UNA APPLICAZIONE SPERIMENTALE - Istituto Italiano di Preistoria
Transcript
UNA APPLICAZIONE SPERIMENTALE - Istituto Italiano di Preistoria
1 M. R. IOVINO- UNA APPLICAZIONE SPERIMENTALE ALLO STUDIO DELLE TECNICHE DI LAVORAZIONE DELL’AMBRA Riassunto Approvvigionamento, lavorazione e uso dell’ambra sono attività documentate in molti contesti preistorici. L’ambra, per le sue peculiarità estetiche, doveva rivestire un particolare significato simbolico e contribuire al legame tra gli umani e la natura (Nash 1998). Le principali ricerche ad oggi svolte (Angelini e Bellintani 2005) si sono occupate di determinare la provenienza dei manufatti in ambra rinvenuti nei vari siti archeologici e di individuare le aree di reperimento e di estrazione di questa particolare materia prima. Attraverso importanti indicatori fisici e chimici (Lambert et alii 1988, Mukherjee et alii 2008) è stato possibile dimostrare l’eventuale origine dell’ambra, come ad esempio nel caso dei reperti gravettiani di ambra dalla Grotta La Garma A nella Spagna Settentrionale (Peñalver et alii 2007) e, in altri casi, le vie commerciali di diffusione (Todd et alii 1976). Questo contributo, basato sui dati di ricerche etnoarcheologiche e di archeologia sperimentale, focalizzerà sui sistemi di produzione, sui gesti e sullo strumentario utilizzati per la trasformazione dell’ambra in oggetti ed ornamenti. 1. INTRODUZIONE L’ambra non è un minerale, una pietra, ma è una resina, un materiale organico, che grazie alla sua origine fossile è divenuta molto dura. Depositi di ambra sono stati individuati in ogni parte del mondo, molti di essi non presentano qualità per lo sfruttamento artigianale ma hanno un valore prettamente naturalistico per via delle inclusioni di resti di pollini e di piante terrestri o di insetti inglobatesi nella resina prima della sua solidificazione e fossilizzazione; recentemente dai depositi cretacei di ambra dalla Francia sud-occidentale, in particolare presso Archingeay/Les-Nouillers e presso La Buzinie, sono state individuate delle microinclusioni marine che oltre a fornire indicazioni sul paleoambiente sono rilevanti per la datazione dei depositi di ambra (Girard et alii 2008). Nell’area del Mar Baltico, nella zona chiamata Fennoskandia, tra la penisola di Kola e la Norvegia meridionale, vi sono grandi depositi primari di questa particolare materia prima che è stata prodotta dalla fossilizzazione di resine essudate dalle foreste oligoceniche di conifere del tipo Pseudolarix. L’ambra baltica è stato uno dei materiali più importanti negli scambi a lunga distanza intrapresi dalle comunità preistoriche e protostoriche, inoltre l’ambra baltica è citata da Plinio (NH XXXVII) e da Tacito (Germ. XLVI). 2 Depositi secondari di ambra baltica, si trovano in sedimenti olocenici post glaciali della Polonia settentrionale, della Pomerania occidentale, del Distretto del Lago Masuria e si trovano anche al confine tra Masuria e Mazovia. Altri depositi secondari di ambra baltica si trovano lungo le coste meridionali della regione Baltica, nella Germania settentrionale, nello Jutland occidentale , lungo le coste dell’Inghilterra orientale e anche in Europa orientale nella regione di Kiev (Bukowski ). Il tipo di ambra proveniente dalla regione baltica può contenere una bassa quantità di acido succinico, in genere tra il 3% e l’8% ma spesso il valore si concentra su quantità minori del 5% ( Edwards, Farwell 1995: 1124). La formula chimica dell’ambra, C10Hl6O, presenta variabili nella ratio di elementi come Carbonio –C-, Idrogeno –H- ed Ossigeno –O-. Nella composizione chimica dell’ ambra baltica l’acido succinico è quasi una costante così come la presenza dell’ 1% di Zolfo. ). L’acido succinico è un elemento importante dell’ambra perché in spettroscopia infrarossa presenta uno spettro caratteristico che permette di distinguere l’ambra dell’area baltica da ambre di altra provenienza ( Angelini, Bellintani 2005, 2006). Il limite delle analisi odierne nell’identificazione delle approvvigionamento pre e protostorico dell’ambra risiede fonti di nella quasi totale impossibilità di discriminare le aree specifiche di rinvenimento della materia prima, si riesce infatti a discriminare solo la sua origine generica. Questo è però già un dato molto utile. Dal sito gravettiano di La Garma A, nella Spagna settentrionale, si sono rinvenuti reperti in ambra la cui origine locale è stata determinata grazie alle analisi chimico-fisiche (Peñalver et alii 2007). Tra le più antiche attestazioni di ambra lavorata vi è un pendaglio con figure umane incise datato a circa 7.000 a.C. proveniente dalla Danimarca. Nella grotta di Gough, presso Cheddar/Creswell, nell’Inghilterra meridionale, sono state rinvenute delle perle in ambra datate tra 11.000 e 9.000 a.C. (Grimaldi 1996). L’interesse verso l’ambra inizia ad intensificarsi a partire dal Neolitico, da questo periodo l’ambra, come attestato dai rinvenimenti dai siti neolitici rinvenuti in Latvia e in Lituania (Loze 2000, 2003; Butrimas 2001), è già usata con funzioni di amuleto ma anche come materia prima