ecco l`ultimo racconto dell`abernasc

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ecco l`ultimo racconto dell`abernasc
Ciudad de Mexico,12/11/2007
Lei è bella,
lo so è passato del tempo
e io ce l’ho nel sangue ancor…
e vorrei e vorrei
ritornare laggiù da lei,
ma so che non andrò…
Mi sarebbe piaciuto nascere mosca a Seoul.
E’ un controsenso perché se fossi nato mosca non sarei mai andato a Seoul, diciamo, per
lavoro, con rispetto parlando per chi poi lavora davvero. E se non fossi mai andato a
Seoul non avrei dimenticato lì Sarah e quindi il mio ragionamento non avrebbe
significato, sai che novità… Passo la vita ad aprire parentesi all’interno di ragionamenti
senza capo ne coda avvitandomi in riflessioni che portano a discussioni e prese di
distanza da me stesso e a conseguenti nausee.
Dev’essere questa l’origine dei miei problemi di digestione: la strada percorsa dai miei
ragionamenti contorti, soffro i tornanti mentali…Ho la patologia di Escher senza averne
la genialità, come una medicina che ha solo effetti collaterali…E’ per questo che anche
durante la tua gestazione, Petunia o Gustavo, presto sapremo chi diavolo alberga tra le
viscere di Elena, ho sofferto più frequentemente io di nausee che la futura mamma.
Dicevo nascere mosca a Seoul…ma forse è eccessivo: come tale dovrei nutrirmi dagli
escrementi dei Coreani e se avete idea di cosa sia il Kimchi, potrete convenire sulle mie
perplessità. Il kimchi è fatto con cavolo (qualche volta con altri tipi di verdura, come
cetrioli, ravanelli o germogli di soia, ma il cavolo è il più comune) fermentato insieme a
peperoncino, aglio ed altre spezie. Qualcosa di abbastanza inquietante già prima della
digestione, figuriamoci poi…
Allora diciamo acaro che mi fa meno schifo e ricominciamo:
Mi sarebbe piaciuto nascere acaro a Seoul.
Acaro che si annida nelle reception degli hotel di lusso e che può osservare cosa succede
dall’altra parte della cornetta quando io chiamo per reclamare, di nuovo, notizie di una
bambola…
Cercatore di speranze
Due giorni fa, Sabato, ho di nuovo sferrato un assalto all’Imperial Palace di Seoul,
chiedendo novità sulla scomparsa di Sarah.
Che vita spoglia senza di Lei.
Una nuova interlocutrice dell’hotel, alla quale ho ri-raccontato il mio dramma, mi ha
detto:
“Velifico di nuovo signole con rost & found e la lichiamo”…
Io nel frattempo sorseggiavo affranto e senza più speranza un cappuccino, amarissimo
nonostante lo zucchero, in un bar di Affori, rimirando continuamente il cellulare.
Quand’ecco… che entra al bar la sorella di un’amica che non vedo da vent’anni.
Come va, come non va, io che avrei voglia di dirle “Aspettiamo un bambino ma ho
smarrito Sarah”, ma non mi capirebbe. Nessuno capisce il mio dramma, questo è il
dramma nel dramma.
Sarebbe irrilevante il dettaglio del bar, se non fosse che risuona il cellulare ed io mi trovo
a fare un identikit in inglese di una bambola, con la conoscente che mi guarda perplessa
mentre dico:
“Sì una bambola di circa 15 cm… Occhi grandi.”
Ci manca solo che mi giri a chiederle “Sai mica come si dice stempiata in inglese ?”…
Mentre la conoscente aggrotta la fronte, l’interlocutrice coreana prosegue con la raccolta
di informazioni…
“Se serve le mando la foto”
“No solo numelo di stanza”, dice lei
“7076”
“Ok livelifico e lichiamo”
Non faccio in tempo a giustificarmi con la conoscente, perché nel frattempo si è
allontanata salutandomi con la confidenza che si riserva in genere ai venditori di rose, che
risuona il telefono.
E’ ancora Seoul.
