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IT
A
XII 01/2015 © Caffè Moak S.p.A.
È sempre più polemica sul prezzo della tazzina al bar. È giusto
aumentarlo? Chi ne fa le spese e chi ci guadagna? Quando si
parla di rincari, ad allarmarsi è soprattutto il consumatore, ma
se analizziamo alcuni fattori, forse non ci sarebbe nulla di così
scandaloso. Il più delle volte si fa più caso al prezzo della tazzina
che a quello del crudo. Se consideriamo, però, che negli ultimi
quattro anni il caffè verde ha subito aumenti - così come per gli
esercizi pubblici sono sempre più onerosi i costi di gestione e le
tasse - a farne le spese è proprio il barista; e se il bar non lavora,
nel giro di vite ci finisce anche il torrefattore. Qualcuno giustifica
gli aumenti paragonando il nostro mercato a quello estero, non
tenendo conto, però, che in Italia il caffè è considerata la bevanda
per eccellenza, mentre in altri Paesi l’espresso è un prodotto più
d’élite, motivo per cui il prezzo arriva anche ai 3 euro a tazzina.
Chi soffre dunque è il settore ho.re.ca. Ma quanto ci guadagna
realmente il nostro barista per ogni espresso servito? Facendo velocemente due calcoli, su un prezzo medio a tazzina di 80 centesimi, 20 è l’incidenza della miscela; a questi vanno aggiunti i costi
del personale, i servizi (luce, acqua, affitto, pulizia, manutenzioni
ecc) e le tasse che il gestore deve sostenere. Il margine di guadagno è quindi irrisorio e se consideriamo che il consumo di caffè in
un locale incide sul fatturato più del 50%, si capisce bene perché
molti – almeno quelli che rispettano le regole – anche con consumi dignitosi di 200 caffè al giorno, non riescono ad arrivare a
fine mese. E allora quale potrebbe essere il prezzo che accontenta
tutti? Di certo né 70 centesimi, né 1 euro e 20; per garantire da
Nord a Sud un discreto margine di guadagno e non pesare troppo
sulle tasche del consumatore, il prezzo ideale potrebbe essere di 1
euro a tazzina. C’è da dire, però, che non sempre è solo una questione di prezzo. Abbiamo tutti l’obbligo di mantenere alto il valore di un bene, come quello che merita il vero espresso italiano.
Un dovere che ci impone di garantire sempre la qualità e il buon
servizio ai nostri consumatori, dalle Alpi al Mediterraneo.
Il Presidente
Giovanni Spadola
commenta su Twitter l’editoriale con l’hashtag #caramoak.
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XIV concorso nazionale di narrativa • infoline +39 0932 963866 • +39 393 0965902 • [email protected] • www.facebook.com/caffeletterariomoak
omaggio a Italo Calvino
In copertina:
Fuori Fuoco > photo+heart <
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for[me]one, il primo shop apre a Modica
Il caffè ispira scrittori e fotografi
Al via i nuovi bandi di Caffè Letterario
e Fuori Fuoco Moak 2015
Caffè storico
Caffè del Tasso
Chef e Pasticceri interpretano il caffè Moak
Joseph Hadad e Nicusor Nica
Moak People Training, più spazio alla formazione
Caffè fai da te, sospeso e a tempo.
Nuove abitudini di consumare al bar
Disegno Industriale,
Francesco Librizzi
Caffè e salute
Quanti caffè bere? È scritto nel Dna
Chi l’ha detto che il bar è un posto per grandi?
lo stile di arredare
Un bar a misura di bambini
Put your face
Marsalì, la nuova corporate identity rende
omaggio alla cultura araba
Caffè da leggere
Moak people contest
Caffè e dintorni
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for[me]one, il primo shop apre a Modica
M
oak rende omaggio ancora una volta alla sua città e lo fa in grande stile, aprendo il primo punto
vendita for[me]one in Italia proprio a Modica,
nel cuore del barocco siciliano. Inaugurato lo scorso dicembre, lo store è già diventato una tappa obbligata per
i cultori dei prodotti coloniali. For[me]one rappresenta il
processo evolutivo del progetto “zero” for[me]moak, l’agenzia pubblicitaria interna di Moak che ha ideato il nuovo spazio “coloniale” pensando a nuovi percorsi e nuovi
modi di comunicare, dove il caffè si accosta ad altri riti
e sapori. Anche il naming rafforza l’identità progettuale:
la parola forme traduce il significato anche figurativo
del voler creare forme nuove - siano esse grafiche o di
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oggetti - che comunicano con un linguaggio innovativo
il brand Moak. Le parentesi quadre spezzano la parola ed
esprimono invece il concetto di legame,“io creo qualcosa
per ”, “one” è l’identificativo del primo store aperto in
una città o metropoli; le successive insegne nella stessa
località saranno identificate dal numero progressivo in
ordine di apertura.
Nel nuovo spazio il cliente potrà scegliere le diverse miscele di caffè di casa Moak, macinato al momento, oltre
ad una attenta e ricca selezione di prodotti, scelti ad uno
ad uno, ricercati dove la storia ha origine, parlando con
chi li ha visti nascere e conosce ogni retrogusto. Scegliere
il miglior thè o la più pregiata varietà di cacao richiede
tempo e passione, così come fa Moak quando seleziona
i suoi chicchi. Allo stesso modo sono state inserite le
eccellenze - non solo quelle del territorio - dalla cioccolata, ai liquori e alle confetture - che secondo Moak
rappresentano la qualità del made in Italy. Come La via
del thè, l’azienda fiorentina che dal 1961 ha la passione
per i thè e a cui for[me]one ha dedicato al suo interno il
primo corner in provincia, con oltre sessanta tipi di thè,
miscele profumate, infusi di frutta e tisane. Uno spazio
è inoltre dedicato alla confetteria e pralineria e alle linee
Brano consigliato per la lettura di questo articolo: One - Johnny Cash
di accessori legati al rito del thè e del caffè, dai filtri monodose, alle teiere, alle tazzine. L’approccio innovativo e
sostenibile, che appartiene al linguaggio di for[me]moak,
si traduce anche nelle scelte architettoniche e nei mobili: i
moduli espositivi, lineari nelle forme e nei colori, ispirati
ad uno stile industriale, si accostano a mobili di recupero,
come il vecchio banco da falegnameria, che diventa piano
degustazione. Un luogo e uno spazio dove chi entra viene
trascinato da profumi, sapori e colori e che senza azzardare riesce a coniugare tradizione e innovazione.
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Il caffè ispira scrittori e fotografi
Al via i nuovi bandi di Caffè Letterario
e Fuori Fuoco Moak 2015
di Sara Di Pietro
Dalla Sicilia non parte solo il caffè. Da questa terra, nella parte più a sud oltre lo stivale, Moak ha scelto di diffondere cultura, di
continuare ad investire per i giovani, quelli che magari dalla loro camera hanno scattato qualche foto o scritto qualche racconto,
pensando che rimarranno immagini o parole al vento e che invece nascondono grandi capacità artistiche, che hanno bisogno
solo di essere conosciute, divulgate e premiate. Con lo stesso entusiasmo di sempre non si ferma la macchina organizzativa del
progetto Moak Cultura, che ha già avviato i bandi dell’edizione 2015 del concorsi Caffè Letterario e Fuori Fuoco Moak.
