integrali di superficie - Dipartimento di Matematica

Transcript

integrali di superficie - Dipartimento di Matematica
1. PREMESSA
1
INTEGRALI DI SUPERFICIE
Umberto Marconi
Dipartimento di Matematica – Università di Padova
1
Premessa
Nella seguente esposizione le definizioni non saranno molto rigorose e sarà posta maggiore
attenzione a un punto di vista operativo.
L’ambiente in cui lavoreremo sono gli spazi orientati a dimensione finita Rn con fissata la
base ortonormale canonica e1 , e2 , . . . , en . Se v ∈ Rn , scriviamo ⃗v se lo pensiamo come
vettore differenza di due punti ⃗v = y − x = v − 0; in ogni caso gli elementi di Rn potranno
essere pensati come punti e come vettori, anche se scritti senza freccina (il significato sarà
chiaro dal contesto).
2
Raggio vettore e sfere
Fissiamo un punto ξ ∈ Rn , che sarà pensato come centro di simmetria sferica:
ξ = (ξ1 , . . . , ξn ).
Per ogni punto x ∈ Rn \ {ξ} poniamo ⃗r = x − ξ e chiamiamo ⃗r raggio vettore di origine ξ.
Il modulo del raggio vettore lo scriviamo con il simbolo:
1
r = (⃗r · ⃗r) 2 =
√
(x1 − ξ1 )2 + · · · + (xn − ξn )2
Il versore associato a ⃗r viene indicato con ⃗ν = ⃗rr .
Osserviamo che la i-esima componente del versore è data da:
νi = √
xi − ξi
(x1 − ξ1
)2
per cui
+ · · · + (xn − ξn
(
⃗ν = ∇r =
∂r
∂r
,...,
∂x1
∂xn
)2
=
∂r
∂xi
)
è il gradiente di r.
L’insieme dei versori ⃗ν forma la sfera (n − 1)-dimensionale Sn−1 = ∂B n , superficie che
costituisce la frontiera della palla unitaria B n .
Con Bρ e ∂Bρ indichiamo la palla e la sfera di raggio ρ e centro ξ, cioè Bρ = ξ + ρB n e
∂Bρ = ξ + ρSn−1 .
La sfera unitaria può essere parametrizzata con le due rappresentazioni cartesiane:
(
x1 , x2 , . . . , xn−1 , ±
√
)
1 − (x21 + · · · + x2n−1 )
2
Se vogliamo una sola rappresentazione, dobbiamo introdurre n − 1 parametri angolari
ϑ = (ϑ1 , . . . , ϑn−1 ) in modo da poter scrivere x = ⃗ν (ϑ). Se scriviamo la rappresentazione
angolare con le coordinate avremo:

x1 = ν1 (ϑ1 , . . . , ϑn−1 )




x2 = ν2 (ϑ1 , . . . , ϑn−1 )
(⋆)
.

..



xn = νn (ϑ1 , . . . , ϑn−1 )
La matrice jacobiana della funzione è:
 ∂ν1
∂ϑ1
 .
 ..
(
)

∂νi
 ∂νi
=  ∂ϑ
 1
∂ϑj 1 ≤ i ≤ n
 ..
1≤j ≤n−1
 .
∂νn
∂ϑ1
...
...
∂νi
∂ϑj
...



∂νi 
∂ϑn−1 

.. 
. 
∂νn
∂ϑj
...
∂νn
∂ϑn−1
..
.
...
Nella matrice a volte scriviamo xi al posto di νi , cioè
∂xi
∂ϑj
∂ν1
∂ϑn−1
..
.
..
.
...

∂ν1
∂ϑj
invece di
∂νi
∂ϑj .
Osservazione 1 Osserviamo che:
• la j-esima colonna rappresenta la derivata parziale rispetto alla componente j-esima,
∂⃗
ν
∂x
cioè ∂ϑ
= ∂ϑ
;
j
j
• la i-esima riga rappresenta invece ∇νi = ∇xi , cioè il gradiente della i-esima componente;
• poiché il gradiente è il vettore riga associato al differenziale, indicheremo la i-esima
riga con dxi .
Questa osservazione vale naturalmente per tutte le matrici jacobiane.
Poiché ⃗ν · ⃗ν = 1, derivando rispetto a ϑj otteniamo:
2⃗ν ·
per cui, nel caso della sfera, i vettori
∂⃗
ν
∂ϑj
∂⃗ν
=0
∂ϑj
sono ortogonali al raggio vettore.
∂⃗
ν
ν
Noi sappiamo che lo spazio vettoriale generato da ∂ϑ
, . . . , ∂ϑ∂⃗
è lo spazio vettoria1
n−1
le tangente alla sfera (e il suo traslato nel punto ⃗ν (ϑ) è l’iperpiano affine tangente);
di conseguenza per la sfera abbiamo che il versore del raggio vettore è ortogonale alla
superficie.
Cerchiamo ora un metodo induttivo per ricavare la rappresentazione angolare x = ⃗ν (ϑ).
Pensiamo Rn = Rn−1 × R e Rn−1 = Rn−1 × {0}; poiché Sn−2 ⊆ Rn−1 , possiamo scrivere:
Sn−2 = Sn−2 × {0} = Sn−1 ∩ (Rn−1 × {0}) = Sn−1 ∩ {xn = 0}
Supponiamo di conoscere la parametrizzazione angolare dell’equatore Sn−2 × {0} chiamiamola ⃗u = ⃗u(ϑ1 , . . . , ϑn−2 ).
La funzione ⃗u ha l’ultima componente nulla, cioè ⃗u = (u1 , . . . , un−1 , 0).
2. RAGGIO VETTORE E SFERE
3
Consideriamo sopra l’iperpiano xn = 0 il versore ⃗en ; fissato ⃗u ∈ Sn−2 × {0}, vogliamo
scrivere un punto ⃗ν appartenente al meridiano passante per ⃗u e con estremi ±⃗en . Esso
sarà combinazione lineare dei vettori ⃗u ed ⃗en tramite seno e coseno, cioè:
(⋆⋆)
⃗ν (ϑn−1 ) = cos(ϑn−1 )⃗en + sin(ϑn−1 )⃗u
ove ϑn−1 ∈ [0, π] (se ci piace l’intervallo aperto, escludiamo i poli).
Poiché ⃗u è funzione di (ϑ1 , . . . , ϑn−2 ), avremo che ⃗ν è funzione di (ϑ1 , . . . , ϑn−2 , ϑn−1 ).
Con le coordinate, possiamo scrivere:

x1
= u1 (ϑ1 , . . . , ϑn−2 ) sin ϑn−1




x
=
u2 (ϑ1 , . . . , ϑn−2 ) sin ϑn−1

2

..
.



xn−1 = un−1 (ϑ1 , . . . , ϑn−2 ) sin ϑn−1



xn
= cos ϑn−1
Procedendo induttivamente abbiamo:
• n = 2, cioè S1 :
{
x1 = sin ϑ1
x2 = cos ϑ1
• n = 3, cioè S2 :
• n = 4, cioè S3 :
qui ϑ1 ∈ [0, 2π]
(per evitare la sconnessione in due pezzi che viene dal caso n = 1)

 x1 = sin ϑ1 sin ϑ2
x2 = cos ϑ1 sin ϑ2

x3 = cos ϑ2

x1



x2
x


 3
x4
= sin ϑ1 sin ϑ2 sin ϑ3
= cos ϑ1 sin ϑ2 sin ϑ3
= cos ϑ2 sin ϑ3
= cos ϑ3
ϑ1 ∈ [0, 2π]
ϑ2 ∈ [0, π]
ϑ1 ∈ [0, 2π]
ϑi ∈ [0, π]
• n qualsiasi, cioè Sn−1 :

x1
= sin ϑ1 sin ϑ2 sin ϑ3 · · · sin ϑn−1




x2
= cos ϑ1 sin ϑ2 sin ϑ3 · · · sin ϑn−1



 x3
= cos ϑ2 sin ϑ3 · · · sin ϑn−1
..

