Se a causa di un incidente stradale l`avvocato rimane fermo per un

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Se a causa di un incidente stradale l`avvocato rimane fermo per un
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Se a causa di un incidente stradale l'avvocato rimane fermo per
un mese non ha diritto al risarcimento del lucro cessante.
Il testo integrale
Suprema Corte di Cassazione
Sezione III Civile
Sentenza 14 novembre 2011, n. 23761
In fatto e in diritto
Il ricorrente impugna la sentenza della Corte di Appello di Roma, depositata il 23 luglio
2008, la quale. confermando sul punto che qui rileva quella di primo grado, ha ritenuto
non provata la richiesta di liquidazione del danno patrimoniale futuro da lucro cessante.
non potendo la presunzione di esistenza dello stesso discendere automaticamente
dall'accertata esistenza di un’invalidità temporanea: pur essendo ammissibile la prova per
presunzioni, il danneggiato non può eludere il proprio onere di allegare le circostanze di
tatto idonee all'ammissione delle ragionevoli presunzioni: l’incidente si era verificato il :
8.8.1991 e le sue conseguenze protratte al 3.10.1991 (epoca di poco successiva alla
ripresa dell'ordinaria attività giurisdizionale; di primo acchito, poteva escludersi
un’apprezzabile contrazione della possibilità di lavoro e di guadagno; l’avvocato poiché per
i liberi professionisti l’invalidità temporanea può comportare solo un mero differimento
temporale dell’esecuzione delle prestazioni, per verificare l’effettivo decremento
patrimoniale è opportuno tener conto di un ampio periodo di osservazione, onde acclarare
se alla riduzione degli introiti nel tempo immediatamente successivo al sinistro non
corrisponda un aumento degli incassi (in seguito) ascrivibile ragionevolmente all'attuazione
degli impegni assunti ante fatto dannoso.
Pertanto. la Corte territoriale riteneva che la valutazione del Tribunale che aveva negato
la possibilità di ritenere “automaticamente provato” il danno patrimoniale solo perché
erano state presentate le dichiarazioni dei redditi degli ultimi tre anni (la diversità dei
redditi lavorativi del 1991 rispetto a quelli del 1992 era per la Corte territoriale sintomatica,
non dell'asserita contrazione dei redditi professionali nel periodo di invalidità temporanea,
ma dell'aleatorietà dei redditi del professionista come dimostrava anche il dato relativo ad
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un altro degli anni in considerazione) il mancato assolvimento dell'onere probatorio da
parte del danneggiato.
L'infortunato ricorre per cassazione con unico motivo articolato in tre profili; resiste la
compagnia assicuratrice con controricorso, illustrato con memoria, mentre l’altro intimato
non ha Svolto attività difensiva.
Questi i profili di censura dedotti dal ricorrente:
violazione e falsa applicazione dell’art. 4 d.lg. n. 857/1976 come modificato dalla l. n.
39/1977, rispetto al quale chiede alla Corte:
se vi è violazione e falsa applicazione dell'art. 4 del D.L. 23 dicembre 1976 n. 587..
convertito e modificato con legge n.39 del 26 febbraio 1977, allorquando, come nella
specie, la Corte territoriale dovendo procedere ad esaminare e decidere la domanda di
risarcimento del danno per lucro cessante proposta dal lavoratore autonomo (nella specie
avvocato) conseguente e correlata alla inabilità temporanea pari al 100% di giorni 40,
accertata dal Giudice di primo grado con statuizione definitiva, in relazione ad un sinistro
stradale, ha rigettato la suddetta domanda, ritenendola non adeguatamente provata da
parte del danneggiato, senza considerare, quindi, che in ipotesi di inabilità temporanea
totale era necessario e sufficiente, ai fini della individuazione e quantificazione del
lamentato danno patrimoniale (lucro cessante) e, quindi, ai fini di assolvere l’onere
probatorio di spettanza dello stesso danneggiato, depositare in atti, come avvenuto nella
fattispecie, la dichiarazione dei redditi degli ultimi tre anni, così come previsto dal precitato
art. 4;
se, alla stregua del precitato art. 4, in ipotesi di inabilità temporanea totale (100%), il
professionista (lavoratore autonomo) debba addurre elementi di prova specifici ulteriori
rispetto alle dichiarazioni dei redditi relativi agli ultimi tre anni, ovvero se, in
considerazione dell’entità di detta inabilità (100%), si deve dedurre automaticamente una
perdita di guadagno proporzionata alla durata e al grado di inabilità, ritenendo, quindi,
sufficiente ai fini della individuazione e quantificazione del danno l’allegazione delle
dichiarazioni dei redditi di cui si è detto;
violazione e falsa applicazione degli artt. 2697 e 2729 c.c. e chiede alla Corte:
se vi è violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 e dell’art. 2729 c.c. e più in generale
dei principi e norme che disciplinano l’onere della prova in ipotesi di domanda di
risarcimento del danno patrimoniale (lucro cessante) conseguente e correlata alla inabilità
temporanea totale (100%) che ha colpito il lavoratore autonomo (avvocato) in
conseguenza di sinistro stradale, allorquando come nella specie la Corte territoriale,
facendo applicazione dei principi sanciti da codesta Suprema Corte in ipotesi lucro
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cessante in presenza di menomazione di lieve entità, ha ritenuto che fosse onere del
danneggiato, non solo allegare le dichiarazioni dei redditi relative agli ultimi tre anni, ma
allegare, altresì, circostanze di fatto idonee a dimostrare, anche a livello presuntivo, che
l’invalidità temporanea, che ebbe a colpire il lavoratore, ha, in concreto, inciso sulla sua
capacità di produrre reddito, con conseguente danno patrimoniale risarcibile:
se, quindi, vi può essere equiparazione, anche con riferimento alle regole che governano
l’onere della prova, tra l’ipotesi di domanda di risarcimento del danno per lucro cessante
conseguente a microinvalidità (fino al 9%) permanente e l’ipotesi di domanda di
risarcimento del danno per lucro cessante conseguente a inabilità temporanea totale
(100%).
