Differenze di genere nella risposta alla terapia farmacologica

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Differenze di genere nella risposta alla terapia farmacologica
Rassegna
Differenze di genere nella risposta alla terapia
farmacologica antidepressiva
Gender differences in responses to pharmacological therapy for depressive disorder
CAMILLA FINI, ALESSIA MIRIGLIANI, MASSIMO BIONDI
BSM04 Unità Operativa Complessa di Psicoterapia
Università La Sapienza, Roma
RIASSUNTO. Il disturbo depressivo maggiore presenta un’elevata incidenza nella popolazione generale e una frequenza
doppia nelle donne rispetto agli uomini. La presente rassegna nasce con lo scopo di valutare la possibile esistenza di una differenza di genere nella risposta al trattamento con antidepressivi. A tale fine abbiamo focalizzato la nostra attenzione su studi clinici condotti negli ultimi dieci anni che analizzassero questa variabile e i possibili meccanismi chiamati in causa. Alcuni
lavori sembrano evidenziare una migliore risposta alla terapia con SSRI e IMAO nel genere femminile, legata prevalentemente a un differente spettro sintomatologico sottostante. Un ruolo ulteriore sembrerebbe essere svolto dai fattori ormonali e dalla diversa farmacocinetica. Il dibattito rimane, tuttavia, ancora aperto in quanto in altrettanti studi non sono emerse
differenze statisticamente significative nella risposta alla terapia antidepressiva.
PAROLE CHIAVE: differenze di genere, antidepressivi, ormoni, farmacocinetica.
SUMMARY. Major depressive disorder has a high incidence in the whole population and its frequency in women is double
that of men. The aim of this review is to assess possible differences between women and men in antidepressant response. We
focus on clinical trials carried out in the last decade assessing this variable and its possible mechanism of action. Some studies have found that females may have better response to SSRIs and MAOIs, possibly because of a different underlying of
simptomatology. Hormones and pharmacokinetics may also play an important role. The debate however is still ongoing, because other studies have found no statistically significant difference, between men and women.
KEYWORDS: gender differences, antidepressants, hormones, pharmacokinetics.
INTRODUZIONE
In letteratura medica vi è carenza di informazioni
specifiche riguardanti l’efficacia, il metabolismo e gli
effetti collaterali dei trattamenti psicofarmacologici
nei due generi. Questo potrebbe essere legato al fatto
che, molto spesso, il sesso non viene inserito come variabile negli studi sull’efficacia del trattamento, ma solo come caratteristica strutturale del campione oggetto d’indagine. Difficile è spiegare le ragioni di questo
fenomeno visto che già nel 1993 la US Food and Drug
Administration (FDA) aveva incoraggiato studi di
questo genere, senza che si sia assistito a un reale au-
mento delle informazioni riguardanti il metabolismo e
l’efficacia dei farmaci psicotropi.
La scelta di condurre una revisione sulla risposta alla terapia antidepressiva è motivata dal fatto che le
donne rappresentano la maggioranza del target di questa patologia.
Epidemiologia
La depressione è una delle patologie psichiatriche
più frequenti nella popolazione generale e in molti studi si è evidenziato come questa patologia abbia una pre-
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valenza doppia nelle donne rispetto agli uomini (1,2).
Ad esempio, negli Stati Uniti l’incidenza del disturbo
depressivo maggiore è del 16% nelle donne, contro un
8% negli uomini (1). Il rischio nell’arco della vita di un
episodio depressivo maggiore è del 21% nelle donne
contro il 13% degli uomini, a qualsiasi età (3). Inoltre, la
depressione maggiore unipolare risulta, nelle donne, la
principale causa nel mondo di disabilità correlata a patologie specifiche (4). Generalmente, nel-le donne, il disturbo depressivo esordisce in giovane età e i sintomi
iniziano a manifestarsi nel periodo puberale; gli uomini,
invece, diventano sintomatici nel periodo post-puberale
(5). Il genere femminile tende ad avere più frequentemente episodi ricorrenti e di gravità maggiore che inducono una cronicizzazione della patologia (6).
Si è, inoltre, evidenziata una diversa comorbilità psichiatrica: nelle donne la patologia depressiva si accompagna ad ansia, disturbi da attacchi di panico, somatizzazioni e disturbi della condotta alimentare, mentre
negli uomini ad alcolismo, abuso di sostanze e comportamenti antisociali (7).
Numerose teorie sono state proposte per spiegare
queste differenze sia su base biologica, incentrate sulla
diversa funzione neuroendocrina nei due sessi (8), sia
sul diverso ruolo sociale, sulle strategie di coping (9) e
sul temperamento nei due generi (10). Tutte queste
teorie hanno trovato sia conferme che smentite, focalizzando l’attenzione dei ricercatori sull’importanza
dello sviluppo di un modello integrato, che tenga conto di molteplici variabili.
grado di ridurre i livelli liquorali di acido 5-HIAA.
