Decentramento e democrazia in Marocco

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Decentramento e democrazia in Marocco
CeSPI
CentroStudidiPoliticaInternazionale
Decentramento
e
Democrazia in Marocco
di Battistina Cugusi
Luglio 2004
INDICE
Executive Summary ...........................................................................................................................3
Introduzione .......................................................................................................................................5
1. Origini e stato attuale del decentramento in Marocco ...............................................................6
1.1
La tradizione di governance locale in Marocco.................................................................6
1.2
Organizzazione e funzionamento delle collettività locali del Regno.................................7
2. I limiti del processo di decentramento in Marocco...............................................................14
2. 1
I deficit di risorse finanziarie ed umane...........................................................................14
2.2
Il mantenimento di pratiche centralistiche ......................................................................18
3. Incidenza del decentramento sulla democrazia locale..........................................................23
3.1
Elezioni e rappresentatività politica .................................................................................24
3.2
Partecipazione e decentramento .......................................................................................27
Allegato I...........................................................................................................................................32
Rassegna dei principali programmi implementati dalle Organizzazioni Internazionali a favore
della Governance democratica locale...........................................................................................32
Allegato II - I principali partiti marocchini...................................................................................36
Allegato III........................................................................................................................................38
Risultati delle elezioni comunali del settembre 2003 ...................................................................38
Allegato IV ........................................................................................................................................39
Risultati elettorali delle elezioni legislative del 2002 ...................................................................39
Bibliografia .......................................................................................................................................40
Box 1
Box 2
Box 3
Box 4
Figure tipo di eletto locale marocchino
Il controllo di tutela sulle collettività locali
Lo status religioso e politico del sovrano in Marocco
La riforma della Mudawana: che cosa cambia?
18
20
23
31
Figura 1
Il decentramento in Marocco
22
Tabella 1
Tabella 2
Tabella 3
Tabella 4
Tabella 5
Tabella 6
Lista delle Regioni
Risorse Fiscali Locali
Contributo delle entrate fiscali al finanziamento delle spese locali 1999/2000
Spese per Investimenti delle Regioni
Evoluzione delle risorse umane delle collettività locali
Evoluzione qualitativa delle risorse umane delle collettività locali
13
15
15
16
17
17
2
Executive Summary
Permettendo di avvicinare le istituzioni ai cittadini ed assicurando un maggiore sostegno popolare al
processo decisionale, il decentramento veniva unanimemente indicato, all’indomani
dell’indipendenza dalla corona e dalle forze politiche, come soluzione all’esigenza di
modernizzazione dello Stato su basi democratiche, rinnovando, nel contempo, la tradizione politica
di autogoverno delle antiche comunità tribali risalente al periodo pre – coloniale.
Quello del decentramento, rappresenta, in realtà, un percorso dalle caratteristiche mutevoli,
espressione di esigenze dettate dallo stesso potere centrale. Sarà quest’ultimo a determinarne
l’evoluzione, preferendo optare per un rafforzamento progressivo delle attribuzioni delle collettività
locali (comuni, province e regioni) e per un ampliamento graduale della loro autonomia, dando
luogo a differenze sostanziali nell’organizzazione e nel funzionamento delle stesse.
Difatti, il grado di decentramento e di autonomia varia da una collettività all’altra. Nella fattispecie,
la collettività regionale e quella provinciale/ prefetturale possono essere qualificate, nell’ambito
dell’organizzazione amministrativa del Marocco, come livello deconcentrato, in ragione della
presenza, quale organo esecutivo, rispettivamente del wali chef de lieu di regione e del governatore
(prefettura/ provincia), espressione diretta del potere centrale.
Sono i comuni rurali ed urbani la dimensione territoriale maggiormente interessata dal processo di
decentramento. L’avvio del processo di decentramento, infatti, si fa risalire all’adozione della prima
Carta Comunale, avvenuta, nel 1960, all’indomani dell’indipendenza (1956). In seguito, la riforma
comunale del 1976, e recentemente l’adozione della legge 78/00, hanno confermato ulteriormente la
volontà del potere centrale di fare del comune il grande protagonista del processo in parola,
rafforzandone le competenze soprattutto in materia di sviluppo economico e sociale e alleggerendo
la tutela esercitata dal Ministero dell’Interno, sugli atti del Consiglio comunale e del suo Presidente,
rispettivamente organo deliberativo ed esecutivo del comune.
Uno sguardo più attento permette di rilevare una profonda discordanza tra le dichiarazioni di
principio contenute nella legislazione e avvalorati dai discorsi del sovrano, e l’efficacia delle
riforme intraprese nel raggiungimento dell’obiettivo prefissato: avvicinare il livello decisionale ai
cittadini attraverso il trasferimento di competenze e di strumenti idonei al loro esercizio.
L’azione degli organi delle collettività continua ad incontrare numerosi limiti, identificati
soprattutto:
In un deficit considerevole in termini di risorse umane e finanziarie. Il decentramento, infatti, ha
dovuto fare i conti con risorse umane impreparate ad affrontare le nuove sfide che esso poneva, sia
dal punto di vista qualitativo che quantitativo.
Relativamente alle risorse finanziarie è possibile osservare come l’insufficienza delle risorse locali e
la preponderanza delle spese per funzionamento abbiano diminuito considerevolmente la capacità di
spesa per investimenti delle collettività locali, limitando loro, di conseguenza, la possibilità di
intervenire a favore dello sviluppo del territorio.
Nel mantenimento di pratiche centralizzatrici a livello locale: tra cui la permanenza accanto agli
organi eletti delle collettività locali di figure nominate dall’alto, quali il wali chef de lieu della
regione e del governatore nelle province/ prefetture, i Caid ed i Pacha, rispettivamente nei comuni
rurali ed urbani; l’esercizio di un controllo di tutela sulle persone e sugli atti degli organi delle
collettività locali.
Lo scarto tra le disposizioni amministrative e la pratica effettiva di attuazione, rimane ampio anche
dal punto di vista della relazione tra il decentramento e la democrazia.
3
Il contributo del decentramento ad una maggiore caratterizzazione democratica del paese, grazie
all’elezione dei rappresentanti locali ed al ricorso al suffragio universale, pare ancora molto debole,
essendo la rappresentatività politica limitata dall’intervento costante dell’amministrazione centrale
preoccupata di legittimare il proprio potere influendo negli esiti delle differenti operazioni elettorali.
Difatti, sebbene pluripartitico, il sistema politico marocchino non può essere qualificato come
pluralista.
Quanto detto ha contribuito a generare, nel tempo, una generale crisi dei partiti che ha investito e
caratterizza ancora il sistema politico marocchino, come dimostrato dall’elevato tasso di
astensionismo registrato nei diversi confronti elettorali. Il clima di sfiducia è presente, in particolar
modo, nelle fasce più giovani della popolazione, soprattutto urbane, scoraggiate dalla presenza di un
deficit sociale crescente, e che non trovano nei partiti politici interlocutori adeguati cui riconoscersi
ed affidare le proprie rivendicazioni. Esiste il rischio che tale malcontento si traduca, in modo
particolare in occasione delle elezioni locali, in un aumento considerevole del consenso verso i
movimenti islamici, tradizionalmente molto attivi nell’ambito delle organizzazioni della società
civile e per questo ben visti dalla popolazione locale.
Ciononostante, secondo il politologo marocchino Mohamed Tozy, la portata del potenziale successo
elettorale dei movimenti islamici potrebbe essere contenuta dal controllo che la corona continua ad
esercitare sul “jeu politique”. Le vicende che hanno interessato due tra i maggiori movimenti
islamici del paese sembrano avvalorare questa ipotesi. Si tratta del PJD (Parti de Justice et
Développement) del neo designato Saad Eddin Al Uthmani e del movimento Al–‘Adl wa–l–Ihsan,
che fa capo allo sceicco (cheik) A.Yacine. La posizione riconosciuta loro all’interno del sistema
politico marocchino, infatti, è il frutto di scelte antitetiche: di compromesso e di accettazione delle
regole del gioco politico per il PJD, e di netta contrapposizione, nel caso del movimento di Yacine.
Un altro importante limite del processo di decentramento marocchino consiste, infine, nell’assenza
di pratiche istituzionalizzate di partecipazione dei cittadini alla gestione locale.
Sebbene la nuova Carta Comunale (Legge 78/00) sembri innovare in tal senso, prevedendo la
partecipazione dei cittadini e delle ONG alla gestione comunale, permane una lacuna di fondo data
dall’estrema generalità delle indicazioni espresse, non avendo individuato a priori né le strutture né
i meccanismi nei quali la rinnovata partecipazione dovrebbe essere realizzata.
In Marocco, dunque, la partecipazione dei cittadini alla gestione locale si esplica soprattutto
attraverso l’azione condotta dalle organizzazioni della società civile, operanti in diversi settori quali
la protezione dei diritti fondamentali (con particolare riguardo ai diritti umani, delle minoranze, e al
miglioramento delle condizioni di vita delle donne), la beneficenza e lo sviluppo economico e
sociale. Queste ultime, in particolare, costituiscono la maggioranza delle organizzazioni presenti sul
territorio marocchino. Lo Stato, da parte sua, ha favorito questo processo, considerandolo
funzionale alla limitazione del disagio sociale causato dal processo di liberalizzazione economica,
oltre che all’intercettazione delle risorse finanziarie degli organismi e delle organizzazioni
internazionali. Ma questo attivismo delle organizzazioni delle società civile, oltre che espletare una
funzione di supplenza rispetto ai compiti dello Stato (comunque insufficiente rispetto ai problemi
sociali esistenti) rischia di delegittimare il ruolo delle collettività locali per lo sviluppo locale. Di
qui l’esigenza di avviare un dialogo tra collettività locali e società civile per definire nuove e
sostanziali partnership pubblico-privato.
4
Introduzione
Nei paesi arabi, il basso riconoscimento di cui godono le libertà civili e politiche, e la scarsa qualità
del quadro istituzionale, costituiscono alcuni tra i principali ostacoli interposti allo sviluppo umano,
così come evidenziato dallo stesso Arab Human Development Report 1. Il raggiungimento di più alti
livelli di sviluppo, dunque, non può prescindere dall’introduzione di riforme atte a migliorare la
partecipazione, ed assicurare il pluralismo politico, la separazione dei poteri, e l’alternanza politica
per mezzo di elezioni libere e corrette.
In questo contesto, un contributo significativo potrebbe provenire dal rafforzamento della
governance democratica locale, attraverso l’avvio di processi di decentramento. Il decentramento,
infatti, favorisce non solo un maggiore sostegno popolare al processo decisionale, ma contribuisce,
nel contempo, a stimolare la realizzazione adeguata ed efficace dei compiti dello Stato.
D’altra parte l’esito del percorso non è scontato, e da esso potrebbero derivare effetti indesiderati in
termini di sviluppo economico e sociale e quindi di stabilità e sicurezza dell’area. Gli organi sub –
nazionali potrebbero non essere in grado di svolgere al meglio le nuove funzioni e competenze loro
riconosciute in virtù dell’avvio di un percorso di decentramento dei poteri dallo Stato alle
autonomie locali. A ciò si aggiunga la minaccia rappresentata dall’avanzamento dei movimenti
islamici fondamentalisti, i quali potrebbero trovare nella democratizzazione del sistema politico, un
fertile terreno d’azione e diffusione.
E’ necessario, dunque, approfondire il dibattito e comprendere con maggiore chiarezza le
opportunità ed i limiti del decentramento politico ed istituzionale, e la natura dei processi
attualmente in corso nel mondo arabo, con particolare riguardo ai paesi della sponda sud del
mediterraneo, in vista di una loro sempre maggiore integrazione all’Unione Europea.
Al fine di approfondire queste tematiche, il Marocco, rappresenta un caso studio particolarmente
interessante. Esso, infatti, vanta un’esperienza pluridecennale di decentramento, avviato sin
dall’indomani dell’indipendenza, e che ha raccolto intorno a sé l’appoggio unanime della corona e
delle forze politiche. Tuttavia, la sua portata è stata limitata dalla presenza di alcuni fattori, quali la
sussistenza di pratiche di centralismo, l’insufficienza delle risorse finanziarie ed umane, e la
mancanza di un effettivo pluralismo politico.
Nel prosieguo del presente lavoro, dopo un breve excursus sulle principali tappe del decentramento
in Marocco, ne verranno approfonditi gli aspetti di carattere amministrativo e politico attraverso la
descrizione dell’organizzazione e del funzionamento delle collettività locali marocchine, nella
fattispecie i comuni, le province e prefetture, le regioni. L’analisi verrà in seguito focalizzata sui
limiti presentati dal processo di decentramento, individuati nell’insufficienza delle risorse
finanziarie a disposizione delle collettività locali e nel mantenimento, al livello locale, di pratiche
centralistiche. Nell’ultima parte, infine, verranno trattate gli aspetti legati alla rappresentatività
politica ed al ruolo della società civile.
1
UNDP, 2002, Arab Human Development Report, http://www.undp.org/rbas/ahdr/.
5
1. Origini e stato attuale del decentramento in Marocco
1.1
La tradizione di governance locale in Marocco
Nell’ambito dell’organizzazione amministrativa tradizionale del Bled – Makhzen, parte del territorio
del regno in cui la popolazione aveva dichiarato beia2 al sultano, il carattere democratico del
sistema si manifestava politicamente attraverso la partecipazione dei cittadini alla gestione della
cosa pubblica, e, dal punto di vista amministrativo, nell’attribuzione di una certa autonomia alle
collettività locali, distinte in regionali e comunali. Le prime, amministrate da rappresentati locali del
governo, le seconde, invece, dalla Jemaa, organo deliberativo che assicurava la gestione
democratica degli affari della collettività.
Esisteva una Jemaa per tutte le varie suddivisioni territoriali, nell’ordine i douar (villaggi); le
frazioni e le tribù. Relativamente alla loro composizione, sussisteva una differenziazione a seconda
del livello territoriale considerato. In tal modo, mentre la Jemaa dei douar, era composta dai capi
famiglia, a livello delle frazioni e delle tribù, assumeva prevalentemente la configurazione di un
consiglio di notabili, reclutati in base alla ricchezza e al proprio valore personale, dai loro stessi
pari. L’esecuzione delle deliberazioni della Jemaa competeva all’Amghar, presidente ed organo
esecutivo della stessa.
Al livello regionale, il Sultano nominava un proprio rappresentante, il Khalifat, solitamente tra i
membri della propria famiglia, affiancato da un vizir e da un governatore militare. Per quanto
riguarda i livelli territoriali inferiori, i Pacha nelle città ed i Caid nelle zone rurali, individuati dal
sovrano tra le famiglie più in vista, svolgevano la funzione di intermediari tra la tribù ed il
Makhzen3.
Il resto del territorio, Bled – Siba, invece, era popolato di tribù che si rifiutavano di sottomettersi al
potere del sultano. Pur non mettendo in discussione l’autorità religiosa della corona, il loro dissenso
si manifestava nel rifiuto di pagare le imposte e nella volontà di conservare le proprie tradizioni4.
Con il protettorato, le potenze coloniali hanno mantenuto l’organizzazione territoriale tradizionale,
pur introducendo delle pratiche in grado di garantirne la lealtà. In tal modo, i nuovi rappresentanti
del Makhzen venivano nominati per Dahir5, su una lista di tre persone proposta dal capo della
regione al residente generale che la trasmetteva al sovrano tramite i consiglieri del governo
chérifien. La loro sostituzione o revoca avveniva su proposta del Residente generale, per decreto del
sultano.
Nel mondo rurale, invece, le autorità del protettorato hanno continuato ad appoggiarsi sulle Jemaa,
da allora denominate (Dahir 21 novembre 1916), “Jemaas administratives”. I loro membri, il cui
numero dipendeva dalla grandezza del raggruppamento territoriale, erano designati per un periodo
2
Termine arabo che fa riferimento all’impegno in base al quale una persona riconosce l’autorità dell’altra. Questo
riconoscimento si traduce nella recitazione di una formula, accompagnata da una stretta di mano. Questo rituale,
utilizzato per la prima volta dai primi adepti di Maometto, è stato in seguito osservato durante la salita al trono dei
nuovi Califfi, al fine di validarne la designazione.