.




x
= cos ϑn−2 sin ϑn−1


 n−1
xn
= cos ϑn−1
ϑ1 ∈ [0, 2π]
ϑi ∈ [0, π]
Raramente scriveremo questa parametrizzazione esplicita, mentre la useremo molto nella
forma (⋆) e (⋆⋆).
D’ora in poi ⃗ν sarà sempre pensato come funzione di ϑ, ove ϑ varia nel dominio aperto Ω
delle coordinate angolari dato da 0 < ϑ1 < 2π, 0 < ϑi < π per i > 1. Con questa
restrizione ⃗ν diventa un diffeomorfismo sulla propria immagine, però viene esclusa l’intersezione di Sn−1 con il mezzo iperpiano {x1 = 0} ∩ {x2 ≥ 0}. Se non mettiamo limitazioni
sui parametri angolari, avremo un diffeomorfismo locale tra Rn−1 e Sn−1 .
4
3
Coordinate sferiche
La trasformazione coordinate sferiche di centro ξ è la seguente:
(r, ⃗ν ) 7−→ ξ + r⃗ν
ove r > 0 e ⃗ν ∈ Sn−1 .
L’inversa, definita su Rn \ ξ, sarà:
x 7−→ (|x − ξ|,
x−ξ
)
|x − ξ|
Poiché ⃗ν è funzione delle coordinate angolari ϑ = (ϑ1 , . . . , ϑn−1 ), cioè ⃗ν = ⃗ν (ϑ), chiameremo trasformazione coordinate sferiche anche la seguente:
(r, ϑ) 7−→ ξ + r⃗ν (ϑ)
cioè:
x = Φ(r, ϑ) = ξ + r⃗ν (ϑ),
ove ϑ = (ϑ1 , . . . , ϑn−1 )
In questo caso, se ϑ appartiene al dominio aperto Ω delle coordinate angolari verrà escluso
un mezzo iperpiano.
Esplicitando le coordinate, la trasformazione si scrive:

x1 = ξ1 + rν1 (ϑ1 , . . . , ϑn−1 )




x2 = ξ2 + rν2 (ϑ1 , . . . , ϑn−1 )
..


.



xn = ξn + rνn (ϑ1 , . . . , ϑn−1 )
La matrice jacobiana Jac Φ(r, ϑ) è:

∂ν1
ν1 r ∂ϑ
1
.
..
 ..
.

 ν r ∂νi
 i
∂ϑ1

..
 ..
.
.
∂νn
νn r ∂ϑ1
∂ν1
. . . r ∂ϑ
j
..
.
∂νi
. . . r ∂ϑj
..
.
∂νn
. . . r ∂ϑj

1
. . . r ∂ϑ∂νn−1
.. 
. 

i 
. . . r ∂ϑ∂νn−1


.. 
. 
(1)
n
. . . r ∂ϑ∂νn−1
∂⃗
ν
Osserviamo che la prima colonna è il versore ⃗ν , mentre la (j + 1)-esima colonna è r ∂ϑ
.
j
Se abbiamo una funzione scalare u(x) = u(x1 , . . . , xn ), potrebbe essere più agevole scriverla
in coordinate sferiche:
u(r, ϑ) = u(ξ + r⃗ν (ϑ))
Calcoliamo le derivate rispetto a r e rispetto a ϑj :
∂
∂u
∂u
= ∇u(ξ + r⃗ν ) ·
(ξ + r⃗ν ) = ∇u(ξ + r⃗ν ) · ⃗ν = (∇u) · ⃗ν =
∂r
∂r
∂ν
Nella derivata rispetto a ⃗ν abbiamo tolto la freccetta per alleggerire la scrittura. Abbiamo
dunque:
∂
∂
=
∂r
∂ν
4. NABLA
5
cioè la derivata rispetto a r dell’espressione in coordinate sferiche coincide con la derivata
rispetto al versore ⃗ν della funzione in coordinate cartesiane, calcolata in x = ξ + r⃗ν .
(
)
∂u
∂
∂⃗ν
∂⃗ν
= ∇u(ξ + r⃗ν (ϑ)) ·
(ξ + r⃗ν (ϑ)) = ∇u(ξ + r⃗ν ) · r
= r(∇u) ·
= r∂ ∂ν u
∂ϑj
∂ϑj
∂ϑj
∂ϑj
∂ϑj
cioè:
∂
= r∂ ∂ν
∂ϑj
∂ϑj
Quindi la derivata secondo un parametro angolare (in coordinate sferiche) è una derivata
secondo un vettore dello spazio tangente (ortogonale al raggio vettore).
Vogliamo ora occuparci dei campi scalari a simmetria sferica, cioè quelli che dipendono
solo dal modulo del raggio vettore e non dal parametro angolare ϑ; essi sono del tipo:
x 7−→ u(|x − ξ|) = u(r)
ove u è una funzione scalare di variabile reale. Calcoliamone alcuni operatori differenziali.
⃗r
∇u = u′ (r)∇r = u′ (r) = u′ (r)⃗ν
r
∂u
∂u
=
= u′ (r)
∂ν
∂r
Poiché
∂u
∂ϑj
= 0 per ogni j, per ogni vettore v ortogonale al raggio vettore, si ha
è combinazione dei vettori
4
∂u
∂v
= 0 (v
∂⃗
ν
∂ϑj ).
Nabla
Nel seguito non dichiareremo il dominio e la regolarità delle funzioni, che saranno quelli
richiesti dal contesto.
Indichiamo con x = (x1 , . . . , xn ) le coordinate del dominio.
Con il simbolo ∇ (leggi ≪nabla≫) indichiamo il vettore formale che ha per componenti le
derivate parziali prime, cioè:
)
(
∂
∂
∂
,
,...,
∇=
∂x1 ∂x2
∂xn
Abbiamo usato questo simbolo per indicare il gradiente di un campo scalare, nel senso che
se u = u(x) = u(x1 , . . . , xn ), allora
(
grad u = ∇u =
∂u ∂u
∂u
,
,...,
∂x1 ∂x2
∂xn
)
cioè il gradiente si ottiene moltiplicando formalmente il “vettore ∇ per la funzione scalare u.
Consideriamo ora un campo vettoriale, cioè una funzione F⃗ da Rn a Rn :
⃗
F
x 7−→ y
6
L’equazione del grafico è y = F⃗ (x), cioè con le coordinate:

y1 = F1 (x1 , . . . , xj , . . . , xn )




.