P
er lo storico premio nazionale di narrativa, giunto
alla XIV edizione, quest’anno Moak vuole ricordare
l’illustre ed eclettico scrittore e partigiano italiano
Italo Calvino, celebrando i trent’anni dalla sua scomparsa.
I partecipanti dovranno attenersi al tema che, come sempre, è incentrato sul caffè e ovviamente dovranno armarsi
di una buona dose di fantasia ed originalità per raccontare
il padrone delle bevande. Per partecipare basta inviare un
racconto inedito della lunghezza di un minimo di 5 cartelle
ad un massimo di 20, all’indirizzo letterario@caffemoak.
com entro e non oltre il prossimo 30 Giugno. La proclamazione del racconto vincitore si terrà, invece, il 10 Ottobre a
Modica, nella sede del centro direzionale Moak. Sul podio
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saranno premiati anche il secondo e terzo classificato, che
riceveranno un premio in denaro. I dieci migliori racconti
selezionati dalla giuria saranno, invece, pubblicati nell’antologia 2015“ I racconti del caffè”. Confermata anche per
l’edizione 2015 la partecipazione di Moak alla crociera
letteraria “Una Nave di libri per Barcellona”, organizzata
da Leggere:tutti in collaborazione con Grimaldi Lines, dal
21 al 25 aprile.
info:
www.caffe-letterario.it
www.facebook.com/caffeletterariomoak
www.twitter.com/letterariomoak
Fuori Fuoco Moak
È un’illusione che le foto si facciano con la macchina
(....) si fanno con gli occhi, con il cuore, con la testa.
(Henri Cartier-Bresson)
F
otografare (con il cuore). È ciò che si chiede ai
partecipanti della seconda edizione di Fuori Fuoco,
il concorso internazionale di fotografia promosso
da Caffè Moak. Quest’anno, più che attenersi a un tema,
giovani fotografi e artisti affermati potranno liberamente svelare le proprie emozioni attraverso gli scatti; chi
fotografa si pone spesso al di fuori della scena, non solo
perché non vi appare maa perché, quasi necessariamente, si mette nel ruolo di spettatore. Fotografare (con il
cuore) sarà quindi un rovesciamento di questa logica:
io non guardo, partecipo e nella rappresentazione ci
metto tutto il carico emotivo di quel momento. È un
invito a utilizzare la macchina fotografica come strumento empatico di conoscenza, annullando la distanza
col soggetto rappresentato. Perché nella vita, giocoforza, non ci sono spettatori. Il caffè, ovviamente, può
essere interpretato a proprio piacimento (pianta, seme,
bevanda o locale pubblico, colore). Tutti potranno partecipare: fotografi, professionisti e amatoriali, dovranno
sviluppare - attraverso una sequenza di 3 immagini, nel
formato orizzontale o verticale – una storia o un reportage legato al chicco. Il termine ultimo per l’invio delle
immagini è il prossimo 31 Agosto. A giudicare le opere
fotografiche, anche quest’anno, ci sarà una giuria di
riguardo presieduta dal maestro Denis Curti. Direttore
del mensile Il Fotografo è anche fondatore del Master
post universitario di fotografia realizzato con Naba e
Fondazione Forma e cofondatore della società PICC
(Photography Italian Culture Capital). Per oltre 15 anni
ha scritto per le pagine di Vivimilano e Corriere della
Sera. Curatore di numerose mostre fotografiche ed autore di diversi libri sulla fotografia, oggi è anche direttore
artistico del Festival di Fotografia di Capri e consulente
della Fondazione di Venezia per la gestione del patrimonio fotografico. Sarà lui a premiare il vincitore di Fuori
Fuoco Moak 2015, che riceverà un premio in danaro, il
prossimo 10 ottobre. Tutte le foto selezionate dalla giuria saranno invece divulgate e promosse da Caffè Moak
in tutto il mondo, attraverso mostre, eventi o campagne
pubblicitarie.
info:
fuori-fuoco.com
facebook.com/fuorifuocomoak
twitter/ fuorifuocomoak
Denis Curti
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I vincitori dell’Edizione 2014
Caffè Letterario Moak
Sotto l’icona della silhouette del poeta inglese William
Shakespeare, a cui Caffè Letterario ha voluto rendere
omaggio per l’edizione 2014, le letture dell’attore Alessandro Romano trascinano il pubblico nel mondo dei
racconti premiati. Dopo le immagini, a raccontare una
storia inspirata al caffè, adesso ci sono le parole, quelle
dei racconti che più di altri hanno colpito la giuria della
XIII Edizione del premio di narrativa promosso da Caffè
Moak: il presidente Donato Carrisi, uno degli scrittori
thriller più noti in Italia e all’estero, Paolo Di Stefano, illustre firma delle pagine culturali del Corriere della Sera,
lo scrittore e musicista bolognese Gianluca Morozzi e lo
scrittore Gianni Cascone.
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1° Classificato
“Il caffè è assolutamente vietato”
di Filippo Taddia
Un racconto ben giocato tra umorismo e nostalgia. Ricostruisce un ambiente di provincia con personaggi nitidi
2
2° Classificato
“ Nighthawk ristretto”
di Matteo Pistone
Un racconto che regala un collage di immagini, parole
e suoni molto evocativo. Matteo Pistone vince anche il
Quadrato della Palma, il premio in onore dello scrittore
Franco Antonio Belgiorno e dedicato allo scrittore più
giovane e talentuoso del concorso.
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3° Classificato
“Il caffè sospeso”
di Ivan Scherillo (Napoli)
Ben strutturato, con i buoni sentimenti che si capovolgono in una bella zampata finale.
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Fuori Fuoco Moak
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“Caffè e nuovi miti” è il tema che ha ispirato fotografi
professionisti e amatoriali che hanno raccontato e documentato in un minireportage di tre scatti le mutazioni
sociali di cui siamo attori e spettatori. I modelli di oggi,
obiettivi più o meno raggiungibili che a volte si trasformano in vere e proprie ossessioni. Il compito di selezionare le tre opere vincitrici è stato affidato ad una giuria
mista, dai maestri fotografi, il presidente Cesare Colombo
e Massimo Siragusa, Cinzia Ferrara, vicepresidente Aiap
(Associazione italiana design della comunicazione visiva), Marco Lentini, grafico di Caffè Moak, Matteo Maggiore, executive Board Member di Adci (Art Directors
Club Italiano) e Laura Leonelli, giornalista ed esperta di
fotografia per il Sole 24 Ore e Panorama Travel.
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1° Classificato
“Cafè, Storie incrociate”
di Anna Quartuccio (Milano)
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Il caffè inteso come luogo d’incontro di storie, emozioni
e stati d’animo.
Motivazione: “Con le sue immagini l’autrice esprime la
classicità e la contemporaneità e potremmo dire anche la
necessità, del luogo “caffè”, il tutto attraverso una certa
pienezza nel controllo dell’inquadratura. L’arredamento
del locale e gli atteggiamenti dei clienti alludono all’intimità, alla complicità e al dialogo, valori culturali legati
alla storia del caffè”.