3
“Il Makhzen è un concetto scivoloso, ambiguo e difficile da definire.Assente nel linguaggio giuridico e politicamente
corretto, ci si presenta però costantemente nella dinamica politica e nella cultura politica popolare. Etimologicamente
significa «magazzino » ed originariamente questo termine fu impiegato per designare il cofano dove si raccoglievano le
imposte religiose destinate al tesoro della Umma. Nel secolo XII, Makhzen designava il tesoro della Umma ed in
seguito, fino alla fine del secolo XIX, passò a indicare il complesso del governo marocchino, comprensivo
dell’amministrazione e dell’esercito. Dopo l’indipendenza, in pieno secolo XX, il termine Makhzen perse il suo uso
ufficiale, ma ha continuato a persistere come sistema di rappresentazione del potere con riferimenti specifici al potere,
allo Stato, al governo, al sistema politico, ad uno stile e ad una pratica di governo”, Pereira &Fernandez, 2000,
Istituzioni Politiche e processi elettorali in Marocco, http://www.iue.it/RSCAS/RestrictedPapers/.
4
Chikhaoui S., 2000, Dimension de la decentralisation au Maroc entre le poids du passé et les contraintes de l’avenir,
http://www1.kas.de/publikationen/2000/entwicklung/chikhaoui-fr.pdf.
5
Editto reale.
6
di tre anni, dal capo della regione, su proposta dei notabili della tribù o della frazione, in accordo
con l’autorità di controllo.
Presiedute da un Caid, le Jemaa ebbero inizialmente un potere consultivo, potendo proporre
all’autorità amministrativa e di controllo indicazioni o pareri riguardanti gli interessi generali del
gruppo, per poi passare all’esercizio di competenze di carattere deliberativo, solo alla vigilia
dell’indipendenza (Dahir del 6 Luglio 1951).
1.2
Organizzazione e funzionamento delle collettività locali del Regno
L’avvio del processo di decentramento marocchino si fa risalire al periodo immediatamente
successivo al raggiungimento dell’indipendenza (1956).
Permettendo di avvicinare le istituzioni ai cittadini ed assicurando un maggiore sostegno popolare al
processo decisionale, il decentramento veniva unanimemente indicato dalla corona e dalle forze
politiche come soluzione all’esigenza di modernizzazione dello Stato su basi democratiche,
rinnovando, nel contempo, la tradizione politica di autogoverno delle antiche comunità tribali
risalente al periodo precoloniale.
Numerosi, infatti, sono i discorsi politici dell’epoca che annunciavano la riorganizzazione del nuovo
Marocco indipendente attraverso l’instaurazione di un regime democratico, di cui il decentramento
rappresentava una tappa fondamentale. Si tratta, in realtà, di un percorso dalle caratteristiche
mutevoli, espressione di esigenze dettate dallo stesso potere centrale. Sarà quest’ultimo a
determinarne l’evoluzione, preferendo optare per un rafforzamento progressivo delle attribuzioni
delle collettività locali e per un ampliamento graduale della loro autonomia, pur sempre limitata
dalla presenza di meccanismi di controllo mantenuti dall’autorità centrale.
Le principali fasi del decentramento del Marocco post-indipendenza coincidono con l’adozione dei
testi legislativi che dal 1960 hanno stabilito l’organizzazione e funzionamento delle diverse
collettività locali. Su tale base, è possibile individuare tre tappe principali:
I.
1956 – 1976. In questa fase vengono poste le basi dell’organizzazione amministrativa
attraverso l’adozione di alcuni testi fondamentali, quali la Carta comunale del 1960 e la legge
del settembre 1963 relativa all’organizzazione ed al funzionamento delle prefetture e delle
province. In questo periodo non si può parlare di vero e proprio decentramento. Sebbene la
carta del 1960 avesse riconosciuto importanti prerogative ai comuni, dotandoli, tra l’altro, di
un’assemblea rappresentativa ad elezione diretta, e dell’autonomia finanziaria, queste non
sono state sfruttate in pieno dagli stessi. La causa di ciò è da rintracciare soprattutto nella
mancanza di preparazione e nel disinteresse dimostrato dagli eletti e dai funzionari nella
gestione degli affari locali, oltre ad un aumento crescente dell’intervento delle autorità
deconcentrate (governatore, chef de cercle, pacha e caid), emanazione diretta del potere
centrale.
Le province e le prefetture, al contrario, costituivano un mero livello deconcentrato, seppur
dotato alla stregua dei comuni della personalità giuridica e, per lo meno sulla carta, di una
certa autonomia finanziaria.
Rientra in questa fase, inoltre, la creazione delle sette Regioni economiche6, istituite nel
1971. A differenza delle precedenti, esse non assumevano la denominazione di collettività
locali, trattandosi di semplici circoscrizioni territoriali di pianificazione economica e di
gestione del territorio.
II. 1976 – 1992. Si tratta di una tappa caratterizzata da un rilancio significativo del processo
di decentramento, inizialmente motivato dalla necessità della Corona di raccogliere consensi
intorno alla questione del Sahara occidentale. La riforma Comunale del 1976, rappresenta la
6
Sud; Tensift; Centro; Nord – Ovest; Centro Nord; Orientale; Centro – Sud.
7
principale novità di questo periodo, avendo consentito di assottigliare il controllo di tutela
esercitato dal potere centrale sui comuni, e di ampliare l’attribuzione agli stessi di nuove
funzioni in materia d sviluppo economico e sociale.
III. 1992 – 2004. In questo periodo sono stati molti i cambiamenti apportati, in risposta alle
pressioni esercitate a livello internazionale verso una maggiore apertura democratica del
sistema politico marocchino, ma anche in seguito all’acquisita consapevolezza
dell’importanza assunta dal decentramento ai fini dello sviluppo economico e sociale del
paese.
In particolar modo, le riforme introdotte hanno riguardato la Regione, elevata al rango di
collettività locale dalla Costituzione del 1992 e oggetto del Dahir del 2 aprile 1997, il quale
oltre ad accrescerne il numero da 7 a 16, ne ha ridefinito caratteristiche ed organizzazione.
Particolarmente rilevante, inoltre, l’adozione, nel 2002, della nuova Carta comunale (Legge
78 /00) e delle Province e prefetture (Legge 79/ 00).
1.2.1
I COMUNI RURALI ED URBANI
L’organizzazione e funzionamento dei comuni rurali ed urbani è stato oggetto di numerose riforme,
nel corso del tempo, contribuendo a farne i maggiori protagonisti del decentramento marocchino.
Difatti, l’avvio del processo di decentramento nel Marocco indipendente, si fa risalire, come si è
detto, all’entrata in vigore della Carta Comunale del 1960.
Pur distinguendo tra comuni urbani e rurali, la legislazione ha previsto un regime giuridico unico
per entrambi, malgrado la presenza di un evidente divario di sviluppo economico e sociale tra gli
stessi. Dalla loro creazione ad opera del decreto del 2 dicembre 19597, il numero dei comuni ha
conosciuto una considerevole evoluzione, passando da 801 (28 comuni urbani; 38 centri autonomi e
735 comuni rurali), agli attuali 1497 (199 urbani, 1.298 rurali)8.
Il consiglio comunale, organo deliberativo del comune, è eletto, per un periodo di 6 anni.
L’elezione dei suoi membri avviene a suffragio universale diretto sulla base di modalità differenti a
seconda che si tratti di comuni con un numero di abitanti inferiore o superiore a 25.000:
maggioritario uninominale, nel primo caso; scrutinio di lista a rappresentanza proporzionale, ad un
turno9, nel secondo. Il numero dei consiglieri che lo compongono non è fisso, ma varia a seconda
del numero di abitanti, da 11 (< 7.500), a 131 (≥2.000.001).
Esso dispone di una competenza di carattere generale nella gestione degli interessi comunali. Tale
principio, consacrato per la prima volta dall’art. 30 del Dahir del 30 settembre 1976, è stato poi
ripreso e ampliato dalla nuova Carta Comunale 78/00.
Le competenze del Consiglio, dunque, ricoprono ambiti differenti. Dal punto di vista finanziario,
compete al Consiglio l’esame e la votazione del bilancio e dei conti amministrativi, la gestione dei
beni comunali oltre alla loro conservazione e mantenimento; la fissazione dell’aliquota fiscale delle
tasse locali, dei canoni e dei diritti percepiti a profitto del comune; la decisione sui prestiti da
contrattare e sui doni e legati.
Vaste sono le sue competenze in materia di sviluppo economico e sociale, la maggior parte delle
quali sono state riconosciute dalla Carta del 1976. In particolare, rientra in questo ambito la
definizione del Piano di sviluppo economico e sociale del comune, in conformità con gli
orientamenti fissati in ambito nazionale, a cui fa seguito la preparazione dei Piani di servizi e la
possibilità di proporre all’amministrazione centrale azioni da intraprendere per lo sviluppo del
comune, nel caso in cui la loro attuazione non rientri tra le competenze proprie del Consiglio, o
7
Dahir n. 1 –59 – 351 del 2 Dicembre 1959 relativo alla suddivisione amministrativa del Regno.
UNDP, Ministère de la Modernisation des Secteurs Publics, Structure administrative et décentralisation, Documento
di lavoro Gold Maghreb 2004.
9
Novità introdotta dalla legge elettorale 64/02.
8
8
ecceda le risorse a disposizione della collettività. Quest’ultima funzione rientra nei poteri consultivi
del consiglio, i quali si estendono, in aggiunta, alla possibilità di dare pareri o fare raccomandazioni
tutte le volte che questo sia richiesto dalla legge, dai regolamenti o domandato dall’amministrazione
centrale riguardo a questioni di interesse locale; oltre all’obbligo di essere preventivamente
informato su ogni progetto da realizzare sul territorio, da parte dello Stato, di altre collettività, o
organismo pubblico.
A ciò si aggiungono le attività di promozione e di sviluppo dell’economia locale e del lavoro, tra
cui: l’adozione di misure atte a contribuire alla valorizzazione del potenziale economico in campo
agricolo, industriale, artigianale, turistico e dei servizi; l’implementazione delle azioni necessarie
alla promozione e all’incoraggiamento degli investimenti esteri; la decisione in merito alla
partecipazione del comune ad imprese o società miste di interesse comunale, intercomunale,
prefetturale, provinciale o regionale.
Il consiglio è chiamato, altresì, ad intervenire in materia di igiene, salubrità e ambiente; in ambito
sociale, culturale e sportivo, oltre che dell’urbanistica e della gestione del territorio.
In aggiunta, compete al consiglio la creazione e la gestione di servizi pubblici locali10, e la scelta
della modalità di gestione: diretta o autonoma, per concessione, o altra forma di gestione delegata,
in conformità con quanto stabilito dalla legislazione in materia.
Accanto alle attribuzioni finora illustrate, bisogna considerare le funzioni che lo Stato trasferisce ai
comuni. Esse consistono, in particolare, nella realizzazione e mantenimento di scuole, ambulatori,
parchi naturali, opere idrauliche di piccola e media dimensione; di centri di apprendimento e di
formazione professionale, oltre che in azioni di formazione del personale e degli eletti comunali.
Il Consiglio Comunale è presieduto da un presidente, eletto tra i membri del consiglio all’inizio del
suo mandato e per tutta la durata dello stesso, il quale rappresenta l’organo esecutivo del Comune
(art. 45 della Legge 78/00).
Il presidente detiene poteri legati al funzionamento del consiglio comunale, nell’ambito dei quali:
convoca le riunioni ordinarie e straordinarie del consiglio; presiede le sessioni e le commissioni
permanenti ed esegue le deliberazioni del consiglio; stabilisce l’ordine del giorno, preparato dal
gabinetto del consiglio, completo delle eventuali proposte avanzate dagli agenti locali (Pacha e
Caid) e dai consiglieri stessi. Inoltre, rappresenta il comune in giudizio ed in tutti gli atti della vita
civile ed amministrativa, dirige i servizi comunali ed esercita un potere gerarchico sul personale.
Più propriamente, nell’ambito della sua funzione di organo esecutivo del comune (art. 47 della
Legge 78 – 00), il presidente, da esecuzione al bilancio; conclude gli appalti di lavori, fornitura e
servizi; procede, nei limiti fissati dal consiglio stesso, alla conclusione e all’esecuzione di contratti
di prestito; è responsabile della conservazione e dell’amministrazione dei beni comunali.
Ai poteri del presidente del comune se ne aggiungono altri prima appartenenti alle agenti locali, e
trasferitigli dal Dahir del 1976, in materia di polizia amministrativa comunale e di stato civile. A
dispetto dei poteri trasferiti al presidente del consiglio comunale, gli agenti locali restano
competenti in materia di mantenimento dell’ordine e della sicurezza pubblica, oltre a conservare la
funzione di ufficiale di polizia giudiziaria ed il compito di vegliare sull’applicazione della
legislazione e regolamentazione, intervenendo in materia di diritto di associazione, sindacati
professionali, elezioni, professioni liberali, requisizione di beni, ecc11.
10
Approvvigionamento di acqua potabile; distribuzione di energia elettrica; Interventi di bonifica; raccolta, trasporto,
deposito e trattamento dei rifiuti; trasporto pubblico urbano; illuminazione; circolazione e segnaletica stradale; trasporto
di malati e feriti; macellazione trasporto di carni e pesce;cimiteri e servizi funebri.
11
Smires M’Faddel, 2001, Centralisation et décentralisation au Maroc, Université Sidi Mohamed Ben Abdellah.
9
1.2.1.1 Il regime dei comuni urbani con più di 500 000 abitanti
I comuni con un numero di abitanti superiore a 500 000 godono, a partire dalle ultime elezioni
comunali del settembre 2003, di un regime separato, denominato “système de l’unité de la ville”,
introdotto in sostituzione delle vecchie comunità urbane.
Questo sistema, introdotto dalla Carta comunale 78/00, riguarda 14 agglomerati urbani, nei quali si
concentra circa il 60% della popolazione.
Prendendo come riferimento il modello francese, i comuni interessati sono suddivisi in
arrondissement12, alle quali viene riconosciuta (art.84) autonomia amministrativa e finanziaria,
sebbene, a differenza delle collettività locali, siano sprovvisti di personalità giuridica.
I Consigli d’arrondissement (ne esistono 41) rappresentano gli organi deliberanti delle stesse. Esso
si compone di due tipologie di membri: i membri del consiglio comunale eletti nell’arrondissement,
ed i consiglieri di arrondissement, eletti secondo le condizioni e le forme previste dal codice
elettorale.
La Carta comunale 78/00 oltre ad affermare la competenza generale del Consiglio, precisa che le
deliberazioni dello stesso devono essere trasmesse al presidente, incaricato di trasmetterne copia al
governatore, entro 15 giorni.
L’organo esecutivo dell’arrodissement è rappresentato dal Presidente del Consiglio, al quale
compete l’esecuzione ed il controllo delle deliberazioni del Consiglio d’arrondissement.
Dal punto di vista delle risorse finanziarie, i consigli di arrondissement dispongono di una
dotazione globale di funzionamento che rappresenta una spesa obbligatoria per il comune, ed il cui
ammontare è stabilito dal Consiglio comunale.
Infine per quanto riguarda i compiti del consiglio, essi consistono essenzialmente nella cura, nel
mantenimento e nella gestione delle strutture economiche, socio–culturali, e sportive destinate agli
abitanti dell’arrondissement. Rientrano nella sua sfera d’azione, inoltre, i mercati, le piazze e le vie
pubbliche, i parchi ed i giardini pubblici, gli asili, le biblioteche, i centri culturali, i conservatori e le
infrastrutture sportive.
1.2.2
LA COLLETTIVITÀ PREFETTURALE E PROVINCIALE
La prefettura e la provincia rappresentano il secondo livello di decentramento territoriale.
Come per i comuni, il numero di prefetture e province è aumentato notevolmente dalla loro
creazione ad oggi: da 24 nel 1956, alle attuali 71 (12 prefetture e 49 province)13, allo scopo di
avvicinare lo Stato ai cittadini, di rafforzare i servizi e di promuovere lo sviluppo economico e
sociale del territorio.
