Poesie vincitrici, finaliste e segnalate

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Poesie vincitrici, finaliste e segnalate
28° CONCORSO DI POESIA
Valtidoncello
IN LINGUA ITALIANA PER POETI DILETTANTI
Poesie vincitrici,
finaliste e
segnalate
POESIA VINCITRICE
In certe scatole (poesia vincitrice) di Maria Cristina Biasoli di
Molinella (Bologna)
Motivazione: “Uno dei migliori incipit che si potesse pensare
per questa composizione capace di attirare l’attenzione del lettore
con poche e immediate parole e capace di fare perdonare alcune
successive ingenuità nella scelta di tempi e parole, ingenuità che
però nulla tolgono alla freschezza del testo”.
IN CERTE SCATOLE
Correggimi se sbaglio;
in certe scatole si ripongono i sogni,
le usiamo come magazzini
e non occorre aprirle tutti i giorni!
Assorbono il buio intorno,
ma dentro hanno la luce.
La capienza non ha importanza,
i colori servono ad abbellirle;
ed è solo spiando la realtà
che i sogni crescono
e si accatastano nello spazio
che hai creato.
L'istante pieno brilla,
sarà un luogo sbagliato?..
ed io ci provo a vivere lo stesso.
POESIE FINALISTE
Perché scrivo di Giovanni Battista Argenziano di Giaveno
(Torino)
Motivazione: “Un flusso continuo di parole e pensieri, senza
filtri mentali e stilistici, senza infrastrutture che ne ingabbino la
sostanza: una poesia diretta, onesta ed essenziale che ben
riassume lo spirito del puro gusto di scrivere e comunicare, senza
timore del giudizio altrui. Uno spirito che è anche il medesimo di
questo concorso: "condividere", proprio come scritto nella
quartultima riga, con se stessi e con gli altri le proprie emozioni”.
PERCHÉ SCRIVO
Scrivo perché
la mente
si agita dentro di me
e mal sopporta i confini
del mio essere.
Sentimenti sguardi
sensazioni pensieri
emozioni illusioni
dalla mente alla penna
con segni profondi
lasciati a chi
non distingue
la lotta tra i due mondi.
Quello che vorresti essere
quello che sei.
Quello che vorresti fare
quello che fai.
Condividere,
forse con tanti
ma prima ancora
con te.
Cieli infiniti di Timoty Bertolucci di Popiglio (Pistoia)
Una poesia che - pur di fronte a un titolo che non spicca per
originalità - riesce in pochi passaggi ad abbandonare temi
decisamente non nuovi (il cielo, le foglie, le nuvole) per sviluppare,
in altrettanti pochi passaggi, una bellissima riflessione sul tema del
"prendersi cura dell'altro" (“vegliare sul tuo sonno”, “portarti al
mattino”) con un'amalgama di intensità e di leggerezza di raro
equilibrio.
CIELI INFINITI
Mai sarebbe andata,
ma in qualche modo
lasciai volare le foglie
lungo la corrente.
Toccavo le nuvole,
sognavo di vivere ai piedi del mondo,
legarmi le scarpe ogni mattina,
partire per tornare,
e rivedere te
davanti la soglia di quel portone,
vegliare sul tuo sonno
ogni secondo,
portarti al mattino
il sorriso dell'alba,
mentre alla sera
le lacrime del tramonto.
Prendi il tempo di Alberto Castrini di Brescia
Una benevola esortazione alla lentezza, alla consapevolezza,
all’importanza di noi stessi e dei nostri ritmi: è tutto questo la
poesia “Prendi il tempo” alla quale l’unico appunto che si può fare è
quello di un’appendice finale che poco o nulla aggiunge alla
bellezza e alla spoglia completezza dei tre precedenti paragrafi, un
piccolo e grazioso inno alla vita.
PRENDI IL TEMPO
Prendi il tempo,
parti prima.
Passeggia mani in tasca;
strascica i piedi
nelle le foglie cadute.
Inebriati dei gelsi.
Siediti,
guarda il cielo.
Chiudi gli occhi,
ascolta le vibrazioni.
Intona come allora
quella vecchia canzone.
Ascoltati,
fatti guidare dall'armonia.
Riprenditi il tempo.
