il mio migliore amico

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il mio migliore amico
FESTIVAL DI TORONTO 2006
PREMIO DEL PUBBLICO
presenta
IL MIO MIGLIORE AMICO
un film di
PATRICE LECONTE
uscita
6 dicembre 2006
Ufficio Stampa
LUCKY RED
Via Chinotto,16 (tel +39 06 3759441 - fax +39 06 37352310)
Georgette Ranucci (+39 335 5943393 - [email protected])
Alessandra Tieri (+39 335 8480787 - [email protected])
Catherine:
François:
Catherine:
François:
Al tuo funerale non ci sarà nessuno
Stai scherzando?
Forse perché non hai amici
Come sarebbe, non ho amici? Vuoi vedere la mia agenda? Ho quindici
appuntamenti al giorno, non sono libero per pranzo prima di tre settimane!
Catherine: Non parlo di lavoro o conoscenze. Parlo di amici. Amici veri, quelli su cui
si può contare!
François: Vuoi dire il miglior amico, per esempio?
Catherine: Per esempio. Dì un po’… chi è il tuo migliore amico?
François: Mah! Ne sono pieno!…
CAST TECNICO
Regia
Patrice Leconte
Storia originale
Olivier Dazat
Sceneggiatura e adattamento
Jerôme Tonnerre e Patrice Leconte
Dialoghi
Fotografia
Scenografie
Costumi
Montaggio
Suono
Montaggio suono
Missaggio
Assistente alla regia
Casting Gérard Moulévrier
Segretaria di produzione
Fotografo di scena
Trucco
Capelli
Musica originale
Direttore di produzione
Jerôme Tonnerre
Jean-Marie Dreujou
Ivan Maussion
Annie Pèrier Bertaux
Joëlle Hache
Paul Lainé
Francis Wargnier
Dominique Hennequin
Hubert Engamarre
Durata
95 minuti
Marie Leconte-Arnoux
Jean-Marie Leroy
Gill Robillard
Laurent Bozzi
Xavier Demerliac
Christine de Jekel
CAST ARTISTICO
François
Daniel Auteuil
Bruno
Dany Boon
Catherine
Julie Gayet
Louise
Julie Durand
Padre di Bruno
Jacques Mathou
Madre di Bruno
Marie Pillet
Julia
Elisabeth Bourgine
Delamotte
Henri Garcin
Letellier
Jacques Spiesser
SINOSSI
François (Daniel Auteuil) è un antiquario di successo. Durante una cena per il suo compleanno, la sua
socia gli fa notare… che non ha un amico! Un’agenda piena di incontri, appuntamenti e relazioni non
basta a dimostrare di avere degli amici.
La sfida è lanciata: François avrà dieci giorni per presentare il suo migliore amico!
Nel taxi di Bruno (Dany Boon) inizia a setacciare Parigi alla ricerca di ex compagni di scuola,
conoscenti, possibili amici… senza rendersi conto che, forse, proprio quel conducente di taxi potrebbe
risolvere il suo problema…
Frase:
Un amico, niente di più comune. Ma ai giorni nostri, niente di più raro.
Presso gli antichi l’amicizia aveva un ruolo preponderante. Nel corso dei secoli altri
valori l’hanno sostituita. Ma oggi, in questo mondo instabile, in cui il lavoro, la famiglia,
e persino lo Stato non garantiscono più un ruolo di protezione… l’amicizia ritorna,
ritorna in forze. Rimane l’ultimo faro in un cielo che ha perduto il sole e non ha ancora
trovato le stelle.
L’amicizia vera non ha prezzo. Se i regali alimentano l’amicizia, in nessun caso possono
comprarla. L’amore si vende, qualche volta, l’amicizia mai! Il modo migliore di avere
un amico… è diventare un amico!
INTERVISTA CON PATRICE LECONTE
Com’è nata l’idea de Il mio miglior amico ?
L’idea è nata prima delle riprese de Les Bronzés, il giorno in cui Jérôme Tonnerre mi ha chiamato per
dirmi che aveva per le mani una sinossi piuttosto sviluppata scritta da Olivier Dazat per Fidélité.
Avevano bisogno di un regista e Jérôme ha pensato immediatamente che avrebbe potuto interessarmi.
…E giustamente!. L’inizio mi è piaciuto moltissimo. Nello sviluppo dell’intreccio avevo qualche
riserva, ma nonostante questo sono andato ad incontrare i produttori. L’incontro è stato molto positivo,
subito dopo abbiamo iniziato a lavorare insieme per andare in una direzione che piacesse ad entrambi.
Cosa l’ha affascinata di preciso nella storia immaginata da Olivier Dazat?
Il concept del soggetto: la storia di un tale a cui viene detto che non ha amici, che protesta
violentemente e che, per dimostrare il contrario, si impegna in una specie di scommessa assurda e
astratta: mostrare agli altri questo amico che non ha! Ho pensato subito che fosse molto originale
lanciare una scommessa su una cosa così poco scommettibile… E poi mi permetteva di parlare
dell’amicizia e, soprattutto, della sua assenza. In fondo è come raccontare una storia d’amore. Si tratta
solo di cambiare i nomi! Devo ammettere che se questo soggetto ha attirato immediatamente la mia
attenzione… è anche perché creava delle risonanze intime con me stesso. Non che sia un film
autobiografico… ma se mi si domandasse a bruciapelo che è il mio migliore amico, forse mi troverei in
imbarazzo nel rispondere. Diversamente dal protagonista, però, questo non mi impedisce di vivere.
Come ha lavorato alla scrittura con Jérôme Tonnerre?
Avevamo lavorato insieme già per Confidenze troppo intime… e abbiamo collaborato esattamente allo
stesso modo. Il lavoro in coppia è semplice: ci si vede pomeriggi interi, si parla molto, Jérôme prende
degli appunti e capisce dove voglio andare a parare. È un vero camaleonte. Alla fine mi ritrovo a
mettere in scena un film che ha scritto lui, dove abbiamo discusso a due mani, ma che sento molto
vicino a me. Riesce a mantenere il senso che voglio dare alla storia, senza tuttavia dimenticare di dargli
il suo tocco personale.