decorativa. Nel Neolitico l’ambra baltica, mediante le vie di scambio fluviali lungo l’Elba, il Reno, l’Oder, la Vistola e relativi affluenti, inizia ad essere distribuita nei paesi dell’Europa centrale e nell’Italia nord-orientale . A partire dall’età del Bronzo le traiettorie di distribuzione dell’ambra proveniente da molte aree della regione baltica si ampliano, soprattutto durante il Bronzo medio e recente dovettero esistere commerci/scambi relativi all’ambra gestiti dalle popolazioni insediate lungo il corso dei fiumi Adige e Mincio e attorno al lago di Garda. Il rinvenimento dei manufatti in ambra presso Cles e Tuenno (Val di Non), Molina di Ledro e Fiavè, a Lucone, a Bande di Cavriana e a Cataragna (Brescia), a Laghazzi di Vhò (Cremona), a Madarosa (Vicenza) a Peschiera, a Franzine, a Povegliano (Verona), all’Isolone del 3 Mincio (Mantova), ha fatto ipotizzare in età protostorica una direttrice di scambio che risaliva il corso del fiume Reno, attraversava il passo del Brennero o del Resia (De Marinis 2007: 64) e scendeva lungo la valle dell’Adige (Negroni Catacchio et alii 2006: 1464-1465). Alcuni autori (Bukowski 1988) sottolineano che le vie dell’ambra devono essere considerate non come traiettorie permanenti ma come zone all’interno delle quali una concentrazione di insediamenti più sviluppati e stabili era collegata ad una viabilità terrestre e acquatica. In realtà mancano dati più puntuali su quali fossero i centri di produzione e quali i centri di diffusione-commercio, . L’ambra veniva scambiata con attrezzi e armi, vasi e ornamenti vari in bronzo, perline di vetro, conchiglie, forse anche con generi alimentari come ad esempio il vino e l’olio. Nel Samland, la zona baltica più ricca d’ambra, le miniere d’ambra sono state attivate solo da alcune centinaia di anni fa. La pesca dell’ambra , scrive il Sandelio nella sua Historia succinorum, si pratica “cum concitationes fluctus ad litus, favorabili vento, protruduntur” (quando la tempesta è mossa da vento favorevole che spinge con forza le onde verso il lido). Allora, continua il Sandelio, non c’è né il caldo né il freddo che trattenga gli avidi pescatori che entrano in mare, avanzandosi sino dove li consentono la profondità dell’acqua e l’altezza dei flutti. Essi sono muniti di una rete a sacco, affidata ad una pertica, in modo che la rete stessa presenti la sua apertura verso l’onda, tornati al lido raccolgono i pezzi d’ambra tra le alghe e il pattume di cui si riempie la rete. Anche dalle osservazioni sui materiali archeologici e storici si evince che l’ambra fino al 1800 veniva principalmente trovata lungo le spiagge dopo le mareggiate da cercatori d’ambra. In genere i pezzi d’ambra rinvenuti pescando in mare o sulla spiaggia erano di piccole dimensioni. Ma l’ambra poteva anche ritrovarsi in territori interni e lontano dal mare. L’ambra siciliana, ad esempio, si ritrovava anche sepolta sotto ammassi argillosi nel centro della Sicilia in particolare lungo il territorio solcato dal Simeto e dal Salso, tra la piana di Catania e l’area centro-occidentale (Francesco Ferrara 1805). 1. L’AMBRA: CARATTERISTICHE PECULIARI DEI MANUFATTI PREISTORICI E PROTOSTORICI DA CONTESTI NORD EUROPEI E MEDITERRANEI Ad oggi uno dei maggiori rinvenimenti di botteghe primarie per la manifattura d’ambra del nord Europa, perduranti dal Neolitico medio-finale fino all’Eneolitico, è quello relativo ai siti di Abora I, Asne I, Eiņi, Iča e Lagaža, localizzati presso il Lago Lubans, nella Latvia orientale (Loze 1975, 1999, 2000, 2003). Da questi cinque siti sono stati complessivamente rinvenuti 1,400 oggetti lavorati in ambra, tra cui vaghi tubolari in maggioranza cilindrici ma sono anche attestate forme poliedriche, bottoni circolari e quadrangolari con perforazione a V, distanziatori triangolari e quadrangolari, pendenti a forma di dente, a forma di testa di chiave, a goccia, a disco, a figurina zoomorfica o simbolica; centinaia di scarti di lavorazione e circa 100 pezzi di ambra non lavorata. Sono stati anche 4 rinvenuti gli utensili di lavorazione dell’ambra tra cui perforatori, raschiatoi e punteruoli in selce insieme a utensili in osso e corno. Dall’analisi di questi rinvenimenti sono state ricostruite le seguenti fasi di lavorazione : 1-selezione della materia prima; 2- rimozione del cortice tramite scheggiatura; 3- se grande, divisione dell’elemento di ambra in più pezzi di dimensioni idonei agli oggetti da realizzare; 4- modellazione del pezzo di ambra e rimozione delle irregolarità mediante ritocco; 5-lavorazione della superficie tramite abrasione e levigatura; 5- foratura ; 6- eventuale decorazione 7- politura mediante pelle o lana. Sulle perle e sui vaghi tubolari rinvenuti nei siti presso il Lago Lubans si osserva la pratica della foratura da entrambe le estremità, con un maggior controllo quindi per la riduzione degli incidenti di frattura durante questa delicata fase di lavorazione. In ambito mediterraneo di grande utilità per la comprensione delle tecnologie di lavorazione dell’ambra è l’area, datata alla prima Età del Ferro-Orientalizzante Antico, attestata