Luogo del commercio. Multicanalità ed esperienze
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Luogo del commercio. Multicanalità ed esperienze
10Position Paper Il ritorno al buon senso Luogo del commercio: multicanalità ed esperienze fisiche. — Paolo Facchini, Presidente Lombardini22 Il confine tra spazi fisici e virtuali diventa sempre più labile; anzi, forse non esiste più. Lo sviluppo di internet e della comunicazione ha dato vita a una rivoluzione tecnologica che si è trasformata in impatto sociale. Come ha avuto modo di sottolineare anche Marco Patuano, Amministratore Delegato di Telecom, in una recente intervista: “Ciascuno di noi, in un modo di vivere che è sempre più connesso, ha sviluppato un rapporto estremamente simbiotico con i propri strumenti di connettività: non di telecomunicazione, ma proprio di connettività. Il fatto che l’individuo voglia un telefono cellulare non è soltanto per avere un mezzo con cui parlare mentre si muove, ma è per avere il suo hub nella vita quotidiana. Faccio un esempio: se lei esce di casa e ha dimenticato il suo personal hub torna indietro e lo va a prendere. Se ha lasciato a casa il portafoglio, non è detto che torni indietro per prenderlo. Il grande cambiamento è proprio questo: il fatto di avere quello che noi iniziamo a chiamare un ‘companion device’ che è parte della vita quotidiana, perché diventa l’hub della vita digitale personale.” (vedi www.domusweb.it) agosto 2013 “E la vita digitale è sempre più in simbiosi con quella materiale. Il cambiamento, quindi, è molto naturale perché non è un cambiamento tecnologico ma sociologico”. Tutto ciò sta modificando anche il nostro modo di vivere l’esperienza dell’acquisto. Oggi giorno i principali centri commerciali sono mappati internamente da Google Maps, così come i negozi hanno sistemi di relazione con i propri clienti che permettono loro di specchiarsi indossando un capo d’abbigliamento e all’istante trasformare l’immagine in una fotografia digitale da inviare all’amica, al marito o a chiunque si voglia interpellare per la conseguente ricerca del consenso e approvazione. Questi sistemi sono detti Tweet Mirror. Già da un paio d’anni la modalità d’interazione digitale col mondo ‘esterno’ è diventata un fatto diffuso. Prima ancora di entrare in un negozio, oggi, possiamo sapere quanti e quali capi sono disponibili al suo interno, se c’è la nostra taglia, quali sono gli abbinamenti consigliati, qual è la composizione di ogni capo, i suoi materiali e così via. Un esempio significativo di questa integrazione fisicodigitale lo troviamo a Londra, nella centralissima Regent Street: da Burberry, a fianco dei prodotti, sono collocati degli iPad di supporto per il consumatore che gli permettono di ottenere una vasta gamma di informazioni, e perfino di fissare un appuntamento per fare una prova 1 di 3 del capo scelto. Altro esempio: possiamo fare l’acquisto di prodotti del supermercato mentre attendiamo la metropolitana, con la cattura dei codici QR (è il caso di Tesco in Sud Corea). In questo modo, l’acquisto sempre più diffuso dei prodotti attraverso internet sta modificando sostanzialmente la percezione stessa del negozio: il quale non è più visto come il tradizionale luogo in cui è necessario recarsi per fare un acquisto ma, piuttosto, il negozio è riletto funzionalmente come spazio per la prova, come camerino o, più in generale, come showroom, spazio espositivo, vetrina fisica di un più ampio spazio virtuale che è il vero luogo della compravendita. È ormai noto il caso in cui un ragazzo si rivolse a un commesso di un negozio di scarpe dicendo: “La mamma mi ha mandato a provare le tal scarpe per verificare il numero. Sa, non vorremmo sbagliare a ordinarle su internet”. In realtà questo problema è già stato superato: infatti, alcuni web-outlet consigliano di ordinare più scarpe di diverso colore e numero e di restituire gratuitamente quelle che non andranno bene (Yoox). Ma ancora più surreale (o iperreale?) è quanto raccontato da un commesso di un’importante catena di negozi di tecnologia: un giovane manager, dopo essersi fatto spiegare le caratteristiche di un computer, si è collegato con il suo tablet a internet e, avendo trovato lo stesso prodotto a un prezzo più conveniente, lo ha acquistato premendo (è il caso di dire ‘sfacciatamente’) il tasto invio in faccia (appunto) al commesso! In effetti, la tecnologia sembra aumentare la cosiddetta percezione del potere, dando quella sensazione di onnipotenza tipica dell’età infantile. Contemporaneamente limita tutte quelle componenti di fisicità e di captazione sensoriale che sono tipiche delle modalità di apprendimento. Rimane, così, una dicotomia sostanziale della modalità di acquisto. Da una parte vi è la componente esperienziale dell’atto del consumo: cerchiamo continuamente nuove ‘esperienze’, stupore, gioco, spettacolo sensoriale. I sociologi ci insegnano che i consumatori non cercano più tanto i beni, di cui ormai dispongono in abbondanza, quanto le gratificazioni più intangibili date dalla novità delle esperienze (e il brand in grado di offrirle potrà ritagliarsi uno spazio privilegiato e aumentare la fidelizzazione dei clienti). D’altra parte, la multicanalità digitale provoca una sostanziale solitudine, ma, in questo caso, il driver principale che governa l’acquisto è il prezzo più di altri fattori. E un altro fenomeno indicativo, in