Questo film è una mescolanza di generi, tra commedia e dramma. Questo elemento era presente
in fase di scrittura?
No, quando abbiamo iniziato a scrivere pensavamo di trovarci molto più nella commedia. Poi, però,
non sono riuscito ad accontentarmi della leggerezza su un tema, quello dell’amicizia, che mi
appassionava così tanto. Mi è piaciuto immaginare, al contrario, un film che si trasformava
completamente. Come un aereo che, in un meeting aereo, decolla normalmente e si ritrova, dopo una
virata, a volare a pancia in su.
Ha scelto Il mio miglior amico dopo un film di tono completamente diverso come Les Bronzés…
Quando sto facendo un film, generalmente so già a cosa lavorerò dopo… senza per questo avere in
mente un preciso percorso nella mia carriera. Ad ogni modo, sapevo che Il mio miglior amico sarebbe
stato il film che avrebbe seguito Les Bronzés. E mi andava bene. Non ho più voglia di fare film troppo
seri… la vita lo è già abbastanza. Ero felice di potermi immergere in un film di amicizia intimista dal
sapore un po’ provinciale – anche se l’azione si svolge a Parigi. Con delle persone semplici. Senza
voler considerare Il mio miglior amico una sorta di “best of” dei miei film precedenti, posso dire che in
questo film ci sono molte delle mie ispirazioni.
Quando ha avuto l’idea dei due attori principali?
Ho pensato a Daniel praticamente subito. E’ talmente aperto e amichevole… che mi è sembrata un’idea
originale farlo recitare nel ruolo di un uomo che non ha amici! Se avessi scelto un attore per il fatto che
la situazione potesse apparire plausibile ai miei occhi non sarebbe stato giusto. Il gioco di sarebbe
svelato troppo presto! E’ stato un po’ più difficile scegliere l’attore che potesse interpretare il
personaggio di Bruno. Abbiamo avuto diverse idee in merito, ma avevo in mente Dany Boon da tanto
tempo. Avevo assistito ai suoi spettacoli e desideravo da tempo lavorare insieme a lui. E poi è stato
Daniel a spingermi ulteriormente in questa direzione, perché lo aveva trovato strepitoso ne La
Doublure. Per entrambi era l’uomo giusto!
Per quale motivo, più precisamente, lo volevate nel film?
Dany Boon rappresenta per me una persona semplicemente meravigliosa. Una persona luminosa,
aperta. Avevo bisogno di questa semplicità. In lui c’è un approccio semplice – non semplicistico – alle
cose, un modo di rapportarsi alle persone molto particolare. Ed era esattamente quello di cui avevo
bisogno per il suo personaggio. Si può dire che Dany è entrato nel personaggio di Bruno come si entra
in un bagno con la temperatura ideale!
L’intesa è stata immediata tra Daniel Auteuil e Dany Boon?
Il piacere di lavorare insieme è stato evidente da subito. Provavano una grande ammirazione l’uno per
l’altro, oltre che amicizia e rispetto. Entrambi, inoltre, sono persone estremamente generose: hanno
lavorato sempre insieme, senza mai voler primeggiare l’uno sull’altro.
Scorrendo la sua filmografia, sembra di intravedere una passione per i “buddy movies”…
Mi sono accorto che praticamente in tutti i miei film le mie “coppie” sono composte da attori con cui
avevo già lavorato in precedenza e da attori del tutto nuovi. Un po’ come se avessi bisogno di persone
di cui conosco le caratteristiche per affrontare il nuovo! E’ stato così per L’Uomo del treno, nel senso
che conoscevo già Rochefort ma non avevo mai lavorato con Hallyday, ne L’Amore che non muore
conoscevo già Daniel Auteuil ma non Juliette Binoche, ed è stato infine così anche per Confidenze
troppo intime, avendo lavorato in precedenza con Sandrine Bonnaire ma non con Fabrice Luchini.
Pochi film sfuggono a questa regola. E quelli che sfuggono… sono forse i film meno riusciti!
Uno studente che scriveva una tesi sulla coppia nel cinema mi ha fatto poi notare una cosa ancor più
inaudita: in tutti i miei film, o quasi, i personaggi che “fanno coppia” si incontrano per la prima volta
durante il film. E’ il caso di Dany Boon e Daniel Auteuil ne Il mio miglior amico, ma lo stesso accade
ne L’uomo del treno, ne La ragazza sul ponte, in Confidenze troppo intime… solo Tandem si sottrae a
questa “regola”. Il mio lavoro da regista consiste quindi a organizzare incontri! Non avrei mai potuto
scrivere Le chat con Signoret e Gabin raccontando la storia di due persone che si conoscono da anni!
Né potrei raccontare di un rapporto che si consuma e si sfilaccia perché avrei bisogno di nutrirmi di ciò
che è accaduto prima dell’inizio del film. Mi piace organizzare l’incontro dei personaggi che presento
nei miei film, perché in fondo basta solo osservare il loro comportamento. Serge Frydman un giorno mi
ha detto che i veri sceneggiatori di un film… sono i suoi personaggi. E secondo me ha ragione, se i
personaggi sono descritti bene, non resta che seguirli. Come un chimico.
Perché ha scelto Julie Gayet per interpretare la socia del personaggio di Daniel Auteuil?
Anni fa ho girato una pubblicità per France Inter, in cui c’era una ragazza che andava in bicicletta.
Cercavamo un’attrice e ho fatto il suo nome durante una riunione, furono tutti d’accordo. Quella è stata
la prima volta che ho incontrato Julie, le ho spiegato che l’avrei ripresa in bianco e nero mentre andava
in bicicletta, con il viso inquadrato in un angolo dello schermo ….
Per Catherine, che è il personaggio più lucido de Il mio miglior amico, quello che arriva sempre un
metro avanti agli altri, ho pensato subito che sarebbe stata perfetta. E’ molto intelligente, ma ma è un
tipo di intelligenza che non è mai intellettuale, composta o sofisticata.
Dopo La Ragazza sul Ponte e L’amore che non muore è la terza volta che lavora con Daniel
Auteuil. Sentite ancora la necessità di parlarvi?