“Abbiamo Sarah”
“Non ci posso credere…Ditemi quanto volete ?”
“Se mi fa avele il suo indilizzo noi spediamo “
“Ve lo mando via email più tardi, grazie. Mia figlia malata, la padrona della bambola, Vi
è molto grata…”
Petunia tocca ferro, tua madre dovrebbe averne un po’ lì nel sangue.
Gustavo tocca i marroncini si sa mai.
Scelgo la mail perché non vorrei che per un’incomprensione d’indirizzo dettato al
telefono Sarah si ritrovasse a itinerare come Ulisse, rimbalzata per anni negli uffici
postali di tutto il mondo… Ha già sofferto abbastanza.
Stremizios
Ora son qui con la speranza, che non è ancora certezza, di riabbracciare Sarah che affogo
in un aperitivo, gentilmente offerto da KLM, i dubbi sul Suo possibile ritorno.
Con l’ormai consueta armata Brancaleone stiamo andando a Città del Mexico, partiti da
Amsterdam qualche ora fa.
questi son sentimenti di contrabbando meglio star qui seduto
a guardare il cielo davanti a me…
Messico e nuvole, la faccia triste dell’America
e il vento suona la sua armonica
che voglia di piangere ho…
L’aperitivo mi ha definitivamente sedato le palpitazioni: sul volo Milano-Amsterdam u
ciapà un stremisi, mi sono spaventato per i non meneghinofoni. Ero seduto in quarta fila,
posto corridoio, di un MD-80, aereo dai caratteristici motori posteriori, e mi ero avvitato,
alla partenza da Malpensa, dei tappi per le orecchie conservati dal volo precedente.
La somma delle seguenti componenti:
- Rincoglionimento genetico, di fabbrica che reco meco dalla nascita
- Rincoglionimento da recenti viaggi, su e giù dagli aerei ti gonfia le caviglie e
anche i marroni alla lunga…
- Rincoglionimento da credito di sonno, che dormir tra fusi orari e guardie in
corridoio ti riposi poco
mi ha fatto scoppiare in un sonno dirotto poco prima del decollo.
All’improvviso sopra le Alpi mi sono svegliato e non sentendo alcun rumore ho guardato
fuori e c’erano le montagne sopra le quali sembravamo immobili.
Consideriamo che il corpo umano è fatto al 70% di acqua, io nel restante 30% ho circa un
3% di razionalità, un 10% di spaventi ed il resto che si divide tra calli, unghie e pelle dei
gomiti. E’ stato il 10%, una risibile minoranza, a prendere le redini del mio cervello,
come Mastella…, e mi è partito il cuore alla velocità dello spavento ed è passato qualche
secondo prima che la mia parte razionale dominasse il resto e gli spiegasse che non
potevamo essere sospesi, immobili sulle Alpi, che il mio pensiero “O mio Dio siamo
fermi!” non poteva avere senso, come se qualcuno avesse premuto il tasto
pausa…innescando un rapido ma efficace momento di panico…
Ad Amsterdam abbiamo fatto in tempo ad andare in saletta a rimpinzarci di biscotti
burrosi e poi siamo saliti su questo velivolo per il centro America.
L’armata Brancaleone è sempre la stessa: io, un collega italiano e il solito collega greco
con le camicie da daltonico. Tempestivo come sempre nelle prenotazioni, non ha trovato
posto in business class, cosicché noi italians viaggiamo da ricchi e lui sta al piano di sotto
a intagliare la sua forma di feta con il resto del gregge…
Sarà che ormai mi sto abituando a certi lussi ma ormai non sento più l’eccitazione del
parvenue riverito dalle hostess, anche perché le hostess KLM sembrano scappate alla
Residenza Anni Azzurri. Ogni volta che ne passa una mi viene istintivo, vista la buona
educazione che ho nonostante tutto ricevuto, alzarmi e dire “Signora vuole sedersi ?”.
