1 Intervento del Presidente del Senato Grasso all`incontro "Come

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1 Intervento del Presidente del Senato Grasso all`incontro "Come
Intervento del Presidente del Senato Grasso all'incontro "Come vincere
la sfida dell'immigrazione? Accoglienza, inclusione, lavoro: le riforme
necessarie a partire dai Comuni e dal superamento della Bossi-Fini"
Sala Zuccari, 20 gennaio 2017
Cari colleghi e amici, cari Sindaci, Signore e Signori,
Ho accolto davvero con molto piacere la proposta di Emma Bonino ed Enzo Bianco
di ospitare in Senato questo incontro sui temi dell'immigrazione nel nostro Paese accoglienza, inclusione, lavoro - visti attraverso la prospettiva del territorio, vale a
dire alla luce delle esperienze delle amministrazioni locali. La materia, come tutti
sappiamo, è molto complessa perché si intrecciano sfide geopolitiche, economiche,
istituzionali, sociali, di sicurezza. Per questo credo sia necessario confrontarsi in
momenti di riflessione come questo, perché il nostro primo sforzo è comprendere
la realtà fuori dai falsi miti e superando demagogie, semplificazioni, luoghi comuni,
steccati ideologici e pregiudizi politici. Le demagogie e i populismi si scontrano
sempre con la necessità di dare risposte concrete, di governare le tante urgenze
delle realtà che riguardano la quotidianità e la vita delle persone. In questo senso,
credo che il contributo che possono dare i Sindaci, la prima linea dello Stato sul
territorio, sia determinante perché misurarsi con i problemi concreti dal terreno
dell'ideologia vuota riporta a quello dell'umanità, dei suoi bisogni e fragilità, da un
lato, e al confronto con la legittima richiesta di sicurezza dei cittadini.
Prima di lasciarvi agli interessanti interventi del pomeriggio, vorrei proporre alcune
brevi osservazioni. Io penso che per occuparsi davvero di migrazioni, bisogna per
prima cosa abolire la parola "emergenza", che richiama l'idea di fatti passeggeri
destinati a non durare nel tempo. Al contrario, sono coinvolti fenomeni strutturali
complessi, come le destabilizzazioni in Medio Oriente, in Africa e nel Mediterraneo.
Conflitti, violazioni dei diritti, povertà e assenza di prospettive hanno prodotto un
universo di sessanta milioni di persone senza identità, senza volto e nazionalità,
sballottati fra barconi, frontiere, manganelli, odio, campi profughi. Servono quindi
strategie geopolitiche, coniugate ad appropriate misure organizzative e adeguate
politiche legislative. Mi pare che questa forte necessità di visione complessiva del
1 fenomeno sia presente nel lavoro del Presidente Gentiloni e del Ministro Minniti in
queste poche settimane di governo. L'Unione è purtroppo rimasta sostanzialmente
assente dal quadrante meridionale, paralizzata da egoismi e distratta dall'interesse
sull'asse orientale, e si deve all'intenso lavoro italiano a Bruxelles il fatto che solo
di recente nel lessico europeo sia finalmente entrata la parola "Africa" e si stia
facendo strada progressivamente la consapevolezza della necessità di investire
politicamente ed economicamente nei Paesi in difficoltà. Quanto al soccorso e
all'accoglienza dei migranti, vorrei rispondere alla sostanziale indifferenza di alcuni
Paesi europei e alla freddezza di altri, con le parole di Papa Francesco, che ha
detto che l'Europa è "la patria dei diritti umani e chiunque vi metta piede.. deve
poterlo sperimentare". Io ripeto di continuo, l'ho fatto più volte anche nelle sedi
multilaterali europee, che l'accoglienza dei profughi non è un atto di liberalità, non
è un gesto di generosità, una manifestazione di buon cuore: è un doppio dovere
morale e giuridico: dovere di soccorrere chi è in difficoltà in mare e dovere di
fornire a chi fugge da conflitti e da persecuzioni la protezione cui ha diritto in base
alle norme internazionali. Uno dei problemi più urgenti è garantire ai richiedenti
asilo un esame rapido delle loro istanze e a questo fine io considero importante
rivedere i relativi procedimenti in modo da assicurare il riconoscimento dei diritti in
modo più snello e veloce, come il governo si appresta a fare. Concordo anche con
l'intento di abrogare il reato di ingresso e soggiorno illegale nel territorio dello
Stato che costituisce un ostacolo alle misure amministrative e un appesantimento
inutile del sistema giudiziario e carcerario senza aumentare né diritti né sicurezza.
In secondo luogo, a proposito di accoglienza, ho avuto modo di osservare in varie
aree del Paese esperienze molto positive di impegno e interazione dei Comuni con
le prefetture, le forze dell'ordine, le altre articolazioni territoriali del governo e le
popolazioni. Penso che le pressioni cui il sistema è sottoposto (ad oggi 176.000 gli
immigrati ospitati nelle varie strutture) e la contingenza economica richiedano la
razionalizzazione delle risorse anche grazie alle buone prassi di accoglienza diffusa
che saranno illustrate dai Sindaci: modelli che riescono a contemperare in modo
trasparente gli interessi dei rifugiati, quelli delle comunità e quelli dei territori. In
terzo luogo, io credo che il declino demografico del Paese e la determinante quota
di ricchezza che in Italia è prodotta dagli immigrati debbano spingere la politica a
riflettere con maggior attenzione sulle sfide dell'integrazione degli immigrati nel
2 tessuto sociale, anche attraverso politiche lungimiranti sulla concessione dei diritti
politici e di cittadinanza. Il Parlamento sta finalmente cominciando ad affrontare i
problemi e in Senato sono stati calendarizzati per la prossima settimana due
provvedimenti importanti: quello sulla protezione dei minori non accompagnati, un
fenomeno gravissimo se si pensa che nel 2016 sono giunti in Italia 26.000 minori
non accompagnati e altrettanti ne erano sbarcati fra il 2014 e il 2015, e quello in
tema di cittadinanza.
Io penso che il nostro Paese abbia una responsabilità speciale di fronte a questa
umanità dolente, una responsabilità che deriva da quello che siamo, da dove
veniamo, dalla nostra storia millenaria. Credo che questa consapevolezza debba
indurci a pensare i problemi (che sono tanti e di soluzione non certo semplice)
diversamente, lavorando a un progetto di futuro nel quale la coesione sociale non
si costruisce attorno alla religione, la nazionalità, la lingua o l'etnia, ma attorno
alla solidarietà e alla capacità di ciascuno di impegnarsi per il bene comune. Vi
auguro dunque buon lavoro e vi ringrazio.
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