È tuo!
Nella magia dell’universo di Maria Francesca Giovelli di Caorso
(Piacenza)
Alda Merini con la sua amata Milano, le sue parole, il suo
pensiero trasversale e libero è - e rimarrà sempre - un esempio
probabilmente irraggiungibile per tutti coloro che si cimentano con
la poesia. A questa composizione (pur se gravata da un’eccessiva
ricerca della rima che a tratti ne ingabbia la scorrevolezza) va il
merito di essersi coraggiosamente cimentata con l’eredità della
Poetessa milanese riuscendo comunque a restituirne la complessità
e la profondità dell’anima.
NELLA MAGIA DELL’UNIVERSO
(Per Alda Merini, 21 marzo 2016)
Si specchia sul naviglio di Milano
poi la tua parola vola più lontano,
non ha soste dove è ferma l’acqua
grigia, sul fondo che non sciacqua.
Ha piume più leggere il tuo pensiero,
è battito d’ali sopra vuoto cielo
è l’aria che solleva i passi sul ponte
e li porta leggeri ad altre sponde;
ma quel pianto che stilla dal cuore
è vivo, non passa, non fa rumore,
si fa parola, docile frammento,
respiro caldo in un sorso di vento,
verso scritto nella magia dell’universo,
come forte grido non ancora disperso.
Milano accoglie, la folla cammina,
accende la sua sera, come nuova mattina,
ma nella darsena è ormeggiata la vita,
è incisa nel segno vivo delle tue dita.
Quell’uomo che ti somiglia di Simona Guglielmetti di Castel
San Giovanni (Piacenza)
Una figura maschile enigmatica, sfuggente, straniera
e
indifferente è al centro di questo testo altrettanto fuggente e
difficile da incasellare in un genere o in un filone. E’ probabilmente
questa soggettività, questa leggera inquietudine che attraversa il
testo, a renderla una poesia in grado di catturare l’attenzione già
alla prima lettura e farle meritare i voti dei giurati.
QUELL’UOMO CHE TI SOMIGLIA
L’ho conosciuto dietro ai tuoi occhi
quando ancora quelle mura malate
mi proteggevano dal mondo
l’ho guardato perplessa e confusa
mentre le sue labbra confidenziali
mi parlavano in una lingua astratta.
Sovente, l’ho incontrato vestir
le mie maglie ignare
odorose di cassetti nuovi.
Si muove indifferente,
indossando ancora il tuo corpo,
ma dietro a queste parvenze,
non so chi sia.
Ti ha sfrattato l’anima
ed incurante in te dimora,
nessun ricordo, nessun emozione,
si è fatto buio
nei tuoi occhi spenti.
Delusione di Annamaria Martellotta di Cortemaggiore
(Piacenza)
Un testo intriso di amarezza e solitudine, in totale
controtendenza con la gran parte di composizioni pervenute a
questo concorso e improntate a temi ben più rassicuranti quali i
fiori, il cielo azzurro, l’arcobaleno… L’onestà di una poesia sta anche
nel raccontare i momenti più difficili della nostra esistenza senza
rinunciare allo stile e alla sobrietà: è quanto ha saputo fare questa
composizione,
evitando
il
terreno
sdrucciolevole
dell’autocommiserazione urlata a tutti i costi.
DELUSIONE
Le melodie di un tempo ritornano
non esiste rigidità,
non esiste indifferenza.
Ricordi che riaffiorano
momenti nostalgici.
Corpi imprigionati dalla solitudine,
dalle amarezze, dalle delusioni…
Non esiste sicurezza,
non esistono sorrisi.
Cuore fragile…
Le delusioni spengono i sogni.
Non esistono perché,
non esistono altre parole.
Attimi, silenzi...
Senza titolo di Stella N'Djoku di Breganzona, Ticino, Svizzera
Un piccolo gioiellino breve, conciso, misurato ed elegante:
questa composizione è la riprova che mai, come in poesia, quantità
e qualità del testo non siano concetti direttamente proporzionali. E’
lavorando di lima e di sottrazione, al contrario, che si raggiungono i
risultati migliori.
SENZA TITOLO
Anche oggi le tasche sono
piene di vita infilata
tra tanti giornali
sgualciti.