Il Dahir del 12 settembre 1963 è stato recentemente modificato dalla legge 79/00, la quale ne
stabilisce le modalità di organizzazione e funzionamento, prevedendo al suo interno un’assemblea
prefetturale o provinciale, quale organo deliberativo, affidando il potere esecutivo al governatore,
rappresentante diretto dello Stato.
I membri dell’assemblea, eletti per un periodo di 6 anni, si suddividono in due categorie: quelli
eletti a suffragio universale indiretto tra i consiglieri comunali della prefettura e della provincia,
(scrutinio di lista proporzionale, al più alto resto); ed i rappresentanti delle Camere dell’agricoltura,
del commercio, dell’industria, dell’artigianato e della pesca (ogni camera elegge un rappresentante
fra i suoi membri, per ogni provincia o prefettura).
Mentre il numero dei rappresentanti di categoria è fissato dalla legge, il numero di consiglieri
componenti l’assemblea varia a seconda del numero di abitanti (da 11 membri per le prefetture e
12
Ne esistono 16 a Casablanca, 6 a Fès, 5 a Rabat, Salé e Marrakech e 4 a Tangeri.
UNDP, Ministère de la Modernisation des Secteurs Publics, Structure administrative et décentralisation, Documento
di lavoro Gold Maghreb 2004.
13
10
province che hanno un numero di abitanti < 150.000; a 31 per quelle con un numero di abitanti >
1.000.000).
Bisogna tener presente la gratuità della funzione di consigliere prefetturale e provinciale, i quali
nelle svolgimento delle proprie funzioni percepiscono esclusivamente un’indennità di trasporto, di
spostamento e soggiorno.
Riguardo alle funzioni dell’assemblea prefetturale e provinciale, la legge 79/00 ha seguito la stessa
metodologia prevista per le altre collettività locali, suddividendo le competenze in proprie, trasferite
e consultive.
Allo stesso modo che per i comuni, all’assemblea prefetturale/provinciale compete l’esame e il voto
sul bilancio e sul piano di sviluppo economico e sociale della provincia o prefettura; la decisione di
contrattare prestiti e garanzie per sostenere il piano di servizi; prendere azioni necessarie alla
promozione degli investimenti e dell’impiego; l’assunzione di decisioni in merito alla creazione e
alla modalità di gestione di servizi; alla creazione e partecipazione a società miste; ecc.
Nell’ambito delle competenze di tipo consultivo, l’assemblea deve essere consultata, su richiesta
delle autorità centrali, su questioni di interesse provinciale/prefetturale o intercomunale, di carattere
amministrativo ed economico. L’assemblea, inoltre, può proporre ai ministri competenti, attraverso
il governatore, azioni da intraprendere al fine dello sviluppo economico e sociale della provincia, o,
al contrario, essere consultata su politiche e piani di gestione del territorio e urbanistici proposti
dallo Stato o dalla regione.
Infine, rientrano tra le competenze trasferite dallo stato, la realizzazione ed il mantenimento di licei
ed istituti tecnici; di ospedali; la formazione professionale e degli eletti locali e del personale delle
collettività locali; le infrastrutture, i servizi ed i programmi di sviluppo e di valorizzazione di
interesse prefetturale e provinciale.
L’assemblea prefetturale/ provinciale, è presieduta da un presidente, il quale elabora il regolamento
interno e stabilisce l’ordine del giorno, in accordo con il governatore. In ogni caso, il Ministro
dell’Interno può iscrivere d’ufficio sull’ordine del giorno ogni questione sulla quale ritenga utile
dibattere. Il presidente, inoltre, rappresenta il consiglio in giudizio, e in tutti gli atti della vita civile,
amministrativa e giudiziaria.
La funzione esecutiva, invece, è esercitata dal governatore, incaricato di eseguire le deliberazioni
dell’assemblea, tra cui il bilancio, e di amministrare i beni della collettività. Rispetto al passato, la
legge 79/00 ha introdotto un’importanza novità; nel caso in cui il consiglio stimi a maggioranza
assoluta dei suoi membri che le misure di esecuzione non corrispondano alle proprie deliberazioni,
può inviare un avviso motivato al governatore, oltre alla possibilità di far ricorso, nell’ordine, al
Ministero dell’Interno, o in caso di mancata risposta, al tribunale amministrativo.
1.2.3
LA REGIONE
La Regione è il terzo livello di decentramento. Istituita dal Dahir del 16 giugno 1971 come
circoscrizione territoriale di pianificazione economica e di gestione del territorio, è stata elevata al
rango di collettività locale dalla costituzione del 1992.
La missione attribuita alla Regione dalla legge 47/96, che ne stabilisce l’organizzazione ed il
funzionamento, consiste nello sviluppo economico, sociale e culturale della collettività locale
regionale.
Il Consiglio regionale è l’organo deputato alla gestione degli affari della Regione. Come per le
province e prefetture, anche in questo caso, esso si compone di due tipologie di membri, eletti per
un periodo di 6 anni: da una parte i rappresentanti delle collettività locali, dell’altra quelli delle
11
camere professionali e dei sindacati. L’elezione14 avviene per il tramite di collegi elettorali,
utilizzando il sistema proporzionale.
Inoltre, prendono parte alle riunioni del consiglio, pur non avendo diritto di voto, membri del
parlamento, rappresentanti della regione15, e presidenti delle assemblee delle prefetture e province
che compongono la Regione.
Le competenze del Consiglio sono sia proprie, che trasferite dallo Stato, e di carattere consultivo.
Le competenze proprie del consiglio sono molto vicine a quelle attribuite alle altre collettività
locali. In tal modo, il consiglio interviene nello sviluppo economico, sociale e culturale della
regione, attraverso l’elaborazione di un piano di sviluppo economico e sociale, in conformità con gli
orientamenti nazionali; elabora lo schema regionale di gestione del territorio; decide sulla
partecipazione della regione a società miste di interesse regionale; vota il bilancio preparato dal wali
chef de lieu della regione, ecc.
Le competenze trasferite alle regioni dallo Stato, riguardano principalmente la creazione e il
mantenimento dei licei, delle strutture universitarie e degli ospedali, l’attribuzione di borse di
studio, interventi di formazione a favore dei quadri delle collettività locali, ed azioni finalizzate allo
sviluppo regionale, in collaborazione con lo Stato o con altra persona giuridica di diritto pubblico,
nel quadro di apposite convenzioni.
Il consiglio regionale, infine, fa proposte ed emette pareri riguardo alle politiche statali attuate nel
territorio delle regioni, in materia di investimenti pubblici, di gestione del territorio nazionale e di
pianificazione. Esso inoltre, può proporre, tramite il wali chef de lieu della regione, la creazione, le
modalità di organizzazione e di gestione dei servizi pubblici regionali (a gestione diretta, autonoma
o per concessione). Ciò non avviene per via diretta. Ma sarà il governatore del capoluogo di regione
a trasmetterlo alle autorità governative interessate.
Il presidente presiede il consiglio regionale e fissa, con il suo gabinetto, l’ordine del giorno.
Quest’ultimo viene trasmesso al wali, il quale può proporre al presidente entro otto giorni
l’iscrizione di questioni supplementari.
Allo stesso modo che nelle province e prefetture, la legge 47 /96 conferisce al wali il potere di
esecuzione delle deliberazioni del consiglio, previo parere del presidente dello stesso, che ne
controfirma gli atti.
14
Art.147 del codice elettorale del 1997.
I membri della camera dei rappresentanti sono eletti per i 3/5 dai rappresentanti delle collettività locali e per i 2/5 dai
rappresentanti delle camere professionali.
15
12
Tabella 1 – Lista delle regioni
Regione
Territorio
1
Oued-EddahabLagouira
Province di
50880
Oued Eddahab e
d’Aousserb
2
LaayouneBoujdour-SakiaEl Hamra
Province di
Laayoune e di
Boujdour
3
Guelmin
Essemara
4
Superfi Numero
cie
di
Comuni
Km2
Urbani
Numero
di
Comuni
Rurali
Popolazione % di % di pop
pop
rurale
urba
na
2
11
36 751
85%
15%
4
10
175 669
92%
8%
Province di
133730
Guelmin, Tan
Tan, Assa-Zag,
Tata e Essemara
11
49
386 075
56%
44%
Souss-MassaDraa
Prefetture di
Agadir e di
Inzeggane Ait
Melloul e
province di
Tiznit,
Taroudant,
Ouarzazate e
Zagora
70880
24
212
2 635 529
34%
66%
5
Gharb-CherardaBni-Hssen
Province di
Kénitra e Sidi
Kacem
8805
11
61
1 625 082
38%
62%
6
ChaouiaOuardigha
Province di
Settat,
Benslimane e
Khouribga
16760
15
102
1 554 241
38%
62%
7
MarrakechTensift-Al Haouz
Prefetture di
Marrakech e
province di
Chichaoua, El
Kelaa dei
Sraghna,
Essaouira e Al
Haouz
31160
15
198
2 724 204
35%
65%
8
Oriental
Prefetture di
Oujda, Angad e
province di
Nador, Figuig,
Taourirt,
Berkane e
Jerrada
82820
22
91
1 768 691
55%
45%
9
Grand Casablanca Prefetture di
1615
Casablanca,
Mohammedia, e
province di
Nouacer e
Médiouna
7
10
3 081 621
95%
5%
10
Rabat-SaléZemmour-zaer
10
40
1 985 602
79%
21%
Prefetture di
Rabat, Salé e
Skhirate,
139480
9580
13
Temara e
province di
Khémisset
11
Doukkala-Abda
Province di Safi 13225
e El Madida
10
77
1 793 458
34%
66%
12
Tadla-Azilal
Province di
Béni Mellal e
Azilal
9
73
1 324 662
34%
66%
13
Meknès-Tailaletl
Prefetture di
79 210
Meknès e
province di
Khénifra,
Ifrane, El Hajeb
e Errachidia
23
111
1 903 790
51%
49%
14
Fès-Boulemane
Prefettura di Fés 19 795
e province di
Sefrou, My
Yacoub e
Boulemane
12
48
1 322 473
69%
31%
15
Taza-Al Hoceima- Province di
Taounate
Taza, Al
Hoceima e
Taounate
24 154
14
118
1 719 837
22%
78%
16
Tanger-Tétouan
Prefettura di
11 570
Tangeri, Asilah,
e province di
Fahs Anjra,
Tétouan,
Larache e
Chefchaouen
10
87
2 036 032
56%
44%
1 298
26 073 717
51%
49%
Totale
17125
710 850 199
Fonte: UNDP, Ministère de la Modernisation des Secteurs Publics, Structure administrative et décentralisation,
documento di lavoro Gold Maghreb 2004
2.
I limiti del processo di decentramento in Marocco
2. 1 I deficit di risorse finanziarie ed umane
Nonostante la volontà e l’impegno politico espressi a favore del processo di decentramento,
numerosi sono i limiti che ancora oggi si oppongono ad una sua efficace attuazione, primo fra tutti
un deficit considerevole in termini di risorse finanziarie ed umane.
Dal punto di vista delle risorse finanziarie, sebbene la Costituzione abbia riconosciuto alle
collettività locali autonomia finanziaria, esse, di fatto, non detengono un vero e proprio potere
fiscale, non disponendo della possibilità di creare, modificare, od eliminare un’imposta o tassa. Tale
compito è, infatti, espressamente (art. 46 della costituzione) riservato al legislatore nazionale.
L’autonomia finanziaria, inoltre, è limitata dal controllo esercitato da parte dell’autorità centrale sul
bilancio, a cui si aggiunge l’obbligo di approvazione espressa della maggior parte degli atti assunti
dalle assemblee delle collettività locali e aventi carattere finanziario.
Attualmente, la fiscalità locale è regolata dalla legge 30/89, la quale individua le risorse finanziarie
delle collettività in: trasferimenti statali e tasse locali.
I trasferimenti statali si compongono di tre rubriche di imposte e tasse: l’IVA, nella misura del 30%;
seguita dalle imposte sulle licenze, dalla tassa urbana, in una percentuale del 90%. La fiscalità
locale, diversamente, conta circa 41 voci.
14
Tabella 2 – Risorse Fiscali Locali (%)
1995
1996/97
1997/98
1998/99
Tasse Locali
40,7%
35,6%
33,6%
28,6%
Tasse Urbane
3,5%
3,9%
3,3%
4,1%
Imposte sulle licenze
15,2%
12%
11,3%
11,3%
IVA
40,5
48,4%
51,8%
47,8%
Fonte: Ministero delle Finanze, Ottobre 2001
Dalla tabella qui riportata risulta chiaramente come sia l’IVA la voce più rilevante delle finanze
locali (47,8%, nel 1998/99) seguita dalle tasse locali, con il 28,6% delle entrate.
Di conseguenza, le collettività si sono trovate nel tempo a dover ricorrere ad un sistema di
finanziamento esterno, rappresentato, in particolare, dai trasferimenti statali e dai prestiti16. Ciò ha
ridotto notevolmente l’autonomia delle collettività locali, provocando una marcata dipendenza delle
stesse dai trasferimenti statali, che rappresentano a tutt’oggi la principale fonte di entrata.
Il maggiore finanziatore del bilancio delle collettività locali è, quindi, il contribuente nazionale e
non quello locale. Di conseguenza, ancora oggi non è possibile parlare di decentramento
finanziario, non esistendo a livello locale una vera e propria autonomia finanziaria. Infatti, “la
décentralisation fiscale est atteinte lorsque les coûts de production des biens et services publics
délivrés par les collectivités locales, sont supportés par les consommateurs de ces biens et services,
à savoir principalement les résidents de ces collectivités locales et accessoirement les non
résidents”17.
Volgendo l’analisi alle spese delle collettività locali, emergono nuove importanti considerazioni.
Le spese di funzionamento, infatti, assorbono quasi i 2/3 del bilancio dei comuni per l’anno
1999/2000. La maggior parte di queste, inoltre, è costituita dagli esborsi per il personale, pari al
57% del totale delle spese di funzionamento (Trésorerie générale du Royaume).
Tabella 3 – Contributo delle entrate fiscali al finanziamento delle spese locali 1999/2000 (milioni
di Dh)
Spese Locali
Entrate Locali
Ammontare
Spese di
8 056
Funzionamento
Spese
per 3 410
Investimenti
Totale
11 466
%
Ammontare
%
70%
Entrate fiscali
10 034
87,5%
30%
Prestiti (FEC)
918
8%
Altre
514
4,5%
Totale
11 466
100%
100%
Fonte: Trésorerie générale du Royaume
16
Le collettività locali sono autorizzate a richiedere prestiti. A tal fine sono stati istituiti degli appositi organismi, tra cui
il FEC (Fonds d’équipement communal). Si tratta di un organismo pubblico, dotato della personalità civile e
dell’autonomia finanziaria, la cui gestione amministrativa è stata affidata alla Caisse des Dépot et de Gestion (C.D.G.).
17
Citazione da Salahdine Ben Youssef, “Fiscalité locale: Etat de lieux et perspectives”, Actes des journées d’études sur
“Fiscalité et croissance”, Assise nationale de la fiscalité, 13 e 14 ottobre 1999, in : « Du gouvernement à la
gouvernance : les leçons marocaines », Actes du colloque national organisé par l’Université Abdelmalek Saadi, faculté
de Sciences juridiques, économiques et sociales, il 21 e 22 marzo 2003, Publications de la Revue Marocaine d’Audit et
de Développement.
15
Ne consegue, che l’insufficienza delle risorse finanziarie locali, e la preponderanza delle spese per
funzionamento, hanno diminuito considerevolmente la capacità di spesa per investimenti delle
collettività, limitando la loro capacità di intervenire positivamente sullo sviluppo locale.
Nel complesso, il Piano di sviluppo economico e sociale delle collettività locali 2000-2004 ha
stimato a 110 miliardi di Dh i bisogni delle collettività locali per il finanziamento dei programmi
prioritari di investimento; sebbene nel contempo abbia valutato la loro capacità di
autofinanziamento, “dans les conditions les plus optimistes”, a 33,35 miliardi di Dh, pari cioè al
30% del fabbisogno18.