.


.
yi = Fi (x1 , . . . , xj , . . . , xn )


.

..





yn = Fn (x1 , . . . , xj , . . . , xn )
ove Fi è la i-esima componente di F⃗ .
La matrice jacobiana è:
 ∂y1
∂x1
(
∂yi
∂xj
)
1≤i,j≤n
 .
 ..

 ∂y
=  ∂x1i

 ..
 .
∂yn
∂x1
La j-esima colonna è la derivata parziale
componente, cioè ∇yi = dyi .
∂y
∂xj
···
···
∂yi
∂xj
···
.. 
. 

∂yi 
∂xn 

.. 
. 
∂yn
∂xj
···
∂yn
∂xn
..
.
···
..
.
···
∂y1 
∂xn
∂y1
∂xj
e la i-esima riga è il gradiente della i-esima
Se prendiamo la traccia della matrice jacobiana, otteniamo
∂y1
∂x1
+
∂y2
∂x2
+ ··· +
∂yn
∂xn ,
ovvero:
∂F1 ∂F2
∂Fn
+
+ ··· +
∂x1
∂x2
∂xn
Questo campo scalare si chiama divergenza di F⃗ , si indica con div F⃗ o anche come prodotto
scalare formale di ∇ con F⃗ :
(
)
∂
∂
⃗
⃗
div F = ∇ · F =
,...,
· (F1 , . . . , Fn )
∂x1
∂xn
cioè
∂F1 ∂F2
∂Fn
+
+ ··· +
∇ · F⃗ =
∂x1
∂x2
∂xn
Sembra una definizione bizzarra, ma ne vedremo più avanti il significato.
Per ora dimostriamo un’utile formula che servirà nei calcoli. Qui u è un campo scalare e
F⃗ è un campo vettoriale:
∇ · (uF⃗ ) = (∇u) · F⃗ + u(∇ · F⃗ )
La dimostrazione si ottiene sommando rispetto a i nella seguente relazione:
(
)
∂
∂u
∂Fi
(uFi ) =
Fi + u
∂xi
∂xi
∂xi
4.1
Calcoli
∇ · ⃗r = ∇ · (x1 , . . . , xn ) =
∂x1
∂xn
+ ··· +
= 1 + ··· + 1 = n
∂x1
∂xn
(2)
4. NABLA
7
1
1
1
1 ⃗r
n
n−1
∇ · ⃗ν = ∇ · ⃗r = (∇ ) · ⃗r + (∇ · ⃗r) = − 2 · ⃗r + =
r
r
r
r r
r
r
Riassumendo:
∇ · ⃗r = n
∇·
⃗r
n−1
=
r
r
In questo contesto la scrittura ⃗rr è meno ambigua di ⃗ν , sia perché è più esplicito il legame
con il centro di simmetria ξ, sia perché in seguito ⃗ν indicherà il versore normale a una
superficie.
Si dice che un campo vettoriale è a simmetria sferica se il suo modulo dipende solo dal
modulo del raggio vettore e la sua direzione (ma non il verso) coincide con quella del raggio
vettore. Un tale campo in coordinate sferiche ha la forma:
φ(r)
⃗r
r
ove φ è funzione scalare di variabile reale.
Calcoliamone la divergenza:
(
)
⃗r
⃗r
⃗r
⃗r ⃗r
n−1
∇ · (φ(r) ) = (∇φ(r)) · + φ(r) ∇ ·
= φ′ (r) · + φ(r)
r
r
r
r r
r
da cui:
⃗r
n−1
∇ · (φ(r) ) = φ′ (r) +
φ(r)
r
r
Si chiamano solenoidali i campi a divergenza nulla, cioè quelli che soddisfano l’equazione:
∇ · F⃗ = 0
Cerchiamo i campi solenoidali a simmetria sferica (naturalmente con n > 1):
⃗r
n−1
∇ · (φ(r) ) = φ′ (r) +
φ(r) = 0
r
r
Moltiplicando per il fattore integrante rn−1 si ottiene:
rn−1 φ′ (r) + (n − 1)rn−2 φ(r) = 0
(rn−1 φ(r))′ = 0
rn−1 φ(r) = A ∈ R
A
φ(r) =
rn−1
I campi solenoidali a simmetria sferica sono proporzionali al campo:
1 ⃗r
rn−1 r
Il campo (3) sarà detto campo vettoriale dell’angolo solido.
(3)
8
5
Le superficie
Consideriamo una superficie parametrica in Rn , cioè una funzione da Rn−1 a Rn . Indichiamo con u = (u1 , . . . , un−1 ) il parametro del dominio e con x = (x1 , . . . , xn ) il punto
variabile del codominio. La superficie ⃗s è una funzione:
⃗s
u 7−→ x
Spesso identifichiamo ⃗s con la sua immagine S, tenendo presente che ai fini dell’orientamento del versore normale è importante conoscere la parametrizzazione.
Richiederemo inoltre che ⃗s sia iniettiva e che le derivate parziali siano linearmente indipendenti, a parte un insieme trascurabile di punti. Vogliamo anche che S sia una varietà
differenziale di dimensione n − 1, a parte un po’ di punti.
Chiamiamo dom ⃗s il dominio dei parametri.
Con le coordinate possiamo scrivere:

x1 = x1 (u1 , . . . , un−1 )



 x2 = x2 (u1 , . . . , un−1 )
..

.



xn = xn (u1 , . . . , un−1 )
Un esempio è la parametrizzazione della sfera unitaria tramite i parametri angolari.
Scriviamo la matrice jacobiana, che ha per i-esima riga dxi = ∇xi e per j-esima colon∂x
na ∂u
, ove 1 ≤ i ≤ n e 1 ≤ j ≤ n − 1:
j
 ∂x1
∂u1
 .
 ..

 ∂xi
 ∂u1

 ..
 .
...

...
∂xi
∂uj
...



