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Indice
Presentazione .....................................................................11
La fauna dei boschi liguri .................................................11
Introduzione .................................................................11
Fauna dei suoli..............................................................11
Maggiolino...............................................................11
I palpigradi della sughereta di Bergeggi ..............11
Indice QBS-ar e determinazione della qualità
biologica dei suoli forestali ..................................11
Fauna del sottobosco e delle chiome ........................11
Processionaria del pino..........................................11
Formica rossa ..........................................................11
Astore e sparviere...................................................11
Picchi ........................................................................11
Lupo .........................................................................11
Cinghiale ..................................................................11
Fauna del legno morto ................................................11
Osmoderma eremita ....................................................11
Cervo volante ..........................................................11
Cerambice della quercia .........................................11
Rosalia alpina ............................................................11
Premessa .............................................................................11
I boschi della Liguria ........................................................11
Generalità ......................................................................11
Macchia mediterranea .................................................11
Leccete...........................................................................11
Querceti caducifogli ....................................................11
Querceti a roverella ................................................11
Querceti a rovere ....................................................11
Querceti a cerro ......................................................11
Pinete a pino d’Aleppo ...............................................11
Pinete a pino marittimo ..............................................11
Pinete a pino nero........................................................11
Pinete a pino silvestre..................................................11
Castagneti ......................................................................11
Faggete ..........................................................................11
Abetaie ad abete bianco ..............................................11
Lariceti ...........................................................................11
Boschi misti mesoÀli ...................................................11
Boschi misti di caducifoglie montane
a dominanza di betulla ...........................................11
Formazioni riparie .......................................................11
Boschi di pioppo bianco .......................................11
Ontanete ..................................................................11
Boschi di robinia ..........................................................11
Appendice I
Boschi e Parchi in Liguria ..........................................11
Appendice II
Distribuzione delle specie forestali in Liguria .........11
Glossario.............................................................................11
BibliograÀa .........................................................................11
Indice delle specie citate ...................................................11
Picchio rosso maggiore – Foto R. Cottalasso
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Premessa
Q
I funghi rivestono un’importanza fondamentale nell’ecosistema forestale – Foto M. Campora
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uesto libro è il risultato di un ambizioso
progetto degli Editori e degli sforzi degli autori
nel tentativo di portarlo a compimento.
Il tema – la fauna dei boschi liguri – non poteva non
presupporre una sintetica trattazione delle tipologie
nemorali riscontrabili nelle Alpi Liguri/Marittime e
sull’Appennino ligure-piemontese: questa prima parte è
stata curata da Mario Pavarino, botanico forestale dalla
cultura enciclopedica, con l’aiuto di Simone Di Piazza,
suo giovane e valente collaboratore. Segue la parte più
speciÀca sugli animali, per mano del sottoscritto.
L’opera è stata concepita con un taglio divulgativo,
cercando di coniugare il rigore scientiÀco con le ovvie
esigenze didascaliche di un lavoro rivolto ad un pubblico
eterogeneo. Speriamo pertanto di aver prodotto un testo
in grado di introdurre piacevolmente il lettore meno
esperto alla complessa struttura della comunità zoologica
degli ecosistemi forestali, ma nel contempo non troppo
banale per i naturalisti “padroni” della materia.
L’argomento è indubbiamente complesso e non sempre
facilmente traducibile in un linguaggio non tecnico
immediatamente accessibile ai non addetti; la suddivisione
in capitoli che individuano i diversi microhabitat del bosco
(quanto meno i principali) è inevitabilmente riduttiva
e non consente di rendere appieno le innumerevoli
interazioni tra i vari organismi. Tuttavia pensiamo – o
almeno ci illudiamo – di essere riusciti a fare un lavoro
apprezzabile, producendo un volume che può essere una
buona lettura introduttiva all’argomento trattato per gli
appassionati e gli studenti di scienze biologiche e naturali,
un utile manuale di approfondimento per i docenti delle
scuole superiori, nonché un supporto per i biologi e i
naturalisti più esperti.
Il glossario Ànale aiuta il lettore nella comprensione di
concetti scientiÀci meno immediati e di alcuni termini
tecnici non d’uso comune.