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2° Classificato
“Affollata Solitudine”
di Fabiano Venturelli (Crema)
La solitudine è possibile nell’epoca delle connessioni sempre e ovunque che permettono di entrare in contatto con
schiere di altri individui?
Motivazione: “La giuria ha apprezzato la ricerca di una lettura simbolica dei protagonisti, dei luoghi, dei colori e delle
sensazioni legati al caffè, il tutto inserito in uno spazio non
convenzionale con un linguaggio molto contemporaneo”.
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3° Classificato
“Pròcèdò
di Guglielmo Giulio Nifosì (Scicli)
Sintesi del processo creativo in 3 capitoli: 1-Stasi, ricerca
dell’ispirazione, 2-Ordine, organizzazione mentale, 3-Distruzione dell’ordine, atto.
Motivazione: “Per la sequenza Pòcèdò la scansione narrativa si evidenzia con personalità, mentre i pregi tonali
della stampa sottolineano l’astrazione del processo creativo rappresentato.
Brano consigliato per la lettura di questo articolo: Pictures - Benjamin Francis Leftwich
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Caffè storico
di C. R.
L’elenco di nomi di donne e uomini illustri che hanno frequentato i locali storici in Italia è vastissimo. Basta sedere in questi
luoghi, prendere un caffè o un aperitivo e subito si ha la piacevole sensazione di fare un salto nel passato, dove i cimeli, le opere
d’arte o i mobili d’epoca rievocano i ricordi di celebri personaggi che si intrecciano con gli eventi storici del nostro Paese.
Alcuni sono diventati fast food o boutiques. Ne sopravvivono ancora più di 120 e noi vogliamo raccontare e tenere in vita nella
nostra memoria questi luoghi che con onore e coraggio portano avanti pagine di storia e cultura della nostra bell’Italia.
Torquato Tasso
Caffè del Tasso
A
Bergamo, in Piazza Vecchia, nel cuore della parte
alta del capoluogo lombardo, ancora oggi sopravvive uno dei locali storici più antichi d’Italia, il Caffè
del Tasso. Foto e pergamene testimoniano l’esistenza già
nel 1476 come “Locanda delle due Spade”, prima che nel
1681 prendesse il nome di “Torquato Tasso Caffé e Bot-
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[ XII 01/2015 ]
tiglieria”, quando venne appunto eretta nelle vicinanze la
statua del sommo poeta. Un luogo che ha fatto anche la
storia della città; nel 1859 vi si riunirono i volontari bergamaschi, guidati da Agostino Pasquinelli, pronti a seguire
Garibaldi nella famosa battaglia dei Mille verso la Sicilia.
Nella seconda metà dell’800 il locale si svestì dell’austero
stile medievale e venne abbellito da arredi signorili di gusto neoclassico. Da allora – e fino ad oggi – cambiò anche
la denominazione in Caffè del Tasso. Entrando sembra di
essere catapultati nella storia di oltre cinque secoli, in un
luogo immortale in cui artisti e personaggi storici sono passati e hanno fatto sosta per un caffè o un drink. Da Mariangela Melato, Charlton Heston a Dennis Hopper, da Helenio
Herrera al maestro Gianadrea Gavazzeni, all’architetto Le
Corbuisier che definì quella Vecchia “una delle più belle
piazze del mondo”. Oggi Caffè del Tasso, gestito da 25
anni da Marcello e Massimo Menalli, seppur abbia mantenuto intatti alcuni segni che ne rivelano la sua storicità ed
eleganza, ha saputo anche adattarsi ai tempi ed innovarsi.
Oltre alla storica caffetteria, il locale offre un’ottima pasticceria, di produzione artigianale e un raffinato ristorante,
che propone menu con un sapiente mix di sapori tra la
cucina tipica bergamasca e quella italiana. Ma la punta di
diamante è la cantina, accolta al piano inferiore tra mura
di grandi pietre antiche risalenti alla fine del Quattrocento,
che espone una accurata selezione di distillati e oltre trecento etichette di vini tra i più pregiati al mondo.
Brano consigliato per la lettura di questo articolo: One more cup of coffee - The White Stripes
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Chef e Pasticceri interpretano il caffè Moak
Joseph Hadad e Nicusor Nica
di Sara Di Pietro
Joseph Hadad
C
affè Moak nelle cucine di Bucarest. Una visita
nel paese di Dracula per conoscere come l’espresso italiano incontra il gusto e la cultura
internazionale. Ad interpretare questa volta il chicco
Moak sarà lo chef Joseph Hadad, uno dei più famosi in
Romania, che nella sua cucina unisce la delicatezza e il
carattere di un piatto eccentrico. Al suo fianco il primo
pasticcere del ristorante Joseph, Nicusor Nica, che ha
realizzato squisiti delicatessen al caffè. La passione per
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l’arte culinaria di Joseph Hadad ha radici adolescenziali. Nato a Gerusalemme, di madre marocchina e padre
tunisino, a soli 16 anni frequenta una scuola di cucina
ad Haifa. Dopo quasi quarant’anni d’esperienza, viene
nominato Executive Chef del famoso King David Hotel
di Gerusalemme. È il momento di realizzare un grande sogno: a Bucarest inaugura il ristorante che porta il
suo nome “Joseph”, in cui unisce il culto della cucina
gourmet ad un ambiente accogliente e raffinato. Grazie
alla sua corposa esperienza - che lo ha visto protagonista nelle cucine di hotel internazionali come il kempinsky hotel in Germania o il Savoy hotel a Londra - lo
chef custodisce il segreto di oltre 200 ricette di alta gastronomia. Le sue doti culinarie e la cura di ogni singola
prelibatezza gli hanno permesso di conquistare i palati
di celebrità internazionale come Bill Clinton, il re Hussain di Giordania, Madonna, Frank Sinatra e Michael
Jackson. Accanto a Joseph Hadad, il giovane pasticcere
Nicusor Nica ha arricchito la carta del ristorante Joseph
con oltre 100 dessert. Insieme al suo mentore scoprirete
una fusione di dolce e salato, in due ricette di alta gastronomia e pasticceria.
Duetto di petto d’anatra e foie gras in salsa di caffè
Ingredienti per 2 persone: 180 gr di petto d’anatra, 180
gr di foie gras, sale, pepe nero macinato. Per la salsa: 130
ml demì-glacè d’anatra, pepe nero, 35 ml crema di caffè,
1 cucchiaino di zucchero, 1 e ½ di aceto di mele, sale,
pepe nero macinato, ½ timo,¼ anice stellato, 1 bottiglia
e mezza di vino Caubernet sauvignon o Merlot, 12 l di
acqua, 150ml di Cognac, 200 ml di Marsala.
Preparazione
Sciogliere lo zucchero in una piccola casseruola, fino a
farlo caramellare; aggiungere l’aceto e cuocere a vapore.