Per Daniel uno sguardo o un sorriso sono più importanti di mille parole. Non fa parte di quella schiera
di attori che si nutrono di psicologia. E meno male! Perché io non sono uno di quei registi che amano
spiegare agli attori da dove vengono i poro personaggi, o dove devono andare. A me interessa fare delle
cose, sentirle. Se una sceneggiatura è scritta bene, gli attori ci entrano naturalmente. Daniel è così.
Prima delle riprese, ci siamo visti una volta per la prova dei vestiti e ci siamo sentiti al telefono due o
tre volte. E’ sempre un po’ stressante iniziare a lavorare con un regista che non si conosce, con un
attore che non si conosce che però conosce bene il regista. E’ semplice: per quanto riguarda Daniel,
avevo come l’impressione di averlo salutato la sera prima. D’altra parte, è quello che si dice delle
persone a cui si vuol bene che però si perde di vista!
E rispetto a questa vostra complicità, si è concentrato maggiormente sui nuovi arrivati – Dany
Boon e Julie per primi – per integrarli al vostro universo?
È tutto un equilibrio. Un giorno ho fatto una grande stupidaggine. Ne La Ragazza sul Ponte giravo per
la prima volta con Daniel mentre avevo appena finito di dirigere Vanessa Paradis in Uno dei Due. Il
primo giorno avevo concentrato tutta la mia attenzione su Daniel in quanto nuovo arrivato, lasciando
un po’ da parte Vanessa. So che lo ha vissuto molto male: la sera stessa mi ha fatto capire che il fatto di
aver lavorato insieme in un film non mi autorizzava a metterla da parte. Mi ha spiegato che aveva
bisogno di me tanto quanto la prima volta. Ho capito il mio errore. Mi è servito da lezione. Da allora,
durante i primi giorni di riprese ho sempre fatto un po’ più di attenzione ai nuovi senza però mai
mettere da parte i “vecchi”. In entrambi i casi, alla base del mio lavoro con gli attori c’è la fiducia che
ho in loro. Un attore che recita senza percepire la fiducia nell’occhio del regista che lo guarda… è
come un uccello senza ala. Non può volare! Cade non appena esce dal nido.
Dopo aver fatto l’occhiolino al gioco radiofonico Le jeu des 1000 Francs in Tandem, ecco qui un
altro gioco – questa volta televisivo – citato ne Il Mio miglior amico: Qui Veut Gagner des Millions
con Jean-Pierre Foucault che interpreta se stesso 1 . Perché questa scelta?
È molto semplice. Mentre costruivamo la sceneggiatura con Jérôme Tonnerre, sapevamo che il
personaggio di Bruno a un certo punto doveva partecipare a una trasmissione di gioco. Un bel giorno,
abbiamo avuto la rivelazione: uno dei jolly per i concorrenti di Qui Veut Gagner des Millions è la
telefonata ad un amico! A partire da quel momento abbiamo temuto che la produzione di Qui Veut
Gagner des Millions ci dicesse di no! Non volevo immaginare un gioco finto! Bisognava che fosse in
presa diretta con la vita, che la gente avesse i suoi punti di riferimento. Ho trovato che fosse
sensazionale riprendere in scope Jean-Pierre Foucault nel ruolo di se stesso. Lo conoscevo un po’. Tra
noi c’era simpatia. Gli ho detto semplicemente di rispettare il testo scritto, di essere se stesso e di non
cercare di fare l’attore. Ed è stato un godimento.
Che punto di vista visivo aveva scelto per Il mio miglior amico?
I film che faccio sono abbastanza diversi l’uno dall’altro, ogni volta cerco di avere, modestamente, un
progetto di regia. Quando ho iniziato a lavorare su Il mio miglior amico, tuttavia, devo ammettere con
vergogna che non mi sono posto alcuna domanda. Avevo una tale fiducia nella sceneggiatura e nei
1
Il format della trasmissione Qui veut gagner des Million? è riproposto in Italia da Chi vuol Essere
milionario, condotto da Gerry Scotti.
personaggi da non dovermi preoccupare. Ho quindi messo in scena questo film giorno dopo giorno,
senza avere una vero progetto iniziale… salvo quello che non mi abbandona mai: gli attori e i loro
personaggi. Volevo un film che avesse tutte le apparenze del naturalismo, in cui cose scomode, bizzarre
e stridenti ci arrivassero addosso senza che ce ne rendessimo conto. Non volevo che la mia regia fosse
sfalsata perché questo sarebbe stato in contraddizione con l’assunto della sceneggiatura. Ovviamente
spero che la regia sia migliore di quella di un telefilm!… ma non volevo fare di tutto per rendermi
interessante.
Come ha scelto le musiche?
Mi sono rivolto ad un gruppo che si chiama “L’Attirail”, diretto da Xavier Demerliac. L’ho conosciuto
qualche anno fa, mentre cercavo delle musiche per La Ragazza sul Ponte. Mi sono imbattuto nel loro
primo album e mi è piaciuto moltissimo. L’ho incontrato, ho visto alcuni concerti. Gli avevo detto che
se un giorno ne avessi avuto l’occasione, gli avrei chiesto una musica per il film. Ho trovato che Il mio
miglior amico gli assomigliava come si possono assomigliare due gocce d’acqua. Sapevo che non si
sarebbe orientato verso l’emozione facile. La sua musica, a volte al limite della fanfara, ha qualcosa di
molto gioioso. Le sue sonorità possono essere molto esuberanti nonostante abbiamo degli accenti molto
tristi. Questa mescolanza non convenzionale mi ha affascinato. Alla fine… sono pazzo di gioia perché
c’è un’atmosfera musicale molto particolare, che non era in relazione a priori con questo film ma che ci
si sposa perfettamente.
Si dice spesso che un film si riscrive in fase di montaggio. È anche il caso di Il mio miglior amico?
