Vivo nell`eremo insondabile dei miei tic quotidiani Contando l`esodo

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Vivo nell`eremo insondabile dei miei tic quotidiani Contando l`esodo
I
Vivo nell'eremo insondabile dei miei tic quotidiani
Contando l'esodo implacabile di remote passioni
E a farmi scudo, fra tempeste e divani,
Non ho che vani sussulti di ormoni
Guardando il cielo, nei tuoi occhi lontani
- perso in un mare di vascelli sornioni Sento il calore che mi arse le mani
A cercar l'oro dentro ai tuoi pantaloni
E udendo il mare, coi tuoi seni perduti
- steso su un cielo di tramonti sgualciti Ricordo il peso di distanti saluti
Che freno pose a spauriti piaceri
Ma ormai non valgono parole più alte
Per questo bagaglio di perse occasioni
Ché, se a separarci non fu già la morte
Solo mi basta ch'ancor tu mi sogni
a gambe aperte.
II
Se potessimo andare là
dove la mia aspettativa incontra le tue cosce
e il tuo corpo la mia mente
faremmo l'amore e la rivoluzione
terrestre
per spostare l'asse di queste casse
di un rave che ci sbomballa
il cervello e il pisello
Se potessimo crescere insieme
fino a diventare minuscoli
pulviscoli di questa parte di cosmo
e sparire nell'atmosfera
di una sera che si perde
fra le curve della folla
fra la pelle della gente
nelle stanze dei governi
e arredare gli interni
della nostra personalissima idea pubblica di mondo
che già è nel non riuscir mai a essere
e tessere
le infinite trame delle infinite tessere
dell'infinito domino
che ci lega al dominio della libertà
Giocheremmo a scoprirci e scoparci
come mazzi di carte
come mazzi di fiori
come petali di rosa
cui non serve posa – d'attore cui non basta prosa – d'autore Ma l'errore
dell'errare senza sosta
mito antico autentico vizio dell'umano
qua ci inchioda
ad annusare le mutande della politica
a massaggiare le scapole dell'epica
scapoli del tempo
orfani di uno spazio
mai sazio
a vivere – in eremi inermi l'ottativo dei tuoi sogni
e l'ablativo del mio cazzo
III
Ci scavammo profondi
fra le pieghe del tuo culo
e le piaghe del mio cuore
Ed estranei andammo alle fonti
di un epitaffio che credemmo amore
Ma se dalla sana - felice – frizione dei corpi
non sorse una strana – fallace – dizione di idee
Con quale menzogna bussammo alla porta
della nostra sinistra nascosta vergogna?
Giù dal balcone del mio disincanto
gettammo una finta speranza d'aurora
per annegare in una goccia di sperma
ogni tua falsa certezza più ferma
IV
L’unico mio rimpianto
e’ non averti sborrato in faccia
quando me l’hai chiesto
come se con un sol gesto
mi cascassero entrambe le braccia
dentro al baratro del tuo volto
L’unico mio rimpianto
e’ non avertelo messo nel culo
senza pentimento
come se ogni mio lamento
fosse pari al raglio di un mulo
sotto al giogo del tuo incanto
L’unico mio rimpianto
e’ non averti leccato la figa
fino a lacerarla
come se questa mia ciarla
non fosse che un’inutile diga
al torrente del tuo desiderio
L’unico mio rimpianto
e’ non averti mai conosciuta
ma solo concepita
donna dei miei sogni
puttana della mia vita
V
Non più stagioni nel sole
Ma aperitivi al tramonto
Bambina che ne hai avuti cento
E io che mi sento solo
A trombare con te
Non più occhiate ferrigne
Ma cispose carezze
Signora dalle dita aguzze
Che mi insegnasti la vita
Ma ti tenesti le tette
Non più a rosicchiare le notti
Ma sbadigliare al mattino
Ragazza della porta qui accanto
Che neanche più il vino
Ti rende una porca
Non più ciò che non siamo, ciò che non vogliamo
Ma tutto quello che lasciammo
A rilucer come croco
Che leniva la pena del mio cuore
E del mio scroto