Alla mia sinistra ho il sosia di Sarkozy che studia un manuale di SAP, alla mia destra due
italiani con aria da ministero che polemizzano sul mancato imbarco del loro bagaglio. La
vecchia hostess cerca di confortarli dicendo che l’avranno probabilmente il giorno dopo,
ma i due non si danno pace e sbraitano di livelli di servizio e argomenti simili che poco si
conciliano con i miei tentativi di dormire.
Le nausee della gravidanza
Mi rassegno e posticipo la siesta al dopo pranzo. Mi guardo Friends, leggo Terzani e
aspetto che le tardone mi servano il pranzo.
Nel frattempo il mio stomaco comincia a segnalare un allarme biscotti al burro,
accendendo la spia di digestione complessa.
Provo ad ignorarla mangiandoci sopra le prelibatezze del catering olandese e mi spengo
nella siesta poco dopo. Durante il sonno l’allarme digestione è passato da semplice livello
di attenzione a severo, all’atterraggio sento una crescente sensazione di nausea.
Temo di non essere in grado di arginare la marea che mi si muove dentro.
Sarebbe poco chic dare di stomaco in business e so di cosa parlo visto che mi è già
successo su un volo dagli Stati Uniti qualche anno fa.
Afferro l’elegante sacchetto d’ordinanza posto nella tasca all’uopo, ove eventualmente
infilare tre quarti di faccia, e m’incammino verso l’uscita…
Sbarchiamo, ci ricongiungiamo col proletario greco ed insieme ci avviamo verso il
controllo passaporti. Io ho davvero quella sensazione che monta sempre più intensa e
quindi cerco di tenere sempre un bagno nel mio raggio visivo. Ci accodiamo per l’ufficio
dell’immigracion e lo snodarsi del serpentone non favorisce la mia nausea…
Tocca a me: raggiungo la tizia dell’immigracion che si presenta addobbata come nei
servizi di Playboy Show in cui c’è la sceriffa che ferma una stra-gnocca nel deserto e
finiscono regolarmente per sbiottarsi e leccarsi vicendevolmente sul tetto della macchina
della pula.
Sennonché la mia sceriffa qui ha una camicia taglia 42 su un corpo taglia 52, con le asole
che urlano per lo sforzo e i seni che rischiano di esplodermi in faccia da un momento
all’altro.
Ho un solo pensiero ed è che non è il momento di sbirciare nelle scollature, “Ti prego
controlla ‘sti documenti e lasciami andare in fretta: potresti averne a male, sentirti poco
apprezzata, se ti vomitassi nel decolté…”
Gracias a dios, lo stomaco regge posso andare a ritirare il bagaglio, sempre con la mano
sul sacchetto dell’Air Sickness…
Prima di uscire dall’area sbarchi c’è un controllo bagagli in uscita, con tanto di tunnel e
Raggi-X come per gli imbarchi. Passato quello una tizia in uniforme ti invita a premere
un bottone rosso grosso come una mela che fa incrementare un contatore. Sembra di
essere a Giochi senza frontiere, resto sospeso nell’attesa del fischio di fine ostilità di
Gennaro Olivieri & Guido Pancaldi…
Taxismi
Siamo fuori dall’aeroporto e, nonostante mi sembra che il peggio per il mio stomaco sia
passato, temo la prova di forza del taxi. Saliamo su di una specie di SUV che ci porta, ad
una velocità adatta ad un presidente dopo un attentato, a destinazione.
Ora, io non riesco a capire come mai a prescindere dal luogo del mondo in cui ti trovi i
taxisti abbiano comportamenti sempre simili tra loro. Come è possibile che a distanza di
migliaia di chilometri agiscano nello stesso modo? E’ come se un tempo tutti i taxisti
vivessero nella stessa area geografica e quindi, nello stesso contesto, la pangea dei taxisti,
abbiano sviluppato le stesse abitudini. La deriva dei continenti ha fatto si che poi si
sparpagliassero qua e là nel mondo ma mantenessero le stesse radici e gli stessi
comportamenti: scarso rispetto per i limiti di velocità, scarso rispetto per i non taxisti e
una spiccata reticenza verso le ricevute con innato amore per l’evasione fiscale…
Contro ogni pronostico arrivo a destinazione a bordo di questo shaker su ruote, senza
dare di stomaco. Anzi mi sembra quasi di avere digerito… E’ come se invece che
assumere qualcosa di effervescente fossi stato la parte effervescente nel taxi, ed ha
funzionato. Il caratteristico rumor di mitragliata all’interno del sacchetto di carta è cosa
che rimando a tempi peggiori…magari alla prima volta che cambierò il pannolino a
Gusti/Petu.