nel settore nord del Saggio 2A (isolotto US 27-169), presso l’insediamento di Longola a Poggiomarino (Napoli). Sono stati rinvenuti scarti di lavorazione tra cui schegge a frattura concoide e molti vaghi, principalmente in ambra, con lavorazione non completata (Albore Livadie, Cicirelli 2003; Cicirelli 2003). Dall’abitato provengono ulteriori frammenti e numerosi oggetti in ambra tra cui perle globulari, globulari schiacciate e discoidi con perforazione assiale; vaghi ovoidi, biconici o a botticella con perforazione longitudinale; altri di forma subcilindrica con scanalature parallele sulla superficie tipo Allumiere; pendagli, un distanziatore di forma rettangolare con fori passanti sui lati più lunghi, di cui uno interrotto da frattura; anelli e bottoni. In questo sito l’ambra veniva anche utilizzata in forma composita con elementi in osso per impreziosire oggetti in altre materie prima come ad esempio fibule e spilloni in bronzo (Cicirelli 2007). Dalle prime indagini di caratterizzazione della materia prima si è evidenziato che nel sito di Longola a Poggiomarino venivano utilizzate ambre di provenienza diversa da quella baltica ed anche resine dure, non ancora ben interpretate e di provenienza incerta, diverse dall’ambra (Cicirelli et alii 2006). 3. TRADIZIONI ARTIGIANALI DELLA TRASFORMAZIONE DELL’AMBRA Nel nord Europa, durante il XVI secolo a Gdańsk (Polonia), nacquero le maggiori manufatture per l’artigianato dei prodotti in ambra baltica che raggiunsero livelli altissimi culminanti nel 1716 nella produzione della cosiddetta “sala d’ambra”, donata allo zar Pietro I. La lavorazione artigianale dell’ambra è attestata da rinvenimenti sepolcrali datati al XV secolo anche in Polonia, in modo particolare nella Masovia settentrionale abitata dai Kurpie, un popolo che ha a lungo mantenuto delle tradizioni proprie. I Kurpie avevano installato botteghe di lavorazione dell’ambra in molte località tra cui presso Ostroleka, Myszyńiec, Nowogród, e presso Przasnysz e Lomza, aree tutte posizionate lungo 5 il fiume Narew. Alcune di queste botteghe erano stagionali, in quanto il reperimento dell’ambra attraverso scavi nel terreno avveniva in estate e autunno mentre la sua lavorazione era svolta in inverno. I Kurpie erano diventati talmente esperti estrattori e lavoratori di ambra che si occupavano più di queste attività che di quelle agricole. Altre testimonianze etnografiche della lavorazione dell’ambra in Polonia sono quelle relative ai Kashubi della Pomerania occidentale ( Kulicka 1978). Come già si è osservato in altri contesti rurali dell’odierna Turchia (Iovino & Altınbilek 2008) durante i lunghi freddi inverni le comunità di villaggio, visto il riposo delle attività agricola e la riduzione dell’impegno delle attività pastorali, impiegano il tempo in altri lavori che possano integrare la loro economia e sussistenza. Nella regione di Oltu, in Anatolia centro-orientale è ancora oggi attestata la lavorazione di una resina dura e nera chiamata in turco Oltu taş (pietra nera). Questa materia prima viene estratta nella provincia di Erzurum, dai depositi presso Yasak Hill, a ovest e a nord ovest della città di Oltu, a circa m 1700-2000 sopra il mare. Questa resina fossile, derivata da Pinus species ormai estinte, in scala di Mohs ha una durezza compresa tra tra 2 e 3 mentre il suo peso specifico è di 1.26; si elettrizza e quando è sottoposta a calore lascia dei fumi. Di Oltu taş sono presenti anche varietà di color marrone scuro, rosso e giallo ma il suo colore tipico è nero, tanto da essere chiamata ambra nera. La composizione chimica di questa ambra nera di Oltu è la seguente: 7.95% Carbone (C), 0.9% Zolfo (S), 0.3% ceneri, 0.60-0.70% acqua (H2O), 0.35-0.45 sostanze volatili. L’origine della lavorazione dell’ambra nera di Oltu risale a circa 150 anni fa, è stato ipotizzato che questa lavorazione sia stata introdotta dall’occupazione russa del 1877 e 1878. I pezzi di ambra, provenienti dalle miniere, sono prima divisi in pezzi più piccoli- nella taglia delle perle da realizzarescheggiandoli con piccoli martelli in metallo; dei piccoli fermi sono utilizzati per fermare i pezzi d’ambra mentre vengono scheggiati. Per una prima sagomatura degli oggetti si usano vari tipi di coltelli, punteruoli, seghe, lime, levigatoi in pietra e abrasivi. L’utensile principale per trasformare le perle grezze in arrotondate e rifinite è un piccolo strumento in legno chiamato kemane; l’altro strumento necessario per la produzione delle perle è il trapano ad archetto (Gündoğu 2004). 