∂xi 
∂un−1 

.. 
. 
..
.
...
∂x1
∂un−1
∂x1
∂uj
..
.
..
.
∂xn
∂u1
...
∂xn
∂uj
...
∂xn
∂un−1
∂x
∂u1
...
∂x
∂uj
...
∂x
∂un−1
dx1
..
.
dxi
..
.
dxn
∂x
Gli n−1 vettori linearmente indipendenti ∂u
, . . . , ∂u∂x
definiscono un (n−1)-paralleloto1
n−1
n−1
po, immagine del cubo unitario di R
tramite l’applicazione lineare ⃗s ′ (u). Tale parallelotopo è costituito dai punti (vettori) del tipo:
∑
tj
∂x
∂uj
con tj ∈ [0, 1] ∀j
(4)
Chiameremo area la misura (n − 1)-dimensionale e volume la misura n-dimensionale.
∂x
, . . . , ∂u∂x
generano lo spazio vettoriale tangente alla
Ricordiamo che gli n − 1 vettori ∂u
1
n−1
superficie nel punto ⃗s(u). Vogliamo utilizzarli per definire vettore normale e area della
superficie.
Definiamo il seguente funzionale su Rn :
h 7−→ det(h,
∂x
∂x
,...,
)
∂u1
∂un−1
5. LE SUPERFICIE
9
ove gli elementi tra parentesi sono vettori colonna. Tale funzionale è il volume con segno
∂x
del parallelotopo n-dimensionale generato dagli n vettori h, ∂u
, . . . , ∂u∂x
.
1
n−1
∂x
sono linearmente indipendenti, tale funzionale è non nullo.
Poiché gli n − 1 vettori ∂u
j
Siccome ogni funzionale lineare è prodotto scalare per un preassegnato vettore, esiste un
unico vettore non nullo w
⃗ tale che per ogni h ∈ Rn si ha:
w
⃗ · h = det(h,
∂x
∂x
,...,
)
∂u1
∂un−1
Tale w
⃗ viene indicato con il simbolo:
w
⃗=
∂x
∂x
∂x
∧
∧ ··· ∧
∂u1 ∂u2
∂un−1
e si chiama prodotto vettoriale degli n − 1 vettori
Mostriamo che w
⃗ è ortogonale a
w
⃗·
∂x
∂uj
∂x
∂x
∂u1 , . . . , ∂un−1 .
per ogni j, e quindi allo spazio tangente.
∂x
∂x ∂x
∂x
∂x
= det(
,
,...,
,...,
)=0
∂uj
∂uj ∂u1
∂uj
∂un−1
perché ci sono due colonne uguali. Dunque w
⃗ è ortogonale alla superficie nel punto ⃗s(u).
Cerchiamo le componenti di w.
⃗
colonne
w
⃗ · ⃗ei ====== det(⃗ei ,
∂x
∂x
∂x
,...,
,...,
)=
∂u1
∂uj
∂un−1


0 dx1
 ..
.. 
.
. 


righe
i−1
ci . . . dxn

===== det 1 dxi 
dx1 . . . dx
 = (−1)
 ..
.. 
.
. 
0 dxn
ci . . . dxn è il minore che si ottiene dalla jacobiana di ⃗s cancellando la
dove dx1 . . . dx
i-esima riga, cioè cancellando dxi (in questo modo viene il determinante di una matrice
quadrata di ordine n − 1).
Nel precedente calcolo la matrice è stata scritta una volta per colonne e una volta per
righe.
Si ha dunque:
∑
∂x
∂x
ci . . . dxn⃗ei
∧ ··· ∧
=
(−1)i−1 dx1 . . . dx
∂u1
∂un−1
n
w
⃗=
i=1
∂x
Dobbiamo ora parlare del significato del modulo di w
⃗ = ∂u
∧ ··· ∧
1
Osserviamo che
(
)
w
⃗ ∂x
∂x
w
⃗
·w
⃗ = det
,
,...,
|w|
⃗ =
|w|
⃗
|w|
⃗ ∂u1
∂un−1
∂x
∂un−1 .
L’ultimo determinante è il volume del parallelotopo n-dimensionale generato da:
w
⃗ ∂x
∂x
,
,...,
|w|
⃗ ∂u1
∂un−1
10
Poiché
w
⃗
|w|
⃗
è un versore ortogonale a
∂x
∂uj
per ogni j, si ha che tale volume |w|
⃗ è uguale alla
misura (n − 1)-dimensionale del parallelotopo generato dai vettori
Abbiamo pertanto che l’area del parallelotopo di lati
∂x
∂uj .
∂x
∂x
∂u1 , . . . , ∂un−1
è data da:
v
u n
∂x
u∑
∂x
ci . . . dxn )2
= t (dx1 . . . dx
∧ ··· ∧
∂u1
∂un−1
i=1
Se ora in Rn−1 abbiamo degli incrementi infinitesimi du1 , . . . , dun−1 lungo le direzioni degli
elementi della base canonica di Rn−1 , l’area del parallelotopo rettangolo da essi individuato
è:
du = du1 · · · dun−1
L’area del trasformato tramite ⃗s ′ (u) si ottiene moltiplicando du per l’area del parallelotopo
(4):
v
u n
u∑
∂x
∂x
ci . . . dxn )2 du1 · · · dun−1
∧ ··· ∧
du1 · · · dun−1 = t (dx1 . . . dx
∂u1
∂un−1
i=1
Chiamiamo questo elemento differenziale d’area dσ e poniamo:
v
u n
u∑
∂x
∂x
ci . . . dxn )2 du1 · · · dun−1
du = t (dx1 . . . dx
∧ ··· ∧
dσ = dσ(u) = ∂u1
∂un−1
i=1
Definiamo l’area della duperficie ⃗s come:
∫
area di ⃗s =
∫
dσ =
⃗s
v
u n
u∑
t (dx1 . . . dx
ci . . . dxn )2 du1 · · · dun−1
∫
dσ(u) =
dom ⃗s
dom ⃗s
i=1
Il versore normale ⃗ν⃗s alla superficie ⃗s è dato da:
⃗ν⃗s = ∂x
∂u1
∂x
∂u1
∧ ··· ∧
∧ ··· ∧
∂x
∂un−1
∂x ∂un−1
Attenzione: non confondere il versore normale ⃗ν⃗s con il versore ⃗rr (se non ci sarà confusione tralasceremo l’indice ⃗s). Solo se ⃗s = ⃗s(ϑ) è la parametrizzazione della sfera si ha che
⃗ν⃗s è ⃗rr oppure − ⃗rr .
Esercizio. Verificare che se n = 2, cioè la superficie è una curva, allora dσ =
cioè
( ds,
) il
x′ (t)
differenziale d’arco. Infatti il prodotto vettoriale del singolo vettore colonna
è il
y ′ (t)
vettore y ′ (t)⃗e1 − x′ (t)⃗e2 .
Osservazione 2 Per altre espressioni di dσ si veda il testo G. De Marco, Analisi Due.
5. LE SUPERFICIE
5.1
11
Area delle sfere
Siano:
differenziale di volume
o elemento di volume,
dx1 · · · dxn
√
dσ =
∑n
i=1 (dx1
differenziale d’area
o elemento d’area.
ci . . . dxn )2 du1 · · · dun−1
. . . dx
Poniamo:
∫
wn = volume di
Bn
=
dx
∫
sn−1 = area di
Sn−1
Bn
=
dσ
Sn−1
Fissiamo ρ > 0. Poiché la palla di raggio ρ è ρB n e l’omotetia di rapporto ρ ha determinante jacobiano uguale a ρn , abbiamo:
volume di ρB n = ρn wn
La sfera di raggio ρ è ρSn−1 . Se ⃗s(ϑ1 , . . . , ϑn−1 ) è la parametrizzazione angolare della sfera
unitaria, allora ρ⃗s(ϑ1 , . . . , ϑn−1 ) è la parametrizzazione della sfera di raggio ρ. La matrice
jacobiana di quest’ultima è:
 ∂x1

