Le staminali del cordone ombelicale ancor più

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Le staminali del cordone ombelicale ancor più efficaci
nella terapia dell' anemia aplastica grazie ad un
innovativo
pretrattamento
farmacologico
in
sperimentazioni cliniche sull' uomo
Le staminali cordonali appaiono al centro della ricerca medica e scientifica anche per
quanto riguarda il trattamento dell' anemia aplastica. Recentemente sono iniziati ben tre
trial clinici per la terapia di questa pericolosa malattia, grazie al trapianto delle staminali
del cordone ombelicale, due negli Stati Uniti ed uno in Cina, mentre ha dato buon esito
una sperimentazione, effettuata da scienziati giapponesi, sempre sull' uomo. I risultati
promettenti di quest'ultima vengono pubblicati il 13 Marzo 2O11 dal Blood Journal of
American Society of Hematology. Lo studio è merito del team del Dottor Hisashi
Yamamoto,1 che lavora al Department of Hematology, presso il Toranomon Hospital, a
Tokyo (Giappone), e ha ricevuto la collaborazione dei colleghi dei Departments of
Infectious Diseases e Transfusion Medicine dello stesso policlinico, oltre che del
Okinaka Memorial Institute for Medical Research, sempre nella capitale del Sol
Levante.
L' anemia aplastica si caratterizza per la forte diminuzione di uno o più tipi cellulari del
sangue, tra eritrociti, globuli bianchi e piastrine, a causa della scomparsa di quasi tutte le
loro staminali progenitrici del midollo osseo. Dipenderebbe, almeno in parte, da
alterazioni o patologie autoimmunitarie.1 2
Questa patologia, con una componete genetica e famigliare nel 20% dei pazienti,3
presenta un' incidenza tra i 2 ed i 5 casi per milione di abitanti ogni anno,4 con un
massimo di 14 in Giappone e nell' Asia Meridionale ed Orientale.5 8Circa 25.000 nuovi
malati nel mondo, nei dodici mesi.
Tra i fattori di rischio, molto complessi e non del tutto chiariti, si riscontrano diversi
farmaci, come antibiotici, sulfamidici, antiepilettici e quelli per l' artrite reumatoide,
alcuni insetticidi, il benzene6 e altre sostanze, presenti nel petrolio, vernici, carbone e
soventi industriali, che determinano una maggiore diffusione in Asia della malattia.
Vanno considerati poi le alte dosi di radiazioni, le malattie del midollo osseo, la
gravidanza7, oltre ad alcuni agenti infettivi, come il virus dell' epatite, con il 2% dei
soggetti affetti da questa patologia che si ammaleranno anche di anemia aplastica,4 l'
HIV, i micobatteri8, il Parvovirus, l' Epstien-Barr o il citomegalovirus.9
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Nella loro sperimentazione clinica gli scienziati giapponesi hanno trapiantato 2,50 x107
staminali del cordone ombelicale per Kg di peso del soggetto, di cui 0,76 x 105 di tipo
CD34+, in 12 persone con una forma particolarmente severa della patologia. E' risultata
resistente ad uno o più cicli di trattamento immunosoppressivo e ad alto rischio di Graft
Versus Host Disease (GVHD), di contrarre pericolose infezioni o di fallimento dell'
innesto. Pazienti per cui si riscontrano tassi di sopravvivenza molto bassi con l' infusione
di staminali del midollo osseo. Quattro di loro sono stati valutati come gravi, sei in
condizioni estremamente critiche e due addirittura con forma fulminante: presentavano
una totale assenza di leucociti neutrofili, nonostante la somministrazione del
Granulocyte Colony Stimulating Factor (GCSF).10
Prima del trapianto i medici li pretrattano con fludarabina e melfalan, farmaci
antineoplastici, radioterapia total body ed un' adeguata terapia preventiva per evitare il
GVHD.11 12 Nelle settimane successive le staminali del cordone ombelicale
attecchiscono in 11 dei 12 malati, che possono così ricevere infusioni di globuli bianchi
neutrofili e piastrine, essenziali per la terapia.13 14
Tutti i soggetti, che hanno raggiunto la stabilizzazione del trapianto, ottengono un
recupero completo dal punto di vista ematologico e risultano liberi dalla necessità di
ulteriori trasfusioni. I test dimostrano che le nuove cellule del sangue sono originate
dalle staminali cordonali e che i neutrofili tornano ai normali livelli fisiologici
mediamente dopo 18 giorni, mentre le piastrine in 42.
