Decentramento e democrazia in Marocco
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Decentramento e democrazia in Marocco
CeSPI CentroStudidiPoliticaInternazionale Decentramento e Democrazia in Marocco di Battistina Cugusi Luglio 2004 INDICE Executive Summary ...........................................................................................................................3 Introduzione .......................................................................................................................................5 1. Origini e stato attuale del decentramento in Marocco ...............................................................6 1.1 La tradizione di governance locale in Marocco.................................................................6 1.2 Organizzazione e funzionamento delle collettività locali del Regno.................................7 2. I limiti del processo di decentramento in Marocco...............................................................14 2. 1 I deficit di risorse finanziarie ed umane...........................................................................14 2.2 Il mantenimento di pratiche centralistiche ......................................................................18 3. Incidenza del decentramento sulla democrazia locale..........................................................23 3.1 Elezioni e rappresentatività politica .................................................................................24 3.2 Partecipazione e decentramento .......................................................................................27 Allegato I...........................................................................................................................................32 Rassegna dei principali programmi implementati dalle Organizzazioni Internazionali a favore della Governance democratica locale...........................................................................................32 Allegato II - I principali partiti marocchini...................................................................................36 Allegato III........................................................................................................................................38 Risultati delle elezioni comunali del settembre 2003 ...................................................................38 Allegato IV ........................................................................................................................................39 Risultati elettorali delle elezioni legislative del 2002 ...................................................................39 Bibliografia .......................................................................................................................................40 Box 1 Box 2 Box 3 Box 4 Figure tipo di eletto locale marocchino Il controllo di tutela sulle collettività locali Lo status religioso e politico del sovrano in Marocco La riforma della Mudawana: che cosa cambia? 18 20 23 31 Figura 1 Il decentramento in Marocco 22 Tabella 1 Tabella 2 Tabella 3 Tabella 4 Tabella 5 Tabella 6 Lista delle Regioni Risorse Fiscali Locali Contributo delle entrate fiscali al finanziamento delle spese locali 1999/2000 Spese per Investimenti delle Regioni Evoluzione delle risorse umane delle collettività locali Evoluzione qualitativa delle risorse umane delle collettività locali 13 15 15 16 17 17 2 Executive Summary Permettendo di avvicinare le istituzioni ai cittadini ed assicurando un maggiore sostegno popolare al processo decisionale, il decentramento veniva unanimemente indicato, all’indomani dell’indipendenza dalla corona e dalle forze politiche, come soluzione all’esigenza di modernizzazione dello Stato su basi democratiche, rinnovando, nel contempo, la tradizione politica di autogoverno delle antiche comunità tribali risalente al periodo pre – coloniale. Quello del decentramento, rappresenta, in realtà, un percorso dalle caratteristiche mutevoli, espressione di esigenze dettate dallo stesso potere centrale. Sarà quest’ultimo a determinarne l’evoluzione, preferendo optare per un rafforzamento progressivo delle attribuzioni delle collettività locali (comuni, province e regioni) e per un ampliamento graduale della loro autonomia, dando luogo a differenze sostanziali nell’organizzazione e nel funzionamento delle stesse. Difatti, il grado di decentramento e di autonomia varia da una collettività all’altra. Nella fattispecie, la collettività regionale e quella provinciale/ prefetturale possono essere qualificate, nell’ambito dell’organizzazione amministrativa del Marocco, come livello deconcentrato, in ragione della presenza, quale organo esecutivo, rispettivamente del wali chef de lieu di regione e del governatore (prefettura/ provincia), espressione diretta del potere centrale. Sono i comuni rurali ed urbani la dimensione territoriale maggiormente interessata dal processo di decentramento. L’avvio del processo di decentramento, infatti, si fa risalire all’adozione della prima Carta Comunale, avvenuta, nel 1960, all’indomani dell’indipendenza (1956). In seguito, la riforma comunale del 1976, e recentemente l’adozione della legge 78/00, hanno confermato ulteriormente la volontà del potere centrale di fare del comune il grande protagonista del processo in parola, rafforzandone le competenze soprattutto in materia di sviluppo economico e sociale e alleggerendo la tutela esercitata dal Ministero dell’Interno, sugli atti del Consiglio comunale e del suo Presidente, rispettivamente organo deliberativo ed esecutivo del comune. Uno sguardo più attento permette di rilevare una profonda discordanza tra le dichiarazioni di principio contenute nella legislazione e avvalorati dai discorsi del sovrano, e l’efficacia delle riforme intraprese nel raggiungimento dell’obiettivo prefissato: avvicinare il livello decisionale ai cittadini attraverso il trasferimento di competenze e di strumenti idonei al loro esercizio. L’azione degli organi delle collettività continua ad incontrare numerosi limiti, identificati soprattutto: In un deficit considerevole in termini di risorse umane e finanziarie. Il decentramento, infatti, ha dovuto fare i conti con risorse umane impreparate ad affrontare le nuove sfide che esso poneva, sia dal punto di vista qualitativo che quantitativo. Relativamente alle risorse finanziarie è possibile osservare come l’insufficienza delle risorse locali e la preponderanza delle spese per funzionamento abbiano diminuito considerevolmente la capacità di spesa per investimenti delle collettività locali, limitando loro, di conseguenza, la possibilità di intervenire a favore dello sviluppo del territorio. Nel mantenimento di pratiche centralizzatrici a livello locale: tra cui la permanenza accanto agli organi eletti delle collettività locali di figure nominate dall’alto, quali il wali chef de lieu della regione e del governatore nelle province/ prefetture, i Caid ed i Pacha, rispettivamente nei comuni rurali ed urbani; l’esercizio di un controllo di tutela sulle persone e sugli atti degli organi delle collettività locali. Lo scarto tra le disposizioni amministrative e la pratica effettiva di attuazione, rimane ampio anche dal punto di vista della relazione tra il decentramento e la democrazia. 3 Il contributo del decentramento ad una maggiore caratterizzazione democratica del paese, grazie all’elezione dei rappresentanti locali ed al ricorso al suffragio universale, pare ancora molto debole, essendo la rappresentatività politica limitata dall’intervento costante dell’amministrazione centrale preoccupata di legittimare il proprio potere influendo negli esiti delle differenti operazioni elettorali. Difatti, sebbene pluripartitico, il sistema politico marocchino non può essere qualificato come pluralista. Quanto detto ha contribuito a generare, nel tempo, una generale crisi dei partiti che ha investito e caratterizza ancora il sistema politico marocchino, come dimostrato dall’elevato tasso di astensionismo registrato nei diversi confronti elettorali. Il clima di sfiducia è presente, in particolar modo, nelle fasce più giovani della popolazione, soprattutto urbane, scoraggiate dalla presenza di un deficit sociale crescente, e che non trovano nei partiti politici interlocutori adeguati cui riconoscersi ed affidare le proprie rivendicazioni. Esiste il rischio che tale malcontento si traduca, in modo particolare in occasione delle elezioni locali, in un aumento considerevole del consenso verso i movimenti islamici, tradizionalmente molto attivi nell’ambito delle organizzazioni della società civile e per questo ben visti dalla popolazione locale. Ciononostante, secondo il politologo marocchino Mohamed Tozy, la portata del potenziale successo elettorale dei movimenti islamici potrebbe essere contenuta dal controllo che la corona continua ad esercitare sul “jeu politique”. Le vicende che hanno interessato due tra i maggiori movimenti islamici del paese sembrano avvalorare questa ipotesi. Si tratta del PJD (Parti de Justice et Développement) del neo designato Saad Eddin Al Uthmani e del movimento Al–‘Adl wa–l–Ihsan, che fa capo allo sceicco (cheik) A.Yacine. La posizione riconosciuta loro all’interno del sistema politico marocchino, infatti, è il frutto di scelte antitetiche: di compromesso e di accettazione delle regole del gioco politico per il PJD, e di netta contrapposizione, nel caso del movimento di Yacine. Un altro importante limite del processo di decentramento marocchino consiste, infine, nell’assenza di pratiche istituzionalizzate di partecipazione dei cittadini alla gestione locale. Sebbene la nuova Carta Comunale (Legge 78/00) sembri innovare in tal senso, prevedendo la partecipazione dei cittadini e delle ONG alla gestione comunale, permane una lacuna di fondo data dall’estrema generalità delle indicazioni espresse, non avendo individuato a priori né le strutture né i meccanismi nei quali la rinnovata partecipazione dovrebbe essere realizzata. In Marocco, dunque, la partecipazione dei cittadini alla gestione locale si esplica soprattutto attraverso l’azione condotta dalle organizzazioni della società civile, operanti in diversi settori quali la protezione dei diritti fondamentali (con particolare riguardo ai diritti umani, delle minoranze, e al miglioramento delle condizioni di vita delle donne), la beneficenza e lo sviluppo economico e sociale. Queste ultime, in particolare, costituiscono la maggioranza delle organizzazioni presenti sul territorio marocchino. Lo Stato, da parte sua, ha favorito questo processo, considerandolo funzionale alla limitazione del disagio sociale causato dal processo di liberalizzazione economica, oltre che all’intercettazione delle risorse finanziarie degli organismi e delle organizzazioni internazionali. Ma questo attivismo delle organizzazioni delle società civile, oltre che espletare una funzione di supplenza rispetto ai compiti dello Stato (comunque insufficiente rispetto ai problemi sociali esistenti) rischia di delegittimare il ruolo delle collettività locali per lo sviluppo locale. Di qui l’esigenza di avviare un dialogo tra collettività locali e società civile per definire nuove e sostanziali partnership pubblico-privato. 4 Introduzione Nei paesi arabi, il basso riconoscimento di cui godono le libertà civili e politiche, e la scarsa qualità del quadro istituzionale, costituiscono alcuni tra i principali ostacoli interposti allo sviluppo umano, così come evidenziato dallo stesso Arab Human Development Report 1. Il raggiungimento di più alti livelli di sviluppo, dunque, non può prescindere dall’introduzione di riforme atte a migliorare la partecipazione, ed assicurare il pluralismo politico, la separazione dei poteri, e l’alternanza politica per mezzo di elezioni libere e corrette. In questo contesto, un contributo significativo potrebbe provenire dal rafforzamento della governance democratica locale, attraverso l’avvio di processi di decentramento. Il decentramento, infatti, favorisce non solo un maggiore sostegno popolare al processo decisionale, ma contribuisce, nel contempo, a stimolare la realizzazione adeguata ed efficace dei compiti dello Stato. D’altra parte l’esito del percorso non è scontato, e da esso potrebbero derivare effetti indesiderati in termini di sviluppo economico e sociale e quindi di stabilità e sicurezza dell’area. Gli organi sub – nazionali potrebbero non essere in grado di svolgere al meglio le nuove funzioni e competenze loro riconosciute in virtù dell’avvio di un percorso di decentramento dei poteri dallo Stato alle autonomie locali. A ciò si aggiunga la minaccia rappresentata dall’avanzamento dei movimenti islamici fondamentalisti, i quali potrebbero trovare nella democratizzazione del sistema politico, un fertile terreno d’azione e diffusione. E’ necessario, dunque, approfondire il dibattito e comprendere con maggiore chiarezza le opportunità ed i limiti del decentramento politico ed istituzionale, e la natura dei processi attualmente in corso nel mondo arabo, con particolare riguardo ai paesi della sponda sud del mediterraneo, in vista di una loro sempre maggiore integrazione all’Unione Europea. Al fine di approfondire queste tematiche, il Marocco, rappresenta un caso studio particolarmente interessante. Esso, infatti, vanta un’esperienza pluridecennale di decentramento, avviato sin dall’indomani dell’indipendenza, e che ha raccolto intorno a sé l’appoggio unanime della corona e delle forze politiche. Tuttavia, la sua portata è stata limitata dalla presenza di alcuni fattori, quali la sussistenza di pratiche di centralismo, l’insufficienza delle risorse finanziarie ed umane, e la mancanza di un effettivo pluralismo politico. Nel prosieguo del presente lavoro, dopo un breve excursus sulle principali tappe del decentramento in Marocco, ne verranno approfonditi gli aspetti di carattere amministrativo e politico attraverso la descrizione dell’organizzazione e del funzionamento delle collettività locali marocchine, nella fattispecie i comuni, le province e prefetture, le regioni. L’analisi verrà in seguito focalizzata sui limiti presentati dal processo di decentramento, individuati nell’insufficienza delle risorse finanziarie a disposizione delle collettività locali e nel mantenimento, al livello locale, di pratiche centralistiche. Nell’ultima parte, infine, verranno trattate gli aspetti legati alla rappresentatività politica ed al ruolo della società civile. 1 UNDP, 2002, Arab Human Development Report, http://www.undp.org/rbas/ahdr/. 