1
ρ ∂ϑ1 . . . ρ ∂ϑ∂xn−1
 ..
.. 
 .
. 
∂xn
∂xn
ρ ∂ϑ1 . . . ρ ∂ϑn−1
Rispetto alla jacobiana della sfera unitaria, i minori di ordine n − 1 vengono moltiplicati
per ρn−1 ; il dominio dei parametri angolari è lo stesso. Abbiamo dunque (indicando con
dσρ il differenziale d’area della sfera di raggio ρ e con dσ il differenziale d’area della sfera
unitaria):
dσρ = ρn−1 dσ
∫
∫
n−1
area di ρS
=
dσρ =
ρn−1 dσ = ρn−1 sn−1
ρSn−1
dom ⃗s
A questo punto è interessante calcolare il dσ della sfera unitaria. Utilizziamo (⋆⋆), nella
forma:
⃗s(ϑ1 , . . . , ϑn−2 , ϑn−1 ) = (cos ϑn−1 )⃗en + (sin ϑn−1 )⃗u(ϑ1 , . . . , ϑn−2 )
(5)
ove ⃗u(ϑ1 , . . . , ϑn−2 ) è la parametrizzazione di Sn−2 × {0} e quindi l’n-esima componente
di ⃗u è nulla.
Ricordiamo che le derivate parziali di una funzione a valori in un sottospazio di dimensione
finita stanno nel sottospazio stesso (perché?).
s
La derivata parziale ∂ϑ∂⃗
= − sin ϑn−1⃗en + cos ϑn−1 ⃗u è un versore che appartiene al sotn−1
tospazio ⟨⃗en , ⃗u⟩. Sia ora j < n − 1. Poiché ⃗u ∈ ⃗en⊥ , la derivata parziale
appartiene a ⃗en⊥ ; poiché ⃗u è un versore,
Di conseguenza
∂⃗s
∂ϑn−1
∂⃗s
∂ϑj
∂⃗s
∂ϑn−2
è ortogonale a
Procedendo a ritroso si ottiene che
. . . , in conclusione:
∂⃗
u
∂ϑj
è ortogonale a ⃗u; quindi
∂⃗s
∂ϑj
∂⃗s
∂ϑj ∈
∂⃗
u
= sin ϑn−1 ∂ϑ
j
⟨⃗en , ⃗u⟩⊥ .
per ogni j < n − 1.
è ortogonale a
∂⃗s
∂ϑj
per ogni j < n − 2; poi
∂⃗s
∂ϑn−3
12
le colonne della matrice jacobiana di ⃗s, cioè i vettori
sono tra loro ortogonali.
Per calcolare l’area del parallelotopo generato dai vettori
∂⃗s
∂ϑ1 ,
della matrice di Gram dei vettori
...
∂⃗s
∂ϑn−1
∂⃗s
∂ϑj ,
∂⃗s
∂ϑj ,
calcoliamo il determinante
che è la matrice:
(( ∂⃗s ∂⃗s )
)
·
∂ϑi ∂ϑj 1≤i,j≤n−1
(6)
Per l’ortogonalità dei vettori, la matrice (6) è una matrice diagonale i cui elementi in
2
∂⃗s diagonale sono ∂ϑ
.
j
La radice quadrata del determinante gramiano è dunque:
∂⃗s
∂⃗s ∂⃗s ∂ϑ1 ∧ · · · ∧ ∂ϑn−1 = ∂ϑ1 ∂⃗s ∂ϑ2 · · ·
∂⃗s ∂ϑn−1 A questo punto, da (5) si ottiene facilmente:
∂⃗s ∂ϑn−1 ∂⃗s ∂ϑn−2 ∂⃗s ∂ϑn−3 ···
= 1
= sin ϑn−1
= sin ϑn−1 sin ϑn−2
= ···
· · · = · · ·
∂⃗s ∂ϑ1 = sin ϑn−1 sin ϑn−2 · · · sin ϑ2
da cui si ottiene:
∂⃗s
∂⃗s 2
n−3
(sin ϑn−1 )n−2
∂ϑ1 ∧ · · · ∧ ∂ϑn−1 = (sin ϑ2 )(sin ϑ3 ) · · · (sin ϑn−2 )
e il differenziale d’area è dunque:
dσn−1 = (sin ϑ2 )(sin ϑ3 )2 · · · (sin ϑn−2 )n−3 (sin ϑn−1 )n−2 dϑ1 dϑ2 . . . dϑn−1
dove 0 ≤ ϑ1 ≤ 2π e 0 ≤ ϑi ≤ π.
L’area della sfera risulta:
∫
∫ 2π
∫
sn−1 =
dσ =
dϑ1 ·
Sn−1
0
0
π
∫
sin ϑ2 dϑ2 ·
0
π
∫
π
sin2 ϑ3 dϑ3 · · ·
sinn−2 ϑn−1 dϑn−1
0
Applicando le formule per gli integrali delle potenze del seno, tramite le funzioni euleriane
si ottiene:
√
( π)n
sn−1 = 2
Γ( n2 )
6. INTEGRALI IN Dσ E INTEGRAZIONE PER SFERE
6
13
Integrali in dσ e integrazione per sfere
Se f è una funzione, S una superficie e dom S è il dominio di una parametrizzazione x(u)
di S, definiamo l’integrale di f in dσ come:
∫
∫
f dσ =
f (x(u)) dσ(u) =
S
dom S
v
u n
∫
u∑
ci . . . dxn )2 du1 · · · dun−1
=
f (x(u)) t (dx1 . . . dx
dom S
i=1
Vogliamo ora capire come si utilizzano le coordinate sferiche nel calcolo dell’integrale di
volume. A questo scopo calcoliamo il modulo del determinante jacobiano della trasformazione coordinate sferiche x = Φ(r, ϑ) = ξ + r⃗ν (ϑ).
Riscriviamo la matrice jacobiana (1) per colonne:
(
)
∂⃗
ν
∂⃗
ν
∂⃗
ν
⃗ν r ∂ϑ
.
.
.
r
.
.
.
r
∂ϑj
∂ϑn−1
1
Per definizione di prodotto vettoriale, il determinante è:
)
(
∂⃗ν
∂⃗ν
∧ ··· ∧
rn−1⃗ν ·
∂ϑ1
∂ϑn−1
Poiché siamo in una sfera, abbiamo:
⃗ν =
∂⃗
ν
∂ϑ1
± ∂⃗ν
∂ϑ1
∧ ··· ∧
∧ ··· ∧
∂⃗
ν
∂ϑn−1
∂⃗
ν ∂ϑn−1
e dunque il modulo del determinante jacobiano vale:
∂⃗ν
∂⃗ν rn−1 ∧ ··· ∧
= rn−1 sin ϑ2 sin2 ϑ3 · · · sinn−2 ϑn−1
∂ϑ1
∂ϑn−1
Se usiamo il cambiamento di variabili con la trasformazione coordinate sferiche, il differenziale di volume diventa
det Φ′ dr dϑ1 . . . ϑn−1
cioè:
∂⃗ν
∂⃗ν
∂⃗ν ∂⃗ν rn−1 ∧ ··· ∧
dr dϑ1 . . . dϑn−1 = rn−1 ∧ ··· ∧
dr dϑ = rn−1 dr dσ
∂ϑ1
∂ϑn−1
∂ϑ1
∂ϑn−1
Qui r > 0 e ϑ varia nel dominio aperto Ω delle coordinate angolari dato da 0 < ϑ1 < 2π,
0 < ϑi < π per i > 1.
Il teorema del cambiamento di variabili fornisce la formula:
∫
∫
f (x) dx =
rn−1 f (ξ + r⃗ν (ϑ)) dr dσ(ϑ) dϑ
r
>
0
n
R
ϑ∈Ω
cioè la formula di integrazione per sfere :
∫
∫ +∞
∫
∫
f (x) dx =
rn−1
f (ξ + r⃗ν (ϑ)) dσ(ϑ)dϑ dr =
Rn
0
Ω
0
∫
+∞
rn−1
f (ξ + r⃗ν ) dσ dr
Sn−1
14
A titolo di esempio, cerchiamo la relazione fra il volume wn della palla unitaria e l’area sn−1
della sfera unitaria.
Se f è la funzione caratteristica della palla unitaria si ha:
∫
∫
∫ +∞
∫
n−1
1 dx =
f (x) dx =
r
f (r⃗ν ) dσdr =
wn =
Rn
Bn
Sn−1
0
