Autovalori, autovettori ed autospazi di matrici. Diagonalizzazione di

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Autovalori, autovettori ed autospazi di matrici. Diagonalizzazione di
LEZIONE 16
16.1. Autovalori, autovettori ed autospazi di matrici.
Introduciamo la seguente definizione.
Definizione 16.1.1. Siano k = R, C e A ∈ k n,n . Un numero λ ∈ k si dice
autovalore di A (su k) se rk(A − λIn ) ≤ n − 1.
Se λ ∈ k, k = R, C, è un autovalore di A, l’insieme EA (λ) ⊆ k n delle soluzioni
del sistema (A − λIn )X = 0n,1 viene detto autospazio di A relativo a λ: ogni
X ∈ EA (λ) si dice autovettore di A relativo a λ.
Quindi gli autovalori di A sono i λ ∈ R tali che il sistema (A − λIn )X = 0n,1
abbia soluzioni non banali.
Esempio 16.1.2. Si consideri
A=
1
3
2
−4
.
Verifichiamo se qualcuna fra le entrate a di A è suo autovalore. Si tratta di
determinare per quale entrata a di A risulta rk(A − aI2 ) ≤ 1.
Poiché
0 2
−1 2
rk(A − I2 ) = rk
= 2, rk(A − 2I2 ) = rk
= 1,
3 −5
3 −6
−2 2
5 2
rk(A − 3I2 ) = rk
= 2, rk(A + 4I2 ) = rk
= 2,
3 −7
3 0
deduciamo che l’unica entrata di A che sia suo autovalore è 2. Verifichiamo che
anche −5 è autovalore di A. Infatti
6 2
rk(A + 5I2 ) = rk
= 1.
3 1
Per calcolare EA (2) ⊆ R2 si deve risolvere
−1
3
2
−6
x
0
=
:
y
0
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1
2
16.1. AUTOVALORI, AUTOVETTORI ED AUTOSPAZI DI MATRICI
quindi
EA (2) = { a(2, 1) | a ∈ R } ⊆ R2 .
Similmente per determinare EA (−5) ⊆ R2 si deve risolvere
6
3
2
1
x
0
=
:
y
0
quindi
EA (−5) = { a(1, −3) | a ∈ R } ⊆ R2 .
Da questo esempio ricaviamo alcune osservazioni. Non è detto che gli autovalori
di una matrice vadano cercati fra le entrate della matrice stessa (−5 non è entrata
di A). Non è detto che gli autovalori di una matrice siano le sue entrate diagonali
della matrice stessa (2 e −5 non sono entrate diagonali di A).
Come vedremo la ricerca degli autovalori di una matrice o di un endomorfismo
è un problema assai più sottile, talvolta difficile o anche impossibile da risolvere
in maniera esatta!
Sia A ∈ k n,n : ricordo che un autovalore di A è un elemento λ ∈ k tale che
rk(A−λIn ) ≤ n−1 o, equivalentemente, un elemento λ ∈ k tale che det(A−λIn ) =
0 (si vedano la Proposizione 3.3.6 e il Corollario 4.3.5).
Sviluppandolo con la regola di Laplace si può verificare facilmente che pA (t) =
det(A − tIn ) è un polinomio nella variabile t ed a coefficienti in k di grado
esattamente n. Più precisamente
pA (t) = (−1)n tn + a1 tn−1 + a2 tn−2 + · · · + an−1 t + an ,
dove i coefficienti ai sono polinomi nelle entrate di A.
Definizione 16.1.3. Siano k = R, C e A ∈ k n,n . Il polinomio pA (t) = det(A−tIn )
è chiamato polinomio caratteristico di A. L’equazione pA (t) = 0 è detta equazione
caratteristica di A.
Quindi
Proposizione 16.1.4. Siano k = R, C e A ∈ k n,n . Gli autovalori di A su k sono
le radici in k del polinomio caratteristico di A. In particolare A ha al massimo n
autovalori a due a due distinti. Quindi, se A ∈ Rn,n con n dispari, A ha almeno un autovalore in R, invece se
n è pari A può non avere autovalori in R.
Esempio 16.1.5. Sia P ∈ Rn,n ⊆ Cn,n una matrice ortogonale e sia λ ∈ C una
radice del suo polinomio caratteristico. Se X = (x1 , . . . , xn ) ∈ EA (λ) ⊆ Cn allora
t
PX
P X = t X t P P X = t XIn X = t XX = x21 + · · · + x2n .
LEZIONE 16
3
D’altra parte
t
PX
P X = t λX λX = λ2 = t XX = λ2 (x21 + · · · + x2n ).
Dal confronto delle due relzioni cosı̀ ottenute ricaviamo che λ è un numero complesso di modulo 1.
In particolare se λ ∈ R allora λ = ±1. Se, per esempio, n è dispari deduciamo
che una matrice ortogonale P ∈ Rn,n ha sempre l’autovalore reale ±1. Ciò il
seguente interessante significato geometrico: ogni rotazione nello spazio ha un
asse fisso, cioè è una rotazione intorno ad un’asse.
Esempio 16.1.6. Si consideri la matrice
0 1
A=
∈ R2,2 .
−1 0
Si noti che A è ortogonale speciale.
Gli eventuali autovalori di A sono le radici in R di
−t 1 = t2 + 1.
pA (t) = −1 −t Concludiamo che A non ha autovalori in R. Invece i suoi autovalori su C sono ±i,
che hanno modulo 1. Per calcolare EA (i) si deve risolvere
−i 1
x
0
=
:
−1 i
y
0
quindi
EA (i) = { a(1, i) | a ∈ C } ⊆ C2 .
Similmente per determinare EA (−i) risolviamo
i
1
x
0
=
:
−1 −i
y
0
quindi
EA (−i) = { a(1, −i) | a ∈ C } ⊆ C2 .
Esempio 16.1.7. Ritorniamo all’Esempio 16.1.2. Allora gli autovalori di
1 2
A=
∈ R2,2
3 −4
sono le radici (in R) di
1 − t
2
= t2 + 3t − 10 = (t − 2)(t + 5).
pA (t) = 3
−4 − t In particolare gli unici autovalori di A sono 2 e −5.
4
16.1. AUTOVALORI, AUTOVETTORI ED AUTOSPAZI DI MATRICI
Esempio 16.1.8. Sia

