Linee Guida ANTIMICOTICI SISTEMICI ifa.p26
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Linee Guida ANTIMICOTICI SISTEMICI ifa.p26
LFA.P26 U.O. FARMACIA Rev.1 del 09.12.2014 STEWARDSHIP ANTIFUNGINA E LINEE GUIDA DI TERAPIA NELL’ADULTO Pag. 1/68 • Dipartimento di Malattie Infettive • Dipartimento Farmaceutico Elaborato da : Prof Spinello Antinori - U.O.C. Malattie Infettive III Approvato da Qualifica Dr Giuliano Rizzardini Direttore Dipartimento di Malattie Infettive Direttore U.O.C. Malattie Infettive I Direttore U.O.C. Malattie 23/9/2014 Infettive III Direttore U.O.C. Farmacia 23/9/2014 Prof Massimo Galli Dr Massimo Medaglia Data invio per approvazione 23/9/2014 Data approvazione 09/12/2014 09/12/2014 09/12/2014 Documento attivo da : gennaio 2015 Cadenza Revisione: ogni 3 anni o prima nel caso di importanti risultati provenienti da studi clinici che modifichino in maniera sostanziale la terapia di una delle patologie di seguito riportate. Disponibilità del documento : dall’avvenuta approvazione su Intranet per tutto il personale dell’AO. E’ vietata la sua diffusione sotto qualsiasi forma o mezzo al di fuori dell’Azienda L Sacco. Introduzione e razionale Le infezioni fungine invasive (di seguito IFI) rappresentano una patologia osservata con frequenza crescente in ambito nosocomiale. L’incremento dell’incidenza è conseguente soprattutto all’aumento della popolazione di soggetti immunocompromessi, in particolare con infezione da HIV, sottoposti a terapie immunosoppressive o affetti da neoplasie con neutropenia indotta da chemioterapia. Inoltre, i pazienti ospedalizzati in unità di terapia intensiva (ICU) nella maggior parte dei casi presentano numerosi dei fattori di rischio (vedi paragrafo candidemia) comunemente associati alla possibile comparsa di infezioni fungine invasive (Eggimann et al. Ann Intensive Care 2011). Accanto a queste considerazioni di ordine epidemiologico si deve tenere conto del fatto che nel corso degli ultimi anni si è verificata la disponibilità di nuove molecole antifungine (echinocandine, azoli di terza generazione). Tali farmaci rappresentano un prezioso ausilio per il Medico nel trattamento delle IFI ma in molti casi presentano dei costi nettamente superiori rispetto ai farmaci in uso da più tempo. Da ultimo va menzionato il fenomeno della farmaco-resistenza che seppur ancora limitato comincia a essere osservato anche nella terapia antimicotica con un possibile impatto negativo sull’outcome del paziente (Alexander et al. Clin Infect Dis 2013). Queste considerazioni richiedono pertanto da parte del Medico un uso razionale dei farmaci antimicotici che derivi da evidenze cliniche forti (quando disponibili ) non disgiunte da considerazioni di ordine economico. Esistono in letteratura numerose linee guida (Allegato A) alle quali si rimanda per una trattazione più approfondita dell’argomento e dalle quali sono state attinte e in parte rielaborate le principali informazioni. Questo documento rappresenta l’aggiornamento delle precedenti linee guida interne di terapia antifungina con il passaggio dalla politica di restrizione prescrittiva all’introduzione e implementazione di una vera stewardship antifungina. Programma di Stewardship antifungina Le precedenti linee guida a uso interno (aziendali) avevano introdotto un programma di restrizione prescrittiva dei farmaci antimicotici a costo elevato che avveniva attraverso la compilazione di un apposito documento di richiesta del farmaco stesso a firma dello specialista infettivologo. L’analisi delle singole schede effettuata a posteriori ha permesso di evidenziare alcune criticità: per esempio, scelta del farmaco non conforme colle indicazioni fornite dalle linee guida aziendali; dose del farmaco non appropriata; criteri diagnostici (specialmente in caso di aspergillosi invasiva) non rispettati. Inoltre, la sola indicazione prescrittiva non essendo richiesto un follow-up della stessa, non permetteva per esempio una valutazione sulla possibilità di semplificare (da formulazione parenterale a formulazione orale) o de-scalare (da farmaco ad alto costo a farmaco a basso costo) la terapia antimicotica iniziale. Le criticità precedentemente menzionate non si discostano da quanto segnalato dalla letteratura internazionale che riporta un uso inappropriato dei farmaci antifungini in percentuali variabili da 27% a 74% (Lopez-Medrano et al. Clin Microbiol Infect 2013; Mondain et al. Infection 2013; Zilberg et al. BMC Infect Dis 2010). Più recentemente uno studio condotto in un ospedale di Madrid ha mostrato come il 33.3% delle prescrizioni inappropriate fosse conseguente a una consulenza da parte dello specialista in malattie infettive (Valerio et al. JAC 2014). Questi dati sottolineano l’importanza che lo specialista infettivologo abbia specifiche competenze in micologia in considerazione della crescente difficoltà posta dalla diagnosi e terapia delle infezioni fungine invasive. In quest’ottica l’implementazione di un programma specifico di stewardship antifungina costituisce una possibile risposta con l’obiettivo di migliorare il management e l’outcome dei pazienti affetti da IFI da un lato e dall’altro di impiegare in maniera oculata le risorse economiche disponibili (Reed et al. Diagn Microbiol Infect Dis 2013; Alfandari et al. Med Mad Infect 2014; Ananda-Rajah et al Curr Opin Infect Dis 2012). In accordo con le indicazioni per un programma di stewardship antifungina si è proceduto alla formulazione di linee guida adattate al contesto locale (il presente documento che sostituisce la versione precedente). Identificazione di un Team multidisciplinare responsabile dell’implementazione e applicazione delle nuove linee guida composto da alcuni medici specialisti infettivologi, due farmacisti, un microbiologo e un farmacologo clinico (vedi allegato B). Il compito del Team sarà il seguente: il Microbiologo oltre a comunicare (con le usuali pratiche aziendali) all’UO interessata il risultato preliminare di emocoltura positiva per miceti o di positività di uno dei biomarcatori fungini effettuati (antigene criptococcico, antigene galattomannano) allerta (in analogia con il sistema già in uso per gli eventi sentinella) i responsabili del Team infettivologico (uno per U.O.). A questo punto uno specialista infettivologo si reca nell’UO di cui è identificato come consulente (allegato B). Dopo la valutazione, se richiesto, viene compilata (attualmente in forma cartacea, successivamente si prevede di farlo direttamente da Intranet) da parte del Medico infettivologo la “Scheda di monitoraggio farmaci antimicotici innovativi” (MFA.P72 – allegata alle presenti Linee Guida e scaricabile dai documenti della Farmacia nella Intranet aziendale) da inviare all’U.O. Farmacia per la richiesta del farmaco soggetto a restrizione prescrittiva . L'approvvigionamento non segue il flusso standard, tramite procedura informatica EncoGPI, ma avviene esclusivamente previa compilazione della scheda di monitoraggio.La prescrizione prevede una fornitura del farmaco per un massimo di 5-7 giorni (quest’ultima situazione nel caso in cui il 5° giorno cada di sabato o domenica) al termine dei quali il consulente (eventualmente allertato dal Farmacista) valuta nuovamente il paziente e verifica l’opportunità/necessità di proseguire con la medesima terapia, sospendere la terapia antifungina o de-escalare la stessa. Al termine della terapia per ogni paziente verranno raccolte (a cura del consulente infettivologo) informazioni relative all’outcome (una delle misure che verranno poi utilizzate per la valutazione dell’efficacia del programma di stewardship antifungina). Il Team multispecialistico si riunirà obbligatoriamente ogni 6 mesi (di norma il secondo mercoledì del mese) su convocazione da parte dell’U.O. Farmacia per la verifica del consumo globale dei farmaci antifungini, dei DDD (defined daily doses) (entrambi a cura del Farmacista), del numero di richieste all’UO Microbiologia/numero di risultati positivi, (a cura del Microbiologo), dell’aderenza alle linee guida e per la valutazione dell’outcome. Al termine verrà redatto un breve report che verrà inviato alla Direzione Generale e a tutte le U.O. Di seguito vengono prese in considerazione le principali IFI con le indicazioni e/o raccomandazioni per la diagnosi delle stesse oltre che per la terapia. Infezioni da Candida spp. Candidemia L’infezione del torrente ematico (bloodstream infection) da Candida spp. rappresenta una causa importante di morbilità e mortalità nei pazienti ospedalizzati. Candida spp. è il terzo/quarto patogeno in ordine di frequenza come causa di infezione nosocomiale ematica con una mortalità grezza del 40-50 % e una mortalità attribuibile intorno al 20-30 %. Numerosi studi condotti in Europa, Stati Uniti e Italia hanno mostrato un incremento significativo dell’incidenza di questa patologia. Questo dato è confermato anche nel nostro nosocomio come indicato nella figura 1 che riporta l’incidenza osservata nel periodo 2008-2012 (Milazzo et al. Mycopathologia 2014) Figura 1. Incidenza di candidemia presso l’AO-Polo Universitario L Sacco nel periodo 2008-12 In tabella 1 sono riportate le comorbilità e i fattori di rischio identificati in numerosi studi associati al possibile sviluppo di candidemia. Tabella 1- Fattori di rischio e comorbilità associati allo sviluppo di candidemia nei pazienti ospedalizzati Terapia antibiotica a largo spettro (numero di farmaci e durata) Steroidi (terapia e profilassi) Estremi della vita (< 1 > 70 anni) Neoplasie Chemioterapia Colonizzazione (> 2 siti) Terapia con farmaci che riducono l’acidità gastrica Catetere venoso centrale Nutrizione parenterale totale Neutropenia (≤ 500/µL) Chirurgia (gastrointestinale) Ventilazione meccanica Insufficienza renale/emodialisi Malnutrizione Mucosite Ustioni (> 50% della superficie corporea) Ricovero in ICU > 10 giorni GvHD (graft versus host disease) acuta e cronica Trapianto di cellule staminali e di organo solido APACHE II score > 20 L’epidemiologia , con particolare riferimento all’incidenza di candidemia e alla distribuzione delle specie di Candida (Candida albicans vs non-albicans spp.), varia in modo considerevole da paese a paese ma anche a seconda del reparto di provenienza , della patologia sottostante e dell’età del paziente (tabella 2). Tra le circa 100 specie di Candida conosciute più del 90 % degli episodi di candidemia sono attribuibili a Candida albicans, C. glabrata, C. parapsilosis, C. tropicalis e C. krusei. Alcuni studi documentano come l’isolamento di C. albicans si riduca con l’aumento dell’età del paziente, dopo una precedente esposizione agli azoli e nei pazienti in terapia intensiva. Tra le specie di Candida non-albicans , C. glabrata viene isolata nel 20 % degli episodi di candidemia negli Stati Uniti e nel 15 % in Europa (Guinea, Clin Microbiol Infect 2014); C. parapsilosis è la seconda specie più frequentemente isolata dalle emocolture in Europa e tende a formare biofilm sulla superficie e sul lume dei cateteri; come è noto i microrganismi che producono biofilm rappresentano spesso dei microrganismi difficili da eradicare, C.tropicalis è una causa rilevante di infezioni nei pazienti con neoplasie e sembra essere più virulenta rispetto a C.albicans nei pazienti con neoplasie ematologiche. C.krusei pur essendo una causa infrequente di candidemia (< 3%) deve essere tenuta in particolare considerazione in quanto presenta una resistenza intrinseca al fluconazolo (vedi tabella 3) ed è associata ad una mortalità più elevata rispetto a C.albicans. Infine deve essere menzionato che C.lusitaniae si caratterizza per la resistenza (iniziale o a rapido sviluppo nei confronti di amfotericina B). Tabella 2- Epidemiologia di candidemia a seconda della patologia sottostante e dell’età del paziente Categoria Patologia o condizione sottostante Chirurgia Terapia intensiva Tumori solidi Neoplasie ematologiche Immaturità fetale Infezione da HIV Gruppi d’età < 1 anno 1-19 anni 20-69 anni > 70 anni Popolazione totale C.albicans % C.glabrata % C.parapsilosis % C.tropicalis % 58.0 60.5 58.0 34.6 60.8 65.1 16.3 11.9 15.9 9.7 4.8 9.5 12.6 12.9 10.6 14.8 28.8 6.3 6.1 6.1 8.3 17.9 2.4 6.3 59.6 47.9 57.1 60.0 56.4 3.1 3.6 14.0 19.3 13.6 27.9 32.9 11.2 6.9 13.3 3.1 5.7 8.3 7.1 7.2 Riprodotta da Tortorano AM et al. Eur J Clin Microbiol Infect Dis 2004: 23: 317-22 Nella nostra realtà ospedaliera relativa al quinquennio 2008-2012, Candida albicans costituisce ancora la specie predominante (64% dei casi) seguita da C. glabrata (19.1%), C. tropicalis (6.7%) e C. parapsilosis (4.5%). Inoltre, C. glabrata risulta particolarmente frequente in terapia intensiva e nei reparti di Medicina (27.8% e 36.8%, rispettivamente) (Figura 2) rispetto ai reparti chirurgici e alle malattie infettive (Milazzo et al. Mycopathologia 2014). Figura 2- Frequenza di isolamenti da emocoltura di Candida spp. suddivisi per tipologia di reparti (chirurgia, medicina, malattie infettive, ICU) presso l’AO-Polo Universitario L Sacco nel periodo 2008-12. (fonte: Milazzo L et al. Mycopathologia 2014) Tabella 3- Suscettibilità (attesa) in vitro delle principali specie di Candida Specie AMB 5-FC FLU ITR VOR POS Echinocandine C. albicans S S S S S S S C. glabrata S-I S SDD-R SDD-R S-I S S C. krusei S R R SDD-R S-I S S C. lusitaniae S-R S S S S S S C. parapsilosis S S S S S S S-I C .tropicalis S S S S S S S C. guilliermondii S S S S S S R AMB= amfotericina B; 5-FC= fluorocitosina; FLU= fluconazolo; ITR= itraconazolo; VOR= voriconazolo; POS= posaconazolo; S= suscettibile; I= intermedio; SDD= suscettibile dose-dipendente; R= resistente Diagnosi di candidemia: L’emocoltura rappresenta il gold standard per la diagnosi di candidemia; 2 flaconi di emocoltura (10 mL) dovrebbero essere raccolti nel sospetto di candidemia prima di iniziare la terapia antifungina. Questo approccio è in grado di dimostrare circa il 90% degli episodi di candidemia. Poiché il 30-40% di tutti gli episodi di candidemia è associato alla presenza di cateteri venosi centrali è buona norma in questi casi effettuare emocolture sia da vena periferica sia dal catetere venoso centrale. L’isolamento di Candida spp. anche da una singola emocoltura richiede sempre l’inizio di terapia antimicotica. Circa il 25-30 % delle infezioni disseminate si caratterizzano per emocolture negative. E’ inoltre consigliabile effettuare un fundus oculi in quanto possono essere evidenziate alterazioni compatibili con una diagnosi di candidemia. Il fundus va effettuato anche in assenza di disturbi del visus per escludere la presenza di endoftalmite e corioretinite. Metodi non colturali La ricerca di 1,3-β-d-glucano in pazienti con fattori di rischio e quadro clinico compatibile di candidemia/candidosi invasiva sembra essere molto promettente anche se la maggior parte degli studi sono stati effettuati in pazienti ricoverati in reparti di terapia intensiva (Hanson et al. Plos One 2012; Posteraro et al. Crit Care 2011). L’elevato potere predittivo negativo (> 99%) permette, laddove il test venga impiegato, una esclusione pressoché certa della diagnosi di candidemia (con la possibilità di sospendere una terapia antimicotica iniziata empiricamente). Rimane una questione aperta quale sia il valore soglia (cut-off) più appropriato per incrementare sia i valori predittivi positivi e negativi sia per discriminare l’infezione dalla colonizzazione. In generale vengono considerati significativi valori > 80 pg/mL Poiché tale test non viene effettuato presso il nostro laboratorio di Microbiologia il suo impiego attualmente non può essere consigliato. Va ricordato che l’utilità di questa indagine è stata dimostrata in contesti in cui il risultato dell’esame è disponibile in tempo reale (Posteraro et al. Crit Care 2011; Hanson et al. Plos One 2012; Eggimann et al. Crit Care 2011). Impiego di punteggi predittivi per la diagnosi di candidemia/candidosi invasiva nei pazienti ospedalizzati in terapia intensiva Nel corso degli anni sono stati proposti diversi “score clinici” predittivi dello sviluppo di candidemia/candidosi invasiva nei pazienti ospedalizzati in terapia intensiva. I più noti sono l’indice di colonizzazione da Candida (ICC) e la sua variante cosiddetta corretta (cICC) proposto da Pittet (Pittet et al. Ann Surg 1994); il Candida score di Leon (Leon et al. Crit Care Med 2009) e lo score di Ostrosky-Zeichner (Ostrosky-Zeichner et al. Mycoses 2011). Un indice di colonizzazione > 0.4 ha un valore predittivo positivo del 66% e un valore predittivo negativo del 100%. Il calcolo degli indici di colonizzazione viene effettuato applicando le formule sotto riportate: ICC= Numero di aree corporee colonizzate da Candida/Numero di regioni sottoposte a screening; cICC= Numero di regioni corporee con elevata colonizzazione (>105 CFU/mL)/Numero di regioni corporee colonizzate da Candida. Il Candida score di Leon assegna un punteggio alle seguenti condizioni: colonizzazione multifocale da Candida (1 punto); nutrizione parenterale (1 punto); chirurgia maggiore (1 punto); sepsi grave (2 punti). Un punteggio ≥ 3 è considerato altamente predittivo di candidosi invasiva. Il modello di Ostrosky-Zeichner sviluppato in pazienti che abbiano una ospedalizzazione di almeno 4 giorni si basa sulla presenza dei seguenti fattori : terapia antibiotica sistemica (giorni 1-3) o presenza di CVC (giorni 1-3) e almeno due dei seguenti: nutrizione parenterale totale (giorni 1-3), dialisi (giorni 1-3), chirurgia maggiore (giorni-7-0), pancreatite (giorni -70), impiego di steroidi (giorni -7-3) o impiego di terapie immunosoppressive (giorni -7-0). Si caratterizza per un potere predittivo positivo del 10% e un potere predittivo negativo del 97%. Come si vede tutti questi score presentano un elevato potere predittivo negativo ma hanno bassi valori in relazione al potere predittivo positivo. Pertanto, benché siano stati utilizzati per la cosiddetta pre-emptive therapy nei pazienti ospedalizzati in ICU, il loro ruolo più significativo consiste nell’elevato potere di esclusione di tale patologia piuttosto che come biomarcatori di malattia. Farmaci impiegabili nella terapia della candidemia/candidosi invasiva Sono utilizzabili farmaci appartenenti alle seguenti classi: 1) Polieni (amfotericina B deossicolato; formulazioni liposomiche di amfotericina B); 2 ) Triazoli (fluconazolo; itraconazolo; voriconazolo); 3) Echinocandine (caspofungina, anidulafungina, micafungina). Scelta del farmaco Deve tenere conto delle caratteristiche del paziente (neutropenico vs non-neutropenico), della funzionalità renale (insufficienza renale; dialisi) ed epatica (cirrosi epatica) e di eventuali altre comorbilità. Inoltre devono essere considerate pregresse esposizioni a farmaci antimicotici (soprattutto