4. METODOLOGIA DELLA RICERCA SPERIMENTALE La sperimentazione nella ricerca archeologica è un processo fondamentale per l’esplorazione di problemi e per la definizione di nuove/ulteriori linee di ricerca. Sebbene la ricerca sperimentale sia caratterizzata dall’attuazione del metodo galileano, essa ha sempre inizio da presupposti teorici e dall’interazione tra le competenze concettuali del ricercatore e i fenomeni in studio. Poiché le variabili da verificare in una sperimentazione sono molteplici vi è la necessità di un approccio che prenda in considerazione l’interazione tra uno studio globale dei singoli fenomeni e l’analisi dei vari livelli delle 6 componenti che hanno contribuito a creare il fenomeno ed è quindi utile per la progettazione delle indagini utilizzare una prospettiva multidisciplinare. Gli esperimenti necessitano di essere suddivisi in varie fasi di complessità. Questa ricerca si soffermerà sui dati provenienti da una fase di sperimentazione n.1 che ha lo scopo di capire le complessità della tecnologia per la trasformazione dell’ambra . Le linee guida per la fase di sperimentazione n.1 sono quelle sotto elencate: a. documentazione archeologica ed etnografica b. approvvigionamento della materia prima e analisi delle sue caratteristiche fisiche c. scelta di attività da replicare d. preparazione degli utensili e. pratica con gli utensili f. progettazione delle fasi della lavorazione dell’ambra g. esecuzione degli esperimenti h. raccolta dati ( contemporaneamente a g.) i. analisi al microscopio dei manufatti realizzati e degli utensili j. Elaborazione dei dati raccolti Prima di passare ad una fase di sperimentazione n. 2 i risultati ottenuti nella fase di sperimentazione n.1 dovranno essere riesaminati sia attraverso ulteriori esperimenti, anche in altri laboratori di sperimentazione, per controllare che i risultati prodotti non siano esiti fortuiti, sia in comparazione con oggetti archeologici similari per la verifica delle tracce tecnologiche e per la valutazione di presenza/assenza di eventuali analogie tra manufatti sperimentali e manufatti archeologici. La replicabilità dell’esperimento e la sua comparazione per la ricerca di analogie con i reperti archeologici forniranno infatti delle risposte ai problemi in esame e permetteranno in base ai risultati raccolti di approfondire le problematiche sulle tecniche di lavorazione dell’ambra. 5. ESPERIMENTI Si sono svolte delle osservazioni ad occhio nudo su manufatti in ambra sia etnografici che archeologici da collezioni museali nord europee (Germania, Austria, Polonia, Lituania) e Italiane per cercare di determinarne i principali aspetti tecnologici. A partire dal Neolitico è presente una grande variabilità di taglia e forma dei prodotti finiti, si osserva inoltre che già a partire dal Neolitico medio le botteghe di lavorazione hanno acquisito un’alta capacità tecnica di produzione. 7 Dagli esempi archeologici ed etnografici sopra citati si è anche dedotto che le fasi che dovevano richiedere un maggior sapere tecnico nel ciclo produttivo di oggetti in ambra sono principalmente due: 1) la messa in forma o sagomatura degli oggetti; 2) la foratura. La messa in forma con lo strumentario potenzialmente in uso durante le fasi pre-protostoriche come si evidenzia dal tipo di schegge rinvenute nei siti pre e protostorici sopra citati doveva avvenire in una fase iniziale tramite scheggiatura, come del resto è attestato dagli esempi etnografici recenti nella lavorazione di materie prime assimilabili (Gündoğu 2004). Nel Neolitico la scheggiatura poteva essere realizzata direttamente con l’utilizzo di percussori in pietra, osso o corno o anche con percussione indiretta; mentre a partire dall’Età dei Metalli piccole accettine o coltelli in metallo potevano essere impiegati per lo scopo sostituendo almeno in parte lo strumentario litico e permettendo una lavorazione più fine degli oggetti. Particolari tipi di legno non ancora ben definiti, forse assemblati in forma di un attrezzo meccanico non rinvenuto nel record archeologico disponibile o perché deperito o perché non ancora riconosciuto, potrebbero essere stati parti integranti dello strumentario per la messa in forma dell’ambra soprattutto per la produzione di particolari forme di perle, come attestato ad Oltu (Gündoğu, 2004:121), oltre che trovare impiego nelle fasi finali della lavorazione. L’ambra è sensibile al calore e potenzialmente la pirotecnologia, utilizzata con cautela, potrebbe essere stata parte della tecnica di lavorazione dell’ambra. L’ambra utilizzata per gli esperimenti, reperita dalla Lituania, è in forma di piccole pezzature, caratterizzate da bordi spigolosi ed irregolari ma anche da forme più ovaloidi ma sempre con la superficie non molto regolare. La durezza specifica di questi campioni non è stata testata e per questo aspetto si è fatto riferimento al valore generico di durezza nella scala empirica di Mohs (1832) che è compreso tra 2 e 2,5, tenendo ben presente che la durezza dei materiali varia a secondo della direzione di percussione. E’ stata testata la reazione dei campioni al calore con una punta incandescente e si è ottenuto un fumo bianco che ha emesso un odore resinoso. Resti di cortice sono stati osservati su tutti i campioni reperiti. Per la fase n. 1 sono stati lavorati 5 campioni di ambra, dai quali si sono prodotti 6 vaghi pseudocilindrici, 2 bottoni con foro a V, 5 vaghi piatti. Per ogni campione d’ambra, si è proceduto ad individuare le caratteristiche macroscopiche della materia prima, queste osservazioni sono state registrate all’interno della seguente scheda di raccolta dati utilizzata per gli