Insufficiente ed erronea motivazione su punto decisivo e chiede alla Corte:
se ricorre il vizio di insufficiente ed erronea motivazione su un punto decisivo della
controversia allorquando, come nella specie, la Corte territoriale, chiamata a decidere su
una domanda di risarcimento del danno patrimoniale (lucro cessante) correlata e
conseguente alla accertata inabilità temporanea totale (100%) che ha colpito il lavoratore
autonomo (avvocato), in conseguenza di sinistro stradale, ha ritenuto operanti i principi
sanciti da codesta Suprema Corte con la sentenza n. 19357/07, pronunciata nella diversa
fattispecie in cui era stato riconosciuto ad un avvocato un danno biologico permanente
minimo e si dibatteva sulla possibilità o meno di riconoscere al medesimo anche il lucro
cessante;
se, quindi, possa ritenersi sufficientemente e correttamente motivata la sentenza
impugnata nella parte in cui la Corte territoriale, benché consapevole della diversità delle
due fattispecie (quella di cui è causa e quella contemplata nella sentenza di codesta
Suprema Corte n. 19357/07), abbia proceduto ad una loro equiparazione, limitandosi a
statuire che detta sentenza della Suprema Corte “appariva istruttiva” e che, pertanto, in
applicazione dei principi enunciati nella predetta sentenza, si doveva negare automatismo
nella risarcibilità del danno patrimoniale fondato sulla legge n. 39 del 1977.
I quesiti ed i momenti di sintesi sono idonei, diversamente da quanto ritenuto dal P.G. (sul
punto dovendosi condividere le osservazioni scritte della difesa del ricorrente). Tuttavia, le
censure – da trattarsi congiuntamente data l’intima connessione, avendo tutte ad oggetto
il medesimo punto della decisione impugnata – sono infondate. La Corte territoriale ha
motivato perché, nel caso di specie, dall’accertata esistenza di una invalidità temporanea,
peraltro protrattasi per soli 17 giorni oltre la ripresa dell’attività giurisdizionale all’esito del
“periodo feriale”, non poteva “automaticamente” discendere la presunzione di esistenza di
un danno da lucro cessante, dando atto che anche in primo grado esso era stato escluso,
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non avendo l’attore allegato le circostanze di fatto “idonee ad autorizzare l’ammissione
delle ragionevoli presunzioni” idonee al riconoscimento della voce di danno in questione.
Ciò dimostra che la decisione adottata non incorre negli indicati vizi motivazionali, essendo
stata congruamente motivata, né nelle dedotte violazioni di legge, avendo, peraltro
dichiaratamente, fatto corretta applicazione del consolidato orientamento di questa S.C.,
secondo cui tra lesione della salute e diminuzione della capacità di guadagno non sussiste
alcun rigido automatismo, per cui in presenza di una lesione della salute, anche di non
modesta entità, non può ritenersi ridotta in egual misura la capacità di produrre reddito,
ma il soggetto leso ha sempre l’onere di allegare e provare, anche mediante presunzioni,
che l’invalidità permanente abbia inciso sulla capacità di guadagno (Cass. 10 luglio 2008 n.
18866; 29 aprile 2006 n. 10031). In altri termini, mentre l’invalidità permanente (totale o
parziale) concorre di per sé a dar luogo a danno biologico, la stessa non comporta
necessariamente anche un danno patrimoniale, a tal fine occorrendo che il giudice, oltre
ad accertare in quale misura la menomazione fisica abbia inciso sulla capacità di
svolgimento dell’attività lavorativa specifica e questa, a sua volta, sulla capacità di
guadagno, accerti se ed in quale misura in tale soggetto persista o residui, dopo e
nonostante l’infortunio subito, una capacità ad attendere ad altri lavori, confacente alle
sue attitudini e condizioni personali ed ambientali, ed altrimenti idonei alla produzione di
altre fonti di reddito, in luogo di quelle perse o ridotte. Solo se dall’esame di detti elementi
risulti una riduzione della capacità di guadagno e del reddito effettivamente percepito,
questo è risarcibile sotto il profilo del lucro cessante. La relativa prova incombe al
danneggiato e può essere anche presuntiva, purché sia certa la riduzione della capacità di
lavoro specifica (Cass. 29 gennaio 2010 n. 2062; 23 gennaio 2006 n. 1230).
La liquidazione di tale danno, peraltro, non può essere effettuata in modo automatico in
base ai criteri dettati dall’art. 4 della legge 26 febbraio 1977, n. 39, norma che non
comporta alcun automatismo di calcolo, ma si limita ad indicare alcuni criteri di
quantificazione del danno sul presupposto della prova relativa, che comunque incombe al
danneggiato e che può essere data anche in via presuntiva, purché sia certa la riduzione di
capacità di lavoro specifica (Cass. 20 gennaio 2006 n. 1120).
Ne deriva il rigetto del ricorso. Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza nei
rapporti tra le parti costituite, secondo la liquidazione di cui al dispositivo
P.Q.M.
Rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento nei confronti della
contro ricorrente delle spese del presente giudizio che liquida in Euro 3.200, di
cui Euro 3.000 per onorario, oltre alle spese generali ed accessori di legge.