METTERE LA VITA NUDA IN MOSTRA Franco Origoni

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METTERE LA VITA NUDA IN MOSTRA Franco Origoni
METTERE LA VITA NUDA IN MOSTRA
Franco Origoni
Nella città infinita
prima tappa di un percorso espositivo iniziato anni fa per mostrare lo spaesamento nella città
infinita, il mondo della produzione contemporanea e il movimento dei flussi, delle idee e
anche delle merci, un mondo da scoprire che trasforma la vecchia città in una sorta di
vetrina, un luogo della rappresentazione della produzione che avviene altrove.
La rappresentazione della pena
seconda tappa sul mondo della segregazione che accomuna carcerati e carcerieri nella
scansione delle giornate, nei tempi ma anche nei modi di vivere. Un mondo segregato che
sale alla ribalta solo nei momenti di tensione sociale per poi riscomparire nella sfera dei
problemi che sappiamo esistere ma che non vogliamo conoscere.
viale Alemagna, 6
20121 Milano
T. 02.724341
www.triennale.it
[email protected]
La vita nuda
terza tappa che vuole solo mostrare il cambiamento della grande città, il cambiamento non
fisico, urbanistico, intellettuale, ma il cambiamento del modo di vivere in città di tutti i giorni.
Un cambiamento di popoli , di lingue, che ci si presentano ognuno con le proprie tradizioni, i
propri costumi, i propri cibi. Un cambiamento per quelli che, catapultati nella grande “scenavetrina”, sono invisibili o volutamente non visti per gli attori protagonisti.
Sono mondi che cambiano, che incontriamo e dimentichiamo prontamente, richiudendoci nei
nostri piccoli mondi, mondi sempre più ristretti, sempre più separati.
Si costruiscono mappe monotematiche di percorsi in città e relazioni assolutamente
personali, che spesso ci appaiono come mondi reali per difendere i quali tendiamo ad
azzerare tutto quello che ci disturba e ci si presenta come un nuovo problema o anche solo
ci innervosisce.
E’il mondo degli invisibili, degli emarginati, dei trasmigranti, di quelli che negli interstizi della
grande rappresentazione lavorano, vendendo le proprie braccia, il proprio saper fare
manualmente, che conoscono bene, ma non riescono a spiegare e non solo per le difficoltà
create da lingue diverse.
Negli anni ’50 erano i meridionali, del sud d’Italia, ma anche della Toscana, del centro Italia,
del Veneto, i famosi “terroni del nord”. Persone che venivano verso il triangolo industriale,
Torino, Genova, Milano, per stabilirsi, lavorare, inserirsi. Oggi nel guardare questi nuovi
flussi, vediamo trasmigranti, non immigrati,persone che vengono, ma con l’idea di ritornare
nel loro paese d’origine, che tendono a concentrarsi per lingua, per continente, che spesso
sanno di non trovare piena occupazione, se non lavori marginali e saltuari, ma tentano
ugualmente.
Questo fenomeno di nuovo inurbamento è comune alle tante “città infinite” di tutto il mondo.
Si vive tra gli interstizi della società, strappando quel poco che si riesce ad ottenere. Una
volta erano i dialetti, le lingue locali che creavano barriere, oggi sono le lingue nazionali di
ciascun trasmigrante i nuovi ostacoli per la comunicazione.
Rappresentiamo la nuova città, in mostra, come un caleidoscopio in continuo movimento.
Il modo stesso di vedere, di osservare il “mondo” in città è cambiato. E’ un mondo fatto di
persone che appaiono e scompaiono con grande rapidità. E’ un mondo di ricordi di
sequenze fotografiche, di scatti improvvisi e veloci, che non ha la capacità di trasformarsi in
narrazione filmica. I singoli frames non si collegano, nessuno monta le sequenze, nessuno
fa la regia, nessuno ha scritto testo, copione, musiche e non c’è nessuno che pensa a
inserirsi in un copione comune. E’ un mondo visto allo stesso tempo al caleidoscopio e con
un cannochiale, vediamo solo cose lontane, messe a fuoco, che vorremmo raggiungere il più
rapidamente possibile.
viale Alemagna, 6
20121 Milano
T. 02.724341
www.triennale.it
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La Metropolitana é luogo dai mille incontri e unico mezzo veloce per attraversare senza
vedere la città.
La Metropolitana, che collega (o scollega) il più velocemente possibile un luogo della città
all’altro, che collega due punti estremi di un segmento, facendoci ignorare il percorso. Non
c’è comunicazione, non c’è percezione, c’è solo il tempo di percorrenza tra la partenza e
l’arrivo. Il mondo viene escluso.
La Metropolitana, le Metropolitane come cartine di tornasole della città che cambia e che è
cambiata. Una città infinita, un mondo rinchiuso in un vagone.
La mostra si apre con un’area che gravita attorno a questo, forzatamente , luogo privilegiato
di incontro delle moltitudini.
Attorno concetti, dati, legati alla vita nuda e alla nuda vita e ai labili confini fra l’uno e l’altro
modo di vivere. Dati quantitativi e qualitativi, mappe degli insediamenti a Milano delle nuove
popolazioni e immagini di vita, non di lavoro.Immagini catturate da fotografi, che, per storie e
scelte professionali, hanno letto, saputo leggere e leggeranno con cura le mille piccole
trasformazioni quotidiane che generano radicali cambiamenti.
Proiezioni di film, proiezioni di sequenze fotografiche, di parole-chiave sul pavimento, sui
muri, sulle pareti. Le luci cambiano continuamente e le ombre non sono generate da oggetti
ma da persone che vivono nella città.