Date le Ànalità divulgative dell’opera, le citazioni
bibliograÀche sono state ridotte al minimo indispensabile,
spesso facendo riferimento a lavori di sintesi facilmente
fruibili da parte di qualsiasi lettore. Tuttavia le conoscenze
di base per la redazione dei testi sono frutto della
consultazione di numerosi volumi ed articoli scientiÀci
italiani e stranieri sul tema trattato.
Loris Galli
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Querceti a roverella
Querceti caducifogli
I
n Liguria, il piano collinare è largamente occupato
da formazioni a querceti caducifogli. Nella nostra
regione le specie quercine più frequenti sono
roverella, rovere (Quercus petraea) e cerro (Quercus cerris).
Tali specie presentano caratteristiche morfologiche ed
ecologiche assai differenti.
La roverella è una quercia a distribuzione sud-europea;
alta al massimo 20 metri, possiede un tronco che si
ramiÀca precocemente e una chioma che, a maturità,
si presenta irregolarmente globosa; le foglie secche, in
autunno, rimangono attaccate ai rametti, permettendo in
questo modo di distinguerla facilmente dalle altre querce;
la corteccia è spesso profondamente solcata. La sua
caratteristica principale, dalla quale deriva il nome latino
Quercus pubescens, è la pubescenza (presenza di peluria)
nella pagina inferiore della foglia e sui rametti dell’anno.
Orniello in autunno – Foto M. Campora
Querceto autunnale – Foto G. Carrara
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Le foglie sono alterne, hanno picciolo lungo 8-15 mm e
la lamina ha sagoma obovata, ossia è più larga nella metà
superiore e arrotondata all’apice (ha la forma di un uovo
capovolto).
È una specie rustica, termoÀla, tra le più xeroÀle nel
gruppo delle querce caducifoglie; resiste agli inverni rigidi,
ma necessita di un’estate calda; è idonea a colonizzare
ambienti poco vegetati e soleggiati. La roverella è l’unica
quercia capace di svilupparsi su suoli di modesto spessore
e con roccia calcarea superÀciale: presenta un apparato
Spesso confusa con la rovere, la roverella è una specie assai comune nel panorama
boschivo della Liguria – Foto R. Cottalasso
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Abetaie ad abete bianco
Lariceti
N
ella sola zona di Gouta-Testa d’Alpe (IM) è
presente un denso popolamento a dominanza
di abete bianco (Abies alba); in alta Val d’AvetoAgoraie ne esistono alcuni esemplari con carattere
relittuale.
Non esistono documenti ufÀciali che attestino la
realizzazione di antichi rimboschimenti; d’altronde
l’ambiente, nel complesso, non appare favorevole alla
conservazione della specie, che sicuramente è stata
favorita, in passato, dall’intervento dell’uomo (quanto
meno attraverso il rilascio di tutti gli esemplari di conifere
nei consorzi misti con le latifoglie). Attualmente l’abete
bianco in Liguria è in continua regressione, sostituito
dall’acero di monte, dal faggio o da altre latifoglie
montane.
Le formazioni presenti a dominanza di abete bianco
sono, quindi, da intendersi come per lo più artiÀciali,
frutto di rimboschimenti effettuati in epoche passate.
Bosco con esemplari di abete bianco – Foto M. Campora
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I
l larice (Larix decidua) è una conifera tipica delle Alpi
e di due ristrette zone dei Carpazi (in queste ultime
località l’areale si sta riducendo a causa della quota
non elevata delle stazioni). È l’unica conifera europea che
in inverno perda le foglie: questo adattamento le consente
di raggiungere quote più elevate rispetto ad ogni altro
albero europeo, potendo essere presente sulle Alpi, con
esemplari isolati, Àno a 2.700 metri. Il larice è un albero
assai ricercato per l’ottimo legname e manifesta grandi
doti come pianta pioniera; i suoi aghi, teneri e delicati,
poco resinosi, forniscono un ottimo humus; inÀne, se gli
esemplari vengono fatti crescere spaziati, consentono
all’erba di svilupparsi, con buone prospettive per il
pascolo nel lariceto.