5 1. Origini e stato attuale del decentramento in Marocco 1.1 La tradizione di governance locale in Marocco Nell’ambito dell’organizzazione amministrativa tradizionale del Bled – Makhzen, parte del territorio del regno in cui la popolazione aveva dichiarato beia2 al sultano, il carattere democratico del sistema si manifestava politicamente attraverso la partecipazione dei cittadini alla gestione della cosa pubblica, e, dal punto di vista amministrativo, nell’attribuzione di una certa autonomia alle collettività locali, distinte in regionali e comunali. Le prime, amministrate da rappresentati locali del governo, le seconde, invece, dalla Jemaa, organo deliberativo che assicurava la gestione democratica degli affari della collettività. Esisteva una Jemaa per tutte le varie suddivisioni territoriali, nell’ordine i douar (villaggi); le frazioni e le tribù. Relativamente alla loro composizione, sussisteva una differenziazione a seconda del livello territoriale considerato. In tal modo, mentre la Jemaa dei douar, era composta dai capi famiglia, a livello delle frazioni e delle tribù, assumeva prevalentemente la configurazione di un consiglio di notabili, reclutati in base alla ricchezza e al proprio valore personale, dai loro stessi pari. L’esecuzione delle deliberazioni della Jemaa competeva all’Amghar, presidente ed organo esecutivo della stessa. Al livello regionale, il Sultano nominava un proprio rappresentante, il Khalifat, solitamente tra i membri della propria famiglia, affiancato da un vizir e da un governatore militare. Per quanto riguarda i livelli territoriali inferiori, i Pacha nelle città ed i Caid nelle zone rurali, individuati dal sovrano tra le famiglie più in vista, svolgevano la funzione di intermediari tra la tribù ed il Makhzen3. Il resto del territorio, Bled – Siba, invece, era popolato di tribù che si rifiutavano di sottomettersi al potere del sultano. Pur non mettendo in discussione l’autorità religiosa della corona, il loro dissenso si manifestava nel rifiuto di pagare le imposte e nella volontà di conservare le proprie tradizioni4. Con il protettorato, le potenze coloniali hanno mantenuto l’organizzazione territoriale tradizionale, pur introducendo delle pratiche in grado di garantirne la lealtà. In tal modo, i nuovi rappresentanti del Makhzen venivano nominati per Dahir5, su una lista di tre persone proposta dal capo della regione al residente generale che la trasmetteva al sovrano tramite i consiglieri del governo chérifien. La loro sostituzione o revoca avveniva su proposta del Residente generale, per decreto del sultano. Nel mondo rurale, invece, le autorità del protettorato hanno continuato ad appoggiarsi sulle Jemaa, da allora denominate (Dahir 21 novembre 1916), “Jemaas administratives”. I loro membri, il cui numero dipendeva dalla grandezza del raggruppamento territoriale, erano designati per un periodo 2 Termine arabo che fa riferimento all’impegno in base al quale una persona riconosce l’autorità dell’altra. Questo riconoscimento si traduce nella recitazione di una formula, accompagnata da una stretta di mano. Questo rituale, utilizzato per la prima volta dai primi adepti di Maometto, è stato in seguito osservato durante la salita al trono dei nuovi Califfi, al fine di validarne la designazione. 3 “Il Makhzen è un concetto scivoloso, ambiguo e difficile da definire.Assente nel linguaggio giuridico e politicamente corretto, ci si presenta però costantemente nella dinamica politica e nella cultura politica popolare. Etimologicamente significa «magazzino » ed originariamente questo termine fu impiegato per designare il cofano dove si raccoglievano le imposte religiose destinate al tesoro della Umma. Nel secolo XII, Makhzen designava il tesoro della Umma ed in seguito, fino alla fine del secolo XIX, passò a indicare il complesso del governo marocchino, comprensivo dell’amministrazione e dell’esercito. Dopo l’indipendenza, in pieno secolo XX, il termine Makhzen perse il suo uso ufficiale, ma ha continuato a persistere come sistema di rappresentazione del potere con riferimenti specifici al potere, allo Stato, al governo, al sistema politico, ad uno stile e ad una pratica di governo”, Pereira &Fernandez, 2000, Istituzioni Politiche e processi elettorali in Marocco, http://www.iue.it/RSCAS/RestrictedPapers/. 4 Chikhaoui S., 2000, Dimension de la decentralisation au Maroc entre le poids du passé et les contraintes de l’avenir, http://www1.kas.de/publikationen/2000/entwicklung/chikhaoui-fr.pdf. 5 Editto reale. 6 di tre anni, dal capo della regione, su proposta dei notabili della tribù o della frazione, in accordo con l’autorità di controllo. Presiedute da un Caid, le Jemaa ebbero inizialmente un potere consultivo, potendo proporre all’autorità amministrativa e di controllo indicazioni o pareri riguardanti gli interessi generali del gruppo, per poi passare all’esercizio di competenze di carattere deliberativo, solo alla vigilia dell’indipendenza (Dahir del 6 Luglio 1951). 1.2 Organizzazione e funzionamento delle collettività locali del Regno L’avvio del processo di decentramento marocchino si fa risalire al periodo immediatamente successivo al raggiungimento dell’indipendenza (1956). Permettendo di avvicinare le istituzioni ai cittadini ed assicurando un maggiore sostegno popolare al processo decisionale, il decentramento veniva unanimemente indicato dalla corona e dalle forze politiche come soluzione all’esigenza di modernizzazione dello Stato su basi democratiche, rinnovando, nel contempo, la tradizione politica di autogoverno delle antiche comunità tribali risalente al periodo precoloniale. Numerosi, infatti, sono i discorsi politici dell’epoca che annunciavano la riorganizzazione del nuovo Marocco indipendente attraverso l’instaurazione di un regime democratico, di cui il decentramento rappresentava una tappa fondamentale. Si tratta, in realtà, di un percorso dalle caratteristiche mutevoli, espressione di esigenze dettate dallo stesso potere centrale. Sarà quest’ultimo a determinarne l’evoluzione, preferendo optare per un rafforzamento progressivo delle attribuzioni delle collettività locali e per un ampliamento graduale della loro autonomia, pur sempre limitata dalla presenza di meccanismi di controllo mantenuti dall’autorità centrale. Le principali fasi del decentramento del Marocco post-indipendenza coincidono con l’adozione dei testi legislativi che dal 1960 hanno stabilito l’organizzazione e funzionamento delle diverse collettività locali. Su tale base, è possibile individuare tre tappe principali: I. 1956 – 1976. In questa fase vengono poste le basi dell’organizzazione amministrativa attraverso l’adozione di alcuni testi fondamentali, quali la Carta comunale del 1960 e la legge del settembre 1963 relativa all’organizzazione ed al funzionamento delle prefetture e delle province. In questo periodo non si può parlare di vero e proprio decentramento. Sebbene la carta del 1960 avesse riconosciuto importanti prerogative ai comuni, dotandoli, tra l’altro, di un’assemblea rappresentativa ad elezione diretta, e dell’autonomia finanziaria, queste non sono state sfruttate in pieno dagli stessi. La causa di ciò è da rintracciare soprattutto nella mancanza di preparazione e nel disinteresse dimostrato dagli eletti e dai funzionari nella gestione degli affari locali, oltre ad un aumento crescente dell’intervento delle autorità deconcentrate (governatore, chef de cercle, pacha e caid), emanazione diretta del potere centrale. Le province e le prefetture, al contrario, costituivano un mero livello deconcentrato, seppur dotato alla stregua dei comuni della personalità giuridica e, per lo meno sulla carta, di una certa autonomia finanziaria. Rientra in questa fase, inoltre, la creazione delle sette Regioni economiche6, istituite nel 1971. A differenza delle precedenti, esse non assumevano la denominazione di collettività locali, trattandosi di semplici circoscrizioni territoriali di pianificazione economica e di gestione del territorio. II. 1976 – 1992. Si tratta di una tappa caratterizzata da un rilancio significativo del processo di decentramento, inizialmente motivato dalla necessità della Corona di raccogliere consensi intorno alla questione del Sahara occidentale. La riforma Comunale del 1976, rappresenta la 6 Sud; Tensift; Centro; Nord – Ovest; Centro Nord; Orientale; Centro – Sud. 7 principale novità di questo periodo, avendo consentito di assottigliare il controllo di tutela esercitato dal potere centrale sui comuni, e di ampliare l’attribuzione agli stessi di nuove funzioni in materia d sviluppo economico e sociale. III. 1992 – 2004. In questo periodo sono stati molti i cambiamenti apportati, in risposta alle pressioni esercitate a livello internazionale verso una maggiore apertura democratica del sistema politico marocchino, ma anche in seguito all’acquisita consapevolezza dell’importanza assunta dal decentramento ai fini dello sviluppo economico e sociale del paese. In particolar modo, le riforme introdotte hanno riguardato la Regione, elevata al rango di collettività locale dalla Costituzione del 1992 e oggetto del Dahir del 2 aprile 1997, il quale oltre ad accrescerne il numero da 7 a 16, ne ha ridefinito caratteristiche ed organizzazione. Particolarmente rilevante, inoltre, l’adozione, nel 2002, della nuova Carta comunale (Legge 78 /00) e delle Province e prefetture (Legge 79/ 00). 1.2.1 I COMUNI RURALI ED URBANI L’organizzazione e funzionamento dei comuni rurali ed urbani è stato oggetto di numerose riforme, nel corso del tempo, contribuendo a farne i maggiori protagonisti del decentramento marocchino. Difatti, l’avvio del processo di decentramento nel Marocco indipendente, si fa risalire, come si è detto, all’entrata in vigore della Carta Comunale del 1960. Pur distinguendo tra comuni urbani e rurali, la legislazione ha previsto un regime giuridico unico per entrambi, malgrado la presenza di un evidente divario di sviluppo economico e sociale tra gli stessi. Dalla loro creazione ad opera del decreto del 2 dicembre 19597, il numero dei comuni ha conosciuto una considerevole evoluzione, passando da 801 (28 comuni urbani; 38 centri autonomi e 735 comuni rurali), agli attuali 1497 (199 urbani, 1.298 rurali)8. Il consiglio comunale, organo deliberativo del comune, è eletto, per un periodo di 6 anni. L’elezione dei suoi membri avviene a suffragio universale diretto sulla base di modalità differenti a seconda che si tratti di comuni con un numero di abitanti inferiore o superiore a 25.000: maggioritario uninominale, nel primo caso; scrutinio di lista a rappresentanza proporzionale, ad un turno9, nel secondo. Il numero dei consiglieri che lo compongono non è fisso, ma varia a seconda del numero di abitanti, da 11 (< 7.500), a 131 (≥2.000.001). Esso dispone di una competenza di carattere generale nella gestione degli interessi comunali. Tale principio, consacrato per la prima volta dall’art. 30 del Dahir del 30 settembre 1976, è stato poi ripreso e ampliato dalla nuova Carta Comunale 78/00. Le competenze del Consiglio, dunque, ricoprono ambiti differenti. Dal punto di vista finanziario, compete al Consiglio l’esame e la votazione del bilancio e dei conti amministrativi, la gestione dei beni comunali oltre alla loro conservazione e mantenimento; la fissazione dell’aliquota fiscale delle tasse locali, dei canoni e dei diritti percepiti a profitto del comune; la decisione sui prestiti da contrattare e sui doni e legati. Vaste sono le sue competenze in materia di sviluppo economico e sociale, la maggior parte delle quali sono state riconosciute dalla Carta del 1976. In particolare, rientra in questo ambito la definizione del Piano di sviluppo economico e sociale del comune, in conformità con gli orientamenti fissati in ambito nazionale, a cui fa seguito la preparazione dei Piani di servizi e la possibilità di proporre all’amministrazione centrale azioni da intraprendere per lo sviluppo del comune, nel caso in cui la loro attuazione non rientri tra le competenze proprie del Consiglio, o 7 Dahir n. 1 –59 – 351 del 2 Dicembre 1959 relativo alla suddivisione amministrativa del Regno. UNDP, Ministère de la Modernisation des Secteurs Publics, Structure administrative et décentralisation, Documento di lavoro Gold Maghreb 2004. 9 Novità introdotta dalla legge elettorale 64/02. 8 8 ecceda le risorse a disposizione della collettività. Quest’ultima funzione rientra nei poteri consultivi del consiglio, i quali si estendono, in aggiunta, alla possibilità di dare pareri o fare raccomandazioni tutte le volte che questo sia richiesto dalla legge, dai regolamenti o domandato dall’amministrazione centrale riguardo a questioni di interesse locale; oltre all’obbligo di essere preventivamente informato su ogni progetto da realizzare sul territorio, da parte dello Stato, di altre collettività, o organismo pubblico. A ciò si aggiungono le attività di promozione e di sviluppo dell’economia locale e del lavoro, tra cui: l’adozione di misure atte a contribuire alla valorizzazione del potenziale economico in campo agricolo, industriale, artigianale, turistico e dei servizi; l’implementazione delle azioni necessarie alla promozione e all’incoraggiamento degli investimenti esteri; la decisione in merito alla partecipazione del comune ad imprese o società miste di interesse comunale, intercomunale, prefetturale, provinciale o regionale. Il consiglio è chiamato, altresì, ad intervenire in materia di igiene, salubrità e ambiente; in ambito sociale, culturale e sportivo, oltre che dell’urbanistica e della gestione del territorio. In aggiunta, compete al consiglio la creazione e la gestione di servizi pubblici locali10, e la scelta della modalità di gestione: diretta o autonoma, per concessione, o altra forma di gestione delegata, in conformità con quanto stabilito dalla legislazione in materia. Accanto alle attribuzioni finora illustrate, bisogna considerare le funzioni che lo Stato trasferisce ai comuni. Esse consistono, in particolare, nella realizzazione e mantenimento di scuole, ambulatori, parchi naturali, opere idrauliche di piccola e media dimensione; di centri di apprendimento e di formazione professionale, oltre che in azioni di formazione del personale e degli eletti comunali. Il Consiglio Comunale è presieduto da un presidente, eletto tra i membri del consiglio all’inizio del suo mandato e per tutta la durata dello stesso, il quale rappresenta l’organo esecutivo del Comune (art. 45 della Legge 78/00). Il presidente detiene poteri legati al funzionamento del consiglio comunale, nell’ambito dei quali: convoca le riunioni ordinarie e straordinarie del consiglio; presiede le sessioni e le commissioni permanenti ed esegue le deliberazioni del consiglio; stabilisce l’ordine del giorno, preparato dal gabinetto del consiglio, completo delle eventuali proposte avanzate dagli agenti locali (Pacha e Caid) e dai consiglieri stessi. Inoltre, rappresenta il comune in giudizio ed in tutti gli atti della vita civile ed amministrativa, dirige i servizi comunali ed esercita un potere gerarchico sul personale. Più propriamente, nell’ambito della sua funzione di organo esecutivo del comune (art. 47 della Legge 78 – 00), il presidente, da esecuzione al bilancio; conclude gli appalti di lavori, fornitura e servizi; procede, nei limiti fissati dal consiglio stesso, alla conclusione e all’esecuzione di contratti di prestito; è responsabile della conservazione e dell’amministrazione dei beni comunali. Ai poteri del presidente del comune se ne aggiungono altri prima appartenenti alle agenti locali, e trasferitigli dal Dahir del 1976, in materia di polizia amministrativa comunale e di stato civile. A dispetto dei poteri trasferiti al presidente del consiglio comunale, gli agenti locali restano competenti in materia di mantenimento dell’ordine e della sicurezza pubblica, oltre a conservare la funzione di ufficiale di polizia giudiziaria ed il compito di vegliare sull’applicazione della legislazione e regolamentazione, intervenendo in materia di diritto di associazione, sindacati professionali, elezioni, professioni liberali, requisizione di beni, ecc11. 10 Approvvigionamento di acqua potabile; distribuzione di energia elettrica; Interventi di bonifica; raccolta, trasporto, deposito e trattamento dei rifiuti; trasporto pubblico urbano; illuminazione; circolazione e segnaletica stradale; trasporto di malati e feriti; macellazione trasporto di carni e pesce;cimiteri e servizi funebri. 11 Smires M’Faddel, 2001, Centralisation et décentralisation au Maroc, Université Sidi Mohamed Ben Abdellah. 