il ruolo della “fine del mondo” - Istituto Lombardo Accademia di
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ISTITUTO LOMBARDO ACCADEMIA DI SCIENZE E LETTERE 20121 M I L A N O ______ Ciclo di lezioni La fine del mondo: profezie, superstizioni, teorie scientifiche 29 marzo 2012 – 7° lezione TELMO PIEVANI (Università degli Studi di Milano-Bicocca) Catastrofismi di ieri e di oggi: il ruolo della “fine del mondo” come fattore di cambiamento Fra circa cinque miliardi di anni il Sole esaurirà il suo combustibile e si espanderà in una gigante rossa travolgendo la fragile teoria dei suoi pianeti. Ma forse già prima la nostra galassia avrà iniziato a scontrarsi con quella di Andromeda, in una meravigliosa danza stellare che durerà milioni di anni e alla quale nessun umano, forse, potrà assistere. La specie umana, secondo i parametri evoluzionistici, è ancora giovane: ha “soltanto” 200-180mila anni. Non solo, essa è rimasta l’unica su questo pianeta da pochissimo tempo, da quando alcune decine di migliaia di anni fa si sono estinte le altre quattro specie umane che abitavano la Terra. E pensare che noi mammiferi non ci saremmo diversificati in questo modo se i dinosauri (tranne i loro discendenti uccelli) non fossero stati travolti da una catastrofe. E a loro volta i dinosauri erano i discendenti fortunati di altre estinzioni di massa. Nell’evoluzione, la fine del mondo di qualcuno è l’inizio del mondo di qualcun altro. Tuttavia, in questo arco di tempo noi abbiamo scatenato un’evoluzione culturale e tecnologica rapidissima, tanto che qualcuno pensa che la prossima volta l’asteroide saremo noi. I fattori solitamente indicati come possibili cause della fine sono numerosi, alcuni più fantasiosi, altri meno: dall’idea di un’intelligenza artificiale che si rivolge contro il genere umano, alla collisione della Terra con una cometa, dal rischio di una pandemia improvvisa e definitiva, fino al minacciato picco del petrolio. E poi ancora, attacchi terroristici, guerre nucleari, improvvise glaciazioni, ma soprattutto crisi climatiche. Ad accompagnare la discussione, gli aspetti più etici e filosofici del problema: qual è la nostra responsabilità qui e ora per una catastrofe che si potrebbe verificare in un lontano domani? Siamo capaci di un investimento etico per un esito così lontano nello spazio e nel tempo? Perché molte civiltà e culture sono andate incontro al loro collasso senza fermarsi prima? E poi, come sarà il mondo quando la specie umana non ci sarà più? Alcuni scienziati e filosofi difendono oggi la più ottimistica possibilità escatologica secondo cui noi uomini sopravvivremo a lungo e magari ci diffonderemo nella nostra e in altre galassie prima che la Terra divenga inospitale per la vita. Se poi questo sarà un bene o meno per le altre galassie, è tema per i post-apocalittici che sopravvivranno alla fine del mondo immaginaria del 2012.