In effetti questo film è stato riscritto in fase di montaggio, ma in maniera inaspettata. In tutti i miei
film, l’evidenza di tale o tal’altra scena, la potenza evocatrice di questa o quell’immagine mi hanno
fatto modificare la loro costruzione. Qui, è stato più strano. La stima della durata della prima versione
era di 2h05. Jérôme Tonnerre e io avevamo comunicato ai produttori che avremmo fatto dei tagli prima
delle riprese. Ma – lusso incredibile perché costa molto - questi ci hanno chiesto di girare la versione
completa e di vedere in fase di montaggio ciò che sarebbe stato meglio fare. Ho accettato le regole del
gioco. Effettivamente il mio primo montaggio del film durava 2h05. Da quel momento, con la mia
montatrice Joëlle Hache, abbiamo lavorato ai tagli, un po’ come il gioco dei Lego. È stato molto
divertente.
Abbiamo letto qua e là che presto smetterà di fare cinema. Questo film le ha fatto venire voglia di
continuare?
Questa decisione non nasce dalla delusione per un film piuttosto che per un altro. Non è quindi perché
le riprese de Il mio miglior amico mi hanno entusiasmato che rivedrò la mia scelta. Non ho perso il
gusto del cinema. Amo sempre molto fare film. Vorrei solo fermarmi prima di perdere freschezza. In
un certo senso mi comporto come Anna Galiena ne Il Marito della parrucchiera, che, sapendo che
l’amore eccezionale che la lega al personaggio di Jean Rochefort non sarà eterno, scelse di gettarsi
nella chiusa quando ancora era all’apice della relazione. Dopo Il mio miglior amico girerò solo altri tre
lungometraggi… e so esattamente quali saranno. Non c’è più posto per altro! Annunciandolo
pubblicamente, non cerco di farmi pubblicità; cerco semmai di convincere definitivamente me stesso a
rispettare la parola. Di farlo veramente, senza per questo però fare come Anna Galiena gettandomi
nella chiusa.
FILMOGRAFIA
2006
2005
2004
2002
2001
2000
1999
1998
1996
1996
1994
1992
1990
1989
1986
1985
1983
1982
1981
1979
1978
1975
Il mio miglior amico
Les Bronzés 3 – Amis pour la vie
Dogora
Confidenze troppo intime
L’Uomo del treno
Rue des plaisirs
Felix et Lola
L’aAmore che non muore
La ragazza sul ponte
Uno dei due
Ridicule
Cesar al miglior regista 1997
Cesar al miglior film 1997
Premio Les Lumières de Paris per il miglior film 1997
Nominato agli Oscar come Miglior Film Straniero 1997
Hugo d’Oro al festival di Chicago 1996
Les grands ducs
Il profumo di Yvonne
Tango
Il marito della parrucchiera
Premio Louis Delluc 1990
L’insolito caso di Mr Hire
Selezione ufficiale al festival di Cannes 1989
Tandem
Les spécialistes
Circulez y’a rien à voir
Ma femme s’appelle Reviens
Viens chez moi, j’habite chez une copine
Les Bronzés font du ski
Les Bronzés
Les vécés étaient fermés de l’intérieur
Frase:
François: Intanto… cos’è per te il migliore amico?
Catherine: Ma, non so… qualcuno che corre dei rischi per te!
JÉRÔME TONNERRE
Sceneggiatore
Nato a Parigi nel 1969, incontra ancora adolescente François Truffaut che incoraggia la sua vocazione
per il cinema e lo spinge a diventare sceneggiatore. Ha scritto e co-sceneggiato circa una trentina di
film, lavorando in particolare per Claude Sautet (Qualche giorno con me; Un Cuore in Inverno), Yves
Robert (La Gloire de mon Père, Le Chateau de ma Mère), Philippe de Broca (Chouans, Il Cavaliere di
Lagardère); più recentemente per Jean-Paul Rappeneau (Bon Voyage), Patrice Leconte (Confidenze
Troppo Intime), Philippe Collin (Aux Abois), Emmanuelle Bercot (Backstage).
Attualmente lavora ad un progetto per una commedia per Fidélité, come pure all’adattamento del
manga di Jiro Taniguchi, “Quartier Lointain”, che produrrà Denis Freyd.
È inoltre autore di un libro di interviste con Yves Robert, “un Homme de Joie” (Flammarion, 1996), e
di un racconto autobiografico, “Le Petit Voisin” (Calmann-Lévy, 1999, riedito nel 2000 da FolioGallimard)
Lo scorso autunno ha pubblicato un romanzo, “L’Atlantique Sud” edito da Grasset.
Frase:
François:
Bruno:
François:
Bruno:
François:
Bruno:
François:
Ho notato che lei lega facilmente, persino con gli sconosciuti. Come fa?
Ma.. io… non lo so mica. Intanto… bisogna essere simpatici
Sarebbe a dire?
Ah, no, se non lo sa, è meglio lasciar perdere
Lei non mi trova abbastanza… simpatico?
Non molto, no… senza offesa eh!
Mi insegni ad essere simpatico!
INTERVISTA INCROCIATA con DANY BOON e DANIEL AUTEUIL
SCOPERTA DEL FILM
Daniel Auteuil: Non è per sminuire la sceneggiatura, ma non ho bisogno di leggerla per dire di sì a
Patrice. Mi ha parlato di un film sull’amicizia sotto forma di favola… e questo mi è bastato per
aspettare la sceneggiatura con serenità. All’inizio mi è stata presentata come una commedia, ma già
dalla prima lettura, ho trovato che aveva molte similitudini con la commedia italiana. Si sfiora infatti
continuamente il dramma umano. Si parla di solitudine… sicuramente si ride e si sorride molto ma è
una commedia, non un film comico… nel senso che l’emozione prevale spesso. Di certo questo lo si
deve alla personalità di un attore eccezionale come Dany Boon.
Dany Boon: Conosco Patrice da molto tempo perché è venuto a vedere tutti i miei spettacoli. C’era
una specie di ammirazione reciproca. Si da il caso che Jean-Marie Dreujou, responsabile delle luci nel
mio film La Maison di Bonheur, sia un collaboratore regolare di Patrice. È lui che mi ha avvertito della
chiamata di Patrice. Al telefono ha iniziato a spiegarmi il contenuto del film, questa riflessione
sull’amicizia. Poi mi ha subito detto che Daniel, che non avevo neanche mai incrociato sul set de La
Doublure, avrebbe fatto parte della squadra. Inutile dire che la prospettiva di essere diretto da Patrice
Leconte e lavorare con Daniel Auteuil mi è bastata per accettare la sua proposta.