Per di più, dal punto di vista delle spese per investimenti la distribuzione delle risorse appare
alquanto disomogenea, contribuendo ad aumentare il divario di sviluppo già esistente tra le diverse
regioni del regno. L’ammontare degli investimenti, infatti, varia tra il 15,61% della regione di
Rabat, e lo 0,24% di Oued–Ed–Dahab–Lagouira. Il 55% delle risorse totali, inoltre, è concentrato su
cinque regioni: Rabat–Salé–Zemmour–Zaer; Grand Casablanca; Souss–Massa–Draa; Tanger–
Tétouan; Marrakesh–Tensif–Al Haouz.
La spesa per investimento pro capite ci permette di avere una visione più chiara dello squilibrio
esistente. Mentre essa è pari al 76,6% nella regione di Rabat-Salé-Zemmour-Zaer, le altre regioni
mostrano una percentuale assai più bassa: 12,70% nella regione del Grand-Casablanca e 4,66% in
quella di Souss-Massa-Draa, attestandosi nei rimanenti casi al di sotto dell’1%.
Tabell. 4 – Spese per Investimenti delle Regioni
Regioni
Ammontare
%
Spesa
per %
Investimento
pro capite
Rabat – Salé – Zemmour – Zaer
5.206. 720.719
15.61
141.676
76,76
Grand – Casablanca
4.116.200.328
12,34
23.432
12,70
Souss – Massa – Draa
3.317.593.901
9,95
8.593
4,66
Tanger – Tétouan
2.927.764.877
8,78
1.111
0,60
Marrakesh – Tensif – Al Haouz
2.830.798.875
8,49
1.742
0,94
Oriental
2.196.696.232
6,59
1.413
0,77
Gharb – Chrarda – Bni Hsen
2.194.884.153
6,58
806
0,44
Doukala – Abda
1.900.384.620
5,70
1.074
0,58
Chaouia – Ouardigha
1.884.050.913
5,65
611
0,33
Meknès – Tafilalt
1.611.227.400
4,83
811
0,44
Fès – Boulemane
1.576.262.014
4,73
879
0,48
Taza – Al Hoceima – Taounate
1.434.688.929
4,30
1.083
0,59
Guelmin – Es – Semara
997.239.626
2,99
524
0,28
Tadla – Azilal
812.883.781
2,44
615
0,33
Laayoune – Boujdour – Sakia El Hamra 266.340.476
0,80
155
0,08
Oued – Ed – Dahab – Lagouira
78.446.396
0,24
39
0,02
Totale
33.352.183.240
100
11.535
100,00
Fonte: elaborazione dell’autore su dati del Piano di sviluppo economico e sociale delle collettività locali 2000-2004
Oltre a problemi di carattere finanziario fin qui presentati, il decentramento ha dovuto fare i conti
con risorse umane impreparate ad affrontare le nuove sfide che esso poneva, sia dal punto di vista
quantitativo che qualitativo.
Il pubblico impiego delle collettività locali, ha mostrato sin dall’avvio del processo di
decentramento, una preoccupante carenza di risorse umane, le cui cause furono, almeno in parte, da
attribuire alla suddivisione territoriale intervenuta nel 1959, in seguito alla quale risultò uno scarto
considerevole tra l’ampiezza dei comuni e le risorse umane disponibili.
18
La lettre des collectivités Locales, Bulletin d’Information de la Direction Générale des Collectivités Locales, n.4,
novembre – dicembre 2001.
16
La riforma comunale del 1976, ha rappresentato un importante passo avanti in tal senso, con l’avvio
di un processo progressivo di rafforzamento delle risorse umane delle collettività locali, che sono
passate dai 29.197 funzionari del 1977 ai 142.472 del 2000, corrispondente ad un tasso di crescita
per i comuni urbani e rurali, rispettivamente del 317% e del 445%19.
Tabella 5 – Evoluzione delle risorse umane delle collettività locali
Collettività Locali
1977
Prefetture e Province
2 699
Comuni Urbani
18 962
Centri Autonomi
1 211
Comuni Rurali
6 325
Totale
29 197
Fonte: M. El Mouchtaray, 2000, op. cit.
9%
65%
4%
22%
100%
2000
23.407
84.315
34.477
273
142.472
16,4%
59,2%
24,2%
0,2%
100%
L’evoluzione è stata anche di tipo qualitativo, essendo passati dall’1,03% al 6%, per i quadri
superiori e dal 1,66% al 15% per i quadri medi.
Tabella 6 - Evoluzione qualitativa delle risorse umane delle collettività locali
Comuni
Categorie di personale 1977
Effettivi
Quadri superiori
271
Comuni Urbani
Quadri medi
418
Agenti esecutivi
4.169
Mano d’opera
15.317
Totale
20.175
Quadri superiori
1
Comuni Rurali
Quadri medi
22
Agenti esecutivi
2.554
Mano d’opera
3.748
Totale
6.325
Quadri superiori
272
Totale comuni
Quadri medi
440
Agenti esecutivi
6.723
Mano d’opera
19.065
Totale
26.500
Fonte: M. El Mouchtaray, 2000, op. cit.
%
1.34
2.07
20.67
75.92
100.00
0.01
0.35
40.38
59.26
100.00
1,03
1,66
25,37
71,94
100,00
2000
Effettivi
4.687
11.342
13.480
54.806
84.315
2.328
6.127
11.482
14.540
34.477
7.015
17.469
24.962
69.346
118.792
%
5
14
16
65
100.00
7
18
33
42
100
6
15
21
58
100
Ciononostante, il numero di impiegati (una media di 5 ogni 1000 abitanti20) comunali per abitante
ha continuato ad essere insufficiente rispetto ai bisogni effettivi della collettività locale,
permanendo una situazione in cui il 79% degli effettivi è rappresentato da mano d’opera e da agenti
esecutivi, e solo il 15% e 6% da quadri medi e superiori.
Tuttavia, il problema della mancanza di qualificazione non riguarda la sola funzione pubblica,
investendo, altresì, gli eletti locali. La nuova carta comunale del 2002, tra l’altro, non ha portato
innovazioni significative in tal senso, avendo previsto l’obbligo di istruzione primaria, ma solo per
la carica di presidente del consiglio.
Gli eletti locali, dunque, continuano a presentare un debole livello di istruzione, sebbene nel corso
del tempo siano stati raggiunti progressi significativi in tal senso, come dimostrato dal fatto che i
candidati che abbiano frequentato l’università sono passati dal 10% nel 1983, al 22% nelle elezioni
19
M. El Mouchtaray, 2000, Le rôle des collectivités locales dans le développement économique et social au Maroc,
Remald.
20
Ibidem.
17
locali del 1997, concentrati prevalentemente nei partiti della sinistra. Ciò nonostante, l’indice di
modernità delle elezioni comunali del settembre 2003 continua a mostrare una certa debolezza.
Quest’ultimo viene calcolato utilizzando i seguenti parametri: donne, eletti con meno di 45 anni,
livello medio di istruzione, presenza di professioni “moderne”, ed in senso inverso, il numero di
agricoltori 21. Cominciando dal numero delle donne elette in occasione dello scrutinio comunale del
2003, esso è pari a 127 (pari al 0,5%; contro il 0,34% del 1997, e le 77 nel 1992, le 43 nel 1989, e le
9 nel 1976) su 23.286 (5%) del totale delle candidate. Si rileva, inoltre, che la percentuale di eletti
con un’età inferiore ai 44 anni, ammonta al 45% del totale, sebbene essi rappresentassero il 62% dei
candidati. Il 46%, inoltre, possiede un livello di istruzione secondario o superiore, mentre dal punto
di vista della professione, predominano i salariati (23%), seguiti dagli agricoltori (18%), funzionari
e insegnanti (15%), artigiani (12%), commercianti (10%). Questi ultimi dati, più di ogni altro,
fotografano un cambiamento sostanziale dell’élite politica marocchina, diretta conseguenza del
fenomeno di urbanizzazione che ha recentemente investito il paese.
A dispetto di quanto detto, è possibile affermare che le elezioni amministrative hanno avuto il
merito di generare una crescente “alfabetizzazione” politica (da rafforzare), e all’emersione di
alcune nuove tipologie di rappresentanti politici, che gradualmente potrebbero favorire il
pluralismo.
Box 1 – Figure tipo dell’eletto locale marocchino
In occasione del seminario su “Democrazia e decentramento in Marocco” tenutosi il 26 aprile 2004 presso il
Ministero degli Affari Esteri, il prof. M. Tozy, ha individuato otto figure tipo di eletto locale:
– il “bigman”, con il quale si fa riferimento ad una persona influente a livello locale, in ragione, ad
esempio, della sua posizione economica;
– un precedente ministro o alto funzionario, la cui elezione darebbe modo di sfruttare i legami con
il potere centrale;
– il notabile locale: il suo potere derivava inizialmente dal ruolo ricoperto nell’ambito della tribù di
riferimento. Oggi, invece, esso consiste piuttosto nella capacità di porsi come intermediario con il
potere centrale;
– l’apparatchik: eletti interni ai partiti, destinati, a detta di Tozy, a svolgere un ruolo sempre
maggiore in seguito all’introduzione del sistema proporzionale per l’elezione dei consiglieri nei
comuni con più di 25.000 abitanti;
– il diplomé – chomeur, al quale Tozy riconosce un ruolo innovatore dal punto di vista politico, in
ragione del carattere rivendicatore delle proprie azioni;
– il tecnocrate;
– il militante associativo.
2.2
Il mantenimento di pratiche centralistiche
L’attuazione del decentramento mostra una differenziazione a seconda della collettività locale
considerata. Come evidenziato nei paragrafi precedenti, il decentramento si realizza soprattutto a
livello comunale, mentre le province/ prefetture e le regioni costituiscono essenzialmente un livello
deconcentrato dello Stato, considerata la presenza quale organo esecutivo, rispettivamente del
governatore e del wali chef de lieu di regione, entrambi non eletti ma designati dal potere centrale.
Attualmente la prefettura/ provincia rappresenta il livello deconcentrato per eccellenza, in quanto
concentra sul proprio territorio la maggioranza dei servizi esterni (délegations
provinciales/prefecturales) dei Ministeri. Sono molte le voci levatesi in favore di una sua
21
Sehimi Mustapha, Le sens du scrutin local du 12 septembre. Des élections sans risques, L’événement, n.572, du 19
au 25 sep. 2003: www.maroc-hebdo.press.ma/Mhinternet/Archives_572/pdf_572/page08et09.pdf
18
soppressione, considerata l’inoperatività dell’assemblea provinciale/ prefetturale, priva delle risorse
sia umane che finanziarie necessarie all’espletamento efficiente ed efficace delle proprie funzioni.
Sulla base di queste considerazioni e dell’attenzione riconosciuta, negli ultimi anni, alla collettività
regionale dal legislatore nazionale e dal dibattito politico interno, è possibile ipotizzare un
rafforzamento progressivo del ruolo ad essa attribuito all’interno dell’organizzazione
amministrativa del regno. La regione potrebbe, così, sostituire le province nel loro attuale ruolo di
legame tra Stato e collettività locali; la dimensione territoriale della Regione permetterebbe di
implementare progetti di sviluppo locale ad ampio raggio, sebbene finora i risultati raggiunti siano
alquanto modesti. In ogni caso non è ancora tempo di formulare giudizi in proposito, trattandosi di
una collettività locale relativamente giovane. Le disposizioni di attuazione della legge regionale
(47/96), infatti, sono entrate in vigore solo nel settembre 2002, ed i primi anni di attività sono stati
spesi essenzialmente per assicurare loro un’adeguata organizzazione e un buon funzionamento.
Da quanto sinora affermato è possibile comprendere, dunque, come la deconcentrazione sia una
realtà preponderante in Marocco che interessa l’intera organizzazione amministrativa del regno,
seppur in misura differente tra i differenti livelli territoriali.
Secondo l’attuale divisione dei ruoli, il wali di regione svolge principalmente un’azione di
animazione economica e incitamento dell’investimento. A tal fine, con la lettera reale del 9 gennaio
2002 molti ministeri (Interno, Turismo, Finanze, Industria, Agricoltura) hanno operato una
delegazione di competenze a suo favore.
Al wali compete, inoltre, il coordinamento dei governatori delle province e prefetture che fanno
parte della regione.
I governatori delle province e prefetture, da parte loro, coordinano l’attività dei servizi esterni delle
amministrazioni centrali e degli enti pubblici presenti sul proprio territorio, oltre a sottoporre a
controllo, per conto dei ministri competenti, l’operato dei funzionari ed agenti dei servizi esterni dei
relativi ministeri.
Al wali e al governatore si aggiungono, gli agenti di autorità (nominati per dahir su proposta del
Ministro dell’Interno), anch’essi rappresentanti del potere centrale nelle differenti circoscrizioni
amministrative del regno22: i Cercles; i Caidats o Pachalik; i distretti urbani.
Tra gli agenti locali, il governatore costituisce la principale autorità amministrativa ed in quanto tale
dirige, sotto l’autorità del Ministero dell’Interno, gli chefs de cercle (zone urbane) o Super Caid
(zone rurali). Questi devono assicurare, sotto il controllo del governatore, l’esecuzione delle leggi e
regolamenti, il mantenimento dell’ordine, della sicurezza e della tranquillità pubblica. Inoltre,
rientra nelle loro competenze il coordinamento dei differenti servizi amministrativi e tecnici
presenti sul territorio del cercle, oltre al controllo, limitatamente al loro campo d’azione, delle
attività dei chef di circoscrizione urbani e rurali, rispettivamente, i Pacha ed i Caid.
Le attribuzioni dei Pacha e Caid hanno subito un importante ridimensionamento in seguito alla
riforma comunale del 1976 e all’entrata in vigore della Carta comunale del 2002, con il
trasferimento ai presidenti dei consigli comunali, della funzione di polizia amministrativa e di altre
funzioni speciali, in precedenza riconosciute loro. Ciò nonostante, ad essi compete tuttora il
mantenimento dell’ordine e della sicurezza pubblica, e restano investiti della funzione di ufficiali di
polizia giudiziaria. In aggiunta essi svolgono una funzione di assistenza amministrativa agli eletti
locali, soprattutto in ambito rurale23.
In Marocco, dunque, l’attuazione del decentramento si scontra con il mantenimento di pratiche
centralistiche a livello locale, particolarmente evidente con la presenza, accanto agli organi eletti
delle collettività locali, di agenti locali designate dallo stesso potere centrale.
22
23
Ouazzani Chadi Hassan, 2003, Droit Administratif.
Ibidem.
19
L’esistenza di pratiche centralistiche si manifesta, inoltre, attraverso l’esercizio da parte
dell’autorità centrale di uno stretto controllo di tutela sulle collettività locali, giustificato dalla
necessità di salvaguardare l’unità dello Stato, ed assicurare il rispetto della legalità al livello locale.
La tutela si esercita sia sulle persone e sugli organi decentrati che attraverso un controllo di legalità
sugli atti emanati dagli stessi.
Box 2 – Il controllo di tutela sulle collettività locali
La tutela sulle persone può esercitarsi, con decreto del Ministro dell’Interno, attraverso la
sospensione, la dimissione d’ufficio dei consiglieri delle assemblee locali, o nella loro dissoluzione.
Il controllo di legalità sugli atti rappresenta l’aspetto più rilevante della tutela. Esso può ricoprire
tre differenti aspetti: l’approvazione delle deliberazioni; l’annullamento delle deliberazioni; la
sostituzione d’ufficio operata dall’autorità di tutela nei confronti dell’autorità sotto tutela.
Nel caso dei comuni, l’approvazione riguarda, sia gli atti del presidente, che del consiglio. Nel
primo caso, la legge comunale 78/00 viene esercitata sui decreti assunti dal presidente in esecuzione
di deliberazioni di carattere fiscale (la fissazione dell’aliquota fiscale, delle tariffe, dei canoni, e
degli altri diritti) del consiglio, e ai poteri di polizia amministrativa in materia di igiene, tranquillità
e pubblica sicurezza. Relativamente agli atti del consiglio, la nuova Carta comunale ha apportato
delle modifiche rispetto al regime previsto dalla carta del 1976, alleggerendo il controllo di tutela
(riduzione del limite di tempo in cui l’autorità di tutela è tenuta a rispondere), e riconoscendo un
maggiore coinvolgimento degli organi deconcentrati, nella fattispecie del governatore,
limitatamente ai comuni rurali.