esperimenti: 8 Operatore Data / /2008 N. scheda N Id. utensile Materia prima utensile Caratteristiche (provenienza, specie, stato) Osso Legno Selce Ossidiana Tipologia strumento Immanicatura Ritocco intenzionale Misure strumento Lungh. mm Largh. mm Spessore mm Angolo margine attivo(°) N Id. CAMPIONE MATERIALE DA TRASFORMARE DENOMINAZIONE MATERIA PRIMA CLASSE DI STRUNZ PROVENIENZA DIMENSIONI COLORE LUCENTEZZA MACROFESSURE CORTICE STRUTTURA ambra IX TRASPARENZA TENACITA’ DESCRIZIONE BREVE DEL TIPO DI ATTIVITA’ SCHIZZO ATTIVITA’ MOVIMENTO Bidirezionale Unidirezionale misto Angolo di lavoro Tempo/n. gesti per singola attività Minuti Tempo totale dell’esperimento Efficacia/esaurimento strumento Campione archeologico di riferimento Tipo di trattamenti Osservazioni h/min. 9 In questa fase sperimentale n.1 si è voluto verificare: • efficacia e limiti dei manufatti litici in selce ed ossidiana • efficacia e limiti della percussione diretta e indiretta con materiali litici, organici e metallici • problematiche relative alla foratura degli oggetti realizzati • Efficacia e limiti della levigatura con materiali minerali e organici • se la pirotecnologia interviene positivamente o meno nella foratura dei manufatti realizzati mediante strumentario litico. La forma scelta per gli esperimenti della fase sperimentale n.1 è il vago . Gli utensili e materiali utilizzati nella lavorazione dei campioni d’ambra sono i seguenti: a- utensili in selce ed ossidiana a margine non ritoccato, con forma e profilo del margine tendenzialmente dritti e angolo di apertura compreso tra 20° e 30°; ritagli di schegge allungate in selce con angolo di 20°/22° sul margine scelto per l’uso, non ritoccati, da utilizzare come punte di trapano; b- accettina in bronzo con margine di forma convessa e profilo diritto, angolo di apertura 35°; c- percussori in pietra calcarea, in ossidiana e in corno di cervo; d- frammento di pietra calcarea, frammenti di pietra arenaria, pomice, argilla, cuoio; Le fasi di lavorazione eseguite sono le seguenti Realizzazione di supporti Il procedimento della riduzione della materia prima esclusivamente mediante utensili in selce o ossidiana ha rivelato alcuni problemi. L’ossidiana mostra nelle attività di taglio eseguite con movimento bidirezionale una efficacia superiore alla selce ma se da un lato presenta un’alta qualità nel taglio, dall’altro lato i suoi margini si esauriscono con molta rapidità con un alto spreco di utensili per una resa di lavoro che può essere considerata scarsa in un ambito di produzione da bottega. Per tagliare uno spessore in ambra di cm 2 sono stati infatti necessari 6 utensili con margine diritto e 30 minuti di lavoro. Si è sperimentato con risultato positivo il metodo del taglio tramite percussione diretta (FIG. 1,1) con percussore in corno di cervo. In una fase successiva, si è deciso di incidere con un reperto in selce la superficie del nucleo in ambra da ridurre, una incisione di pochi millimetri e successivamente si è utilizzato lo stesso margine del reperto usato per incidere la superficie come cuneo, battendolo con un percussore in corno di cervo. In pochi secondi si è ottenuto il risultato desiderato. Si è efficacemente sperimentata anche la percussione indiretta utilizzando come cuneo il tagliente la replica di una accettina in bronzo. 10 Sagomatura Ottenuta una scheggia oblunga (FIG. 1: 2), ad esempio nell’esperimento n. 1 la scheggia iniziale staccata dal nucleo in ambra misurava 3,5 cm x 2,4 cm x 1,2 cm, si è iniziato a perfezionare la forma tramite microscheggiatura del perimetro. Si è provato a definire la forma con sgrossatura tramite raschiatura con manufatti litici (FIG. 1:3). Nella fase della raschiatura si è osservato che i manufatti in selce sono meno funzionali di quelli in ossidiana. La sagomatura per raschiatura è molto lenta e laboriosa I manufatti in ossidiana si rivelano superiori per efficacia rispetto ai margini in selce soprattutto nelle attività di raschiatura, ma sono per lo più efficaci a raschiare il cortice esterno dell’ambra. Si è invece trovato più efficiente per il miglioramento della forma dell’oggetto la scheggiatura con percussori in pietra e in corno. La smussatura delle ulteriori disomogeneità è stata eseguita tramite sfregamento su materiale litico di durezza superiore in scala di Mohs all’ambra. Come potenziali levigatori per la fase della smussatura si sono testati vari materiali litici, tra cui anche la selce, l’ossidiana, si sono avuti buoni risultati con l’utilizzo di una superficie poco regolare in pietra calcarea. Il miglior risultato si è ottenuto con l’utilizzo di pietra arenaria, acqua e argilla. L’argilla, oltre ad innescare delle reazioni chimiche, crea con l’acqua un lubrificante che velocizza il movimento sulla pietra. La pomice può essere utilizzata come additivo abrasivo per rifinire ad esempio la rimozione di residui di cortice, ma per la smussatura l’argilla sembra fornire migliori risultati. Si osserva che lo strofinio della superficie in ambra su una tavoletta in legno di abete contribuisce anche ad una politura