Unire la salsa demi-glacé d’anatra. Ridurre il fuoco e
aggiungere una tazza di caffè leggermente cremoso. Cuo-
cere a fuoco lento, finché non si amalgama e si riduce il
liquido. Poi prendere il petto d’anatra e cuocerlo in una
padella preriscaldata. Insaporire con sale e pepe. Infornare a 180° per 3 minuti. Nel frattempo tagliare il foie
gras, metterlo in una padella preriscaldata a fuoco lento.
Lasciar cuocere un minuto per lato. Togliere il petto d’anatra dal forno, rimuovere la pelle e tagliare in 3-4 medaglioni. Tagliare il foie gras allo stesso modo. Versare la
salsa su un piatto fondo, aggiungere il petto d’anatra e poi
il foie gras. Decorare con 2-3 chicchi di caffè. Preparare
una schiuma di latte e spargere sul piatto pronto.
Biscotti al caffè marocchino
Ingredienti: 3 uova, 100 gr zucchero semolato, 350 gr
cioccolato fondente, 50 gr burro, 120 gr farina, 100 gr
farina di mandorle, 5 gr lievito in polvere, 5 gr caffè
Preparazione
Mettere burro e cioccolato a bagnomaria. Nel frattempo,
lavorare uova e zucchero con un frullatore, dopodiché
mescolare la farina di mandorle con la farina e il lievito e
aggiungerlo gradualmente nel composto di uova. Aggiungere il caffè e infine il cioccolato, continuando a mescolare per un minuto. Mettere in frigo.
Togliere dal frigo dopo circa un’ora e formare delle palline. Girarle nello zucchero semolato, poi nello zucchero
a velo e porle su un vassoio in silicone. Cuocere in forno
preriscaldato a 180 gradi per 8-10 minuti.
Nicusor Nica
Brano consigliato per la lettura di questo articolo: Tango - Goran Bregovic
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Moak People Training, più spazio alla formazione
a cura di for[me]training
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mericano, espresso, macchiato, decaffeinato, corto, lungo: il caffè, da secoli, domina l’universo del
buon gusto e della qualità a portata di mano. Il bar
come luogo di incontro, di svago e di armonia dei sensi.
L’abilità e l’arte del saper fare il vero espresso italiano è
nel codice genetico di Moak, che da sempre punta sulla
formazione rivolgendosi a una generazione che ambisce
alla professionalità. Una passione che accompagna i trainer in una smodata ricerca nell’interpretazione, mai scontata, di cibi e bevande. La stessa che Moak vuole ogni
giorno trasmettere ai propri clienti. Oggi il consumatore
è sempre più esigente e non sempre premia l’improvvisazione. Il barista non ha solo il compito di dover preparare
un buon caffè, ma deve anche essere in grado di gestire
al meglio il proprio locale, ottimizzando le risorse e puntando sull’innovazione. È per questo che Moak ha voluto
dare più spazio alla formazione, ampliando la divisione
all’interno del centro direzionale. Nel nuovo dipartimento MPT (Moak People Training) sono state create altre
due aule attrezzate per lo svolgimento dei corsi. L’aula
“for[coffee]”, con dodici postazioni, è destinata ai corsi di
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caffetteria e latte art, per apprendere le tecniche di preparazione di un vero espresso e rendere il cappuccino un’opera
d’arte. La stanza “for[drink]” sarà, invece, dedicata al
flair bartending, in cui i partecipanti potranno apprendere le tecniche acrobatiche per preparare cocktail e creare
spettacolarità attirando la propria clientela. La terza aula
“for[research]” è la sala degustazioni, un’area dedicata al
percorso sensoriale del caffè. Grazie ad alcune tecniche di
degustazione i partecipanti potranno scoprire, durante gli
assaggi, un’esperienza sensoriale unica, che svela al palato
e all’olfatto sapori e profumi inattesi. La tasting room viene, inoltre, utilizzata dal team di Ricerca e Sviluppo Moak,
per testare nuove alchimie delle miscele Moak.
Ad istruire i professionisti del settore saranno trainer
AST(Authorized Scae Trainer) e WFA (World Flair Association) su come preparare un ottimo espresso e su come
gestire al meglio la propria attività. Molti corsi, in particolare quelli che si svolgono all’interno del locale, hanno lo
scopo di fornire una linea guida su come rendere un semplice rituale qualcosa di spettacolare, in modo da attirare e
stupire il consumatore finale. Le attività sono varie e sod-
Giovanni Peligra - Trainer WFA
Marco Poidomani - Trainer AST
disfano ogni richiesta: dal corso base per la formazione di
coloro che vogliono diventare veri professionisti del settore
a corsi sulla preparazione di un gustoso cappuccino.
(info store.caffemoak.com)
I principali corsi di MPT
Corso di Caffetteria
Un corso teorico e pratico per approfondire la conoscenza
dell’espresso, dalla storia del chicco, alle sue caratteristiche, alle tecniche per ottenere una corretta preparazione
dell’espresso e dei principali prodotti della caffetteria
italiana.
Corso di Latte Art, l’arte del cappuccino
Un corso che permetterà ai partecipanti di sviluppare le
loro capacità creative ed artistiche. Verranno insegnate le
tecniche attraverso cui, versando il latte con dei semplici
movimenti, sarà possibile ricreare sulla superficie del
cappuccino le forme e i disegni più svariati.
Professione Barista
Un corso completo per chi vuole diventare un vero professionista nel settore food & beverage. Obiettivo del
modulo è la formazione qualificata del barista; dalla conoscenza della storia del chicco, alla gestione di un bar,
Brano consigliato per la lettura di questo articolo: Learning - The National
alle strategie di vendita. Il corso, inoltre, permetterà di
migliorare le tecniche di preparazione dell’espresso e di
prodotti legati al food.
Corso di Bartending 1.0
Un corso teorico e pratico per diventare un vero bartender. I partecipanti impareranno a miscelare in pochi secondi e senza l’utilizzo di misurini, i cocktail più famosi
al mondo e ad organizzare al meglio il banco e la postazione lavoro, per rendere ancora più vivace e piacevole
l’ora del drink.
Corso di Bartending 2.0
Rivolto ai bartender professionisti, il corso avanzato di
bartending renderà il lavoro ancora più spettacolare, veloce e pratico. Incentrato su tecniche acrobatiche e preparazione simultanea dei cocktails permetterà di acquisire
più sicurezza dietro il bancone e di creare vere e proprie
attrazioni per i clienti.
Corso di Show Flair
I partecipanti impareranno a miscelare cocktail e drink
con tecniche acrobatiche, creando un’atmosfera di spettacolarità e divertimento. Il corso ha anche l’obiettivo di
incentivare il lavoro di squadra e l’intesa fra bartender e
di formare i partecipanti anche a livello agonistico
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Caffè fai da te, sospeso e a tempo.
Nuove abitudini di consumare al bar
di Sara Di Pietro
C
’è chi mette al primo posto servizio e cortesia, chi
crede che il tempo valga più di un caffè e chi invece punta sul “prezzo”. Dalla Grande Mela al Bel
Paese sempre più locali adottano insolite strategie per conquistare o farsi conquistare dai propri clienti, cambiando,
in alcuni casi, anche le abitudini di consumare al bar.