poiché f (r⃗ν ) vale 0 per r > 1 e vale 1 per r ≤ 1, otteniamo:
∫
=
∫
∫
1
r
n−1
Sn−1
0
1
rn−1 dr =
1 dσdr = sn−1
0
sn−1
n
Perciò:
sn−1 = nwn
Abbiamo dunque:
volume di Bρ = wn ρn ,
area di ∂Bρ = nwn ρn−1
n
Esercizio. Osservare che wn =
[DM, pag. 327 e 9.26.3].
6.1
π2
Γ( n
+1) ,
2
formula che si può dimostrare anche direttamente
Applicazioni
Osservazione 3 Se la formula di integrazione per sfere dà un risultato finito per |f |,
allora f è sommabile e la formula stessa si applica anche a f .
Proposizione 4 Se f (x) = g(|x|) = g(r) per qualche funzione g su ]0, +∞[ (cioè f
dipende solo dalla distanza dall’origine), allora f è sommabile su Rn se e solo se rn−1 g(r)
è sommabile su ]0, +∞[ e si ha:
∫
∫
Rn
+∞
rn−1 g(r) dr
f (x) dx = sn−1
0
Dimostrazione. Applicando la formula di integrazione per sfere (nel caso in cui f sia
positiva e nel caso qualunque se f è sommabile) si ha:
∫
∫
f (x) dx =
Rn
∫
+∞
r
n−1
0
∫
Ω
∫
+∞
=
0
rn−1
∫ +∞
f (r⃗ν (ϑ))dσ(ϑ) dr =
∫ +∞
∫
n−1
g(r)dσ(ϑ) dr =
r
g(r)dr
dσ(ϑ) =
Ω
0
Ω
rn−1 g(r)dr
= sn−1
0
ove la penultima uguaglianza discende dal fatto che g(r) non dipende dai parametri
angolari.
Corollario 5 Siano ρ > 0 e Bρ la palla di Rn di centro l’origine e raggio ρ.
• Se |f (x)| ≤ C|x|−α su Bρ per qualche C > 0 e α < n, allora f ∈ L1 (Bρ ).
Se |f (x)| ≥ C|x|−n su Bρ per qualche C > 0, allora f ̸∈ L1 (Bρ ).
6. INTEGRALI IN Dσ E INTEGRAZIONE PER SFERE
15
• Se |f (x)| ≤ C|x|−α su Rn \ Bρ per qualche C > 0 e α > n, allora f ∈ L1 (Rn \ Bρ ).
Se |f (x)| ≥ C|x|−n su Rn \ Bρ per qualche C > 0, allora f ̸∈ L1 (Rn \ Bρ ).
Dimostrazione. Applicare la Prop. 4 alle funzioni:
|x|−α χBρ ,
|x|−α χRn \Bρ
Esercizio 1 (Esercizio importante.) Siano a > 0 e x = (x1 , . . . , xn ) variabile in Rn .
Si ha:
∫
∫
(π )n
2
2
2
−a|x|2
e
dx =
e−a(x1 +···+xn ) dx1 . . . dxn =
a
Rn
Rn
Soluzione.
Poiché la funzione integranda è positiva, possiamo calcolarlo come integrale iterato:
(∫ +∞
)
(∫ +∞
)
∫
−ax21 −ax22
−ax2n
−ax21
−ax2n
e
e
···e
dx1 . . . dxn =
e
dx1 · · ·
e
dxn
Rn
−∞
−∞
Poiché tutti i fattori valgono
∫
+∞
−at2
e
√
u= at
∫
+∞
dt ======
−∞
−∞
1
2
√ e−u du =
a
√
π
a
si ottiene la conclusione.
Dalla Prop. 4 e dall’es. 1 si ottiene:
Proposizione 6 Siano sn−1 e wn le misure della superficie e del volume della palla
unitaria di Rn . Si ha:
n
n
sn−1
Dimostrazione. Si ha:
∫
∫
n
2
−|x|
π2 =
e
dx = sn−1
Rn
π2
)
wn = ( n
Γ 2 +1
π2
= 2 (n)
Γ 2
+∞
r
n−1 −r 2
e
0
1
dr ==== sn−1
2
t=r2
∫
0
+∞
(n)
n
1
t 2 −1 e−t dt = sn−1 Γ
2
2
da cui l’espressione per l’area della superficie.
Per la misura del volume basta ricordare che:
wn =
6.2
1
sn−1 ,
n
(n
)
n (n)
Γ
=Γ
+1
2
2
2
Medie
Sia f una funzione continua definita su Bρ , palla di centro ξ e raggio ρ > 0, e sia Sρ = ∂Bρ
la superficie di tale palla, che indicheremo anche con il simbolo r = ρ.
Definiamo la media dell’integrale di superficie di f su Sρ il rapporto:
∫
∫
Sρ f dσ
r=ρ f dσ
mρ (f ) =
=
(7)
areadiSρ
σn−1 ρn−1
Proposizione 7 Allo stesso modo che in una variabile reale si dimostrano i seguenti fatti.
16
Fatto 1: La media è compresa fra il minimo e il massimo di f su ∂Bρ (la dimostrazione
segue dall’isotonia dell’integrale e dal fatto che la media di una costante è la costante
stessa).
Fatto 2: esiste ηρ ∈ ∂Bρ tale che:
mρ (f ) = f (ηρ )
(la dimostrazione segue dalla connessione di ∂Bρ e dal teorema di tutti i valori per
le funzioni continue).
Fatto 3:
lim mρ (f ) = f (ξ)
ρ→0+
(la dimostrazione si ottiene passando al limite nel fatto 2.
Fatto 4: se f ≤ k ∈ R e f non è costante su ∂Bρ allora:
mρ (f ) < k
(la dimostrazione segue dal fatto che per le funzioni continue l’integrale conserva le
disuguaglianze strette in qualche punto).
Nota 8 Gli stessi fatti sussistono per la media degli integrali di volume:
∫
B f dx
Mρ (f ) = ρ n
wn ρ
7
(8)
Flussi
Sia F⃗ un campo vettoriale dipendente dalla variabile x ∈ Rn e sia S una superficie (n −
1)-dimensionale immersa in Rn , il cui versore normale dipende dalla parametrizzazione
x(u), con u ∈ Rn−1 . Con dom S indichiamo il dominio della parametrizzazione e con
du = du1 . . . dun−1 la misura su Rn−1 .
∂x
∧···∧
∂x
∂u
∂un−1
, si definisce flusso di F⃗ attraverso S:
Detto ⃗ν = ∂x1
∧···∧ ∂x ∂u1
∂un−1
∫
∫
F⃗ · ⃗ν dσ =
S
∂x
∂u ∧ · · · ∧
F⃗ (x(u)) · ∂x1
dom S
∂u1 ∧ · · · ∧
∂x
∂un−1 ∂x
∂x ∂u
1
∂un−1
∧ ··· ∧
∂x du
∂un−1
Semplificando si ottiene la formula per il flusso:
∫
∫
∂x
∂x
∧ ··· ∧
) du =
F⃗ (x) · ⃗ν (x) dσ(x) =
F⃗ (x(u)) · (
∂u
∂u
1
n−1
S
dom S
∫
(
)
∂x
∂x
.
.
.
=
det F⃗ (x(u)) ∂u
∂un−1 du
1
dom S
Possiamo anche scrivere:
∫
F⃗ · ⃗ν dσ =
S
∫ ∑
n
S i=1
ci . . . dxn