dell’oggetto, inoltre si osserva che la frizione tra legno e ambra sviluppa una certa quantità di calore che ha l’effetto di fondere leggermente la superficie dell’oggetto in ambra. Foratura Sagomato il vago, nel procedimento successivo si è eseguita la foratura. In base ai dati raccolti dal pubblicato (Altınbilek et alii 2001), dalla visione di alcuni reperti archeologici in ambra, le tecniche di foratura da sperimentare sono sostanzialmente tre: • manuale semplice • manuale con punta immanicata • manuale mediante trapano ad archetto La foratura semplice può eseguirsi con una punta in selce con presa a mano o immanicata per imprimere una maggiore forza rotatoria e continuità nell’operazione. Il trapano manuale a rotazione alternata, attestato in molti contesti etnografici in relazione all’accensione del fuoco e alla foratura 11 delle pietre, può essere utilizzato con l’asse di lavoro sia orizzontale sia verticale. Per esempio, se l’oggetto da forare viene tenuto in mano è più agevole, anche per controllare meglio la foratura, lavorare con l’asse del trapano in posizione orizzontale. Il metodo del trapano ad arco, documentato dalla produzione di vaghi in pietra dal Levante, consiste nel ruotare avanti ed indietro, con l’ausilio di un archetto realizzato con un ramo un po’ arcuato ed una corda in fibra vegetale o cuoio, uno stelo in legno che presenta all’ estremità inferiore una punta in pietra o metallo. In questa fase di sperimentazione n.1 si è eseguita la foratura manuale con punta di selce immanicata in un bastone ligneo. La foratura è avvenuta da entrambi i lati dei vaghi realizzati, cercando di centrare il foro sull’asse dell’oggetto. I punti su cui si è eseguita la foratura sono stati preparati con delle piccole incisioni create con strumenti sia in selce che in ossidiana. Si è provato a riscaldare la punta in selce del trapano durante la foratura con buoni risultati e senza l’aggiunta di abrasivi. In un caso di foratura perpendicolare di un vago di forma pseudocilindrica (alto cm 2,5 x diametro cm 1,8) l’operazione di foratura (diametro apertura esterna foro cm 0,5) è stata interrotta dalla rottura del vago appena prima dell’ultimazione del foro (FIG. 1:4), quando la punta del trapano si trovava molto vicina al segmento di perforazione già effettuato sul lato diametralmente opposto, molto probabilmente questo incidente si è verificato perché durante le fasi di sagomatura tramite scheggiatura all’interno del supporto del vago si devono essere create delle microfratture che sono poi esplose nella fase finale della foratura. Lustratura finale Con lo strofinio a secco degli oggetti sagomati e forati su del cuoio, anche senza l’aggiunta di ulteriori additivi, si ottiene in pochi minuti una buona lustratura finale. 6. DATI I manufatti in selce presentano una buona funzionalità nelle attività di incisione e di foratura, i manufatti in ossidiana sono efficaci nelle attività di raschiatura del cortice e di incisione. Nonostante le difficoltà incontrate per la messa in forma dei vaghi, si ritiene che la percussione diretta con percussore duro tipo corno di cervo sia da preferire alla raschiatura con utensili litici. Si ipotizza che l’utilizzo di margini più spessi di quelli utilizzati negli esperimenti, che possano fungere come punte di scalpello, possano essere utili nella fase della sagomatura. Il stato fatto un tentativo di realizzare una sagomatura biconica con l’utilizzo degli oggetti litici, il risultato anche in termini di tempo, energia e utensili consumati, però non è stato soddisfacente. Si ipotizza che questo tipo di sagomatura potesse essere svolto con l’ausilio di varie lime litiche e successivamente metalliche o con 12 un meccanismo o strumento più complesso, forse anche in legno, che potrebbe essere meglio caratterizzato con ulteriori ricerche sugli scarti di simili manufatti in ambra non ultimati. Per la realizzazione dei vaghi si è osservata la necessità di poter svolger le fasi della lavorazione, per quanto si sia utilizzata una attrezzatura molto primitiva, su un piano. Si è anche osservato che per poter svolgere alcune operazioni come ad esempio la ripartizione in pezzi, la sagomatura e la foratura, si ottiene una migliore resa se il pezzo da forare può essere bloccato, poteva quindi essere necessario creare delle piccole concavità o fori nel piano di lavoro dove incastrare i pezzi in lavorazione o dei cunei che fungevano da fermi. Per la foratura con la punta in selce riscaldata si osserva che non è necessario l’utilizzo di abrasivi per migliorare i tempi di foratura perché la punta in selce riscaldata perde durante la foratura molti microframmenti che fungono da ottimo abrasivo, la durata della punta è forse un po’ più breve quando è riscaldata con il fuoco ma mantiene l’efficacia per effettuare 1 foro lungo circa 1 cm. E’ comunque da considerare che, anche in condizioni normali, con l’azione rotatoria la punta del trapano si scalda già da sé e che a differenza di quanto accade durante la foratura di oggetti in pietra questo è un fenomeno che avvantaggia la foratura dei materiali