−1
A= 1
3

2 2
−2 1  ∈ R3,3 .
3 0
Allora gli autovalori di A sono le radici (in R) di
−1 − t
2
2
−2 − t 1 = −(t + 3)2 (t − 3),
pA (t) = 1
3
3
−t sicché gli autovalori di A sono ±3. Per calcolare EA (3) si deve risolvere

−4
 1
3
   
0
2
x




y = 0 :
1
0
z
−3
2
−5
3
quindi
EA (3) = { a(2, 1, 3) | a ∈ R } ⊆ R3 .
Similmente per determinare EA (−3) risolviamo

2
1
3
2
1
3
   
2
0
x




y = 0 :
1
0
z
3
quindi
EA (−3) = { (−a−b, a, b) | a, b ∈ R } = { a(−1, 1, 0)+b(−1, 0, 1) | a, b ∈ R } ⊆ R3 .
Esempio 16.1.9. Sia

2

A= 1
0

0 0
1 1  ∈ R3,3
0 1
dunque
2 − t
pA (t) = −1
0
In particolare gli autovalori di
sistema

1
1
0
0
0 1−t
1 = −(t − 1)2 (t − 2).
0
1 − t
A sono 1 e 2. Per calcolare EA (1) risolviamo il
   
0 0
x
0




0 1
y = 0,
0 0
z
0
LEZIONE 16
5
il cui spazio delle soluzioni è
EA (1) = { a(0, 1, 0) | a ∈ R } ⊆ R3 .
Similmente calcoliamo EA (2)

0
1
0
a partire dal sistema
   
0
0
x
0




−1 1
y = 0 :
0 −1
z
0
il suo spazio delle soluzioni è
EA (2) = { a(1, 1, 0) | a ∈ R } ⊆ R3 .
Esempio 16.1.10. Sia

1
A= 0
−1

2 0
1 1  ∈ R3,3
0 2
dunque
1 − t
pA (t) = 0
−1
2
0 1−t
1 = −t(t2 − 4t + 5).
0
2 − t
In particolare A ha un unico autovalore in R. Per calcolare EA (0) risolviamo il
sistema
   