(−1)i−1 Fi (x) dx1 . . . dx
7. FLUSSI
17
Esempio. Sia M una varietà (n−2)-dimensionale contenuta in ∂B = ξ+Sn−1 e supponiamo
che M sia diffeomorfa a Sn−2 .
Consideriamo il cono formato dalle semirette di vertice ξ e passanti per punti di M :
C = {ξ + t(γ − ξ) : t ≥ 0, γ ∈ M }
Diamo per scontati i seguenti fatti:
i) ∂B \ M si spezza in due componenti connesse (tipo calotte);
ii) Rn \ C si spezza in due aperti connessi che sono i due angoli solidi che hano C come
frontiera.
Sia V uno dei due aperti connessi per cui ∂V = C e sia Pρ = V ∩ ∂Bρ la porzione sferica
di raggio ρ intercettata dall’angolo solido.
Calcoliamo il flusso di (3) attraverso Pρ .
A questo scopo sia ΩV il dominio dei parametri angolari ϑ per cui x = ξ +ρ⃗ν (ϑ) appartiene
a Pρ . Osserviamo che ΩV non dipende da ρ. Inoltre il raggio versore ⃗rr = ⃗ν coincide con
il versore normale ⃗ν (ϑ) uscente da ∂Bρ e dσρ = ρn−1 dσn−1 .
∫
∫
⃗
F⃗ (ξ + ρ⃗ν (ϑ)) · ⃗ν (ϑ)ρn−1 dσn−1 =
F · ⃗ν dσ =
Pρ
ΩV
∫
F⃗ (ξ + ρ⃗ν ) · ⃗ν ρn−1 dσn−1 =
=
P1
∫
=
P1
∫
=
1
ρn−1
⃗ν · ⃗ν ρn−1 dσn−1 =
dσn−1 = areadiP1
P1
1 ⃗
r
Pertanto abbiamo dimostrato che il flusso del campo rn−1
r uscente dalla superficie sferica
intercettata dall’angolo solido non dipende dal raggio della sfera e coincide con l’area della
porzione intercettata sulla sfera unitaria. Tale area si chiama misura dell’angolo solido.
7.1
Teorema della divergenza
D’ora in poi D indica un sottoinsieme di Rn con le seguenti proprietà (dette molto alla
buona):
l’insieme D è un aperto limitato e connesso di Rn racchiuso da una superficie
che coincide con la frontiera di D, cioè tale che
∂D = frontiera di D in Rn
sia una superficie; supponiamo inoltre che ∂D sia orientabile, nel senso che si
possa definire in modo continuo un versore normale uscente da D.
Prendiamo un campo vettoriale F⃗ , definito su un aperto contenente D = D ∪ ∂D.
Il teorema della divergenza è dato dalla formula:
∫
∫
F⃗ · ⃗νe dσ =
∇ · F⃗ dx
∂D
ove ⃗νe = normale uscente.
In parole:
D
(9)
18
il flusso di un campo vettoriale uscente da una superficie chiusa è uguale
all’integrale della divergenza del campo sul volume racchiuso.
Bisogna fare attenzione che D sia tutto contenuto nel dominio del campo. Per esempio,
il campo dell’angolo solido è solenoidale, però il flusso uscente da una sfera di centro ξ
coincide con l’area sn−1 della sfera unitaria, perché il centro di simmetria è punto singolare
per il campo.
Per la dimostrazione della formula della divergenza si rimanda ai testi di Analisi.
Per i campi solenoidali abbiamo la seguente conseguenza:
Corollario 9 Il flusso di un campo solenoidale attraverso una superficie chiusa è nullo.
Esercizio. Riottenere la misura dell’angolo solido usando il teorema della divergenza.
Vogliamo dimostrare e dare un senso alla seguente affermazione:
la divergenza di un campo vettoriale F⃗ in un punto ξ è il limite del rapporto tra flusso
uscente da ∂Bρ e volume di Bρ quando ρ tende a 0.
Infatti si ha:
∫
∫
⃗
⃗ νe dσ
ρ→0
Bρ ∇ · F dx
∂Bρ F · ⃗
=
−−−−−→ ∇ · F⃗ (ξ)
volumediBρ
volumediBρ
dove l’ultimo limite discende dal Fatto 4 per la media dell’integrale di volume.
8
Funzioni armoniche
Se u = u(x) è un campo scalare (da Rn a R), possiamo considerare il campo vettoriale ∇u
e poi effettuare la divergenza di quest’ultimo:
∇ · (∇u) = ∇2 u = ∆u
L’operatore ∆ si chiama laplaciano; scriviamolo esplicitamente:
(
)
∂u
∂u
∂2u
∂2u
∂2u
∆u = ∇ ·
,...,
=
+
+
·
·
·
+
∂x1
∂xn
∂x1 2 ∂x2 2
∂xn 2
Una funzione si dice armonica se ha laplaciano nullo, cioè se soddisfa l’equazione differenziale:
∆u = 0
Ricordiamo che in R2 una funzione è armonica se e solo se è parte reale di una funzione
olomorfa.
Cerchiamo le funzioni a simmetria sferica che sono armoniche.
A simmetria sferica vuol dire del tipo u(r), ove r = |x − ξ|.
Avere laplaciano nullo significa che il gradiente è solenoidale, cioè proporzionale al campo
(3):
A ⃗r
n−1
r
r
Poiché ∇u(r) = u′ (r) ⃗rr , si dovrà avere:
u′ (r) =
A
rn−1
8. FUNZIONI ARMONICHE
19
e e quindi
A
1
+B
per n > 2
n−2
2−n r
1
u(r)= −A log + B
per n = 2
r
sono le uniche funzioni armoniche a simmetria sferica. Fra di esse consideriamo le se1
, ricordando che r = |x − ξ| e
guenti, corrispondenti ai valori B = 0 e A = − sn−1
n−1
sn−1 = areadi S
:
u(r)=
1
1
n−2
(n − 2)sn−1 r
1
1
S= S(x, ξ) = S(r) =
log
2π
r
S= S(x, ξ) = S(r) =
per n > 2
per n = 2
Osserviamo che:
∇S(r) = −
Se ⃗ν =
⃗
r
r
⃗r
1
n−1
sn−1 r
r
abbiamo dunque:
∂S
−1
= ∇S · ⃗ν = S ′ (r) =
∂ν
sn−1 rn−1
Osserviamo che S è armonica a simmetria sferica con ξ come punto singolare. Inoltre vale