Sono due regali magnifici! Poi ovviamente c’è la storia. Sin dalla prima lettura, mi sono reso conto che
andava molto al di là dell’aspetto della commedia di cui mi aveva parlato. Il mio miglior amico è un
film sconvolgente: parla di cose vere e colpisce nell’intimità al tal punto che alle volte diventa
scomodo. La scommessa non è che un pretesto; quello che mi è piaciuto di più è ciò che questo film
propone: il confronto tra due solitudini. Un uomo solo perché non si rende conto che le sue pseudo
amicizie non sono altro che relazioni di lavoro… un altro – che interpreto io – che solo apparentemente
è estroverso e amico di tutti.
IL SUO PERSONAGGIO
Daniel Auteuil (François): È una persona che non ha avuto tempo. Qualcuno che credeva di vivere, di
essere dalla parte del giusto e che si è sbagliato ma se ne rende conto tardi, quando finalmente
raggiunge il distacco necessario. Nonostante questo, come sempre con Patrice, alla fine realizza una
sorta di miracolo poiché il mio personaggio ha la fortuna di vedersi offrire la possibilità di un incontro
amichevole. Al di là della situazione in sè, una cosa è certa: François non è una persona simpatica e
non ho cercato di salvarlo. Bisognava però andare sino in fondo per rendere possibile la sua redenzione.
Si può ridere di quest’uomo che chiede ad un altro di dargli delle lezioni di simpatia, ma questo non lo
rende amabile. Eppure è da lì che nasce tutta l’originalità di questa storia.
Dany Boon (Bruno): È qualcuno che si è sempre sforzato di sembrare amico di tutti ma che in realtà
non lo è di nessuno. Bruno ha una ferita nascosta. Non è stato difficile mettermi nei suoi panni, Patrice
mi ha aiutato benissimo. Quando siamo andati insieme a scegliere i vestiti del mio personaggio prima
delle riprese, le sue certezze mi hanno permesso di comprendere precisamente chi era Bruno. Ad
esempio è stato lui a scegliere il canadese blu che indosso per tutto il film, io sarei stato totalmente
incapace di decidere da solo in quel momento. Questo ha immediatamente dato un contorno al
personaggio.
LA PREPARAZIONE
Daniel Auteuil: Mi preparo sempre per una cosa sola: farmi sorprendere. In questo film, non ho dovuto
fare altro che lasciarmi trasportare. Mi sono adattato al regista entrando in osmosi con i miei partner. È
vero che con un regista che non si conosce c’è sempre un periodo di adattamento, di decodifica, per
conoscere le sue aspettative e il modo in cui si comporta. Nel caso di Patrice non serve. Anche quando
abbiamo fatto il primo film insieme, La Ragazza sul Ponte, il periodo di osservazione è stato molto
breve. Leconte racconta le sue storie con la sua cinepresa, sa cogliere perfettamente l’istinto dell’attore
che si trova di fronte. La sua cinepresa ci segue e diventa presto una compagna. Si entra subito in
confidenza.
Dany Boon: Il lavoro a monte è ovviamente molto importante. Quando si arriva sul set, però, è tutta
un’altra cosa. Quando si va in scena con un testo nuovo è come la prova del nove: per quanto uno abbia
lavorato in precedenza, non si ha nessuna idea precisa di quello che verrà fuori. Ne Il mio miglior
amico ognuno è arrivato con la sua visione. Da parte mia, ho subito sentito questo personaggio molto
vicino a me: un uomo semplice, conviviale, commovente, buffo. Non era un ruolo di composizione. Vi
assicuro che nella vita non sono un mascalzone!
LAVORARE CON PATRICE LECONTE
Daniel Auteuil: Mi piace moltissimo lavorare con Patrice. Per la bellezza dello sguardo che posa sulle
persone e la precisione dei suoi sentimenti. Sa contenere le sue emozioni e liberarle al momento giusto.
Noi due abbiamo iniziato con un film molto forte, La Ragazza sul Ponte, poi abbiamo proseguito il
nostro cammino comune con un secondo film ancora più forte, (L’amore che non Muore. Ogni volta,
con lui – e Il mio miglior amico ne è l’ennesima prova – ho avuto la possibilità di raccontare delle
storie straordinarie nelle quali tutti possono identificarsi. Come attore è entusiasmante!
Dany Boon: Sul set Patrice era talmente felice ed euforico che non ha mai smesso di farci i
complimenti. Si viene letteralmente trascinati dal suo entusiasmo travolgente, che non è mai venuto
meno per tutto il corso delle riprese. Lo scambio è sempre possibile con lui. Non ci ha mai impedito di
cambiare delle cose se non ci sentivamo a nostro agio. Nonostante questo… passare da Francis Veber a
Patrice Leconte senza la minima sosta di decompressione, come ho fatto io, non è per niente facile!
Francis fa un numero di ciak incredibile, Patrice pochissimi. Questo avrebbe potuto rendermi fragile,
ma non è stato così. Patrice infatti agisce a ragion veduta: vuole cogliere delle cose al volo! Alla fine,
per quanto divergenti, i loro due modi di lavorare portano al medesimo risultato. Quando si fa e si rifà
una scena con Francis, si arriva ad una concentrazione estrema in cui ogni gesto è pensato. Eppure la
concentrazione è altrettanto forte con Patrice, perché sapere che si ha un numero limitato di ciak per
esprimersi, te la fa venire immediatamente… anche se ovviamente Patrice accetta di rifare la scena
quando i suoi attori glielo chiedono.
DANY PER DANIEL, DANIEL PER DANY
Daniel Auteuil: Ne La Doublure ci siamo incrociati appena. Non abbiamo recitato insieme. Quindi è la
prima volta che lavoriamo veramente insieme. Ed è stata una rivelazione. Dany Boon conduce il film.
È la solitudine fatta persona, l’emozione stessa. Come tutti i grandi attori che vengono dalla commedia,
questo potenziale di umanità esce sempre fuori, ed è magico: quando bisogna far ridere, fa ridere, e
quando bisogna far piangere, fa piangere!