profilassi), le condizioni generali del paziente (paziente critico) , l’efficacia dimostrata e l’eventuale tossicità attesa del farmaco nonché le possibili interazioni farmacologiche. Paziente non neutropenico Per il paziente non neutropenico le linee guida statunitensi (Pappas et al.,Clin Infect Dis 2009) collocano sullo stesso piano fluconazolo e le echinocandine (AI). Viene privilegiato l’impiego delle echinocandine nel paziente con pregressa esposizione agli azoli e con situazione clinica instabile o grave. Le più recenti linee guida europee (Ullmann et al., Clin Microbiol Infect 2012) raccomandano sempre come prima scelta l’impiego di una echinocandina (AI) benché vi sia un solo studio comparativo con dimostrazione di superiorità di una singola echinocandina (anidulafungina) nei confronti del fluconazolo (Reboli et al NEJM 2007). Sulla scorta della non attività nei confronti di C. krusei e della possibile inefficacia verso C. glabrata il fluconazolo nelle linee guida europee viene raccomandato solo marginalmente (CI) (per esempio nelle infezioni provocate da C. parapsilosis microrganismo verso cui le echinocandine presentano valori di MIC elevati). Nelle linee guida europee amfotericina B liposomiale (L-AMB) viene raccomandata moderatamente (BI) nel trattamento della candidemia benché nello studio di confronto con micafungina l’efficacia clinica dei due agenti sia risultata sovrapponibile. Tale raccomandazione deriva unicamente dalla maggiore nefrotossicità di L-AMB rispetto a micafungina. Una recente revisione di 7 studi clinici relativi a 1915 pazienti ha dimostrato che 2 strategie terapeutiche erano associate ad miglioramento della sopravvivenza (> 10%) : rimozione di catetere venoso centrale (OR 0.50; IC 95% .35-.72; P=.0001) e terapia con una echinocandina (OR 0.65; IC 95%.45-.94; P=.02) (Andes et al. Clin Infect Dis 2012). Sulla scorta delle raccomandazioni riportate dalle principali linee guida , nello studio sopracitato e in considerazione dell’epidemiologia locale (Milazzo et al. Mycopathologia 2014) si ritiene indicato impiegare una echinocandina nella terapia iniziale (vedi figura 3-flow-chart) conseguente all’isolamento di un lievito da emocoltura (esclusi i pazienti con infezione da HIV per i quali si sospetti e/o sia più probabile una diagnosi di criptococcosi). Il paziente verrà valutato successivamente (nell’ottica della stewardship antifungina) per verificare l’andamento clinico e la possibilità di strategia di semplificazione terapeutica (step-down) con fluconazolo (endovena o orale). Non vi sono indicazioni certe su quando possa essere effettuato (in termini di giorni) lo stepdown a fluconazolo.Le linee guida ESCMID , nel caso di ceppo sensibile a fluconazolo e con paziente stabile e in grado di assumere la terapia per os, danno indicazione (BII) dopo 10 giorni di terapia parenterale con echinocandina. In realtà questa raccomandazione è mutuata dagli studi registrativi delle tre echinocandine (MoraDuarte et al. NEJM 2002; Reboli et al. NEJM 2007; Pappas et al. Clin Infect Dis 2007) e la scelta temporale è del tutto empirica. Uno studio clinico recente ha dimostrato l’efficacia e la fattibilità di uno step-down precoce (meno di 7 giorni) in pazienti inizialmente trattati con anidulafungina. Sulla scorta di questi dati viene proposto di valutare lo step-down dopo 5-7 giorni di terapia con echinocandina. In figura 3 è riportata la flow-chart relativa all’isolamento preliminare di lievito da emocoltura con le indicazioni posologiche da adottare in attesa dell’identificazione di specie. Isolamento di lievito da emocoltura (in attesa di identificazione)* Microbiologo Paziente non neutropenico Immediata comunicazione al Team dedicato alla stewardship Echinocandina •Caspofungina 70 mg ev (LD) poi 50 mg/die ev •Anidulafungina 200 mg ev (LD) poi 100 mg/die ev •Micafungina 100 mg/die ev Rivalutazione del paziente dopo 5-7 giorni Paziente clinicamente stabile (senza febbre, parametri cardiocircolatori nella norma; indici infiammatori in riduzione); isolamento di C. parapsilosis; C. albicans, C.tropicalis o C.glabrata sensibile a fluconazolo Step-down Fluconazolo (os o ev) 400 mg/die * N.B. Nel paziente HIV-negativo un isolamento di lievito da emocoltura deve essere considerato in prima istanza (in attesa dell’identificazione di genere e specie) trattarsi di Candida; al contrario nel paziente HIV-sieropositivo con valori di linfociti CD4+ < 200/µ µL e in assenza dei fattori di rischio per candidemia l’isolato è più verosimilmente Cryptococcus neoformans. Tale dato è importante in quanto come è noto le echinocandine sono inefficaci nei confronti di C.neoformans. LD = loading dose Per quanto riguarda la scelta dell’echinocandina in tabella 4 sono riassunte le principali caratteristiche e le indicazioni registrative delle tre echinocandine. Nessuna delle tre echinocandine richiede modificazioni posologiche in presenza di insufficienza renale; la sola caspofungina richiede una riduzione della posologia Tabella 4- Principali caratteristiche delle tre echinocandine disponibili Principio attivo Anidulafungina Caspofungina Micafungina Nome commerciale Ecalta- Pfizer Cancidas-MSD Mycamine-Astellas Pharma • Indicazioni terapeutiche (registrazione) • Candidiasi invasiva nell’adulto non neutropenico# • • • Candidiasi invasiva (anche neutropenico) Terapia empirica neutropenia febbrile Aspergillosi invasiva in pazienti adulti intolleranti o refrattari a amfotericina B/itraconazolo • • Candidiasi invasiva (anche neutropenico e paziente pediatrico)§ Profilassi delle infezioni da Candida in pazienti sottoposti a trapianto allogenico di cellule staminali ematopoietiche o in pazienti che si prevede possano manifestare neutropenia (conta assoluta dei neutrofili < 500 cellule/µL) per 10 o più giorni. Candidosi esofagea Loading dose (dose carico) 1° giorno Dose/die 200 mg 70 mg* No 100 mg 50 mg 100 mg Modifiche dose in caso di malattia renale Modifiche dose in caso di malattia epatica Nessun aggiustamento necessario Nessun aggiustamento necessario Nessun aggiustamento necessario Child-Pugh 7-9: aumento significativo AUC ridurre la dose di mantenimento a 35 mg/die Nessun aggiustamento necessario No No No Si Si No No No No No Riduce i livelli di caspofungina No Interazioni farmacologiche • Ciclosporina • Tacrolimus • Micofenolato mofetil • Induttori CP450 (es. rifampicina) Costo ospedale (+IVA) Nessun aggiustamento necessario 100 mg= € 354,32 50mg=€441,31; 70 mg= € 561,34 100 mg= € 402,06 * Nei pazienti con peso corporeo ≥ 80 kg è indicato mantenere la dose giornaliera di 70 mg # Il 24 luglio 2014 è stato espresso parere favorevole da parte dell’CHMP (Committee for Medicinal Products for Human use) ad adottare un cambio nelle indicazioni che è stato recepito da EMA e da AIFA come segue: Trattamento della candidiasi invasiva nei pazienti adulti. § Si ricorda quanto riportato nella scheda tecnica: La decisione di utilizzare Mycamine deve tenere conto del rischio potenziale di sviluppare tumori epatici (paragrafo 4.4 Avvertenze speciali e precauzioni di impiego). Mycamine deve perciò essere usata solo l’utilizzo di altri antifungini non è appropriato. giornaliera in presenza di cirrosi epatica con Child-Pugh compreso tra 7-9; la dose giornaliera di caspofungina deve essere aumentata (da 50 a 75 mg) nel caso di somministrazione di induttori epatici del citocromo P450 (rifampicina; carbamazepina; fenitoina; nevirapina; efavirenz). Inoltre caspofungina riduce l’AUC di tacrolimus del 20%. Per i pazienti che abbiano intrapreso una terapia con echinocandina e le cui condizioni cliniche siano migliorate e l’isolato di Candida sia verosimilmente suscettibile agli azoli (ad esempio C.albicans, C.parapsilosis, C.tropicalis) è raccomandato lo switch a fluconazolo. Una volta identificato il lievito a livello di specie e sulla scorta delle suscettibilità attese dei microrganismi di più frequente isolamento possono essere disegnati 4 scenari: 1) Isolamento di Candida albicans : si tratta di una specie sensibile agli azoli (salvo casi di pregressi trattamenti prolungati) alle echinocandine e ai polieni; valgono pertanto le considerazioni sopra riportate legate in particolare alle condizioni cliniche del paziente. 2) Isolamento di Candida glabrata : si tratta di una specie la cui sensibilità agli azoli è variable (vedi tabella 3) ; pertanto è preferibile utilizzare una echinocandina e l’eventuale switch a fluconazolo deve essere effettuato solo in presenza di un isolato suscettibile agli azoli. 3) Isolamento di Candida krusei: si tratta di una specie intrinsecamente resistente agli azoli; in questo caso è opportuno iniziare e proseguire la terapia con una echinocandina. 4) Isolamento di Candida parapsilosis: si tratta di una specie sensibile agli azoli e come è noto viene frequentemente isolata nelle candidemie associate a catetere venoso centrale; vi sono alcuni dati della letteratura che indicano una ridotta suscettibilità degli isolati di C.parapsilosis alle echinocandine; pur non essendoci studi clinici ad hoc alcuni esperti in genere raccomandano di non utilizzare le echinocandine per il trattamento di questa specie. E’ sempre opportuno effetuare lo switch a fluconazolo Follow-up microbiologico: una volta pervenuto l’esito di emocoltura positiva per Candida è necessario dopo l’inizio della terapia effettuare emocolture seriate per dimostrare l’avvenuta negativizzazione. Non vi sono dati certi sul criterio temporale da adottare (i.e. con che frequenza) per l’esecuzione di emocolture di controllo. Nelle linee guida ESCMID viene data indicazione di effettuarle giornalmente fino alla negativizzazione (BIII) (Cornely et al. Clin Microbiol Infect 2012). Un atteggiamento più pragmatico potrebbe essere quello di effettuarle ogni due giorni fino alla dimostrazione di avvenuta negativizzazione. Durata della terapia: in assenza di localizzazioni secondarie dimostrabili è opportuno proseguire la terapia antimicotica per 2 settimane dopo la negativizzazione di emocoltura Paziente neutropenico Nel paziente neutropenico la candidemia rappresenta un’infezione generalmente grave e talora caratterizzata da un quadro clinico simil-sepsi con insufficienza multiorgano che mette in pericolo la vita del paziente. Non vi sono studi clinici randomizzati controllati che abbiamo specificamente valutato il trattamento dei pazienti neutropenici con le echinocandine; quanto è noto deriva dall’analisi dei diversi sottogruppi nei vari studi registrativi relativi alle tre echinocandine (Mora-Duarte et al. N Engl J Med 2002; Pappa set al. Clin Infect Dis 2007; Kuse et al. Lancet 2007; Reboli et al. N Engl J Med 2007) in cui il numero dei pazienti neutropenici arruolati variava, a seconda dello studio da < 3% a circa 10%. Per quanto attiene anidulafungina nello studio comparativo con fluconazolo furono arruolati un numero esiguo di pazienti con neutropenia (< 3%) per poter avere dati affidabili e per questo motivo anidulafungina non aveva ottenuto l’approvazione per il trattamento della candidemia nel paziente neutropenico (è in vigore nella nuova scheda tecnica -26 agosto 2014 la modifica di EMA approvata da AIFA con la seguente dizione: Trattamento della candidiasi invasiva nei pazienti adulti.) . Anche per il paziente neutropenico pur con una forza dell’evidenza inferiore (con l’eccezione delle linee guida ESCMID) rispetto al non-neutropenico due (caspofungina e micafungina) delle tre echinocandine sono considerate il trattamento di scelta della candidemia. Amfotericina B liposomiale è considerata sullo stesso piano delle echinocandine (e raccomandata con eguale forza) nelle linee guida IDSA (Pappas et al. Clin Infect Dis 2009), ECIL (Maertens et al. Bone Marrow Transpl 2011) e in quelle della DGHO (Mousset et al. Ann Hematol 2014) mentre in quelle ESCMID per la maggiore nefrotossicità la forza della sua raccomandazione è inferiore (Ullmann et al. Clin Microbiol Infect 2012) (Tabella 5). Tabella 5 – Indicazioni e raccomandazioni (a seconda delle principali linee guida) all’impiego dei farmaci antifungini nella terapia della candidemia nel paziente neutropenico Farmaco Anidulafungina Caspofungina Micafungina Amfotericina B liposomiale Fluconazolo Voriconazolo IDSA,2009 AIII AII AII AII ECIL,2011 BII BII BII BII ESCMID,2012 BII AII AII BII AGIHO/DGHO 2014 BI BI BI BI BII - CIII BII CII CII - IDSA, Infectious Diseases Society of America; ECIL, European Conference on Infections in leukaemia; ESCMID, European Society of Clinical Microbiology and Infectious Diseases; AGIHO/DHGO, Infectious Diseases Working party of the German Society of Hematology and Oncology Per quanto riguarda il costo della terapia in tabella 6 sono riportate delle simulazioni a seconda del farmaco impiegato. Tabella 6- Costo della terapia per candidemia a seconda del farmaco/schema utilizzato (simulazione per 2 o 3 settimane di terapia) in un ipotetico paziente Farmaco Fluconazolo Anidulafungina Micafungina Caspofungina 800 mg (LD) poi 400 mg/die ev € 18,15 € 5314,8 € 5628,84 € 6298,37 Amfotericina B Echinocandina+switch liposomiale (3 mg/kg/die) (fluconazolo) • *Anid+flu= € 2843,03 (ev) €2837,36 (os) (peso 70 kg) • Caspo+flu= ^200mg/die=€ 8677,76 € 3217,67 (ev) €3212 (os) (peso 80 kg) 250^^ • Mica+flu= mg/die= 10.847,2 € 2822,89 (ev) €2817,22 (os) 3 € 26,62 € 7795,04 € 8443,26 € 9387,54 150mg/die= € 9762,48 • §Anid+flu= settimane €2851,5 (ev) 200 mg/die=€13.016,64 €2840,1(os) • Caspo+flu= 250 mg/die=16.270,8 € 3226,14 (ev) € 3214,8 (os) • Mica+flu= € 2831,36 (ev) € 2820,02 (os) ^ La dose giornaliera è 210 mg ; ^^ la dose giornaliera è 240 mg. * E’ considerata 1 settimana di echinocandina+ 1 settimana di fluconazolo; § E’ considerata 1 settimana di echinocandina+ 2 settimana di fluconazolo N.B. I costi delle terapie sono riferiti al solo costo di acquisto del medicinale da parte dell’ospedale Periodo 2 settimane (peso 50 kg) 150 mg/die € 6508,32 E’ evidente come uno switch dopo 7 giorni da echinocandina a fluconazolo permetta un risparmio di circa il 50% rispetto ad una terapia per 14 giorni con l’echinocandina. Non vi è una differenza significativa invece nell’utilizzo di fluconazolo in formulazione orale rispetto alla formulazione parenterale. Tuttavia quando ciò sia possibile (nessuna altra terapia parenterale) la formulazione orale va preferita perché riduce il rischio di complicanze legate all’accesso venoso periferico (flebite, infezione). In una ipotetica terapia della durata di 14 giorni anidulafungina presenta un costo lievemente inferiore rispetto a micafungina (di circa 300 euro) mentre i due farmaci si equivalgono (in termini di costo complessivo) quando si effettui lo switch a fluconazolo dopo una settimana. Durata della terapia: in assenza di localizzazioni secondarie dimostrabili è opportuno proseguire la terapia antimicotica per 2 settimane dopo negativizzazione di emocoltura (almeno 2 sequenziali) e scomparsa delle manifestazioni cliniche con recupero dalla neutropenia. Gestione del catetere venoso centrale (pazienti non neutropenici e neutropenici) Non vi sono studi clinici randomizzati controllati che abbiano valutato l’impatto della rimozione del catetere venoso centrale (CVC) sull’outcome della candidemia. Tuttavia tutte le linee guida concordano che in presenza di candidemia accertata il CVC dovrebbe essere rimosso. I dati a favore della rimozione del CVC (soprattutto nel paziente non neutropenico) documentano che la rimozione si associa a minore durata di candidemia e riduzione della mortalità sia negli adulti sia nei bambini (Andes et al. Clin Infect Dis 2012). Nel caso in cui la rimozione del CVC non sia possibile è indicato impiegare farmaci antimicotici attivi sul biofilm (echinocandine o amfotericina B liposomiale). Ecocardiografia Si riconosce l’indicazione ad effettuare l’esecuzione di ecocardiografia nei pazienti con candidemia persistente (definita come persistenza di emocoltura positiva dop almeno 96 ore di terapia antifungina adeguata) per escludere endocardite. Nei pazienti protesi valvolare cardiaca che vanno incontro a un episodio di candidemia è consigliato effettuare una nuovo esame ecocardiografico (dopo un primo esame negativo) a distanza di 6 mesi per la possibilità di endocardite tardiva (Falcone et al. Medicine 2009). Fundus oculi E’ opportuno eseguire l’esame del fundus oculare in tutti i pazienti con diagnosi di candidemia (anche in assenza di disturbi visivi) per escludere un quadro di corioretinite o di endoftalmite. Si tratta di complicanze che richiedono una terapia più prolungata e soprattutto non devono essere trattate con echinocandine per la scarsa penetrazione di questi farmaci a livello dell’occhio. Candiduria Nei pazienti ambulatoriali senza fattori di rischio la identificazione di Candida da urinocoltura riflette in genere un problema di contaminazione e si suggerisce di ripetere l’esame. Non è in genere indicata alcuna terapia antimicotica salvo i casi di confermata positività e dopo esclusione di candidiasi genitale (vaginale o al glande). Nei pazienti ospedalizzati portatori di catetere vescicale è indicata la rimozione e/o sostituzione del catetere vescicale e il trattamento antifungino nel caso in cui siano presenti sintomi indicativi di cistite. Il trattamento della candiduria è raccomandato solo nei pazienti a rischio di malattia disseminata (neutropenici; neonati con basso peso alla nascita ;pazienti ricoverati in ICU con segni di sepsi; pazienti che verranno sottoposti a manovre urologiche). I neutropenici e i neonati con basso peso alla nascita devono essere trattati secondo gli schemi della candidiasi invasiva; per i pazienti sottoposti a procedure urologiche è indicato fluconazolo 200-400 mg/die alcuni giorni prima e dopo la manovra. La candiduria sintomatica causata da ceppi di Candida fluconazolo-sensibili può essere trattata con fluconazolo 200 mg per os per 2 settimane. Per i ceppi resistenti a fluconazolo si può impiegare amfotericina B deossicolato 0,3-0,6 mg/kg/die per 1-7 giorni. Candidosi esofagea La candidosi esofagea è una condizione di frequente riscontro soprattutto nei pazienti con infezione da HIV; la diagnosi richiede la dimostrazione macroscopica di Candida spp. con esofagogastroduodenoscopia (EGDS); tuttavia non si ritiene sempre indispensabile eseguire EGDS ma la diagnosi può essere presunta in presenza di candidosi orofaringea e disfagia con scomparsa della sintomatologia in seguito ad appropriata terapia antimicotica. Il fluconazolo rappresenta il farmaco di scelta (per via orale) alla dose di 200 mg al giorno per 14-21 giorni; nel caso di intolleranza alla terapia orale/disfagia importante il farmaco (almeno inizialmente) può essere somministrato per via parenterale. Nei pazienti HIV-sieropositivi