A Valley City, nella periferia di New York, due giova-
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ni hanno trasformato la sede di una ex banca in locale
pubblico, dove chi entra può fare colazione, prendere un
caffè o un gelato. Ma l’idea bizzarra non è tanto la nuova
destinazione d’uso, quanto il servizio: le persone entrano,
cercano quello di cui hanno bisogno, leggono il prezzo e
pagano. Fin qui tutto normale, tranne il fatto che non ci
sia nessuno ad accoglierli, nessuno che li serva, nessuno
che stia alla cassa. Solo una telecamera che serve da “vigilante”. Ovviamente tutto costa meno e l’idea dei due
giovani pare stia funzionando, i clienti sono contenti e addirittura lasciano le mance. In Italia non sappiamo quanto
“l’occasione potrebbe fare l’uomo ladro”, né quanto possa
essere apprezzata l’idea di entrare al bar e non sentirsi dire
“buongiorno” o “preferisce un caffè lungo o corto?” Nel
nostro Paese ci si affeziona al barista, apprezzandone la
professionalità e la cortesia. Noi italiani saremo forse più
furbetti, meno vigili alle regole, ma amiamo essere ospitali e socievoli, scambiare due parole davanti a un caffè.
Confidando in questa sana indole, alcuni locali hanno
ripreso l’antica usanza partenopea del “caffè sospeso”: il
cliente che inizia bene la giornata o che quel giorno ha un
motivo in più per festeggiare, beve un caffè e ne paga due,
per chi viene dopo e non può pagarselo. Un caffè offerto,
un gesto di umanità e sicuramente un sorriso in più. C’è
chi, invece, il sorriso lo ripaga. A Nizza, al Petite Syrah,
rivolgersi educatamente a chi dovrà portare al nostro tavolo la tanto desiderata tazzina di caffè, consente alla clientela di non pagare il sovrapprezzo stabilito dell’espresso.
Un invito a rispettare le buone maniere - sia ben chiaro
che ci si aspetta lo stesso trattamento anche da dietro il
bancone - che penalizza con il raddoppio del prezzo di un
caffè chi non saluta e premia, invece, chi si mostra cortese
ed educato. È invece tutta italiana, o meglio romana, la
nuova formula dell’AntiCafè, dove non si paga la consumazione, ma il tempo che si trascorre seduti al tavolino.
Brano consigliato per la lettura di questo articolo: Magic Arrow - Timber Timbre
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Disegno Industriale,
Francesco Librizzi
rubrica a cura di ADI Sicilia
L
’autorevole rivista di design Abitare gli ha dedicato la
copertina. Palermitano, classe ‘77, Francesco Librizzi
ha scelto di aprire nel 2005 a Milano il suo studio di
architettura e product design, ma il suo legame con la terra
natale è forte e indissolubile. Un via vai dalla metropoli, che
di impulsi ne è colma, ai luoghi della sua isola, dove il papà
e lo zio sin da piccolo gli hanno fatto scoprire le sue attitudini, quelle di creare, manipolare e trasformare per dar vita a
oggetti e spazi nuovi. Il suo lavoro ha vinto premi prestigiosi - tra i quali il Prix Émile Hermès e la menzione d’onore
per l’ampliamento del Centro Loris Malaguzzi a Reggio
Emilia - ed è stato esposto da istituzioni quali il Louvre e la
Triennale di Milano. Tra gli allestimenti più significativi, il
progetto del Padiglione Italia alla XII Biennale di Architettura di Venezia nel 2010 e del Padiglione del Bahrein alla XIII
edizione del 2012. Nel 2013 è stato invitato a progettare una
installazione dedicata a Bruno Munari, per la VI edizione
del Triennale Design Museum.
“Saper progettare non è una questione di competenze,
quanto di attitudini”. Da cosa nasce questa consapevolezza?
È un pensiero egualitario quello che fonda il lavoro sulle
competenze: tutti, impegnandosi, possono acquisirle. Ma l’u-
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[ XII 01/2015 ]
guaglianza non è la migliore forma di democrazia possibile.
Ha il difetto di anteporre i diritti alle possibilità. L’attitudine
nasce dal talento. Non richiede fatica, bensì abbandono.
Le competenze necessitano di una scelta a priori sul lungo
percorso da seguire. Si fondano sulla selezione. Al contrario,
la forma di talento che ognuno di noi diversamente ha non
si può scegliere. Si può riconoscere. In fondo credo in una
democrazia fatta di uomini tutti diversi, in cui ognuno segue
le proprie attitudini anziché conquistare con forza alcune
competenze. Immagino che una società fondata sull’appagamento anziché sul sacrificio, sia più naturale.
In un’intervista a Domus hai dichiarato che la tua
passione o “attitudine” per il design ha radici nella tua
infanzia e nella tua terra, la Sicilia. Un legame che hai
voluto mantenere vivo anche professionalmente, nonostante il trasferimento a Milano.
La Sicilia è un trionfo della forma. Sono stato e sono tuttora
molto avvantaggiato dall’essere nato qui. Un “Siciliano” ha
un immaginario profondamente drammatico, un senso della
narrazione molto strutturato, un’abitudine atavica al pensiero
dialettico. Acume, lume, ironia, gusto, sono caratteristiche che
riconosco in moltissimi siciliani. Tutta questa bellezza è anche
violenza. Prenderne le distanze a volte può aiutare a non bruciarsi. Milano è una città borghese, informale, serena. I cittadini possono disporsi alle proprie attività naturalmente e con
molta dignità. È un posto meraviglioso per lavorare, vivere,
incontrare le persone grandissime che ancora la abitano.
La scala come fulcro e “strumento per raccontare un
trionfo di panorami e paesaggi”. In che modo gradini e
passamano diventano fondamentali in un progetto?
La scala è una grande occasione architettonica. E insieme
la sintesi e il superamento dello spazio. È un momento formale, sublime e assolutamente concreto, ma al contempo è
fugace: è letteralmente l’uscita dallo spazio e il passaggio a
un livello superiore. Nel progetto di alcune scale, cercando
l’essenza dello spazio abbiamo imparato ad addomesticarlo.
In molti tuoi progetti emerge la tettonicità degli spazi,
come se tutto dovesse essere osservato e vissuto dall’alto. Da cosa nasce questa visione?
Lo spazio non esiste, ma si può costruire. Ogni autore
cerca di trovare la combinazione tra parole e idee. Cerca
cioè un linguaggio che esprima cioè che lui vede e vuole
trasmettere agli altri. Quando ho cominciato a lavorare su
strutture spaziali che avevano un volume pur non avendo
massa, è stata una vera scoperta. Il mio linguaggio ha
preso forma e si è generato un punto di vista molto specifico, che ho definito da allora “Maximum Visibility”.
Qual’è il progetto che più ti ha entusiasmato?
È strano come i progetti che ci impegnano di più, non siano
necessariamente i nostri progetti migliori. Quelli che hanno
avuto più successo, sono quelli che ho fatto con tale naturalezza da sfiorare l’indifferenza. La prima scala, ad esempio,
che è stata davvero molto apprezzata dal pubblico, è stata
per me un atto progettuale assolutamente spontaneo: prima
del riconoscimento delle riviste e del pubblico di colleghi e
appassionati, non immaginavo di avere fatto qualcosa di importante. Il progetto per il ristorante sul tetto della Triennale
e il progetto per il Padiglione del Bahrein a Expo 2015 hanno segnato un grande percorso all’interno del mio studio.