9 1.2.1.1 Il regime dei comuni urbani con più di 500 000 abitanti I comuni con un numero di abitanti superiore a 500 000 godono, a partire dalle ultime elezioni comunali del settembre 2003, di un regime separato, denominato “système de l’unité de la ville”, introdotto in sostituzione delle vecchie comunità urbane. Questo sistema, introdotto dalla Carta comunale 78/00, riguarda 14 agglomerati urbani, nei quali si concentra circa il 60% della popolazione. Prendendo come riferimento il modello francese, i comuni interessati sono suddivisi in arrondissement12, alle quali viene riconosciuta (art.84) autonomia amministrativa e finanziaria, sebbene, a differenza delle collettività locali, siano sprovvisti di personalità giuridica. I Consigli d’arrondissement (ne esistono 41) rappresentano gli organi deliberanti delle stesse. Esso si compone di due tipologie di membri: i membri del consiglio comunale eletti nell’arrondissement, ed i consiglieri di arrondissement, eletti secondo le condizioni e le forme previste dal codice elettorale. La Carta comunale 78/00 oltre ad affermare la competenza generale del Consiglio, precisa che le deliberazioni dello stesso devono essere trasmesse al presidente, incaricato di trasmetterne copia al governatore, entro 15 giorni. L’organo esecutivo dell’arrodissement è rappresentato dal Presidente del Consiglio, al quale compete l’esecuzione ed il controllo delle deliberazioni del Consiglio d’arrondissement. Dal punto di vista delle risorse finanziarie, i consigli di arrondissement dispongono di una dotazione globale di funzionamento che rappresenta una spesa obbligatoria per il comune, ed il cui ammontare è stabilito dal Consiglio comunale. Infine per quanto riguarda i compiti del consiglio, essi consistono essenzialmente nella cura, nel mantenimento e nella gestione delle strutture economiche, socio–culturali, e sportive destinate agli abitanti dell’arrondissement. Rientrano nella sua sfera d’azione, inoltre, i mercati, le piazze e le vie pubbliche, i parchi ed i giardini pubblici, gli asili, le biblioteche, i centri culturali, i conservatori e le infrastrutture sportive. 1.2.2 LA COLLETTIVITÀ PREFETTURALE E PROVINCIALE La prefettura e la provincia rappresentano il secondo livello di decentramento territoriale. Come per i comuni, il numero di prefetture e province è aumentato notevolmente dalla loro creazione ad oggi: da 24 nel 1956, alle attuali 71 (12 prefetture e 49 province)13, allo scopo di avvicinare lo Stato ai cittadini, di rafforzare i servizi e di promuovere lo sviluppo economico e sociale del territorio. Il Dahir del 12 settembre 1963 è stato recentemente modificato dalla legge 79/00, la quale ne stabilisce le modalità di organizzazione e funzionamento, prevedendo al suo interno un’assemblea prefetturale o provinciale, quale organo deliberativo, affidando il potere esecutivo al governatore, rappresentante diretto dello Stato. I membri dell’assemblea, eletti per un periodo di 6 anni, si suddividono in due categorie: quelli eletti a suffragio universale indiretto tra i consiglieri comunali della prefettura e della provincia, (scrutinio di lista proporzionale, al più alto resto); ed i rappresentanti delle Camere dell’agricoltura, del commercio, dell’industria, dell’artigianato e della pesca (ogni camera elegge un rappresentante fra i suoi membri, per ogni provincia o prefettura). Mentre il numero dei rappresentanti di categoria è fissato dalla legge, il numero di consiglieri componenti l’assemblea varia a seconda del numero di abitanti (da 11 membri per le prefetture e 12 Ne esistono 16 a Casablanca, 6 a Fès, 5 a Rabat, Salé e Marrakech e 4 a Tangeri. UNDP, Ministère de la Modernisation des Secteurs Publics, Structure administrative et décentralisation, Documento di lavoro Gold Maghreb 2004. 13 10 province che hanno un numero di abitanti < 150.000; a 31 per quelle con un numero di abitanti > 1.000.000). Bisogna tener presente la gratuità della funzione di consigliere prefetturale e provinciale, i quali nelle svolgimento delle proprie funzioni percepiscono esclusivamente un’indennità di trasporto, di spostamento e soggiorno. Riguardo alle funzioni dell’assemblea prefetturale e provinciale, la legge 79/00 ha seguito la stessa metodologia prevista per le altre collettività locali, suddividendo le competenze in proprie, trasferite e consultive. Allo stesso modo che per i comuni, all’assemblea prefetturale/provinciale compete l’esame e il voto sul bilancio e sul piano di sviluppo economico e sociale della provincia o prefettura; la decisione di contrattare prestiti e garanzie per sostenere il piano di servizi; prendere azioni necessarie alla promozione degli investimenti e dell’impiego; l’assunzione di decisioni in merito alla creazione e alla modalità di gestione di servizi; alla creazione e partecipazione a società miste; ecc. Nell’ambito delle competenze di tipo consultivo, l’assemblea deve essere consultata, su richiesta delle autorità centrali, su questioni di interesse provinciale/prefetturale o intercomunale, di carattere amministrativo ed economico. L’assemblea, inoltre, può proporre ai ministri competenti, attraverso il governatore, azioni da intraprendere al fine dello sviluppo economico e sociale della provincia, o, al contrario, essere consultata su politiche e piani di gestione del territorio e urbanistici proposti dallo Stato o dalla regione. Infine, rientrano tra le competenze trasferite dallo stato, la realizzazione ed il mantenimento di licei ed istituti tecnici; di ospedali; la formazione professionale e degli eletti locali e del personale delle collettività locali; le infrastrutture, i servizi ed i programmi di sviluppo e di valorizzazione di interesse prefetturale e provinciale. L’assemblea prefetturale/ provinciale, è presieduta da un presidente, il quale elabora il regolamento interno e stabilisce l’ordine del giorno, in accordo con il governatore. In ogni caso, il Ministro dell’Interno può iscrivere d’ufficio sull’ordine del giorno ogni questione sulla quale ritenga utile dibattere. Il presidente, inoltre, rappresenta il consiglio in giudizio, e in tutti gli atti della vita civile, amministrativa e giudiziaria. La funzione esecutiva, invece, è esercitata dal governatore, incaricato di eseguire le deliberazioni dell’assemblea, tra cui il bilancio, e di amministrare i beni della collettività. Rispetto al passato, la legge 79/00 ha introdotto un’importanza novità; nel caso in cui il consiglio stimi a maggioranza assoluta dei suoi membri che le misure di esecuzione non corrispondano alle proprie deliberazioni, può inviare un avviso motivato al governatore, oltre alla possibilità di far ricorso, nell’ordine, al Ministero dell’Interno, o in caso di mancata risposta, al tribunale amministrativo. 1.2.3 LA REGIONE La Regione è il terzo livello di decentramento. Istituita dal Dahir del 16 giugno 1971 come circoscrizione territoriale di pianificazione economica e di gestione del territorio, è stata elevata al rango di collettività locale dalla costituzione del 1992. La missione attribuita alla Regione dalla legge 47/96, che ne stabilisce l’organizzazione ed il funzionamento, consiste nello sviluppo economico, sociale e culturale della collettività locale regionale. Il Consiglio regionale è l’organo deputato alla gestione degli affari della Regione. Come per le province e prefetture, anche in questo caso, esso si compone di due tipologie di membri, eletti per un periodo di 6 anni: da una parte i rappresentanti delle collettività locali, dell’altra quelli delle 11 camere professionali e dei sindacati. L’elezione14 avviene per il tramite di collegi elettorali, utilizzando il sistema proporzionale. Inoltre, prendono parte alle riunioni del consiglio, pur non avendo diritto di voto, membri del parlamento, rappresentanti della regione15, e presidenti delle assemblee delle prefetture e province che compongono la Regione. Le competenze del Consiglio sono sia proprie, che trasferite dallo Stato, e di carattere consultivo. Le competenze proprie del consiglio sono molto vicine a quelle attribuite alle altre collettività locali. In tal modo, il consiglio interviene nello sviluppo economico, sociale e culturale della regione, attraverso l’elaborazione di un piano di sviluppo economico e sociale, in conformità con gli orientamenti nazionali; elabora lo schema regionale di gestione del territorio; decide sulla partecipazione della regione a società miste di interesse regionale; vota il bilancio preparato dal wali chef de lieu della regione, ecc. Le competenze trasferite alle regioni dallo Stato, riguardano principalmente la creazione e il mantenimento dei licei, delle strutture universitarie e degli ospedali, l’attribuzione di borse di studio, interventi di formazione a favore dei quadri delle collettività locali, ed azioni finalizzate allo sviluppo regionale, in collaborazione con lo Stato o con altra persona giuridica di diritto pubblico, nel quadro di apposite convenzioni. Il consiglio regionale, infine, fa proposte ed emette pareri riguardo alle politiche statali attuate nel territorio delle regioni, in materia di investimenti pubblici, di gestione del territorio nazionale e di pianificazione. Esso inoltre, può proporre, tramite il wali chef de lieu della regione, la creazione, le modalità di organizzazione e di gestione dei servizi pubblici regionali (a gestione diretta, autonoma o per concessione). Ciò non avviene per via diretta. Ma sarà il governatore del capoluogo di regione a trasmetterlo alle autorità governative interessate. Il presidente presiede il consiglio regionale e fissa, con il suo gabinetto, l’ordine del giorno. Quest’ultimo viene trasmesso al wali, il quale può proporre al presidente entro otto giorni l’iscrizione di questioni supplementari. Allo stesso modo che nelle province e prefetture, la legge 47 /96 conferisce al wali il potere di esecuzione delle deliberazioni del consiglio, previo parere del presidente dello stesso, che ne controfirma gli atti. 14 Art.147 del codice elettorale del 1997. I membri della camera dei rappresentanti sono eletti per i 3/5 dai rappresentanti delle collettività locali e per i 2/5 dai rappresentanti delle camere professionali. 15 12 Tabella 1 – Lista delle regioni Regione Territorio 1 Oued-EddahabLagouira Province di 50880 Oued Eddahab e d’Aousserb 2 LaayouneBoujdour-SakiaEl Hamra Province di Laayoune e di Boujdour 3 Guelmin Essemara 4 Superfi Numero cie di Comuni Km2 Urbani Numero di Comuni Rurali Popolazione % di % di pop pop rurale urba na 2 11 36 751 85% 15% 4 10 175 669 92% 8% Province di 133730 Guelmin, Tan Tan, Assa-Zag, Tata e Essemara 11 49 386 075 56% 44% Souss-MassaDraa Prefetture di Agadir e di Inzeggane Ait Melloul e province di Tiznit, Taroudant, Ouarzazate e Zagora 70880 24 212 2 635 529 34% 66% 5 Gharb-CherardaBni-Hssen Province di Kénitra e Sidi Kacem 8805 11 61 1 625 082 38% 62% 6 ChaouiaOuardigha Province di Settat, Benslimane e Khouribga 16760 15 102 1 554 241 38% 62% 7 MarrakechTensift-Al Haouz Prefetture di Marrakech e province di Chichaoua, El Kelaa dei Sraghna, Essaouira e Al Haouz 31160 15 198 2 724 204 35% 65% 8 Oriental Prefetture di Oujda, Angad e province di Nador, Figuig, Taourirt, Berkane e Jerrada 82820 22 91 1 768 691 55% 45% 9 Grand Casablanca Prefetture di 1615 Casablanca, Mohammedia, e province di Nouacer e Médiouna 7 10 3 081 621 95% 5% 10 Rabat-SaléZemmour-zaer 10 40 1 985 602 79% 21% Prefetture di Rabat, Salé e Skhirate, 139480 9580 13 Temara e province di Khémisset 11 Doukkala-Abda Province di Safi 13225 e El Madida 10 77 1 793 458 34% 66% 12 Tadla-Azilal Province di Béni Mellal e Azilal 9 73 1 324 662 34% 66% 13 Meknès-Tailaletl Prefetture di 79 210 Meknès e province di Khénifra, Ifrane, El Hajeb e Errachidia 23 111 1 903 790 51% 49% 14 Fès-Boulemane Prefettura di Fés 19 795 e province di Sefrou, My Yacoub e Boulemane 12 48 1 322 473 69% 31% 15 Taza-Al Hoceima- Province di Taounate Taza, Al Hoceima e Taounate 24 154 14 118 1 719 837 22% 78% 16 Tanger-Tétouan Prefettura di 11 570 Tangeri, Asilah, e province di Fahs Anjra, Tétouan, Larache e Chefchaouen 10 87 2 036 032 56% 44% 1 298 26 073 717 51% 49% Totale 17125 710 850 199 Fonte: UNDP, Ministère de la Modernisation des Secteurs Publics, Structure administrative et décentralisation, documento di lavoro Gold Maghreb 2004 2. I limiti del processo di decentramento in Marocco 2. 1 I deficit di risorse finanziarie ed umane Nonostante la volontà e l’impegno politico espressi a favore del processo di decentramento, numerosi sono i limiti che ancora oggi si oppongono ad una sua efficace attuazione, primo fra tutti un deficit considerevole in termini di risorse finanziarie ed umane. Dal punto di vista delle risorse finanziarie, sebbene la Costituzione abbia riconosciuto alle collettività locali autonomia finanziaria, esse, di fatto, non detengono un vero e proprio potere fiscale, non disponendo della possibilità di creare, modificare, od eliminare un’imposta o tassa. Tale compito è, infatti, espressamente (art. 46 della costituzione) riservato al legislatore nazionale. L’autonomia finanziaria, inoltre, è limitata dal controllo esercitato da parte dell’autorità centrale sul bilancio, a cui si aggiunge l’obbligo di approvazione espressa della maggior parte degli atti assunti dalle assemblee delle collettività locali e aventi carattere finanziario. Attualmente, la fiscalità locale è regolata dalla legge 30/89, la quale individua le risorse finanziarie delle collettività in: trasferimenti statali e tasse locali. I trasferimenti statali si compongono di tre rubriche di imposte e tasse: l’IVA, nella misura del 30%; seguita dalle imposte sulle licenze, dalla tassa urbana, in una percentuale del 90%. La fiscalità locale, diversamente, conta circa 41 voci. 14 Tabella 2 – Risorse Fiscali Locali (%) 1995 1996/97 1997/98 1998/99 Tasse Locali 40,7% 35,6% 33,6% 28,6% Tasse Urbane 3,5% 3,9% 3,3% 4,1% Imposte sulle licenze 15,2% 12% 11,3% 11,3% IVA 40,5 48,4% 51,8% 47,8% Fonte: Ministero delle Finanze, Ottobre 2001 Dalla tabella qui riportata risulta chiaramente come sia l’IVA la voce più rilevante delle finanze locali (47,8%, nel 1998/99) seguita dalle tasse locali, con il 28,6% delle entrate. Di conseguenza, le collettività si sono trovate nel tempo a dover ricorrere ad un sistema di finanziamento esterno, rappresentato, in particolare, dai trasferimenti statali e dai prestiti16. Ciò ha ridotto notevolmente l’autonomia delle collettività locali, provocando una marcata dipendenza delle stesse dai trasferimenti statali, che rappresentano a tutt’oggi la principale fonte di entrata. Il maggiore finanziatore del bilancio delle collettività locali è, quindi, il contribuente nazionale e non quello locale. Di conseguenza, ancora oggi non è possibile parlare di decentramento finanziario, non esistendo a livello locale una vera e propria autonomia finanziaria. Infatti, “la décentralisation fiscale est atteinte lorsque les coûts de production des biens et services publics délivrés par les collectivités locales, sont supportés par les consommateurs de ces biens et services, à savoir principalement les résidents de ces collectivités locales et accessoirement les non résidents”17. Volgendo l’analisi alle spese delle collettività locali, emergono nuove importanti considerazioni. Le spese di funzionamento, infatti, assorbono quasi i 2/3 del bilancio dei comuni per l’anno 1999/2000. La maggior parte di queste, inoltre, è costituita dagli esborsi per il personale, pari al 57% del totale delle spese di funzionamento (Trésorerie générale du Royaume). Tabella 3 – Contributo delle entrate fiscali al finanziamento delle spese locali 1999/2000 (milioni di Dh) Spese Locali Entrate Locali Ammontare Spese di 8 056 Funzionamento Spese per 3 410 Investimenti Totale 11 466 % Ammontare % 70% Entrate fiscali 10 034 87,5% 30% Prestiti (FEC) 918 8% Altre 514 4,5% Totale 11 466 100% 100% Fonte: Trésorerie générale du Royaume 16 Le collettività locali sono autorizzate a richiedere prestiti. A tal fine sono stati istituiti degli appositi organismi, tra cui il FEC (Fonds d’équipement communal). Si tratta di un organismo pubblico, dotato della personalità civile e dell’autonomia finanziaria, la cui gestione amministrativa è stata affidata alla Caisse des Dépot et de Gestion (C.D.G.). 17 Citazione da Salahdine Ben Youssef, “Fiscalité locale: Etat de lieux et perspectives”, Actes des journées d’études sur “Fiscalité et croissance”, Assise nationale de la fiscalité, 13 e 14 ottobre 1999, in : « Du gouvernement à la gouvernance : les leçons marocaines », Actes du colloque national organisé par l’Université Abdelmalek Saadi, faculté de Sciences juridiques, économiques et sociales, il 21 e 22 marzo 2003, Publications de la Revue Marocaine d’Audit et de Développement. 