in assenza di un recupero immunitario è frequente la recidiva della candidosi mucosa (orofaringea e esofagea); in generale una ridotta suscettibilità agli azoli si osserva nei pazienti con pregressi trattamenti e grave immunodepressione ; anche in questi casi prima di utilizzare altri farmaci è opportuno provare ad impiegare dosi più elevate di fluconazolo (ceppi di Candida con suscettibilità dose-dipendente) (400-800 mg/die). In caso di mancata risposta anche ai dosaggi più elevati si può ricorrere alla somministrazione di amfotericina B deossicolato (0,3-0,7 mg/kg/die). Come ulteriori opzioni possono essere considerati l’impiego di voriconazolo 200 mg ogni 12 ore per 14-21 giorni oppure una delle echinocandine disponibili ai seguenti dosaggi: caspofungina 50 mg/die, micafungina 150 mg/die, anidulafungina 200 mg/die (per la scelta valgono le stesse considerazioni di ordine economico fatte per il trattamento della candidemia ma si ricorda che soltanto per micafungina esiste l’indicazione terapeutica registrativa). Gli studi effettuati per la candidosi esofagea indicano una frequenza maggiore di recidiva dopo trattamento con le echinocandine rispetto al fluconazolo. L’impiego della terapia HAART quando possibile è sempre raccomandata per controbattere una condizione di grave immunodepressione che è alla base delle recidive di candidosi. Altre localizzazioni dell’infezione da Candida spp. Candida spp. possono localizzarsi, soprattutto come conseguenza di candidemia , a livello dell’occhio (corioretinite, endoftalmite), delle meningi (meningite), dell’endocardio (endocardite) o dell’apparato osteoarticolare (osteomielite, artrite settica). Si tratta di forme cliniche infrequenti e per questo motivo non esistono dati provenienti da studi clinici controllati che indichino quale sia la migliore terapia da impiegare. In molti casi le raccomandazioni derivano da casistiche numericamente limitate o da singoli casi clinici più raramente da metaanalisi. Come indicazione generale si ricorda di non impiegare le echinocandine nel caso di localizzazione oculare o al sistema nervoso centrale per la scarsa penetrazione di questi farmaci a tale livello. Nella tabella 7 vengono riportate schematicamente le indicazioni fornite nelle principali linee guida (IDSA, ESCMID,DMYKG) che verranno utilizzate e adattate da parte del consulente infettivologo in base alle caratteristiche del paziente . Tabella 7 – Terapia antifungina nelle localizzazioni rare da Candida spp. Localizzazione d’organo Meningite IDSA 2009 ESCMID 2012 DMYKG 2011 Commenti L-AMB 3-5 mg/kg +/FC 25 mg/kg (x4/die) (per alcune settimane) seguito da fluconazolo 400-800 mg/die (BIII) L-AMB 3 mg/kg + FC 150 mg/kg/die per 10 settimane seguito da fluconazolo 3 mg/kg/die per 5 settimane (BIII) o L-AMB 3 mg/kg/die per 4 settimane + fluconazolo 6 mg/kg/die per 4 settimane Fluconazolo 400-800 mg/die (AII) o voriconazolo 12/6 mg/kg/die ev seguito da 400 mg/die per os (AII) (In entrambi i casi se è stato isolato un ceppo sensibile) L-AMB +/- FC per 6-8 settimane seguite da fluconazolo (BII) Caspofungina+/- FC (CII) D-AMB 0.7-1.0 mg/kg+FC 25 mg/kg (x4)/d (BIII) o L-AMB 3 mg/kg/die (BIII) o Fluconazole 400-800 mg/die (BIII) In generale vi è accordo, anche in assenza di studi clinici controllati, ad impiegare in prima istanza nella terapia della meningite amfotericina B Fluconazolo 400-800 mg/die (BIII) Voriconazolo 4-8 mg/kg x 2/die (BIII) Non impiegare le echinocandine poiché non raggiungono concentrazioni di farmaco adeguate nell’occhio D-AMB 0.7-1.0 mg/kg/die (BII) + FC 25 mg/kg (x 4/die)(BIII) Fluconazolo 400 mg/die per 6-12 mesi (AII) O L-AMB 3 mg/kg/die o ABLC 5 mg/kg/die per 2-6 settimane seguito da fluconazolo 400 mg/die per 5-11 mesi (AII) L-AMB 3 mg/kg/die o ABLC 5 mg/kg/die per 2 settimane seguiti da fluconazolo 400 mg/die per > 4 settimane (AII) Fluconazolo 400 mg/die per > 6 settimane (BII) Fluconazolo 400-800 mg/die (BII) Voriconazolo 4-8 mg/kg x 2/die (BII) Non vi sono studi clinici controllati randomizzati; le echinocandine e LAMB sono considerati dagli esperti i farmaci da preferire per questa patologia; la chirurgia è considerata indispensabile sulla base di meta-analsi (casi clinici). E’ necessaria una terapia prolungata per molti mesi Endoftalmite/corioretinite D-AMB 0.7-1.0 mg/kg/die +FC 25 mg/kg (x 4/die) (AIII) Fluconazole 6-12 mg/kg/die (BIII) Endocardite Osteomielite Artrite settica L-AMB 3-5 mg/kg +/FC 25 mg/kg (x4/die) o D-AMB 0.6-1.0 mg +/FC 25 mg/kg (x4/die) o una echinocandina* (BIII) Rimozione di pacemaker e ICDs fortemente raccomandata. Trattare per 4-6 settimane dopo la rimozione del device Fluconazolo 400 mg/die per 6-12 mesi o L-AMB 3-5 mg/kg/die per diverse settimane seguito da fluconazolo per 6-12 mesi (BIII) Fluconazolo 400 mg/die per almeno 6 settimane o L-AMB 3-5 mg/kg/die per alcune settimane seguito da fluconazolo (BIII) Fluconazolo 400-800 mg/die (BII) Voriconazolo 4-8 mg/kg x 2/die (BII) Fluconazolo e/o amfotericina B liposomiale sono i farmaci di scelta Aspergillosi Aspergillus spp. sono funghi filamentosi diffusi ubiquitariamente in natura specialmente nel terreno; sono responsabili di infezioni invasive caratterizzate da elevata letalità soprattutto nei pazienti gravemente immunocompromessi. I conidi inalati attraverso le vie respiratorie trovano nei macrofagi alveolari la prima linea di difesa ma sono soprattutto i granulociti neutrofili le cellule dominanti nella risposta immunitaria difensiva nei confronti delle ife. Le popolazioni di pazienti a rischio di sviluppare l’aspergillosi invasiva (AI) sono aumentate come conseguenza dell’incremento delle pratiche trapiantologiche e dell’impiego di terapie immunosoppressive; in tabella 8 sono riportate le popolazioni a rischio di AI; in generale i pazienti ematologici sono quelli a maggior rischio di sviluppare AI. Tabella 8- Popolazioni di pazienti a rischio di sviluppare aspergillosi invasiva (AI) Popolazione a rischio Neutropenici Commento • • Riceventi trapianto allogenico di cellule staminali emopoietiche (Allo-HSCT) • • • Riceventi trapianto autologo di cellule staminali emopoietiche (Allo-HSCT) • • • Trapiantati di organo solido (vedi anche allegato C) • • Pazienti sottoposti a terapie immunosoppressive per malattie autoimmunitarie AIDS • • • CGD • • • Altre patologie primitive del sistema immunitario • Neutropenia grave (< 100 neutrofili/µL) e prolungata (> 10 gg) I pazienti a più elevato rischio sono quelli che ricevono chemioterapia citotossica per leucemia acuta e anemia aplastica Rischio elevato nel 1° mese dopo regime di condizionamento 1-6 mese durante la parziale immunoricostituzione permane un rischio di AI > 6 mesi riduzione del rischio (se non vi è necessità di regimi immunosoppressori per GvHD) Rischio inferiore di AI rispetto agli allotrapianti Rischio più elevato nei trapianti con cellule CD34+ Rischio maggiore nei soggetti sottoposti a più di un HSCT e quelli con precedenti trattamenti con terapie immunosoppressive per malattia refrattaria I soggetti sottoposti a trapianti di polmone sono a rischio più elevato Il principale fattore di rischio è rappresentato dall’intensità del regime immunosoppressivo per controllare il rigetto Dosi elevati di steroidi per via sistemica (> 20 mg/die di prednisone per > 3 settimane); inibitori della calcineurina; Pazienti gravemente immunodepressi (< 50 linfociti CD4+/µL) Difetto ereditario della fagocitosi neutrofila L’AI è la principale causa di morte in questi soggetti La diagnosi di AI senza apparenti fattori di rischio deve portare alla valutazione per una possibile CGD Sindrome di Job AIDS, sindrome da immunodeficienza acquisita; AI, aspergillosi invasiva; CGD, malattia cronica granulomatosa; HSCT, trapianto allogenico di cellule staminali emopoietiche L’aspergillosi può localizzarsi in qualsiasi organo di un paziente immunocompromesso ma la forma polmonare costituisce quella più frequente in assoluto. L’angioinvasione prodotta dalle ife è responsabile di trombosi vascolare e infarto tessutale con necrosi coagulativa. Il quadro clinico dell’AI polmonare è aspecifico essendo caratterizzato dalla comparsa di infiltrati polmonari, febbre elevata, tosse e meno frequentemente dolore toracico ed emoftoe. L’aspergillosi invasiva può meno frequentemente localizzarsi al sistema nervoso centrale (meningite, meningoencefalite, lesioni occupanti spazio, lesioni infartuali con o senza emorragie), al cuore (miocardite, endocardite, pericardite) , all’occhio (endoftalmite e cheratite), all’osso (osteomielite) al parenchima renale. Si tratta quasi sempre di forme disseminate anche se localizzazioni primitive possono essere osservate in seguito a contaminazione diretta (per esempio interventi di neurochirurgia o di cardiochirurgia per sostituzioni valvolari). A livello polmonare si riconoscono poi alcune peculiari forme invasive (aspergillosi tracheobronchiale e aspergillosi polmonare cronica necrotizzante), la colonizzazione di lesioni cavitarie preesistenti (aspergilloma polmonare) e una forma su base allergica (aspergillosi broncopolmonare allergica). Diagnosi di aspergillosi invasiva- Secondo i criteri dell’EORTC la diagnosi “definitiva” di AI richiede la dimostrazione diretta di Aspergillus su materiale ottenuto mediante biopsia (De Pauw et al. Clin Infect Dis 2008). La diagnosi di AI “probabile” può essere posta in base ad un criterio epidemiologico (relativo al paziente, ad esempio neutropenia prolungata) associato a un criterio microbiologico e/o radiologico (noduli polmonari) (tabella 9). Tabella 9- Criteri EORTC per la diagnosi di malattia fungina probabile Fattori dell’ospite Criteri clinici Criteri micologici Neutropenia recente (< 500/µL) di durata > 10 giorni temporalmente correlata all’esordio della malattia fungina Malattia localizzata alle basse vie respiratorie (presenza di 1 dei 3 segni seguenti): • Lesioni dense , ben circoscritte, con o senza segno dell’alone (Halo sign) • Segno della luna crescente (aircrescent sign) • Cavitazione Ricevente di trapianto allogenico di cellule staminale Tracheobronchite Ulcerazione, noduli, placche, pseudomembrane osservate alla broncoscopia Esame diretto (citologia o coltura) • Muffe su escreato, lavaggio broncoalveolare, brushing bronchiale o campioni aspirati dai seni nasali • Presenza di elementi fungini indicativi di muffa • Isolamento in coltura di una muffa (Aspergillus spp; Fusarium spp; Mucormicosi; Scedosporium spp.) Saggi microbiologici indiretti (rilevazione di antigeni o componenti della parete) • Aspergillosi (antigene galattomannano rilevato su plasma, siero, liquido di lavaggio broncoalveolare o liquor) • Infezioni invasive fungine (esclusa criptococcosi e zigomicosi) β-d-glucano rilevato su siero Impiego prolungato di steroidi compresi i pazienti con aspergillosis broncopolmonare allergica (dose media giornaliera 0,3 mg/kg di prednisone > 3 settimane) Infezione sinonasale Imaging che mostra sinusite + 1 dei seguenti 3 segni • dolore acuto localizzato (inclusa irradiazione all’occhio) • Ulcere nasali con escare mucose • Estensione dai seni paranasali Trattamento con altri farmaci immunosoppressivi per le cellule T (ciclosporina; anti-TNFa; anticorpi monoclonali (ad sempio alentuzumab) o analoghi nucleosidici nei precedenti 90 giorni all’osso Infezione del SNC 1 dei 2 segni • lesioni focali (imaging) • Enhancement meningeo alla TC o RMN Candidiasi disseminata Almeno 1 delle 2 entità dopo un episodio di candidemia nelle 2 settimane precedenti • Piccole lesioni a bersaglio (bull’s eye) a livello di fegato o milza • Essudati retinici (esame oftalmoscopico) L’introduzione della TC a strato sottile e l’impiego dell’antigene galattomannano (GM) su siero hanno notevolmente migliorato la capacità diagnostica di AI. Nei pazienti ad alto rischio è consigliabile pertanto eseguire TC a strato sottile e determinazione dell’antigene galattomannano (almeno due determinazioni separate). Per quanto riguarda l’antigene galattomannano sono considerati positivi valori superiori a 0,5. La dimostrazione di due risultati sequenziali con un OD ≥ 0.5 porta la specificità del saggio a valori del 98 % nei pazienti ematologici. L’incidenza di falsi positivi varia dal 5 % negli adulti fino all’83 % nei neonati prematuri. In questi ultimi, i risultati falsi positivi sono in parte ascrivibili a traslocazione intestinale di galattomannano; un meccanismo simile è stato ipotizzato nei pazienti neoplastici con gravi mucositi farmaco-indotte. Altre condizioni associate a risultati falsi positivi descritte in letteratura sono le seguenti: somministrazione endovena di piperacillina-tazobactam e somministrazione orale o endovena di amoxicillina-clavulanato; terapia di condizionamento con ciclofosfamide; reattività crociata in pazienti con altre infezioni fungine (penicilliosi marneffei; istoplasmosi; criptococcosi); patologie autoimmunitarie o a patogenesi autoimmunitaria (trapiantati di fegato con epatite autoimmune; GVHD cronica). La somministrazione di farmaci antifungini (per esempio per la profilassi primaria nei pazienti ematologici) riduce notevolmente la sensibilità diagnostica dell’antigene galattomannano. Va inoltre ricordato che la sensibilità diagnostica di questo test è bassa (30-50%) nei trapiantati di organo solido, nei pazienti ospedalizzati in ICU e nei pazienti con BPCO. Poiché il GM è una molecola solubile la sua determinazione può essere effettuate anche su altri fluidi biologici (per esempio lavaggio broncoalveolare e liquor cefalorachidiano). Due meta-analisi hanno dimostrato che la ricerca di GM su BAL è più sensibile ma meno specifica rispetto al siero (Guo et al. Chest 2010; Zou et al. Plos One 2012). Non è stato stabilito con certezza un valore soglia per indicare la positività del GM su BAL ma nella maggior parte degli studi viene utilizzato un valore superiore a 0.5 (Guinea et al. Mycopathologia 2014). La più bassa specificità del GM su BAL è stata osservata nei pazienti affetti da BPCO come conseguenza probabilmente dell’elevata colonizzazione da parte di Aspergillus in questa popolazione di pazienti. E’ importante ricordare che il dato microbiologico va sempre interpretato nel contesto del quadro clinico e ciò è tanto più vero quando si utilizzano biomarcatori come GM. Nella tabella 10 sono schematizzati la forza e la qualità dell’evidenza relativi al GM secondo le linee guida dell’ESCMID di prossima pubblicazione (Lagrou et al. ESCMID 2014). L’utilizzo di altri biomarcatori fungini (1,3-β-d-glucano-marcatore pan-fungino) e della PCR per Aspergillus , proposti in molti studi, non viene presa in considerazione in quanto entrambe le metodiche non sono disponibili presso il nostro laboratorio. Tabella 10- Evidenze nell’impiego di galattomannano (GM) su vari liquidi biologici per la diagnosi di AI secondo le linee guida ESCMID 2014 Galattomannano su plasma (siero) Popolazione Neutropenia prolungata e pazienti sottoposti a Allo-HSCT in assenza di profilassi nei confronti di muffe Intervento GM su sangue per diagnosi di aspergillosi invasiva Qualità /forza dell’evidenza AI Pazienti con neoplasia ematologica - Neutropenici -Non neutropenici GM su sangue Pazienti ricoverati in ICU GM su sangue CII Pazienti sottoposti a trapianto di organo solido GM su sangue CII Commento Richiesti 2 determinazioni consecutive con un OD index ≥ 0.5 per la più elevata accuratezza diagnostica. Il monitoraggio prospettico deve essere effettuato con la valutazione clinica e HRCT Minore sensibilità nei pazienti non neutropenici AII BII Migliore performance nei pazienti neutropenici Bassa sensibilità, buona specificità; la maggior parte degli studi condotti nei trapiantati di polmone Galattomannano su lavaggio broncoalveolare Tutti i pazienti GM su BAL per diagnosi di aspergillosi polmonare AII Marcatore con ottima efficacia; il miglior cut-off compreso tra 0.5 e 1.0 (< 0.5 esclude la diagnosi) Galattomannano su liquor GM su CSF per diagnosi di BII Non esiste un cut-off validato aspergillos cerebrale Fonte: Lagrou K et al. Diagnostic group 2014 ESCMID Aspergillus guidelines (parzialmente modificata) Monitoraggio microbiologico- L’antigene galattomannano (GM) sul siero è stato proposto come un marcatore surrogato di risposta alla terapia antifungina in quanto diversi Autori hanno evidenziato una riduzione dei livelli sierici nei pazienti che rispondono alla terapia o al contrario un graduale incremento o la ricomparsa nei pazienti con mancata risposta o recidiva della malattia. In uno studio prospettico un incremento dell’OD di 1.0 rispetto al baseline valutato dopo 7 giorni era predittivo di fallimento della terapia e potenzialmente giustifica una modificazione del regime antifungino. Terapia dell’aspergillosi invasiva- I farmaci registrati con indicazione all’impiego nell’aspergillosi invasiva sono : 1) Polieni (amfotericina B deossicolato; amfotericine liposomiche); 2) i triazolici a spettro allargato (voriconazolo, itraconazolo, posaconazolo) ; 3) tra le echinocandine per ora solo caspofungina. Scelta del farmaco- Sulla scorta di uno studio clinico randomizzato che ha valutato comparativamente voriconazolo (6 mg/kg due volte al giorno-dose carico- seguito da 4 mg/kg due volte al giorno) vs amfotericina B deossicolato (1-1,5 mg/kg/die ev) in cui l’analisi di un outcome composito mise in evidenza una differenza del 21 % (53 % vs 32%) a favore di voriconazolo quest’ultimo è considerato il farmaco di scelta per il trattamento dell’aspergillosi invasiva (sia per IDSA sia per ESCMID). Amfotericina B liposomiale è considerata la migliore alternativa a voriconazolo nei pazienti intolleranti o refrattari a voriconazolo. In base ai risultati dello studio AmbiLoad in cui vennero confrontati due dosaggi iniziali (3 mg/kg/die vs 10 mg/kg/die) con risultati analoghi (46 % vs 50%) ma maggiore tossicità nel braccio ad alte dosi, il dosaggio di 3 mg/kg/die è quello considerato raccomandabile anche se nella pratica clinica si ricorre spesso ad un dosaggio più elevato (5 mg/kg/die) in considerazione della gravità della malattia. Vi è accordo da parte degli esperti ribadito anche da una recente Consensus italiana (GITMO) a non impiegare più amfotericina B deossicolato a causa della ben nota nefrotossicità e delle reazioni infusionali che ne richiedono riduzione della dose o sospensione con una riduzione attesa della risposta (Girmenia et al. Clin Infect Dis 2009) . Per quanto riguarda gli altri farmaci caspofungina rappresenta una possibile alternativa terapeutica con percentuali di risposta riportate del 32-40 %; anche itraconazolo somministrato per via endovenosa e posaconazolo (per os) possono essere considerate alternative impiegabili in caso di intolleranza o refrattarietà alle terapie di prima linea. E’ comunque buona norma non impiegare itraconazolo o posaconazolo nel caso in cui il regime iniziale sia stato con voriconazolo per il medesimo meccanismo d’azione e per la possibile resistenza crociata. In tabella 11 sono riportati in maniera riassuntiva i farmaci utilizzabili e i relativi dosaggi. Va segnalato che è in corso di verifica da parte di FDA ed EMA l’approvazione di isavuconazolo con l’indicazione per il trattamento sia di aspergillosi invasiva sia di mucormicosi. Nelle linee guida ESCMID relative all’aspergillosi invasiva isavuconazolo ha ricevuto un punteggio AII per la terapia di aspergillosi polmonare invasiva in attesa della pubblicazione dello studio clinico randomizzato e controllato. Tabella 11- Raccomandazioni per la terapia dell’aspergillosi invasiva Condizione clinica • • • • • Aspergillosis invasiva polmonare Aspergillosi invasiva dei seni Aspergillosi tracheobronchiale Aspergillosi polmonare cronica necrotizzante Aspergillosi del SNC Infezione del cuore (endocardite, pericardite miocardite) Osteomielite e artrite settica Endoftalmite e cheratite Terapia di I scelta Voriconazolo 6 mg/kg/ev ogni 12 ore, 1° giorno, quindi 4 mg/kg/ev ogni 12 ore; dose orale 200 mg ogni 12 ore Terapia alternativa • • • • Amfotericina B liposomiale (3-5 mg/kg/ev/die Caspofungina 70 mg ev 1° giorno, poi 50 mg ev Itraconazolo 200 mg/ev ogni 12 ore per 2 giorni quindi 200 mg/die Posazonazolo 200 mg ogni 6 ore per os, quindi con stabilizzazione della malattia 400 mg ogni 12 ore per os Richiede una terapia chirurgica Simile all’aspergillosi e medica polmonare invasiva E’ indispensabile una resezione chirurgica dei tessuti devitalizzati Indicata terapia intraoculare/sistemica + intervento oftalmologico (vitrectomia parziale) Simile all’aspergillosi polmonare invasiva Simile all’aspergillosi polmonare invasiva Commenti In assenza di dati clinici provenienti da studi randomizzati non è raccomandato l’impiego routinario di terapia di combinazione; la terapia di combinazione può essere presa in considerazione in caso di mancata risposta (clinicoradiologica e microbiologica) o di peggioramento; in questi casi è opportuno impiegare farmaci che agiscono su un diverso bersaglio (caspofungina+ azolico; azolico+ amfotericina B liposomiale) Nella forma polmonare cronica che richiede una terapia della durata di mesi è opportuno impiegare un triazolico orale Esperienza limitata a singoli casi soprattutto con AMFB deossicolato. Esperienza limitata a singoli casi soprattutto con AMFB deossicolato. Terapia topica indicata per la cheratite; la terapia sistemica sembra essere importante nella cura dei casi di endoftalmite Terapia di combinazione- La disponibilità di nuovi farmaci antifungini con differenti bersagli d’azione e profili di tossicità favorevoli e dati di studi in vitro e in vivo su modelli animali con evidenze favorevoli hanno fatto porre la speranza che la terapia di combinazione potesse migliorare l’outcome di pazienti con diagnosi di aspergillosi invasiva. Nonostante vi siano alcune evidenze dai dati pubblicati che la terapia di combinazione dell’aspergillosi invasiva possa migliorare la prognosi nei pazienti ematologici (tabella 12) vi sono delle limitazioni metodologiche (numero limitato di pazienti trattati; numero limitato di pazienti con diagnosi certa o probabile; assenza di studi prospettici randomizzati) che allo stato attuale non permettono di indicare la terapia di combinazione come una terapia raccomandata. Una recente analisi, che ha preso in considerazione anche i trials non pubblicati ha evidenziato che la terapia di combinazione per l’aspergillosi invasiva non è più efficace della monoterapia e il suo impiego non è giustificato per l’incremento dei costi (Martin-Pena et al. Clin Infect Dis 2014). La terapia antifungina di combinazione non può quindi essere raccomandata per il trattamento dell’aspergillosi invasiva; si ritiene pertanto che possa essere presa in considerazione solo in alcuni eccezionali casi singoli come “terapia di salvataggio” quando vi siano indicazioni di un rapido e drammatico peggioramento clinico e radiologico della malattia , sia stata esclusa una sindrome da immunoricostituzione , le concentrazioni dei farmaci di prima scelta siano comprese nel range terapeutico. Tabella 12- Studi clinici di terapia di combinazione nel trattamento di aspergillosi invasiva Autore, tipologia studio farmaci Aliff, Cancer 2003; 97: 1025-32-Retrospettivo % di aspergillosi certa/probabile Risultati Caspofungina+ AMBc vs 30 (leucemici) L-AMB C=20%; P=13% Marr, Clin Infect Dis 2004; 39: 797-802; Marr, Clin Infect Dis 2005; 40: 1075-6.- Sequenziale AMBc seguita da caspo+L-AMB/ABLC vs AMBc seguita da voriconazolo 47 (HSCT) C= 58% vs 75 %; P=42 % vs 25% Kontoyannis, Cancer 2003; 98: 292-99Retrospettivo Singh, Transplantation 2006; 81: 320-26Sequenziale Kontoyannis, Cancer 2005; 103: 2334-37Sequenziale Caspo+ L-AMB 48 (50% HCST; 50% leucemici) CP=48% Risposta favorevole 60%; aspergillosi certa 83% Sopravvivenza a 3 mesi migliore con la terapia di combinazione; nessuna differenza sulla sopravvivenza a 12 mesi Risposta globale 42% (22% diagnosi certa) L-AMB vs caspo+voriconazolo 87 (100% trapianto organo solido) C= 51,1% vs 55%; P=48,9% vs 45% Itraconazolo+ AMB lipidica vs AMB lipidica 11/101 (100% neoplasie C= 36% vs 39%; P= ematologiche) 64% vs 61% Maertens, Cancer 2006; Caspo+AMB o 107:2888-97 caspo+triazoli Terapia di salvataggio Pazienti Calliot, Cancer 2007; 110: 2740-46 L-AMB (10 mg/kg) vs LAMB (3 mg/kg)+ caspo 53 (85% ematologici; 53% neutropenici) refrattari o intolleranti alla monoterapia 30 (100% neoplasie ematologiche Raad, Leukemia 2008;22:496-503 Terapia di salvataggio Posaconazolo vs HD (>7,5 mg)LAMB+ caspo vs HD-LAMB 53 pazienti ematologici vs 38 vs 52 (controlli storici) C=24.5%;P=62.5% C= 21-40% (nei 3 gruppi); P=60-79% CP= 100% Mihu, Cancer 2010; L-AMB vs 159 pazienti ematologici C=36% (nei 3 gruppi); 116:5290-6 AMB+echinocandine vs P=64% Terapia di salvataggio echinocandine (retrospettivo) AMBc= amfotericina B deossicolato; L-AMB= amfotericina B liposomiale; C= certa; P=probabile Outcome favorevole 70% combo vs 51% LAMB (ns) Nessuna differenza risposta alla fine terapia; morti simili nei due gruppi (46% vs 45%) 55% con risposta favorevole (13.7% completa) Risposta alla fine trattamento 67% combo vs 27% (p=0.028); sopravvivenza a 12 settimane 100% vs 80% Risposta favorevole globale 40% posaconazolo, 8% HDLAMB, 11% combo (P< 0.001) Nessuna differenza nella risposta: Combo 9%, Ech 13%, LAMB 3% Aspergillosi broncopolmonare allergica (ABPA) Si tratta di una patologia polmonare causata da una reazione di ipersensibilità nei confronti di Aspergillus fumigatus che può complicare il decorso clinico di pazienti affetti da asma bronchiale e fibrosi cistica (Agarwal et al. Clin Exp Allergy 2013). Occasionalmente l’ABPA può insorgere in pazienti affetti da altre patologie polmonari (BPCO, bronchiectasia idiopatica, bronchiectasia post-tubercolare, bronchiectasia secondaria a sindrome di Kartagener, malattia cronica granulomatosa e sindrome da iper-IgE). Secondo una stima recente ne sarebbero affetti a livello mondiale circa 4,8 milioni di individui con asma attiva e di questi circa 1 milione nella sola Europa (Denning et al. Med Mycol 2013). Clinicamente i pazienti presentano asma non controllata, broncospasmo, emottisi e tosse produttiva. Altri sintomi riportati sono febbricola, calo ponderale e astenia. In tabella 13 sono riportati i criteri diagnostici per ABPA proposti dal gruppo di lavoro dell’ISHAM. Tabella 13- Nuovi criteri proposti per la diagnosi di aspergillosi broncopolmonare allergica (ABPA) Condizioni predisponenti Asma bronchiale, fibrosi cistica Criteri obbligatori (entrambi devono essere presenti) Positività a cutireazione nei confronti di Aspergillus di tipo I (ipersensibilità cutanea immediata verso antigene di Aspergillus) o elevati livelli di IgE contro Aspergillus fumigatus Livelli elevati di IgE totali (> 1000 IU/mL)* Altri criteri (almeno 2 di 3) Presenza di precipitine o anticorpi IgG nei confronti di A.fumigatus Alterazioni radiografiche polmonari compatibili con ABPA§ Valori di eosinofili totali > 500/µL (nei pazienti non trattati con steroidi- il dato può essere anche storico) * Se nel paziente sono soddisfatti tutti gli altri criteri può essere considerato accettabile anche un valore di IgE < 1000 IU/mL. § Un quadro radiografico compatibile con ABPA può essere transitorio (i.e., addensamento, noduli, tram-track opacities (opacità su linee parallele), toothpaste/finger-in-glove opacities (dita nel guanto espressione di broncocele) o permanente (i.e. linee parallele e ombre ad anello, bronchi ectasie e fibrosi pleuropolmonare) La terapia dell’ABPA si avvale di farmaci ad attività anti-infiammatoria (corticosteroidi per via sistemica) per sopprimere l’attività immunitaria e di farmaci antifungini per ridurre la carica fungina a livello delle vie aeree. Gli obiettivi della terapia sono il controllo dell’asma, la prevenzione e il trattamento delle esacerbazioni acute e l’arresto dello sviluppo di bronchi ectasie. La patologia è di pertinenza squisitamente pneumologia. Per quanto riguarda la terapia antifungina quest’ultima richiede l’impiego di itraconazolo 200 mg due volte al giorno (con TDM) per almeno 16 settimane. Criptococcosi La criptococcosi è una grave infezione micotica osservata prevalentemente in paziente immunocompromessi (La Hoz et al. Drugs 2013); è causata da Cryptococcus neoformans (sierotipi A, D e AD) e C. gattii (sierotipi B e C); quest’ultimo responsabile di infezioni soprattutto in soggetti immunocompetenti è presente nelle aree tropicali e subtropicali anche se più recentemente è stata descritta una epidemia in Canada (Isola di Vancouver, British Columbia) che sembra essersi diffusa anche nelle regioni settentrionali degli USA (Harris et al. Clin Infect Dis 2011). Il fungo è responsabile soprattutto di quadri di meningite e meningoencefalite in particolare nei pazienti affetti da AIDS. Al di fuori del paziente con infezione da HIV è possibile osservare la criptococcosi nei soggetti affetti da numerose patologie (tabella 14 ) che comportano una riduzione della capacità di risposta cellulo-mediata del sistema immunitario. Tabella 14- Patologie e condizioni predisponenti associate allo sviluppo di criptococcosi Infezione da HIV (conta dei linfociti CD4+ ≤ 200/µL) Terapia steroidea cronica Trapianto di organo solido Trapianto di cellule staminali emopoietiche Neoplasie ematologiche (linfoma di Hodgkin; linfoma non Hodgkin) Terapie biologiche (etanercept; infliximab; alemtuzumab) Neoplasie Diabete mellito Cirrosi epatica Linfocitopenia CD4+ idiopatica Insufficienza renale cronica Malattie del connettivo (LES; sarcoidosi; sindrome da iperIgM e/o IgE) L’infezione inizia generalmente a carico dell’apparato respiratorio causando raramente sintomi a questo livello; quindi il fungo si dissemina per via ematogena e raggiunge il sistema nervoso centrale dove provoca come detto un quadro di meningite o di meningoencefalite. I sintomi meningei (cefalea, rigor nucalis, vomito, segni ipertonicoantalgici) , soprattutto nei pazienti gravemente immunocompromessi possono mancare (in parte o del tutto) e sono presenti complessivamente nel 25 % dei casi. Spesso l’unico sintomo presente è la cefalea che si caratterizza per la persistenza e la non responsività ai farmaci antidolorifici; è pertanto necessario quando sia nota la condizione di immunodepressione un elevato indice di sospetto della malattia. Diagnosi di meningite criptococcica- E’ necessario eseguire la puntura lombare con esame chimico-fisico del LCR, colorazione con inchiostro di china, ricerca dell’antigene criptococcico e coltura per miceti. L’esame chimico-fisico del LCR in genere si caratterizza per la presenza di un liquor limpido con una spiccata ipoglicorrachia , modesta iperproteinorrachia e scarsa cellularità; nei pazienti affetti da AIDS; tanto maggiore è il grado di immunodepressione tanto minore sarà la cellularità sul liquor. La diagnosi di certezza richiede l’isolamento del micete dal liquor; tuttavia una diagnosi presuntiva può essere effettuata rapidamente con la colorazione con inchiostro di china (India ink) e con la ricerca dell’antigene criptococcico; il primo, soprattutto nei pazienti affetti da AIDS, presenta una sensibilità dell’80 %; l’antigene criptococcico (test rapido la cui risposta è disponibile nel giro di poche ore) presenta una sensibilità del 97-98 % e una specificità del 98-100 % . L’antigene criptococcico può essere ricercato anche sul siero (con sensibilità e specificità sovrapponibile a quella osservata sul liquor nei pazienti con meningite criptococcica), su liquido di lavaggio broncoalveolare e urina. L’antigene viene titolato ed è considerato positivo un titolo uguale o superiore a 1:4-1:8. E’ opportuno sempre eseguire anche emocoltura e urinocoltura per miceti per documentare una infezione disseminata. Altri metodi di diagnosi- Cryptococcus neoformans può essere documentato anche su biopsie provenienti da cute, midollo osseo, polmone, linfonodi; si utilizzano colorazioni specifiche per miceti (Grocott-Gomori, PAS) e la colorazione con mucicarminio per la capsula. Monitoraggio microbiologico- Nella meningite criptococcica e’ necessario documentare una negativizzazione della liquorcoltura (almeno una anche se sarebbero richieste 2 esami consecutivi negativi) prima di de-escalare la terapia iniziale (vedi dopo). Terapia- La meningite criptococcica non trattata conduce invariabilmente a morte; è necessario pertanto istituire una terapia antimicotica il più precocemente possibile; l’obiettivo principale è rappresentato dalla necessità di sterilizzare il LCR il più rapidamente possibile con una terapia di associazione; tradizionalmente la terapia prevede una fase di induzione di 2 settimane impiegando amfotericina B deossicolato più flucitosina; la necessità di impiegare dosi crescenti di amfotericina B deossicolato per raggiungere il dosaggio appropriato (0,7-1 mg/kg) e i frequenti effetti collaterali durante l’infusione (febbre elevata; artralgie; flebiti) oltre alla nota nefrotossicità fanno oggi preferire l’impiego di amfotericina B liposomiale pur essendo quest’ultima più costosa; il costo del farmaco verrebbe ammortizzato da una durata inferiore della degenza. La terapia di combinazione è considerata sempre la prima scelta nel trattamento della meningite criptococcica anche al di fuori del paziente con infezione da HIV (Perfect et al. Clin Infect Dis 2010). Le linee guida dell’IDSA, aggiornate nel 2010, hanno a questo proposito individuato tre scenari possibili: paziente con infezione da HIV; paziente sottoposto a trapianto d’organo; paziente HIV-sieronegativo non sottoposto a trapianto. Nel primo e nell’ultimo scenario viene sempre indicato dalle linee guida l’impiego iniziale di amfotericina B deossicolato con possibilità di modificare con una formulazione liposomica nel caso di insufficienza renale mentre nel paziente trapiantato di organo solido l’opzione iniziale è considerata una formulazione liposomica di amfotericina . Sulla scorta della nostra esperienza e per quanto sopra riportato in relazione alla tossicità di amfotericina B deossicolato si ritiene di indicare come trattamento privilegiato in tutti gli scenari clinici l’impiego dall’inizio di amfotericina B liposomiale anche a discapito di amfotericina B in complessi lipidici (ABLC) che pur avendo un costo inferiore alla prima, si caratterizza per molti degli effetti collaterali associati alla formulazione deossicolato. Nei pazienti con una elevata carica micotica sul LCR (definita in base al CFU o al titolo dell’antigene criptococcico) la dose di amfotericina B liposomiale può essere incrementata fino a 6 mg/kg/die . Alla fase di induzione segue una terapia di consolidamento per almeno 8 settimane con fluconazolo ad alte dosi (6-12 mg/kg/die). Nei pazienti immunocompromessi è poi necessario effettuare una terapia di mantenimento (di durata variabile a seconda della tipologia di paziente) sempre con fluconazolo . Nei pazienti trapiantati viene suggerito di proseguire la terapia di mantenimento per 6-12 mesi poiché i tassi di recidiva tardiva non superano l’1-3% (Singh et al. Transplantation 2005; Baddley et al. Am J Transplant 2013). E’ possibile anche nei pazienti con infezione da HIV sospendere la terapia di mantenimento dopo avere ottenuto una significativa immunoricostituzione in seguito all’istituzione di una terapia antiretrovirale efficace (vedi tabella 15). Benché non vi siano studi con numerosità del campione significativa vi è accordo che dopo aver ricevuto almeno 1 anno di terapia di mantenimento con triazoli, una conta dei linfociti CD4+ > 100/µL e un controllo della replicazione di HIV per > 3 mesi si possa sospendere la terapia cronica antifungina (Mussini et al. Clin Infect Dis 2004). La persistente positività dell’antigene criptococcico su siero (a titoli non elevati) in assenza di segni clinici di malattia (e con esami colturali negativi) non costituisce in questi pazienti una controindicazione alla sospensione della terapia antimicotica di mantenimento (Antinori, Am J Med 2007). Per la localizzazione polmonare (con sintomi da lieve a moderato), dopo aver escluso con la puntura lombare il coinvolgimento cerebrale, può essere considerata la terapia con il solo fluconazolo (400 mg/die) per almeno 6-12 mesi. Nei casi gravi (per esempio con quadro di ARDS) è indicato il trattamento come nei pazienti con coinvolgimento cerebrale. Sindrome infiammatoria da immunoricostituzione (IRIS) Nel corso degli ultimi anni è stata descritta sia nei pazienti con infezione da HIV sia nei trapiantati di organo solido la possibile comparsa in seguito ad una ricostituita capacità di risposta immunitaria, di una sindrome infiammatoria denominata IRIS (sindrome infiammatoria da immunoricostituzione). Tale sindrome può presentarsi con un peggioramento del quadro clinico dopo iniziale miglioramento indotto dalla terapia antifungina(forma paradossa) oppure con la comparsa ex-novo detta anche smascheramento (unmasking) di una infezione latente . Clinicamente la IRIS può presentarsi con il quadro clinico di una meningite asettica, con lesioni cerebrali espansive, idrocefalo, noduli polmonari, linfadenite e cellulite oppure con una meningite con liquorcoltura positiva ed elevata cellularità (nel caso di unmasking IRIS) Nel paziente trapiantato la IRIS viene osservata in seguito alla rapida riduzione della terapia immunosoppressiva in associazione all’inizio della terapia antifungina. In questi pazienti si ritiene che il quadro possa essere precipitato dalla transizione da una risposta prevalentemente di tipo Th2 (indotta dai farmaici immunosoppressori) ad una risposta Th1 (pro-infiammatoria). Nei pazienti con infezione da HIV una rapida risalita dei valori dei linfociti CD4+ indotta dalla terapia antiretrovirale rappresenta l’evento scatenante questa sindrome. In questi ultimi la prevalenza della comparsa di IRIS è globalmente del 19,5% ed è responsabile della morte del paziente nel 20.8% (Muller et al. Lancet Infect Dis 2010). Il momento migliore per iniziare la terapia antiretrovirale nei pazienti HIV-sieropositivi in cui venga posta diagnosi di meningite criptococcica resta non definito con precisione. Poiché si tratta di pazienti gravemente immunocompromessi l’inizio precoce della terapia antiretrovirale è generalmente consigliato ma va considerato anche il rischio di complicanze e morte indotto dalla IRIS. Per tale motivo la maggior parte delle linee guida consigliano di iniziare la terapia antiretrovirale dopo almeno 2-10 settimane dall’inizio della terapia antifungina. Uno studio recente condotto in Sudafrica e Uganda su pazienti con meningite criptococcica AIDS-correlata (trattata per 14 giorni con amfotericina B 0,7-1 mg/kg/die + fluconazolo 800 mg/die seguiti da fluconazolo) che iniziavano la terapia antirtrovirale precocemente (1 o 2 settimane dopo la diagnosi) o dopo 5 settimane dalla diagnosi ha mostrato a 26 settimane un eccesso di morti con l’inizio precoce della terapia antiretrovirale (45% vs 30% HR 1.73; IC 95% 1.06-2.82;P=0.03) (Boulware et al. N Engl J Med 2014). Diversi studi hanno valutato i possibili fattori di rischio per la comparsa di IRIS nei pazienti con criptococcosi AIDS-associata. A parte l’inizio precoce della terapia antiretrovirale (peraltro non dimostrato in alcuni studi), la presenza di fungemia, valori elevati di antigenemia e una ridotta risposta infiammatoria iniziale nel liquor (conta dei globuli bianchi < 25/µL e protidorrachia < 50 mg/dL) sono altri fattori di rischio indicativi di una infezione micotica grave e/o con elevata carica micotica. Sulla base di questi dati sembra pertanto opportuno dilazionare di almeno 4 settimane l’inizio della terapia antiretrovirale e comunque non intraprenderla prima di avere dimostrato la sterilizzazione della liquorcoltura. E’ opportuno ricordare che la diagnosi di IRIS resta una diagnosi di esclusione e in ogni caso devono essere effettuate tutte le indagini microbiologiche utili per escludere o confermare una recidiva di malattia criptococcica o la presenza di nuove patologie opportunistiche. Non esiste una definizione condivisa di IRIS ma si consiglia di fare riferimento alle definizioni di forma paradossa e a quella di patologia associata alla terapia antiretrovirale (che comprende l’unmasking IRIS) proposte dall’International Network for the Study of HIV-associated IRIS (INSHI) (Haddow et al. Lancet Infect Dis 2010). Antigenemia criptococcica e pre-emptive therapy. La possibile presenza di antigenemia criptococcica isolata in pazienti HIV-sieropositivi asintomatici ma con grave immunocompromissione era una situazione clinica nota anche prima dell’introduzione delle terapie antiretrovirali altamente efficaci (HAART). Tuttavia la sua rilevanza da un punto di vista prognostico è emersa chiaramente, soprattutto nei Paesi a risorse limitate, dopo l’introduzione della HAART. Uno studio condotto in Sudafrica ha dimostrato che avere uno screening per l’antigene criptococcico negativo sul plasma 2 settimane prima dell’inizio della terapia antiretrovirale è associato ad un valore predittivo negativo del 100% per lo sviluppo di meningite criptococcica nel primo anno di terapia antiretrovirale. Al contrario la sua positività si associa alla comparsa di meningite criptococcica in più di un quarto dei pazienti con un adjusted hazard di morte del 3.2% (Jarvis et al. Clin Infect Dis 2009). Poiché l’antigene criptococcico è rilevabile nel siero con una mediana di 3 settimane prima della comparsa di meningite criptococcica , l’esecuzione del test e il trattamento dei soggetti risultati positivi rappresenta un potenziale metodo per ridurre la letalità associata a questa patologia che rimane elevata anche in epoca HAART. Nel 2011 l’OMS ha dichiarato che l’inizio precoce della terapia antiretrovirale costituisce la strategia preventiva più efficace per ridurre l’incidenza e l’elevata letalità della meningite criptococcica.Come raccomandazione condizionale l’OMS ha indicato lo screening routinario e il trattamento dell’antigenemia criptococcica prima dell’inizio della terapia antiretrovirale nei pazienti naive con valori di linfociti CD4+ inferiori a 100/uL in aree con elevata prevalenza (circa il 3%) di antigenemia criptococcica. Diversi Paesi a cosiddette risorse limitate (Sudafrica, Mozambico, Ruanda) hanno implementato questa strategia ma il suo impiego è stato evocato anche nei Paesi a risorse elevate (Rajasingham et al. Clin Infect Dis 2012). Uno studio condotto a Londra in pazienti con nuova diagnosi di infezione da HIV e conta dei linfociti CD4+ < 100/µL ha indicato una prevalenza pari al 5% (Patel et al J Infect 2013). Più recentemente i CDC hanno condotto uno studio retrospettivo sul siero di 1872 pazienti con infezione da HIV e conta dei linfociti CD4+ < 100/µL raccolti dal 1986 al 2012 dal Multicenter AIDS Cohort Study (MACS) dimostrando una prevalenza globale di antigene mia criptococcica negli Stati Uniti del 2.9% (IC 95% 2.2%-3.7%) (McKenney et al. MMWR 2014). Sulla base di questi dati i CDC suggeriscono l’implementazione di una strategia di screening che sarebbe cost-effective. Non si dispongono di dati sulla prevalenza dell’antigenemia criptococcica nella popolazione italiana di pazienti HIV-sieropositivi ma è verosimile che non si discosti di molto da quanto segnalato negli Stati Uniti. Si suggerisce pertanto di effettuare tale screening in tutti i pazienti con diagnosi di infezione da HIV “late presenter” (linfociti CD4+ 50-100/µL) prima di intraprendere la terapia antiretrovirale e di effettuare una terapia pre-empitive con fluconazolo secondo quanto riportato nell’algoritmo in figura 4. Riscontro di positività per HIV (i.e., anti-HIV+) Linfociti CD4+ < 50100/µL Negativo CRAg screening Positivo Sintomi Asintomatico* Terapia HAART Puntura lombare CM Fluconazolo 800 mg/die x 2 settimane Trattare la meningite criptococcica secondo linee guida Inizio HAART dopo 2 settimane Fluconazolo 400 mg/die x 8 settimane Figura 4- Algoritmo per l’implementazione dello screening per la ricerca di antigene criptococcico (CrAg) e la terapia pre-emptive. * E’ consigliabile effettuare la puntura lombare in tutti i pazienti con risultato positivo per l’antigene criptococcico su siero. Inoltre è sempre consigliabile eseguire almeno 1 emocoltura per miceti. CM= meningite criptococcica; HAART= Highly active antiretroviral therapy . Fonte Jarvis et al. JIAPAC 2012 Tabella 15- Schemi di terapia della criptococcosi Localizzazione Sistema nervoso centrale (meningite criptococcica) Terapia di I scelta Induzione (minimo 2 settimane) Amfotericina B liposomiale 3-4 mg/kg/die ev + flucitosina 100 mg/kg/die ev (refratto in 4 somministrazioni) * oppure Amfotericina B liposomiale 3-4 mg/kg/die per 4-6 settimane (schema senza flucitosina) oppure Amfotericina B deossicolato 0,7-1 mg/kg/die ev + flucitosina 100 mg/kg/die (refratto in 4 somministrazioni) Alternative • Fluconazolo 800-1200 mg/die ev + flucitosina 100 mg/kg/die (refratto in 4 somministrazioni) per 6-10 settimane • Fluconazolo 800-2000 mg /die per 10-12 settimane (quando impiegato da solo va utilizzata la dose massima tollerata e comunque si suggerisce di utilizzare almeno 1200 mg/die in considerazione dell’effetto statico del farmaco) Consolidamento: minimo 8 settimane Fluconazolo 400 mg/die per os o Fluconazolo 800 mg/die per os (dosaggio consigliato nel caso in cui non sia stata utilizzata flucitosina nella terapia di induzione) Mantenimento : fluconazolo 200 mg/die per os * Itraconazolo 200 mg x2/die per os La terapia di mantenimento può essere sospesa nei pazienti che presentino immunoricostituzione in seguito a terapia HAART (CD4> 100/µL > 6mesi) Polmone Fluconazolo 400 mg/die per os per 6-12 mesi • • * Schema consigliato Itraconazolo 400 mg/die per os per 6-12 mesi Amfotericina B deossicolato 0,5 mg/kg/die ev (dose totale 1-2 g) Mucormicosi (Zigomicosi) Mucormicosi è il termine utilizzato per descrivere le infezioni causate da funghi appartenenti all’ordine Mucorales. Zigomicosi, usato in precedenza e come sinonimo è considerato meno accurato per descrivere questa grave patologia in base alla recente riclassificazione tassonomica che ha abolito gli Zygomycetes come classe (Spelberg et al. Clin Microbiol Rev 2005, Kwon-Chung Clin Infect Dis 2012). Gli zigomiceti sono microrganismi ubiquitari e termo- tolleranti presenti soprattutto come saprofiti nel materiale organico ; producono in maniera significativa spore che vengono inalate. I membri dell’ordine Mucorales causano le forme più gravi di zigomicosi che oggi vengono come detto preferibilmente riferite come mucormicosi . I miceti appartenenti al genere Entomophthorales sono responsabili di forme a decorso cronico a carico della mucosa nasale e dei tessuti sottocutanei osservate per lo più in individui immunocompetenti in aree tropicali e subtropicali. La mucormicosi è considerata una infezione emergente, soprattutto nei pazienti ematologici in particolare tra coloro che sono stati sottoposti a profilassi antifungina come cosiddette “breakthrough infection” (tabella 16). I generi responsabili della maggior parte dei casi di mucormicosi sono : Rhizopus, Mucor, Lichtheimia (in precedenza nota come Absidia), Cunninghamella, Rhizomucor, Apophysomyces e Saksenaea. Nei pazienti ematologici la localizzazione più frequente è quella polmonare ma possono essere coinvolti altri siti (seni paranasali, encefalo, cute, tratto digerente) e talora si osservano quadri di malattia disseminata (più di un sito coinvolto). Tabella 16 – Fattori predisponenti per mucormicosi nei pazienti con neoplasie ematologiche e/o sottoposti a trapianto di cellule staminali Neutropenia prolungata (> 3 settimane) e grave (< 200 neutrofili/µL) Monocitopenia (< 100/µL) Somministrazione prolungata (> 3 settimane) di alte dosi di corticosteroidi (prednisone o equivalente > 1mg/kg/die) Sovraccarico di ferro (valutato con elevati indici di ferro, o con colorazione su biopsia osteomidollare) Trapianto di cellule staminali ad alto rischio (Donatore non correlato; donatore aploidentico; da cordone ; depleto di cellule T) GvHD grave e suo trattamento (specialmente con corticosteroidi) Recidiva di leucemia Precedente esposizione a farmaci antifungini attivi verso Aspergillus (specialmente voriconazolo)? Iperglicemia prolungata (a digiuno > 200 mg/dL); iperglicemia associata a terapia con corticosteroidi; diabete mellito GvHD, graft versus host disease Fonte : Kontoyannis et al. Blood 2011 Tabella 17- Condizioni predisponenti associate a mucormicosi Diabete mellito Chetoacidosi Trapianto allogenico di cellule staminali Trapianto di organo solido Emocromatosi in terapia con deferoxamina Neutropenia Diagnosi – La diagnosi di mucormicosi si basa su un elevato indice di sospetto (condizioni predisponenti, vedi tabella 16 e 17), segni e sintomi clinici di presentazione , imaging ed esame istopatologico e colturale di campioni clinici appropriati. I campioni utilizzabili per la diagnosi istopatologica e colturale sono rappresentati da scraping cutaneo da lesioni della cute; scraping e aspirato da lesioni dei seni (forma rinocerebrale); lavaggio broncoalveolare; materiale proveniente dal naso; biopsie tissutali in pazienti con forme gastrointestinali e/o disseminate. Il materiale raccolto (seni nasali o escreato) e le biopsie devono essere analizzati impiegando KOH al 10% o Fungi-Fluor ; gli elementi fungini possono essere scarsi nei campioni citologici e quando presenti possono essere frammentati. Le caratteristiche su materiale citologico sono quelle di ife rifrangenti (6-15 µm), cellule ingrossate e talora ife distorte. L’esame istopatologico mostra un processo infiammatorio suppurativo con focali aree di infiammazione granulomatosa; le ife (diametro 6-30 µm) appaiono non-settate o pauci-settate e irregolarmente ramificate (con angoli > 90°); è caratteristica l’angioinvasione con trombosi e infarto. Le colorazioni con ematossilina-eosina (EE) devono essere completate con colorazioni specifiche per miceti (Grocott –Gomori argento o PAS). Questi funghi sono come è noto di difficile dimostrazione in coltura e negli ultimi anni sono stati impiegati con successo metodi molecolari per l’identificazione. La crescita in coltura è rapida e si verifica in genere in 24 ore a temperature di 25-37°C. La coltura da un sito sterile conferma la diagnosi di mucormicosi e permette la precisa identificazione di genere e di specie. Non sono disponibili test antigenici specifici per la rilevazione delle infezioni causate dai miceti responsabili di mucormicosi. L’1-3 β-d-glucano , un componente della parete fungina di molti miceti (e quindi considerato un antigene pan-fungino) è assente in Mucorales. L’antigene galattomannano può essere occasionalmente positivo in corso di mucormicosi ma un risultato negativo (su siero e BAL) in un paziente a rischio e con un quadro compatibile di infezione fungina invasiva incrementa la verosimiglianza di mucormicosi invasiva. Per quanto riguarda la diagnosi radiologica alcune modificazioni sembrano essere osservate più frequentemente nei pazienti affetti da mucormicosi rispetto ad altre infezioni da funghi filamentosi. Il segno dell’alone (“halo sign”) e quello della semiluna (“air crescent sign”) sono generalmente considerati come indicativi di infezione fungina a carico delle basse vie respiratorie. Il cosiddetto “segno dell’alone inverso” (cioè un’area di opacità a vetro smerigliato circondata da un anello di consolidamento) sembra essere più tipica della mucormicosi rispetto all’aspergillosi invasiva. In uno studio non controllato su 189 pazienti il segno dell’alone inverso era presente nel 19% dei casi di mucormicosi, in meno dell’1% di aspergillosi invasiva e in nessun paziente con fusariosi. Terapia- Di tutti i farmaci antifungini disponibili amfotericina B mostra la migliore attività in vitro nei confronti della maggior parte delle specie responsabili di mucormicosi. Alcune specie però, ad esempio Cunninghamella e Rhizopus , presentano valori di MIC più elevati. Gli azoli con la sola eccezione di posaconazolo non sono attivi nei confronti degli zigomiceti. Posaconazolo è stato utilizzato come terapia di salvataggio della zigomicosi in due studi di 91 e 24 pazienti con percentuali di successo riportate rispettivamente del 60 % e 79 %. Le echinocandine risultano almeno in vitro inattive nei confronti degli zigomiceti. Amfotericina B deossicolato è stata considerata per molti anni il trattamento di scelta della mucormicosi con dosaggi raccomandati compresi tra 1 e 1,5 mg/kg/die; diversi studi recenti supportano l’impiego di amfotericina B liposomiale come trattamento di prima scelta della mucormicosii. Una revisione di 120 pazienti ematologici ha mostrato tassi di sopravvivenza del 67 % nei pazienti trattati con amfotericina B liposomiale rispetto al 39 % dei trattati con amfotericina B deossicolato (p=0.02). In un altro studio retrospettivo italiano su 59 pazienti ematologici con zigomicosi certa o probabile le percentuali di risposta erano del 58 % nei trattati con amfotericina B liposomiale contro il 23 % nei trattati con amfotericina B deossicolato. Benchè la dose e la durata della terapia con amfotericina B liposomiale non sia stata stabilita con certezza si tende ad impiegarla a dosaggi più elevati (510 mg/kg/die) di quelli usualmente utilizzati. Le più recenti linee guida sia dell’ESCMID sia dell’ECIL concordano nel considerare amfotericina B liposomiale (a dosi uguali o superiori a 5 mg/kg/die) la terapia di prima scelta per il trattamento della mucormicosi (Skiada et al. Haematologica 2013; Cornely et al. Clin Microbiol Infect 2014). L’amfotericina B in complessi lipidici (5 mg/kg/die) può rappresentare una alternativa se è stata esclusa una localizzazione cerebrale. Nei pazienti con localizzazione al sistema nervoso centrale viene raccomandato l’impiego di una dose maggiore (10 mg/kg/die) di amfotericina B liposomiale per un periodo iniziale di almeno 28 giorni. La terapia medica deve essere associata a debridement chirurgico del tessuto necrotico da parte di un chirurgo esperto nel trattamento di questa patologia. Uno studio retrospettivo relativo a 30 pazienti combinato con l’analisi della letteratura relativa a 225 pazienti affetti da mucormicosi ha mostrato che il debridement chirurgico polmonare riduceva la mortalità da 62% a 11%. Due recenti revisioni della letteratura (Roden et al. Clin Infect Dis 2005; Zaoutis et al. Pediatr Infect Dis J 2007) hanno documentato migliori tassi di sopravvivenza con un approccio combinato di terapia chirurgica e medica. Per i pazienti refrattari o intolleranti alla terapia con gli antifungini di prima scelta il posaconazolo è considerato il farmaco di scelta per la terapia di salvataggio (200 mg quattro volte al giorno o 400 mg due volte al giorno). Una volta stabilizzata la malattia (almeno 3 settimane di terapia parenterale con L-AMB) può essere impiegato posaconazolo per os 200 mg quattro volte al giorno come terapia di mantenimento. Per migliorare l’assorbimento e quindi le concentrazioni plasmatiche di posaconazolo è importante dare alcune indicazioni ai pazienti: assunzione con un pasto a elevato contenuto lipidico; con bevande acide; sospendere terapie che riducono l’acidità gastrica (soprattutto gli inibitori di pompa protonica). E’ inoltre necessario monitorare le concentrazioni plasmatiche di posaconazolo dopo 7 giorni di terapia per assicurarsi che i livelli del farmaco siano almeno > 1µg/mL ( ma idealmente > 2 µg/mL poiché la MIC 90 per Mucorales è > 1 µg/mL). In figura 5 sono riportate le opzioni raccomandate per il trattamento della mucormicosi Mucormicosi invasiva Debridement chirurgico Normale funzione renale Funzione renale alterata Posaconazolo 200 mg x 4/die Amfotericina B liposomiale 5-10 mg/kg/die ev o Amfotericina B complessi lipidici 5 mg/kg/die ev Quadro refrattario /intolleranza o Malattia stabile/migliorata Figura 5- Algoritmo diagnostico-terapeutico per la mucormicosi Istoplasmosi L’istoplasmosi è una infezione causata da miceti dimorfi: Histoplasma capsulatum var. capsulatum (endemico negli Stati Uniti, America centro-meridionale, Africa e Asia) e da H.capsulatum var. duboisii (endemico esclusivamente in Africa dove coesiste con l’altra varietà). La distribuzione geografica di questi miceti è