Dany Boon: Abbiamo cominciato con una scena al telefono, quella di Qui Veut Gagner des Millions. È
la prima volta che abbiamo veramente parlato. Ovviamente, provo grande ammirazione per Daniel.
Conosco la sua carriera, la sua reputazione. Sapevo che sul set è generoso…e così è stato. Non si
comporta come ci si aspetterebbe dalla sua notorietà. È una persona molto semplice, molto accessibile,
mantenendo sempre, com’è ovvio, le distanze. Avrebbe potuto ad esempio dubitare della capacità di
ascolto di qualcuno come me, un comico abituato a recitare da solo in scena. E invece no. Ci siamo
subito resi conto che entrambi eravamo molto generosi e tra di noi tutto si è svolto nella maniera più
naturale. Scherzavamo molto. E soprattutto avevamo sentito entrambi che questo film era più profondo
di quanto sembrasse. Eravamo sulla stessa lunghezza d’onda.
UN FILM IN TANDEM
Daniel Auteuil: Non provo un piacere particolare a fare un film in tandem. Il mio unico piacere è fare
un buon film! Quello che mi interessava in questo caso, era il fatto di andare al di là della situazione
classica dei due eroi, dalle mille difficoltà, impegnati in molteplici avventure. Ne Il mio miglior amico
ognuno ha la sua vita, le sue preoccupazioni, i suoi desideri e i suoi sogni. E c’è tutto il tempo di
esporli in maniera dettagliata e confrontarli. È molto più profondo di quanto ci si potrebbe aspettare
dalla carta.
Dany Boon: Il rischio era che la salsa non legasse. Non è stato così perché tra noi accade veramente
qualcosa. Patrice avrebbe addirittura potuto continuare a girare dopo le riprese, fuori dal set: il nostro
rapporto non variava di una virgola. Siamo diventati veramente amici con questo film.
REAZIONE ALLA VISIONE DEL FILM
Daniel Auteuil: Ho visto una di quelle opere che adoro perché alle risate succedono sempre dei
momenti di forte emozione. Nel vedere Il mio miglior amico per la prima volta, sono stato molto
colpito da questi due uomini che ne formano l’anima, dalla loro volontà di lottare, di uscirne.
Dall’ingenuità dell’uomo consumato che è François e dall’impegno di Bruno.
Dany Boon: Quando l’ho visto, non era poi così lontano da quello che avevo immaginato. Tranne che
per un dettaglio: non pensavo che andasse così a fondo nelle emozioni. E poi, più personalmente, non
mi sono mai visto così in un film. Perché, contrariamente a Joyeux Noël o La Doublure, questo
personaggio può assomigliarmi veramente. E’ la prima volta che mi accade una cosa del genere al
cinema. Quando il film inizia, si dubita che i due personaggi diventeranno amici. Ma una volta poste le
basi, ecco che decolla! Si dimentica ciò che si era immaginato all’inizio. È questo ad essere incredibile
nei grandi film. Ci si va con il desiderio di vedere qualcosa di preciso, poi questo desiderio viene
appagato e ci si concede di andare verso qualcos’altro. Questa cosa mi è accaduta nel film di Patrice,
nonostante avessi preso parte all’avventura! La sensibilità che apporta con i suoi movimenti di
macchina è impressionante. Il mio miglior amico è pieno di umanità. È un film profondo e
sconvolgente sull’amicizia.
SCENA PREFERITA
Daniel Auteuil: La scena in cui Dany rompe il vaso e chiede: “Dove sono le lacrime?” l’ho trovata
grandiosa. Avrete capito che quest’attore farà una carriera prodigiosa. Non sarà né Bourvil né qualcun
altro. Solo lui. Ha un enorme potenziale, non ancora del tutto sfruttato. Può recitare assolutamente
tutto.
Dany Boon: Mi piace tantissimo la scena in cui arrivo nella galleria di Daniel, quando gli dico che mi
sembra che il suo negozio non vada poi tanto bene e lui mi spiega che non è un negozio ma un
antiquario. Poi il momento che segue… quando gli dico che anche io sono un collezionista… di
figurine Panini! Adoro inoltre, la scena a tavola, in cui il personaggio di Daniel mi chiede di
insegnargli ad essere simpatico. La scena in cui ho sofferto di più, invece, è quella di Qui Veut Gagner
des Millions, con Jean-Pierre Foucault. E’ sempre difficile far finta di essere commossi in questo
genere di situazioni, in particolar modo quando, come in questo caso, per motivi di produzione, si è
costretti a recitare una scena all’inizio delle riprese, mentre nella cronologia del film è alla fine.
FARE UN ALTRO FILM CON PATRICE LECONTE
Daniel Auteuil: Ha interesse a propormi di lavorare ancora con lui. È obbligato!
Dany Boon: Dico subito di sì, senza la minima esitazione.