0
x
1 2 0
 0 1 1y  = 0,
0
−1 0 2
z
il cui spazio delle soluzioni è
EA (0) = { a(2, −1, 1) | a ∈ R } ⊆ R3 .
Per esercizio determinare gli autovalori complessi di A ed i relativi autospazi.
Si noti che in tutti i casi sopra esaminati la dimensione di un certo autospazio
EA (λ) è limitata dalla molteplicità di λ come radice del polinomio caratteristico
pA (t). Questo è un risultato generale di cui omettiamo la dimostrazione.
Definizione 16.1.11. Siano k = R, C, A ∈ k n,n e λ ∈ k un suo autovalore.
Chiamiamo molteplicità algebrica la sua molteplicità ma (λ, A) di λ come radice di
pA (t). Chiamiamo molteplicità geometrica il numero mg (λ, A) = n − rk(A − λIn ).
In ogni caso A ∈ k n,n ha esattamente n autovalori complessi se contati con la
loro molteplicità algebrica.
Si noti che, in base a quanto visto nelle Lezioni 2 e 3, si ha mg (λ, A) è il
numero di parametri liberi da cui dipendono le soluzioni del sistema omogeneo
(A − λIn )X = 0n,1 .
6
16.2. DIAGONALIZZAZIONE DI MATRICI
Proposizione 16.1.12. Siano k = R, C, A ∈ k n,n e λ ∈ k un suo autovalore.
Allora 1 ≤ mg (λ, A) ≤ ma (λ, A). 16.2. Diagonalizzazione di matrici.
Introduciamo la seguente importante definizione.
Definizione 16.2.1. Siano k = R, C e A ∈ k n,n . La matrice A si dice diagonalizzabile (su k) se esiste una matrice P ∈ k n,n invertibile tale che P −1 AP sia una
matrice diagonale.
Il problema della digonalizzabilità di una matrice quadrata A è strettamente
legato alle nozioni di autovalore ed autovettore.
Supponiamo che A ∈ k n,n diagonalizzabile e sia P ∈ k n,n invertibile tale che
P −1 AP sia diagonale, diciamo D = diag(λ1 , λ2 , . . . , λn ). Si noti che l’identità
matriciale P −1 AP = D equivale, nell’ipotesi che P sia invertibile, e AP = P D.
Sia Pj ∈ k n la j–esima colonna di P , che è non nulla perché P è invertibile:
allora l’uguaglianza AP = P D letta sulla colonna j–esima diviene
APj = λj Pj ,
j = 1, . . . , n.
Quindi Pj è un autovettore di A e λj è il relativo autovalore. Concludiamo
che, se A è diagonalizzabile, che P ha per colonne n autovettori di A linearmente indipendenti e che l’elemento j–esimo sulla diagonale di D è esattamente
l’autovalore corrispondente alla colonna j–esima di P .
Viceversa, supponiamo di avere n autovettori di A, diciamo P1 , . . . , Pn , tali che
la matrice P avente Pj come colonna j–esima sia invertibile. Allora, procedendo
a ritroso con il ragionamento sopra, si verifica che A è diagonalizzabile e che
Λ = P −1 AP è una matrice avente l’entrata di posizione (j, j) coincidente con
l’autovalore relativo a Pj .
Abbiamo visto nella precedente lezione che, in generale, non è immediato che,
data una matrice A ∈ k n,n abbia o meno autovalori ed autovettori.
Osservazione 16.2.2. Chiaramente ogni matrice diagonale D è diagonalizzabile!
Infatti presa P = In si ha P −1 DP = D.
Esempio 16.2.3. Si consideri la matrice (si veda l’Esempio 16.1.8)

−1

A=
1
3
2
−2
3

2
1  ∈ R3,3 .
0
Come visto nell’Esempio 16.1.8, A ha i due autovalori ±3 e
EA (3) = { a(2, 1, 3) | a ∈ R } ⊆ R3 ,
EA (−3) = { a(−1, 1, 0) + b(−1, 0, 1) | a, b ∈ R } ⊆ R3 .
LEZIONE 16
7
Siano
 
2

P1 = (2, 1, 3) = 1  ,
3


−1
P2 = (−1, 1, 0) =  1  ,
0
La matrice P avente tali colonne è

2
1
3
−1
1
0


−1
P3 = (−1, 0, 1) =  0  .
1

−1
0 
1
ha rango 3, dunque è invertibile (per esempio det(P ) = 6 6= 0). Per quanto visto
sopra sappiamo a priori che


3 0
0
P −1 AP = diag(3, −3, −3) =  0 −3 0 
0 0 −3
(verificarlo per esercizio).
Ricordo che gli autovalori di A ∈ k n,n sono le radici λ1 , . . . , λh ∈ R del polinomio
caratteristico pA (t). Inoltre ad ognuno degli autovalori λi ∈ k di A rimangono
associati due numeri interi non negativi, la sua molteplicità algebrica ma (λ, A) e
la sua molteplicità geometrica mg (λ, A).
La somma delle molteplicità delle radici di un polinomio è pari al grado del
polinomio stesso. Quindi
ma (λ1 , A) + · · · + ma (λh , A) ≤ n,
e, se vale l’uguaglianza, tutte le radici di pA (t) devono essere in R.
Quindi, se λ1 , . . . , λh ∈ k sono le radici di pA (t), tenendo conto della Proposizione 20.2.2, al massimo possiamo determinare
mg (λ1 , A) + · · · + mg (λh , A) ≤ ma (λ1 , A) + · · · + ma (λh , A) ≤ n
autovettori linearmente indipendenti. Se vale l’uguaglianza, tutte le radici λ di
pA (t) devono essere in k e si deve avere mg (λ, A) = ma (λ, A) per ognuna di esse.
In particolare, se o non tutte le radici di pa (t) sono in k oppure se lo sono
ma esiste almeno una di esse per cui mg (λ, A) < ma (λ, A), la matrice A non è
diagonalizzabile.
Esempio 16.2.4. Si considerino le matrici di R3,3 ⊆ C3,3




