Divinis® è lieto di proporvi
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Divinis® è lieto di proporvi
Divinis® Bar à Vins è lieto di proporvi “DI...VINO, MA NON SOLO…” Martedì 13/3/2012 Tre Grandi Bianchi Friulani Ribolla Anfora 2002 Josko Gravner ~ Oslavia (GO) Venezia Giulia I.G.T. ~ Ribolla ~ 12,5° ~ Euro 47,50 Collio Ribolla Gialla 2004 Franco Terpin ~ San Floriano del Collio (GO) Collio D.O.C. ~ Ribolla ~ 13° ~ Euro 20,00 Venezia Giulia Friulano Nekaj 2007 Damijan Podversic ~ Gorizia (GO) Venezia Giulia I.G.T. ~ Friulano ~ 14° ~ Euro 31,50 Jakot 2007 Dario Princic ~ Oslavia (GO) Venezia Giulia I.G.T. ~ Friulano ~ 13,5° ~ Euro 28,00 Vitovska Classica 2005 Vodopivec ~ Località Colludruzza ~ Sgonico (TS) Venezia Giulia I.G.T. ~ Vitovska ~ 12,5° ~ Euro 45,00 Carso Vitovska 2007 Beniamino Zidarich ~ Località Prepotto ~ Duino Aurisina (TS) Carso D.O.C. ~ Vitovska ~ 12,5° ~ Euro 27,00 Esclusivamente in occasione della serata a chi desidera acquistare i vini per l’asporto, riserviamo uno sconto del 10%. Le nostre iniziative sono dirette a favorire un consumo moderato e consapevole del vino. Qualità e non quantità. Ribolla Varietà nota anche come Ribolla Gialla per distinguerla dalla meno interessante Ribolla Verde, nota in specie in Friuli, ma con diverse migliaia di ettari anche in Slovenia, dove è detta Rebula. È quasi certamente la ROBOLA dell'isola greca di Cefalonia. Risale almeno al secolo XIII in Friuli, ma perse terreno quando vennero entusiasticamente adottate le varietà francesi all'inizio del Novecento. A metà anni Novanta la Ribolla rappresentava meno dell'1 per cento di tutti i bianchi a DOC del Friuli. Le due zone classiche del vitigno sono considerate Rosazzo e Oslavia. Dà un vino leggero, delicato, floreale e a volte con aromi di limone. Negli ultimi anni, in particolare a Oslavia, è stato fatto qualche esperimento di affinamento in rovere nuovo. La Ribolla Nera è l'uva SCHIOPPETTINO. Informazioni tratte dalla Guida ai Vitigni del Mondo, Slow Food Editore Friulano TOCAI o TOCAI FRIULANO. È la più popolare e diffusa varietà di uva bianca friulana; non ha alcun nesso con il Tokay d'Alsace (sinonimo alsaziano del PINOT Grigio, coltivato insieme al Tocai in Friuli) e probabilmente nessun legame di parentela con il celebre vino dolce ungherese Tokaji. Nel 1990 in Italia la sua superficie vitata totale era di 7.000 ha. In Friuli questa vite produttiva che germoglia tardi produce il vino di base delle osterie e trattorie della regione, con oltre 2.000 ha oggi in produzione nelle zone a DOC dei Colli Orientali, Collio, Grave del Friuli e Isonzo. Produce un vino di colore chiaro e corpo leggero, che può essere floreale e acido ma anche esprimere note di mandorle, di solito da bere giovane. Anche in Veneto viene coltivato del Tocai, non identico a quello friulano. A giudizio di alcuni autori italiani, in particolare Gaetano Perusini, la varietà è parente stretta del Furmint di Tokay e fu importata dall'Ungheria dal conte Ottelio di Ariis nel 1863, quando il Friuli faceva parte dell'impero austro-ungarico, mentre lo storico del Friuli Coronini sostiene che le talee di Tocai vennero inviate a re Bela IV di Ungheria da Bertoldo di Andechs, patriarca di Aquileia, nella prima metà del secolo XIII. La disputa resta aperta ma gli italiani, su richiesta dell'Ungheria, hanno accettato di rinunciare a utilizzare il nome Tocai. Per Galet invece la varietà è identica al Sauvignon Vert o Sauvignonasse, il vitigno tanto diffuso in Cile. Una varietà chiamata Tocai Friulano è coltivata anche in misura limitata in Argentina, mentre in Ucraina è presente un Sauvignon Vert. Informazioni tratte dalla Guida ai Vitigni del Mondo, Slow Food Editore Vitovska Luca Toninato, nel libro dedicato alla Vitovska edito da Vinibuoni d'Italia, scrive: «E corretto considerarla autoctona, visto che nel Mediterraneo non c'è traccia di altre varietà con le quali poterla identificare. Diffusa in pratica solo nella provincia di Trieste e nel Carso sloveno, dove le viene affiancato il termine Garganja, la Vitovska deve il suo nome o alla località di Vitovlje o alla parola slava Vitez che significa vino del cavaliere. Non va confusa ne con la Ribolla Gialla ne con la Garganega, mentre in Slovenia si può trovare come Beli Refosk o Malvazijas piko». Informazioni tratte da Porthos Gravner L’uomo non ha certo bisogno di presentazioni. Negli ultimi trent’anni ha sconvolto il panorama vinicolo friulano a più riprese, dimostrando anche una inquietudine personale che forse ha poco a che vedere con le scelte tecniche di cantina. Il lavoro in vigna, invece, rimane da sempre tradizionale e tendenzialmente naturale. Le scelte più drastiche risalgono alla metà degli anni novanta, quando decide di passare progressivamente alla vinificazione in anfora, recuperando procedure ancestrali, peraltro ancora ampiamente diffuse nel Caucaso. Lunghe macerazioni dei mosti per estrarre tutto il buono delle bucce (ovviamente perfette), lunghe permanenze in botte per la naturale maturazione. La conseguenza sono vini con colorazioni pronunciate che evocano l’ossidazione, ma