DANIEL AUTEUIL
FILMOGRAFIA
2006
2005
2004
2004
2003
2002
2001
2000
1999
1998
1997
1996
1995
1994
1993
1992
Il mio miglior amico di Patrice Leconte
Le deuxieme souffle di Alain Corneau
Dialogue avec mon jardinier di Jean Becker
L’intimité di Laurent Bouhnik
La personne aux deux personnes di Nicolas Charlet e Bruno La Vaine
N – Io e Napoleone di Paolo Virzì
La doublure di Francis Veber
L’entente cordiale di Vincent de Brus
Peindre ou faire l’amour di Arnaud e Jean-Marie
Selezione Ufficiale al festival di Cannes 2006
L’un reste e l’autre part di Claude Berry
Niente da nascondere di Michael Haneke
Migliore Attore Europeo – European Film Award 2005
Nomination Miglior Film Europeo, Miglior Regista Europeo,
Sceneggiatura Europea
Migliore Regia e premio FIPRESCI al festival di Cannes 2005
36, quai des Orfevres di Olivier Marchal
Nos amis les Flics di Bob Swaim
Le prix du desir di Roberto Andò
Rencontre avec le dragon di Hélène Angel
Après vous di Pierre Salvador
Petites coupures di Pascal Bonitzer
L’Avversario di Nicole Garcia
Vayont – La diga del disonore di Renzo Martinelli
L’apparenza inganna di Francis Veber
L’amore che non muore di Patrice Leconte
Segui l’istinto di Benoît Jacquot
Les Lumières de Paris 2000 – Premio al Migliore Attore
La ragazza sul ponte di Patrice Leconte
Cesar 2000 al Migliore Attore
Mauvaise passe di Michel Blanc
Il figlio perduto di Chris Menges
Il cavaliere di Lagardere di Philippe de Broca
Lucie Aubrac di Claude Berri
Sostiene Pereira di Roberto Faenza
Transfert pericoloso di Francis Girod
Les vouleurs di André Techiné
Migliore Attore, Les Lumières de Paris 1997
L’ottavo giorno di Jaco Van Dormael
Miglior Attore al festival di Cannes 1998
La séparation di Christian Vincent
Una donna francese di Régis Wagner
La regina Margot di Patrice Chereau
La mia stagione preferita di André Techiné
Migliore
1991
1989
1988
1987
1986
1985
1984
1983
1982
1981
1980
1979
1978
1977
1976
1975
1974
Nominato al Cesar 1994 come Migliore Attore
Un cuore in inverno di Claude Sautet
David diDonatello 1993 come Migliore Attore
Migliore Attore al Festival Europeo del Cinema 1993
Leone d’argento al festival di Venezia 1992
Leoncino d’oro 1992 al Miglior Film al festival di Venezia
Ciak d’oro 1992 alla Migliore Sceneggiatura festival di Venezia
Premio della critica internazionale al festival di Venezia
Gran Premio dell’Accademia Nazionale del Cinema 1993
David Donatello al Miglior Film Straniero 1993
Miglior Film in Lingua Straniera 1994 dichiarato dal London Film Critics Circle
Ma vie est un enfer di Josiane Balasko
Lacenaire di Francis Girod
Romuald et Juliette di Coline Serreau
Qualche giorno con me di Claude Sautet
le Paltoquet di Michel Deville
L’amour en douce di Edouard Molinaro
Manon delle sorgenti di Claude Berri
Jean de Florette di Claude Berri
Cesar 1986 per il Migliore Attore
Premio dell’Accademia Nazionale di Cinema
L’Arbalete di Sergio Gobbi
P’tit con di Gérard Lauzer
Les fauves di Jean-Louis Daniel
Palace di Edouard Molinaro
Que les gros salaires levent le doigt di Denys Grenier-Deferre
L’indic di Serge Leroy
Les hommes préferent les grosses di Jean-Marie Poiré
Les sous-doués en vacances di Claude Zidi
T’empeche tout le monde de dormir di Gérard Lauzier
Pour cent briques t’as plus rien di Edouard Molinaro
Les sous-doués di Claude Zidi
La banchiera di Francis Girod
Clara et les chics types di Jacques Monnet
A noi due di Claude Lelouch
Bete mais discipliné di Claude Zidi
Les heros n’ont pas froid aux oreilles di Charles Nemes
Monsieur Papa di Philippe Monner
La nuit de Saint-German des Pres di Bob Swaim
L’amour violé di Yannick Bellon
Attention les yeux di Gérard Pires
L’agression di Gérard Pires
DANY BOON
FILMOGRAFIA
2006
2005
2005
2004
1998
1997
1996
1995
Il mio miglior amico di Patrice Leconte
La doublure di Francis Veber
La maison du bonheur di Dany Boon
Pedale dure di Gabriel Aghon
Bimbolandd di Ariel Zeitoun
Le demenagement di Olivier Dora
Oui di Alexandre Jardn
Le grand Blanc de Lambarene di Bassek Ba Khobio
AUTORE - REGISTA
2005
La maison du bonheur di Dany Boon
frase:
Non so chi ha detto “non c’è amore, ci sono solo prove d’amore”. Ma è esattamente il
contrario. Non ci sono prove… c’è solo l’amore!
INTERVISTA con JULIE GAYET
Com’è arrivata a Il mio miglior amico?
Ho incontrato Patrice e lavorato per la prima volta con lui qualche anno fa in occasione di un film
pubblicitario per France Inter. Avevamo passato due o tre giorni insieme per lavoro, e abbiamo parlato
moltissimo di cinema. Da questo momento molto piacevole è nata la voglia di lavorare ancora insieme.
Eppure sono stata veramente sorpresa quando mi ha chiamata per Il mio miglior amico. Per propormi il
suo film mi ha soltanto detto “vuoi fare Catherine?” Non sapevo chi fosse questa Catherine, nè
tantomeno conoscevo la storia del film! Ma gli ho detto di sì. Non ho avuto bisogno di sapere molte
cose sulla trama per accettare il ruolo. La mia voglia di lavorare con lui era sufficiente. Da tanto tempo
desideravo essere diretta nuovamente da un regista affermato, come avevo avuto la gioia di esserlo da
Michel Deville.
Quando poi ha letto la sceneggiatura cosa l’ha colpita?
La relazione tra il mio personaggio e quello di Daniel Auteuil che simbolizza alla perfezione il dolore
del tradimento dell’amicizia, la sensazione di non essere amati, di essere rifiutati. L’avevo già percepito
alla lettura della prima scena del film, quella cena in cui li si vede a tavola con altra gente. Mi ha
colpito enormemente perché fa da eco a delle cose che ho vissuto. In seguito, oltre al mio personaggio,
è la sceneggiatura stessa che mi ha colpita. Pone delle domande reali sull’amicizia. Quali sono i nostri
amici? Quali le semplici conoscenze? È la prima volta che mi trovo in un film che sonda questioni che
sento così mie. E d’altronde una sola frase di questa sceneggiatura sarebbe stata sufficiente a farmi
accettare. Quando si sente “Non c’è amore, solo prove d’amore”, il mio personaggio risponde che è
tutto il contrario. Che è proprio quando c’è bisogno delle prove che non c’è più amore.
Questo personaggio mostra un aspetto inedito di lei come attrice, più duro del solito. Se ne è resa
conto sin dalla lettura?