influenzata dalle caratteristiche del suolo , dall’umidità e dal clima; le deiezioni di uccelli e di pipistrelli favoriscono la crescita del microrganismo nel terreno aumentandone la sporulazione. Nel nostro Paese sono segnalati casi autoctoni in persone che vivono nella pianura padana e riattivazioni in pazienti immunocompromessi (soprattutto HIV-sieropositivi) che hanno vissuto o soggiornato in aree endemiche (Antinori et al. Medicine 2006; Antinori Am J Trop Med Hyg 2014). Nel soggetto immunocompetente l’istoplasmosi può essere osservata come patologia polmonare in genere autolimitante soprattutto in viaggiatori con fattori di rischio specifici (speleologi). Diagnosi- La diagnosi richiede la dimostrazione del micete in coltura (emocoltura, liquorcoltura, urinocoltura) o su materiale bioptico (cute, midollo osseo, altri campioni). Negli Stati Uniti è disponibile un saggio per la rilevazione dell’antigene di istoplasma su sangue e urina . Terapia- In tabella 18 sono riportate le indicazioni alla terapia antifungina per l’istoplasmosi secondo quanto riportato nelle linee guida statunitensi. Tabella 18- Indicazioni alla terapia antifungina in corso di istoplasmosi Indicazioni certe, efficacia certa o probabile • Infezione polmonare acuta diffusa con sintomi da moderatamente gravi a gravi • Infezione polmonare cronica cavitaria • Infezione disseminata progressiva • Infezione del sistema nervoso centrale Indicazioni incerte, efficacia non nota • Infezione polmonare acuta focale (asintomatica o con sintomi lievi che persistono > 1 mese) • Linfoadenite mediastinica • Granuloma mediastinico • Sindromi infiammatorie trattate con steroidi Non raccomandata, efficacia incerta o inefficacia • Fibrosi mediastinica • Noduli polmonari • Broncolitiasi • Sindrome oculare presunta I farmaci antifungini che mostrano attività nell’istoplasmosi sono l’amfotericina B deossicolato, amfotericina B liposomiale, amfotericina B in complessi lipidici e itraconazolo; non vi sono evidenze relative all’impiego delle echinocandine. In tabella 19 sono riassunte le indicazioni con i farmaci e i dosaggi indicati per l’istoplasmosi nelle linee guida dell’IDSA (le uniche disponibili per questa infezione micotica). Tabella 19- Terapia dell’istoplasmosi secondo le indicazioni delle linee guida statunitensi Manifestazione clinica Trattamento Istoplasmosi acuta polmonare • moderatamente grave o grave Amfotericina B liposomiale (3-5 mg/kg/die) o amfotericina B deossicolato (0,7-1 mg/kg/die) ev per 1-2 settimane poi itraconazolo 200 mg per os ogni 12 ore Sintomi < 4 settimane= nessuna Sintomi > 4 settimane= itraconazolo 200 mg x2 per os per 6-12 settimane Itraconazolo 200 mg x2 per os per 12 mesi Itraconazolo 200 mg per os 1-2 volte al giorno per 6-12 settimane se viene impiegato anche prednisone Amfotericina B liposomiale (3 mg/kg/die) ev per 2 settimane poi itraconazolo 200 mg ogni 12 ore per os per 12 mesi Amfotericina B liposomiale (5 mg/kg/die) ev per 4-6 settimane poi itraconazolo 200 mg x 2-3 volte die per os per almeno 12 mesi • Lieve o moderata Istoplasmosi cronica cavitaria Pericardite Istoplasmosi progressiva disseminata (PDH) Istoplasmosi del SNC Livello di evidenza/Forza della raccomandazione AIII AIII BIII AII BIII AI BIII Fonte: Wheat JL et al. Clin Infect Dis 2007;45:807-25 Terapia antifungina empirica e terapia pre-emptive Nella pratica clinica quotidiana l’impiego di terapia antifungina su base empirica o pre-emptive supera di gran lunga quella utilizzata per il trattamento di infezioni certe (Valerio et al. J Antimicrob Chemother 2014). I motivi sono diversi ma in larga misura dettati dalle ben note difficoltà diagnostiche associate alle infezioni fungine - pur se temperate negli ultimi anni da alcune innovazioni (biomarcatori fungini; TC a strato sottile; PCR) - ; dalla gravità delle infezioni stesse caratterizzate da elevata letalità soprattutto nei pazienti immunocompromessi; dalla dimostrazione (nella candidemia) che l’inizio tardivo della terapia si associa ad un incremento significativo della letalità (Morelle t al. Antimicrob Agents Chemother 2005) ; dagli studi, effettuati negli anni ’80 nei pazienti neutropenici febbrili non responsivi alla terapia antibiotica a largo spettro (Pizzo et al. Am J Med 1982; EORTC, Am J Med 1989)) che ha reso questa pratica lo standard of care. Nella nostra pratica si ravvisano due tipologie di scenari clinici per i quali appare appropriato prendere in considerazione una terapia antifungina empirica/pre-emptive: il paziente ricoverato in terapia intensiva (con quadro di sepsi/shock settico e BPCO in terapia steroidea cronica, addensamenti polmonari e insufficienza respiratoria) e il paziente neutropenico febbrile (ematologico). I due approcci (terapia empirica e terapia pre-emptive) vengono oggi indicati anche come fever-driven (quello empirico) e diagnostic-driven (quello pre-emptive). Paziente in rianimazione (ICU-UTI). Il primo problema da considerare è quello relativo alla candidemia (per i dettagli si rimanda al capitolo relativo presente in questo documento). La terapia empirica deve essere guidata da una attenta valutazione clinica del paziente in quanto i fattori di rischio associati a candidemia ricorrono quasi sempre e quasi tutti nel paziente con febbre/sepsi ricoverato in ICU. L’opzione della pre-emptive therapy è vincolata all’impiego di biomarcatori (1,3-β-d-glucano) non disponibili (né presso la nostra UO di Microbiologia né in altri laboratori esterni) oppure utilizzando i punteggi derivanti dagli score proposti (Candida score, indice di colonizzazione, regole predittive di Ostrosky-Zeichner) che mostrano un elevato potere predittivo negativo ma un basso potere predittivo positivo. A scopo esemplificativo si riporta in tabella 20 le performance ottenute comparativamente nello studio di Posteraro e collaboratori che hanno valutato 1,3-β-d-glucano, Candida score e indice di colonizzazione nella diagnosi di candidemia nel paziente in ICU. Tabella 20- Performance di 1,3-β β-d-glucano (BG), Candida score (CS) e indice di colonizzazione per la diagnosi di candidosi invasiva in 95 pazienti BG con cut-off di 80 mg/mL Sensibilità (%) 95%CI 92.9 (66.1-99.8) Specificità (%)95%CI 93.7 (85.8-97.9) PPV (%)95%CI 98.7 (46.5-90.3) NPV (%)95%CI 98.7 (92.8-99.9) CS ≥ 3 85.7 (57.2-98.2) 88.6 (79.5-94.7) 57.1 (34.0-78.2) 97.2 (90.3-99.7) Indice di colonizzazione ≥0.5 64.3 (35.1-87.2) 69.6 (58.2-79.5) 27.3 (13.3-45.5) 91.7 (81.6-97.2) Fonte : Posteraro et al. Critical Care 2011; 15:R249 I fattori che spingono verso una terapia empirica o pre-emptive nel paziente con sepsi/shock settico in ICU sono legati alla dimostrazione che l’inizio dopo 12,24 o 48 ore dall’esecuzione di idonee emocolture (poi risultate positive per Candida spp.) si associa ad un incremento significativo della letalità nei pazienti con candidemia (Morell et al. Antimicrob Agents Chemother 2005; Clin Infect Dis 2006). Nell’allegato D è riportato un algoritmo per la terapia empirica proposto da Eggiman e collaboratori che valuta i diversi score proposti e a cui si può fare riferimento nella decisione clinica. In questo caso la scelta dell’antimicotico dovrà ricadere sempre sull’impiego di una echinocandina o di amfotericina B liposomiale. Sempre nel pazienti in ICU un problema emergente segnalato dalla letteratura internazionale è quello dell’aspergillosi invasiva polmonare (AIP) e dell’interpretazione di Aspergillus spp. isolato dalle secrezioni respiratorie al di fuori dei gruppi a rischio tradizionali. I dati epidemiologici riportano un’incidenza di AIP in ICU variabile da 0.3 a 6.9% (Koulenti et al. Curr Opin Infect Dis 2014). Uno studio retrospettivo statunitense condotto su un database (4 anni) ha identificato 412 casi di AI in ICU su oltre 6424 casi di AI (prevalenza 6.4%) con una prevalenza in ICU pari a 0.017 % (su 2,470,118 pazienti) (Baddley et al. BMC Infect Dis 2013). I pazienti avevano un’età media di 63.9 anni presentavano insufficienza respiratoria acuta nel 76% dei casi, erano in terapia steroidea nel 77% dei casi e avevano insufficienza renale nel 41% dei casi . Secondo questo studio l’AI in ICU si associa a elevata letalità e a un incremento dei costi ospedalieri con un 3.5% di incremento e 1.3 giorni di maggior permanenza in ospedale per ogni giorno di ritardo nell’inizio di terapia antifungina (Baddley et al. BMC Infect Dis 2013). I pazienti con BPCO in terapia steroidea e lesioni polmonari rappresentano la categoria a maggior rischio di AI in ICU ma la diagnosi è oltremodo difficile. L’identificazione di Aspergillus spp. in campioni respiratori si associa a una vera infezione nel 72% dei pazienti neutropenici, nel 55% dei trapiantati di organo solido e nel 22% dei pazienti con BPCO (Guinea et al. Clin Microbiol Infect 2010). In ogni caso l’isolamento di Aspergillus spp. da campioni respiratori in pazienti ospedalizzati in ICU costituisce un marcatore prognostico sfavorevole indipendentemente dal fatto che si tratti di colonizzazione o infezione (Khasawneh et al. J Crit Care 2006).Per quanto concerne le diverse specie uno studio ha indicato come l’isolamento di A.terreus sia associato più frequentemente a una vera infezione rispetto alle altre specie (Caston et al. Chest 2007). In assenza di criteri certi (escluse le biopsie o l’isolamento da siti sterili) nel paziente in ICU sono stati proposti alcuni criteri diversi da quelli dell’EORTC (che funzionano meno bene o poco rispetto al paziente ematologico ) sono stati proposti e successivamente validati in uno studio prospettico dei criteri per la diagnosi “putativa” di aspergillosi polmonare invasiva nei pazienti in ICU (Vandewoude et al. Crit Care 2006; Blot et al. Am J Respir Crit Care Med 2012) che vengono riportati nell’allegato E. Possono essere impiegati come ausilio per la decisione clinica nei pazienti con isolamento di Aspergillus spp. da campioni provenienti dalle vie respiratorie. Il problema di questo algoritmo (che è l’unico validato in uno studio clinico) è relativo al fatto che richiede come pre-requisito l’isolamento di Aspergillus ed è noto che la patologia può essere osservata anche in pazienti senza isolamento del fungo dalle vie respiratorie. In questo caso le opzioni terapeutiche sono rappresentate da voriconazolo e amfotericina B liposomiale : La scelta di una molecola rispetto all’altra (tenendo presente che voriconazolo è considerato prima scelta) dipenderà da eventuali farmaci concomitanti che siano metabolizzati da CYP3A4 o 2C9 o che possano prolungare l’intervallo QT (in questo caso si privilegerà L-AMB), dalla presenza di insufficienza epatica grave (Child C- sempre LAMB) o di insufficienza renale grave (privilegiare voriconazolo), Paziente neutropenico. Anche in questa condizione l’approccio può essere quello di terapia empirica (fever driven) o pre-emptive (diagnostic driven). Nel primo caso la decisione di intraprendere la terapia empirica è basata sulla mancata risposta a idonea terapia antibiotica a 96 ore in paziente febbrile (> 38°C) e con neutropenia grave (< 500/µL). Nel secondo caso la scelta è dettata dalla positività di un biomarcatore (GM) o dalla TC torace (o da entrambi). L’impiego in questo setting di 1,3-B-d-glucano e di PCR (reazione polimerasica a catena) per Aspergillus spp. rimangono controversi. I farmaci impiegabili sono amfoerticina B (oggi pressoché esclusivamente la formulazione liposomiale) e caspofungina. Entrambi sono registrati con questa indicazione. La scelta deve tenere tuttavia conto di numerose variabili , soprattutto il fatto che tra i due farmaci amfotericina B è l’antimicotico dotato dello spettro di attività più allargato (attivo pressoché contro tutti i miceti escluso Aspergillus terreus e Candida lusitaniae). Una recentissima revisione Cochrane che ha preso in esame 32 studi clinici (per un totale di 4287 pazienti) ha mostrato che la profilassi o la terapia empirica con amfotericina B è in grado di ridurre in maniera significativa la mortalità complessiva (RR 0.69, IC 95 % 0.50-0.96) (Gotzche et al. Cochrane 2014); inoltre, l’incidenza di infezioni fungine si riduceva significativamente con la somministrazione di amfotericina B (RR0.41, IC 95 50.24-0.73), fluconazolo (RR 0.39, IC 95% 0.27-0.57) e itraconazolo (RR 0.53, IC 95% 0.29-0.97). da ultimo amfotericina B e fluconazolo riducevano la mortalità ascrivibile a infezioni fungine (RR 0.45, IC 95% 0.240.73 per amfotericina B; RR 0.42 , IC 95% 0.24-0.73 per fluconazolo). Un’altra revisione Cochrane altrettanto recente che ha confrontato amfotericina B e voriconazolo ha mostrato come amfotericina B liposomiale sia significativamente più efficace di voriconazolo nella terapia empirica delle infezioni fungine nel paziente neutropenico e sia quindi da preferire (Jorgensen KJ et al. Cochrane 2014). Monitoraggio terapeutico dei farmaci antifungini (Therapeutic drug monitoring) L’importanza e la necessità di effettuare il monitoraggio delle concentrazioni terapeutiche (di seguito TDM) di alcuni farmaci antifungini è riconosciuta in maniera crescente tanto che diverse Società scientifiche hanno prodotto documenti in tal senso (Hamada et al. J Infect Chemother 2013; Ashbee et al. JAC 2014; Cendejas-Bueno et al. 2014). Benché sia tuttora dibattuto il fatto di considerare la TDM come un’ indagine routinaria (come avviene ad esempio per alcuni farmaci antibatterici) il suo impiego, soprattutto nel caso dei triazoli attivi nei confronti delle muffe (itraconazolo, voriconazolo, posaconazolo), è generalmente indicato. Allo stato attuale non vi sono invece indicazioni al suo impiego per i polieni (amfotericina B deossicolato, amfotericina B liposomiale e amfotericina B in complessi lipidici) e per le echinocandine (micafungina, anidulafungina, caspofungina). Il voriconazolo presenta negli adulti una farmacocinetica non-lineare (secondo Michaelis-Mertens) che appare correlata a meccanismi saturabili di eliminazione. E’ generalmente considerato un farmaco con un’ elevata biodisponibilità dopo somministrazione orale sia negli adulti sia nei bambini (80-86%) anche se dati più recenti sembrano indicare talora valori inferiori al 60% (Pascual et al. Clin Infect Dis 2012). Il voriconazolo viene metabolizzato attraverso meccanismi ossidativi che coinvolgono il citocromo P450 (soprattutto gli isoenzimi CYP3A4, CYP2C19 e CYP2C9). Il CYP2C19 si associa a numerosi polimorfismi clinicamente rilevanti che sono stati correlati a differenze anche notevoli della clearance del farmaco. I fattori a supporto dell’impiego della TDM in maniera routinaria nella terapia con voriconazolo derivano soprattutto dalla dimostrazione, sia in condizioni sperimentali sia in studi clinici, della relazione concentrazione-efficacia e concentrazione-tossicità. Inoltre, la variabilità farmacocinetica di voriconazolo è notevole , estesamente documentata e come conseguenza di ciò è stato determinato che una piccola quota di pazienti che ricevono la dose indicata presenta un’esposizione al farmaco associata con un’elevata probabilità di successo e una bassa probabilità di tossicità. In uno studio prospettico controllato e randomizzato è stato dimostrato un’outcome migliore nei pazienti che ricevevano voriconazolo adeguato alle concentrazioni rispetto a quelli che ricevevano la dose fissa del farmaco (Park et al. Clin Infect Dis 2012). E’ indicato mantenere una “through concentration” tra 1.0 e 5.5 mg/L. Secondo quanto riportato nelle linee guida britanniche la concentrazione per minimizzare la tossicità di voriconazolo (fotopsia, incremento dei valori degli enzimi epatici, neurotossicità) dovrebbe essere < 4-6 mg/L (Ashbee et al. JAC 2014). Nel caso in cui la MIC (ottenuta con il metodo CLSI) del microrganismo responsabile sia nota il rapporto (through concentration:MIC target) deve essere compresa tra 2-5. Poiché le concentrazioni di voriconazolo si modificano più rapidamente rispetto a itraconazolo e posaconazolo viene considerato ragionevole effettuare la prima determinazione entro 2-5 giorni. La medesima strategia va messa in atto qualora si modifichi il dosaggio del farmaco e quando si effettui uno switch dalla somministrazione parenterale a quella orale. Per quanto riguarda itraconazolo, farmaco oggi impiegato meno frequentemente del passato per la terapia e profilassi delle IFI, si ritiene necessario eseguire la TDM nella maggior parte dei pazienti ; il farmaco ha una farmacocinetica non lineare e lo steady state viene raggiunto non prima di 2 settimane. Viene consigliato di effettuare un primo prelievo dopo 1 settimana e monitorare quindi i valori a intervalli regolari. Misurando le concentrazioni con HPLC/spettrofotometria di massa è necessario mantenere concentrazioni di 0.5-1 mg/L. Anche per posaconazolo, in considerazione della notevole variabilità farmacocinetica dimostrata nella pratica clinica e dell’evidenza frequente di concentrazioni sub ottimali impiegando le dosi raccomandate, è consigliabile eseguire la TDM. Secondo la BSMM nel caso di impiego per profilassi viene considerata ragionevole una concentrazione target di 0.7 mg/L anche se le evidenze a supporto di questo valore sono relativamente deboli. Per quanto riguarda la terapia di infezioni fungine certe la minima concentrazione target è di 1 mg/L. La prima determinazione va effettuata dopo almeno 1 settimana di impiego del farmaco (quando si raggiunge lo steady state); nel caso in cui si modifichi la terapia sono necessari altri 7 giorni prima che il nuovo steady state sia raggiunto. Per le echinocandine non vi sono indicazioni all’impiego della TDM. Al di fuori degli azoli l’unico altro farmaco per cui sarebbe indicato l’utilizzo della TDM è la flucitosina , che fa parte della terapia iniziale di combinazione della meningite criptococcica. La dose standard di flucitosina è pari a 100-150 mg/kg/die suddivisa in 3-4 somministrazioni giornaliere. E’ richiesta una riduzione della dose giornaliera in presenza di insufficienza renale (clearance creatinina 26-50 mL/min, 75 mg/kg/die; clearance creatinina 13-25 mL/min, 37 mg/kg/die; clearance creatinina < 13 mL/min , non somministrare). Il rischio di mielotossicità da flucitosina è notevole quando la concentrazione di picco è > 100 mg/L; pertanto la concentrazione di picco (misurata 2 ore dopo una dose orale) dovrebbe rimanere nell’intervallo compreso fra 50-100 mg/L. Poiché la flucitosina ha una breve emivita la sua prima determinazione dovrebbe avvenire entro 72 ore dall’inizio della terapia e successivamente dovrebbe essere effettuata regolarmente (ogni modifica della funzionalità renale influisce sulle concentrazioni). In tabella 21 sono riassunte schematicamente le indicazioni, i livelli target e le strategie da adottare per gli aggiustamenti della dose. Infine