15 Ne consegue, che l’insufficienza delle risorse finanziarie locali, e la preponderanza delle spese per funzionamento, hanno diminuito considerevolmente la capacità di spesa per investimenti delle collettività, limitando la loro capacità di intervenire positivamente sullo sviluppo locale. Nel complesso, il Piano di sviluppo economico e sociale delle collettività locali 2000-2004 ha stimato a 110 miliardi di Dh i bisogni delle collettività locali per il finanziamento dei programmi prioritari di investimento; sebbene nel contempo abbia valutato la loro capacità di autofinanziamento, “dans les conditions les plus optimistes”, a 33,35 miliardi di Dh, pari cioè al 30% del fabbisogno18. Per di più, dal punto di vista delle spese per investimenti la distribuzione delle risorse appare alquanto disomogenea, contribuendo ad aumentare il divario di sviluppo già esistente tra le diverse regioni del regno. L’ammontare degli investimenti, infatti, varia tra il 15,61% della regione di Rabat, e lo 0,24% di Oued–Ed–Dahab–Lagouira. Il 55% delle risorse totali, inoltre, è concentrato su cinque regioni: Rabat–Salé–Zemmour–Zaer; Grand Casablanca; Souss–Massa–Draa; Tanger– Tétouan; Marrakesh–Tensif–Al Haouz. La spesa per investimento pro capite ci permette di avere una visione più chiara dello squilibrio esistente. Mentre essa è pari al 76,6% nella regione di Rabat-Salé-Zemmour-Zaer, le altre regioni mostrano una percentuale assai più bassa: 12,70% nella regione del Grand-Casablanca e 4,66% in quella di Souss-Massa-Draa, attestandosi nei rimanenti casi al di sotto dell’1%. Tabell. 4 – Spese per Investimenti delle Regioni Regioni Ammontare % Spesa per % Investimento pro capite Rabat – Salé – Zemmour – Zaer 5.206. 720.719 15.61 141.676 76,76 Grand – Casablanca 4.116.200.328 12,34 23.432 12,70 Souss – Massa – Draa 3.317.593.901 9,95 8.593 4,66 Tanger – Tétouan 2.927.764.877 8,78 1.111 0,60 Marrakesh – Tensif – Al Haouz 2.830.798.875 8,49 1.742 0,94 Oriental 2.196.696.232 6,59 1.413 0,77 Gharb – Chrarda – Bni Hsen 2.194.884.153 6,58 806 0,44 Doukala – Abda 1.900.384.620 5,70 1.074 0,58 Chaouia – Ouardigha 1.884.050.913 5,65 611 0,33 Meknès – Tafilalt 1.611.227.400 4,83 811 0,44 Fès – Boulemane 1.576.262.014 4,73 879 0,48 Taza – Al Hoceima – Taounate 1.434.688.929 4,30 1.083 0,59 Guelmin – Es – Semara 997.239.626 2,99 524 0,28 Tadla – Azilal 812.883.781 2,44 615 0,33 Laayoune – Boujdour – Sakia El Hamra 266.340.476 0,80 155 0,08 Oued – Ed – Dahab – Lagouira 78.446.396 0,24 39 0,02 Totale 33.352.183.240 100 11.535 100,00 Fonte: elaborazione dell’autore su dati del Piano di sviluppo economico e sociale delle collettività locali 2000-2004 Oltre a problemi di carattere finanziario fin qui presentati, il decentramento ha dovuto fare i conti con risorse umane impreparate ad affrontare le nuove sfide che esso poneva, sia dal punto di vista quantitativo che qualitativo. Il pubblico impiego delle collettività locali, ha mostrato sin dall’avvio del processo di decentramento, una preoccupante carenza di risorse umane, le cui cause furono, almeno in parte, da attribuire alla suddivisione territoriale intervenuta nel 1959, in seguito alla quale risultò uno scarto considerevole tra l’ampiezza dei comuni e le risorse umane disponibili. 18 La lettre des collectivités Locales, Bulletin d’Information de la Direction Générale des Collectivités Locales, n.4, novembre – dicembre 2001. 16 La riforma comunale del 1976, ha rappresentato un importante passo avanti in tal senso, con l’avvio di un processo progressivo di rafforzamento delle risorse umane delle collettività locali, che sono passate dai 29.197 funzionari del 1977 ai 142.472 del 2000, corrispondente ad un tasso di crescita per i comuni urbani e rurali, rispettivamente del 317% e del 445%19. Tabella 5 – Evoluzione delle risorse umane delle collettività locali Collettività Locali 1977 Prefetture e Province 2 699 Comuni Urbani 18 962 Centri Autonomi 1 211 Comuni Rurali 6 325 Totale 29 197 Fonte: M. El Mouchtaray, 2000, op. cit. 9% 65% 4% 22% 100% 2000 23.407 84.315 34.477 273 142.472 16,4% 59,2% 24,2% 0,2% 100% L’evoluzione è stata anche di tipo qualitativo, essendo passati dall’1,03% al 6%, per i quadri superiori e dal 1,66% al 15% per i quadri medi. Tabella 6 - Evoluzione qualitativa delle risorse umane delle collettività locali Comuni Categorie di personale 1977 Effettivi Quadri superiori 271 Comuni Urbani Quadri medi 418 Agenti esecutivi 4.169 Mano d’opera 15.317 Totale 20.175 Quadri superiori 1 Comuni Rurali Quadri medi 22 Agenti esecutivi 2.554 Mano d’opera 3.748 Totale 6.325 Quadri superiori 272 Totale comuni Quadri medi 440 Agenti esecutivi 6.723 Mano d’opera 19.065 Totale 26.500 Fonte: M. El Mouchtaray, 2000, op. cit. % 1.34 2.07 20.67 75.92 100.00 0.01 0.35 40.38 59.26 100.00 1,03 1,66 25,37 71,94 100,00 2000 Effettivi 4.687 11.342 13.480 54.806 84.315 2.328 6.127 11.482 14.540 34.477 7.015 17.469 24.962 69.346 118.792 % 5 14 16 65 100.00 7 18 33 42 100 6 15 21 58 100 Ciononostante, il numero di impiegati (una media di 5 ogni 1000 abitanti20) comunali per abitante ha continuato ad essere insufficiente rispetto ai bisogni effettivi della collettività locale, permanendo una situazione in cui il 79% degli effettivi è rappresentato da mano d’opera e da agenti esecutivi, e solo il 15% e 6% da quadri medi e superiori. Tuttavia, il problema della mancanza di qualificazione non riguarda la sola funzione pubblica, investendo, altresì, gli eletti locali. La nuova carta comunale del 2002, tra l’altro, non ha portato innovazioni significative in tal senso, avendo previsto l’obbligo di istruzione primaria, ma solo per la carica di presidente del consiglio. Gli eletti locali, dunque, continuano a presentare un debole livello di istruzione, sebbene nel corso del tempo siano stati raggiunti progressi significativi in tal senso, come dimostrato dal fatto che i candidati che abbiano frequentato l’università sono passati dal 10% nel 1983, al 22% nelle elezioni 19 M. El Mouchtaray, 2000, Le rôle des collectivités locales dans le développement économique et social au Maroc, Remald. 20 Ibidem. 17 locali del 1997, concentrati prevalentemente nei partiti della sinistra. Ciò nonostante, l’indice di modernità delle elezioni comunali del settembre 2003 continua a mostrare una certa debolezza. Quest’ultimo viene calcolato utilizzando i seguenti parametri: donne, eletti con meno di 45 anni, livello medio di istruzione, presenza di professioni “moderne”, ed in senso inverso, il numero di agricoltori 21. Cominciando dal numero delle donne elette in occasione dello scrutinio comunale del 2003, esso è pari a 127 (pari al 0,5%; contro il 0,34% del 1997, e le 77 nel 1992, le 43 nel 1989, e le 9 nel 1976) su 23.286 (5%) del totale delle candidate. Si rileva, inoltre, che la percentuale di eletti con un’età inferiore ai 44 anni, ammonta al 45% del totale, sebbene essi rappresentassero il 62% dei candidati. Il 46%, inoltre, possiede un livello di istruzione secondario o superiore, mentre dal punto di vista della professione, predominano i salariati (23%), seguiti dagli agricoltori (18%), funzionari e insegnanti (15%), artigiani (12%), commercianti (10%). Questi ultimi dati, più di ogni altro, fotografano un cambiamento sostanziale dell’élite politica marocchina, diretta conseguenza del fenomeno di urbanizzazione che ha recentemente investito il paese. A dispetto di quanto detto, è possibile affermare che le elezioni amministrative hanno avuto il merito di generare una crescente “alfabetizzazione” politica (da rafforzare), e all’emersione di alcune nuove tipologie di rappresentanti politici, che gradualmente potrebbero favorire il pluralismo. Box 1 – Figure tipo dell’eletto locale marocchino In occasione del seminario su “Democrazia e decentramento in Marocco” tenutosi il 26 aprile 2004 presso il Ministero degli Affari Esteri, il prof. M. Tozy, ha individuato otto figure tipo di eletto locale: – il “bigman”, con il quale si fa riferimento ad una persona influente a livello locale, in ragione, ad esempio, della sua posizione economica; – un precedente ministro o alto funzionario, la cui elezione darebbe modo di sfruttare i legami con il potere centrale; – il notabile locale: il suo potere derivava inizialmente dal ruolo ricoperto nell’ambito della tribù di riferimento. Oggi, invece, esso consiste piuttosto nella capacità di porsi come intermediario con il potere centrale; – l’apparatchik: eletti interni ai partiti, destinati, a detta di Tozy, a svolgere un ruolo sempre maggiore in seguito all’introduzione del sistema proporzionale per l’elezione dei consiglieri nei comuni con più di 25.000 abitanti; – il diplomé – chomeur, al quale Tozy riconosce un ruolo innovatore dal punto di vista politico, in ragione del carattere rivendicatore delle proprie azioni; – il tecnocrate; – il militante associativo. 2.2 Il mantenimento di pratiche centralistiche L’attuazione del decentramento mostra una differenziazione a seconda della collettività locale considerata. Come evidenziato nei paragrafi precedenti, il decentramento si realizza soprattutto a livello comunale, mentre le province/ prefetture e le regioni costituiscono essenzialmente un livello deconcentrato dello Stato, considerata la presenza quale organo esecutivo, rispettivamente del governatore e del wali chef de lieu di regione, entrambi non eletti ma designati dal potere centrale. Attualmente la prefettura/ provincia rappresenta il livello deconcentrato per eccellenza, in quanto concentra sul proprio territorio la maggioranza dei servizi esterni (délegations provinciales/prefecturales) dei Ministeri. Sono molte le voci levatesi in favore di una sua 21 Sehimi Mustapha, Le sens du scrutin local du 12 septembre. Des élections sans risques, L’événement, n.572, du 19 au 25 sep. 2003: www.maroc-hebdo.press.ma/Mhinternet/Archives_572/pdf_572/page08et09.pdf 18 soppressione, considerata l’inoperatività dell’assemblea provinciale/ prefetturale, priva delle risorse sia umane che finanziarie necessarie all’espletamento efficiente ed efficace delle proprie funzioni. Sulla base di queste considerazioni e dell’attenzione riconosciuta, negli ultimi anni, alla collettività regionale dal legislatore nazionale e dal dibattito politico interno, è possibile ipotizzare un rafforzamento progressivo del ruolo ad essa attribuito all’interno dell’organizzazione amministrativa del regno. La regione potrebbe, così, sostituire le province nel loro attuale ruolo di legame tra Stato e collettività locali; la dimensione territoriale della Regione permetterebbe di implementare progetti di sviluppo locale ad ampio raggio, sebbene finora i risultati raggiunti siano alquanto modesti. In ogni caso non è ancora tempo di formulare giudizi in proposito, trattandosi di una collettività locale relativamente giovane. Le disposizioni di attuazione della legge regionale (47/96), infatti, sono entrate in vigore solo nel settembre 2002, ed i primi anni di attività sono stati spesi essenzialmente per assicurare loro un’adeguata organizzazione e un buon funzionamento. Da quanto sinora affermato è possibile comprendere, dunque, come la deconcentrazione sia una realtà preponderante in Marocco che interessa l’intera organizzazione amministrativa del regno, seppur in misura differente tra i differenti livelli territoriali. Secondo l’attuale divisione dei ruoli, il wali di regione svolge principalmente un’azione di animazione economica e incitamento dell’investimento. A tal fine, con la lettera reale del 9 gennaio 2002 molti ministeri (Interno, Turismo, Finanze, Industria, Agricoltura) hanno operato una delegazione di competenze a suo favore. Al wali compete, inoltre, il coordinamento dei governatori delle province e prefetture che fanno parte della regione. I governatori delle province e prefetture, da parte loro, coordinano l’attività dei servizi esterni delle amministrazioni centrali e degli enti pubblici presenti sul proprio territorio, oltre a sottoporre a controllo, per conto dei ministri competenti, l’operato dei funzionari ed agenti dei servizi esterni dei relativi ministeri. Al wali e al governatore si aggiungono, gli agenti di autorità (nominati per dahir su proposta del Ministro dell’Interno), anch’essi rappresentanti del potere centrale nelle differenti circoscrizioni amministrative del regno22: i Cercles; i Caidats o Pachalik; i distretti urbani. Tra gli agenti locali, il governatore costituisce la principale autorità amministrativa ed in quanto tale dirige, sotto l’autorità del Ministero dell’Interno, gli chefs de cercle (zone urbane) o Super Caid (zone rurali). Questi devono assicurare, sotto il controllo del governatore, l’esecuzione delle leggi e regolamenti, il mantenimento dell’ordine, della sicurezza e della tranquillità pubblica. Inoltre, rientra nelle loro competenze il coordinamento dei differenti servizi amministrativi e tecnici presenti sul territorio del cercle, oltre al controllo, limitatamente al loro campo d’azione, delle attività dei chef di circoscrizione urbani e rurali, rispettivamente, i Pacha ed i Caid. Le attribuzioni dei Pacha e Caid hanno subito un importante ridimensionamento in seguito alla riforma comunale del 1976 e all’entrata in vigore della Carta comunale del 2002, con il trasferimento ai presidenti dei consigli comunali, della funzione di polizia amministrativa e di altre funzioni speciali, in precedenza riconosciute loro. Ciò nonostante, ad essi compete tuttora il mantenimento dell’ordine e della sicurezza pubblica, e restano investiti della funzione di ufficiali di polizia giudiziaria. In aggiunta essi svolgono una funzione di assistenza amministrativa agli eletti locali, soprattutto in ambito rurale23. In Marocco, dunque, l’attuazione del decentramento si scontra con il mantenimento di pratiche centralistiche a livello locale, particolarmente evidente con la presenza, accanto agli organi eletti delle collettività locali, di agenti locali designate dallo stesso potere centrale. 22 23 Ouazzani Chadi Hassan, 2003, Droit Administratif. Ibidem. 