Una realtà che supera ogni fantasia, cerchiamo solo di prenderne nota, di cogliere queste
sfuggenti sensazioni.
Mille strade fra prima accoglienza e campi organizzati o abusivi.
La prima accoglienza di Lampedusa,dove di certo arrivano cose: le barche. Hanno un codice
identificativo e per legge vengono sminuzzate, azzerate, mentre gli uomini sbarcati non
hanno documenti, si schedano, si ospitano temporaneamente e si dà loro comunque una
identità.
Campi abusivi o organizzati nell’accoglienza.
Interstizi fra fabbriche dismesse, aree di risulta o volutamente non usate da decenni dalle
proprietà. Campi abbandonati, frammenti non appetibili oggi nemmeno dall’edilizia di basso
livello.
Condizioni igieniche inesistenti, roulottes o baracche, spazi interni ristrettissimi, vita
proiettata all’esterno tra le baracche, in attesa del nulla e soprattutto impegnata dal
girovagare continuo.
Frammenti di disperazione ma anche di allegrezza. Vita ai margini, ma anche quel poco di
gioia che dà lo stare insieme.
Campi organizzati in luoghi disperati, ai margini di cimiteri,discariche, depositi…
Campi organizzati con container,ognuno di 32 metri, con sette abitanti a modulo, ogni due
moduli un bagno in comune esterno. Disegni e organizzazione dello spazio da magazzini
portuali, da stoccaggio merci.
Barriere per entrare e cinta di protezione (?) e i campi sono tutti simili, sia quelli abusivi che
quelli organizzati, servono per sopravvivere, non per vivere. E sono simili sia a Milano che a
Firenze che a Roma.
Il pregiudizio è il male peggiore,che genera i mostri, la paura del diverso è la prima forma di
negazione dell’altro. Viviamo, fortunatamente, in altri tempi ma non vogliamo dimenticare lo
sterminio degli zingari e non solo quello durante l’ultima guerra mondiale. Quando vince il
pregiudizio non conta più se i diversi sono persone che lavorano, che hanno permessi
regolari, che vivono e che sono la terza o la quarta generazione di italiani nati e residenti in
Italia e questo vale, a maggior ragione, per quei raggruppamenti che stupidamente vengono
nominati “zingari”.
Campi abusivi e sopravvivenze delle disperazioni, le banlieues con le rivolte violente, in cui
la vita comunque prosegue inventando momenti di allegria.
Vita in città come Beirut, che deflagra periodicamente, indicatore di conflitti mai sopiti, ma
che ci fa comodo pensare di paesi lontani, molto lontani.
Non solo il mondo di “altri” nel nostro territorio, ma la presenza italiana nel mondo.
Collaborazioni del Politecnico che presentano situazioni di vita, che, in apparenza, sembrano
identiche alle nostre situazioni di emergenza, ma che sono normalità di vita in molti luoghi
del globo. Assenze di strade, di servizi, di tessuto urbano organizzato.
Sperimentazioni di possibili uscite dall’emergenza come l’esperienza della “Casa della
Carità”,
centrale nella città infinita di Milano.
Il mondo di ENI come presenza, lavoro e dialogo con le popolazioni locali, dal popolo dei
ghiacci a quello delle montagne a quello delle acque, alle distese del deserto: i mondi di ENI.
La presenza di Unicredit e delle sue attività nel globo. Le possibili uscite dall’emergenza per
diseredati, disoccupati, nullatenenti e anziani, per quegli strati di popolazione per cui la casa
é forse l’emergenza più pesante da affrontare.
Cohousing, autocostruzione e Banche, imprese finanziarie, Enti locali, esperienze di
Comune,
Provincia e Regione: che propongono forme di convenzione per gli affitti convenienti sia per
l’inquilino che per il proprietario. L’affitto ritorna ad essere interessante e mette in
discussione la centralità della proprietà. L’autocostruzione con esperienze in Italia e
all’estero, che trasformano il proprietario in coprogettista e soprattutto in realizzatore della
propria abitazione.
Un’ esperienza di cohousing sociale per studenti nel recupero di un’ex area industriale.
Il recupero di 21 cascine , nell’area milanese, che potranno assicurare, ognuna con una
vocazione insediativa differente, a quegli abitanti di Milano che ne hanno necessità, il diritto
alla casa.
Città di città : progetto strategico che rivaluta le differenze proprie del territorio per paesaggi,
per organizzazione sociale, per ambiente, attività lavorative e stili di vita, progetto che parte
dalle “popolazioni” per arrivare ad una nuova definizione di abitabilità.
La mostra, partendo dalla vita nuda e dal suo scorrere nella grande città infinita, vuole
evidenziare l’emergenza casa nelle sue punte più estreme (dagli homeless ai campi abusivi)
e passare poi attraverso le esperienze che aprono possibilità diverse per sperimentare
soluzioni nuove al problema della casa per tutti.
Dal progetto di un abito viaggiante per i clochard, per gli homeless, per i barboni da
distribuirsi nelle situazioni di emergenza a rischio per i grandi freddi realizzato con fogli di
pluriball riciclato al recupero di singole abitazioni, di edifici, di parti di città, a progetti di nuovi
insediamenti che partono da reali nuove esigenze e nuovi modi di vivere a progetti strategici
che considerano uomini e territorio al centro di possibili innovazioni.
La mostra da clessidra caotica diventa più ordinata e cerca di offrire una sintesi di possibili
soluzioni, organizzando le aree espositive attraverso la
presentazione di grandi
problematiche.
La lettura del percorso può essere attenta e anche minuziosa: a corredo delle immagini
che si librano nello spazio, nel cammino espositivo, sono seminati “dossier” fotografici con
testi che permettono di avere informazioni più approfondite.
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