Da un buco della giacca
è uscito il mondo
e ho cercato di aiutarti
a raccoglierlo.
Speranza e amore di Nicolina Ros di San Quirino (Pordenone)
Dio, l’amore, la speranza: temi classici per una composizione
dall’andamento e dall’impostazione classica, una riflessione sul
senso della vita e su grandi temi dell’esistenza che avrebbe
meritato qua e là qualche ulteriore limatura ma che comunque ha
una propria compiutezza che la rende meritevole di approdare tra i
banchi dei finalisti.
SPERANZA e AMORE
Ho riempito pagine
volando tra le rime
della suggestione.
Ho rubato la diffrazione
d’un raggio di sole
per illuminare parole d’amore.
Ho scritto pagine di silenzio
per sondare il senso della vita.
E pagine bianche
a DIO
per il terrore che non ci sia
per la brama che ci sia.
Ora il Vento le accarezza
con delicatezza
di fiammella errante che
nelle segrete della mente
riduce le ragnatele
in cenere inerme.
E con mano lieve come piuma
ancora semina un seme di speranza...
E SPERANZA
è il fiore primigenio
che sboccia in ogni stagione
sulla bocca accogliente
dell’AMORE.
Il volo di Yannelle Sandra K. di Modena
Un tema non nuovo (quello del volo, appunto) ma proposto in
un’insolita forma basata sulla reiterazione quasi ossessiva del
concetto, quasi una rivendicazione (ma pacata, senza sfumature di
rivalsa o vendetta) di quanto si è fatto grazie alla potenza
liberatoria della scrittura. La poesia diventa così essa stessa un
inno, una poesia alla poesia in un benefico corto circuito capace di
dare ali all’anima.
IL VOLO
Ho volato,
ho immaginato di volare;
tante volte nella mia vita.
Non ho ali,
non sono un angelo,
nemmeno una fata
eppure volo volo ancora,
e ho sempre volato,
quando con l'immaginazione,
mi ritrovo in universi a me sconosciuti,
in mondi a me non noti,
ma con la penna in mano,
e la mente libera,
io ho sempre volato.
POESIE SEGNALATE
Toni stonati di Alberto Boledi di Gossolengo (Pc)
Pur se scritta in una forma fluente e in uno stile discorsivo più
affini alla prosa che alla poesia e con qualche ridondanza che
appesantisce alcuni passaggi la composizione offre al lettore
interessanti spunti di riflessione su un aspetto della relazione con
l’altro (il tono della voce, appunto) apparentemente banale e
sottovalutato ma in realtà di primaria importanza nello scambio di
idee, emozioni e concetti fra gli esseri umani.
TONI STONATI
Introduzione
Ci sono parole che, pur essendo chiare ed esaustive, lette su un
libro
hanno un significato, ma dette a voce, possono assumere significati
diversi, a volte opposti tra loro.
Cosa cambia? Il modo in cui vengono dette.
Infatti, trasferire pensieri, fatti, emozioni, non è questione di parole.
Si parla con i gesti, gli occhi, l’espressioni del volto, ma soprattutto
con il
tono.
Il tono riflette sempre uno stato d’animo momentaneo che fa capire
tante
situazioni.
La diversità di tono, non è solo una diversità di espressione; è una
diversità di comunicazione.
Questa poesia vuole evidenziare l’importanza del tono.
Lo fa attraverso due ampie tipologie di metafore; positive e
negative.
Un tono sgraziato, maleducato, arrogante, distaccato, superbo,
borioso,
pretenzioso, irrispettoso, e tante altre inflessioni negative, che tutti
noi,
nella nostra vita, abbiamo sperimentato, sono tutti toni stonati sul
pentagramma della vita.
L’augurio è che, per noi, verso il prossimo, il tono, non solo non sia
mai di
questo tipo, ma sia sempre esattamente il contrario.