Questi tre sistemi, noradrenergico, serotoninergico e
dopaminergico, sembrano svolgere un ruolo chiave nei
disturbi depressivi: un’alterazione del sistema serotoninergico svolgerebbe una funzione permissiva per il
susseguente sviluppo di disfunzioni noradrenergica e
dopaminergica. Il ripristino del normale equilibrio esistente tra questi due sistemi sembra, infatti, basilare
per l’effetto dei farmaci antidepressivi. Il sistema colinergico entrerebbe in questo circuito per le connessioni reciproche esistenti fondamentalmente con il sistema noradren = noradrenergico, ma anche con gli altri
sistemi, e ugualmente il GABA. I neuropeptidi completerebbero la risposta al neurotrasmettitore principale, svolgendo una funzione importante di “rifinimento”, cioè di modulazione, o evocando specifiche risposte comportamentali (11,12).
IL GENERE INFLUENZA LA RISPOSTA
AL TRATTAMENTO?
Un primo aspetto di rilievo dal punto di vista clinico
sembra essere la frequenza con cui il sottotipo definito
come depressione atipica si presenta nei due generi. Le
donne, infatti, manifestano più frequentemente sintomi
quali aumento dell’appetito, di peso e ipersonnia caratteristici di questo tipo di depressione (13,14). La depressione atipica ha una prevalenza tripla nelle donne
rispetto agli uomini (14-16) (Figura 1). Tale pattern
Alterazioni fisiopatologiche
È ormai ampiamente dimostrato il ruolo dei neurotrasmettitori nella patogenesi del disturbo depressivo,
in particolare del sistema noradrenergico, serotoninergico, colinergico e dopaminergico e, più recentemente,
anche del sistema GABAergico e di numerosi neuropeptidi (11,12). Le indagini anatomiche hanno da tempo evidenziato che esistono rapporti tra i sistemi noradrenergico e serotoninergico, serotoninergico e dopaminergico, noradrenergico e colinergico, serotoninergico e GABAergico, serotoninergico e peptidergico.
Assoni noradrenergici sono stati anche rinvenuti in
neuroni dopaminergici. L’interazione tra noradrenalina (NA) e serotonina (5-HT) sembra particolarmente
rilevante per il meccanismo d’azione dei farmaci antidepressivi, somministrati cronicamente. È stato, infatti,
riportato che l’iposensibilizzazione dei recettori adrenergici richiede l’integrità dei neuroni serotoninergici e che sia i farmaci selettivi sul sistema serotoninergico sia quelli attivi sul noradrenergico sono in
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MDD
Disturbo
depressivo
minore ricorrente
Donne
Sintomi
depressivi
Sintomi atipici
Uomini
Figura 1. Differenze nella prevalenza di disturbo depressivo e sintomi atipici nei due sessi.
Adattata da Angst (14).
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Differenze di genere nella risposta alla terapia farmacologica antidepressiva
sintomatologico potrebbe spiegare la maggiore risposta
delle donne alla terapia con inibitori delle monoaminossidasi (IMAO) (17-19), individuati come farmaci ottimali, per questo tipo di depressione, già dalla loro
identificazione da parte di West e Dally nel 1959 (20).
Inoltre, le donne presentano un’alta prevalenza di depressione con sintomi somatici (6,21), ansia somatizzata e ipocondria, mentre gli uomini un’alta prevalenza di
depressione pura (22). Infatti, è stato osservato che la
maggiore efficacia di alcuni farmaci nelle donne potrebbe essere legata prevalentemente alla remissione
della sintomatologia dolorosa-somatica, che gli uomini
più raramente manifestano (7). Un’ulteriore differenza
segnalata riguarda i sintomi melanconici, che nei maschi di età superiore ai quarant’anni risponderebbero
meglio alla terapia con nortriptilina, mentre nelle donne sotto i ventiquattro anni alla fluoxetina (23).
Un terzo fattore di rilievo nella differenza di genere
appare essere la gravità con cui vengono riportati i sintomi (10,24), senza che sia presente una reale differenza clinica. Breslau (25) ha ipotizzato che le differenze
di genere nella depressione potessero in parte essere
dovute a una sottostante differenza dei sintomi ansiosi e che questo potrebbe rappresentare un’interessante variabile nella diversa scelta terapeutica.
Alcuni autori (26,27) hanno esaminato la diversa risposta al trattamento con inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina (SSRI) (sertralina) e antidepressivi triciclici (imipramina), evidenziando che gli uomini rispondono meglio all’imipramina, mentre le donne rispondono meglio alla sertralina. Inoltre, la risposta
degli uomini all’imipramina è risultata significativamente più rapida rispetto a quella delle donne. Una
spiegazione per questi risultati può essere data analizzando i diversi sottotipi di depressione, sopra evidenziati. L’ipotesi che emerge è che le donne presentino
più spesso sintomi atipici, che rispondono preferibilmente agli IMAO e agli SSRI (28,29), mentre gli uomini mostrano più spesso aspetti neurovegetativi (30) legati alla depressione, che, invece, rispondono bene ai
triciclici. In un altro studio, condotto su pazienti affetti
da depressione atipica associata ad attacchi di panico, è
emerso che le donne rispondevano meglio agli IMAO,
mentre gli uomini ai triciclici (31) (Tabella 1).
La miglior risposta e tolleranza ai triciclici negli uomini e agli SSRI nelle donne è stata evidenziata anche in un
altro studio (32). Alcuni autori hanno messo in luce che
nelle donne la sertralina e la paroxetina (33) sono più efficaci rispetto all’imipramina (34) e alla maprotilina (35),
mentre gli uomini rispondono similmente ai due farmaci.