Nel dettaglio, si richiede l’approvazione espressa entro 45 giorni da parte del Ministro dell’Interno,
e di 30 giorni del governatore nel caso dei soli comuni rurali per tutte le deliberazioni del consiglio
portanti su una serie di materie esplicitamente indicate (art. 69 della Legge 78/00)24, aventi
soprattutto carattere finanziario.
Per le deliberazioni aventi ad oggetto materie differenti rispetto a quelle previste dall’articolo 69, si
attua un controllo di tipo tacito. Esse, infatti, vengono trasmesse dal presidente all’autorità
competente, ed eseguite nel caso in cui essa non avanzi opposizione.
Lo stesso sistema è previsto per le altre collettività locali. Più precisamente, nel caso delle
Assemblee prefetturali e provinciali, esso il controllo è effettuato dal Ministero dell’Interno per le
deliberazioni per le quali è richiesta approvazione espressa (art. 59 della Carta provinciale e
prefetturale del 2002), e dal governatore per tutte le altre. Rispetto ai consigli regionali, invece,
bisogna rimarcare un’unica differenza, consistente nella possibilità per il consiglio di rifiutare il
riesame della deliberazione oggetto dell’intervento dell’autorità di tutela, e di adire al tribunale
amministrativo.
Per quanto concerne l’annullamento delle deliberazioni, esso può determinare: la nullità, per quelle
deliberazioni il cui oggetto non rientra nelle competenze del consiglio o che sono prese in
violazione della legge o regolamentazione in vigore; o l’annullabilità, per tutte le deliberazioni del
cui oggetto un consigliere è interessato a titolo personale o come mandatario.
Per ultimo la sospensione. Questa consiste nella possibilità per l’autorità di tutela di sostituirsi
all’autorità sotto tutela nel caso in cui quest’ultima abbia rifiutato, illegalmente, di assumere una
determinata decisione, andando contro i suoi doveri.
24
Bilancio, conti speciali e conti amministrativi; apertura di nuovi crediti, rilevamento dei crediti; prestiti, garanzie;
fissazione delle aliquote fiscali, dei canoni fiscali; creazione e modalità di gestione dei servizi pubblici comunali;
creazione o partecipazione ad imprese e società ad economia mista; convenzioni di associazione o di partenariato;
accordi di cooperazione decentralizzata, e di gemellaggio con collettività locali estere; acquisizione, alienazione, scambi
e altre transazioni aventi ad oggetto i beni del demanio comunale; denominazione di piazze e vie pubbliche; creazione,
soppressione o cambiamento di posto o data dei souk rurali
20
Tuttavia gli organi decentrati dispongono di strumenti legali a difesa della loro autonomia. Possono,
infatti, ricorrere in giustizia per l’annullamento delle decisioni prese in seguito all’esercizio del
controllo di tutela. Possono, inoltre, ricorrere in indennizzo (en indemnité) nel caso in cui gli atti di
tutela abbiano recato loro pregiudizio.
Da quanto fin qui presentato emerge un quadro amministrativo estremamente complesso, che pone
numerosi e comprensibili problemi di orientamento, non solo per i non addetti ai lavori. A farne
maggiormente le spese, infatti, sono gli stessi cittadini, chiamati giornalmente a doversi districare
tra le fitte trame della burocrazia. Tra le conseguenze, bisogna evidenziare il radicamento di
pratiche di corruzione diffusa; a cui si aggiunge la sussistenza tra gli organi delle collettività locali
di un problema di sovrapposizione di attribuzioni. Ciò è particolarmente evidente soprattutto
nell’ambito delle competenze trasferite alle collettività locali dallo Stato, quali: la salute pubblica, la
formazione professionale e del personale delle collettività locali, le infrastrutture.
L’organizzazione dell’istruzione in ambito urbano, in particolare, rappresenta un esempio
significativo in grado di far emergere la reale complessità del sistema di riferimento. Mentre gli
asili, infatti, sono di competenza degli arrondissement, l’insegnamento di base rientra nelle
responsabilità del comune. L’insegnamento tecnico e superiore compete, invece, a due differenti
collettività: la provincia/prefettura, nel primo caso, la regione, nel secondo25.
25
Laabi Chafik, « Wali, maire, président de région…qui fait quoi? », La vie éco – venerdi del 14 novembre 2003
21
Figura 1
Il Decentramento in Marocco26
Ministero dell’Interno
Wali del capo luogo di regione
•
Informa i membri del Consiglio
ed i commissari sullo stato di
avanzamento delle delibere;
•
Approva le delibere del Consiglio
regionale, delle province/prefetture
e dei comuni
•
Partecipa alle sessioni del
Consiglio, in cui può liberamente
prendere la parola
Governatore della Provincia/
Prefettura
Il governatore è, secondo la
costituzione, il rappresentante del re,
dello Stato e del governo. Ha il potere
di eseguire le deliberazioni
dell’assemblea prefetturale/
provinciale ed esercita la tutela sulle
collettività locali. Inoltre, ha il dovere
di coordinare i servizi esterni, in virtù
dei poteri delegati, allo stesso, dai
differenti Ministeri.
Lo Chef de Cercle
Assicura, sotto la direzione del
governatore, l’applicazione dei
regolamenti e la salvaguardia
dell’ordine pubblico.
Lo chef de Cercle coordina e
supervisiona le attività dei caidat e del
cercle. Svolge la funzione di
consigliere e mediatore per tutte le
questioni di interesse comunale ed
intercomunale.
Caid/Pacha
Il Caid è l’autorità di controllo del
Caidat/ Pachalik (circoscrizione
amministrativa, rispettivamente di
carattere
[…]rurale ed urbano)
Concertazione
Consiglio Regionale
Qualora ritenga che l’esecuzione non sia conforme alle
deliberazioni, può inviare al Wali delle interrogazioni;
Esamina e vota il bilancio, esamina e approva i conti
amministrativi nelle forme e condizioni previste dalla
legge;
Prepara il Piano di sviluppo economico e sociale della
regione, conformemente agli orientamenti e agli obiettivi
indicati dal Piano nazionale di sviluppo;
Elabora lo schema regionale di gestione del territorio,
conformemente agli orientamenti ed obiettivi fissati al
livello nazionale;
Fissa, nell’ambito della legge e dei regolamenti in vigore,
l’aliquota, le tariffe e le regole di percezione delle tasse,
dei canoni e altri diritti percepiti a profitto della regione.
Assemblea Provinciale/ Prefetturale
L’assemblea delibera sulle seguenti questioni:
Concertazione
•
i progetti di prestito;
•
l’acquisizione, la vendita e lo scambio di immobili;
•
la concessione, appalto, e altre forme di gestione dei
servizi pubblici prefetturali e provinciali;
•
i piani o programmi di sviluppo regionale e di
valorizzazione che interessano la prefettura o la
provincia;
•
si occupa di tutte le questioni di carattere
amministrativo ed economico che interessano la
prefettura/ provincia, la collettività provinciale/
prefetturale, o comunale limitrofa
Consiglio Comunale
26
Traduzione dell’autore da: UNDP, 2004, Ministère de la Modernisation des Secteurs Publics, Structure
administrative et décentralisation, Documento di lavoro Gold Maghreb,
22
3.
Incidenza del decentramento sulla democrazia locale
Il contributo del decentramento ad una maggiore caratterizzazione democratica del paese grazie
all’elezione dei rappresentanti locali ed al ricorso al suffragio universale, pare ancora molto debole,
essendo la rappresentatività politica limitata dall’intervento costante dell’amministrazione centrale.
Le manovre del Makhzen e della monarchia sul “jeu politique” impedendo negli anni lo svolgersi di
elezioni libere e corrette hanno contribuito a falsare gli effetti dei meccanismi previsti dalla legge,
ponendosi come un ostacolo piuttosto che un incentivo al rafforzamento della governance
democratica locale.
Sebbene pluripartitico27, dunque, il sistema politico marocchino non può essere qualificato come
pluralista, essendo la rappresentatività politica limitata dall’intervento costante
dell’amministrazione centrale, preoccupata di legittimare il proprio potere, influendo negli esiti
delle differenti operazioni elettorali. Come evidenziato da Sehimi28, infatti, « les élections n’ont pas
pour objet de porter au pouvoir tel parti bénéficiant de la faveur de l’électeur, mais ce de valoriser
la monarchie », in ragione del particolare status religioso e politico ad essa riconosciuto.
Box 3 – Lo status religioso e politico del sovrano in Marocco
La monarchia trae la sua legittimazione dalla discendenza diretta della dinastia chérifienne, dal
profeta Maometto. Il sovrano è, dunque, investito dello statuto di commandeur des croyants (amiral-mouminine), in qualità del quale egli detiene un ruolo di arbitro (arbitre), che lo pone al di sopra
di ogni altro potere e dei partiti stessi.
Tale principio è sancito dalla stessa costituzione, la quale al suo art. 19 prevede:
« Le roi, amir – al- mouminine, représentant supreme de la Nation, symbole de son unité, garant de
la pérennité et de la continuité de l’Etat, ville au respect de l’Islam et de la Constitution. Il est le
protecteur des droits et des libertés des citoyens, groupes sociaux et collectivités ».
In definitiva, la persona del sovrano riunisce due funzioni: quella di massima autorità politica e
religiosa del paese, in virtù della quale egli gode di un’aurea di sacralità ed inviolabilità che si
estende agli stessi atti ed editti reali (Dahir; Messages) da lui emanati. In tale contesto, la
Costituzione perde la sua posizione di superiorità gerarchica tra le fonti del diritto, in quanto “le roisultan-calife-amir-al mouminine-avec tout son arsenal symbolique, se place entre elle et Dieu”29.
Il principio della separazione dei poteri, inoltre, lascia il posto ad una concezione monolitica del
potere, in cui il sovrano, in qualità di principe dei credenti, mantiene il controllo dell’esercizio degli
stessi. A tal proposito, in un suo discordo tenuto in occasione della festa della gioventù, del 10
Luglio 1982, e riportato dal giornale filo – monarchico, Le Matin du Sahara, Hassan II, ha
precisato: “Le fait que je délègue certains pouvoirs au gouvernement et au parlement ne signifie
point de cession”30.
Nella persona del sovrano confluiscono, infatti, in modo diretto od indiretto, sia il potere legislativo,
che esecutivo e giudiziario.
In particolare, sul piano legislativo, il sovrano promulga le leggi (art.26) e dispone di una sorta di
veto legislativo a seguito del quale la Camera deve obbligatoriamente avviare una nuova lettura
27
Il carattere democratico del sistema politico è affidato al dettato costituzionale, il quale oltre a dichiarare
l’interdizione del partito unico, affida l’organizzazione e la rappresentanza dei cittadini ai partiti politici, alle
organizzazioni sindacali, ai consigli comunali e alle camere professionali (art.3).
28
M. Sehimi, 1991, «Maroc: Partis politiques et stratégies électorales», in Elecciones, participación y transiciones
politicas en el Norte de Africa.
29
Ibidem.
30
Tozy M., 1999, Monarchie et Islam politique au Maroc, Press de Science Po, Paris.
23
della legge in questione (artt.67 e 68). Inoltre, egli può sottoporre a referendum qualsiasi proposta
ritenga opportuna, oltre a dichiarare lo Stato di emergenza , avocando a sé la totalità dei poteri.31
Per quanto riguarda il potere esecutivo, “il re nomina il Primo ministro” e, su indicazione dello
stesso, gli altri membri del governo (art.24), tranne nel caso di alcuni ministeri di nomina regia,
detti anche di “souveraineté” (Affari esteri; Interno; Affari islamici; Difesa).
Infine, al re è attribuita la presidenza del Consiglio Superiore della Magistratura (art.32), e su
proposta dello stesso, la nomina dei magistrati.
3.1
Elezioni e rappresentatività politica
In Marocco, il contesto politico è stato dominato dall’intervento del potere centrale, che ha fatto del
“jeu politique” uno strumento teso ad ostacolare la formazione di qualsiasi contropotere che avesse
potuto rappresentare un’opposizione forte alla monarchia, oltre a raccogliere consenso intorno alle
scelte da essa operate, permettendo di aumentarne il prestigio.
In tal senso, negli anni immediatamente successivi all’indipendenza, molte delle manipolazioni del
sovrano per assicurarsi il controllo del potere, sono state rivolte alla marginalizzazione dei partiti
del movimento nazionale32 (PI – Istiqlal, UNFP- Unione Nazionale delle Forze Popolari), favorendo
la costruzione di solide maggioranze intorno a coalizioni vicine al sovrano. Questa strategia,
inaugurata negli anni ’60 con la formazione del MP (Movimento popolare), filo berbero, e del FDIC
(Fronte per la difesa delle Istituzioni costituzionali), ha trovato poi conferma in gran parte delle
consultazioni elettorali successive allo stato di eccezione (1965 – 1970), attraverso la creazione di
ulteriori partiti, come il RNI (Raggruppamento Nazionale degli Indipendenti) nel 1977, il PND
(Partito Nazionale Democratico), la UC (Unione Costituzionale) nel 1984 ed il MNP (Movimento
Nazionale Popolare) nel 1993.
Il panorama politico che ne deriva è caratterizzato da una forte atomizzazione, frutto delle
dinamiche di scissione, che nel tempo hanno investito i partiti politici nell’ambito del più generale
processo di integrazione istituzionale e politica, le cui redini erano tenute dallo stesso sovrano.
Al fine di assicurare il consenso alle formazioni politiche da esso appoggiate, il potere centrale è
ricorso a diversi meccanismi, di carattere essenzialmente tecnico.
Si fa riferimento in particolare, a tutti quegli interventi aventi come effetto la restrizione della
competizione elettorale, tra cui l’adozione per le elezioni dirette di un sistema maggioritario
uninominale, la manipolazione delle liste elettorali da parte degli stessi agenti locali e la
modellazione delle circoscrizioni elettorali. Relativamente a quest’ultimo aspetto, infatti, l’indice di
competitività (numero di candidati/numero di seggi) delle diverse operazioni elettorali mostra una
sproporzione significativa a favore delle zone rurali, roccaforte del potere centrale, a discapito delle
zone di tradizionale dissidenza (zone a Nord e ad Est del paese, il Rif in particolare), e di quelle
urbane, maggiormente soggette all’influenza dei partiti politici di opposizione.
Numerosi sono gli esempi che potrebbero essere addotti a conferma. Particolarmente eloquente, il
caso della città di Rabat presentato da Lopez33, in cui in occasione delle elezioni comunali del 1976
si prevedeva l’elezione di un consigliere comunale ogni 11.850 abitanti, contro i 1.200 abitanti dei
comuni rurali. Lo stesso autore, inoltre, riprendendo un articolo apparso su “Libération”, quotidiano
marocchino in lingua francese, in merito alle elezioni legislative del 1977, ha mostrato come la
nuova divisione elettorale introdotta nel maggio dello stesso anno avesse attribuito, per ogni
31
Pereira
&
Fernandez,
2000,
Istituzioni
Politiche
e
processi
elettorali
in
Marocco,
http://www.regione.toscana.it/cif/quaossel/q44art3.pdf.
32
Movimento in cui si raggruppavano i partiti antagonisti della monarchia negli anni immediatamente successivi
all’indipendenza del Marocco.
33
B. Lopez Garcia, 2000, Marruecos polìtico : Cuarenta anos de procesos electorales (1960 – 2000), Centro de
Investigationes Sociologicas.
24
consigliere, una percentuale maggiore di popolazione alle città rispetto alle campagne, riducendo, in
tal modo, il raggio di azione dei partiti di opposizione (USFP, PPS ed Istiqlal).
La relazione che lega questi ultimi alle zone urbane, trova ulteriore conferma nella maggiore
concentrazione nelle grandi città della percentuale di voti nulli e di astensionismo, in linea con le
denunce dell’opposizione, tradottasi il più delle volte nella mancata presentazione di candidati alle
elezioni, o in un appello al boicottaggio delle stesse.
In particolare, dietro l’aumento progressivo della percentuale di voti nulli, è possibile riscontrare un
“voto cosciente”34, tramite il quale l’elettorato esprime la propria scarsa fiducia nel sistema
elettorale marocchino, soprattutto in considerazione della relazione inversa che lega la percentuale
di voti nulli al tasso di partecipazione (al diminuire dei voti nulli, aumenta la partecipazione) e al
carattere rurale della circoscrizione.