questo senso, è la polarizzazione dei consumi tra lusso e low cost cui stiamo assistendo in questi ultimi anni, complice la tanto citata crisi. Bisogna rilevare che a queste forme di dualità non corrisponde una conseguente suddivisione tra spazio fisico e tecnologia, ma vivono e si sviluppano relazioni incrociate (fashion web outlet, Lidl, Apple store). Anche i centri commerciali si stanno adeguando a questa particolare evoluzione della quotidianità: non posso non ricordare che all’interno dell’Orio Center, lo scorso anno, ha aperto il più grande studio dentistico italiano (Dentaden); se qualche imprenditore ha scommesso in questo segmento di servizi alla persona significa che esiste un mercato; e data la vicinanza a un aeroporto il cui traffico è in grandissima parte costituito da voli low cost, è anche probabile che tale mercato comporti una clientela internazionale abituata a sovrapporre e combinare insieme servizi sofisticati e di alto profilo specialistico e servizi basic estremamente economici. Un altro aspetto dell’evoluzione dei centri commerciali contemporanei è la consapevolezza del loro ruolo sociale in senso lato. A questo riguardo è interessante l’ormai nota evoluzione dello Store sviluppata da Alison Kenney Paul (Deloitte) e Nicolò Galante (McKinsey): - store 1.0: è una esperienza retail tradizionale che si basa sulla frequentazione di un PdV ‘brick and 2 di 3 mortar’ (ossia, mattone e malta = edificio fisico); - store 2.0: prevede l’inclusione, all’interno dell’esperienza in-store, anche di mobile phone e tablet; - store 3.0: qui lo store non è più solo fisico, ma diventa un’entità più complessa e raggiungibile attraverso una varietà di canali e di media; - store 4.0: in questo caso al ‘semplice’ e-commerce si aggiunge anche la viralità dei network sociali, ossia diviene s-commerce (social-commerce). Non dimentichiamoci, però, che i luoghi del commercio hanno sempre avuto una valenza socialmente molto attiva rispetto al tessuto in cui sono inseriti; prova ne è la riqualificazione architettonica e urbana del mercato di Santa Caterina a Barcellona e gli effetti che questo intervento ha avuto sul Barrio Gotico della città. virtuale. Il centro commerciale deve saper accettare l’ibridazione, diventando un picking point per gli acquisti on-line dei retailer non presenti fisicamente nel centro commerciale, quasi a formare un Internet Cafè. Di più: il centro commerciale potrebbe diventare il luogo ideale per i pure player che vogliono sviluppare una filosofia brick&mortar”. Personalmente, continuo a pensare che la tecnologia sarà sempre più un fattore insostituibile che ci permetterà di espandere le nostre capacità e possibilità, ma al contempo non riuscirà a farci dimenticare il desiderio e l’emozione dell’esperienza fisica dell’acquisto. Per questo il punto vendita e il centro commerciale devono essere pensati e riprogettati quali spazi di interazione multicanale ed esperienze fisiche insieme. Calcisticamente parlando: Spazio fisico-Multicanalità = 1-1. E palla al centro. Quindi questa consapevolezza sociale non è nuova in assoluto, ma oggi sembra che si stia rinnovando in forme più specifiche. Auchan, per esempio, sta integrando nelle proprie Gallerie servizi collegati al sociale per meglio inserirsi come partner di determinate politiche territoriali. C’è dunque, nel mondo del retail, una crescente necessità di legami concreti con il territorio fisico che sembra accompagnare l’aumento della sua dimensione virtuale. Tant’è che, se da una parte, alla fine del 2012, si è vista la comparsa di Virtualia, un centro commerciale virtuale visitabile attraverso la tecnologia 3D che comprende 24 ‘negozi’, un supermercato e un bar e nel quale la spesa è fatta con un ‘carrello elettronico’, dall’altra parte, e in contrapposizione a questa virtualità, un gigante del virtuale come Google ha annunciato la prossima apertura di suoi negozi fisici, ed è abbastanza prevedibile che questi saranno, come già i negozi Apple, vere e proprie destination primarie nel territorio. Condivido, quindi, quanto intuito da Pietro Malaspina, Presidente di CNCC Italia, quando afferma che i centri commerciali hanno una grande opportunità: “Far dialogare il consumatore con i negozi e ovviamente con il centro commerciale, attraverso una piattaforma —Paolo Facchini —Presidente Lombardini22 Lombardini22 è una società di architettura e ingegneria, un laboratorio in continuo fermento, uno spazio aperto alle contaminazioni e al territorio, che genera curiosità ed energia intorno a sé. Un gruppo di professionisti internazionale e multidisciplinare che in pochi anni di attività si è conquistato un ruolo di rilievo nella progettazione architettonica e impiantistica per grandi clienti nazionali e internazionali. Lombardini22 si rivolge al mercato immobiliare privilegiando il metodo del “design thinking”, basato sul pieno coinvolgimento del cliente nella leadership e nel controllo del progetto e sulla felice interazione di competenze eterogenee. Lombardini22 è il nome della società e anche il suo indirizzo, nella zona tra i due Navigli, per la quale ha sviluppato con successo il progetto di rigenerazione urbana Mesopotamia Milanese. Incubatore per aziende del terziario innovativo, aperto alla creatività e alla cultura, è anche luogo di feste e di eventi legati all’architettura e all’arte. www.lombardini22.com 3 di 3