19 L’esistenza di pratiche centralistiche si manifesta, inoltre, attraverso l’esercizio da parte dell’autorità centrale di uno stretto controllo di tutela sulle collettività locali, giustificato dalla necessità di salvaguardare l’unità dello Stato, ed assicurare il rispetto della legalità al livello locale. La tutela si esercita sia sulle persone e sugli organi decentrati che attraverso un controllo di legalità sugli atti emanati dagli stessi. Box 2 – Il controllo di tutela sulle collettività locali La tutela sulle persone può esercitarsi, con decreto del Ministro dell’Interno, attraverso la sospensione, la dimissione d’ufficio dei consiglieri delle assemblee locali, o nella loro dissoluzione. Il controllo di legalità sugli atti rappresenta l’aspetto più rilevante della tutela. Esso può ricoprire tre differenti aspetti: l’approvazione delle deliberazioni; l’annullamento delle deliberazioni; la sostituzione d’ufficio operata dall’autorità di tutela nei confronti dell’autorità sotto tutela. Nel caso dei comuni, l’approvazione riguarda, sia gli atti del presidente, che del consiglio. Nel primo caso, la legge comunale 78/00 viene esercitata sui decreti assunti dal presidente in esecuzione di deliberazioni di carattere fiscale (la fissazione dell’aliquota fiscale, delle tariffe, dei canoni, e degli altri diritti) del consiglio, e ai poteri di polizia amministrativa in materia di igiene, tranquillità e pubblica sicurezza. Relativamente agli atti del consiglio, la nuova Carta comunale ha apportato delle modifiche rispetto al regime previsto dalla carta del 1976, alleggerendo il controllo di tutela (riduzione del limite di tempo in cui l’autorità di tutela è tenuta a rispondere), e riconoscendo un maggiore coinvolgimento degli organi deconcentrati, nella fattispecie del governatore, limitatamente ai comuni rurali. Nel dettaglio, si richiede l’approvazione espressa entro 45 giorni da parte del Ministro dell’Interno, e di 30 giorni del governatore nel caso dei soli comuni rurali per tutte le deliberazioni del consiglio portanti su una serie di materie esplicitamente indicate (art. 69 della Legge 78/00)24, aventi soprattutto carattere finanziario. Per le deliberazioni aventi ad oggetto materie differenti rispetto a quelle previste dall’articolo 69, si attua un controllo di tipo tacito. Esse, infatti, vengono trasmesse dal presidente all’autorità competente, ed eseguite nel caso in cui essa non avanzi opposizione. Lo stesso sistema è previsto per le altre collettività locali. Più precisamente, nel caso delle Assemblee prefetturali e provinciali, esso il controllo è effettuato dal Ministero dell’Interno per le deliberazioni per le quali è richiesta approvazione espressa (art. 59 della Carta provinciale e prefetturale del 2002), e dal governatore per tutte le altre. Rispetto ai consigli regionali, invece, bisogna rimarcare un’unica differenza, consistente nella possibilità per il consiglio di rifiutare il riesame della deliberazione oggetto dell’intervento dell’autorità di tutela, e di adire al tribunale amministrativo. Per quanto concerne l’annullamento delle deliberazioni, esso può determinare: la nullità, per quelle deliberazioni il cui oggetto non rientra nelle competenze del consiglio o che sono prese in violazione della legge o regolamentazione in vigore; o l’annullabilità, per tutte le deliberazioni del cui oggetto un consigliere è interessato a titolo personale o come mandatario. Per ultimo la sospensione. Questa consiste nella possibilità per l’autorità di tutela di sostituirsi all’autorità sotto tutela nel caso in cui quest’ultima abbia rifiutato, illegalmente, di assumere una determinata decisione, andando contro i suoi doveri. 24 Bilancio, conti speciali e conti amministrativi; apertura di nuovi crediti, rilevamento dei crediti; prestiti, garanzie; fissazione delle aliquote fiscali, dei canoni fiscali; creazione e modalità di gestione dei servizi pubblici comunali; creazione o partecipazione ad imprese e società ad economia mista; convenzioni di associazione o di partenariato; accordi di cooperazione decentralizzata, e di gemellaggio con collettività locali estere; acquisizione, alienazione, scambi e altre transazioni aventi ad oggetto i beni del demanio comunale; denominazione di piazze e vie pubbliche; creazione, soppressione o cambiamento di posto o data dei souk rurali 20 Tuttavia gli organi decentrati dispongono di strumenti legali a difesa della loro autonomia. Possono, infatti, ricorrere in giustizia per l’annullamento delle decisioni prese in seguito all’esercizio del controllo di tutela. Possono, inoltre, ricorrere in indennizzo (en indemnité) nel caso in cui gli atti di tutela abbiano recato loro pregiudizio. Da quanto fin qui presentato emerge un quadro amministrativo estremamente complesso, che pone numerosi e comprensibili problemi di orientamento, non solo per i non addetti ai lavori. A farne maggiormente le spese, infatti, sono gli stessi cittadini, chiamati giornalmente a doversi districare tra le fitte trame della burocrazia. Tra le conseguenze, bisogna evidenziare il radicamento di pratiche di corruzione diffusa; a cui si aggiunge la sussistenza tra gli organi delle collettività locali di un problema di sovrapposizione di attribuzioni. Ciò è particolarmente evidente soprattutto nell’ambito delle competenze trasferite alle collettività locali dallo Stato, quali: la salute pubblica, la formazione professionale e del personale delle collettività locali, le infrastrutture. L’organizzazione dell’istruzione in ambito urbano, in particolare, rappresenta un esempio significativo in grado di far emergere la reale complessità del sistema di riferimento. Mentre gli asili, infatti, sono di competenza degli arrondissement, l’insegnamento di base rientra nelle responsabilità del comune. L’insegnamento tecnico e superiore compete, invece, a due differenti collettività: la provincia/prefettura, nel primo caso, la regione, nel secondo25. 25 Laabi Chafik, « Wali, maire, président de région…qui fait quoi? », La vie éco – venerdi del 14 novembre 2003 21 Figura 1 Il Decentramento in Marocco26 Ministero dell’Interno Wali del capo luogo di regione • Informa i membri del Consiglio ed i commissari sullo stato di avanzamento delle delibere; • Approva le delibere del Consiglio regionale, delle province/prefetture e dei comuni • Partecipa alle sessioni del Consiglio, in cui può liberamente prendere la parola Governatore della Provincia/ Prefettura Il governatore è, secondo la costituzione, il rappresentante del re, dello Stato e del governo. Ha il potere di eseguire le deliberazioni dell’assemblea prefetturale/ provinciale ed esercita la tutela sulle collettività locali. Inoltre, ha il dovere di coordinare i servizi esterni, in virtù dei poteri delegati, allo stesso, dai differenti Ministeri. Lo Chef de Cercle Assicura, sotto la direzione del governatore, l’applicazione dei regolamenti e la salvaguardia dell’ordine pubblico. Lo chef de Cercle coordina e supervisiona le attività dei caidat e del cercle. Svolge la funzione di consigliere e mediatore per tutte le questioni di interesse comunale ed intercomunale. Caid/Pacha Il Caid è l’autorità di controllo del Caidat/ Pachalik (circoscrizione amministrativa, rispettivamente di carattere […]rurale ed urbano) Concertazione Consiglio Regionale Qualora ritenga che l’esecuzione non sia conforme alle deliberazioni, può inviare al Wali delle interrogazioni; Esamina e vota il bilancio, esamina e approva i conti amministrativi nelle forme e condizioni previste dalla legge; Prepara il Piano di sviluppo economico e sociale della regione, conformemente agli orientamenti e agli obiettivi indicati dal Piano nazionale di sviluppo; Elabora lo schema regionale di gestione del territorio, conformemente agli orientamenti ed obiettivi fissati al livello nazionale; Fissa, nell’ambito della legge e dei regolamenti in vigore, l’aliquota, le tariffe e le regole di percezione delle tasse, dei canoni e altri diritti percepiti a profitto della regione. Assemblea Provinciale/ Prefetturale L’assemblea delibera sulle seguenti questioni: Concertazione • i progetti di prestito; • l’acquisizione, la vendita e lo scambio di immobili; • la concessione, appalto, e altre forme di gestione dei servizi pubblici prefetturali e provinciali; • i piani o programmi di sviluppo regionale e di valorizzazione che interessano la prefettura o la provincia; • si occupa di tutte le questioni di carattere amministrativo ed economico che interessano la prefettura/ provincia, la collettività provinciale/ prefetturale, o comunale limitrofa Consiglio Comunale 26 Traduzione dell’autore da: UNDP, 2004, Ministère de la Modernisation des Secteurs Publics, Structure administrative et décentralisation, Documento di lavoro Gold Maghreb, 22 3. Incidenza del decentramento sulla democrazia locale Il contributo del decentramento ad una maggiore caratterizzazione democratica del paese grazie all’elezione dei rappresentanti locali ed al ricorso al suffragio universale, pare ancora molto debole, essendo la rappresentatività politica limitata dall’intervento costante dell’amministrazione centrale. Le manovre del Makhzen e della monarchia sul “jeu politique” impedendo negli anni lo svolgersi di elezioni libere e corrette hanno contribuito a falsare gli effetti dei meccanismi previsti dalla legge, ponendosi come un ostacolo piuttosto che un incentivo al rafforzamento della governance democratica locale. Sebbene pluripartitico27, dunque, il sistema politico marocchino non può essere qualificato come pluralista, essendo la rappresentatività politica limitata dall’intervento costante dell’amministrazione centrale, preoccupata di legittimare il proprio potere, influendo negli esiti delle differenti operazioni elettorali. Come evidenziato da Sehimi28, infatti, « les élections n’ont pas pour objet de porter au pouvoir tel parti bénéficiant de la faveur de l’électeur, mais ce de valoriser la monarchie », in ragione del particolare status religioso e politico ad essa riconosciuto. Box 3 – Lo status religioso e politico del sovrano in Marocco La monarchia trae la sua legittimazione dalla discendenza diretta della dinastia chérifienne, dal profeta Maometto. Il sovrano è, dunque, investito dello statuto di commandeur des croyants (amiral-mouminine), in qualità del quale egli detiene un ruolo di arbitro (arbitre), che lo pone al di sopra di ogni altro potere e dei partiti stessi. Tale principio è sancito dalla stessa costituzione, la quale al suo art. 19 prevede: « Le roi, amir – al- mouminine, représentant supreme de la Nation, symbole de son unité, garant de la pérennité et de la continuité de l’Etat, ville au respect de l’Islam et de la Constitution. Il est le protecteur des droits et des libertés des citoyens, groupes sociaux et collectivités ». In definitiva, la persona del sovrano riunisce due funzioni: quella di massima autorità politica e religiosa del paese, in virtù della quale egli gode di un’aurea di sacralità ed inviolabilità che si estende agli stessi atti ed editti reali (Dahir; Messages) da lui emanati. In tale contesto, la Costituzione perde la sua posizione di superiorità gerarchica tra le fonti del diritto, in quanto “le roisultan-calife-amir-al mouminine-avec tout son arsenal symbolique, se place entre elle et Dieu”29. Il principio della separazione dei poteri, inoltre, lascia il posto ad una concezione monolitica del potere, in cui il sovrano, in qualità di principe dei credenti, mantiene il controllo dell’esercizio degli stessi. A tal proposito, in un suo discordo tenuto in occasione della festa della gioventù, del 10 Luglio 1982, e riportato dal giornale filo – monarchico, Le Matin du Sahara, Hassan II, ha precisato: “Le fait que je délègue certains pouvoirs au gouvernement et au parlement ne signifie point de cession”30. Nella persona del sovrano confluiscono, infatti, in modo diretto od indiretto, sia il potere legislativo, che esecutivo e giudiziario. In particolare, sul piano legislativo, il sovrano promulga le leggi (art.26) e dispone di una sorta di veto legislativo a seguito del quale la Camera deve obbligatoriamente avviare una nuova lettura 27 Il carattere democratico del sistema politico è affidato al dettato costituzionale, il quale oltre a dichiarare l’interdizione del partito unico, affida l’organizzazione e la rappresentanza dei cittadini ai partiti politici, alle organizzazioni sindacali, ai consigli comunali e alle camere professionali (art.3). 28 M. Sehimi, 1991, «Maroc: Partis politiques et stratégies électorales», in Elecciones, participación y transiciones politicas en el Norte de Africa. 29 Ibidem. 30 Tozy M., 1999, Monarchie et Islam politique au Maroc, Press de Science Po, Paris. 23 della legge in questione (artt.67 e 68). Inoltre, egli può sottoporre a referendum qualsiasi proposta ritenga opportuna, oltre a dichiarare lo Stato di emergenza , avocando a sé la totalità dei poteri.31 Per quanto riguarda il potere esecutivo, “il re nomina il Primo ministro” e, su indicazione dello stesso, gli altri membri del governo (art.24), tranne nel caso di alcuni ministeri di nomina regia, detti anche di “souveraineté” (Affari esteri; Interno; Affari islamici; Difesa). Infine, al re è attribuita la presidenza del Consiglio Superiore della Magistratura (art.32), e su proposta dello stesso, la nomina dei magistrati. 3.1 Elezioni e rappresentatività politica In Marocco, il contesto politico è stato dominato dall’intervento del potere centrale, che ha fatto del “jeu politique” uno strumento teso ad ostacolare la formazione di qualsiasi contropotere che avesse potuto rappresentare un’opposizione forte alla monarchia, oltre a raccogliere consenso intorno alle scelte da essa operate, permettendo di aumentarne il prestigio. In tal senso, negli anni immediatamente successivi all’indipendenza, molte delle manipolazioni del sovrano per assicurarsi il controllo del potere, sono state rivolte alla marginalizzazione dei partiti del movimento nazionale32 (PI – Istiqlal, UNFP- Unione Nazionale delle Forze Popolari), favorendo la costruzione di solide maggioranze intorno a coalizioni vicine al sovrano. Questa strategia, inaugurata negli anni ’60 con la formazione del MP (Movimento popolare), filo berbero, e del FDIC (Fronte per la difesa delle Istituzioni costituzionali), ha trovato poi conferma in gran parte delle consultazioni elettorali successive allo stato di eccezione (1965 – 1970), attraverso la creazione di ulteriori partiti, come il RNI (Raggruppamento Nazionale degli Indipendenti) nel 1977, il PND (Partito Nazionale Democratico), la UC (Unione Costituzionale) nel 1984 ed il MNP (Movimento Nazionale Popolare) nel 1993. Il panorama politico che ne deriva è caratterizzato da una forte atomizzazione, frutto delle dinamiche di scissione, che nel tempo hanno investito i partiti politici nell’ambito del più generale processo di integrazione istituzionale e politica, le cui redini erano tenute dallo stesso sovrano. Al fine di assicurare il consenso alle formazioni politiche da esso appoggiate, il potere centrale è ricorso a diversi meccanismi, di carattere essenzialmente tecnico. Si fa riferimento in particolare, a tutti quegli interventi aventi come effetto la restrizione della competizione elettorale, tra cui l’adozione per le elezioni dirette di un sistema maggioritario uninominale, la manipolazione delle liste elettorali da parte degli stessi agenti locali e la modellazione delle circoscrizioni elettorali. Relativamente a quest’ultimo aspetto, infatti, l’indice di competitività (numero di candidati/numero di seggi) delle diverse operazioni elettorali mostra una sproporzione significativa a favore delle zone rurali, roccaforte del potere centrale, a discapito delle zone di tradizionale dissidenza (zone a Nord e ad Est del paese, il Rif in particolare), e di quelle urbane, maggiormente soggette all’influenza dei partiti politici di opposizione. Numerosi sono gli esempi che potrebbero essere addotti a conferma. Particolarmente eloquente, il caso della città di Rabat presentato da Lopez33, in cui in occasione delle elezioni comunali del 1976 si prevedeva l’elezione di un consigliere comunale ogni 11.850 abitanti, contro i 1.200 abitanti dei comuni rurali. Lo stesso autore, inoltre, riprendendo un articolo apparso su “Libération”, quotidiano marocchino in lingua francese, in merito alle elezioni legislative del 1977, ha mostrato come la nuova divisione elettorale introdotta nel maggio dello stesso anno avesse attribuito, per ogni 31 Pereira & Fernandez, 2000, Istituzioni Politiche e processi elettorali in Marocco, http://www.regione.toscana.it/cif/quaossel/q44art3.pdf. 32 Movimento in cui si raggruppavano i partiti antagonisti della monarchia negli anni immediatamente successivi all’indipendenza del Marocco. 33 B. Lopez Garcia, 2000, Marruecos polìtico : Cuarenta anos de procesos electorales (1960 – 2000), Centro de Investigationes Sociologicas. 