Non so perché Patrice abbia pensato a me per il ruolo di Catherine. Non sapeva neanche, ad esempio,
che avevo interpretato dei ruoli di lesbiche in Perchèno, La Turbolence des Fluides o La Confusion des
Genres. Quindi per me è ancora più commovente il fatto che me lo abbia proposto. Per quanto riguarda
la durezza di cui parlava, nasce naturalmente dal personaggio, dal suo desiderio di esistere in un mondo
di uomini, dal fatto che regge sulle spalle il duo che forma con il personaggio di Daniel. È d’obbligo
quindi essere molto forte… immediatamente, con Patrice, siamo stati d’accordo nel dire che non
doveva giocare sulla seduzione. Dietro il suo comportamento doveva esserci soprattutto amore. Amoreamicizia. Il vero amore fraterno senza ambiguità, senza seduzione. Per il resto, non mi rendo conto
dell’immagine che può essere proiettata su di me. Questa durezza, lo ripeto, fa parte del ruolo. Non ho
accettato questo personaggio per mostrare un’immagine differente di me stessa. Nel mio mestiere cerco
di fare cose possibilmente diverse l’una dall’altra. Ogni volta, lavoro su una corda differente, per lo
meno quando mi si offre l’opportunità, come qui, di farlo.
Cosa l’ha sedotta in questa collaborazione con Patrice Leconte?
Patrice… è il piacere puro del cinema! Adora stare sul set. Io sono esattamente come lui. Se non facessi
questo mestiere, morirei… Prima delle riprese non ci siamo visti molto, ma ho subito capito quello che
si aspettava dal personaggio e quindi da me. Catherine è più giovane del personaggio di Daniel e
dunque ha dovuto sostenerlo quando sfarfalla, moltiplica i pranzi e le serate mondane per evitare il
faccia a faccia con se stesso. La magia di Patrice risiede nel modo in cui sa comunicare la sua voglia e
il suo piacere sul set. Ho veramente avuto l’impressione di costruire le nostre scene in tre, con lui e
Daniel. È stato un vero momento collettivo aiutato dal fatto che Patrice, mentre inquadra, si situa
permanentemente in mezzo a noi due. Da parte mia, andavo sempre d’istinto verso la profondità un po’
grave del mio personaggio, mentre Patrice, nel corso delle riprese, mi portava costantemente a
scivolare verso una punta di humour inglese. Un’ironia leggera. Daniel possiede un altro modo di
cercare rispetto a me, ma entrambi arrivavamo ogni volta esattamente, nel corso delle riprese, a ciò che
voleva Patrice.
E che ricordo conserva del primissimo giorno di riprese con loro due?
Avevo veramente fifa di fronte a Daniel Auteuil. Ma Patrice ha saputo veramente prendermi sotto le
sue ali protettive e mettermi a mio agio. Fa così con tutti. Sono dodici anni che faccio questo mestiere e
mai un regista prima di lui mi ha chiamata dopo aver visionato i giornalieri, per esempio. Nessuno sa
meglio di lui come condividere il suo piacere.
Cosa ha provato nel recitare con Daniel Auteuil?
Quando ci si trova di fronte ad un attore così eccezionale non si può far altro che elevare il proprio
livello di recitazione. È come la migliore partita di tennis che abbia mai giocato in vita mia. Avevo
Federer di fronte a me! Daniel è estremamente istintivo e possiede questa idea molto radicata di fare le
cose al momento delle riprese, senza fare delle letture preparatorie insieme. Adoro il suo modo di
lasciarsi andare. Sa quello che vuole, ed è un piacere assoluto fronteggiarlo.
Per finire, qual è stata la sua prima reazione alla prima visione del film?
Non avevo avuto la fortuna di condividere veramente una scena con Dany Boon e quando ho visto il
film, l’ho trovato assolutamente incredibile, al pari di Daniel. Mi ha commosso, soprattutto nella scena
di Qui Veut Gagner des Millions. Quanto al film di per sé, sono stata colpita dal fatto che si regga
permanentemente su un filo. Non si cade mai nella commedia grossolana, ma ci sono dei momenti in
cui si ride e si sorride davvero. Non è neanche un dramma ma spesso ci si commuove. Emana
permanentemente un’eleganza assoluta. Ho ritrovato veramente il film che avevo amato leggendolo per
la prima volta. In un certo senso anche Patrice era un personaggio del film. Sento il suo occhio mentre
guardo il film, nel modo di inquadrare, di vibrare con i suoi attori. Lo avevo percepito durante le
riprese e ai miei occhi è chiarissimo anche sullo schermo.
JULIE GAYET
FILMOGRAFIA
2006
2005
2004
2003
2002
2001
1999
1998
1997
1996
1995
1994
1993
Il mio miglior amico di Patrice Leconte
Les fourmis rouges di Stephan Carpiaux
Le lievre de Vataten di Marc Riviere
De particulier à particulier di Brice Cauvin
A women in winter di Michael Winterbottom
Camping à la Ferme di Jean-Pierre Sinapi
Babel Web di Merzak Allouache
Clara et moi di Arnaud Viard
Le syndrome de Peter Pan di Arnaud Viard
Lovelty Rita di Stéphane Clavier
Après la pluie le beau temps di Nathalie Schmidt
Un monde presque paisible di Michel Deville
Novo di Jean-Pierre Limosin
La turbulence des fluides di Manon Briand
Ma camera et moi di Christophe Loizillon
Ce qu’ils imaginent di Anne Theron
Vertige de l’amour di Laurent Chuochan
La confusion des genres di Ulan Duran Cohen
Nag la Bombe di Jean-Louis Milesi
Les gens qui s’aiment di Jean-Charles Tacchella
Paddy di Gerard Mordillat
Perché no? di Stéphane Gusti
Le plaisir di Nicolas Boukhrief
Ca ne refuse pas di Eric Woreth
Delphine 1 – y vano di Dominique Farrugia
Les deux papas et a maman di J-Marc Longvalle & Smain
Select Hotel di Laurent Bouhnk
Les menteurs di Elie Chouraqui
Les cent et une nuit di Agnés Varda
A la bell étoile di Antoine Desrosieres