Uno studio precedente aveva, invece, evidenziato
che la fluoxetina, nelle donne depresse, era tollerata
meglio, ma non aveva maggiori effetti terapeutici (36).
Va sottolineato, però, che in questo studio non sono
stati presi in considerazione i possibili effetti della menopausa sulla risposta alla terapia.
Una recente metanalisi, invece, in accordo con gli
studi sopracitati, ha messo in luce che le donne rispondo significativamente meglio degli uomini alla terapia
con SSRI (37). Questo risultato è stato confermato in
uno studio successivo nel quale è risultato che le donne, in particolare se in premenopausa, rispondo di più
agli antidepressivi serotoninergici (38).
Hamilton, et al. (39) in una metanalisi di 180 studi
sulle differenze di genere nella risposta all’imipramina
hanno evidenziato che nel 53% degli studi gli uomini
mostravano un maggior beneficio rispetto alle donne,
nel 19% più le donne e nel 28% nessuna differenza.
Gli autori suggeriscono che questa apparente differenza di genere possa risultare da un campione troppo
eterogeneo nel quale vi è una prevalenza di donne con
depressione ansiosa, atipica o con distimia e di uomini
con depressione endogena o melanconica.
Hildebrandt, et al. (40) hanno valutato la diversa efficacia di clomipramina, citalopram, paroxetina e moclobemide in un campione di 292 pazienti con diagnosi
di depressione maggiore, suddivisi in un gruppo con depressione endogena/melanconica e uno con depressione
non endogena/non melanconica, non rilevando alcuna
differenza nella risposta al trattamento e nella remissione dei sintomi fra i due generi. In uno studio retrospettivo è emerso che il genere non risulta tra i fattori che
influenzano la risposta alla terapia con fluvoxamina
(41). Quitkin, et al. (42) non hanno rilevato alcuna differenza di genere nel trattamento con triciclici, IMAO,
SSRI e placebo in un campione di 1746 pazienti. Gli effetti della terapia con imipramina potrebbero essere
leggermente superiori negli uomini, come riportato anche in studi precedenti probabilmente per meccanismi
legati o alla farmacocinetica, alla farmacodinamica ma
anche alla differente sintomatologia depressiva.
Thase, et al. (43) hanno analizzato i dati sull’efficacia della venlafaxina vs SSRI (fluoxetina, paroxetina,
fluvoxamina) comparando i risultati di otto studi randomizzati, in doppio cieco, per un totale di 2045 pazienti, non riportando nessuna differenza di genere
nella risposta alla terapia. La distribuzione della venlafaxina e la sua tolleranza non sono risultate significativamente diverse nei due generi (44), dati confermati
anche in una recente metanalisi di 8 trial clinici a doppio cieco, dove non si sono evidenziate differenze di
genere nel trattamento con venlafaxina rispetto a
quello con SSRI (45).
In una recente meta-analisi su 30 studi randomizzati placebo-controlled non sono state evidenziate differenze di genere nella risposta ai triciclici; inoltre, non
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Tabella 1. Studi sulla differenza di genere nella risposta alla terapia antidepressiva
Autori
Campione
Scopo
Risultato
Kornstein, et al. (7)
Metanalisi su 7 studi
(560 uomini e 1062 donne)
Differenze nella risposta
alla terapia con duloxetina
No differenze significative
di genere
Kornstein, et al. (26)
235 uomini e 400 donne
Diversa risposta
sertralina vs imipramina
57% delle donne
imipramina; 62% uomini
sertralina
Scheibe, et al. (49)
139 uomini e 246 donne
Confronto tra SSRI, IMAO,
TCA e SNRI
No differenze significative
nei generi
Berlanga, et al. (38)
48 donne vs 38 uomini
Citalopram (SSRI)
vs reboxetina (SNRI)
Donne 80% risposta
a citalopram.
No differenze per l’uomo
Thase, et al. (43)
Metanalisi su 2045 pz
Venlafaxina (SNRI)
vs SSRI (fluoxetina,
paroxetina, fluvoxamina)
Nessuna differenza per
la venlafaxina.
Migliore risposta
nelle donne
giovani con SSRI
Khan, et al. (37)
Metanalisi su 323 pz
Placebo SSRI SNRI
Maggiore risposta
delle donne
a entrambe le terapie
Wohlfarth, et al. (46)
Analisi di 30 studi con
totale di 1555 uomini e
2331 donne
Diversa risposta ai triciclici
No differenze significative
nei generi
Martényi, et al. (35)
23 uomini e 34 donne
Fluoxetina vs maprotilina
Maggior risposta
delle donne
alla fluoxetina.