Un paziente presenta un rigetto immunologico contro il trapianto di tipo HLA (Human
Leukocyte Antigen) subito ed un altro dopo 3 anni. Entrambi reagiscono positivamente
ad una seconda infusione di staminali del cordone ombelicale, che attecchiscono
rapidamente. Questo problema non si sarebbe presentato se i malati di anemia aplastica
avessero conservato alla nascita le loro staminali autologhe cordonali. Del resto, con
questo tipo di cellule i medici avrebbero evitato i Graft Versus Host Diseases di grado I
e II, che hanno colpito alcuni dei malati. Tuttavia in nessun caso si sono avute forme di
grado III o IV e conseguenze letali, a differenza di quanto avviene spesso con trapianti di
cellule del midollo osseo.10
Con la sua sperimentazione il Dottor Yamamoto ottiene una buona sopravvivenza
globale dell' 83,3% a tre anni nelle persone da lui trattate, tutti soggetti in condizioni
estremamente critiche: risultato superiore a quello raggiungibile con l' azione di
staminali midollari. Per il solo rigetto del trapianto nei primi giorni, queste ultime
determinano mediamente una mortalità del 10%. Però, in casi ad altissimo rischio, come
nei soggetti curati a Tokyo, sale fino al 50%. Ciò senza contare le molte complicazioni
di altro tipo o successive, che si possono presentare nella lunga convalescenza.8
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Due dei malati sono deceduti per una polmonite idiopatica, non connessa direttamente
con l' infusione di staminali; mentre gli altri 10 risultano in buone condizioni dopo un
intervallo di tempo di 14-91 mesi dall' intervento, pur presentando una situazione molto
negativa prima dell' intervento.
Secondo gli scienziati giapponesi, motivi validi per scegliere le staminali cordonali,
come terapia principale nell' anemia aplastica, appaiono il rischio relativamente basso di
GVHD, soprattutto per le autologhe, il tasso di sopravvivenza elevato, la percentuale d'
accettazione dell' innesto, senza contare il breve tempo per farle giungere giungere sul
tavolo operatorio, pronte per l' uso. In questo caso, elemento decisivo per i due pazienti
con la variante fulminante, che necessitavano di un un intervento estremamente rapido,
per essere salvati.10
Il regime di condizionamento farmacologico dei ricercatori del Toranomon Hospital
risulta più potente rispetto ai precedenti, al fine di superare efficacemente le barriere
immunologiche, ottenendo l' attecchimento del trapianto. Il suo utilizzo verrà studiato su
un numero più ampio di persone in un futuro trial clinico, possibilmente in un contesto
multicentrico. Inoltre hanno constatato che il numero di staminali sembra un fattore
decisivo nella terapia dell' anemia aplastica. Considerando le dosi piuttosto basse usate, i
risultati appaiono molto confortanti per l' avvenire.
L' unico soggetto, in cui sono stati individuati anticorpi HLA contro un campione di
sangue del cordone ombelicale, risulta il solo che presenti un fallimento dell'
attecchimento primario.10 Da ciò si comprende ancora una volta l' importanza della
conservazione autologa delle staminali del cordone ombelicale dopo il parto.