Ricordi (Ricùardi) di Angelo Canino di Acri (Cosenza)
Il lavoro, la stanchezza che spezza la schiena, il pane e una
cipolla come unico pasto, le bestie da curare, la terra da zappare:
questo piccolo capolavoro dialettale racconta, con parole ed
espressioni che hanno la dignità e la bellezza di una lingua arcaica e
affascinante, come il sudore e la fatica dei nostri anziani siano valori
universali che hanno attraversato tutte le culture, i luoghi e la storia
del nostro Paese, l’Italia, e come solo dall’ascolto dei loro
insegnamenti sarà possibile ritrovare la via d’uscita da questa crisi,
economica ed etica, in cui la nostra società sta affondando.
RICÙARDI
Assettèatu menz’a via,
arripèatu a llu bastunu
intr’a menti scarbarija
de quann’era nu guagliunu.
De quann’era tìamp’e guerra,
abbannunèatu e da furtuna
i sudura a cchilli terri
comandèatu e di patruna.
Si zappèava fin’a ssira,
fina ccù nsi cci vidìa
scudillèatu ppe nna dira
tìampi tinti, arrassisia!
Era ppovaru u morsìallu,
sudu ccu nnu pìazz’e pèanu
ccu nna vrocca e nnu curtìallu
na cipulla ppe ccumpèanu.
Alli scodi u nsi cci jia,
spìartu c’era sudu ncunu
ccu nna mantra si pascìa
ppe bodiri e du patrunu.
Chilli tìampi erani tinti,
e llu cunti a lli niputi
ccu lla forza tu lla vinti
ma tant’anni cci ho boduti.
Mo, a ssa dacrima chi scinna,
de ssu visu surchijèatu
c’è ssa storia scritta a pinna
e tuttu chillu c’ha passèatu.
RICORDI
Seduto davanti l’uscio
appoggiato al bastone
con la mente a pensare
di quand’eri ragazzo.
Di quand’era tempo di guerre
abbandonato dalla fortuna
il sudore in quelle terre
comandato dai padroni.
Si zappava fino a sera
fin quando diventava buio
spossato per una lira
tempi brutti! Dio c’e ne liberi!
Era povero il “fagotto”
solo con un pezzo di pane
una forchetta e un coltello
una cipolla per companatico.
A scuola non si andava
colto c’era solo qualcuno
con una mandria si pascolava
per volere del padrone.
Quei tempi erano bui
e lo racconti ai nipoti
con la forza tu li hai vinti
ma tanti anni ci sono voluti.
Ora, in questa lacrima che scende
da questo viso pieno di rughe
c’e questa storia scritta a penna
di tutto ciò che hai passato.
Non sono caduti i sogni di Rosy Gallace di Rescaldina (Milano)
Un pacato bilancio di un’esistenza, di un amore di cui si si
danno poche e misurate coordinate, di una giovinezza che
immaginiamo felice e consapevole: di questo testo colpisce la
capacità di non scivolare in dinamiche e atmosfere logore e risapute
mantenendo un distacco e una leggerezza ben apprezzati da coloro
che cercano, nelle poesie, la misura e la discrezione.
Non sono caduti i sogni
Solo esigui rumori
in un giorno di festa.
Poche le ore assonate
mentre steli di forsizia
alzano al cielo già le gemme.
Non sono caduti i sogni,
le speranze, le ambizioni,
nemmeno la voglia di
provare ancora l’emozione
a camminarti accanto senza
sentire l’eco dei miei passi.
Non ti regalerò le notti insonni,
ti regalerò parole, che d’ impronte
resteranno aggrappate alle pareti
perché tu le possa udire
nelle giornate lunghe degli autunni.
Mi nasconderò nel tuo silenzio
e ripercorrerò quei tempi
quando tutto sembrava possibile,
quando l’età correva più di noi,
nei giorni azzurri e nelle notti chiare,
nell’innocenza dei miei anni
e le vesti rosse di papaveri.
Ora che il tempo l’ho raggiunto,
rallento il passo, scivolo tra morsi
di dolcezza dove sogni e illusioni
restano ancora intatti, imprigionati
tra dipinti d’azzurro, mentre
il mondo pianamente si allontana
tra i fondali di un pensiero.
Dopo i ritardi di Salvatore Leone
Un piccolo e conciso acquerello, la storia di un’esistenza in cui
eventi e persone si affastellano, la decisione improvvisa di partire,
una destinazione che è un luogo dell’anima prima di essere un
luogo
geografico
e
quell’espressione
“on
my
own”
sorprendentemente piovuta in mezzo al testo: la freschezza e la
naturalezza con cui questa poesia raggiungono il lettore danno la
misura di una composizione in cui forma e sostanza sanno
bilanciarsi con raro e apprezzato equilibrio.