24 consigliere, una percentuale maggiore di popolazione alle città rispetto alle campagne, riducendo, in tal modo, il raggio di azione dei partiti di opposizione (USFP, PPS ed Istiqlal). La relazione che lega questi ultimi alle zone urbane, trova ulteriore conferma nella maggiore concentrazione nelle grandi città della percentuale di voti nulli e di astensionismo, in linea con le denunce dell’opposizione, tradottasi il più delle volte nella mancata presentazione di candidati alle elezioni, o in un appello al boicottaggio delle stesse. In particolare, dietro l’aumento progressivo della percentuale di voti nulli, è possibile riscontrare un “voto cosciente”34, tramite il quale l’elettorato esprime la propria scarsa fiducia nel sistema elettorale marocchino, soprattutto in considerazione della relazione inversa che lega la percentuale di voti nulli al tasso di partecipazione (al diminuire dei voti nulli, aumenta la partecipazione) e al carattere rurale della circoscrizione. Ciò ha contribuito a generare una generale crisi dei partiti che ha investito e caratterizza ancora il sistema politico marocchino, come dimostrato dal tasso di astensionismo registrato nei diversi confronti elettorali. Il clima di sfiducia è presente, in particolare, nelle fasce più giovani della popolazione, soprattutto urbane, scoraggiate dalla presenza di un deficit sociale crescente, e che non trovano nei partiti politici interlocutori adeguati nei quali riconoscersi ed a cui affidare le proprie rivendicazioni. Esiste il rischio che tale malcontento si traduca, soprattutto in occasione delle elezioni locali, in un aumento considerevole del consenso verso i movimenti islamici, tradizionalmente, molto attivi nell’ambito delle organizzazioni della società civile e per questo ben visti dalla popolazione locale. L’azione dei movimenti islamici, concentrata prevalentemente nelle realtà urbane e peri – urbane, si inserisce, a detta di Tozy, nella “modernité”, per la presenza di leader relativamente giovani (molti di essi non superano i quarant’anni) ed istruiti35. Ciò trova conferma in una rilevata diffusa presenza dei militanti dei movimenti islamici nel settore dell’istruzione. Non bisogna dimenticare, a tal proposito, che molti degli esponenti principali di tali movimenti, tra cui A. Moti, guida dell’Association de la Jeunesse Islamique, e A. Yacine, cheikh de Al-‘Adl wa-l-Ihsan, hanno ricoperto il ruolo di ispettori dell’Education Nationale. Negli ultimi anni, eminenti politologi e studiosi marocchini ed internazionali hanno cercato di trovare una risposta all’incertezza sul ruolo futuro delle forze islamiche in Marocco e sulla possibile evoluzione di quella che fino a poco tempo fa era stata definita da più parti l’eccezione marocchina. M. Tozy, in particolare, ritiene che l’attuale configurazione del sistema politico, ed il peso preponderante della monarchia nella formazione del governo, dovrebbero contribuire a contenere gli effetti di un’eventuale ascesa al potere dei movimenti islamici. Difatti, il politologo marocchino ha più volte sottolineato come, dal momento in cui il Makhzen ha preso coscienza della minaccia rappresentata dai movimenti islamici, esso abbia reiterato la tattica tradizionalmente utilizzata nei confronti delle sacche di dissidenza di volta in volta manifestatesi nel paese, e consistente nella loro integrazione nel sistema politico, al fine di assicurare un controllo più stretto ed efficace delle stesse. Le vicende che hanno interessato due tra i maggiori movimenti islamici del paese sembrano avvalorare questa ipotesi. Si tratta del PJD (Parti de Justice et Développement) del neo designato Saad Eddin Al Uthmani e del movimento Al-‘Adl wa-l-Ihsan, che fa capo allo sceicco (cheik)36 A.Yacine. La posizione riconosciuta loro all’interno del sistema politico marocchino, infatti, è il 34 Ibidem. Intervista di Lagarde D. al Prof M. Tozy, 2002, Où vont – ils les islamistes ?, L’Express (http://www.lexpress.fr/formatimp/default.asp?idarticle=420158&url=http://www.lexpress.fr/Express/Info/Monde/Doss ier/maroc/dossier.asp?ida=420158). 36 Il termine Cheikh viene dall’arabo shaykh e significa “vecchio”. Tendeva originariamente a designare un uomo di una certa età, rispettato per la sua esperienza e conoscenza. In questo caso viene utilizzato, piuttosto, per identificare una persona che possiede una determinata autorità religiosa e si ponga come iniziatore di una determinata regola. 35 25 frutto di scelte antitetiche: di compromesso e di accettazione delle regole del gioco politico per il PJD, e di netta contrapposizione, nel caso del movimento di Yacine. Proprio per questo, ad oggi, il PJD rappresenta l’unico partito islamico legale in Marocco. Il PJD, all’epoca, Al–Jama’a al–Islamjya, ha mostrato sin dalla sua creazione una “sensibilité politique très forte qui le prédispose au compromis avec les autorités”37, distinguendosi dagli altri gruppi islamici. La sua integrazione nel campo politico, tuttavia, non è stata immediata. Creato ufficialmente nel 1981–1982, da precedenti militanti della Association de la Jeunesse Islamique (Ach-chabiba al-Islamya), Al–Jama’a, denominato nel 1992, Al-Islah-wa-t-Tajdid (Réforme et Renouveau), ha visto rifiutata l’autorizzazione alla propria domanda di creazione di un partito politico ben due volte, prima nel 1989 ed in seguito nel 1992. Affinché l’integrazione avvenisse, infatti, era necessario che essa rispondesse a criteri conformi ai disegni del potere centrale. Solo in seguito alla scelta di associarsi con un partito ufficiale il MPCD (Mouvement populaire constitutionnel démocratique), tra i principali partiti pro – governativi e guidato da un membro della famiglia reale, al-Kathib, ha permesso la concreta realizzazione del suo obiettivo. Avviata nel 1992, ma divenuta operativa e resa ufficiale nel 1996, l’OPA (Offerta Pubblica di Acquisto), con il MPCD, così come definita da Tozy38, rappresentava, dunque, un altro punto segnato a favore del Makhzen. Il riconoscimento indiretto dell’islamismo politico e la sua “domiciliation dans une coquille tenue au chaud”39 (o in una “coquille vide”, come la denomina Vermeren40), avrebbe, infatti, permesso, da un lato, di isolare il movimento di Yacine, e dall’altro di catturare parte dell’elettorato dell’Istiqlal e dell’USFP. Così, dopo i timidi risultati delle elezioni legislative del 1997, (elezione di 9 dei 142 candidati presentati), il PJD ha ottenuto un successo maggiore nel 2002, diventando la terza formazione politica del regno, con 43 seggi al Parlamento. Tuttavia, in occasione delle elezioni comunali del 12 settembre 2003, il successo elettorale del PJD ha subito un significativo ridimensionamento, mostrando una situazione in decisa controtendenza rispetto alle legislative del 2002. Secondo i dati diffusi dal Ministero dell’Interno, infatti, solo il 2,5% dei voti sarebbe andato al PJD. Il confronto elettorale locale sembrava, dunque, allontanare il rischio, paventato da molti, che l’elezione diretta degli organi decentrati (in questo caso del consiglio comunale) potesse comportare un rafforzamento della presenza islamica nelle assise del potere. In realtà, un elemento determinante è intervenuto a distorcere l’esito dei risultati, falsando l’effettiva configurazione politica del paese: l’accordo preventivo stretto dallo stesso PJD con le autorità centrali e consistente nella presentazione di propri candidati in un numero limitato di circoscrizioni (pari al 18%). Ciononostante, il risultato del PJD deve far riflettere. Esso non è affatto così mediocre come potrebbe sembrare in apparenza. Tra tutti i 26 partiti partecipanti alla competizione, il PJD ha raggiunto l’undicesimo posto, ottenendo 593 seggi su 23.000. Inoltre, nelle circoscrizioni in cui ha presentato candidati, il PJD ha raggiunto un punteggio significativo posizionandosi, tra l’altro, al terzo posto a Casablanca, e confermando, in tal modo, la buona performance registrata in occasione delle elezioni legislative del 2002. Il percorso intrapreso dal Movimento Al-‘Adl wa-l-Ihsan, mostra notevoli differenze rispetto al PJD. A tutt’oggi, esso rimane formalmente nell’illegalità. Difatti, malgrado sia operativamente molto attivo all’interno del paese, esso si pone ai margini del sistema politico in ragione dell’atteggiamento di contrapposizione verso il potere centrale e la corona, in particolare, manifestato dallo cheikh. 37 Tozy M., 1999, Monarchie et Islam politique au Maroc, Press de Science Po, Paris. Ibidem. 39 Citazione da : La vie économique, 3827, 20 juillet 1995, pg.1, in Tozy M., 1999, op. cit. 40 Vermeren Pierre, 2002, Le Maroc en Transition, La Dècouverte, Paris. 38 26 La figura di Yacine è venuta alla ribalta della cronaca nel 1974, con la pubblicazione della sua “Lettre au Roi”41, lettera aperta con la quale invitava il sovrano, Hassan II, “avec franchise et honnêteté à appliquer la loi de Dieu sans tarder”, presentandosi come un berbero di discendenza chérifienne idrisside (vedi box 3), e facendo così acquisire al suo gesto una valenza di aperta sfida politica, collocandosi automaticamente tra i predicatori pretendenti alla successione. In questa situazione, la tattica prescelta dal Makhzen passa dall’integrazione al fine del controllo, alla neutralizzazione della dissidenza. In una delle sue opere maggiori, “Monarchie et Islam politique au Maroc”, Tozy considera la partecipazione alle elezioni del 1997 del PJD, come un punto di svolta per il panorama politico marocchino, precisando come “le temps ne joue plus en faveur de Yacine”, sia per una questione di età che di opportunità politica. L’autore ritiene, infatti, che continuando a perseguire la sua azione ai margini del sistema politico, egli contribuirà oggettivamente e indirettamente al consolidamento di un islamismo soft, ed alla propria ulteriore emarginazione. Tuttavia, fa presente Tozy, la questione dell’integrazione del Al–‘Adl wa–l–Ihsan nel sistema politico è tutt’altro che chiusa. Un cambio di leadership in seno al movimento potrebbe determinare una svolta decisiva verso la sua integrazione, considerando che il suo Consiglio non ha una posizione unanime sulla questione e che i due terzi dei suoi membri hanno circa la metà degli anni di Yacine, e “hâte de tester directement leur savoir–faire politique”. 3.2 Partecipazione e decentramento L’avvicinamento del livello decisionale ai cittadini attraverso il trasferimento di competenze e di strumenti idonei al loro esercizio rientra tra gli obiettivi dichiarati del decentramento, e costituisce, nel contempo il canale attraverso cui veicolare il sistema verso un maggiore grado di qualificazione democratica, e di sviluppo economico e sociale. Le autorità locali, infatti, sono in grado di rispondere più efficacemente ai bisogni della popolazione, in virtù di una conoscenza più approfondita del contesto di riferimento. Tuttavia, in Marocco, come abbiamo avuto modo di vedere nei paragrafi precedenti, la mancanza di autonomia decisionale e finanziaria, unita ad un deficit di risorse umane qualificate, ostacolano la realizzazione di questo obiettivo. L’immagine delle collettività locali riceve in tal modo un grave contraccolpo all’interno dell’opinione pubblica, dando luogo ad una situazione paradossale, in cui il progredire del processo di decentramento si accompagna ad un disinteresse crescente per gli affari locali42. Anche la rappresentatività politica degli eletti locali, viene così ad essere minacciata. Non solo, infatti, la popolazione manifesta una certo malcontento verso gli eletti locali identificandoli come i responsabili del proprio disagio, ma difficilmente essa è in grado di percepire la differenza tra questi e gli agenti locali, espressione del potere centrale. La situazione è aggravata dalla debolezza della partecipazione diretta della popolazione alla gestione locale. Quello tra il decentramento e la partecipazione, infatti, è un rapporto simbiotico, in assenza del quale non ha luogo alcuno scambio di informazioni tra i cittadini e le collettività locali, privando quest’ultime di un meccanismo di feedback, necessario ad impostare la propria azione in modo da rispondere in maniera più mirata ai bisogni effettivi della popolazione. In ogni modo, una maggiore partecipazione deve fare i conti con una serie di problemi, tra cui la mancanza di adeguate previsioni legislative, l’assenza di maggioranze stabili in seno ai Consigli 41 Il gesto in questione, valse a Yacine tre anni e mezzo di prigione, di cui due di reclusione in un ospedale psichiatrico. Tuttavia, le vicissitudini dello Cheikh, non finirono lì, confinato, dal 30 dicembre 1989, ad una sorta di arresti domiciliari nella città di Salè, e liberato solo recentemente dal nuovo sovrano. 42 Sediari Ali, La recomposition institutionnelle des territoires au Maroc, in Sedjari Ali (diretto da), 1999, Aménagement du territoire et développement durable – Quelles Intermédiations ?, GRET, L’Harmattan. 27 comunali, e la diffusa diffidenza mostrata dagli eletti locali nei confronti degli attori del mondo associativo, nei quali vedono potenziali concorrenti politici. La nuova Carta Comunale (legge 78/00), tuttavia, sembra innovare in tal senso. Essa, infatti, ha espressamente previsto la partecipazione dei cittadini e delle ONG alla gestione comunale. In particolare, è stata riconosciuta (art. 38 e 41) al Consiglio comunale la possibilità di incoraggiare la creazione di associazioni di quartiere in materia urbanistica, oltre che d’incoraggiare e sostenere le organizzazioni e le associazioni a carattere sociale, culturale e sportivo. La nuova Carta contiene, altresì, un’esortazione al Consiglio affinché assuma l’iniziativa della realizzazione di azioni locali finalizzate a: • responsabilizzare il cittadino; • organizzare la sua partecipazione; • incoraggiare lo sviluppo del movimento associativo. Sebbene incoraggianti, queste nuove disposizioni presentano una lacuna di fondo, consistente nella estrema generalità delle indicazioni espresse, non avendo individuato a priori né le strutture né meccanismi entro i quali la rinnovata partecipazione dovrebbe avere luogo. 3.2.1 LA SOCIETÀ MAROCCHINA, TRA TRASFORMAZIONI E DINAMISMO CIVILE La definizione di forme di partnership tra collettività locali e organizzazioni della società civile assume, oggi, in Marocco, una necessità impellente considerata la dinamicità dimostrata dalle ONG, ed il riconoscimento di cui godono tra la popolazione. Negli anni, infatti, la partecipazione dei cittadini alla gestione locale si è esplicata soprattutto attraverso l’azione condotta dalle associazioni. L’intensità del fenomeno associativo in Marocco affonda le sue radici nella tradizione comunitaria d’origine arabo – musulmana e berbera; e nelle forme di solidarietà proprie della civilizzazione marocchina, seppur secondo pratiche differenti tra zone rurali ed urbane del paese. In ambito rurale, la partecipazione canalizzata all’interno di apposite istituzioni, le Jemaa, (vedi § 1.1), si accompagnava alla presenza di numerose associazioni informali, il cui fine consisteva nel concentrare gli sforzi collettivi per il superamento delle difficoltà che la vita in campagna comportava43. Nelle città, essa si manifestava per lo più nell’ambito del commercio attraverso, ad esempio, la creazione di corporazioni di mestiere, all’interno delle quali i membri eleggevano i propri rappresentanti, incaricati di difendere gli interessi della categoria. Tra le forme di partecipazione riscontrate, inoltre, ricordiamo la presenza in ogni quartiere (Al Haouma) di un rappresentante della popolazione, il cui compito consisteva nel porsi come interlocutore tra la stessa e gli agenti locali del Makhzen44. Dal punto di vista giuridico, la prima legislazione introdotta a regolazione dell’attività associativa risale al periodo del protettorato (1914), seguita, dall’emanazione, all’indomani dell’indipendenza, dal Dahir sulle Libertà pubbliche (1958). Allora il campo associativo era composto soprattutto da strutture di tipo caritativo, che vedevano spesso il coinvolgimento diretto di membri della famiglia reale, assumendo in tal caso un carattere essenzialmente pro- governativo45. Nel 1973, la modifica del Dahir del 1958, ha coinciso con il mutamento del contesto politico, determinando l’introduzione di una serie di restrizioni e controlli che hanno contribuito ad inasprire la vitalità propria della società civile marocchina. Bisognerà attendere gli anni ’80 affinché un certo 43 Roque Maria – Angels (dir.), 2002, La sociedad civil en Marruecos, Icaria, Antrazyt/IEMED. Abbadi Driss, Gouvernance partecipative locale au Maroc, Edition 2004. 