Ciò ha contribuito a generare una generale crisi dei partiti che ha investito e caratterizza ancora il
sistema politico marocchino, come dimostrato dal tasso di astensionismo registrato nei diversi
confronti elettorali. Il clima di sfiducia è presente, in particolare, nelle fasce più giovani della
popolazione, soprattutto urbane, scoraggiate dalla presenza di un deficit sociale crescente, e che non
trovano nei partiti politici interlocutori adeguati nei quali riconoscersi ed a cui affidare le proprie
rivendicazioni.
Esiste il rischio che tale malcontento si traduca, soprattutto in occasione delle elezioni locali, in un
aumento considerevole del consenso verso i movimenti islamici, tradizionalmente, molto attivi
nell’ambito delle organizzazioni della società civile e per questo ben visti dalla popolazione locale.
L’azione dei movimenti islamici, concentrata prevalentemente nelle realtà urbane e peri – urbane, si
inserisce, a detta di Tozy, nella “modernité”, per la presenza di leader relativamente giovani (molti
di essi non superano i quarant’anni) ed istruiti35. Ciò trova conferma in una rilevata diffusa presenza
dei militanti dei movimenti islamici nel settore dell’istruzione. Non bisogna dimenticare, a tal
proposito, che molti degli esponenti principali di tali movimenti, tra cui A. Moti, guida
dell’Association de la Jeunesse Islamique, e A. Yacine, cheikh de Al-‘Adl wa-l-Ihsan, hanno
ricoperto il ruolo di ispettori dell’Education Nationale.
Negli ultimi anni, eminenti politologi e studiosi marocchini ed internazionali hanno cercato di
trovare una risposta all’incertezza sul ruolo futuro delle forze islamiche in Marocco e sulla possibile
evoluzione di quella che fino a poco tempo fa era stata definita da più parti l’eccezione marocchina.
M. Tozy, in particolare, ritiene che l’attuale configurazione del sistema politico, ed il peso
preponderante della monarchia nella formazione del governo, dovrebbero contribuire a contenere
gli effetti di un’eventuale ascesa al potere dei movimenti islamici. Difatti, il politologo marocchino
ha più volte sottolineato come, dal momento in cui il Makhzen ha preso coscienza della minaccia
rappresentata dai movimenti islamici, esso abbia reiterato la tattica tradizionalmente utilizzata nei
confronti delle sacche di dissidenza di volta in volta manifestatesi nel paese, e consistente nella loro
integrazione nel sistema politico, al fine di assicurare un controllo più stretto ed efficace delle
stesse.
Le vicende che hanno interessato due tra i maggiori movimenti islamici del paese sembrano
avvalorare questa ipotesi. Si tratta del PJD (Parti de Justice et Développement) del neo designato
Saad Eddin Al Uthmani e del movimento Al-‘Adl wa-l-Ihsan, che fa capo allo sceicco (cheik)36
A.Yacine. La posizione riconosciuta loro all’interno del sistema politico marocchino, infatti, è il
34
Ibidem.
Intervista di Lagarde D. al Prof M. Tozy, 2002, Où vont – ils les islamistes ?, L’Express
(http://www.lexpress.fr/formatimp/default.asp?idarticle=420158&url=http://www.lexpress.fr/Express/Info/Monde/Doss
ier/maroc/dossier.asp?ida=420158).
36
Il termine Cheikh viene dall’arabo shaykh e significa “vecchio”. Tendeva originariamente a designare un uomo di una
certa età, rispettato per la sua esperienza e conoscenza. In questo caso viene utilizzato, piuttosto, per identificare una
persona che possiede una determinata autorità religiosa e si ponga come iniziatore di una determinata regola.
35
25
frutto di scelte antitetiche: di compromesso e di accettazione delle regole del gioco politico per il
PJD, e di netta contrapposizione, nel caso del movimento di Yacine.
Proprio per questo, ad oggi, il PJD rappresenta l’unico partito islamico legale in Marocco.
Il PJD, all’epoca, Al–Jama’a al–Islamjya, ha mostrato sin dalla sua creazione una “sensibilité
politique très forte qui le prédispose au compromis avec les autorités”37, distinguendosi dagli altri
gruppi islamici. La sua integrazione nel campo politico, tuttavia, non è stata immediata. Creato
ufficialmente nel 1981–1982, da precedenti militanti della Association de la Jeunesse Islamique
(Ach-chabiba al-Islamya), Al–Jama’a, denominato nel 1992, Al-Islah-wa-t-Tajdid (Réforme et
Renouveau), ha visto rifiutata l’autorizzazione alla propria domanda di creazione di un partito
politico ben due volte, prima nel 1989 ed in seguito nel 1992. Affinché l’integrazione avvenisse,
infatti, era necessario che essa rispondesse a criteri conformi ai disegni del potere centrale.
Solo in seguito alla scelta di associarsi con un partito ufficiale il MPCD (Mouvement populaire
constitutionnel démocratique), tra i principali partiti pro – governativi e guidato da un membro della
famiglia reale, al-Kathib, ha permesso la concreta realizzazione del suo obiettivo.
Avviata nel 1992, ma divenuta operativa e resa ufficiale nel 1996, l’OPA (Offerta Pubblica di
Acquisto), con il MPCD, così come definita da Tozy38, rappresentava, dunque, un altro punto
segnato a favore del Makhzen. Il riconoscimento indiretto dell’islamismo politico e la sua
“domiciliation dans une coquille tenue au chaud”39 (o in una “coquille vide”, come la denomina
Vermeren40), avrebbe, infatti, permesso, da un lato, di isolare il movimento di Yacine, e dall’altro di
catturare parte dell’elettorato dell’Istiqlal e dell’USFP. Così, dopo i timidi risultati delle elezioni
legislative del 1997, (elezione di 9 dei 142 candidati presentati), il PJD ha ottenuto un successo
maggiore nel 2002, diventando la terza formazione politica del regno, con 43 seggi al Parlamento.
Tuttavia, in occasione delle elezioni comunali del 12 settembre 2003, il successo elettorale del PJD
ha subito un significativo ridimensionamento, mostrando una situazione in decisa controtendenza
rispetto alle legislative del 2002. Secondo i dati diffusi dal Ministero dell’Interno, infatti, solo il
2,5% dei voti sarebbe andato al PJD.
Il confronto elettorale locale sembrava, dunque, allontanare il rischio, paventato da molti, che
l’elezione diretta degli organi decentrati (in questo caso del consiglio comunale) potesse comportare
un rafforzamento della presenza islamica nelle assise del potere. In realtà, un elemento determinante
è intervenuto a distorcere l’esito dei risultati, falsando l’effettiva configurazione politica del paese:
l’accordo preventivo stretto dallo stesso PJD con le autorità centrali e consistente nella
presentazione di propri candidati in un numero limitato di circoscrizioni (pari al 18%).
Ciononostante, il risultato del PJD deve far riflettere. Esso non è affatto così mediocre come
potrebbe sembrare in apparenza. Tra tutti i 26 partiti partecipanti alla competizione, il PJD ha
raggiunto l’undicesimo posto, ottenendo 593 seggi su 23.000. Inoltre, nelle circoscrizioni in cui ha
presentato candidati, il PJD ha raggiunto un punteggio significativo posizionandosi, tra l’altro, al
terzo posto a Casablanca, e confermando, in tal modo, la buona performance registrata in occasione
delle elezioni legislative del 2002.
Il percorso intrapreso dal Movimento Al-‘Adl wa-l-Ihsan, mostra notevoli differenze rispetto al PJD.
A tutt’oggi, esso rimane formalmente nell’illegalità. Difatti, malgrado sia operativamente molto
attivo all’interno del paese, esso si pone ai margini del sistema politico in ragione
dell’atteggiamento di contrapposizione verso il potere centrale e la corona, in particolare,
manifestato dallo cheikh.
37
Tozy M., 1999, Monarchie et Islam politique au Maroc, Press de Science Po, Paris.
Ibidem.
39
Citazione da : La vie économique, 3827, 20 juillet 1995, pg.1, in Tozy M., 1999, op. cit.
40
Vermeren Pierre, 2002, Le Maroc en Transition, La Dècouverte, Paris.
38
26
La figura di Yacine è venuta alla ribalta della cronaca nel 1974, con la pubblicazione della sua
“Lettre au Roi”41, lettera aperta con la quale invitava il sovrano, Hassan II, “avec franchise et
honnêteté à appliquer la loi de Dieu sans tarder”, presentandosi come un berbero di discendenza
chérifienne idrisside (vedi box 3), e facendo così acquisire al suo gesto una valenza di aperta sfida
politica, collocandosi automaticamente tra i predicatori pretendenti alla successione. In questa
situazione, la tattica prescelta dal Makhzen passa dall’integrazione al fine del controllo, alla
neutralizzazione della dissidenza.
In una delle sue opere maggiori, “Monarchie et Islam politique au Maroc”, Tozy considera la
partecipazione alle elezioni del 1997 del PJD, come un punto di svolta per il panorama politico
marocchino, precisando come “le temps ne joue plus en faveur de Yacine”, sia per una questione di
età che di opportunità politica. L’autore ritiene, infatti, che continuando a perseguire la sua azione ai
margini del sistema politico, egli contribuirà oggettivamente e indirettamente al consolidamento di
un islamismo soft, ed alla propria ulteriore emarginazione.
Tuttavia, fa presente Tozy, la questione dell’integrazione del Al–‘Adl wa–l–Ihsan nel sistema
politico è tutt’altro che chiusa. Un cambio di leadership in seno al movimento potrebbe determinare
una svolta decisiva verso la sua integrazione, considerando che il suo Consiglio non ha una
posizione unanime sulla questione e che i due terzi dei suoi membri hanno circa la metà degli anni
di Yacine, e “hâte de tester directement leur savoir–faire politique”.
3.2
Partecipazione e decentramento
L’avvicinamento del livello decisionale ai cittadini attraverso il trasferimento di competenze e di
strumenti idonei al loro esercizio rientra tra gli obiettivi dichiarati del decentramento, e costituisce,
nel contempo il canale attraverso cui veicolare il sistema verso un maggiore grado di qualificazione
democratica, e di sviluppo economico e sociale.
Le autorità locali, infatti, sono in grado di rispondere più efficacemente ai bisogni della
popolazione, in virtù di una conoscenza più approfondita del contesto di riferimento. Tuttavia, in
Marocco, come abbiamo avuto modo di vedere nei paragrafi precedenti, la mancanza di autonomia
decisionale e finanziaria, unita ad un deficit di risorse umane qualificate, ostacolano la realizzazione
di questo obiettivo.
L’immagine delle collettività locali riceve in tal modo un grave contraccolpo all’interno
dell’opinione pubblica, dando luogo ad una situazione paradossale, in cui il progredire del processo
di decentramento si accompagna ad un disinteresse crescente per gli affari locali42.
Anche la rappresentatività politica degli eletti locali, viene così ad essere minacciata. Non solo,
infatti, la popolazione manifesta una certo malcontento verso gli eletti locali identificandoli come i
responsabili del proprio disagio, ma difficilmente essa è in grado di percepire la differenza tra questi
e gli agenti locali, espressione del potere centrale.
La situazione è aggravata dalla debolezza della partecipazione diretta della popolazione alla
gestione locale. Quello tra il decentramento e la partecipazione, infatti, è un rapporto simbiotico, in
assenza del quale non ha luogo alcuno scambio di informazioni tra i cittadini e le collettività locali,
privando quest’ultime di un meccanismo di feedback, necessario ad impostare la propria azione in
modo da rispondere in maniera più mirata ai bisogni effettivi della popolazione.
In ogni modo, una maggiore partecipazione deve fare i conti con una serie di problemi, tra cui la
mancanza di adeguate previsioni legislative, l’assenza di maggioranze stabili in seno ai Consigli
41
Il gesto in questione, valse a Yacine tre anni e mezzo di prigione, di cui due di reclusione in un ospedale psichiatrico.
Tuttavia, le vicissitudini dello Cheikh, non finirono lì, confinato, dal 30 dicembre 1989, ad una sorta di arresti
domiciliari nella città di Salè, e liberato solo recentemente dal nuovo sovrano.
42
Sediari Ali, La recomposition institutionnelle des territoires au Maroc, in Sedjari Ali (diretto da), 1999,
Aménagement du territoire et développement durable – Quelles Intermédiations ?, GRET, L’Harmattan.
27
comunali, e la diffusa diffidenza mostrata dagli eletti locali nei confronti degli attori del mondo
associativo, nei quali vedono potenziali concorrenti politici.
La nuova Carta Comunale (legge 78/00), tuttavia, sembra innovare in tal senso. Essa, infatti, ha
espressamente previsto la partecipazione dei cittadini e delle ONG alla gestione comunale.
In particolare, è stata riconosciuta (art. 38 e 41) al Consiglio comunale la possibilità di incoraggiare
la creazione di associazioni di quartiere in materia urbanistica, oltre che d’incoraggiare e sostenere
le organizzazioni e le associazioni a carattere sociale, culturale e sportivo.
La nuova Carta contiene, altresì, un’esortazione al Consiglio affinché assuma l’iniziativa della
realizzazione di azioni locali finalizzate a:
•
responsabilizzare il cittadino;
•
organizzare la sua partecipazione;
•
incoraggiare lo sviluppo del movimento associativo.
Sebbene incoraggianti, queste nuove disposizioni presentano una lacuna di fondo, consistente nella
estrema generalità delle indicazioni espresse, non avendo individuato a priori né le strutture né
meccanismi entro i quali la rinnovata partecipazione dovrebbe avere luogo.
3.2.1
LA SOCIETÀ MAROCCHINA, TRA TRASFORMAZIONI E DINAMISMO CIVILE
La definizione di forme di partnership tra collettività locali e organizzazioni della società civile
assume, oggi, in Marocco, una necessità impellente considerata la dinamicità dimostrata dalle ONG,
ed il riconoscimento di cui godono tra la popolazione.
Negli anni, infatti, la partecipazione dei cittadini alla gestione locale si è esplicata soprattutto
attraverso l’azione condotta dalle associazioni.
L’intensità del fenomeno associativo in Marocco affonda le sue radici nella tradizione comunitaria
d’origine arabo – musulmana e berbera; e nelle forme di solidarietà proprie della civilizzazione
marocchina, seppur secondo pratiche differenti tra zone rurali ed urbane del paese.
In ambito rurale, la partecipazione canalizzata all’interno di apposite istituzioni, le Jemaa, (vedi §
1.1), si accompagnava alla presenza di numerose associazioni informali, il cui fine consisteva nel
concentrare gli sforzi collettivi per il superamento delle difficoltà che la vita in campagna
comportava43.
Nelle città, essa si manifestava per lo più nell’ambito del commercio attraverso, ad esempio, la
creazione di corporazioni di mestiere, all’interno delle quali i membri eleggevano i propri
rappresentanti, incaricati di difendere gli interessi della categoria. Tra le forme di partecipazione
riscontrate, inoltre, ricordiamo la presenza in ogni quartiere (Al Haouma) di un rappresentante della
popolazione, il cui compito consisteva nel porsi come interlocutore tra la stessa e gli agenti locali
del Makhzen44.
Dal punto di vista giuridico, la prima legislazione introdotta a regolazione dell’attività associativa
risale al periodo del protettorato (1914), seguita, dall’emanazione, all’indomani dell’indipendenza,
dal Dahir sulle Libertà pubbliche (1958).
Allora il campo associativo era composto soprattutto da strutture di tipo caritativo, che vedevano
spesso il coinvolgimento diretto di membri della famiglia reale, assumendo in tal caso un carattere
essenzialmente pro- governativo45.
Nel 1973, la modifica del Dahir del 1958, ha coinciso con il mutamento del contesto politico,
determinando l’introduzione di una serie di restrizioni e controlli che hanno contribuito ad inasprire
la vitalità propria della società civile marocchina. Bisognerà attendere gli anni ’80 affinché un certo
43
Roque Maria – Angels (dir.), 2002, La sociedad civil en Marruecos, Icaria, Antrazyt/IEMED.
Abbadi Driss, Gouvernance partecipative locale au Maroc, Edition 2004.