A destinazione
Alloggiamo nel residence D’la bonita che, al di là
della difficile pronuncia del nome che induce un
conato, anche se ormai sono quasi in forma, ha degli
appartamenti molto eleganti. Il televisore LCD
incastonato nel muro ma che ruota tra una stanza e
l’altra colpisce l’animo tamarro che alberga in me…
Sono le 20.00 ora locale ma sono le 4 del mattino
per l’ora percepita dal mio corpo, dobbiamo
combattere il JetLeg per cercare di evitare che si
ripresenti Dante domani in piena riunione…
Appuntamento alle 20.30 per cena nel ristorante adiacente l’albergo: si sta leggeri ho
appena sconfitto i biscotti… un antipastino sobrio e atun a la parilla (tonno alla griglia),
che devi ordinare arrotando per tre/quattro secondi la erre: parrrrri-ia. Olè !
Giorg ha avuto la sua veri-gud-brecfast sedici ore fa quindi salta la cena, ovviamente…
Si torna in camera dopo cena e mi lascio sorprendere dal sonno… Sveglia accettabile
intorno alle 4 del mattino, ma qui ci sono partite di calcio ventiquattr’ore al giorno,
quindi mi imbesuisco tra quelle e internet e tiro l’ora della colazione.
La colazione è un attimo misera: mi limito al caffè mentre osservo indigeni del posto
mangiare anguria e yogurt.
Siamo quello che mangiamo?
Solo la vista mi provoca il timore di mal di pancia e mi solleva dei dubbi sul metabolismo
umano: è sorprendente come, prescindendo fondamentalmente dall’alimentazione che è il
nostro combustibile, gli uomini tirino fuori alla fine le stesse cose…
Voglio dire in Italia ti mangi cappuccino e brioche, in Inghilterra uova e bacon, negli
Stati Uniti pane fritto con le uova, in Ucraina c’era il gelato con la macedonia, qui si
mangiano anguria e yogurt… A prescindere dall’input l’output finale è lo stesso, a parte
dal punto di vista del mero metabolismo…(in fondo siamo solo una fabbrica di
escrementi…e rafforzerò questa convinzione alla nascita di Gustunia), ma anche dal
punto di vista intellettuale e di salute: non esiste un popolo che sviluppi particolari
capacità o aspettative di vita diverse…
A meno che non sia il gelato con la macedonia a far venir su dei gran pezzi di gnocca in
Ucraina…
Forse qualche variazione sul tema “essere umano” l’alimentazione la comporta, sta lì il
segreto dell’attaccatura dei capelli dei messicani… Non ci sono caucasici con queste
attaccature da cartone animato che partono a punta dal centro della fronte e vanno
moquettando tutto il cranio… Sì, dev’essere senz’altro l’anguria con lo yogurt. La
consiglierò al mio amico Mauro Elvis, che festeggia il ventennale dello stempiamento a
giorni…
Fatta la colazione ci posizioniamo sul marciapiedi ad aspettare una
collega che passerà a prenderci. Ne approfitto per fotografare Giorg col
suo look ultratamarro, schermato per privacy ma credo sufficiente per
apprezzare…
Con l’occhiale a specchio è davvero irresistibile, almeno pensa lui
specie quando vede arrivarci incontro due più che discrete topas
locali… Sono le nostre colleghe mechicane, non male questo posto: bei
visi latini, look aggressivo con scarpe che potrebbero curare un
eventuale calo del desiderio, per lo meno a me e a Jake (un mio
collega feticista…).