In effetti il primo trattamento con staminali autologhe, che i genitori avevano deciso di
preservare in centri specializzati per il cordone ombelicale al momento della nascita, era
stato realizzato già nel 2004 dal Dottor Stephan Fruchtman, direttore del Stem Cells
Transpantation Service, e dai suoi collaboratori del Department of Medicine e
Paediatrics, presso il Mount Sinai Medical Center a New York (USA). Tale studio era
apparso su Biology of Blood and Marrow Transplantation: Journal of Society of Blood
and Marrow Transplantation nel Novembre 2004. Il medico americano è stato nominato
Direttore del Stem Cells Transpantation Service, ampliando rapidamente le sue attività
nel campo della medicina rigenerativa e della terapia cellulare.15 Aveva affrontato
positivamente il caso di un bambino di venti mesi, affetto da anemia aplastica severa, su
cui era stato effettuato in precedenza un trapianto di fegato donato dal fratello. Tre mesi
dopo, in seguito al fallimento di questo intervento, decise di tentare per la prima volta l'
infusione autologa di cellule staminali cordonali, provenienti quindi dallo stesso
paziente.16 A tre anni dall' intervento il bambino presentava una remissione ematologica
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completa della malattia con parametri del sangue nella norma: la concentrazione di
eritrociti, globuli bianchi e piastrine era risalita ai livelli precedenti la comparsa dell'
anemia aplastica, mentre le cellule progenitrici del midollo osseo apparivano tornate a
valori del tutto regolari.16
Nel frattempo è continuata in molte università ed ospedali la ricerca sulle staminali
cordonali, anche autologhe, nel trattamento dell' anemia aplastica. Gli scienziati sono
interessati ad esse soprattutto per la bassa frequenza di reazioni immunologiche delle
cellule infuse contro l' organismo del paziente (GVHD). In passato la principale
preoccupazione appariva il loro basso numero per un accettazione stabile del trapianto,
come dimostrerebbe anche lo studio clinico del Dottor Yamamoto. 18 Però il problema
risultava già superato negli scorsi anni per mezzo dell' infusione di due unità di staminali
del cordone ombelicale, procedura che permette inoltre una riduzione ulteriore del
GVHD. Questo successo è stato ottenuto dalla Dottoressa Ji Won Lee e dal Dottor
Hyoung Jin Kang, insieme all' equipe della Division of Hematology and Oncology e del
Department of Pediatrics, presso il Cancer Research Institute, nel Seoul National
University College of Medicine (Corea del Sud). Con questa tecnica hanno ottenuto la
guarigione di un bambino di 10 anni. La loro ricerca è apparsa sul Journal of Korean
Medical Science nell' Agosto 2009 e, con una loro lettera, sulla famosa rivista scientifica
Nature.19 20
Ma oggi si stanno superando definitivamente queste limitazioni, collegate alla ridotta
quantità totale di cellule per unità di staminali cordonali: in laboratorio sperimentano
diversi sistemi di amplificazione, che consentiranno di moltiplicarle in modo
esponenziale ed in tempi sempre più brevi.
Sul trapianto autologo nella cura di questa patologia è stato pubblicato uno studio online
su Pediatric Blood & Cancer il 2 Marzo 2011. Il Dottor Joseph Rosenthal ed i suoi
colleghi operano nel Department of Hematology e nel Department of Pediatrics, presso
la City of Hope, a Duarte, in California (USA), nel Fred Hutchison Cancer Research
Center, a Seattle, nello Stato di Washington, e presso il Seattle Children's Hospital and
Regional Medical Center. Durante i tre anni precedenti gli scienziati di questo team
hanno trattato 3 pazienti in condizioni molto gravi, perché affetti da una forma severa
della patologia con un trapianto autologo di staminali del cordone ombelicale. Le cellule
erano state raccolte alla fine della gravidanza e conservate in banche private. Tutti i
piccoli pazienti hanno risposto bene al trattamento, e due su tre risultano guariti
completamente 37 e 58 mesi dopo l’intervento.
Questi buoni risultati, aggiunti a quelli di altri ricercatori, li hanno spinti a rivalutare
positivamente il ruolo della conservazione delle staminali autologhe di ogni singolo
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bambino in centri altamente specializzati e la possibilità di ampliarne l' uso in misura
esponenziale in un futuro non lontano.21
1) Il Dottor Hisashi Yamamoto lavora nel Department of Chemistry, presso la The University of Chicago, IL (USA), ed
ha operato nel Department of Materials Science, Toyohashi University of Technology, a Tempaku-cho, presso
Toyohashi (Japan) e nella Graduate School of Engineering, Nagoya University, a Chikusa (Japan).
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