Per questi motivi il larice è da secoli favorito dall’uomo,
che ne ha propiziato l’insediamento anche nel regno della
Lariceto in periodo estivo – Foto M. Campora
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LA FAUNA DEI BOSCHI LIGURI
a cura di Loris Galli
Un tipico inquilino dei boschi, lo scoiattolo rosso – Foto M. Campora
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palpigradi edafobi (C. Erhard, com. pers.). Ciliegina
sulla torta, una delle due specie è ben nota (Eukoenenia
mirabilis), mentre la seconda è risultata essere nuova per la
scienza ed è stata recentemente descritta dallo specialista
austriaco Erhard (2009) con il nome di Eukoenenia gallii
(dedicata al sottoscritto).
antenne, cerci, furche), la perdita di pigmentazione
ed ornamentazioni del corpo, lo sviluppo di apparati
sensoriali e di locomozione specializzati.
In pratica, per l’applicazione del QBS-ar, si procede alla
raccolta di campioni di suolo (dalla superÀcie Àno a 10
cm di profondità); questi, quindi, sono sottoposti ad
estrazione per circa una settimana nei cosiddetti estrattori
Berlese-Tullgren: si tratta di strumenti schematicamente
costituiti da una lampada a bulbo, un setaccio a maglia
di 2-3 mm e un imbuto. La lampada riscalda ed asciuga
a partire dalla superÀcie il terriccio del campione
distribuito in strato uniforme sul setaccio, spingendo
gli organismi in esso presenti a muoversi in profondità.
Alla Àne, essi passano attraverso le maglie del setaccio
e cadono nell’imbuto, andando a depositarsi nel liquido
di conservazione (alcool 70°) contenuto in un recipiente
(becker) posto sotto di esso.
Gli animali così raccolti vengono osservati al microscopio
e classiÀcati. Agli artropodi di ciascun gruppo è dato
un punteggio in base alla forma biologica cui sono
riconducibili: tale punteggio è detto EMI (Indice EcoMorfologico) ed assume un valore compreso tra 1, per le
specie edafoxene (ovvero prive di adattamenti al suolo),
e 20 per quelle euedafobie (cioè strettamente adattate al
suolo). La somma dei punteggi EMI così ottenuti dà il
valore del QBS-ar del campione analizzato. In base ad
esso e tenendo conto della presenza/assenza di gruppi
euedafobi chiave (es. proturi, collemboli onichiuridi,
coleotteri), si arriva a deÀnire a quale classe di qualità
(da 0, ossia molto alterato, a 7, ossia di eccellente qualità
biologica) ascrivere il suolo in esame.
Indice QBS-ar e determinazione
della qualità biologica dei suoli forestali
Come abbiamo già visto, la fauna che popola i suoli
forestali (così come del resto anche quelli di altri habitat)
appare formata da numerosi organismi dei gruppi più
svariati e dalle forme più diverse. In letteratura si trovano
alcuni esempi (cfr. Nappi e Jacomini, 2004) relativi
all’utilizzo di gruppi speciÀci (es. nematodi) o saggi
basati sulla tolleranza di alcune specie ben deÀnite della
pedofauna (i lombrichi del genere Eisenia e il collembolo
Folsomia candida) per la valutazione della qualità e/o del
grado d’inquinamento dei suoli. Più recentemente, Parisi
(2001) ha proposto un indice biotico basato sull’analisi
dell’artropodofauna edaÀca quale indicatore della qualità
biologica dei diversi tipi di suolo. Detto indice (QBSar, ovvero Qualità Biologica dei Suoli sulla base degli
artropodi) viene oggi sempre più utilizzato ed è oggetto
di una trattazione molto ampia e dettagliata nel manuale
monograÀco di Angelini et al. (2002).