si ricorda che presso la nostra AO è possibile effettuare la TDM di voriconazolo e posaconazolo contattando il Dr Dario Cattaneo dell ‘UO Farmacologica clinica (vedi allegato B). Tabella 21- Sintesi delle differenti raccomandazioni per l’impiego della TDM nella terapia/profilassi antifungina Fluconazolo Itraconazolo Voriconazolo Posaconazolo Flucitosina Indicazione alla TDM Insufficienza renale; pediatria Verifica raggiungimento target terapeutico, mielotossicità; insufficienza renale 4-5 giorni Verifica raggiungimento target terapeutico; modifiche della dose o switch a terapia orale; malassorbimento; tossicità epatica, neurologica, oculare; interazioni farmacologiche 5-7 giorni Verifica raggiungimento target terapeutico; malassorbimento; interazioni farmacologiche Tempo di esecuzione (dopo la prima dose) Concentrazioni terapeutiche Pazienti immunocmpromessi che ricevono il farmaco per la profilassi; pazienti che ricevono il farmaco per la terpia di IFI o aspergillosi broncopolmonare allergica 15 giorni 5-7 giorni 3 giorni Cmin: 1-4 mg/L (o µg/ mL) - Profilassi : Cmin > 0.5 mg/L (o µg/mL) Terapia: 0.5-1.5 mg/L (o µg/mL) - Cmin 40-100 mg/L Soglia di tossicità Profilassi: Cmin> 0,5 mg/L (o µg/mL) Terapia: Cmin> 1-2 mg/L (o µg/mL) - Strategie per aggiustamento dose nei pazienti con concentrazioni inferiori al target desiderato - Incrementare la dose da 600 mg/die a 800 mg/die; somministrae la dose totale ogni 6 ore; somministrae a stomaco pieno; somministrae con un pasto ad alto contenuto grasso; sospendere farmaci che sopprimono l’acidità gastrica; sospendere farmaci che interferiscono Incrementare la dose del 50% AUC/ MIC> 25 Incrementare dose giornaliera (da 200 mg x2/die a 300 mg x2/die) Somministrae sospensione orale anziché le capsule Se si impiega la sospensione orale verificare l’assunzione a stomaco vuoto Se si impiegano le capsule non utilizzare antagonisti H2 o inibitori di pompa Cmin > 4-6 mg/L (o µg/mL) Incrementare la dose ev del 50% finoa un massimo di 6 mg/kg x 2/die (adulti); incrementare la dose orale da 200 mg x2/die a 300 mgx27die Cmax > 100 mg/L Suscettibilità agli antifungini di Candida spp e Aspergillus spp. Due organizzazioni hanno sviluppato metodi di riferimento per saggiare gli isolati fungini e hanno stabilito i relativi breakpoints per l’interpretazione della suscettibilità agli antifungini: l’EUCAST (European Committee on Antimicrobial Susceptibility testing) e l’AFST (Antifungal Susceptibility Testing Subcommiteees) del CLSI (Clinical Laboratory Standards Institute). Inizialmente le 2 organizzazioni hanno prodotto valori di breakpoints differenti :in genere più bassi per EUCAST rispetto a CLSI. Più recentemente i breakpoints del CLSI sono stati rivisti e in larga misura armonizzati con quelli di EUCAST. Le principali differenze sono le seguenti: EUCAST in considerazione della notevole variabilità dei valori di MIC osservati nel tempo e tra i diversi laboratori per caspofungina nei confronti di Candida spp., non ritiene fornire a questo riguardo valori di breakpoints, suggerisce nel frattempo di impiegare anidulafungina come marcatore di suscettibilità a caspofungina (Espinell-Ingroff et al. Antimicrob Agents Chemother 2013). Uno studio pubblicato nel 2014 condotto su circa 4300 ceppi di Candida spp. ha confermato che anidulafungina costituisce un accurato marcatore “surrogato” in grado di predire suscettibilità o resistenza di Candida spp. a caspofungina (Pfaller et al. J Clin Microbiol 2014). I breakpoints indicati da EUCAST per anidulafungina e micafungina sono di alcune diluizioni più bassi per Candida spp. rispetto a quelli generati da CLSI (come conseguenza metodologica poiché i metodi impiegati da EUCAST danno valori di MIC più bassi) (Arendrup et al. Drug Resist Updat 2013; Pfaller et al. Drug Resist Updat 2011). Per EUCAST sia C. parapsilosis sia C. guilliermondi non sono mai considerate specie totalmente suscettibili alle echinocandine ma con suscettibilità intermedia. In tabella 22 sono riportati i valori di breakpoints per Candida spp. secondo EUCAST e CLSI. Tabella 22- Valori comparativi dei breakpoints per le principali specie di Candida secondo i riferimenti EUCAST e CLSI Specie Candida albicans C. glabrata C. krusei C. papapsilosis C .tropicalis C. guilliermondii Anidulafungina EUCAST : S≤0.03 CLSI: S ≤0.25 Caspofungina EUCAST: NS Micafungina EUCAST : S≤0.016 CLSI: S ≤0.25;R>0.5 Fluconazolo EUCAST : S≤2;R>4 CLSI: S≤2;R>4 Voriconazolo EUCAST : S≤0.12 CLSI: S ≤0.12;R>0.5 Posaconazolo EUCAST :S≤0.06 CLSI: NS EUCAST: S≤0.06 CLSI. S≤0.12 EUCAST: NS EUCAST: S≤0.002;R>32 CLSI. S≤0.002;R>32 EUCAST: EI EUCAST: EI CLSI. S≤0.12; R>0.25 EUCAST: S≤0.03 CLSI. S≤0.06;R>0.125 CLSI:- CLSI: NS EUCAST: S≤0.06 CLSI: S≤0.25;R>0.5 EUCAST: NS EUCAST: EI _ EUCAST: EI EUCAST: EI CLSI: S≤0.25;R>0.5 CLSI: S≤0.25;R>0.5 _ CLSI:S≤0.5;R>1 CLSI: NS EUCAST : S≤0.002;R>4 CLSI:S≤2;R>4 EUCAST: NS EUCAST : S≤2;R>4 CLSI:S≤2;R>4 EUCAST : S≤0.12 CLSI:S≤2;R>4 EUCAST : S≤0.002;R>2 CLSI:S≤2;R>4 EUCAST : S≤0.06 CLSI: NS EUCAST : S≤0.06; CLSI: S≤0.25;R>0.5 EUCAST: NS EUCAST: EI EUCAST : S≤0.12 CLSI: S≤0.25;R>0.5 CLSI: S≤0.25;R>0.5 EUCAST : S≤2;R>4 CLSI:S≤2;R>4 CLSI:S≤0.12;R>0.5 EUCAST : S≤0.06 CLSI: NS EUCAST: EI CLSI: S≤2;R>4 EUCAST: EI CLSI: S≤2;R>4 EUCAST: EI CLSI: S≤2;R>4 EUCAST: EI CLSI: NS EUCAST: EI CLSI: NS EUCAST: EI CLSI: NS CLSI:S≤0.25;R>0.5 CLSI:S≤0.12;R>0.5 NS= non stabilito; EI= evidenze insufficienti EUCAST, European Committee on Antimicrobial suceptibility Testing; CLSI, Clinical and Laboratory Standards Institute Per quanto riguarda le muffe e in particolare Aspergillus spp., la situazione relativa ai saggi di suscettibilità e alla disponibilità di breakpoints appare più complessa. Il CLSI ha sviluppato al riguardo un metodo di microdiluizione in brodo che costituisce il riferimento per la valutazione della suscettibilità delle muffe (CLSI M38-A2 document). Il CLSI non ha prodotto breakpoints clinici ma i cosiddetti epidemiologic cutoff values (ECVs) che pur non essendo predittivi dell’outcome clinico possono aiutare ad evidenziare la presenza di resistenza agli azoli dovute a mutazioni a carico di cyp51A, un meccanismo di resistenza dimostrato per alcune specie di Aspergillus. Al contrario EUCAST basandosi sulle distribuzioni dei valori di MIC, parametri di PK/PD, dati ottenuti su modelli animali e sull’esperienza clinica ha indicato dei breakpoints per Aspergillus fumigatus nei confronti di itraconazolo, voriconazolo e posaconazolo. In tabella 23 sono sinteticamente riportati i breakpoints agli antifungini (AMF-B e triazoli) proposti nei confronti di Aspergillus spp da parte dell’EUCAST e gli ECVs proposti da parte del CLSI. Tabella 23- Breakpoints nei confronti di Aspergillus spp. proposti da EUCAST e ECVs proposti da CLSI Antifungino EUCAST Amfotericina B Itraconazolo Voriconazolo Posaconazolo CLSI Itraconazolo Voriconazolo Posaconazolo Aspergillus A.fumigatus flavus MIC breakpoints (mg/L) S≤ R> S≤ R> EI EI 1 2 1 2 1 2 EI EI 1 2 EI EI 0.12 0.25 ECV (µ µg/mL) 1 1 1 1 0.25 0.5 A.nidulans S≤ NS 1 EI EI 1 2 1 A.niger R> NS 2 EI EI S≤ 1 EI EI EI 2 2 0.5 A.terreus R> 2 EI EI EI S≤ 1 EI 0.12 R> 2 EI 0.25 1 1 0.5 Fonte dei dati : Espinel-Ingroff et al. J Clin Microbiol 2010; Arendrup et al. Drug Resist Updat 2013. EI= evidenze insufficienti ALTRE INFEZIONI FUNGINE Non vengono date indicazioni specifiche in questo documento riguardo alla terapia di infezioni fungine presenti esclusivamente in alcune aree endemiche (blastomicosi, coccidioidomicosi, paracoccidioidomicosi e penicilliosi marneffei) e di rarissimo riscontro in Italia. Per queste si rimanda, laddove esistano, alle linee guida (vedi allegato A) o alle indicazioni della letteratura. Lo stesso discorso vale per tutte quelle infezioni micotiche rare, per alcune delle quali l’ESCMID ha recentemente pubblicato linee guida al riguardo. Si ricorda peraltro che tali linee guida per la assenza di studi clinici controllati sono basate per quanto riguarda le raccomandazioni terapeutiche quasi sempre sul parere degli esperti. PROFILASSI PRIMARIA ANTIFUNGINA L’impiego della profilassi primaria antifungina trova indicazione pressoché esclusivamente nei pazienti con neoplasie ematologiche e/o sottoposti a trapianto allogenico di cellule staminali emopoietiche (di seguito AlloHSCT). In particolare sono considerati pazienti a rischio elevato di sviluppare infezioni fungine invasive i soggetti affetti da leucemia mieloide acuta durante la chemioterapia di induzione/reinduzione o con sindrome mieolodisplastica e i pazienti sottoposti ad Allo-HSCT. Si tratta di tipologie di pazienti che usualmente non vengono ricoverati presso il nostro nosocomio e per tale motivo nelle precedenti linee guida questa problematica non era stata trattata. In considerazione del fatto che occasionalmente il Medico possa confrontarsi con pazienti con tali problematiche anche presso le nostre divisioni si è deciso di introdurre una breve trattazione dell’argomento basandosi sulle indicazioni tratte dalle più recenti linee guida e meta-analisi (Tacke et al. Ann Hematol 2014; Girmenia et al. Biol Blood Marrow Transplant 2014; Freifeld et al. Clin Infect Dis 2011; Slavin et al. Intern Med J 2008; Ziakas et al. Clin Ther 2014; Pagano et al. Clin Microbiol Infect 2014, Maertens et al. Bone Marrow Transplant 2011). I farmaci antifungini che presentano indicazione all’utilizzo in profilassi primaria nel paziente ematologico sono i seguenti: fluconazolo, itraconazolo, voriconazolo, posaconazolo e micafungina. Il posaconazolo si è affermato come il farmaco di prima scelta in pressoché tutte le principali e più autorevoli linee guida per i pazienti con neutropenia grave indotta da chemioterapia e sottoposti ad Allo-HSCT (tabella 24). Va tuttavia ricordato che il suo assorbimento erratico richiede l’ esecuzione della TDM per verificare la presenza di livelli terapeutici del farmaco. In uno studio retrospettivo condotto in Francia una breakthrough IFI venne identificata nel 3.2% dei pazienti sottoposti a profilassi primaria con posaconazolo e il singolo fattore di rischio significativamente associato allo sviluppo di IFI era la prima determinazione della concentrazione plasmatica inferiore a 0.3 mg/L (Lerolle et al. Clin Microbiol Infect 2014). Un altro aspetto importante che deve essere menzionato riguardo ai pazienti sottoposti a profilassi primaria con posazonazolo (o voriconazolo) è ridotta efficienza dell’impiego dell’antigene galattomannano come test di screening (Cornely Clin Infect Dis 2014; Duarte et al. Clin Infect Dis 2014). Tabella 24 – Raccomandazioni all’impiego di profilassi primaria antifungina nelle diverse linee guida in pazienti con leucemia mieloide acuta e sottoposti ad Allo-HSCT Linea guida AGIHO,2014 (AML/MDS) ALLO-HSCT (pre-engrafment) (post-engrafment) ECIL 3-4,2011 Leuk/induction Allo-HSCT (neutropenia iniziale) Allo-HSCT/GvHD ESCMID,2012 Anti-Candida (Allo-HSCT-neutro) (Allo-HSCT-100 gg/no GvHD) (Allo-HSCT-GvHD) ESCMID,2014 Anti-Aspergillus AML/MDS Allo-HSCT-neutro Allo-HSCT-no neutro-noGvHD Allo-HSCT-GvHD e/o intensificazione Posaconazolo Fluconazolo Itraconazolo Voriconazolo Micafungina Caspofungina L-AMB AI CI CI CII - - BII* BII AI (GvHD)/CI (no GvHD) BI CI (noGvHD)/DI (GvHD) CI CI BI CI BI CII - - AI No data CI AI CI BI AI (prov) CI - BI BII* AI CI BI AI (prov) Dati insufficienti Dati insufficienti Dati insufficienti AII CIII AI AI BI BI AI AI AI CIII CII CII BI§ CIII AI AI CI BI - - - AI BII DIII DIII DII DI DIII CI DIII CII DIII DIII CII DIII AI - CII CII CIII - - immunosoppressio ne LA con neutropenia prolungata e profonda GITMO,2014 Allo-HSCT-Alto rischio Allo-HSCT-rischio standard IDSA, 2011 Anti-Candida LA (induzione) e Allo-HSCT Anti-Aspergillus AML/MDS AII CIII CIII CIII CIII CIII CIII AI - - BI CIII CIII CIII* - AI BI BI BI - - AI AI AI AI AI AI - BI - - - - - - * Aerosol (12,5 mg 2 volte/settimana)+ fluconazolo: § 50 mg a giorni alterni o 100 mg/settimana AGIHO= German Infectious Disease Working Party, ECIL=European Conference on Infections in Leukaemia, ESCMID=European Society of Clinical Microbiology and Infectious Diseases, GITMO= Gruppo Italiano Trapianto Midollo osseo AML= acute myeloid leukemia; MDS= myelodysplastic syndrome Appare degna di nota la segnalazione del documento relativo alla profilassi primaria elaborato dal GITMO (Gruppo Italiano Trapianto di Midollo Osseo) (Girmenia et al. Biol Blood Marrow Transplant 2014) come revisione delle precedenti raccomandazioni dello stesso gruppo (Girmenia et al. Clin Infect Dis 2009). In questo nuovo documento vengono individuati in maniera analitica i pazienti sottoposti a trapianto allogenico di cellule staminali emopoietiche ad alto rischio di sviluppare IFI e per i quali la profilassi con posaconazolo è fortemente raccomandata (tabella 25). Tabella 25- Criteri per la definizione di “alto rischio” per la profilassi primaria in seguito ad Allo-HSCT Fase precoce post-trapianto (giorno 0-40) Leucemia acuta attiva al momento del trapianto (AII) Trapianto da cordone ombelicale (AII) Graft versus host disease (GvHD) acuta di grado III-IV dopo qualsiasi tipo di trapianto (AII) Trapianto da donatore “mismatched” (MMDR) o non correlato (UD) a 1 o più dei seguenti fattori di rischio aggiuntivi: GvHD acuta di grado II, dose di steroidi > 2 mg/kg/die per almeno 1 settimana, malattia da CMV, infezione ricorrente da CMV, neutropenia prolungata (neutrofili < 500/µL per più di 3 settimane), sovraccarico di ferro (BIII) Fase tardiva post-trapianto (giorno 41-100) GvHD acuta di grado III-IV dopo qualsiasi tipo di trapianto (AII) Trapianto da donatore “mismatched” (MMDR) o non correlato (UD) a 1 o più dei seguenti fattori di rischio aggiuntivi: GvHD acuta di grado II, dose di steroidi > 2 mg/kg/die per almeno 1 settimana, malattia da CMV,infezione ricorrente da CMV, neutropenia ricorrente (BIII) GvHD acuta steroide refrattaria/dipendente dopo qualsiasi tipo di trapianto (AIII) Fase molto tardiva post-trapianto (dopo > 100 giorni) GvHD acuta di grado III-IV persistente o a esordio tardivo (AII) GvHD acuta steroide refrattaria/dipendente dopo qualsiasi tipo di trapianto (AII) GvHD acuta di grado II peristente o a esordio tardivo dopo MMRD o UD (BIII) GvHD cronica estesa quando preceduta da GvHD acuta (AII) Fonte : Girmenia C et al. Biol Blood Marrow Transplant 2014 parzialmente modificata In tabella 26 vengono infine riportati i dosaggi da impiegare per la profilassi primaria Tabella 26- Dosi raccomandate dei farmaci impiegabili per la profilassi primaria delle infezioni fungine invasive nei pazienti ematologici Farmaco Dose raccomandata Fluconazolo 400 mg/die per os Itraconazolo, sospensione orale 400 mg/die per os Micafungin, formulazione ev 50 mg/die ev Posaconazolo sospensione orale 200 mg ogni 8 ore per os Posaconazolo, compresse* 300 mg/die per os Voriconazolo, compresse 200 mg x 2/die per os * Non ancora disponibile in commercio N.B. Indicazioni Terapeutiche e Dose dei Medicinali Nel presente documento sono riportate le indicazioni terapeutiche e le dosi raccomandate, che fanno riferimento a fonti bibliografiche accreditate. In alcuni casi è possibile che la dose raccomandata differisca da quanto autorizzato dalle Autorità Regolatorie e riportato nel Riassunto delle Caratteristiche del Prodotto e nel Foglietto Illustrativo. E’ quindi indispensabile che, qualora il medico prescrittore ritenga necessario il ricorso a dosaggi (come anche a indicazioni terapeutiche) non autorizzati, si attenga scrupolosamente alla procedura aziendale inerente la prescrizione di medicinali “off-label”. A tal fine si riportano di seguito le INDICAZIONI TERAPEUTICHE REGISTRATE (ON LABEL) ANIDULAFUNGINA (Ecalta) • Trattamento delle candidiasi invasive in pazienti adulti ECALTA non è stato studiato in pazienti con endocardite, osteomielite o meningite da Candida. L’efficacia di ECALTA è stata valutata soltanto in un numero limitato di pazienti neutropenici AMFOTERICINA B LIPO (Ambisome) • trattamento empirico di presunte infezioni fungine in pazienti con neutropenia febbrile. trattamento di severe micosi sistemiche e/o profonde, in pazienti che non hanno risposto o che hanno sviluppato nefrotossicità alla comune amfotericina, oppure in pazienti con controindicazioni renali. Le infezioni fungine trattate con successo con AmBisome comprendono: candidiasi disseminate, aspergillosi, mucormicosi, micetoma cronico e meningite criptococcica. AmBisome può anche essere efficace nelle seguenti infezioni fungine: blastomicosi del Nord America, coccidiomicosi, istoplasmosi, mucormicosi causata da specie dei generi Mucor, Rhizopus, Absidia, Eptomophtora e Basidiobolus e sporotricosi causata da Sporothrix schenckii. • CASPOFUNGINA (Cancidas) • Trattamento della candidiasi invasiva, in pazienti adulti o pediatrici. • Trattamento della aspergillosi invasiva in pazienti adulti o pediatrici refrattari o intolleranti alla terapia con amfotericina B, formulazioni lipidiche di amfotericina B e/o itraconazolo. Vengono definiti refrattari alla terapia i pazienti con infezioni che progrediscono o non migliorano dopo un periodo minimo di 7 giorni di trattamento con dosi terapeutiche di terapia antifungina efficace. • Terapia empirica di presunte infezioni fungine (come Candida o Aspergillus) in pazienti adulti o pediatrici neutropenici con febbre. MICAFUNGINA (Mycamine) Adulti, adolescenti ≥ 16 anni di età e anziani: • Trattamento della candidosi invasiva. • Trattamento della candidosi esofagea in pazienti per i quali sia appropriata una terapia endovenosa. • Profilassi delle infezioni da Candida in pazienti sottoposti a trapianto allogenico di celule staminali ematopoietiche o in pazienti che si prevede possano manifestare neutropenia (conta assoluta dei neutrofili < 500 cellule/µl) per 10 o più giorni. Bambini (inclusi neonati) e adolescenti < 16 anni di età: • Trattamento della candidosi invasiva. • Profilassi dell’infezione da Candida in pazienti sottoposti a trapianto allogenico di cellule staminali ematopoietiche o in pazienti che si prevede possano manifestare neutropenia (conta assoluta dei neutrofili < 500 cellule/µl) per 10 o più giorni. La decisione di utilizzare Mycamine deve tenere conto del rischio potenziale di sviluppare tumori epatici. Mycamine deve perciò essere usata solo se l’utilizzo di altri antifungini non è appropriato. POSACONAZOLO (Noxafil) Noxafil sospensione orale è indicato per l’uso nel trattamento delle seguenti infezioni fungine negli adulti: • Aspergillosi invasiva in pazienti con malattia refrattaria ad amfotericina B o ad itraconazolo o in pazienti intolleranti a questi medicinali; • Fusariosi in pazienti con malattia refrattaria ad amfotericina B o in pazienti intolleranti ad amfotericina B; • Cromoblastomicosi