Raggiungiamo con loro, a piedi, l’ufficio che è a pochi passi
dall’albergo. Fuori dalla sala riunioni campeggia a grandezza
naturale una sobria ed elegante pubblicità locale…
Ci disponiamo ordinatamente nella sala e comincia ad arrivare
gente, il pubblico delle grandi occasioni. Qualcuno deve aver
detto in giro che siamo qui a regalare panettoni, non si spiega
altrimenti l’afflusso di persone in questa sala riunioni.
Tutti contro tutti
Ho l’impressione di essere arrivato nel paese di Totò Cuffaro, il governatore della regione
Sicilia detto Vasa-Vasa (bacia-bacia), perché bacia tutti.
Sembrerebbe un gioco in cui ogni uomo che entra bacia tutte le donne presenti, ogni
donna bacia indiscriminatamente tutti… Peccato che in questa usanza veniamo coinvolti
solo quando arriva l’unica utente-cefalo…
Attorno al tavolo della sala riunioni ci sono schierate almeno 20 persone, qualcuno ha
alzato delle aspettative credo troppo elevate per un progetto gestito dall’armata
Brancaleone…
Assisto per l’ennesima volta alla stessa presentazione di otto ore, con intermezzo delle
stesse battute già sentite in Corea e Sudafrica. Mi sveglio solo quando sento una voce da
TopoGigio blaterare a settantotto giri: “Io non parla italiano però lo capice”.
Sollevo lo sguardo e viene da un tal Watson, un omone biondo di cento e passa chili, che
ritiene evidentemente che per parlare italiano bisogna spostarsi sul farsetto…
No al rigassificatore…
In pausa pranzo ci portano in un ristorante dove ci ammazziamo di roba fritta con salse
piccanti, tortilla di mais e fagioli a gogò, il tutto in quantità da aiuti umanitari.
Il pomeriggio non mi viene sonno solo perché sono concentrato nella governance dello
sfintere: basterebbe perderne il controllo per un attimo per essere sparato come un
palloncino in giro per la sala riunioni.
Come fa ‘sta gente a mangiare queste cose farcite al metano quotidianamente e non avere
la pancia a otto atmosfere come ce l’ho io ora?
Forse operano una silenziosa decompressione graduale, rilasciando piano piano piccole
dosi di gas che invadono l’ambiente e che loro non avvertono per l’abitudine.
Come da piccolo, quando dovevo andare al piano di sotto dalla famiglia Strozza e mi
dava fastidio: appena varcata la soglia c’era la puzza degli Strozza. Non era una
questione razziale o che, è solo che ogni famiglia ha il proprio odore e nessuno dei
componenti lo realizza, avverte solo l’odore di famiglia degli altri. E la variante Strozza
era al formaggio di fossa, per questo ai figli cercavo di dare appuntamento ai giardini…
Qui allo stesso modo sono così immersi quotidianamente nei loro gas che non se ne
rendono conto; forse devo solo entrare nella loro mentalità e lasciarmi un po’ andare, tipo
mollare uno squassante peto, guardare la caliente mexicana bruna e sussurrarle:
“You know what I mean” (tu sai cosa intendo…)
Sarebbe osare troppo, mi tengo il dubbio e anche il resto…
Arriva sera e ci accomiatiamo provati al punto da fare una cena conservativa sempre nel
ristorante adiacente l’albergo.
Un’altra notte spesa per metà a dormire, la colazione con lo stesso sguardo incredulo
verso i tizi che si nutrono di yogurt e angurie e via di nuovo al lavoro.
Tele-non-lavoro
Mentre Griciano prosegue con le presentazioni, io e Giorg dobbiamo risolvere una
questione contingente su una applicazione in Italia.
Non smetterò mai di meravigliarmi di fronte alla tecnologìa che mi consente di
controllare mouse e tastiera di un computer che sta a circa 10.000 Km da me…
Vi rendete conto di che cosa c’è dietro a tutto ciò? Io premo un tasto sulla mia tastiera e
c’è un segnale elettrico che viene sparato su un cavo che scorre sotto l’oceano poi arriva
dalle parti di Gibilterra poi si spara nel Mediterraneo, arriva a Marsiglia. Lì prende la
Serravalle e arriva a Baranzate e dice al mio computer sulla scrivania: “K”.
