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Il Vescovo di Crema
Crema, 14 dicembre 2012
Alla mia Chiesa, umiliata e ferita.
Viviamo in questi giorni, quali figli e figlie della Chiesa di Crema, umiliata e ferita, una grande
sofferenza. La respiriamo nell'aria, la condividiamo negli sguardi, in un silenzio che dice tutta
la nostra prostrazione, al di là dell’ inevitabile clamore mediatico suscitato.
Trattandosi di un sacerdote, tutti ci sentiamo ancora di più coinvolti e sbigottiti. Un’intensa
preghiera è innanzitutto ciò che di più urgente abbiamo bisogno, perché il Signore sia forza e
sostegno di quanti, come noi, sono nella prova. Occorre pregare perché ci sia donata quella
chiaroveggenza necessaria per affrontare il momento doloroso che attraversiamo come
un’occasione di grazia. “Tutto concorre al bene di coloro che amano Dio” (Rom 8, 28 ). Chi lo
afferma in questa circostanza, corre il rischio di passare per sprovveduto e ingenuo, ma nella
fede non è così, perché vero credente è colui che si affida sempre al Signore, anche quando
è difficile capire o interpretare i fatti della vita, soprattutto quelli più oscuri e più umilianti.
Non giudizi impietosi, quindi, né biasimi severi verso chi ha procurato la nostra sofferenza;
piuttosto rivolgiamo uno sguardo di compassione e di misericordia verso quanti, per diverso
titolo, sono coinvolti e feriti. Nello stesso tempo, affermiamo che compassione e
misericordia non sono mai disgiunte da un amore pieno per la verità: esse camminano
insieme! In questi giorni, la Chiesa, attraverso i suoi massimi responsabili, non ha sottaciuto
la verità, ma l’ha definita, senza paura di giudizi e senza esitazione, rispettando, certo, le
persone coinvolte, ma anche nella piena trasparenza di chi, proprio facendo la verità, si
dimostra pienamente libero. Da una simile circostanza, emerge come non mai il volto umano
della Chiesa che, in quanto composta da uomini, si presenta fragile e peccatrice, ma che
continuamente avverte di essere chiamata alla penitenza e alla conversione, che confessa
con umiltà i propri peccati e insieme confida nell'abbraccio misericordioso del Padre.
Ci sentiamo veramente parte di un unico Corpo, così che, quando uno dei suoi membri è
malato, tutti ne risentono. Se è vero che le ferite e le umiliazioni ci accomunano, anziché
provocare risentimenti, siamo chiamati ad una maggiore fedeltà, ad una più intensa
responsabilità personale nelle scelte e nei gesti che compiamo, sapendo che il male che
possiamo procurare con le nostre mani non ricade solo su noi stessi, ma inficia e ferisce tutto
il corpo ecclesiale. Trattandosi di una colpa commessa da un sacerdote, comprendiamo la
grandezza e la responsabilità che il ministero ordinato comporta, ma anche avvertiamo il
rischio che il bene, largamente seminato, possa facilmente essere sminuito a causa dei nostri
errori, anche se, per grazia di Dio, il bene non cessa mai di produrre i suoi frutti.
La decisione della Chiesa, che come medicina ricorre alle pene più severe, è prova evidente
di chi si impegna a lottare contro il male, a partire dai suoi membri primi, fragili come gli altri
uomini, di chi non si arrende di fronte alla peccaminosità propria e altrui, ma la combatte
con le armi della giustizia e della verità.
Chiesa di Crema: non lasciarti cadere le braccia; avanza, anche nelle difficoltà, sui sentieri
che oggi Dio ti fa percorrere e credi che da questa dolorosa prova il Signore saprà ricavarne
un bene più grande. Crescerà il desiderio di cercare la verità nella carità, la sollecitudine nel
far prevalere il bene, costi quel che costi, si svilupperà una più intensa unità tra tutti i tuoi
membri e soprattutto una rafforzata sicurezza nella presenza attiva di Cristo, che, come
afferma S. Agostino, "fa sua la sofferenza di tutto ciò che travaglia il Corpo sulla terra".
+ Oscar Cantoni, vescovo