e micetoma in pazienti con malattia refrattaria a itraconazolo o in pazienti intolleranti ad itraconazolo; • Coccidioidomicosi in pazienti con malattia refrattaria ad amfotericina B, itraconazolo o fluconazolo o in pazienti intolleranti a questi medicinali; • Candidiasi orofaringea: come terapia di prima linea in pazienti con malattia grave o immunocompromessi, in cui ci si aspetta scarsa risposta ad una terapia topica. La refrattarietà è definita come progressione dell’infezione o assenza di miglioramento dopo un trattamento minimo di 7 giorni con dosi terapeutiche di una terapia antifungina efficace. Noxafil sospensione orale è indicato anche nella profilassi di infezioni fungine invasive nei seguenti pazienti: - Pazienti in chemioterapia per induzione della remissione di leucemia mieloblastica acuta (AML) o sindromi mielodisplastiche (MDS) per le quali si prevede una neutropenia prolungata e che sono ad alto rischio di sviluppare infezioni fungine invasive; - Soggetti sottoposti a trapianto di cellule staminali emopoietiche (HSCT) in terapia immunosoppressiva ad alto dosaggio per malattia del trapianto contro l’ospite e che sono ad alto rischio di sviluppare infezioni fungine invasive VORICONAZOLO (Vfend) Voriconazolo è un agente antimicotico triazolico ad ampio spettro ed è indicato negli adulti e nei bambini di età pari o superiore ai 2 anni, nei seguenti casi: • Trattamento dell’aspergillosi invasiva. • Trattamento della candidemia in pazienti non-neutropenici. • Trattamento di infezioni gravi e invasive da Candida resistenti al fluconazolo (inclusa la C. krusei). • Trattamento di infezioni micotiche gravi causate da Scedosporium spp. e Fusarium spp. VFEND deve essere somministrato principalmente a pazienti con infezioni a carattere progressivo che possono mettere in pericolo la vita del paziente stesso. • Profilassi di infezioni fungine invasive in pazienti ad alto rischio sottoposti a trapianto allogenico di cellule staminali ematopoietiche (HSCT, Hematopoietic Stem Cell Transplant). PROCEDURA OPERATIVA • Presso l’ospedale L. Sacco la prescrizione di farmaci antimicotici innovativi deve essere preceduta dalla verifica indicazione e compilazione della scheda di monitoraggio (allegata) da parte del medico specialista infettivologo. • L'approvvigionamento non segue il flusso standard, tramite procedura informatica EncoGPI, ma avviene esclusivamente previa compilazione della scheda di monitoraggio. • La scheda di monitoraggio, compilata dal medico specialista infettivologo, deve essere inviata all’U.O. Farmacia via fax 02-3904-2538 o via mail [email protected] Viene contestualmente istituito un tavolo tecnico tra Dipartimento di Malattie Infettive e Dipartimento Farmaceutico che si riunirà con cadenza periodica (semestrale) per analizzare le schede di monitoraggio elaborate ed aggiornare il presente documento. U.O. FARMACIA Ospedale Luigi Sacco MFA.P72 Rev.1 del 09.12.2014 SCHEDA DI MONITORAGGIO FARMACI ANTIMICOTICI INNOVATIVI Pag. 1/1 L'approvvigionamento dei farmaci antimicotici innovativi non è effetuato tramite procedura informatica EncoGPI, ma avviene esclusivamente previa compilazione della presente scheda di monitoraggio: - Inviare la presente scheda debitamente compilata all’U.O. Farmacia (via fax 02-39042538 o via e-mail [email protected].) - Per la corretta compilazione, fare riferimento alla specifica Linea Guida Aziendale LFA.P26. - In caso di compilazione incompleta, la richiesta non verrà evasa e sarà ritrasmessa all’U.O. richiedente. - La richiesta NON è cumulativa: deve essere compilata una richiesta per singolo paziente per una terapia di 5-7 giorni (quest’ultima situazione nel caso in cui il 5° giorno cada di sabato o domenica). In caso di proseguimento di terapia, deve essere compilata un’altra richiesta. Data U.O. PAZIENTE (NOME E COGNOME) Numero Cartella Clinica/DH/Amb .……./.…….../..…… ……………………… ……………………………. …………………………………….. DIAGNOSI (barrare la scelta e/o aggiungere informazioni) Aspergillosi invasiva Candidemia Esofagite da Candida Certa C.albicans • resistenza clinica agli azoli C.glabrata Probabile • resistenza in vitro agli azoli Possibile C.parapsilosis C.tropicalis • Polmonare • Cerebrale C.krusei Altro: ………………………….. • Disseminata • Altro ……………………….. …………………………………. ………………………………….. …………………………………. Criptococcosi Istoplasmosi Mucormicosi Meningite Disseminata Rinocerebrale Malattia disseminata Polmonare diffusa Polmonare Altro……………………………. Cerebrale Localizzazione polmonare Altro…………………………………... …………………………………. Disseminata ………………………………………... …………………………………. ……………………………………….. …………………………………. FUO in paziente neutropenico Terapia empirica Motivazioni cliniche: Switch da precedente terapia con……………………………………………. …………………………………………………………………………………… Terapia pre-emptive FARMACO/I PRESCRITTO/I (selezionare) N.B. valutare in prima istanza le indicazioni terapeutiche on label ANIDULAFUNGINA (Ecalta) AMFOTERICINA B LIPO (Ambisome) MICAFUNGINA (Mycamine) POSACONAZOLO (Noxafil) CASPOFUNGINA (Cancidas) VORICONAZOLO (Vfend) POSOLOGIA /DIE………………………………………... DURATA TERAPIA – GIORNI…………………………. FIRMA /TIMBRO DEL MEDICO INFETTIVOLOGO FIRMA DEL FARMACISTA SPAZIO RISERVATO ALLA U.O. FARMACIA Riferimenti bibliografici Agarwal R, Chakrabarti A, Shah A, et al. Allergic bronchopulmonary aspergillosis. Review of the literature and proposal of new diagnostic and classification criteria. Clin Exp Allergy 2013;43:850-73. Aitken SL, Beyda ND, Shah DN, et al. 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In corso l’aggiornamento con pubblicazione prevista per la primavera 2015 Clin Microbiol Infect 2012; 18 (Suppl.7):19-37 Le linee guida europee (ESCMID) per la terapia della malattia da Candida nei pazienti non neutropenici Le linee guida europee (ESCMID) per la terapia della malattia da Candida nei pazienti ematologici ( neutropenici) An Italian consensus for invasive candidiasis management (ITALIC) Brazilian guidelines for the management of candidiasis- a joint meeting report of the three medical societies: Sociedade Brasileira de Infectologia, Sociedade Paulista de infectologia and Sociedade Brasileira de Medicina Tropical Recommendations for the management of candidemia in adults in Latin America Diagnosis and therapy of Candida infections: joint recommendations of the German Speaking Mycological Society and the Paul-EhrlichSociety for Chemotherapy Infection 2014;42:263-79. Clinical practice guidelines for the management of cryptococcal disease: 2010 update by the Infectious Diseases Society of America Clin Infect Dis 2010; 50:291-322 Le uniche line guida specifiche su tutti gli aspetti della malattia criptococcica. Alcuni degli estensori sono europei ESCMID guideline for the diagnosis and management of Candida diseases 2012: diagnostic procedures Diagnosis of invasive fungal infections in hematology and oncology-guidelines from the Infectious Diseases Working Party in Haematology and Oncology of the German Society for Haematology and Oncology (AGIHO) Clin Microbiol Infect 2012; 18 (Suppl.7):9-18 Le linee guida europee relative alle procedure diagnostiche per le infezioni da Candida Ann Oncol 2012;23.823-33. Le linee guida tedesche (di 3 società) per la diagnosi delle IFI nei pazienti oncoematologici Ullmann AJ, Akova M, Barnes R, et al. Denning DW, Dimopoulos G, Lange C, et al. 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Clin Microbiol Infect 2012;18(Suppl.7):53-67 Clin Microbiol Infect 2012; 18(Suppl.7):68-77 Le linee guida europee (ESCMID) per il trattamento delle infezioni da Candida nei pazienti con infezione da HIV Can J Infect Dis Med Microbiol 2010; 21:e 122-e150 Le linee guida canadesi che sotto molti punti di vista appaiono simili a quelle statunitensi Una Consensus di esperti italiani relativa al trattamento delle infezioni da Candida Le linee guida relative al trattamento delle infezioni da Candida elaborate da 3 società di malattie infettive e tropicali brasiliane Braz J Infect Dis 2013; 17:283-312 Rev Iberoam Micol 2013;30:179-88 Mycoses 2011, 54.279-310 Le raccomandazioni elaborate dal Latin America Invasive Mycosis Network Linne guida tedesche su tutti fli aspetti delle infezioni da Candida. Criptococcosi Perfect JR, Dismukes WE, Dromer F, et al. Diagnosi IFI Cuenca-Estrella M, Verveij PE, Arendrup MC, et al. Ruhnke M, Bohme A, Bucheheidt D, et al. Lagrou K, Buchheidt D, Richardson M, et al. Diagnostic Group 2014 ESCMID Aspergillus guideline ESCMID Online lecture Library Versione maggio 2014, non ancora pubblicata Clinical practice guidelines for the management of patients with histoplasmosis: 2007 update by the Infectious Diseases Society of America Clin Infect Dis 2007;45:807-25 Le line guida statunitensi (uniche ). Patologia emergente nei pazienti con infezione da HIV provenienti da aree endemiche Cornely OA, Arikan-Akdagli S, Dannaoui E, et al. ESCMID and ECMM joint clinical guidelines for the diagnosis and management of mucormycosis 2013 Clin Microbiol Infect 2014;20 (Suppl.3):5-26 Skiada A, lanternier F, Groll AH, et al. Diagnosis and treatment of mucormycosis in patients with haematological malignancies: guidelines from the 3rd European Conference on Infections in Leukaemia (ECIL 3) Haematologica 2013; 98492-504 Le linee guida della Società europea di microbiologia (ESCMID) e della Confederazione Europea di Micologia Medica (ECMM) per il trattamento della mucormicosi. Molti Autori presenti anche nelle linee guida ECIL Le linee guida ECIL (European Conference on Infections in Leukemia) sulla diagnosi e terapia della mucormicosi. Molti Autori presenti anche nelle linee guida ESCMID/ECMM Chowdhary A, Meis JF, Guarro J, et al. ESCMID and ECMM joint clinical guidelines for the diagnosis and management of systemic phaehyphomycosis :diseases caused by black fungi Clin Microbiol Infect 2014; 20(Suppl. 3): 47-75 Arendrup MC, Boekhout T, Akova M, et al. 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Clin Infect Dis 2008;46:1801-12 Clin Infect Dis 2005;41:1217-23 Indicazioni sul trattamento delle micosi causate dalle seguenti specie: Alternaria, Acrophialophora, Aureobasidium, Bipolaris, Chaetomium, Cladophialophora, Curvularia, Exophiala, Exserohilum, Fonsecaea, Hortaea werneckii, Neoscytalidium dimidiatum, Ochroconis, Phaeoacremonium, Phoma, Pyrenochaeta, Rhinocladiella, Veronaea Indicazioni sul trattamento di specie rare di Candida , Cryptococcus (nonneoformans e non-gattii), Malassezia, Rhodotorula, Saccharomyces, Sporobolomyces, Trichosporon Indicazioni su diagnosi e terapia di Fusariosi, scedosporiosi e infezioni da Acremonium, Paecilomyces e Scopulariopsis. Linee guida statunitensi relative alla blastomicosi (micosi endemica negli Stati Uniti e dei Grandi laghi del Canada) Linee guida statunitensi relative alla coccidioidomicosi (micosi endemica in Arizona, California, Nuovo Messico, Texas). Aggiornamento in corso con pubblicazione prevista nella primavera 2015 Linee guida statunitensi relative alla sporotricosi. Diffusa in tutto il mondo ma di rara osservazione Monitoraggio terapeutico dei farmaci Ashbee HR, Barnes RA, Johnson EM, et al. Scodavolpe S, Quaranta S, Lacarelle B, Solas C. Hamada Y, Tokimatsu I, Therapeutic drug monitoring (TDM) of antifungal agents: guidelines from the British Society for Medical Mycology Triazole antifungal agents: practice guidelines of therapeutic drug monitoring and perspectives in treatment optimization Practice guidelines for J Antimicrob Chemother 2014; 69: 1162-76 Ann Biol Clin 2014;72:391-404 J Infect Chemother 2013;19:381-92 Documento della BSMM con indicazioni al monitoraggio degli azoli e della flucitosina con I target terapeutici Documento in francese del servizio di farmacocinetica dell’Hopital de la Timone, Marsiglia sull’impiego della TDM Una Consensus giapponese Mikamo H, et al therapeutic drug monitoring of voriconazole: a consensus review of the Japanese Society of Chemotherapy and the Japanese Society of Therapeutic Drug Monitoring sull’impiego di TDM per il voriconazolo Profilassi primaria delle IFI nei pazienti ematologici Tacke D, Buchheidt D, karthaus M, et al. Girmenia C, Barosi G, Piciocchi A, et al. Primary prophylaxis of invasive fungal infections in patients with haematologic malignancies. 2014 update of the recommendations of the Infectious Diseases Working Party of the German Society for haematology and Oncology Primary prophylaxis of invasive fungal diseases in allogenic stem cell transplantation: recise recommendations from a Consensus process by Gruppo Italiano Trapianto Midollo Osseo (GITMO) Ann Hematol 2014;93:1449-56 Le line guida tedesche sulla profilassi primaria antifungina nei pazienti ematologici Biol Blood marrow Transplant 2014;20:1080-88. Le raccomandazioni del GITMO per la profilassi primaria antifungina Terapia delle IFI nei pazienti con neoplasie/ematologici Mousset S, Buchheidt D, Heinz W, et al. Maertens J, Marchetti O, Herbrecht R, et al. Prentice AG, Glasmacher A, Hobson RP, et al. Treatment of invasive fungal infections in cancer patientsupdated recommendations of the Infectious Diseases Working Party (AGIHO) of the German Society of Hematology and Oncology (DGHO) European guidelines for antifungal management in leukemia and hematopoietic stem cell transplant recipients: summary of the ECIL3-2009 update Guidelines on the management of invasive fungal infection during therapy for haematological malignancy. British Committee for Standards in Haematology Ann Hematol 2014;93:13-32 Le raccomandazioni tedesche per il trattamento delle infezioni fungine invasive nei pazienti affetti da neoplasie Bone Marrow Transplant 2011; 46:709-18 Le linee guida ECIL per il trattamento delle IFI nei pazienti con leucemia e trapianto di cellule staminali emopoietiche www.bcshguidelines.com/documents/fungal_infection_bcsh_2008.pdf Le linee guida britanniche per il trattamento delle IFI nei pazienti con neoplasie ematologiche (reperibili all’indirizzo web riportato) Allegato B- Team multidisciplinare per la stewardship antimicotica Malattie Infettive III Divisione Prof Spinello Antinori Dr Mario Corbellino Dr Fabio Franzetti Dr Agostino Riva Dr Laura Milazzo I Divisione Dr Massimo Coen ruolo Riferimento Responsabile- Componente Componente Componente Componente Componente [email protected]; tel. 2909 [email protected]; tel.2583 [email protected]; tel.2949 [email protected]; tel.2676 [email protected]; tel.3350 Dr.ssa Giovanna Orlando Componente Componente Componente [email protected] ; tel 3504 [email protected] ; tel 2908 [email protected]; tel 2572 Dr.ssa Stefania Piconi Componente [email protected]; tel 3476/3497 Dr Agostino Zambelli Componente [email protected]; tel 3160 Responsabile-Componente Componente [email protected]; 2206 [email protected] ; 2757 Responsabile-componente [email protected]; tel 0250319761 Responsabile-componente [email protected]; tel 4036 Dr Marco Fasan Farmacia Dr Massimo Medaglia Dr Sechi Francesca Farmacologia clinica Dr Dario Cattaneo Microbiologia Dr Romualdo Grande Allegato C- fattori di rischio per lo sviluppo di aspergillosi invasiva polmonare nei pazienti sottoposti a trapianto di organo solido Tipo di trapianto Trapianto di polmone Precoce - Trapianto di fegato - - Trapianto di cuore - Ischemia vie respiratorie Infezioni batteriche ricorrenti Infezione da CMV Pregressa colonizzazione delle vie aeree Insufficienza renale Terapia renale sostitutiva Ritrapianto Insufficienza renale soprattutto se emodialisi post-trapianto Trapianto a seguito di insufficienza epatica fulminante Infezione da CMV Isolamento di Aspergillus spp. da colture vie aeree Reintervento chirurgico Infezione da CMV Emodialisi post-trapianto Tardiva (> 90 giorni posttrapianto) - Trapianto di singolo polmone - Protesi endobronchiale - Insufficienza renale - Rigetto cronico - - Trapianto di rene - Rigetto organo Emodialisi Dosi elevate e prolungate di steroidi Fonte: Garnacho-Montero J et al. Rev Esp Quimioter 2013;26:173-188 > 6g di prednisone nel 3° mese post-trapianto Emodialisi post-trapianto Insufficienza renale posttrapianto Leucopenia post-trapianto (< 500/µL) Riammissione in ICU Insufficienza renale posttrapianto Concentrazioni di tacrolimus > 15 ng/mL o di ciclosporina > 500 ng/mL nel 3° mese post-trapianto ≥ 2 episodi di rigetto acuto Allegato D –Approccio pratico al paziente a rischio di candidosi invasiva in ICU Paziente a rischio di candidosi invasiva/candidemia Vedi tabella 1 Indice di colonizzazione N° siti+/N° siti sottoposti a scrrening (2 volte/settimana) > 0.5 o ≥ 0.4 (corretto) Candida score Chirurgica (ricovero in ICU) 1 pt Nutrizione parenterale totale 1 pt Sepsi grave 2 pt Colonizzazione Candida 1 pt > 2.5 pts Regole predittive di O-Z In ICU > 4 giorni Sepsi+CVC+Ventilazione meccanica + 1 dei seguenti: NPT (giorni 1-3) Dialisi (giorni 1-3) Chirurgia maggiore (entro 7 giorni) Pancreatite (entro 7 giorni) Terapia immunosoppressiva (entro 7 giorni) o steroidi (entro 7 giorni) Iniziare terapia antifungina Pazienti trattati Candidiasi “catturate” 10-15% 85-90% Pazienti trattati Candidiasi “catturate” Fonte: Eggimann P et al. Annals of Intensive Care 2011;1:37 15-20% 75-85% Pazienti trattati Candidiasi “catturate” 10-15% 60-75% Allegato E- Criteri diagnostici proposti per la diagnosi “putativa” di aspergillosi polmonare invasiva nei pazienti ospedalizzati in ICU 1. Coltura positiva per Aspergillus spp. da materiale di provenienza respiratoria 2. Segni e sintomi clinici compatibili (almeno uno dei seguenti) - Febbre refrattaria dopo almeno 3 giorni di terapia antibiotica appropriata - Ricomparsa di febbre dopo un periodo di deferevescenza di almeno 48 ore mentre il paziente sta ricevendo ancora terapia antibiotica e senza altre cause apparenti - Dolore di tipo pleuritico - Sfregamento pleurico - Dispnea - Emottisi - Peggioramento del quadro di insufficienza respiratoria nonostante appropriata terapia antibiotica e supporto ventilatorio 3. Alterazioni a carico dei polmoni dimostrate con RX torace o TC torace 4. 4a o 4b 4a Fattori di rischio relativi all’ospite (una delle seguenti condizioni) - Neutropenia (conta assoluta dei neutrofili inferiore a 500/µL) precedente o al momento del ricovero in ICU - Patologia ematologica o neoplasia trattata con farmaci citotossici - Terapia con corticosteroidi (dose giornaliera di prednisone o equivalente > 20 mg/die) - Immunodeficienza congenita o acquisita 4b. Coltura semiquantitativa positiva per Aspergillus spp. da lavaggio broncoalveolare (+ o ++) senza crescita batterica associata a un esame citologico positivo che mostra ife dicotomiche La diagnosi richiede che tutti i criteri siano rispettati (i.e. 1+2+3+4a o 4b) Adattata da : Vandewoude et al. Crit Care 2006; 10:R31; validata in Blot et al. Am J Respir Crit Care Med 2012; 186.56-64