Quanto è importante per un giovane designer siciliano
divenire membro di Adi Sicilia e quali impegni didattici
svolge nella nostra isola?
Aderire a istituzioni come ADI, significa fare parte del gioco. Soprattutto in una Regione come la Sicilia, spesso lontana o esclusa, sentirsi parte della grande e ininterrotta tradizione del design italiano può essere fondamentale per un
giovane designer. Mi ricordo che appena arrivato a Milano,
fermo a un semaforo in sella alla mia moto, vidi passare
Enzo Mari a piedi. Ero sbalordito: era davvero lui in carne
e ossa. Anni dopo abbiamo lavorato insieme. Era quindi
tutto vero. Penso che fare parte di ADI possa trasmettere
questo stesso senso di continuità e possibilità.
Ho avuto la fortuna di avere dei grandi maestri. Un maestro è colui che ti ha trasmesso una cosa fondamentale,
in grado di operare un grande cambiamento nella tua
vita. Insegno per ripagare quel debito. In Sicilia spero
che il mio contributo possa aumentare le buone possibilità dei ragazzi della nostra Isola.
Francesco Librizzi
Brano consigliato per la lettura di questo articolo: Architetture lontane - Paolo Conte
[ the sign moak ]
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Caffè e salute
Quanti caffè bere? È scritto nel Dna
di Sara Di Pietro
l
l Dna ci dice quanti caffè al giorno possiamo bere. La
scoperta arriva da Boston, grazie ad un recente studio
condotto da un gruppo di ricercatori dell’Università di
Harvard. Un risultato che svela come mai alcuni individui
assumono più caffeina rispetto ad altri e il perché per alcuni bere un caffè dopo cena non influenza il sonno notturno,
mentre per altri significa trascorrere la notte in bianco. Si
tratterebbe quindi di una predisposizione genetica che aiuterà a stabilire le quantità massime e minime di caffè che
ciascun individuo può assumere nell’arco di una giornata e
di poter così beneficiare di un aumento o di una diminuzione del consumo per migliorare la propria salute. A spiegarcelo meglio è il Professor Giuseppe Novelli, professore di
Genetica presso la facoltà di Medicina e Chirurgia dell’
Università degli Studi di Roma Tor Vergata.
Come si è arrivati a questa scoperta?
Circa il 90% degli uomini e donne del nostro pianeta
consuma caffeina ogni giorno. È pertanto importante
conoscere come questa sostanza è metabolizzata dal
nostro organismo e soprattutto se gli effetti sono gli
stessi in tutte le persone oppure esistono, come noto
del resto, differenze individuali. Lo studio ha permesso proprio di capire perché alcuni individui sentono
la necessità di assumere più volte al giorno caffeina
mentre altri, solo una volta al giorno e naturalmente
le reazioni positive e negative che questo comporta
sull’individuo stesso.
L’intolleranza alla caffeina è anch’essa legata ad un
fattore genetico?
Ma non parlerei di intolleranza ma piuttosto di capacità
lenta o veloce a metabolizzare la caffeina assunta. Infatti
la differenza è proprio nella velocità del fegato ad eliminare la caffeina e quindi i suoi derivati in un certo tempo.
Questo tempo è stabilito dalla variabilità genetica individuale nel gene CYP1A2 che produce un enzima importante nel metabolismo della caffeina. Alcuni individui
(circa il 10% della popolazione, metabolizzatori veloci)
posseggono una variazione in questo gene che consente
Prof. Giuseppe Novelli
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[ XII 01/2015 ]
loro di eliminare più rapidamente la caffeina e possono
consumare tranquillamente almeno 400 mg di caffeina al
giorno senza problemi particolari. Al contrario altre persone con altre varianti (metabolizzatori lenti) consumano
per questo meno caffeina al giorno. La ricerca, ha inoltre
evidenziato che oltre a CYP1A2 vi sono almeno altri 6
geni che regolano il consumo di caffeina (AHR, POR,
ABCG2, BDNF, SLC6A4, GCKR, MLXIPL). È interessante notare che alcuni di questi, attivi nel metabolismo
degli zuccheri e dei grassi, non erano mai stati collegati al
consumo di caffeina.
Come fa, quindi, un individuo a sapere se e quanti caffè
può assumere in un giorno? Esiste un test genetico o
basta semplicemente un esame appropriato?
È possibile stabilire attraverso un semplice test genetico la capacità di ogni singolo individuo a metabolizzare con un certa efficacia la caffeina giornalmente
Brano consigliato per la lettura di questo articolo: Cat dna - Ozric Tentacles
introdotta nell’organismo. A mio parere ciò non deve
essere limitato a fare un test per capire quanti caffè
puoi prendere al giorno, ma nella valutazione medica complessiva di individui a rischio per patologie
cardiovascolari. Infatti, è noto che i metabolizzatori
lenti che assumono più di tre caffè al giorno hanno un
aumentato rischio di infarto. Questo diventa anche più
importante se il soggetto è anche fumatore. In questo
caso il rischio raddoppia.
Quali sono i benefici di questa scoperta?
Individuare nelle categorie a rischio i soggetti metabolizzatori lenti può essere importante per prevenire
episodi acuti della patologia coronarica e anche per
prevedere gli effetti di alcuni farmaci (farmacogenetica) molto importanti nelle terapie cardiovascolari che
dipendono dagli stessi geni coinvolti nell’assunzione
di caffeina.
[ the sign moak ]
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Chi l’ha detto che il bar è un posto per grandi?
di Francesca Puglisi
P
are che siano sempre più lontani i tempi in cui in
molti locali la presenza dei bambini non era molto
gradita. E se molti bar e ristoranti si sono già adeguati, dedicando piccoli spazi ludici ai più piccoli, oggi la
tendenza è invece quella di aprire bar dove i clienti preferiti sono proprio bambini e famiglie. Ad ideare questo
nuovo format (manco a dirlo) sono state proprio le donne,
che da casalinghe e madri, hanno pensato di diventare
imprenditrici. Dopo Brescia e Torre del Greco, altre due
mamme sono state contagiate dalla geniale idea e hanno
appena inaugurato nel centro di Milano il Mom’s family
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[ XII 01/2015 ]
bar, un bar di 140 metri quadri per famiglie in cui si cerca
di mantenere vivo il concetto dello “stare insieme” senza,
per questo, rinunciare alle esigenze di ognuno. L’idea è
di Rosa Massimo e Paola Tagliaferri, conosciutesi ad un
corso preparto, che, nella routine quotidiana, si sono accorte dell’assenza di un posto in cui ci si potesse sentire
come a casa, senza rinunciare allo svago pomeridiano
con i propri figli. Il bar è suddiviso in due aree: nell’area
adibita ai bambini c’è la stazione cambio con fasciatoio
attrezzato e necessaire; per le mamme più riservate è
stato inserito anche un salottino dove sono disponibili
Rosa Massimo e Paola Tagliaferri
cuscini per l’allattamento. Inoltre, i bambini godono di
un menù “ad hoc”, con un occhio particolare per i celiaci.