45
Roque Maria – Angels (dir.), 2002, La sociedad civil en Marruecos, Icaria, Antrazyt/IEMED.
44
28
affievolimento delle restrizioni, conduca ad una più spontanea espressione del fenomeno associativo
e ad una sua maggiore diffusione.
Sebbene non esistano statistiche ufficiali, si stima che oggi le associazioni presenti siano circa
30,000, di cui 142 dichiarate di utilità pubblica.
Alla base, troviamo una rivoluzione di carattere ideologico in seno alle organizzazioni della società
civile, che ha permesso loro di passare dalla critica e contrapposizione verso le istituzioni statuali,
all’adozione di un atteggiamento di collaborazione e supporto delle stesse. Ad esso è corrisposto un
mutato atteggiamento da parte del potere centrale, manifestatosi nella concessione alla società civile
di spazi più ampi di rappresentatività e di intervento, destinati, col tempo, ad una sempre maggiore
espansione.
A riprova di ciò vi è la previsione tra gli orientamenti e gli obiettivi del Piano 2000–2004, de « la
politique de promotion de l’économie sociale, des organismes et des associations professionnelles,
la mobilisation en faveur de la performance et la solidarité sociale, l’adoption d’une politique
contractuelle entre les composantes de l’économie sociale, l’administration, les collectivités locales
et tout autre intervenant, le développement des ressources humaines et financières de l’économie
sociale et favoriser la régionalisation dans la promotion de l’économie sociale »46.
I fattori da addurre a spiegazione di questa tendenza sono molteplici.
Alla volontà dichiarata di contrastare, all’inizio degli anni ’80, il dominio dei movimenti islamici
all’interno della società civile, si aggiungono le numerose pressioni internazionali che reclamavano
una maggiore apertura democratica da parte del sovrano e gli incentivi provenienti dalle
organizzazioni internazionali che richiedevano, soprattutto a partire dagli anni ’90, il
coinvolgimento di almeno una ONG locale47, nell’implementazione dei progetti di sviluppo.
Lo Stato, inoltre, ha favorito questo processo, considerandolo funzionale alla limitazione del disagio
sociale causato dal processo di liberalizzazione economica, avviato negli anni ’80 con l’adozione
del Piano di Aggiustamento Strutturale (PAS) su raccomandazione del Fondo Monetario
Internazionale. L’attuazione del PAS, nel corso degli anni ’80, infatti, aveva limitato
considerevolmente il tradizionale intervento statale in settori strategici quali la salute, l’istruzione,
la formazione o lo sviluppo rurale.
Il disimpegno dello stato, insieme ad una congiuntura economica sfavorevole dovuta al prolungarsi
di un periodo di intensa siccità, ha condotto il paese verso una situazione di recessione economica.
Nel corso degli anni’90, infatti, la crescita del PIL ha raggiunto percentuali inferiori al 3%, quando
le organizzazioni internazionali avevano previsto al 7-8%, la percentuale di crescita da raggiungere
affinché il paese potesse intraprendere il necessario percorso di sviluppo48. Ne è conseguito un
aumento considerevole del livello di povertà. La parte della popolazione al di sotto della soglia di
povertà, è, così, passata dal 13% al 19% da 1991 a 1999 (pari a 3,2 a 5,3 milioni di persone)49, a cui
ha fatto seguito un progressivo degrado delle condizioni di vita della popolazione.
Il disagio sociale generato dall’insieme di questi fattori rappresenta un elemento dal forte potenziale
destabilizzante, più volte tradottosi, sin dagli anni ’80, in movimenti di rivolta, soprattutto urbana, a
cui si aggiunge il rischio, che gruppi estremisti facciano proseliti tra le frange più povere della
società, come dimostrato dagli eventi del 16 maggio 200350.
46
Abbadi Driss, Gouvernance partecipative locale au Maroc, Edition 2004.
Vermeren Pierre, 2002, Le Maroc en Transition, La Dècouverte, Paris.
48
Roque Maria – Angels (dir.), 2002, La sociedad civil en Marruecos, Icaria, Antrazyt/IEMED.
49
Vermeren Pierre, 2002, op. cit.
50
Attentati suicidi di Casablanca ad opera di kamikaze cresciuti nelle banlieu della città e aderenti alla Salafia al –
Djihadia (“Il Combattimento salafista”).
47
29
In questo contesto, dunque, il ruolo delle organizzazioni della società civile assume un’importanza
sempre maggiore, ponendosi come intermediarie naturali tra il cittadino e lo Stato, svolgendo una
funzione suppletiva dello Stato laddove il suo intervento risulti carente.
Quest’ultimo aspetto, tuttavia, nasconde delle problematiche importanti. In primo luogo, l’azione
delle ONG, sebbene, efficace non può porsi come sostitutiva dello Stato nell’esecuzione delle
proprie responsabilità. Inoltre, non si esclude la possibilità che il loro attivismo contribuisca a
delegittimare il ruolo delle collettività locali nello sviluppo locale.
La necessità di prevedere meccanismi adeguati alla realizzazione di partnership tra autorità locali e
organizzazioni della società civile si fa, dunque, particolarmente pressante soprattutto nel campo
dello sviluppo economico e sociale. Da questo potrebbe derivare un contributo importante
all’evolvere del processo di decentramento nel paese, raccogliendo consenso intorno agli interventi
implementati dalle collettività locali e rendendo più visibile la loro azione tra la popolazione.
Le associazioni a vocazione economica e sociale non esauriscono il panorama delle organizzazioni
della società civile presenti in Marocco.
L’apertura democratica, verificatasi all’inizio degli anni’90, ha permesso la nascita di numerose
associazioni attive nel campo della protezione dei diritti umani e del miglioramento delle condizioni
di vita delle donne, settori questi, in cui l’associazionismo ha e continua a mostrare grande
dinamicità.
Il movimento a difesa dei diritti umani, sebbene incoraggiato dalla maggiore apertura politica
verificatasi in seguito alle pressioni internazionali, prende le mosse da fattori endogeni alla società
marocchina, che in qualche modo anticipano la vague degli anni ’90, con la creazione negli anni ’70
ed ’80 di importanti associazioni indipendenti quali: la Lega marocchina dei diritti dell’uomo
(AMDH) creata nel 1972; l’Organizzazione marocchina dei diritti dell’uomo (OMDH), fondata nel
1988, a cui ha fatto seguito il Comitato di difesa dei diritti dell’uomo (CDDH) nel 199251.
Tra le iniziative intraprese nell’ultimo decennio e che dimostrano una maggiore sensibilità della
corona alla questione dei diritti umani bisogna annoverare la creazione da parte di Hassan II (1990)
di un Comitato consultivo dei diritti dell’uomo (CCDH), che ha riconosciuto la sparizione di 56
uomini militanti dell’opposizione, proponendo la corresponsione di un indennizzo alle famiglie;
oltre alla creazione, nel 1993, del Ministero dei Diritti dell’Uomo.
La salita al potere del nuovo sovrano, Mohamed VI (1999), ha contribuito alla manifestazione di
ulteriori importanti segni di apertura, tra cui la creazione di una commissione per l’indennizzo delle
vittime degli abusi di potere, ed il ritorno di Abraham Serfaty52, o la visita nell’autunno del 2000
alla famigerata prigione (ancien bagne) di Tazmamart53.
Il miglioramento della condizione della donna è un altro settore in cui le ONG hanno mostrato un
notevole fermento nei due ultimi decenni. Non solo, infatti, il loro numero si è notevolmente
accresciuto, ma esse sono state oggetto di un importante mutazione, che ha investito soprattutto gli
obiettivi d’azione passando dall’intervento a favore dell’alfabetizzazione, formazione professionale,
informazione ed opere di carità, a rivendicazioni di carattere politico e sociale, quali54:
•
la revisione dei testi che regolano la condizione della donna, adeguandoli alle convenzioni
internazionali;
•
la lotta contro ogni forma di discriminazione;
51
Vermeren Pierre, 2002, op. cit.
Uno tra i più celebri oppositori al regime di Hassan II. Perseguitatao per il suo impegno a favore della democrazia, ha
trascorso 15 mesi in clandestinità, 7 anni in prigione e 8 anni in esilio.
53
Per un approfondimento del tema si veda : Marzouki Ahmed, Tazmamart, cellule 10, Paris – Méditerranée, Paris,
2000.
54
Sghir Janjar M., Surgimiento de la sociedad civil en Marruecos : el caso del movimiento asociativo feminino, in
Roque Maria – Angels (dir.), 2002, La sociedad civil en Marruecos, Icaria, Antrazyt/IEMED.
52
30
•
l’uguaglianza tra i sessi sul piano economico e sociale;
•
la revisione della Mudawana (Codice di Famiglia).
Tra le maggiori rivendicazioni, inoltre, troviamo una maggiore partecipazione delle donne alla vita
politica del paese. Sotto questo punto di vista il cammino da percorrere è ancora lungo, come
dimostrato dai risultati delle ultime elezioni comunali del 12 settembre 2003, in cui, solo 127 (meno
dell’1%) dei 22 943 eletti sono donne.
Box 4 – La riforma della Mudawana: che cosa cambia?
La condizione della donna, in Marocco, è regolata dalla Mudawana (Codice di famiglia), elaborato
nel 1957. La sua revisione è stata oggetto della maggior parte delle rivendicazioni delle associazioni
femminili, resisi più insistenti soprattutto a partire dagli anni ’80, ed ha incontrato numerose
opposizioni, manifestate, in particolar modo, dai movimenti islamici.
Prima della recente riforma, la Mudawana considerava le donne come incapaci d’agire,
sottoponendole, nel corso della loro intera esistenza alla tutela maschile, nella persona del padre,
prima, e del marito o del fratello, successivamente.
Nell’ambito della famiglia, inoltre, esisteva una vera e propria sproporzione tra i diritti dei due
coniugi a favore del marito, capo di famiglia. Egli, dunque, poteva decidere di ripudiare la moglie ,
ed assumere unilateralmente la decisione di divorzio. Il marito aveva, comunque, l’obbligo di
comunicare la decisione, anche oralmente, alla moglie. La donna, da parte sua, aveva il diritto di
chiedere il divorzio, ma, nel caso fosse mancato il consenso del marito, la sua domanda poteva
essere accolta solo provando la presenza di una colpa grave dello stesso, comprovata dalla
testimonianza di 6 testimoni. Naturalmente, non poteva essere annoverata tra le colpe gravi, né la
poligamia, autorizzata dall’Islam(un uomo può avere fino a 4 mogli), né il tradimento.
Con la riforma del Codice di famiglia approvata all’unanimità dal Parlamento marocchino nel
gennaio 2004, ai coniugi viene riconosciuta l’uguaglianza dei diritti e doveri. La famiglia è posta,
dunque, sotto la responsabilità congiunta dei coniugi, ai quali viene riconosciuto un uguale diritto al
divorzio e oltre alla possibilità di ripudiare l’altro, condizionando, però, la loro efficacia
all’approvazione del giudice.
D’altro canto, la poligamia continuerà ad esistere, benché sia stata introdotta la possibilità per la
moglie di obbligare il marito a non esercitarla, mediante un contratto prematrimoniale.
Tra le innovazioni introdotte, infine, ricordiamo la prevista creazione di appositi tribunali di
famiglia.
La revisione della Mudawana costituisce sicuramente un primo importantissimo passo avanti nel
miglioramento della condizione della donna, in Marocco. Resta, tuttavia, da affrontare, un
importante dilemma, riguardante il reale impatto della stessa nel paese, considerando che l’alto
tasso di analfabetismo, soprattutto nelle aree rurali, limiterà la sua applicazione.
31
Allegato I
Rassegna dei principali programmi implementati dalle Organizzazioni Internazionali a favore
della Governance democratica locale
Il sostegno al decentramento e più in generale alla governance democratica vede in Marocco il
coinvolgimento di numerose organizzazioni internazionali, attive da tempo nel paese.
Sebbene le strategie d’azione differiscano l’una dall’altra, gli interventi guardano alle riforme della
pubblica amministrazione come passaggio obbligato per il raggiungimento degli obiettivi di
maggiore sviluppo economico e sociale, e di miglioramento delle condizioni di vita della
popolazione, mantenendo vivo l’impegno al sostegno di un più attivo coinvolgimento della società
civile nei processi di governance.
Prima fra tutte, la Banca Mondiale partendo dalla considerazione del ruolo predominate mantenuto
dallo Stato nella gestione dei servizi essenziali e dell’eccessiva centralizzazione
dell’amministrazione, ha previsto di sostenere il decentramento in entrambe le componenti della
strategia (CAS – Stratégie de coopération avec le Maroc):
•
“Programma di base” (150 milioni di €) finalizzati ad accrescere i redditi delle famiglie; le
opportunità economiche e l’accesso ai servizi di sociali e alle infrastrutture di base nelle zone
rurali più marginalizzate;
•
“Riforme settoriali” (100 milioni di euro):nell’ambito della quale sostenere le riforme
intraprese dal governo, in modo da sostenere la crescita e aumentare la crescita e la produttività
del settore pubblico.
Nel primo caso, la Governance (5 milioni €) rappresenta una priorità della componente, attraverso
la quale si persegue la realizzazione di azioni di sostegno alle riforme amministrative intraprese dal
governo, segnatamente nel campo della gestione delle spese pubbliche, del pubblico impiego, del
sistema giudiziario, e del decentramento. In quest’ultimo caso, in particolare, l’azione della Banca è
finalizzata ad incoraggiare e dare un sostegno tecnico al processo di decentramento, alla
deconcentrazione dei servizi pubblici, oltre che al rafforzamento delle capacità delle collettività
locali, coordinando gli sforzi delle stesse con gli attori della società civile.
Il decentramento e lo sviluppo municipale rientra, inoltre, tra gli ambiti di intervento della
componente “riforme settoriali”. L’obiettivo, in questo caso, consiste nel migliorare le capacità di
gestione finanziaria a livello locale e arrivare ad un decentramento effettivo delle responsabilità e
della presa delle decisioni, conformemente a quanto previsto dalla nuova carta comunale.
Lo United Nations Development Programme (UNDP), da parte sua, ha confermato (CCP - Cadre
coopération Pays – 2002-2006) le priorità che nella sua azione assumono lo sviluppo umano e la
lotta contro la povertà. A tal fine la governance diviene un ambito specifico di cooperazione,
essendo considerato “perhaps the most important factor in eradicating poverty and promoting
developement” (Kofi A. Annan).
Il rafforzamento delle capacità delle istituzioni chiave in materia di governance, dunque, è un
settore prioritario di intervento nell’obiettivo di promuovere il processo di riforma in corso e la
governance locale, sostenendo il processo di decentramento e deconcentrazione; favorendo la
cultura dei diritti umani; promovendo l’accesso alle tecnologie dell’informazione e della
comunicazione a servizio dello sviluppo e della lotta contro la povertà.
Per quanto attiene più propriamente la governance locale, si persegue la realizzazione dei seguenti
risultati55:
55
Per maggiori informazioni sui progetti in corso, si veda il sito: www.pnud.org.ma/programme.asp?s=p&m=5&r=34
32
•
l’avvio di un processo di pianificazione strategica avente ad oggetto il piano di sviluppo 2000
– 2004, realizzato sia a livello nazionale che decentrato;
•
un controllo finanziario decentrato e più efficiente, sostenendo la creazione di Corti dei conti
regionali;
•
la realizzazione di programmi nazionali finalizzati a migliorare l’accesso della popolazione ai
servizi sociali di base, gestiti in maniera decentrata e partecipativa.
Gli assi prioritari che compongono il CCP 2002 – 2006 sono speculari a quelli del programma
regionale (Cadre régional de coopération du PNUD pour les pays arabes 2002 – 2004) di
governance dello stesso UNDP a favore dei paesi arabi: il POGAR56, Programme on Governance
in the Arab Region, avviato nel 2000, su richiesta degli stessi beneficiari57, ed in risposta alla
necessità “to strengthen the capacity of all countries to implement the principles and practices of
democracy and respect for human rights”, espressa dalla Dichiarazione del Millennio delle Nazioni
Unite.
Riconoscendo lo stretto legame esistente tra la good governance e lo sviluppo umano sostenibile, la
missione del POGAR consiste nel prestare assistenza agli attori governativi, della società civile e
del settore privato, al fine di migliorare i processi di governance nei paesi arabi, incanalando le
proprie attività all’interno di tre assi prioritari, segnatamente: stato di diritto; partecipazione;
trasparenza e controllo.