2 0 0
1 2 0
A1 =  1 1 1  ,
A2 =  0 1 1  .
0 0 1
−1 0 2
8
16.3. DIAGONALIZZAZIONE DI MATRICI SIMMETRICHE
Nell’Esempio 16.1.9 abbiamo visto che A1 ha come autovalori i numeri 1 e 2 e
che ma (2, A) = 1 = mg (2, A), ma (1, A) = 2 > 1 = mg (1, A).
Nell’Esempio 16.1.10 abbiamo visto che A2 ha come unico autovalore in R il
numero 0 e che ma (0, A) = 1 = mg (0, A). Invece su C tale matrice ha i numeri
0, 2 + i e 2 − i come autovalori e ma (0, A) = 1 = mg (0, A), ma (2 + i, A) = 1 =
mg (2 + i, A), ma (2 − i, A) = 1 = mg (2 − i, A).
Concludiamo che le due matrici date non sono diagonalizzabili su R. Invece A2
è diagonalizzabile su C mentre A1 non lo è.
Viene naturale porsi il problema di dare un criterio per stabilire se una data
matrice sia diagonalizzabile o meno su R o C. Si ha il seguente risultato fondamentale
Proposizione 16.2.5. Siano k = R, C e A ∈ k n,n . La matrice A è diagonalizzabile su k se e solo se valgono le due seguenti condizioni:
i) tutte le radici di pA (t) sono in k;
ii) per ogni radice λ di pa (t) risulta mg (λ, A) = mg (λ, A). 16.3. Diagonalizzazione di matrici simmetriche.
Come visto nel paragrafo precedente, il fatto che una matrice sia diagonalizzabile o meno non può essere, in generale, stabilito a priori ma solo dopo lo studio dei
suoi autospazi. C’è però una classe di matrici la cui diagonalizzabilità è assicurata
da un risultato generale di cui omettiamo la dimostrazione e su cui torneremo nelle
prossime lezioni.
Proposizione 16.3.1. Sia A ∈ Simn (R). Allora A è diagonalizzabile.
Si noti che la proposizione precedente assicura la diagonalizzabilità su R, cioè
l’esistenza di una matrice invertibile P ∈ Rn,n tale che P −1 AP = D ∈ Rn,n sia
diagonale.
Esempio 16.3.2. Sia

0
A = 1
1

1 1
0 1.
1 0
Risulta
−t 1
1
pA (t) = 1 −t 1 = −t3 + 3t + 2 = −(t + 1)2 (t − 2),
1
1 −t Concludiamo che gli autovalori di A sono −1 e 2: inoltre per la Proposizione 16.3.1
ma (−1, A) = mg (−1, A) = 2 e ma (2, A) = mg (2, A) = 1.
Per determinare EA (−1) risolviamo il sistema

   
1 1 1
x
0
1 1 1y  = 0.
1 1 1
z
0
LEZIONE 16
9
Quindi EA (−1) = { a(1, −1, 0) + b(1, 1, −2) | a, b ∈ R}. Per determinare EA (2)
risolviamo il sistema

   
−2 1
1
x
0
 1 −2 1   y  =  0  .
1
1 −2
z
0
Quindi EA (2) = { a(1, 1, 1) | a ∈ R }. Posto

1
P =  −1
0
risulta

1
0
−1
−1
P −1 AP =  0
0

1
1
1

0 0
−1 0  .
0 2
Osservazione 16.3.3. Per renderci conto della potenza della Proposizione 16.3.1
osserviamo che, spesso, è assai difficile determinare esattamente gli autovalori di
una matrice: può però essere utile poternme determinare la diagonalizzabilità. Per
esempio
√


1/11 −3/2
π
21
 −3/2
0
1117 −73/4 

A=
 π

1117
−31
e
√
3/4
21 −7
e
1
è senza dubbio diagonalizzabile perché simmetrica a coefficienti reali.