Agli adulti ovviamente è dedicato l’angolo caffetteria
e aperitivi. Rosa e Paola ci tengono a precisare che non
si tratta di ludoteche, ma di locali dotati di area giochi,
nursery e menù per bambini, dove i genitori possono, nel
frattempo, godersi in totale relax un caffè o un aperitivo.
Se in Italia il Mum’s family è stato il capofila, all’estero il
bar dei bambini è invece una tendenza sempre più diffusa. Ne sono esempio i Kindercafè di Berlino, dove, oltre
ad un’area giochi attrezzata, si realizzano corsi di pittura,
disegno, danza e teatro dedicato ai bambini più creativi.
E per confutare il pregiudizio che il mondo della bar sia
solo degli adulti, Moak promuove da qualche anno i corsi
di Latte Art Junior, ovvero insegnare ai più piccoli l’arte
della decorazione dei cappuccini. Gli eventi si sono rivelati stimolanti attività ludiche e un vero “over booking”
per i locali che li hanno proposti (info store.caffemoak.
com). E allora se si è a corto di idee, quella del family bar
è senza dubbio una bella opportunità e una rivendicazione
per quei genitori che in molti locali non vedono gradire la
presenza dei loro figli.
Brano consigliato per la lettura di questo articolo: La Belgique - Hoquets
[ the sign moak ]
23
Lo stile di arredare.
Un bar a misura
di bambini
3
rubrica a cura della redazione
Ispirati dal Family Bar, ecco alcune soluzioni per
arredare un locale a misura di bambini. Allegri, divertenti, ma anche eco sostenibili, questi elementi
renderanno più accogliente lo spazio dedicato ai più
piccoli, dove anche gli adulti potranno concedersi
piacevoli pause.
1
2
Panton Chair
La celebre seduta disegnata da Verner Panton negli anni
60 nella divertente versione kids. Stampata in un pezzo
unico, la scocca della Panton Chair segue l’anatomia del
corpo ed è impilabile fino ad un massimo di cinque elementi. In polipropilene colorato stampata a iniezione, è
disponibile nella classica finitura lucida e nella versione
satinata della new edition. By Vitra
Tsuchinoco
Niente colla o viti: tutto funziona e viene assemblato
perfettamente a incastro. I mobili green per bambini
Tsuchinoco del designer giapponese Masahiro Minami
sono realizzati in cartone riciclato. Il duplice risultato è
insegnare ai bambini a ordinare le proprie cose nei vari
scomparti di cui sono dotati i mobili e familiarizzare
con sedute e superfici attraverso l’approccio ludico.
Distribuiti da Nihon Logipack Co.
2
3
4
5
Alma
Alta 50 cm la sedia Alma della collezione Me Too
Collection di Magis è la soluzione allegra per organizzare spazi dedicati ai bambini. Realizzata in polipropilene è
adatta anche per esterni. Disponibile in quattro colori.
1
4
5
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[ XII 01/2015 ]
Ted
La lampada Ted in cartone tridimensionale unisce l’attenzione alla sostenibilità ambientale con le componenti
“emozionali” di un art toy. Il risultato è una divertente
lampada manga giapponese, personalizzabile in otto
diverse texture. Design by Roberto Giacomucci, per
Kubedesign.
Little Flare
Allegro e funzionale, il tavolino Little Flare è versatile
e personalizzabile. Ciò che lo rende unico sono le quattro gambe realizzate in policarbonato trasparente, cave
e aperte, per alloggia vaschette porta-penne, fogli o
giochi. Realizzato in MDF è disponibile in due misure.
By Magis.
© joule.beer | Gennaio 2015
© bisiklet_
gezgini | F
ebbraio
2015
2015
sca | Marzo
© piero_ta
© elliza_stan | Marzo 2015
Diventa anche tu protagonista della Moak Generaction nel mondo.
#Putyourfacemoak, I volti del mese più votati dagli utenti su Instagram
Marsalì, la nuova corporate identity rende omaggio
alla cultura araba
di Francesca Puglisi
A
lla fine del Settecento fu l’imprenditore inglese
John Woodhouse, appena approdato sulle coste
siciliane di Marsala, a definire il vino prodotto dai
contadini locali (il Marsala) una bevanda eccellente e ad
essere promotore della sua esportazione all’estero. È ben
noto, infatti, che la città di contaminazione araba fu terra
solcata da uomini che fecero la storia, tra i quali l’eroico
Garibaldi che l’11 maggio del 1860 sbarcò a Marsala con
i suoi Mille e liberò l’Italia meridionale dall’oppressione
borbonica. Nella “splendida urbs” - come la definì
Cicerone – non c’è solo chi produce vino. Nel 1974 nasce
Americaff, una piccola torrefazione che in breve tempo
fa apprezzare il suo caffè nel territorio isolano. Nel 2005
l’industria viene acquisita da Caffè Moak, che nel 2014
la rilancia con un nuovo brand: Marsalì. Il nome riprende
l’origine etimologica araba della città Mars Alì (porto
di Allah), cosa non del tutto nuova per Moak, che con
onore è debitrice del proprio marchio alla sua città natale
(Moak deriva infatti dalla parola araba mohac, che vuol
1/3y
1/3y
dire Modica). Il progetto della nuova corporate identity è
stato affidato al team for[me]moak, agenzia pubblicitaria
interna alla holding che ha ridisegnato il marchio con un
linguaggio innovativo e degno di ammirazione da parte
di chi ama fondere presente e passato. È una continua
ricerca di dettagli quella del team Moak, che anche per la
scelta iconografica si è ispirato al mondo dell’architettura
araba e delle maioliche siciliane, i cui scorci sopravvivono ancora tra le vie del centro storico marsalese. Oltre al
packaging, nuovi nomi anche per le miscele. Top di gamma è la Tostato 1 - anche nella versione “plus” ancora più
pregiata - composta da un’alta percentuale di caffè Arabica e disponibile nel pacco in grani da 1 kg e nella confezione da 60 cialde. Per gli amanti dell’espresso dall’aroma più intenso e cremoso, Marsalì propone la Tostato
2, una miscela con una maggiore percentuale di Robusta,
disponibile anch’essa in confezione in grani da 1 kg e in
pratiche cialde da 60. Per la linea decaffeinato Marsalì
ha scelto invece il naming Tostato 3, nell’elegante latta
y
y
k
xx x
1/2k
1/2x
x
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[ XII 01/2015 ]
da 250 g di caffè macinato e in cialde. Per il settore Gdo,
sui banchi un’unica miscela, la Tostato 4, nel pack rosso
fiammante da 250 g di caffè macinato. “In un’ottica di
differenziazione del prodotto - spiega il direttore generale
della Holding, Alessandro Spadola - abbiamo acquisito la
torrefazione marsalese con l’obiettivo di creare una linea
di miscele che si posizionasse su un mercato diverso, non
certo di qualità inferiore da quello di Caffè Moak.