DOPO I RITARDI
Ne accumulai di ritardi da perdere
amici opportunità e amori.
Nei ritagli di tempo invece
cercavo di riallaciare nodi,
dalle intemperie, ohimè, troppo corrosi.
Così, un caldo pomeriggio estivo,
senza ritagli ne ritardi mi decisi.
Da quell'istante, dopo un
dietro front, on my own,
ripresi con agguerrita saggezza,
con passo fermo il viaggio
verso quel luogo, sempre desiato,
di pace e silenzio, ammantantato
dalla presenza divina tra la natura.
Lì finalmente l'anima,
tornata bambina, si caricava
d'energia con preghiere, litanie,
leggeri pasti, mantra e digiuni.
Un attimo fu...
un caldo pomeriggi estivo,
in solitaria partì.
Quanto mi piace quando c’è la nebbia (Quant me piac quant
c’e’ el calìg) di Andrea Lodovichetti di Fano (Pesaro e Urbino)
Lo scrittore Gianni Brera, nato non lontano da qui, parlando
della nebbia la definiva un “connettivo cromatico” che
“favolosamente sfuma i contorni” del paesaggio padano. Questa
bella composizione ora ci racconta che a Fano la nebbia è una
presenza maschile (“el calìg”, “lu t’abràcia sensa scont”) percepita
come rassicurante e confortevole. Un piccolo inno, gioioso e a tratti
ingenuo nel suo fanciullesco entusiasmo, che ci aiuta a vedere con
altri occhi ciò che molto spesso a noi appare come un fastidioso
fenomeno atmosferico e nient’altro.
QUANT ME PIAC QUANT C’E’ EL CALìG
T'acòrgi sòl a 'na cert'ora
che te chiama, da vicìn
per fat alsa' e mandàtt de fòra
a respirànn un cuncinìn.
Se cnòsci el màr, se sìa de Fàn
el senti dèntra te'l prufònd:
pu ave' dièc, trenta, cent'ànn
lu t'abràcia sensa scònt.
Dài, ade' mòvte, che t'aspèta:
mèt i guànt e 'na sciarpèta.
Da per te, o in cumpagnìa
vaj incòntre e string'le fòrt
en impòrta, in fond, du sìa
te'l teràss, al bar, giu'l pòrt,
apri el còr e nient de più:
a tut el rèst ce pensa lù.
Fal entrà, dentra de te
lasc’te tucà le man, el còl
respira apèna, fin a chè
te senti tut mòrbid e mòll.
Resta imòbil: dop d’un po’
el sentirai a dìtt “ce sò…”
En per lù ste quàter rìg:
...quant me piàc, quant c'è el calìg.
QUANTO MI PIACE QUANDO C’E’ LA NEBBIA
Ti rendi conto solo tardi
che ti chiama, da vicino
per farti alzare e farti uscire
a respirarne un po’.
Se conosci il mare, se sei di Fano
lo senti dentro, nel profondo
puoi avere dieci, trenta, cento anni
lui ti abbraccia in ogni caso.
Forza, sbrigati, che ti aspetta:
indossa guanti e una sciarpa
Da solo, o con qualcuno
vagli incontro e stringilo forte
non inporta, in fondo, dove ti trovi
in terrazzo, al bar, al porto,
apri il tuo cuore e niente più:
a tutto il resto pensa lui.
Fallo entrare dentro di te
lascia che ti tocchi le mani ed il collo
respira piano fino a che
ti senti bagnato e morbido.
Rimani immobile: dopo un po’
lo sentirai dirti “ci sono…”
Sono per lui queste quattro righe
…quanto mi piace quando c’è la nebbia
Suoni di gioventù dell'Università dell'età libera Pallavicinia di
Cortemaggiore (Piacenza)
Un’estate, le amiche degli anni della giovinezza, la musica
spensierata degli anni Sessanta: sei righe che costituiscono un testo
breve ma denso e compresso capaci di raccontare con
immediatezza un piccolo affresco di un’epoca lontana nella
cronologia della vita ma vicina nella sua capacità di riscaldare il
cuore e aiutarci ad affrontare il presente.