45 Roque Maria – Angels (dir.), 2002, La sociedad civil en Marruecos, Icaria, Antrazyt/IEMED. 44 28 affievolimento delle restrizioni, conduca ad una più spontanea espressione del fenomeno associativo e ad una sua maggiore diffusione. Sebbene non esistano statistiche ufficiali, si stima che oggi le associazioni presenti siano circa 30,000, di cui 142 dichiarate di utilità pubblica. Alla base, troviamo una rivoluzione di carattere ideologico in seno alle organizzazioni della società civile, che ha permesso loro di passare dalla critica e contrapposizione verso le istituzioni statuali, all’adozione di un atteggiamento di collaborazione e supporto delle stesse. Ad esso è corrisposto un mutato atteggiamento da parte del potere centrale, manifestatosi nella concessione alla società civile di spazi più ampi di rappresentatività e di intervento, destinati, col tempo, ad una sempre maggiore espansione. A riprova di ciò vi è la previsione tra gli orientamenti e gli obiettivi del Piano 2000–2004, de « la politique de promotion de l’économie sociale, des organismes et des associations professionnelles, la mobilisation en faveur de la performance et la solidarité sociale, l’adoption d’une politique contractuelle entre les composantes de l’économie sociale, l’administration, les collectivités locales et tout autre intervenant, le développement des ressources humaines et financières de l’économie sociale et favoriser la régionalisation dans la promotion de l’économie sociale »46. I fattori da addurre a spiegazione di questa tendenza sono molteplici. Alla volontà dichiarata di contrastare, all’inizio degli anni ’80, il dominio dei movimenti islamici all’interno della società civile, si aggiungono le numerose pressioni internazionali che reclamavano una maggiore apertura democratica da parte del sovrano e gli incentivi provenienti dalle organizzazioni internazionali che richiedevano, soprattutto a partire dagli anni ’90, il coinvolgimento di almeno una ONG locale47, nell’implementazione dei progetti di sviluppo. Lo Stato, inoltre, ha favorito questo processo, considerandolo funzionale alla limitazione del disagio sociale causato dal processo di liberalizzazione economica, avviato negli anni ’80 con l’adozione del Piano di Aggiustamento Strutturale (PAS) su raccomandazione del Fondo Monetario Internazionale. L’attuazione del PAS, nel corso degli anni ’80, infatti, aveva limitato considerevolmente il tradizionale intervento statale in settori strategici quali la salute, l’istruzione, la formazione o lo sviluppo rurale. Il disimpegno dello stato, insieme ad una congiuntura economica sfavorevole dovuta al prolungarsi di un periodo di intensa siccità, ha condotto il paese verso una situazione di recessione economica. Nel corso degli anni’90, infatti, la crescita del PIL ha raggiunto percentuali inferiori al 3%, quando le organizzazioni internazionali avevano previsto al 7-8%, la percentuale di crescita da raggiungere affinché il paese potesse intraprendere il necessario percorso di sviluppo48. Ne è conseguito un aumento considerevole del livello di povertà. La parte della popolazione al di sotto della soglia di povertà, è, così, passata dal 13% al 19% da 1991 a 1999 (pari a 3,2 a 5,3 milioni di persone)49, a cui ha fatto seguito un progressivo degrado delle condizioni di vita della popolazione. Il disagio sociale generato dall’insieme di questi fattori rappresenta un elemento dal forte potenziale destabilizzante, più volte tradottosi, sin dagli anni ’80, in movimenti di rivolta, soprattutto urbana, a cui si aggiunge il rischio, che gruppi estremisti facciano proseliti tra le frange più povere della società, come dimostrato dagli eventi del 16 maggio 200350. 46 Abbadi Driss, Gouvernance partecipative locale au Maroc, Edition 2004. Vermeren Pierre, 2002, Le Maroc en Transition, La Dècouverte, Paris. 48 Roque Maria – Angels (dir.), 2002, La sociedad civil en Marruecos, Icaria, Antrazyt/IEMED. 49 Vermeren Pierre, 2002, op. cit. 50 Attentati suicidi di Casablanca ad opera di kamikaze cresciuti nelle banlieu della città e aderenti alla Salafia al – Djihadia (“Il Combattimento salafista”). 47 29 In questo contesto, dunque, il ruolo delle organizzazioni della società civile assume un’importanza sempre maggiore, ponendosi come intermediarie naturali tra il cittadino e lo Stato, svolgendo una funzione suppletiva dello Stato laddove il suo intervento risulti carente. Quest’ultimo aspetto, tuttavia, nasconde delle problematiche importanti. In primo luogo, l’azione delle ONG, sebbene, efficace non può porsi come sostitutiva dello Stato nell’esecuzione delle proprie responsabilità. Inoltre, non si esclude la possibilità che il loro attivismo contribuisca a delegittimare il ruolo delle collettività locali nello sviluppo locale. La necessità di prevedere meccanismi adeguati alla realizzazione di partnership tra autorità locali e organizzazioni della società civile si fa, dunque, particolarmente pressante soprattutto nel campo dello sviluppo economico e sociale. Da questo potrebbe derivare un contributo importante all’evolvere del processo di decentramento nel paese, raccogliendo consenso intorno agli interventi implementati dalle collettività locali e rendendo più visibile la loro azione tra la popolazione. Le associazioni a vocazione economica e sociale non esauriscono il panorama delle organizzazioni della società civile presenti in Marocco. L’apertura democratica, verificatasi all’inizio degli anni’90, ha permesso la nascita di numerose associazioni attive nel campo della protezione dei diritti umani e del miglioramento delle condizioni di vita delle donne, settori questi, in cui l’associazionismo ha e continua a mostrare grande dinamicità. Il movimento a difesa dei diritti umani, sebbene incoraggiato dalla maggiore apertura politica verificatasi in seguito alle pressioni internazionali, prende le mosse da fattori endogeni alla società marocchina, che in qualche modo anticipano la vague degli anni ’90, con la creazione negli anni ’70 ed ’80 di importanti associazioni indipendenti quali: la Lega marocchina dei diritti dell’uomo (AMDH) creata nel 1972; l’Organizzazione marocchina dei diritti dell’uomo (OMDH), fondata nel 1988, a cui ha fatto seguito il Comitato di difesa dei diritti dell’uomo (CDDH) nel 199251. Tra le iniziative intraprese nell’ultimo decennio e che dimostrano una maggiore sensibilità della corona alla questione dei diritti umani bisogna annoverare la creazione da parte di Hassan II (1990) di un Comitato consultivo dei diritti dell’uomo (CCDH), che ha riconosciuto la sparizione di 56 uomini militanti dell’opposizione, proponendo la corresponsione di un indennizzo alle famiglie; oltre alla creazione, nel 1993, del Ministero dei Diritti dell’Uomo. La salita al potere del nuovo sovrano, Mohamed VI (1999), ha contribuito alla manifestazione di ulteriori importanti segni di apertura, tra cui la creazione di una commissione per l’indennizzo delle vittime degli abusi di potere, ed il ritorno di Abraham Serfaty52, o la visita nell’autunno del 2000 alla famigerata prigione (ancien bagne) di Tazmamart53. Il miglioramento della condizione della donna è un altro settore in cui le ONG hanno mostrato un notevole fermento nei due ultimi decenni. Non solo, infatti, il loro numero si è notevolmente accresciuto, ma esse sono state oggetto di un importante mutazione, che ha investito soprattutto gli obiettivi d’azione passando dall’intervento a favore dell’alfabetizzazione, formazione professionale, informazione ed opere di carità, a rivendicazioni di carattere politico e sociale, quali54: • la revisione dei testi che regolano la condizione della donna, adeguandoli alle convenzioni internazionali; • la lotta contro ogni forma di discriminazione; 51 Vermeren Pierre, 2002, op. cit. Uno tra i più celebri oppositori al regime di Hassan II. Perseguitatao per il suo impegno a favore della democrazia, ha trascorso 15 mesi in clandestinità, 7 anni in prigione e 8 anni in esilio. 53 Per un approfondimento del tema si veda : Marzouki Ahmed, Tazmamart, cellule 10, Paris – Méditerranée, Paris, 2000. 54 Sghir Janjar M., Surgimiento de la sociedad civil en Marruecos : el caso del movimiento asociativo feminino, in Roque Maria – Angels (dir.), 2002, La sociedad civil en Marruecos, Icaria, Antrazyt/IEMED. 52 30 • l’uguaglianza tra i sessi sul piano economico e sociale; • la revisione della Mudawana (Codice di Famiglia). Tra le maggiori rivendicazioni, inoltre, troviamo una maggiore partecipazione delle donne alla vita politica del paese. Sotto questo punto di vista il cammino da percorrere è ancora lungo, come dimostrato dai risultati delle ultime elezioni comunali del 12 settembre 2003, in cui, solo 127 (meno dell’1%) dei 22 943 eletti sono donne. Box 4 – La riforma della Mudawana: che cosa cambia? La condizione della donna, in Marocco, è regolata dalla Mudawana (Codice di famiglia), elaborato nel 1957. La sua revisione è stata oggetto della maggior parte delle rivendicazioni delle associazioni femminili, resisi più insistenti soprattutto a partire dagli anni ’80, ed ha incontrato numerose opposizioni, manifestate, in particolar modo, dai movimenti islamici. Prima della recente riforma, la Mudawana considerava le donne come incapaci d’agire, sottoponendole, nel corso della loro intera esistenza alla tutela maschile, nella persona del padre, prima, e del marito o del fratello, successivamente. Nell’ambito della famiglia, inoltre, esisteva una vera e propria sproporzione tra i diritti dei due coniugi a favore del marito, capo di famiglia. Egli, dunque, poteva decidere di ripudiare la moglie , ed assumere unilateralmente la decisione di divorzio. Il marito aveva, comunque, l’obbligo di comunicare la decisione, anche oralmente, alla moglie. La donna, da parte sua, aveva il diritto di chiedere il divorzio, ma, nel caso fosse mancato il consenso del marito, la sua domanda poteva essere accolta solo provando la presenza di una colpa grave dello stesso, comprovata dalla testimonianza di 6 testimoni. Naturalmente, non poteva essere annoverata tra le colpe gravi, né la poligamia, autorizzata dall’Islam(un uomo può avere fino a 4 mogli), né il tradimento. Con la riforma del Codice di famiglia approvata all’unanimità dal Parlamento marocchino nel gennaio 2004, ai coniugi viene riconosciuta l’uguaglianza dei diritti e doveri. La famiglia è posta, dunque, sotto la responsabilità congiunta dei coniugi, ai quali viene riconosciuto un uguale diritto al divorzio e oltre alla possibilità di ripudiare l’altro, condizionando, però, la loro efficacia all’approvazione del giudice. D’altro canto, la poligamia continuerà ad esistere, benché sia stata introdotta la possibilità per la moglie di obbligare il marito a non esercitarla, mediante un contratto prematrimoniale. Tra le innovazioni introdotte, infine, ricordiamo la prevista creazione di appositi tribunali di famiglia. La revisione della Mudawana costituisce sicuramente un primo importantissimo passo avanti nel miglioramento della condizione della donna, in Marocco. Resta, tuttavia, da affrontare, un importante dilemma, riguardante il reale impatto della stessa nel paese, considerando che l’alto tasso di analfabetismo, soprattutto nelle aree rurali, limiterà la sua applicazione. 31 Allegato I Rassegna dei principali programmi implementati dalle Organizzazioni Internazionali a favore della Governance democratica locale Il sostegno al decentramento e più in generale alla governance democratica vede in Marocco il coinvolgimento di numerose organizzazioni internazionali, attive da tempo nel paese. Sebbene le strategie d’azione differiscano l’una dall’altra, gli interventi guardano alle riforme della pubblica amministrazione come passaggio obbligato per il raggiungimento degli obiettivi di maggiore sviluppo economico e sociale, e di miglioramento delle condizioni di vita della popolazione, mantenendo vivo l’impegno al sostegno di un più attivo coinvolgimento della società civile nei processi di governance. Prima fra tutte, la Banca Mondiale partendo dalla considerazione del ruolo predominate mantenuto dallo Stato nella gestione dei servizi essenziali e dell’eccessiva centralizzazione dell’amministrazione, ha previsto di sostenere il decentramento in entrambe le componenti della strategia (CAS – Stratégie de coopération avec le Maroc): • “Programma di base” (150 milioni di €) finalizzati ad accrescere i redditi delle famiglie; le opportunità economiche e l’accesso ai servizi di sociali e alle infrastrutture di base nelle zone rurali più marginalizzate; • “Riforme settoriali” (100 milioni di euro):nell’ambito della quale sostenere le riforme intraprese dal governo, in modo da sostenere la crescita e aumentare la crescita e la produttività del settore pubblico. Nel primo caso, la Governance (5 milioni €) rappresenta una priorità della componente, attraverso la quale si persegue la realizzazione di azioni di sostegno alle riforme amministrative intraprese dal governo, segnatamente nel campo della gestione delle spese pubbliche, del pubblico impiego, del sistema giudiziario, e del decentramento. In quest’ultimo caso, in particolare, l’azione della Banca è finalizzata ad incoraggiare e dare un sostegno tecnico al processo di decentramento, alla deconcentrazione dei servizi pubblici, oltre che al rafforzamento delle capacità delle collettività locali, coordinando gli sforzi delle stesse con gli attori della società civile. Il decentramento e lo sviluppo municipale rientra, inoltre, tra gli ambiti di intervento della componente “riforme settoriali”. L’obiettivo, in questo caso, consiste nel migliorare le capacità di gestione finanziaria a livello locale e arrivare ad un decentramento effettivo delle responsabilità e della presa delle decisioni, conformemente a quanto previsto dalla nuova carta comunale. Lo United Nations Development Programme (UNDP), da parte sua, ha confermato (CCP - Cadre coopération Pays – 2002-2006) le priorità che nella sua azione assumono lo sviluppo umano e la lotta contro la povertà. A tal fine la governance diviene un ambito specifico di cooperazione, essendo considerato “perhaps the most important factor in eradicating poverty and promoting developement” (Kofi A. Annan). Il rafforzamento delle capacità delle istituzioni chiave in materia di governance, dunque, è un settore prioritario di intervento nell’obiettivo di promuovere il processo di riforma in corso e la governance locale, sostenendo il processo di decentramento e deconcentrazione; favorendo la cultura dei diritti umani; promovendo l’accesso alle tecnologie dell’informazione e della comunicazione a servizio dello sviluppo e della lotta contro la povertà. Per quanto attiene più propriamente la governance locale, si persegue la realizzazione dei seguenti risultati55: 55 Per maggiori informazioni sui progetti in corso, si veda il sito: www.pnud.org.ma/programme.asp?s=p&m=5&r=34 32 • l’avvio di un processo di pianificazione strategica avente ad oggetto il piano di sviluppo 2000 – 2004, realizzato sia a livello nazionale che decentrato; • un controllo finanziario decentrato e più efficiente, sostenendo la creazione di Corti dei conti regionali; • la realizzazione di programmi nazionali finalizzati a migliorare l’accesso della popolazione ai servizi sociali di base, gestiti in maniera decentrata e partecipativa. Gli assi prioritari che compongono il CCP 2002 – 2006 sono speculari a quelli del programma regionale (Cadre régional de coopération du PNUD pour les pays arabes 2002 – 2004) di governance dello stesso UNDP a favore dei paesi arabi: il POGAR56, Programme on Governance in the Arab Region, avviato nel 2000, su richiesta degli stessi beneficiari57, ed in risposta alla necessità “to strengthen the capacity of