio, guidato dall’Autorità bancaria europea (EBA), è quello di analizzare come la posizione di capitale di alcune banche si sviluppi, sulla base dei dati di fine
2015, per un periodo di tre anni, fino al 2018, sia in condizioni di normalità, sia in uno scenario negativo.
La Commissione europea prevede lo scenario economico
di base, mentre il Comitato europeo per il rischio sistemico
(CERS) fornisce quello avverso. Quest’ultimo è dato da una
caduta del PIL pari a circa il 6%, da un deprezzamento del
valore degli immobili e da un significativo peggioramento del
rating sui titoli di Stato.
Per analizzare i risultati resi pubblici, il parametro più rilevante sul quale soffermare l’attenzione è il Cet1, indice di
solidità di una banca o di un istituto di credito. Esso si ottiene
mettendo in rapporto il capitale a disposizione e le attività
ponderate per il rischio; di conseguenza, più è alto, più la
banca è solida.
Per quanto concerne le banche nazionali, Unicredit e Banco
Popolare, con un Cet1, in caso di crisi finanziaria, inferiore alla media europea solo di pochi decimi (rispettivamente
8,85 e 9%), sembrano aver superato il test. Ancora migliore
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è la situazione di Intesa Sanpaolo con un Cet 1 del 10,21%
nel 2018. L’istituto che invece non brilla, come era forse facile immaginare, è Montepaschi, che, in caso di crisi, perderebbe addirittura 14 punti percentuali. La banca toscana
sta attraversando una fase molto delicata, dal momento che
è alle prese con la cessione di circa dieci miliardi di crediti
di sofferenza e con il tentativo di realizzare un importante
aumento di capitale.
Per quanto riguarda le altre principali banche europee, Bnp
Paribas (8,51%), l’inglese Barclays (7,3%) e la spagnola
Santander (8,2%) ottengono risultati discreti; anche la tedesca Deutsche Bank, con il suo 7,8%, non sfigura, ma, sia
per la massiccia esposizione sui derivati, sia per i costosi
contenziosi in corso, risulta l’istituto che più è peggiorato rispetto allo scorso anno.
Le banche di Grecia e Portogallo non sono prese in considerazione, a causa dell’ancora eccessiva fragilità del sistema bancario nazionale.
È necessario precisare che non ci sono istituti “promossi”
o istituti “bocciati”, dal momento che i risultati di questo test
rappresentano soltanto uno dei criteri per valutare la solidità delle banche esaminate. Ad ogni modo, si tratta di dati
preziosi che la Banca Centrale Europea potrà utilizzare per
imporre correzioni di rotta o, al contrario, per alleggerire i
vincoli per la distribuzione dei dividendi agli azionisti.
PANORAMA PER I GIOVANI
Ancora una volta, anche se a distanza di tempo, le eleganti
litografie a colori e le sensuali figure di donne del maestro
campeggiano sui manifesti pubblicitari della mostra che dal
15 aprile è ospitata nell’Ala Brasini del Complesso del Vittoriano. Protagoniste dell’intero percorso creativo, curato da
Tomoko Sato, oltre 200 opere tra dipinti, manifesti, disegni,
opere decorative, gioielli e arredi in grado di delineare i tratti
più significativi ed inediti dello scultore, pittore e filosofo Alphonse Mucha.
Presentata per la prima volta a Roma, città che visitò con
la moglie Maruska Chytilova negli anni ’20, tale produzione mette in evidenza la versatilità dell’artista ceco, la sua
capacità di adattare l’arte a qualsiasi esperienza comunicativa: insomma una creatività sapiente, mirata e in linea
con i tempi. Arte così concepita come universale, non fine
a stessa, capace di ispirare e dialogare con il pubblico trattando temi importanti che portassero al progresso della società e, più in generale, dell’umanità. “Che cosa significa art
nouveau? ...L’arte non può mai essere nuova”. Secondo Jiri
Mucha, figlio e biografo dell’artista, era in questi termini che
il padre rispondeva a tale domanda, intendendo esprimere
l’estraneità dell’arte alle mode passeggere e difendendo la
sua eterna natura. Questo aspetto spesso non coincide con
l’immagine che si è costruita nel tempo attorno alla figura
di Mucha, ricordato per essere uno dei maggiori esponenti
del movimento Liberty e perfettamente inserito nella Parigi
della Belle Epoque, delle esposizioni universali, del teatro
la cui stella era Sarah Bernhardt e dei salotti in cui si consumava assenzio e si ascoltava la Carmen di Bizet.