in ambra. Il riscaldamento della punta permette all’ambra di aderire come una colla sulla punta del trapano (FIG 1: 6) La forma del foro realizzato con il trapano a mano in sezione appare conica, con una serie di “terrazze” concentriche che rappresentano i vari tagli eseguiti per rotazione dalla punta litica immanicata (fig. 1:5). L’utilizzo dell’argilla nella fase di smussatura si è rivelato molto utile, questo fa riflettere sulle possibili localizzazioni delle botteghe di lavorazione dell’ambra. Dalle prime due fasi di lavorazione, la pezzatura e la sagomatura, si sono ottenute piccole schegge a frattura concoide, alcune di dimensioni attorno a cm 1 o poco più, molte anche minori di cm 1. Si è osservato che alcune di queste schegge, provenienti da pezzi di ambra di colore giallo, presentanti uno spessore di mm 1 o anche meno sono di colore acromo e sono trasparenti come vetro; alcune schegge di dimensioni attorno a cm 1 sono staterecuperate e lavorate per produrre piccoli vaghi piatti e bottoni. 7. DISCUSSIONE L’obiettivo del presente lavoro è stato di intraprendere una analisi sperimentale per integrare le conoscenze sui sistemi tecnici di produzione, sui gesti e sullo strumentario utilizzati nella preistoria e protostoria per la trasformazione dell’ambra. Attraverso la sperimentazione si è cercata una ipotetica area di sovrapposizione tra il fenomeno da investigare e l’esperimento realizzato, si sono create delle ipotesi e si sono prodotti alcuni fatti/dati che, per restituire delle risposte, necessitano di essere sottoposti a successive verifiche. Per lo studio dei vaghi in ambra, come enunciato da Negroni 13 Catacchio et alii (2006: 1444), il foro è un elemento fortemente caratterizzante. Lo studio della sua forma per il suo intero tracciato, che per l’ analisi di dettaglio può essere riprodotta tramite calchi di silicone, permette di ricostruire sia lo strumentario sia i movimenti di fabbricazione ma anche la tradizione artigianale dell’artigiano che ha prodotto l’oggetto. A partire dal Bronzo Medio si osserva negli oggetti in ambra un foro con caratteristiche differenti da quelle lasciate dalle punte di trapano in selce utilizzate con movimento rotatorio. Si ipotizza che questo tipo di foro venisse prodotto con punta di trapano non litica ma metallica (Gorelick, Gwinnett 1987) ma nei vari contesti potrebbero essere state adottate delle varianti tecnologiche. Da una sepoltura campignana presso Monte Loffa, tra gli oggetti del corredo si osserva una punta di trapano in selce grigia caratterizzata da un ritocco ad alveoli che andrebbe sperimentata per comprendere le sue tracce tecnologiche nella foratura di varie materie dure (Chelidonio 2008, com. pers.). Poiché il processo interpretativo dei dati è strettamente dipendente dalle sue premesse, questo lavoro è da considerarsi non esaustivo e necessità di ulteriori fasi di sperimentazione e di fasi per la comparazione dei dati sperimentali con quelli desunti dai contesti archeologici, in modo particolare per meglio individuare le tecnologie di trasformazione non ancora comprese è necessario uno studio tribologico dei materiali di scarto e degli oggetti non finiti in ambra da più siti pre-protostorici, di fasi temporali diverse e coeve, che presentino però superfici non eccessivamente alterate. Nota: Si vuole richiamare l’attenzione su alcune norme di sicurezza che si sono ritenute indispensabili per la sperimentazione della produzione di manufatti in ambra e che si ripropongono a quanti decidessero di intraprendere altri esperimenti sul tema. Durante la fase di scheggiatura, messa in forma e foratura dell’ambra è stato necessario munirsi di mascherine e occhiali protettivi per evitare che minuscoli corpuscoli, polveri sottili, di questo materiale fossero accidentalmente inalati o raggiungessero gli occhi. 8. RINGRAZIAMENTI Si ringrazia il Sig. Alfio D’Angelo e il Centro Internazionale di Sperimentazione, di Documentazione e di Studio per la Preistoria e l’Etnografia dei Popoli Primitivi di Siracusa per l’assistenza fornita durante la fase di sperimentazione. 9. BIBLIOGRAFIA Albore Livadie C., Cicirelli C., 2003. L’insediamento protostorico in località Longola di Poggiomarino (relazione preliminare). La parola del passato-Rivista di studi antichi: Macchiaroli Editore. Napoli: 81-128. 14 Angelini I., Bellintani P., 2005. Archaeological ambers from northern Italy : An FTIR DRIFT study of provenance by comparison with the geological amber database. Archaeometry, 47, 2:441-454. Angelini I., Bellintani P., 2006. Archeometria per l'archeologia delle ambre protostoriche: dati acquisiti e problemi aperti. Atti della XXXIX Riunione Scientifica dell'Istituto Italiano di Preistoria e Protostoria, Firenze 2004:1477-1493. Altınbilek Ç., Coşkunsu G.,.Dede Y, Iovino M.R, Lemorin C. & Ozdohan A., 2001. Drills from Çayönü: a Combination of Ethnograpnic, Experimental and Use-wear Analysis. Beyond Tools, Proceedings of the 3rd Workshop on PPN Chipped Lithic Industries (Venice, November 1998), ed. by Isabella Caneva, Cristina Lemorini, Daniella Zampetti, and