all countries to implement the principles and practices of democracy and respect for human rights”, espressa dalla Dichiarazione del Millennio delle Nazioni Unite. Riconoscendo lo stretto legame esistente tra la good governance e lo sviluppo umano sostenibile, la missione del POGAR consiste nel prestare assistenza agli attori governativi, della società civile e del settore privato, al fine di migliorare i processi di governance nei paesi arabi, incanalando le proprie attività all’interno di tre assi prioritari, segnatamente: stato di diritto; partecipazione; trasparenza e controllo. L’azione di UNDP in questo ambito si sostanzia di un altro importante strumento: il programma GOLD Maghreb. Il GOLD è un’iniziativa di partenariato per la Gouvenance Locale et le Développement nel Maghreb, la quale si propone di offrire alle amministrazioni locali un quadro di riferimento e strumenti operativi atti ad incoraggiare e facilitare la creazione di partenariati territoriali internazionali. Nel dettaglio, gli obiettivi del GOLD consistono principalmente nel: • sostegno all’azione dei governi, della società civile e del settore privato a favore della promozione del processo di decentramento e dello sviluppo integrato e partecipativo locale; • appoggio al processo di sviluppo locale, attraverso un migliore utilizzo delle risorse della cooperazione internazionale, decentrata e della cooperazione sud – sud. La strategia dell’iniziativa prevede la realizzazione degli obiettivi nell’ambito di programmi di sviluppo locale e di strumenti di pianificazione e coordinamento già esistenti attuati dagli stessi attori locali e nazionali, in collaborazione con UNDP. Gli ambiti di intervento riguardano, più precisamente, la promozione culturale e la lotta contro l’esclusione sociale, lo sviluppo economico e sociale e la governance locale. Per quanto riguarda la governance locale, in particolare, l’azione si concentra sul sostegno alle istituzioni locali per la pianificazione e gestione del processo di sviluppo integrato e partecipativo; in attività di formazione; e nella produzione di documenti di marketing territoriale, al fine di far emergere le potenzialità e individuare le risorse locali su cui ancorare il processo di sviluppo, e intorno alle quali favorire la mobilitazione di risorse nazionali ed internazionali. I documenti di marketing territoriale, redatti da appositi gruppi di lavoro, costituiscono lo strumento tramite cui stabilire, nell’ambito di ambiti prioritari determinati, nuovi partenariati territoriali con le amministrazioni locali europee, e allo stesso tempo veicolo, per queste ultime, di ulteriore internazionalizzazione. 56 Sito: http://www.pogar.org. Algeria, Egitto, Giordania, Kuwait, Libano, Marocco, Oman, Territori palestinesi occupati, Sudan, Siria, Tunisia, Emirati arabi, Yemen, e altri. 57 33 La governance democratica, rientra altresì, tra gli ambiti di azione previsti dalla Assistance Strategy for Morocco, 2004 – 200858, dell’Agenzia Americana per lo Sviluppo Internazionale, USAID, in risposta all’obiettivo globale di favorire l’emergere di una società istruita e democratica in grado di competere con successo sul mercato globale, ed in particolare di approfittare al meglio delle sfide poste dalla creazione delle aree di libero scambio con gli USA e con l’Unione Europea. Più propriamente, nell’ambito del terzo pilastro della strategia di USAID intitolato alla democrazia e alla governance, saranno implementate azioni finalizzate ad accompagnare il trasferimento di poteri alle collettività locali, nell’ambito del più generale processo di decentramento e deconcentrazione in corso, aumentandone l’efficacia. In particolare, si vuole migliorare la disponibilità di risorse umane e finanziarie a loro disposizione, e necessarie a formulare, implementare e rafforzare decisioni di policy, oltre che ad ottenere un’erogazione più efficiente e trasparente dei servizi essenziali. E’ prevista, altresì, una concentrazione degli interventi in regioni e comuni urbani (con un numero di abitanti compreso tra 50.000 e 100.000), che rispondano a determinate condizioni, quali: un’elevata povertà rurale; la complementarietà con le attività di altri donor; la presenza di un potenziale di partnership con leader locali. Il sostegno al decentramento non rappresenta una novità tra le priorità di azione di USAID. Esso, infatti, costituiva un tema di carattere trasversale nell’ambito delle attività previste per il biennio 2000 – 2002. In questo caso, in particolare, le azioni sono state concentrate nella Regione di Souss – Massa – Draa, al fine di sviluppare una strategia in grado di fornire un modello da replicare in altre zone del Marocco. Tra le attività previste troviamo: • misure per rafforzare ed integrare le organizzazioni della società civile e le collettività locali nella regione di Souss – Massa – Draa; coinvolgere la società civile nel processo di sviluppo locale, rafforzando le loro capacità interne e di organizzazione; favorire la creazione di partnership tra le organizzazioni della società civile e le autorità locali; • la pianificazione ed implementazione dei piani di sviluppo locale; • azioni di assistenza tecnica e formazione finalizzate alla partecipazione delle donne. Il sostegno ai processi di governance locale perseguito nell’ambito della strategia di cooperazione di USAID si inserisce esplicitamente nella lotta contro il terrorismo internazionale intrapresa dal governo americano. Gli attentati sanguinari del 16 maggio 2003 a Casablanca hanno fatto emergere con forza l’esistenza di una relazione tra la diffusione dell’Islam radicale e il disagio sociale degli abitanti dei quartieri poveri delle grandi città, generato dall’assenza di servizi essenziali, dalla disoccupazione e dall’indigenza. Allo stesso modo, tale relazione rientra tra le priorità di azione del PIN (Piano Indicativo Nazionale) 2005 – 2006, nell’ambito della cooperazione bilaterale tra l’Unione Europea ed il Marocco, prevedendo interventi (90 M€ da impegnare nel 2005) per lo smantellamento delle bidonvilles e la riqualificazione della zona abitativa interessata. Tra gli obiettivi della cooperazione UE – Marocco, inoltre, troviamo il miglioramento della governance democratica locale attraverso le azioni intraprese nel quadro del Programma MEDA e dell’Iniziativa Europea per la Democrazia ed i Diritti Umani (IEDDH). Nell’ambito del programma MEDA, il PIN 2002- 2004 ha destinato 810 milioni di euro, nella forma di agevolazione (facility) per l’aggiustamento strutturale e alla riforma dell’amministrazione pubblica. 58 Disponibile sul sito: http://www.usaid.gov/ma/USAIDMoroccoCSP20042008.pdf. 34 Perseguendo l’obiettivo dell’instaurazione di un’amministrazione efficace, trasparente e credibile, l’azione dell’Unione Europea, definita in stretta collaborazione con la Banca Mondiale, si inserisce nel processo di riforma già intrapreso dalle autorità marocchine. Sebbene non sia considerato un paese obiettivo, il Marocco ha beneficiato per il periodo 2002 – 2004, di un sostegno nell’ambito dei progetti regionali dell’Iniziativa Europea per la Democrazia ed i Diritti dell’Uomo (IEDDH)59. In particolare, la priorità tematica intitolata al rafforzamento della democratizzazione, della buona gestione della cosa pubblica e dello stato di diritto, ha visto l’implementazione di attività di collaborazione con le organizzazioni della società civile finalizzate alla promozione di una maggiore partecipazione della popolazione a tutti i livelli del processo decisionale; del pluralismo politico; della libertà dei mezzi d’informazione, di associazione e di riunione60. Attualmente gli strumenti di cooperazione dell’Unione Europea con i paesi terzi del mediterraneo sono in corso di rielaborazione, in modo da consentire l’integrazione degli stessi con la nuova Politica di Prossimità 61. Fino al 2007, Meda resterà il principale strumento finanziario della cooperazione con i paesi terzi del mediterraneo, appoggiando la politica europea di prossimità e la realizzazione di Piani d’azione paese, in vista dell’introduzione di un apposito strumento di prossimità. La proposta di utilizzare la rete dei programmi INTERREG come base per i nuovi programmi di prossimità presuppone una gestione decentrata degli stessi e conseguentemente il riconoscimento di nuovi spazi di cooperazione regionale e sub – regionale, tra gli enti locali europei ed i loro omologhi del mediterraneo. Ciò apre, in particolare, nuove opportunità per la costruzione di partenariati territoriali finalizzati al supporto dei processi di decentramento e di governance democratica locale nei paesi terzi del mediterraneo, in considerazione dell’esperienza maturata in proposito dai paesi europei. Tuttavia, sebbene i piani d’azione siano ancora in fase di preparazione, le comunicazioni della Commissione Europea sulla politica di prossimità mostrano una situazione che non lascia molto spazio alla tematica del decentramento. Le priorità d’azione (interconnessione infrastrutturale; ambiente; giustizia ed affari interni; commercio e sviluppo socio – economico), non sono state ancora declinate in rapporto al processo di decentramento e al ruolo dei governi locali, che peraltro su queste priorità svolgono un ruolo importante e ineludibile. 59 Sito: http://europa.eu.int/comm/europeaid/projects/eidhr/index_en.htm Commissione Europea, Comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo: il ruolo dell’Unione europea nella promozione dei diritti umani e della democratizzazione nei Paesi terzi, 8 maggio 2001, disponibile sul sito: http://europa.eu.int/comm/europeaid/projects/eidhr/documents_en.htm#communications 61 Per maggiori informazioni si veda il sito: http://europa.eu.int/comm/world/enp/index_en.htm 60 35 Allegato II - I principali partiti marocchini62 Forze di governo attuali USFP – Unione Socialista delle Forze popolari Partito socialista nato nel 1975 da una scissione dell’UNFP- Unione nazionale delle Forze Popolari. Partito di opposizione al sovrano, diviene la prima forza politica del regno nel 1990. Solo nel 1997, tuttavia, vince le elezioni legislative andando a formare il primo governo di “alternanza” guidato dal suo presidente Abderrahame Youssoufi. ISTIQLAL (l’Indépendance”) Partito nazionalista, democratico, anche se piuttosto conservatore. La sua creazione risale al grande movimento di indipendenza arabo islamico fondato nel 1948, da Allal El Fassi. PPS – Parti du progrès Piccolo partito di sinistra, è l’erede del Partito comunista marocchino fondato nel 1943 e et du socialisme dichiarato fuori legge nel 1959. Diretto da Ali Yata dal 1946, fino alla sua morte nel 1997, oggi è guidato da Ismael Alaoui. GSU – Gauche socialiste unifiée Partito fondato nel luglio 2002 e nel quale sono confluiti i quattro partiti più marcatamente di sinistra del panorama marocchino: l’OADP-Organisation de l’Action démocratique et populaire; i “Démocrates indépendants”, il “Mouvement pour la démocratie” e “Potentialité de gauche”. UNFP – Unione Nazionale delle forze popolari Piccolo partito di centro fondato da Ben Barka nel 1959 in seguito ad una scissione della sinistra dall’Istiqlal La Wifak (o wifaq, “intesa” in arabo): riunisce i partiti pro- governativi RNI – Rassemblement des Partito di destra moderato, creato dalla corona nel 1970; esso rappresenta, indépendants prevalentemente, la borghesia commerciale ed industriale PND – Parti national démocratique Sorto nel 1980 da una scissione con il RNI UC – Union constitutionnel Partito di destra fondato, nel 1983, su ordine del sovrano, da Maati Bouabid, allora primo ministro MDS – Mouvement démocratique et social Partito di destra populista nato nella primavera del 1997. Partiti filo berberi MP-Mouvement populaire Fondato nel 1957 da Mahjoubi Ahardane, la sua creazione rispondeva alla strategia del sovrano volta alla marginalizzazione dell’Istiqlal e dell’USFP MNP-Mouvement national Creato nel 1991, in seguito ad una scissione intervenuta nel MP populaire I partiti a matrice islamica PJD – Parti de la justice et Partito islamico moderato du développement Al-‘Adl wa-l-Ihsan Diretto dallo sceicco Yacine, rappresenta il movimento islamico più importante in Marocco., sebbene finora sia ancora escluso dalla competizione politica Estrema sinistra PADS – Parti de l’Avant – Partito di estrema sinistra generatosi nel 1984 da una scissione dall’UNFP. Non trova garde démocratique et rappresentazione al Parlamento socialiste Nhej Ad-Democrati (la Corrente che orbita intorno alla rivista che porta lo stesso nome. voie de la Democratie) 62 Informazioni tratte dal sito: http://www.bibliomonde.net/pages/fiche-geo-donnee.php3?id_page_donnee=53 36 Nuovi formazioni politiche presentatesi in occasione delle legislative del 2002 FFD – Front des forces Fondato nel 1997, ha partecipato al governo d’alternanza guidato da Youssoufi démocratiques Forces citoyennes Partito di destra creato da Abderrahim Lahjouji, uomo d’affari, abile nella comunicazione PRD – Parti de la réforme Partito della riforma e dello sviluppo, creato nel 2001 da una costola del RNI et du développement PML – Parti marocain Di carattere nazionalista; ha fatto della restituzione delle province di Ceuta e Melilla, il libéral proprio cavallo di battaglia PED – Parti l’environnement et développement de Partito ecologista du 37 Allegato III Risultati delle elezioni comunali del settembre 2003 Partiti Politici Seggi % Le Parti de l'Istiqlal 3890 16,96 L'Union Socialiste des Forces populaires 3373 14,70 Le Rassemblement national des indépendants 2841 12,38 Le Mouvement Populaire 2248 9,80 L'Union Démocratique 1515 6,60 Le Mouvement National Populaire 1406 6,13 Le Parti du Progrès et du Socialisme 1207 5,26 L'Union Constitutionnelle 959 4,18 Le Parti National Démocrate 889 3,87 Le Front des Forces Démocratiques 726 3,16 Le Parti de la Justice et du Développement 593 2,58 Le Parti Socialiste 469 2,04 Le Parti Al Ahd 437 1,90 L'Alliance des Libertés 429 1,87 Le Parti de la Gauche Socialiste Unifiée 303 1,32 Le Mouvement Démocratique et Social 301 1,31 Le Parti de la Réforme et du Développement 253 1,10 Le Congrès National Ittihadi 240 1,05 Le Parti de l'Environnement et du Développement 168 0,73 Le Parti du Renouveau et de l'Equité 125 0,54 Le Parti Marocain Libéral 114 0,50 Les Sans Appartenance Politique 109 0,48 Le Parti Démocratique et de l'Indépendance 96 0,42 Le Parti de l'Initiative et du Développement 71 0,31 Le Parti des Forces Citoyennes 71 0,31 Le Parti du Centre Social 67 0,29 Le Parti de l'Action 43 0,19 Totale 22.943 100 Fonte : Ministero dell’Interno 38 Allegato IV Risultati elettorali delle elezioni legislative del 2002 Partiti Politici Seggi Union Socialiste des Forces Populaires (U.S.F.P.) 50 Parti de l'Istiqlal (P.I.) 48 Parti de la Justice et du Développement (PJD) 42 Rassemblement National des Indépendants (R.N.I.) 41 Mouvement Populaire (M.P.) 27 Mouvement National Populaire (M.N.P.) 18 Union Constitutionnelle (U.C.) 16 Parti National Démocrate (P.N.D.) 12 Parti du Front des Forces Démocratiques (F.F.D) 12 Parti du Progrès et du Socialisme (P.P.S.) 11 Union Démocratique (UD) 10 Mouvement Démocrate Social (M.D.S) 7 Parti Socialiste Démocratique (P.S.D) 6 Parti Al Ahd 5 Alliance des Libertés (ADL) 4 Parti de la Gauche Socialiste Unifiée (P.G.S.U.) 3 Parti de la Réforme et du Développement (PRD) 3 Parti Marocain Libéral (PML) 3 Parti des Forces Citoyennes (PFC) 2 Parti de l'Environnement et du Développement (PED) 2 Parti Démocratique et de l'Indépendance (PDI) 2 Congrès National Ittihadi (CNI) 1 Parti de L'Action (P.A) 0 Parti du Centre Social (PCS) 0 Initiatives Citoyennes pour le Développement (ICD) 0 Parti du Renouveau et de l'Equité (PRE) 0 Totale 325 Fonte : Ministero dell’Interno 39 Bibliografia Abbadi Driss, Gouvernance partecipative locale au Maroc, Edition 2004. 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