No differenza
negli uomini
Hildebrandt, et al. (40)
96 uomini e 196 donne
Clomipramina, citalopram,
paroxetina, moclobemide
Non viene evidenziata alcuna
differenza di genere
Metanalisi su 9 differenti
studi su tot di 1746 pz
IMAO, fluoxetina, placebo
Maggiore risposta delle donne
agli IMAO, ma non
statisticamente significativa
Baca, et al. (34)
50 uomini e 184 donne
Sertralina vs imipramina
No differenze significative tra
i generi. Migliore risposta
delle donne all’imipramina
Morishita, et al. (41)
53 donne e 37 uomini
Diversa risposta all’imipramina
Il genere non influisce
sulla risposta
Pinto-Meza, et al. (47)
59 uomini e 242 donne
Confronto tra SSRI nei generi
Nessuna differenza
tra i generi
Olfson, et al. (48)
261 uomini e 472 donne
Confronto tra SSRI e
psicoterapia nei generi
Non si è rilevata alcuna
differenza significativa
16 donne e 16 uomini
Confronto efficacia
venlafaxina nei due generi
Non si è rilevata alcuna
differenza significativa
346 pz
Confronto efficacia
SSRI e TCA
Non si è rilevata alcuna
differenza significativa
191 pz di cui
113 con depressione
melanconica
Confronto tra nortriptilina
e fluoxetina
Donne con depressione
melanconica (età 18-24)
rispondono meglio
alla fluoxetina
Quitkin, et al. (42)
Klamerus, et al. (44)
Parker, et al. (106)
Joyce, et al. (23)
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Differenze di genere nella risposta alla terapia farmacologica antidepressiva
sono emerse differenze significative nella risposta alla
terapia in donne pre- e post-menopausa (46).
Anche gli studi di Pinto-Meza, et al. (47) e di Olfson,
et al. (48) non hanno rilevato differenze tra gli uomini
e le donne nella risposta agli SSRI e nella terapia con
antidepressivi e psicoterapia. Inoltre, anche Scheibe, et
al. (49), in uno studio in cui è stata comparata l’efficacia di SSRI, TCA e SNRI, non hanno rilevato differenze di genere.
La differente distribuzione dei sottotipi di depressione nei due sessi potrebbe spiegare la migliore risposta agli antidepressivi triciclici degli uomini rispetto alle donne (26).
POSSIBILI MECCANISMI DIRETTI E INDIRETTI
Resta aperto il problema di definire quali possano
essere i meccanismi di alcune diversità di genere nella
risposta alla terapia antidepressiva. Sebbene esistano
in letteratura studi che indagano l’influenza dell’assetto ormonale e neurotrasmettitoriale sulla diversa efficacia dei farmaci antidepressivi, si sa ancora poco su
un possibile ruolo dei meccanismi indiretti.
Circuiti cerebrali e assetti neurotrasmettitoriali
nei due generi
La ragione della diversa risposta alle terapie antidepressive tra uomini e donne non è ancora del tutto
chiara, tuttavia vi sono delle differenze legate alla diversità nella morfologia cerebrale e nell’assetto recettoriale e ormonale che potrebbero spiegarne, almeno
in parte, le cause. Differenze importanti sul piano neuroanatomico sono, infatti, già state dimostrate da un
notevole numero di studi. Diversità sono riportate nella dimensione e morfologia del corpo calloso, dell’area
preottica ipotalamica, nel planum temporale e nella
percentuale di sostanza grigia del cervello umano
(50,51). Inoltre, studi attuati utilizzando la tomografia
a emissione di positroni (PET) hanno riscontrato differenze nella quota del flusso ematico a riposo (rCBF)
(50) e nella quota di utilizzo del glucosio per il metabolismo cerebrale (52).
Un’importante differenza riscontrata tra il cervello
maschile e quello femminile, non legata ai siti recettoriali degli ormoni, può essere considerata la diversa
percentuale di serotonina nei due sessi (53). La sintesi
di serotonina misurata attraverso la PET è risultata, infatti, essere di circa il 52% superiore negli uomini rispetto alle donne. Non vi è, in realtà, una chiara spiegazione per questa differenza sostanziale, tuttavia la
più bassa sintesi di serotonina nelle donne potrebbe
spiegare la più alta incidenza del disturbo depressivo
maggiore. Studi condotti su animali indicano che le
femmine hanno ridotte capacità di adattarsi allo stress
rispetto ai maschi, e che proprio la serotonina potrebbe essere la causa di queste differenze (54). Donne e
uomini sembrano avere simili riserve cerebrali di serotonina, ma, se aumenta il consumo della stessa in condizioni di stress, le donne ne sintetizzano meno e in
modo insufficiente per mantenere una concentrazione
adeguata. Perciò in seguito a stress, i livelli di serotonina potrebbero ridursi molto di più nelle donne che negli uomini, determinando così una maggiore suscettibilità alla depressione (53). Secondo alcuni autori, invece, non vi sono sostanziali differenze di genere nelle
funzioni neurotrasmettitoriali (55). Elevati livelli di
cortisolo, un utile indice biologico di stress, sono associati a depressione, ma non si sono evidenziate differenze di genere nella funzione dell’HPA, nei livelli di
cortisolo al baseline o nella risposta dell’HPA in seguito a somministrazione di desametasone (56).
Altri meccanismi presumibilmente implicati nel determinare una diversa risposta alla terapia nei generi
sono riconducibili al diverso flusso ematico cerebrale
(57) o alla diversa regolazione durante il sonno (58). È
noto, per esempio, che nelle donne in età riproduttiva
il flusso ematico cerebrale è più veloce che negli uomini, mentre si riduce in menopausa, aumentando, tuttavia, in seguito a terapia con estrogeni (59).