L’excursus della mostra è stata organizzato seguendo quattro principali filoni: gli inizi nei quali si riscopre un Mucha
accademico, capace di prendere ispirazione dalle diverse
correnti artistiche contemporanee e passate; la seconda
parte, dedicata invece all’arte pubblicitaria che rivelò l’artista al panorama internazionale attraverso opere grafiche
di interessante impostazione; l’approdo ad un’arte mistica,
internazionale e confrontata con la fotografia e, a concludere in bellezza, il grande sogno del maestro, l’Epopea sla-
va. “L’obiettivo del mio lavoro non è mai stato distruggere,
ma costruire, collegare. Dobbiamo sperare che l’umanità si
stringa a sé, perché sarà tutto più semplice quando saremo
in grado di capirci”, sosteneva Mucha. Il lavoro era diventato per il pittore uno strumento per la diffusione di idee filosofiche, in particolare quelle utili a preservare la pace per le
generazioni future e la fratellanza universale tra gli uomini.
Dai grandi manifesti pubblicitari, alle scatole per i biscotti, ai
preziosi gioielli, ai ritratti fino ai grandi cicli narrativi ciò che
emerge è il lato umano dell’artista impegnato a trovare una
sua cifra identificativa in uno scenario storico caratterizzato da guerre, dittature e rivoluzioni. A chiudere la mostra è
l’ultimo progetto di Mucha: il trittico L’età della ragione, L’età
della giovinezza, L’età dell’amore, concepito come un monumento all’umanità intera oltre che espressione naturale
del suo accentuato spiritualismo. Iniziato nel 1936 il progetto non fu portato a compimento, ma gli studi sono ancora
oggi in grado di trasmettere un messaggio profondo contro
la violenza, la morte e la distruzione che l’occupazione da
parte della Germania della Cecoslovacchia e la Seconda
Guerra Mondiale hanno comportato.
Ripercorrendo con lo sguardo le opere esposte si ha, dunque, una visione completa dell’Europa a cavallo tra ‘800
e ‘900, periodo nel quale emerge un problema importante
sotto il profilo artistico : lo stile. Di difficile coniugazione erano una società proiettata al progresso e all’avvento della
macchina e la preservazione dell’artigianato, di un prodotto
di qualità, insomma del pezzo unico curato in ogni dettaglio.
Mucha trovò una formula di rappresentazione che cogliesse originalmente le richieste, ma che allo stesso tempo non
si limitasse al decennio, al ventennio visto che solo così
un’opera può comunicare qualcosa. Tutte le arti, se vere,
hanno il compito di lasciare un segno per chi è stato e per
chi verrà, hanno il compito di identificare la mano che le
ha create e perpetuarne il ricordo nel bene o nel male. In
conclusione l’inconfondibile “stile Mucha” è ciò che Foscolo
avrebbe definito “armonia”, poiché solo essa è in grado di
vincere di mille secoli il silenzio.
PANORAMA PER I GIOVANI
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FORMAZIONE
N. N.
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Anno2016
2015
SCIENZA
E adesso che cosa faccio?
Aerei ecosostenibili
Le ansie e le domande del post-maturità
Si può volare senza inquinare?
di Sara Bladelli
di Federico Deprati
È nel pieno dell’estate che ogni giovane italiano diplomato è chiamato a fare progetti sul proprio futuro. È
sotto i raggi cocenti del sole, al mare o in montagna,
a casa o in viaggio, che ciascuno dedica buona parte
del proprio tempo libero a pensare, raccogliere informazioni, pensare, scegliere, pensare e poi agire. Dopo le
fatiche e le ansie per l’esame di Stato, che segna la fine
di un lungo ciclo formativo che si incomincia da bambini
e si conclude da adolescenti, nessuno immagina che
i dubbi e le paure più tormentosi non abbiano in realtà ancora trovato sfogo. Nessuno studente crede che
si ripeteranno nell’animo e nella mente sensazioni già
provate in occasione dell’esame di maturità, soprattutto
se la prospettiva è unicamente quella di divertirsi con gli
amici e mettere in pratica il “dolce far niente” per un po’
di settimane di fila, senza toccare libro.
Ma c’è un pensiero fisso.
E adesso che cosa faccio? Possiamo confonderlo con
altri, relegarlo in secondo piano o rimandarlo semplicemente. Ma adesso che cosa faccio? Ci sono molti ragazzi con le idee già chiare in testa, che fin da piccoli
hanno sognato una determinata professione e che sono
disposti ad affrontare qualsiasi sfida per realizzare quel
sogno e diventare chi desiderano. Una buona altra parte di giovani invece è senza obiettivi a lungo termine; è
fra questi che quei dubbi e quelle paure si manifestano,
talvolta turbando anche in modo rilevante la serenità e
la rilassatezza tipica dei momenti estivi.