Paolo Biagi. SENEPSE 9. Berlin: ex oriente: 137-143. Bukowski Z., 1988. Critically about the so- called Amber Route in the Odra and Vistula Rivers Basin in the Early Iron Age. Archaeologia Polona XXVIII: 71-122. Butrimas A, 2001. The amber ornament collection from Daktariske 5 Neolithic settlement. Baltic Amber. Proceedings of the International Interdisciplinary Conference Baltic Amber in Natural Sciences, Archaeology and Applied Arts, 13.18 September 2001, Vilnius, Palanga, Nida. Acta Academiae Artium Vilnensis, 22. Ed. A. Butrimas. Vilnius: 7-19. Cicirelli C., 2003. Poggiomarino. Il sito perifluviale protostorico scoperto a margine dell’impianto di depurazione, Rivista di Studi Pompeiani, XIV: 74-82. Cicirelli C., 2007. Schede (Longola di Poggiomarino, un importante centro artigianale dell’età del Ferro). Ambre.Trasparenze dall’Antico. Catalogo della mostra (Napoli, 26 marzo-10 settembre 2007), Electa, Milano: 215-217. Cicirelli C., Albore Livadie C., Angelini I., Artioli G., Bellintani P., 2006. Le ambre di Poggio Marino. Primi risultati delle indagini di caratterizzazione. XXXIX Riunione Scientifica dell'Istituto Italiano di Preistoria e Protostoria, Firenze, Italy, 2527 Novembre 2004: 1601-1607. De Marinis R., 2007. L’ambra in Italia settentrionale tra Alpi e Po durante l’età del Bronzo. Ambre-.Trasparenze dall’Antico. Catalogo della mostra (Napoli, 26 marzo-10 settembre 2007), Electa, Milano: 60-67. Edwards H. G. M., Farwell D. W., 1996. Fourier Transform-Raman Spectroscopy of Amber. In Spectrochimica Acta. Part A : Molecular Spectroscopy , 52, 9 :1119-1125.. Ferrara F., 1805. Memorie sopra il lago di Naftia nella Sicilia Meridionale, sopra l’ambra siciliana, sopra il mele ibleo e la città d’Ibla Megera. Reale Stamperia, Palermo. Girard V., Schmidt A. R., Martin S.S., Struwe S., Perrichot V., Saint Martin J. P., Grosheny D., Breton G. and Néraudeau D., 2008. Evidence for marine microfossils from amber. Proceedings of the National Academy of Sciences, 105, 45: 17426-17429. Gwinnett, A.J., Gorelick L.,1987. The change from stone drills to copper drills in Mesopotamia, Expedition 29: 15-24. Grimaldi, D.A., 1996. Amber: window to the past. New York: Abrams. Gündoğu H., 2004. Patterns of black amber bead making in northeast Anatolia. Turan Takaoğlu (ed.) Ethnoarchaeological investigations in rural Anatolia: 115-126. Iovino M.R. & Altınbilek C., 2008 Recenti ricerche sulla produzione di utensili lignei a Karatepe-Aslantas, Turchia. Charcoals From the Past: Cultural and Palaeoenvironmental Implications. Proceedings of the Third International Meeting of Anthracology, Cavallino - Lecce (Italy) June 28th - July 1st 2004 edited by G. Fiorentino and D. Magri, BAR S1807. Kulicka R., 1978. L’importanza dell’Ambra nella cultura e nell’arte. Ambra oro del Nord, Palazzo Ducale 30 giugno-1 ottobre 1978, Venezia: 58-76. Lambert, J.B., Beck, C.W., and Frye, J.S., 1988, Analysis of European amber by carbon-13 nuclear magnetic resonance spectroscopy. Archaeometry, 30. 248-263. 15 Loze I.B., 1975. Neolithic Amber ornaments in the Eastern Part of Latvia. In Przeglad Archeologiczny 23, Poznan, Wroclaw : 49-82. Loze I. B., 2000. Stone Age settlements in the Lake Lubāns Wetland in Latvia, and subsistence strategies of the population. Proceedings of the Latvian Academy of Sciences, Section A, 3/4: 109-122. Loze I.B., 1999. The Processing of Amber during the Middle Neolithic in Latvia. In Investigations Into Amber. Proceedings of the International Interdisciplinary Symposium: Baltic Amber and Other Fossil Resins 997 Urbs Gyddanyzc - 1997 Gdańsk; 2-6 September 1997, Gdańsk / Ed. Kosmowska-Ceranowicz, Barbara et al., Gdańsk : 131-135. Loze I.B., 2003. Middle Neolithic Amber Workshops in the Lake Lubans Depression, Amber in Archaeology. Proceedings of the Fourth International Conference on Amber in Archaeology Talsi, 2001 / Ed. Beck, Curt W. et al. , Riga: 72-89, 9. Mohs F., 1832. Leichtfaßliche Anfangsgründe der Naturgeschichte des Mineralreiches, Vienna. Mukherjee, A.J., Rossberger, E., James, M.A., Pfalzner, P., Higgitt, C.L., White, R., Peggie, D.A., Azar, D., Evershed R.P., 2008. The Qatna lion: scientific confirmation of Baltic amber in late Bronze Age Syria. Antiquity, Vol. 82, 315: 49-59 Nash G., 1998. Exchange, Status, and Mobility: Mesolithic Portable Art of Southern Scandinavia. B.A.R. Interntional Series, 710, Oxford. Negroni Catacchio N., Massari B., Raposso B. 2006. L’ambra come indicatore di scambi nell’Italia pre e protostorica. Atti della XXXIX Riunione Scientifica dell'Istituto Italiano di Preistoria e Protostoria, Firenze 2004:1439-1475.. Peñalver E, Álvarez-Fernández E., Arias P., Delclòs X., Ontañón R., 2007. Local amber in a Palaeolithic context in Cantabrian Spain: the case of La Garma A. Journal of Archaeological Science, Vol. 34, 6 : 843-849. Stoppani A., 1886. L’ambra nella storia e nella geologia, Milano, Ulrico Hoepli. Todd J. M., Eichel M. H., Beck C. W. and Macchiarulo A., 1976. Bronze and Iron Age Amber Artifacts in Croatia and Bosnia-Hercegovina. Journal of Field Archaeology 3: 313—327. 16