Se lo sapessero i miei nonni…probabilmente obietterebbero su cosa cazzo ho fatto a fare
10.000 km per andare a Città del Messico per lavorare come se fossi a Baranzate, quando
Baranzate è a 10 km da casa… saggezza degli anziani!
Altro che a guardare i lavori del metrò a supervisionare i costi nelle multinazionali li
manderei!
Interrompiamo la nostra visita virtuale a Baranzate per il pranzo, di nuovo a farci gasare
al ristorante. Se si pranzasse da un gommista uscirei meno gonfio.
Solite tacos, nachos, tortillas etc. mentre TopoGigio racconta aneddoti mexicani: ci sono
150 tipi di chili e 60 tipi di Tequila in Mexico…
O Madonna, partiamo con questi discorsi che mi annoiano a morte… Ci manca solo che
dica che il dialetto che si parla a Città del Messico non è un dialetto ma è una lingua e
sembra di essere “ovunque”.
Io sono milanese e se c’è una cosa di cui sono orgoglioso come milanese è quella di non
considerare unico nulla di ciò che abbiamo, ma al massimo caratteristico. Non ho mai
sentito un milanese dire: “solo noi abbiamo 24 tipi di cotolette alla milanese” o “53 tipi di
verze”, ma nel resto di Italia e/o del mondo ovunque ho sempre sentito gente decantare
l’unicità delle proprie cose e le peculiarità dei propri dialetti.
Ma chissenefrega dei 150 tipi di Chili e delle 60 Tequile, io i peperoni nemmeno li
digerisco e preferisco la grappa alla tequila…
“Pensa che ci sono dei chili che non devi toccare a mani nude perché ti bruciano le mani
per giorni ?”.
E secondo te quello che tu tocchi coi guanti io lo dovrei mangiare?
Neripercaso
Mamma mia che gonfiore, mi aspetta un altro pomeriggio di training autogeno per le
chiappe e stasera per di più ci portano fuori a cena…
Torno di nuovo virtualmente a Baranzate fino a quando
muoviamo in direzione del ristorante Los Remedios, aperto 22
ore al giorno con musica dal vivo todo el dia!
Giorg, socievole come San Paolo di Tebe, è rimasto in camera
a pregare e mortificarsi, come un buon eremita. Io e Griciano
siamo a tavola con l’utente gnocca-fetish, l’utente-gnocca,
l’utente-cefalo e un direttorone.
Attorno gente balzana suona e canta cose poco melodiose.
Il gruppo dei cantanti è costituito da un’accozzaglia di
individui che emettono urla strazianti su melodie fuori tempo.
Si distinguono l’uomo
con la chitarra più
grossa del Messico,
l’indimenticato Ruben
Sosa alla fisarmonica e
Crapanzano alla crosta
di parmigiano…
Sono così poco piacevoli
da ascoltare che nel
locale, in sottofondo alla loro performance dal vivo, c’è musica diffusa di tutt’altro
genere. Il risultato è il caos più totale, tipo viale Marche alle 7.45 del Lunedì.
Mangiamo le solite sostanze nocive bevendoci sopra della birra mischiata ad aranciata (la
bibita mas disetante del Mechico…), con l’aggravante del sale sul bordo dei bicchieri che
sulle mie labbra arse dà una poco piacevole sensazione di soda caustica su una ferita…
La serata scorre piacevole, con i neripercaso che ci urlano nelle orecchie e picchiano i
tacchi mentre noi sgranocchiamo chips e salsa. Parliamo del più e del meno ma non
essendoci TopoGigio non saprò mai quanti tipi di birre e di sale ci sono qui…
Da veri latin lover italiani molliamo le topas al ristorante e torniamo a casa col
direttorone… per l’ultimo sonno in Mechico.