Davanti a sé le strade che si possono intraprendere
sono tante e varie, sostanzialmente riassumibili nell’alternativa fra continuare gli studi ed entrare nel mondo
del lavoro, evitando in ogni caso di diventare un giovane Neet, cioè una delle sempre più numerose persone
che risultano not (engaged) in Education, Employment
or Training. Ogni possibilità racchiude pregi e difetti, che
vanno esaminati in relazione a molti fattori: la situazione familiare da cui si proviene, le proprie aspettative ed
il contesto entro cui vanno necessariamente calate per
misurarne la fattibilità effettiva, le opportunità e le age-
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volazioni che alcune soluzioni possono offrire più convenientemente rispetto ad altre. Ma lo zoccolo duro è
sempre lo stesso per tutti. È la scelta giusta? È quello
che voglio?
Nel meditare questi pensieri, le valutazioni e le percezioni che si susseguono sono inevitabilmente condizionate dalla massa di informazioni che, in un’affannosa
ricerca o per sentito dire da parenti, amici, conoscenti, ci
raggiungono, stimolando connessioni di idee, elaborazione di progetti e calendarizzazioni di numerosi impegni e test da sostenere, per potersi guadagnare quella
chance in più. Tanta operosità finalizzata a realizzare
un panorama di scelte più o meno al completo, risultato
della conciliazione fra le proprie capacità, la propria preparazione scolastica e i propri interessi ed inclinazioni,
con un’immancabile dose di scommessa.
Riuscire a decifrare se stessi è il punto da cui prendere le mosse per effettuare qualsiasi valutazione. Partire
dalla conoscenza di come si è, di quello che si vuole,
trasfondendo in concreto le proprie aspirazioni, è preliminare al sondare tutto ciò che ci sta intorno e che
ci viene proposto per il nostro futuro. Solo con questa
salda e piena consapevolezza si ha la fondamentale
lucidità mentale per mettere a confronto e soppesare
con scrupolo e attenzione ogni alternativa, e poi compiere la scelta giusta, senza farsi prendere dal panico o
ristagnare lungamente in insicurezze dannose. Ad aumentare quest’ultime, tra l’altro, le notizie negative che
sentiamo di ora in ora rimbalzare da un social media
all’altro, che gettano un’ombra cupa sul futuro.
E adesso che cosa faccio? Vietato entrare nel panico.
Piuttosto, prendere di polso la situazione, imparare a
scoprirsi e a scoprire che cosa vogliamo dal nostro futuro, e solo dopo tuffarsi nel mare di informazioni, di carte
e di pratiche che servono per permettergli di diventare
presente.
Infine, un bel tuffo nel mare, ma quello dalle acque blu
cristalline, con quella sensazione impagabile di libertà e
leggerezza nel corpo e nella mente.
PANORAMA PER I GIOVANI
N. N.
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Anno2016
2015
Volare è oggi sinonimo di velocità e sicurezza nello spostamento e si presenta spesso come unica opzione ai lunghi
viaggi. Sfortunatamente, a questa comoda soluzione si associa anche un elevato impatto ambientale.
Il trasporto aereo rappresenta il 13% del consumo globale
dei carburanti fossili e provoca un aumento dei tassi di ossidi e idrocarburi nell’atmosfera, una delle principali cause
dei cambiamenti climatici e del peggioramento della qualità dell’aria respirata. Al fine di contrastare tale fenomeno,
che incide per il 10% sull’effetto serra, e sviluppare nuove
tecnologie che rendano più green il mondo dall’aviazione,
la International Air Transport Association si è posta l’ambizioso obiettivo di ridurre del 50% il tasso di emissioni dei
velivoli entro il 2050.
Sono partite così le sperimentazioni di aerei che mirano a
non consumare nemmeno una goccia di carburante, ma,
piuttosto, a utilizzare altre forme di energia: il prototipo per
eccellenza è il Solar Impulse. Come si può intuire dal nome,
questo mezzo è alimentato esclusivamente ad energia elettrica solare, la quale viene catturata durante il volo dai pannelli fotovoltaici di cui la superficie esterna superiore è rivestita. Il velivolo è stato progettato con un’apertura alare di
oltre 70 metri, circa la stessa di un Boeing 747 o un Airbus
A380, gli aerei di linea più grandi al mondo; questo perché
l’apporto di energia proveniente dal sole non sarebbe altrimenti sufficiente a garantire il sostentamento dell’aereo.