il seguente comportamento al limite:
lim rn−1
r→0
−1
∂S
=
∂ν
sn−1
lim rn−1 S = 0.
r→0
(10)
Gli stessi valori limite sussistono se ad S viene aggiunta una qualsiasi funzione uS che sia
C 1 in un intorno completo di ξ.
8.1
Problema di Dirichlet
Data una funzione continua f su ∂D, il problema di Dirichlet consiste nel determinare
una funzione u armonica su D e continua su D tale che u = f su ∂D. In simboli tale
problema si scrive:
{
∆u = 0
u∂D = f
Discutiamo un problema più semplice.
Sia H lo spazio lineare delle funzioni reali continue su D e armoniche su D e sia C
T
lo spazio lineare delle funzioni continue su ∂D. L’operatore lineare H 7−→ C definito da
T u = f = u∂D ha un’immagine R(T ). Dal principio di massimo per le funzioni armoniche,
che dimostreremo più avanti, si ha che T è iniettivo. Di conseguenza T −1 esiste.
Ci occuperemo di determinare un nucleo integrale che permetta di ricostruire T −1 f in un
punto ξ ∈ D.
Sia S(x, ξ) il campo scalare precedentemente definito. Si dimostra che se esiste una funzione uS (x, ξ) armonica su tutto D tale che uS (x, ξ) = S(x, ξ) per ogni x ∈ ∂D allora,
posto
G(x, ξ) = S(x, ξ) − uS (x, ξ)
20
si ha la seguente formula integrale per T −1 :
∫
∫
∂G
−1
T f (ξ) = u(ξ) =
f (x)
(x, ξ) dσ(x) =
f (x)(∇x G(x, ξ)) · ν(x) dσ(x)
∂ν
∂D
∂D
ove ν(x) è il versore normale entrante.
La funzione G(x, ξ) si chiama funzione di Green di D.
L’esistenza della funzione di Green dipende dall’esistenza della funzione uS (x, ξ), armonica
su tutto D e coincidente su ∂D con la funzione G(x, ξ), che ha invece una singolarità in ξ,
il cui carattere dipende da (10).
Dimostriamo alcuni fatti sulle funzioni armoniche.
Proposizione 10 Il valore di una funzione armonica u(x) in un punto ξ è la media
integrale su qualsiasi sfera ∂Bρ di centro ξ.
Dimostrazione. Per il Fatto 3 si ha:
∫
u(ξ) = lim mρ (u) = lim
ρ→0+
ρ→0+
∂Bρ
u dσρ
sn−1 ρn−1
Se dimostriamo che mρ è costante rispetto a ρ abbiamo concluso.
Teniamo presente che dσρ = ρn−1 dσn−1 . Abbiamo:
∫
mρ =
∂Bρ
u(ξ + ρν) dσρ
sn−1 ρn−1
∫
Sn−1
=
u(ξ + ρν)ρn−1 dσn−1
sn−1 ρn−1
Semplificando la costante ρn−1 si ottiene:
m(ρ) = mρ (u) =
1
sn−1
∫
Sn−1
u(ξ + ρν) dσn−1
Se deriviamo rispetto a ρ sotto il segno di integrale otteniamo:
∫
1
m′ (ρ) =
∇u(ξ + ρν) · ν dσn−1
sn−1 Sn−1
Osserviamo che ν = ⃗rr è il versore normale uscente sia da Sn−1 sia da ∂Bρ , a parità
1
di parametri angolari. Tenendo presente che dσn−1 = ρn−1
dσρ , possiamo scrivere m′ (ρ)
secondo la formula:
∫
1
′
m (ρ) = n−1
∇u · ν dσρ
ρ
sn−1 ∂Bρ
L’ultimo integrale è un flusso uscente da una superficie sferica e possiamo applicare il
teorema della divergenza per le sfere, tenendo presente che ∇ · ∇ = ∆ :
∫
1
′
m (ρ) = n−1
∆u dx = 0
ρ
sn−1 Bρ
perché u è armonica. Pertanto la dimostrazione è conclusa perché m(ρ) risulta costante.
Il seguente corollario mostra che l’operatore T u = u∂D è iniettivo sulle funzioni armoniche.
8. FUNZIONI ARMONICHE
21
Corollario 11 Sia u una funzione continua su D e armonica su D. Se M è un valore
estremo assoluto di u, allora M non può essere assunto in D, a meno che u sia costante.
Di conseguenza u assume massimo e minimo su ∂D. Se u è nulla su ∂D, allora u è
identicamente nulla.
Dimostrazione. L’insieme EM = {ξ ∈ D : u(ξ) = M } è chiuso in D; se dimostriamo
che è aperto, la connessione di D assicura che se EM ̸= ∅ allora u vale costantemente M .
Sia ξ ∈ EM e sia Bρ una palla chiusa di centro ξ tutta contenuta in D. Poiché per ogni
ε ≤ ρ la media integrale di u su ∂Bε è uguale a u(ξ) = M , per il fatto 4 la funzione u
assume valore costantemente uguale a M su tutti i punti di ∂Bε ; pertanto u assume valore
costante M su tutti i punti di Bρ ed EM è aperto.
8.2
Identità di Green
Siano u e v funzioni di classe C 1 su D e di classe C 2 su D. Sia νe il versore normale uscente
da ∂D. Si ha:
∫
∫
∫
∫
∂v
divergenza
dσ =
(u∇v) · νe dσ ========
(∇u) · (∇v) dx +
u(∆v) dx
u
∂D
D
D
∂D ∂νe
Dall’uguaglianza fra il primo e l’ultimo termine, indicando con νι il versore normale
entrante, si ottiene l’identità di Green:
∫
∫
∫
∂v
− (∇u) · (∇v) dx =
u(∆v) dx +
u
dσ
(11)
D
D
∂D ∂νι
Scambiando i ruoli di u e v in (11) si ha:
∫
∫
∫
− (∇u) · (∇v) dx =
v(∆u) dx +
D
D
∂D
v
∂u
dσ
∂νι
Sottraendo termine a termine, otteniamo la seguente uguaglianza detta anch’essa identità
di Green:
]
∫
∫ [
∂v
∂u
−v
dσ = 0
[u∆v − v∆u]dx +
u
∂ν
∂ν
D
∂D
ove ν è il versore normale entrante.
c 2009-2013 Umberto Marconi
Versione riveduta maggio 2013 – ⃝
BIBLIOGRAFIA
[DM] G. De Marco, Analisi Due, Decibel Zanichelli.