Sonno interrotto durante la notte dai meteorismi in atto in me: se potessi avere una foto di
ciò che sta accadendo nella mia pancia potrei tranquillamente sostituirla alla
documentazione del colonnello Giuliacci durante l’arrivo dell’anticiclone delle Azzorre e
farlo ragionare per ore sulle trasformazioni termodinamiche del mais in gas…
Notte di note: Do, ma non di petto…
La notte trascorre così:
- sonno
- peti nel sonno
- mi sveglio a vantarmi
- sonno
E così via…
Mi ridesto in una nube di gas, faccio colazione, saldo il conto e andiamo in ufficio per
l’ultima giornata.
Terminiamo le solite attività già viste negli altri posti: un pizzico di presentazione mia,
raccolte di commenti vari e pranzo, ancora… Mamma mia che massacro di cibo ‘sta
tappa.
Prima di accomiatarci vado a verificare online dove diavolo si trovi Sarah ora…
E’ in transito! E’ stata prelevata ieri dall’albergo ed ora è nelle mani di DHL in viaggio
verso casa. Non capisco perché non sia andato a prenderla un aereo militare o della Croce
Rossa, non si merita di viaggiare così come fosse un frullatore comprato su eBay…ma è
confortante sapere vagamente dove si trovi, finalmente orientata nella direzione giusta.
Sollevato, anche se non mi illudo di aver risolto la questione, faccio il giro dei saluti:
ormai siamo del posto baciamo tutti anche noi.
Veniamo caricati su di un taxi e mandati in aeroporto.
Non abbiamo davvero visto nulla di Città del Messico, solo
la strada tra l’aeroporto e l’albergo.
Ho giusto il tempo di apprezzare da alcuni flash veloci che
è un posto in cui potrei adattarmi a vivere facilmente. Fermi
al semaforo vediamo un cantiere con un ponteggio su cui ci
sono cinque operai… Uno in alto guarda giù appoggiato al
parapetto, un altro fuma in piedi, un altro appoggiato al
muro fa merenda, altri due conversano amabilmente seduti
uno di fronte all’altro. Nessuno dei presenti lavora,
accosterei per lasciare un curriculum, ma non c’è tempo…
Un’altra immagine balzana è quella di un esercizio
commerciale dove si fanno fotocopie… I prezzi
sono scritti a caratteri cubitali sull’esterno
dell’edificio, cosa che se per caso aumenta il
prezzo dei toner devi rifare la facciata… Mi viene
il dubbio che abbiamo lo stesso lungimirante
amministratore condominiale…
MXC-AMS
Sono in aereo con i miei calzini di ordinanza pronto al decollo. Le hostess sono le zie
delle vecchie che c’erano l’altra volta.
Come diceva il collega Manzoni, una è di una bellezza passata ma non trascorsa, mentre
l’altra è proprio di una bellezza passata sì, ma da tutt’altra parte rispetto a lei. Oltretutto
ha anche il cervello in pappa visto che mi si avvicina ad un certo punto e mi dice che può
darmi un’altra biro ma dovrei restituirle quella che mi ha prestato prima.
Io la guardo come se mi parlasse in olandese e lei riformula la frase in inglese più
lentamente. Il punto è che questa a me non ha dato nessuna biro prima, non l’ho mai
vista!
Ha la stessa lucidità della mia nonna materna quando diceva “lasum fa de mi che mi fu i
rop fa ben”1 e metteva le scarpe in frigorifero…
Ci mancava proprio la hostess da compatire…
Nonostante si voli con l’Ali-alzheimer tutto va per il meglio, io posso dormire e sognare
Sarah che fa il controllo passaporti a Seoul prima dell’imbarco…
Scalo ad Amsterdam ed arrivo a Milano in mattinata, la mia cara bela vegia Milan, non
vedo l’ora di abbracciare un ossobuco…
Pensavo di scherzare quando iniziavo i racconti dicendo “io per lavoro viaggio molto”,
qui si rischia mi si prenda sul serio, a parte la parola “lavoro” ovviamente…
Io per [spazio da affittare] viaggio molto…e dopodomani si riparte per l’Australia…
1
Lascia fare a me che io faccio le cose per bene