Sembra, inoltre, che gli estrogeni (51) agiscano come agonisti colinergici in precise regioni cerebrali, per
esempio, aumentando l’attività dell’acetilcolina transferasi nell’area preottica, nell’amigdala, nella corteccia frontale e nell’area CA1 dell’ippocampo. Sempre
gli estrogeni determinano un aumento del numero dei
recettori muscarinici nell’ipotalamo mediale laterale e
vetromediale, ma di contro ne riducono il numero nell’area preottica mediale. Un’altra azione svolta dagli
estrogeni è l’aumento dell’attivazione neuronale nell’ipotalamo in risposta all’acetilcolina.
Gli ormoni sessuali femminili hanno, inoltre, un’azione modulatrice sulla funzione di alcuni neurotrasmettitori come acido -aminobutirrico, dopamina, serotonina e norepinefrina, di conseguenza, le variazioni
ormonali legate al ciclo mestruale possono influenzare
il profilo clinico nelle donne. Gli estrogeni e il progesterone possono avere effetti sia sull’umore che sul
comportamento, modificando la sintesi, il rilascio e il
reuptake dei neurotrasmettitori e l’inattivazione degli
enzimi implicati nel metabolismo, riducendo, per
esempio, la concentrazione delle monoamminossidasi,
con conseguente ridotta degradazione della norepinefrina (60). Riguardo a questo argomento non vi sono a
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oggi pubblicazioni che hanno analizzato con che modalità la farmacodinamica influenzi il profilo clinico.
Secondo alcuni autori (61) le donne avrebbero
un’alterata sintesi di serotonina, anche se questa ipotesi non è sempre confermata (62). Alcuni studi, che hanno usato la deplezione acuta del triptofano come termine di paragone, hanno evidenziato che le donne tendono a manifestare più facilmente sintomi depressivi in
seguito a riduzione della serotonina (63). Questo significherebbe che le donne presentano un sistema serotoninergico maggiormente suscettibile, che risponde,
quindi, in modo sproporzionato a fattori estranei (56).
Inoltre, è emerso che la triptofano-pirolisi, un enzima
che riduce i livelli di triptofano ematici, risulta iperattiva nelle donne (64). Questa iperattività sembra evidente soprattutto in età riproduttiva e si ritiene che sia
strettamente legata all’influenza degli ormoni gonadici.
Sembra ormai assodato che l’influenza degli steroidi prodotti dalle gonadi sullo sviluppo cerebrale sia associata a differenze di genere nell’organizzazione cerebrale, nelle performance neuropsicologiche e nelle
funzioni di memoria e apprendimento (65). La localizzazione regionale dei recettori per gli estrogeni e per il
progesterone è sovrapposta ai recettori 5-HT1A in alcune regioni come l’ippocampo, il giro cingolato e i nuclei del rafe. Inoltre, sempre in modelli animali, è stato
evidenziato che modificazioni dei livelli circolanti di
estrogeni modulano l’espressione dei recettori 5HT1A e la concentrazione dell’mRNA dei recettori
stessi (66).
Una recente ricerca (67) ha evidenziato che il numero e la validità dei recettori serotoninergici 1A si riduce
con l’età e che questo è evidente specialmente nel sesso maschile. Si può, quindi, ipotizzare che questa sia la
ragione della miglior risposta ai triciclici degli uomini.
Altri autori avevano rilevato una notevole riduzione dei recettori 5-HT1A negli uomini rispetto alle
donne soprattutto nella corteccia frontale, nell’ippocampo e nel nucleo del rafe dorsale (68). Il differente
assetto ormonale nei due generi e la correlazione fra
ormoni ed espressione recettoriale possono rappresentare un campo di ricerca interessante rispetto alla differente efficacia dei farmaci antidepressivi nei due sessi (67,69).
Fattori ormonali
Sia gli estrogeni che il progesterone possono determinare alterazioni dell’umore e del comportamento
agendo sulla sintesi, sul rilascio e sul reuptake dei neutrasmettitori e sulla inattivazione enzimatica; inoltre,
determinano un effetto neuromodulatorio sul sistema
nervoso centrale (70). Gli estrogeni modulano la concentrazione di serotonina e noradrenalina e riducono
la concentrazione di monoaminossidasi, determinando
una diminuzione della degradazione della noradrenalina. Il progesterone aumenta, invece, la concentrazione di monoaminossidasi, che potrebbe promuovere la
degradazione enzimatica dei neurotrasmettitori nello
spazio intersinaptico (71). Variazioni nel livello di
estrogeni plasmatici influenzano la concentrazione di
serotonina, i sottotipi di recettori e modulano la risposta agli agonisti serotoninergici. Si è visto, infatti, che
gli estrogeni favoriscono la risposta agli SSRI, mentre
promuovono una ridotta risposta ai triciclici (72). Di
conseguenza cambiamenti nella concentrazione di
questi ormoni possono direttamente influenzare la
funzione dei vari neurotrasmettitori (serotonina, noradrenalina) e delle funzioni cerebrali (73).
L’efficacia degli SSRI (fluoxetina e sertralina, in
particolare) in donne in menopausa risulta maggiore
nelle donne che assumono terapia sostitutiva con
estrogeni (74). È possibile ipotizzare che gli estrogeni,
quando presenti, modifichino il milieu biochimico o alcune caratteristiche recettoriali, probabilmente in aree
specifiche del cervello, influenzando l’efficacia della
terapia con SSRI (74). Dati preclinici hanno suggerito
che la somministrazione acuta di estradiolo, aumenta
l’espressione dei recettori 5HT1 e riduce, invece, quella dei 5HT2 (75).