È ovvio – conclude Spadola - che Marsalì, essendo figlia
acquisita di casa Moak, avrà i suoi stessi valori etici e
commerciali, come l’attenzione alla qualità, il rispetto per
l’ambiente e un servizio di assistenza diretto e qualificato
che fanno parte della nostra filosofia aziendale e che per
indole naturale non possiamo non perseguire.”
Un’esplosione dei sensi che cerca di soddisfare ogni singolo palato e in grado di posizionare il nuovo brand in
diversi mercati. Per rafforzare la sua nuova identità,
Marsalì ha anche ideato una nuova linea di prodotti pubblicitari, oggetti indispensabili per i professionisti del settore e strumenti di comunicazione per veicolare il nuovo
marchio. Dalla tazzina da caffè, a quella da cappuccino,
per finire ai portatovaglioli, ai bicchierini in plastica e alle
bustine da zucchero, i nuovi prodotti pubblicitari portano
con sé la carica innovativa dell’intero progetto.
Brano consigliato per la lettura di questo articolo: Arabian Lover - Duke Ellington & his Cotton Club Orchestra
[ the sign moak ]
27
Caffè da leggere
in collaborazione con
I personaggi, teneri e intensi, trascinano il lettore sullo sfondo di una affascinante Londra. Un libro dalla trama semplice, ma ricco
di riflessioni che emergono dall’ingenuità del protagonista. Interessanti gli spunti sullo sfruttamento del lavoro e degli immigrati.
La piramide del caffè
di Nicola Lecca
Imi non conosce i suoi genitori e non ha avuto un’infanzia normale. Ma
nell’orfanotrofio ungherese in cui è cresciuto ha imparato molte cose: l’arte
del baratto, la passione e la crudeltà di ogni vero gioco, l’infelicità della solitudine e la felicità delle piccole cose. Quando compie diciotto anni, Imi può
decidere cosa fare di sé, e si sente saldo e forte. Per la prima volta varca i confini angusti in cui è cresciuto e va a vivere a Londra, dove trova lavoro come
cameriere in una grande catena di caffetterie. La vecchia signora che lo ospita, il collega con cui stringe amicizia, tutti cercano di convincerlo che ciò che
a lui appare parte di un meccanismo benevolo e intelligente, volto alla felicità
di ogni individuo nelle vie brulicanti di Londra, in realtà è governato da leggi
ben più meschine e legate al profitto. Nessuno potrà convincerlo, fino a che la
vita stessa non si incaricherà di aprire i suoi occhi ingenui...
L’autore
Collana: Scrittori italiani e stranieri
Edizioni: Mondadori
Anno: 2013
Numero di pagine: 240
Prezzo: 17,00 euro
ISBN: 9788804624592
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Nicola Lecca (Cagliari, 1976) è uno scrittore nomade che ha abitato a lungo
a Reykjavík, Visby, Barcellona, Venezia, Londra, Vienna e Innsbruck. La
sua raccolta di racconti “Concerti senza Orchestra” (Marsilio 1999) è stata
finalista del premio Strega. All’età di ventisette anni ha ricevuto il premio
Hemingway per la letteratura. Le sue opere sono presenti in quindici Paesi
europei. Per i suoi meriti artistici, Nicola Lecca è stato anche scelto a rappresentare l’Italia a bordo del Literaturexpress, un treno patrocinato dall’Unesco - con a bordo 100 scrittori di 46 Paesi - che, nell’estate del 2000, ha
viaggiato da Lisbona a Mosca.Per Radio Rai è stato inviato in numerose
città europee anche in qualità di critico musicale e ha scritto e condotto i
programmi “Grand Hotel” e “Settimo Binario”.
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Caffè e dintorni
rubrica a cura di Carmelo Chiaramonte
Bandire dalla tavola carne e pesce. È la filosofia dell’alimentazione vegetariana, che esclude l’uso di prodotti animali. Considerato fino a poco tempo fa un fenomeno di nicchia, oggi sempre più persone, per lo più donne, tra i 25 e i 34 anni, si sono
“convertite” a questo regime alimentare, facendo una scelta non soltanto legata alla salute, ma anche etica. Lo chef errante
Carmelo Chiaramonte, nella rubrica “caffè e dintorni”, continua ad accompagnarci nei suoi viaggi e a farci scoprire come la
cucina vegetariana possa essere piacevolmente prelibata, facile da preparare e alla portata di tutti.
Esotismi invernali d’alta collina
L’inverno gioca con la nostra mente che, spesso raggrinzita dal freddo, sogna l’estate e la sua lucentezza calda.
Il rimedio per curare queste sottili malinconie è quello
di rifugiarsi nei sapori mediterranei d’altura: il bosco di
lecci e querce, le erbe rare e profumate di resina e le passeggiate per liberarsi dal torpore dei riscaldamenti centralizzati. Il sogno che riscalda l’anima golosa arriva dal
gelato di pistacchio, leggero e consono alla linea dettata
da Pitagora sul vegetarianesimo.
Tre erbe rare e sicilianissime in questo dessert, l’elicriso
che rimanda al profumo del curry, l’arquebuse ricca di
note di margherita gialla e l’artemisia, colma di odore di
resina e incenso fresco. Una porzione fredda e indimenticabile in cui il sapore del fungo crudo apre uno spiraglio
all’immaginazione del profumo intimo del bosco. Qui,
Per il gelato di pistacchio
20 cc di latte
10 cc di panna fresca
3 gr di polvere di porcino secco
60 gr miele di timo
45 gr di pistacchio sgusciato in polvere
5 cc olio extra vergine di Nocellara Etnea
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[ XII 01/2015 ]
tra questi cucchiai che affondano nel piatto, il porcino è
accompagnato dai sapori del proprio vicinato botanico,
l’olio d’oliva, il nettare d’ape nera sicula e il candore verde del pistacchieto siciliano. Non è necessario abbinare
un vino, ma se proprio si vuole ecco un calice di vino di
Marsala, secco e profondo.
Come si prepara
Miscelare tutti gli ingredienti del gelato e versare in gelatiera. Mantecare con l’olio.
Bruciare il carbone, poggiare alla base interna di un affumicatore, sistemare su una griglia alta i porcini, affumicare con
i fiori di elicriso. Ripetere l’operazione ancora una volta.
Su di un piatto freddo (0°C) sistemare una pallina di gelato, una fetta di porcino e guarnire con olio, sale, fiori,
erbe e miele.
Per affumicare i funghi
300 gr di carbone
4 cime fresche di elicriso
4 cappelle di porcini, intatte
Per finire il piatto
Qualche cima di artemisia
4 fiori di arquebuse
Miele di castagno
Olio extra vergine di Nocellara Etnea.
Sale integrale
Brano consigliato per la lettura di questo articolo: Georges Blues - The Pistachios
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XII 012015
XI 032014
XI 03/2014 © Caffè Moak S.p.A.
X 02/2014 © Caffè Moak S.p.A.
X 022014
IX 01/2014 © Caffè Moak S.p.A.
03/2013 © Caffè Moak S.p.A.
IX 012014
IT
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IT
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02/2013 © Caffè Moak S.p.A.
022013
IT
A
01/2013 © Caffè Moak S.p.A.
012013
042012
02/2012 © Caffè Moak S.p.A.
032012