Il principio sul quale l’indice si basa è quello delle forme
biologiche: animali di gruppi differenti, adattatisi a vivere
nel terreno, modiÀcano le proprie strutture in modi
simili, assumendo forme analoghe. In particolare, come
descritto in questo capitolo, la vita nel suolo comporta
una riduzione di occhi e di appendici (ali, zampe,
Fauna del sottobosco e delle chiome
R
appresenta la fauna più nota e maggiormente
apprezzabile anche da parte del profano: anche
le specie più elusive possono essere oggetto
di fugaci avvistamenti o comunque palesarsi attraverso
tracce e segni di presenza (fatte, orme, borre) o con
le proprie manifestazioni canore. Non a caso sono
frequenti, anche nella bibliograÀa regionale (v. ad es.
Capecchi, 1990; Bovio et al., 1995), descrizioni della
composizione faunistica di differenti tipologie forestali
o di boschi di zone speciÀche, in genere però limitate
Il rospo comune, un anÀbio frequentatore dei boschi – Foto M. Campora
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proprio a tale speciÀco “comparto subaereo”: ben pochi
si rendono conto del brulichio di forme animali nel suolo
o all’interno di un tronco marcescente. Nel presente
capitolo si cercherà di fornire un quadro d’insieme il più
possibile esaustivo delle abitudini di vita degli animali che
si possono rinvenire a partire dall’immediata superÀcie
del suolo Àno ad arrivare alla chioma degli alberi più alti
e delle rispettive interazioni. Va comunque ribadito come
esistano sottili ma importanti e stretti legami tra le faune
dei differenti microambienti del “sistema foresta”. Molti
animali del sottobosco si nutrono di invertebrati che
vivono nella lettiera e/o nel suolo (come fa la beccaccia)
oppure sotto la corteccia e nel legno (come fanno i
picchi); molte specie trascorrono nel suolo o nel legno
morto solo parte del proprio ciclo vitale (in genere lo
stadio larvale) per poi sfarfallare come adulti che vivono
all’aperto (v. paragraÀ di approfondimento).
Prima di passare alla trattazione più generale è opportuno
premettere che, tra le formazioni forestali, dal punto di
vista faunistico, le faggete risultano forse le meno popolate
sia per motivi climatici sia per la scarsa disponibilità di
risorse alimentari: infatti la produzione di faggiole risulta
molto irregolare da un anno all’altro, perciò la maggior
parte degli animali frequenta principalmente le radure
o le zone ecotonali (di transizione) tra bosco e prato.
Inoltre, soprattutto nel piano montano, le faggete si
presentano spesso come boschi puri monospeciÀci in
cui lo strato arbustivo e quello erbaceo sono pressoché
assenti: questa omogeneità ambientale, inevitabilmente,
si traduce in una ridotta diversità di specie animali, anche
Beccaccia mimetizzata nel sottobosco – Foto M. Campora
Orbettino – Foto R. Cottalasso
Salamandra pezzata – Foto M. Campora
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se poi, nella rassegna che segue, si porrà l’accento su
alcune specie tipicamente legate al faggio. Un discorso
pressoché analogo vale per i boschi di conifere: la mancata
produzione di Àori e frutti (i coni rappresentano una
risorsa di difÀcile accesso ed energeticamente modesta),
la consistenza coriacea delle foglie e la produzione di
sostanze aromatiche e resine viscose e spesso repellenti
rendono queste piante inappetibili da parte di molti
Àtofagi. In tali ambienti, pertanto, troveremo una
distribuzione della diversità faunistica a macchia di
leopardo, con maggiori concentrazioni in piccole aree
particolari, come ad esempio le radure Àorite.
Partendo dal livello del suolo, benché chiaramente
vincolate alla disponibilità di ambienti acquatici per
la riproduzione e di un buon tenore di umidità, nel
sottobosco delle formazioni riparie o di quelle mesoÀle
possiamo rinvenire alcune specie di anÀbi quali rospi
(Bufo bufo), rane rosse (Rana italica e Rana temporaria) e
salamandre (Salamandra salamandra). Merita un cenno a
parte l’ululone appenninico (Bombina pachypus), piuttosto
caratteristico degli ambienti forestali umidi (es. faggete).
Simile ad un rospo, frequenta le pozze temporanee
fangose nelle quali risulta ben mimetizzato grazie alla
colorazione dorsale bruna; se minacciato, però, l’ululone
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