La più alta concentrazione plasmatica di clomipramina messa in evidenza in alcuni studi può essere legata all’influenza che l’assetto ormonale femminile
può avere sulla farmacocinetica, come avviene nelle
varie fasi del ciclo mestruale. Inoltre, anche l’uso di
contraccettivi orali e di terapia ormonale sostitutiva
può influenzare la farmacocinetica (39,76).
Le donne in premenopausa rispondono significativamente meglio alla sertralina rispetto all’imipramina,
mentre in post-menopausa non vi è differenza di risposta fra i due farmaci (30).
Si è visto che nelle donne che facevano uso di basse
dosi di contraccettivi orali per lungo tempo si assisteva
a una riduzione del metabolismo epatico dell’imipramina in seguito a modifiche del flusso epatico. Questi dati
suggeriscono che la concentrazione plasmatica anche di
altri antidepressivi, con metabolismo epatico possa essere alterata dall’uso dei contraccettivi orali (77).
Gli ormoni gonadotropici potrebbero giocare un ruolo favorente o inibente l’attività degli antidepressivi, favorendo la risposta agli SSRI o inibendo la risposta ai
triciclici. In alcuni studi si è visto che gli estrogeni intensificano l’attività serotoninergica (78,79) e in studi preliminari si è visto che gli estrogeni potenziano la risposta agli SSRI nelle donne in post-menopausa (74).
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Differenze di genere nella risposta alla terapia farmacologica antidepressiva
Le donne in menopausa mostrano una peggiore risposta al trattamento con SSRI (citalopram, fluoxetina, paroxetina e sertralina) e tendono a valutare il loro stato psicofisico peggiore rispetto alle donne non in
menopausa e agli uomini (47). Nelle donne che non assumevano terapia sostitutiva la fluoxetina non risultava più efficace del placebo. Risultati simili sono stati riportati per la sertralina: le donne che assumevano anche terapia sostitutiva riportavano un miglioramento
maggiore e una qualità della vita più alta (80). Questo
trend non è stato, invece, verificato per la venlafaxina
(49): le donne che assumessero o no terapia sostitutiva
riportavano la stessa efficacia terapeutica.
Alcuni recenti studi hanno evidenziato come la
somministrazione di estrogeni in monoterapia possa
essere efficace nel trattamento della depressione perie post-menopausale (81,82), dati che aprono a nuovi
studi e che non vanno sottovalutati. Tuttavia, non sono
sempre confermati e il Women’s Health Initiative
Study (83) sottolinea che la terapia antidepressiva dovrebbe rimanere il trattamento di scelta.
Farmacocinetica
Un ruolo rilevante nel determinare differenti risposte alla terapia antidepressiva tra uomini e donne potrebbe essere attribuito alla diversa farmacocinetica
nei generi.
L’assorbimento di un farmaco dipende dalla sue caratteristiche acido-base, dalle proprietà lipofile e dalla
fisiologia del tratto gastrointestinale. Si ritiene che le
donne abbiano una minore secrezione acida gastrica rispetto agli uomini che può determinare, quindi, un diverso assorbimento (84). Una riduzione nella acidità
gastrica potrebbe portare a un aumento dell’assorbimento di basi deboli come gli antidepressivi triciclici.
Un altro punto di differenza tra i generi nell’assorbimento e nella biodisponibilità è il riempimento gastrico e il transito gastrointestinale nel piccolo intestino.
Quest’ultimo può prolungarsi durante la fase premestruale (85), probabilmente per l’aumento dei livelli di
progesterone. La fase terminale del ciclo luteinico e il
periodo premestruale, infatti, sono associati a un più
lento riempimento gastrico, a un transito intestinale
meno veloce e a una riduzione della secrezione acida
gastrica (86). Queste variazioni determinano una riduzione dei livelli di antidepressivi nel periodo premestruale, come è stato dimostrato in studi sul tradozone
e sulla nortriptilina (87,88). Anche le alterazioni fisiologiche presenti in gravidanza possono modificare la
farmacocinetica determinando, per esempio, un aumento del metabolismo epatico e un aumento della
motilità intestinale, alterazioni che richiederebbero un
aumento della dose terapeutica del farmaco stesso (89).
La distribuzione di un farmaco dipende dalle sue
proprietà acido-base, lipo o idrosolubilità e affinità per
le proteine di trasporto. Potenziali differenze di genere nel volume sanguigno, nella gittata cardiaca, e nella
percentuale di massa magra possono influenzare il volume di distribuzione del farmaco. Il più grande volume sanguigno e la maggiore gittata cardiaca degli uomini da una parte, la più alta percentuale di tessuto
adiposo nella donna dall’altra, possono aumentare il
volume di distribuzione di farmaci lipofili come i triciclici. Inoltre, si è evidenziata una più bassa clearance
renale nelle donne, ulteriore fattore che potrebbe condizionare la farmacocinetica (39). La somministrazione cronica di estrogeni, quale per esempio l’uso di contraccettivi orali, determina alterazione del flusso ematico nelle donne, e può causare una riduzione del metabolismo epatico e del livello plasmatico dei farmaci a
metabolismo epatico (90).