L’azione di UNDP in questo ambito si sostanzia di un altro importante strumento: il programma
GOLD Maghreb. Il GOLD è un’iniziativa di partenariato per la Gouvenance Locale et le
Développement nel Maghreb, la quale si propone di offrire alle amministrazioni locali un quadro di
riferimento e strumenti operativi atti ad incoraggiare e facilitare la creazione di partenariati
territoriali internazionali.
Nel dettaglio, gli obiettivi del GOLD consistono principalmente nel:
•
sostegno all’azione dei governi, della società civile e del settore privato a favore della
promozione del processo di decentramento e dello sviluppo integrato e partecipativo locale;
•
appoggio al processo di sviluppo locale, attraverso un migliore utilizzo delle risorse della
cooperazione internazionale, decentrata e della cooperazione sud – sud.
La strategia dell’iniziativa prevede la realizzazione degli obiettivi nell’ambito di programmi di
sviluppo locale e di strumenti di pianificazione e coordinamento già esistenti attuati dagli stessi
attori locali e nazionali, in collaborazione con UNDP. Gli ambiti di intervento riguardano, più
precisamente, la promozione culturale e la lotta contro l’esclusione sociale, lo sviluppo economico e
sociale e la governance locale.
Per quanto riguarda la governance locale, in particolare, l’azione si concentra sul sostegno alle
istituzioni locali per la pianificazione e gestione del processo di sviluppo integrato e partecipativo;
in attività di formazione; e nella produzione di documenti di marketing territoriale, al fine di far
emergere le potenzialità e individuare le risorse locali su cui ancorare il processo di sviluppo, e
intorno alle quali favorire la mobilitazione di risorse nazionali ed internazionali.
I documenti di marketing territoriale, redatti da appositi gruppi di lavoro, costituiscono lo strumento
tramite cui stabilire, nell’ambito di ambiti prioritari determinati, nuovi partenariati territoriali con le
amministrazioni locali europee, e allo stesso tempo veicolo, per queste ultime, di ulteriore
internazionalizzazione.
56
Sito: http://www.pogar.org.
Algeria, Egitto, Giordania, Kuwait, Libano, Marocco, Oman, Territori palestinesi occupati, Sudan, Siria, Tunisia,
Emirati arabi, Yemen, e altri.
57
33
La governance democratica, rientra altresì, tra gli ambiti di azione previsti dalla Assistance Strategy
for Morocco, 2004 – 200858, dell’Agenzia Americana per lo Sviluppo Internazionale, USAID, in
risposta all’obiettivo globale di favorire l’emergere di una società istruita e democratica in grado di
competere con successo sul mercato globale, ed in particolare di approfittare al meglio delle sfide
poste dalla creazione delle aree di libero scambio con gli USA e con l’Unione Europea.
Più propriamente, nell’ambito del terzo pilastro della strategia di USAID intitolato alla democrazia
e alla governance, saranno implementate azioni finalizzate ad accompagnare il trasferimento di
poteri alle collettività locali, nell’ambito del più generale processo di decentramento e
deconcentrazione in corso, aumentandone l’efficacia. In particolare, si vuole migliorare la
disponibilità di risorse umane e finanziarie a loro disposizione, e necessarie a formulare,
implementare e rafforzare decisioni di policy, oltre che ad ottenere un’erogazione più efficiente e
trasparente dei servizi essenziali.
E’ prevista, altresì, una concentrazione degli interventi in regioni e comuni urbani (con un numero
di abitanti compreso tra 50.000 e 100.000), che rispondano a determinate condizioni, quali:
un’elevata povertà rurale; la complementarietà con le attività di altri donor; la presenza di un
potenziale di partnership con leader locali.
Il sostegno al decentramento non rappresenta una novità tra le priorità di azione di USAID. Esso,
infatti, costituiva un tema di carattere trasversale nell’ambito delle attività previste per il biennio
2000 – 2002. In questo caso, in particolare, le azioni sono state concentrate nella Regione di Souss –
Massa – Draa, al fine di sviluppare una strategia in grado di fornire un modello da replicare in altre
zone del Marocco.
Tra le attività previste troviamo:
•
misure per rafforzare ed integrare le organizzazioni della società civile e le collettività locali
nella regione di Souss – Massa – Draa; coinvolgere la società civile nel processo di sviluppo
locale, rafforzando le loro capacità interne e di organizzazione; favorire la creazione di
partnership tra le organizzazioni della società civile e le autorità locali;
•
la pianificazione ed implementazione dei piani di sviluppo locale;
•
azioni di assistenza tecnica e formazione finalizzate alla partecipazione delle donne.
Il sostegno ai processi di governance locale perseguito nell’ambito della strategia di cooperazione
di USAID si inserisce esplicitamente nella lotta contro il terrorismo internazionale intrapresa dal
governo americano.
Gli attentati sanguinari del 16 maggio 2003 a Casablanca hanno fatto emergere con forza l’esistenza
di una relazione tra la diffusione dell’Islam radicale e il disagio sociale degli abitanti dei quartieri
poveri delle grandi città, generato dall’assenza di servizi essenziali, dalla disoccupazione e
dall’indigenza.
Allo stesso modo, tale relazione rientra tra le priorità di azione del PIN (Piano Indicativo Nazionale)
2005 – 2006, nell’ambito della cooperazione bilaterale tra l’Unione Europea ed il Marocco,
prevedendo interventi (90 M€ da impegnare nel 2005) per lo smantellamento delle bidonvilles e la
riqualificazione della zona abitativa interessata.
Tra gli obiettivi della cooperazione UE – Marocco, inoltre, troviamo il miglioramento della
governance democratica locale attraverso le azioni intraprese nel quadro del Programma MEDA e
dell’Iniziativa Europea per la Democrazia ed i Diritti Umani (IEDDH).
Nell’ambito del programma MEDA, il PIN 2002- 2004 ha destinato 810 milioni di euro, nella
forma di agevolazione (facility) per l’aggiustamento strutturale e alla riforma dell’amministrazione
pubblica.
58
Disponibile sul sito: http://www.usaid.gov/ma/USAIDMoroccoCSP20042008.pdf.
34
Perseguendo l’obiettivo dell’instaurazione di un’amministrazione efficace, trasparente e credibile,
l’azione dell’Unione Europea, definita in stretta collaborazione con la Banca Mondiale, si inserisce
nel processo di riforma già intrapreso dalle autorità marocchine.
Sebbene non sia considerato un paese obiettivo, il Marocco ha beneficiato per il periodo 2002 –
2004, di un sostegno nell’ambito dei progetti regionali dell’Iniziativa Europea per la Democrazia
ed i Diritti dell’Uomo (IEDDH)59.
In particolare, la priorità tematica intitolata al rafforzamento della democratizzazione, della buona
gestione della cosa pubblica e dello stato di diritto, ha visto l’implementazione di attività di
collaborazione con le organizzazioni della società civile finalizzate alla promozione di una
maggiore partecipazione della popolazione a tutti i livelli del processo decisionale; del pluralismo
politico; della libertà dei mezzi d’informazione, di associazione e di riunione60.
Attualmente gli strumenti di cooperazione dell’Unione Europea con i paesi terzi del mediterraneo
sono in corso di rielaborazione, in modo da consentire l’integrazione degli stessi con la nuova
Politica di Prossimità 61.
Fino al 2007, Meda resterà il principale strumento finanziario della cooperazione con i paesi terzi
del mediterraneo, appoggiando la politica europea di prossimità e la realizzazione di Piani d’azione
paese, in vista dell’introduzione di un apposito strumento di prossimità.
La proposta di utilizzare la rete dei programmi INTERREG come base per i nuovi programmi di
prossimità presuppone una gestione decentrata degli stessi e conseguentemente il riconoscimento di
nuovi spazi di cooperazione regionale e sub – regionale, tra gli enti locali europei ed i loro
omologhi del mediterraneo.
Ciò apre, in particolare, nuove opportunità per la costruzione di partenariati territoriali finalizzati al
supporto dei processi di decentramento e di governance democratica locale nei paesi terzi del
mediterraneo, in considerazione dell’esperienza maturata in proposito dai paesi europei.
Tuttavia, sebbene i piani d’azione siano ancora in fase di preparazione, le comunicazioni della
Commissione Europea sulla politica di prossimità mostrano una situazione che non lascia molto
spazio alla tematica del decentramento. Le priorità d’azione (interconnessione infrastrutturale;
ambiente; giustizia ed affari interni; commercio e sviluppo socio – economico), non sono state
ancora declinate in rapporto al processo di decentramento e al ruolo dei governi locali, che peraltro
su queste priorità svolgono un ruolo importante e ineludibile.
59
Sito: http://europa.eu.int/comm/europeaid/projects/eidhr/index_en.htm
Commissione Europea, Comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo: il ruolo
dell’Unione europea nella promozione dei diritti umani e della democratizzazione nei Paesi terzi, 8 maggio 2001,
disponibile sul sito: http://europa.eu.int/comm/europeaid/projects/eidhr/documents_en.htm#communications
61
Per maggiori informazioni si veda il sito: http://europa.eu.int/comm/world/enp/index_en.htm
60
35
Allegato II - I principali partiti marocchini62
Forze di governo attuali
USFP – Unione
Socialista delle Forze
popolari
Partito socialista nato nel 1975 da una scissione dell’UNFP- Unione nazionale delle Forze
Popolari. Partito di opposizione al sovrano, diviene la prima forza politica del regno nel 1990.
Solo nel 1997, tuttavia, vince le elezioni legislative andando a formare il primo governo di
“alternanza” guidato dal suo presidente Abderrahame Youssoufi.
ISTIQLAL
(l’Indépendance”)
Partito nazionalista, democratico, anche se piuttosto conservatore.
La sua creazione risale al grande movimento di indipendenza arabo islamico fondato nel 1948,
da Allal El Fassi.
PPS – Parti du progrès Piccolo partito di sinistra, è l’erede del Partito comunista marocchino fondato nel 1943 e
et du socialisme
dichiarato fuori legge nel 1959.
Diretto da Ali Yata dal 1946, fino alla sua morte nel 1997, oggi è guidato da Ismael Alaoui.
GSU – Gauche
socialiste unifiée
Partito fondato nel luglio 2002 e nel quale sono confluiti i quattro partiti più marcatamente di
sinistra del panorama marocchino: l’OADP-Organisation de l’Action démocratique et
populaire; i “Démocrates indépendants”, il “Mouvement pour la démocratie” e “Potentialité de
gauche”.
UNFP – Unione
Nazionale delle forze
popolari
Piccolo partito di centro fondato da Ben Barka nel 1959 in seguito ad una scissione della
sinistra dall’Istiqlal
La Wifak (o wifaq, “intesa” in arabo): riunisce i partiti pro- governativi
RNI – Rassemblement des Partito di destra moderato, creato dalla corona nel 1970; esso rappresenta,
indépendants
prevalentemente, la borghesia commerciale ed industriale
PND – Parti national
démocratique
Sorto nel 1980 da una scissione con il RNI
UC – Union
constitutionnel
Partito di destra fondato, nel 1983, su ordine del sovrano, da Maati Bouabid, allora primo
ministro
MDS – Mouvement
démocratique et social
Partito di destra populista nato nella primavera del 1997.
Partiti filo berberi
MP-Mouvement populaire Fondato nel 1957 da Mahjoubi Ahardane, la sua creazione rispondeva alla strategia del
sovrano volta alla marginalizzazione dell’Istiqlal e dell’USFP
MNP-Mouvement national Creato nel 1991, in seguito ad una scissione intervenuta nel MP
populaire
I partiti a matrice islamica
PJD – Parti de la justice et Partito islamico moderato
du développement
Al-‘Adl wa-l-Ihsan
Diretto dallo sceicco Yacine, rappresenta il movimento islamico più importante in
Marocco., sebbene finora sia ancora escluso dalla competizione politica
Estrema sinistra
PADS – Parti de l’Avant – Partito di estrema sinistra generatosi nel 1984 da una scissione dall’UNFP. Non trova
garde démocratique et rappresentazione al Parlamento
socialiste
Nhej Ad-Democrati (la Corrente che orbita intorno alla rivista che porta lo stesso nome.
voie de la Democratie)
62
Informazioni tratte dal sito: http://www.bibliomonde.net/pages/fiche-geo-donnee.php3?id_page_donnee=53
36
Nuovi formazioni politiche presentatesi in occasione delle legislative del 2002
FFD – Front des forces Fondato nel 1997, ha partecipato al governo d’alternanza guidato da Youssoufi
démocratiques
Forces citoyennes
Partito di destra creato da Abderrahim Lahjouji, uomo d’affari, abile nella comunicazione
PRD – Parti de la réforme Partito della riforma e dello sviluppo, creato nel 2001 da una costola del RNI
et du développement
PML – Parti marocain Di carattere nazionalista; ha fatto della restituzione delle province di Ceuta e Melilla, il
libéral
proprio cavallo di battaglia
PED
–
Parti
l’environnement et
développement
de Partito ecologista
du
37
Allegato III
Risultati delle elezioni comunali del settembre 2003
Partiti Politici
Seggi
%
Le Parti de l'Istiqlal
3890
16,96
L'Union Socialiste des Forces populaires
3373
14,70
Le Rassemblement national des indépendants
2841
12,38
Le Mouvement Populaire
2248
9,80
L'Union Démocratique
1515
6,60
Le Mouvement National Populaire
1406
6,13
Le Parti du Progrès et du Socialisme
1207
5,26
L'Union Constitutionnelle
959
4,18
Le Parti National Démocrate
889
3,87
Le Front des Forces Démocratiques
726
3,16
Le Parti de la Justice et du Développement
593
2,58
Le Parti Socialiste
469
2,04
Le Parti Al Ahd
437
1,90
L'Alliance des Libertés
429
1,87
Le Parti de la Gauche Socialiste Unifiée
303
1,32
Le Mouvement Démocratique et Social
301
1,31
Le Parti de la Réforme et du Développement
253
1,10
Le Congrès National Ittihadi
240
1,05
Le Parti de l'Environnement et du Développement
168
0,73
Le Parti du Renouveau et de l'Equité
125
0,54
Le Parti Marocain Libéral
114
0,50
Les Sans Appartenance Politique
109
0,48
Le Parti Démocratique et de l'Indépendance
96
0,42
Le Parti de l'Initiative et du Développement
71
0,31
Le Parti des Forces Citoyennes
71
0,31
Le Parti du Centre Social
67
0,29
Le Parti de l'Action
43
0,19
Totale
22.943
100
Fonte : Ministero dell’Interno
38
Allegato IV
Risultati elettorali delle elezioni legislative del 2002
Partiti Politici
Seggi
Union Socialiste des Forces Populaires (U.S.F.P.)
50
Parti de l'Istiqlal (P.I.)
48
Parti de la Justice et du Développement (PJD)
42
Rassemblement National des Indépendants (R.N.I.)
41
Mouvement Populaire (M.P.)
27
Mouvement National Populaire (M.N.P.)
18
Union Constitutionnelle (U.C.)
16
Parti National Démocrate (P.N.D.)
12
Parti du Front des Forces Démocratiques (F.F.D)
12
Parti du Progrès et du Socialisme (P.P.S.)
11
Union Démocratique (UD)
10
Mouvement Démocrate Social (M.D.S)
7
Parti Socialiste Démocratique (P.S.D)
6
Parti Al Ahd
5
Alliance des Libertés (ADL)
4
Parti de la Gauche Socialiste Unifiée (P.G.S.U.)
3
Parti de la Réforme et du Développement (PRD)
3
Parti Marocain Libéral (PML)
3
Parti des Forces Citoyennes (PFC)
2
Parti de l'Environnement et du Développement (PED)
2
Parti Démocratique et de l'Indépendance (PDI)
2
Congrès National Ittihadi (CNI)
1
Parti de L'Action (P.A)
0
Parti du Centre Social (PCS)
0
Initiatives Citoyennes pour le Développement (ICD)
0
Parti du Renouveau et de l'Equité (PRE)
0
Totale
325
Fonte : Ministero dell’Interno
39
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