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Se le dimensioni sono in qualche modo confrontabili con
quelle di aerei Jumbo Jet, tutti gli altri dati tecnici vi si pongono in netto contrasto. Il più eclatante è il numero di passeggeri: il Solar Impulse può trasportare solamente pilota e
copilota, a bordo non c’è spazio per gli oltre 500 passeggeri
del 747; il secondo è il peso, solo 2,3 tonnellate, lo stesso
valore che può avere plausibilmente un SUV; l’ultimo, ma
certamente non il meno importante, è la velocità di crociera,
appena 100 km/h. Il velivolo è inoltre dotato di accumulatori al litio ricaricabili sia a terra, sia durante il volo, i quali
possono garantire, seppur per brevi periodi, anche il volo
notturno. Le conoscenze tecniche in nostro possesso tuttavia non permettono ancora alle batterie di assumere un
ruolo decisivo nel mondo aeronautico, poiché la quantità di
energia accumulabile è estremamente bassa se paragonata alle esigenze di un aereo. Inoltre, ad oggi risulta impossibile costruire accumulatori di peso contenuto: a prova di
ciò, basti considerare che dei 2300 kg di peso del prototipo,
ben 630 sono dovuti agli accumulatori presenti a bordo.
Tutti questi dati testimoniano che le tecnologie a nostra
disposizione sono ancora largamente insufficienti per poter rendere del tutto ecosostenibile il mondo aeronautico.
Nell’attesa che la scienza giunga a nuove scoperte applicabili, i ricercatori si stanno muovendo su altri fronti, quali
ad esempio lo sviluppo di biocarburanti o lo studio di motori
avionici con una maggiore efficienza termica.
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RUBRICA SU ROMA
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L’eccellenza: Roberto Bolle
Dal 2011 lo spettacolo Roberto Bolle and friends fa risplendere la notte romana e quest’anno eccezionalmente, in due serate, il 25 e il 26 luglio.
di Benedetta Muccioli
Le Terme di Caracalla sono la cornice del gala che vede
impegnato Roberto Bolle, étoile della Scala di Milano,
e altri ballerini provenienti dai teatri più importanti di
tutto il mondo, accuratamente selezionati dal protagonista della serata in persona. Il tutto si è aperto con un
qualcosa di quasi psichedelico: al centro del palco era
stato posto un proiettore, che sembrava animarsi ai gesti precisi ed eleganti del danzatore che, in modo equilibrato e fiero, è riuscito ad unire in un’unica coreografia la disciplina della danza classica e la ricerca della
linea pulita e delicata dello stile contemporaneo e neoclassico. Ciò che mi ha più colpito è stato un momento
in qualche modo didattico: sullo schermo comparivano
vari passi di danza e l’étoile li eseguiva davanti alla sua
platea, senza mostrare il minimo sforzo, ma facendo
ammirare tutti i suoi anni di studio che si sono impressi
sul suo corpo, rendendolo praticamente perfetto.
Lo spettacolo è andato avanti su un doppio binario: da
una parte il Corsaro, dove ha brillato la Prima Ballerina della Scala, Nicoletta Manni, e il Don Chishotte, a
dimostrazione dell’eterna bellezza e immortalità della
maniera classica, dall’altra l’espressione neoclassica,
per avvicinarsi al grande pubblico e per far vedere che
la danza non è solo l’arte elitaria dei teatri, ma è un fat-
tore connaturato all’uomo, e lo afferma una grande e
rivoluzionaria ballerina del passato, Isadora Duncan :
“la prima volta che ho danzato è stato nell’utero di mia
madre”.
Il finale è stato una sorpresa particolarmente apprezzata dal pubblico: dopo il Grand pax de deux, gli spettatori credevano ormai terminata la serata, ed è iniziata
una serie interminabile di applausi per salutare l’étoile
e i suoi colleghi. È a questo punto che tutte le luci sul
palco si spengono e iniziano a provenire dalle casse le
note di una canzone molto famosa dei Queen, We will
rock you, con cui Bolle aveva aperto l’ultima serata del
Festival di San Remo, dimostrando ancora una volta
che la disciplina del classico è perfettamente adattabile alle canzoni movimentate e moderne.
La serata è stata senza dubbio all’insegna della bellezza: l’eleganza e la leggiadria delle ballerine si sono
fuse egregiamente con la potenza e la nobiltà dei corpi
maschili, dando vita ad uno spettacolo unico, in grado
di far sognare gli spettatori, e sopra tutte le stelle che
popolavano la scena lui, Roberto Bolle, ultimo allievo
dell’intramontabile e indimenticabile Rudolph Nureyev,
che, con il suo sorriso e i suoi movimenti carichi di grazia e classe, ha dato forma e colore alla notte romana.
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