Si è visto che i livelli plasmatici di antidepressivi sono più elevati nelle donne rispetto agli uomini (40), e
che le donne hanno un maggiore volume di distribuzione del tradozone, evidenza che potrebbe essere
spiegata dalla maggiore percentuale di tessuto adiposo
nelle donne, in cui il farmaco si concentra (91). L’idrossilazione e l’eliminazione di metaboliti idrossilati
della clomipramina è più bassa nelle donne rispetto
agli uomini (92). Una possibile spiegazione alla differente concentrazione ematica dei farmaci antidepressivi nei due sessi può essere fornita dalla presenza di
un’attività enzimatica diversa fra i due generi (93). La
maggior parte degli studi mette in evidenza che l’attività del citocromo P450 (CYP) 3A4 è più alta nelle
donne rispetto agli uomini (94), mentre l’attività di
molti altri sistemi implicati nel metabolismo di farmaci (come il CYP2C19) può essere più elevata negli uomini. Inoltre, in molti studi sono stati riscontrati livelli
plasmatici più alti di farmaci metabolizzati dal
CYP1A2 nelle donne (47).
Due studi hanno rilevato una differenza di genere
nel metabolismo dei triciclici, la concentrazione plasmatica dei quali è più alta nelle donne (42,95).
In alcuni studi è stato riportato che la concentrazione plasmatica allo steady-state di imipramina è maggiore nelle donne, ma considerando, oltre la dose, anche il peso corporeo, queste differenze di genere non
risultano più significative (39). Si pensa che la clearance dei triciclici possa essere più lenta nelle donne e che,
sebbene i dati a supporto siano carenti, l’uso di contraccettivi orali e terapia ormonale sostitutiva potrebbe determinare un aumento della biodisponibilità dei
triciclici nelle donne. Si conosce anche poco sull’in-
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fluenza che il ciclo mestruale e la menopausa hanno
sulla farmacocinetica dei triciclici (39).
Secondo alcuni autori, invece, la presenza di differenze nella farmacocinetica in uomini e donne non influenzerebbe l’outcome terapeutico (49).
Uno studio ha evidenziato che nelle donne vi è una
concentrazione plasmatica di nortriptilina significativamente più alta rispetto agli uomini, anche se la differenza di genere non ha influenzato la concentrazione plasmatica del suo principale metabolita attivo (10idrossinortriptilina), che ha un ruolo principale nel determinare gli effetti terapeutici del farmaco (96). Per
quanto riguarda gli antidepressivi inibitori del re-uptake della serotonina, studi condotti prevalentemente
sulla sertralina hanno rilevato una differenza nel metabolismo fra i due generi. Non è ancora noto quale
isoenzima sia dominante nella clearance della sertalina, se il CYP3A o il CYP2D6, ma i livelli del farmaco
possono essere più bassi negli uomini giovani del 27%
rispetto alle donne giovani e non, e a uomini anziani
(97).
Meccanismi indiretti
Sarebbe interessante valutare il ruolo di altri fattori
nel determinare il diverso effetto della terapia antidepressiva nelle femmine e nei maschi. In letteratura sono, tuttavia, ancora pochi gli studi che hanno preso in
considerazione fattori quali diverso ruolo e supporto
sociale, meccanismi di coping e comportamenti a rischio.
Tuttavia, gli studi attualmente presenti in letteratura hanno analizzato soprattutto il ruolo dei meccanismi indiretti nel determinare una differente incidenza
del disturbo depressivo nei due sessi. Una possibile
spiegazione a questa maggiore incidenza può essere legata al diverso ruolo sociale che la donna riveste nella
società, ai diversi stressor ai quali è sottoposta e alle
modalità di coping che attua. Bisogna anche sottolineare che le donne tendono a chiedere più frequentemente aiuto e a parlare più facilmente dei loro sintomi. Le donne chiedono un trattamento farmacologico
per la depressione tre volte più frequentemente degli
uomini (98). La maggior prevalenza del disturbo depressivo nelle donne potrebbe essere, quindi, spiegata
dal fatto che queste riescono a riconoscere i propri sintomi psicologici più facilmente fin dalle prime fasi della malattia, gli uomini invece non riescono ad ammettere apertamente i propri sentimenti di tristezza e di
sfiducia (99).
Le differenze nella personalità e i diversi stili di
comportamento possono rappresentare dei fattori di
rischio che aumentano la suscettibilità al disturbo depressivo, in particolare nel genere femminile. Si è visto che le donne soffrono maggiormente per gli eventi di vita quotidiana tendendo a investire completamente le loro emozioni nelle relazioni interpersonali,
interiorizzano più facilmente i loro sentimenti e tendono a colpevolizzarsi per i fallimenti che avvengono
nelle loro vite e in quelle dei loro famigliari e amici
(100). Le donne attuano più frequentemente stili di
coping, come per esempio la ruminazione, che possono favorire un peggiore adattamento allo stress e
quindi renderle vulnerabilii alla depressione, poiché
determina un prolungarsi e un aumento della sintomatologia (101).