che talvolta presentano un slancio straordinario. Dal punto di vista gustativo, la presenza dei tannini condiziona pesantemente l’approccio già non immediato di questi vini. Queste scelte hanno diviso pubblico e critica. Non tutti hanno apprezzato la natura di questi vini. Il pregio indubbio è quello di aver aperto un nuovo orizzonte che, forse, ci darà emozioni nuove. Il vino preferito di Gravner è la Ribolla; la sua interpretazione, effettivamente, non ha niente a vedere con la stragrande maggioranza delle Ribolla friulane. Il suo lavoro ha condizionato fortemente una generazione di produttori che hanno seguito, ognuno a modo suo, i suoi passi ed oggi rappresentano l’elite dell’enologia friulana. I commenti di Maurizio Landi Confesso di aver attraversato emozioni diverse nel tempo nei confronti di questa tipologia di vini. Ad una iniziale perplessità, allo loro apparizione alla fine degli anni ’90, è seguito un entusiasmo che si è andato via via affievolendo, dopo che degustazioni ed assaggi mi hanno restituito sempre più frequentemente vini privi di eleganza e di slancio, appiattiti su una espressività grezza e rustica di cui fatico a comprendere il perché. Talvolta ho perfino provato una ingombrante sensazione di monotonia. Mi rendo conto di essere stato un po’ severo, tant’è che, nonostante tutto, ho continuato a proporli e ad organizzare incontri per approfondire l’argomento, per cercare ancora la loro reale essenza. Ammesso che ne abbiano una. Proprio l’esperienza mi suggerisce che il procedimento di macerazione sulle bucce in fase di fermentazione sembra non adattarsi a tutti i vitigni. Questa degustazione sembra suggerire che i vitigni presi in esame, così come la Malvasia, sembrano trarre una dimensione supplementare, portandosi dietro un corredo tannico che contribuisce in grande stile alla struttura dei vini stessi. In compenso sembra mancare una nota avvolgente di morbidezza capace di equilibrare inevitabili asperità. L’esperienza mi dice che altri vitigni, come lo Chardonnay o il Pinot Grigio (che molti osannano), fatichino invece a mostrare la loro naturale eleganza, quando sono sottoposti a questi appesantimenti. Opinioni, opinioni, opinioni…. Il mio interesse, comunque, resta vivo perché credo fermamente nell’onestà intellettuale di molti di questi vignaioli produttori che hanno intrapreso un percorso importante, che forse ha bisogno di qualche aggiustamento, ma che ha dato vita ad una nuova (anche se ripercorre le orme del passato) tipologia di prodotti che può avere indubbiamente una sua collocazione sulle nostre tavole. Venendo alla nostra serata; i tre vitigni classici del Friuli dimostrano di avere una buona identità che in taluni casi può essere addirittura esaltata dal procedimento. Come si sa una delle critiche più aspre al metodo della macerazione sulle bucce è che di appiattimento delle diversità e delle identità. In questo caso i tratti tipici delle uve sono in bella evidenza. La Ribolla, con la sua delicatezza, il Friulano ruvido e delicatamente amarognolo; solo la Vitovska si connota con una invadente tonalità clicerica che mi risulta difficile superare. I vini si sono mostrati di alto livello, d’altronde i nomi in campo non facevano presagire di meno. La Ribolla di Terpin inizialmente si mostra un po’ scomposta, ancora segnata dal legno, nonostante il tempo. Con l’ossigenazione si completa, anche se non ottiene la profondità delle grandi versioni. Nonostante l’annata difficile, la 2002, la Ribolla di Gravner ha tutta la complessità che le conosciamo. Ricca e di notevole complessità, ha un tono di infusione molto spiccato, ma una persistenza straordinaria che si fa ascoltare. Lo Jakot di Pincic è ricco e molto preciso; unico problema, una evidente nota di acidità volatile che sembra impadronirsi del vino, almeno sulle prime. Per il resto un grande vino. Il Nekaj di Podversic possiede una complessità ed una ricchezza, non prive di piacevolezza, fuori dal comune. Profondo, complesso ed infinito. Con una precisione aromatica altrettanto importate. Il vero fuoriclasse della serata. Le due Vitovska hanno un tratto comune di clicerina molto evidente e quasi fastidioso. Più delicata e, per certi versi anonima, quella di Zidarich, più ricca e profonda, come di consueto, quella di Vodopivec, ma unite da una espressività aromatica un po’ misera. Nella serata dedicata alla Vitovska avevo pensato di carpire l’essenza di questo vino; in questa occasione, forse grazie al confronto con gli altri vitigni, mi è di nuovo sfuggita. Proverò ancora! Indice di Gradimento dei Partecipanti alla Degustazione 5 6 2 1 3 4 Vino Carso Vitovska 2007 Vitovska Classica 2005 Ribolla Anfora 2002 Collio Ribolla Gialla 2004 Jakot 2007 Venezia Giulia Friulano Nekaj 2007 Produttore Zidarich Vodopivec Gravner Franco Terpin Dario Princic Damijan Podversic 1 4 5 2 3 6 1 4 5 2 3 6 2 1 3 4 6 5 3 2 1 4 6 5 2 1 4 6 3 5 2 1 3 6 4 5 2 3 1 6 5 4 3 2 1 5 6 4 1 5 4 3 2 6 1 2 4 3 6 5 Totale 18 25 31 41 44 51 COLLIO Terpin Joško Gravner Podversic Princic Immagini tratte da: "Atlante Mondiale dei Vini" di Hugh Johnson edizioni Mondadori