SUONI DI GIOVENTU’
Cicale d’estate e gioventù del primo amore,
desiderio nei campi di capriole del cuore.
Risate tra amiche, esplosione di gioia
molto lontana era allora la noia.
Alla radio la musica degli anni Sessanta
forte emozione, messaggio che incanta.
SEZIONE ANDREA DI MUZIO
LA DIMORA DEI TIMORI
di Alexey Alberti di Cerveteri (Roma)
Conosco un loco
in ogni uomo, in ogni
cuore o mente,
ove i timori dimorano
e pace non trovano:
un antro immerso
del tutto nell'oscurità,
ch'essi percepiscon come assoluta maestà.
Malvagi, di certo, non sono;
piuttosto incompreso dono
che ci aiuta col suono
dell'ombra, paradossalmente
dell'assoluto silenzio.
Gatti neri dallo sguardo fluorescente
camminan per le strade
alquanto lentamente,
mentre mostruose creature
sabbiose ed altre infuocate
se ne stan ferme a mirar
l'orizzonte perennemente rosso.
La dimora dei timori
è un loco arcano
nel quale entrare risulta assai arduo,
ove l'animo umano divien strano.
#1 BATTITO CARDIACO MENTALE
di Maria Chiara Artioli
Nella pausa tra un battito e un altro
Il cuore smette di pulsare?
Non rimaniamo in pausa
Forse dovremmo averla ogni tanto, una pausa
Quando tornano dei pensieri andati
O dei ricordi
E torniamo indietro
E non pensiamo più al presente
Non è una pausa?
Smettiamo di vivere il presente
Ma non si puó
È quando le quattro zampe di un cavallo che galoppa non toccano
piú terra
E vola
È il silenzio tra un battito e un altro
È il ricordo tra un pensiero e un altro
È una pausa
Tra un battito e un altro
IL RISVEGLIO
di Ginevra Galli di Nibbiano (Piacenza)
Scendeva la neve
Ed io mi addormentai
Un sonno lungo come non mai!
La pancia era piena e
La neve scendeva.
I giorni passavano e il sonno calò!
Mi svegliai, mi stiracchiai e mi domandai?
Ma come mai mi trovo qui?
Mi agitai e pensai "ora incominciano i guai! "
Mi guardai, la pancia non c'era perché era primavera!
SALVA UNA VITA
di Thomas Scarinzi di Moimacco (Udine)
Il sole cala ogni giorno,
la guerra mai, la bomba sempre.
Un proiettile che uccide una vita,
può salvarne una, o più,
ma un proiettile in meno,
salva una vita.
Ma la guerra non ha tregua,
avanza lei,
avanza la crudeltà,
avanza la morte,
che con la sua falce
prende con sé
sempre più persone d’onore
LA BATTAGLIA DELL'AMORE
di Marta Macalli di Covo (Bg)
Come è difficile amarti mamma!
Troppe cose hanno visto di te i miei giovani occhi.
Nessuna figlia dovrebbe vederti curare le tue ferite ogni giorno,
nessuna figlia dovrebbe vederti preoccupata per un nuovo esame,
nessuna figlia dovrebbe sapere la differenza tra un reumatologo e
un dermatologo,
nessuna figlia dovrebbe avere in testa le immagini del tuo corpo
pieno di aghi,
nessuna figlia dovrebbe preoccuparsi perché pensa che un nuovo
male
si sia impossessato di te un’altra volta ancora,
nessuna figlia dovrebbe sapere che per la sua nascita hai rischiato
la vita,
nessuna figlia dovrebbe essere angosciata ogni volta che vede un
referto sul tavolo.
Di sorrisi falsi ne sai fare,
ma gli occhi non sanno mentire,
non voglio più bugie, preferisco
dure verità.
Non è facile, mai lo sarà
e il dolore continuerà a persistere
e le immagini nella mente non svaniranno
Mai.
Ma l’amore va oltre e sa come aiutare.
Basta guardare la sua croce
e capire il mistero del suo amore
per avere di nuovo la forza di affrontare
una nuova battaglia.
Sempre Insieme…