Per quanto riguarda i comportamenti a rischio, è
stato evidenziato che il fumo o l’assunzione di alcolici, più frequenti nel genere maschile, possono influenzare la farmacocinetica. Per esempio, il fumo di tabacco favorisce l’induzione enzimatica determinando un
aumento della clearance e quindi una ridotta concentrazione di molti farmaci. Un’ingestione acuta di alcool riduce, invece, la clearance dei farmaci soggetti al
metabolismo ossidativo, mentre l’ingestione cronica
induce il sistema ossidativo del citocromo P450 e di
conseguenza aumenta la clearance di alcuni farmaci
(101).
Nei primi studi che avevano indagato la differente
risposta alle terapie antidepressive nei due sessi, un oggetto di indagine è stato l’età. Alcuni autori avevano
evidenziato che questo fattore, nelle donne, potesse
giocare un ruolo determinante. In donne con età inferiore ai quarant’anni la terapia con imipramina dava
scarsi risultati, mentre nelle donne di età superiore,
l’efficacia del farmaco era comparabile a quella evidenziata negli uomini a ogni età (102). Similmente, in
un altro studio, non sono state evidenziate differenze
nelle donne sotto i quarant’anni nella risposta alla psicoterapia da sola, o associata ai triciclici, mentre gli uomini e le donne di età superiore ai cinquanta rispondevano meglio alla terapia combinata (103). Le stesse
differenze nella risposta all’imipramina per età sono
state messe in luce anche in uno studio più recente
(26), in cui si è però posto l’accento sul fatto che questa differenza possa essere, in realtà, attribuita non a
differenze di età, ma ai cambiamenti ormonali legati
alla menopausa.
In uno studio si è visto che il tempo di dimezzamento della sertralina era simile negli anziani e nelle giovani donne, mentre era ridotto negli uomini giovani
(97). Si è visto anche che la concentrazione di nefazodone e del suo metabolita principale è più elevato di
circa il 50% nelle donne anziane rispetto agli uomini
anziani e nei pazienti giovani di entrambi i sessi (104).
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Differenze di genere nella risposta alla terapia farmacologica antidepressiva
Nello studio condotto dalla Kornstein si è evidenziato che le donne in pre-menopausa rispondono meno all’imipramina rispetto alle donne in post-menopausa. Si ritiene, però, che questa differenza emersa
potrebbe essere dovuta a una minor aderenza alla terapia con imipramina delle donne in premenopausa
(30). In studi più recenti gli autori hanno sottolineato
come i diversi effetti delle terapie antidepressive non
dipendano dal sesso dei pazienti, ma dalla diversa età
e dalle caratteristiche sintomatologiche della patologia
depressiva (105-107).
CONCLUSIONI
Sebbene il disturbo depressivo maggiore abbia
un’elevata incidenza, e sia ben noto come la sua frequenza sia doppia nelle donne, gli studi attualmente
presenti in letteratura che analizzano la diversa risposta alla terapia antidepressiva sono esigui, controversi
e poco specifici. Dalla nostra analisi è risultato che le
donne sembrano rispondere meglio alla terapia con
SSRI (23,26-29,32,33,37) e IMAO (17-19,28,29), mentre gli uomini risponderebbero di più alla terapia con
triciclici (23,31,32,34). Questi risultati non sono stati
sempre confermati e altri autori non hanno rilevato
nessuna differenza di genere nella risposta alla terapia
antidepressiva (36,39-47). Tra i fattori chiamati in causa il principale risulta essere la differente manifestazione della sintomatologia depressiva nei due sessi e in
particolare la prevalente incidenza di depressione atipica nelle donne, che risponderebbe meglio agli
IMAO. Gli uomini, manifestando, invece, più di frequente sintomi melanconici e neurovegetativi (30), otterrebbero migliori risultati con i triciclici. Vi sono anche altre ipotesi emergenti in letteratura riguardanti
sia meccanismi diretti che indiretti. Un ruolo di rilievo
potrebbe essere attribuito al diverso assetto neuroanatomico, quale dimensione e morfologia del corpo calloso, dell’area preottica ipotalamica, nel planum temporale (50,51); neurotrasmettitoriale quale per esempio la diversa percentuale di serotonina nei due sessi
(53) che risulta essere di circa il 52% superiore negli
uomini rispetto alle donne. L’assetto ormonale nei due
generi e la sua influenza sulla terapia sembra essere un
terzo fattore di rilevanza. Sia gli estrogeni che il progesterone possono determinare alterazioni dell’umore
e del comportamento agendo sulla sintesi, sul rilascio e
sul reuptake dei neutrasmettitori e sull’inattivazione
enzimatica e, inoltre, determinano un effetto neuromodulatorio sul sistema nervoso centrale (70). Gli estrogeni modulano la concentrazione di serotonina e noradrenalina e riducono la concentrazione di monoami-
nossidasi, determinando una diminuzione della degradazione della norepinefrina. Il progesterone aumenta,
invece, la concentrazione di monoaminossidasi, che
potrebbe promuovere la degradazione enzimatica dei
neurotrasmettitori nello spazio intersinaptico (71).
Non di minore importanza appare essere la farmacocinetica, influenzata dalla diversa distribuzione della
massa magra e del tessuto adiposo, dalla diversa motilità intestinale e dal metabolismo epatico nei due generi. Ancora pochi sono i dati in letteratura circa il
ruolo di fattori indiretti come il ruolo sociale, meccanismi di coping e comportamenti a rischio che tuttavia
potrebbero rivestire un ruolo di rilievo, e per i quali sarebbero necessari studi mirati.
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