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MERIDIANI 27
Le cover dei dischi
di Simphiwe Dana,
e, sotto, quella
del cd di Danny K
“Same Difference”.
Dana, la giovane diva
In ambito musicale non solo di vecchie glorie vive
il Sudafrica, straordinaria fucina di talenti e di
creatività diffusa. Un nome emergente è quello di
Danny K, trentaduenne bianco, all’anagrafe Daniel
Koppel. Dopo il debutto nel 2000, ha sbancato il
botteghino con gli album successivi diventando una
star anche negli Stati Uniti, dove è stato il primo
cantante del suo Paese a partecipare allo show di
Oprah Winfrey. In più si è esibito a Città del Capo in
occasione del grande concerto-tributo per festeggiare
i 90 anni di Nelson Mandela. Il segreto del suo
successo? Un’accattivante miscela di pop e musica
nera commerciale, con una spruzzata di rap che piace
molto ai giovanissimi.
Decisamente più interessante è Simphiwe Dana,
vocalità intensa e calda, in equilibrio tra spirito
tradizionale sudafricano e stile delle nuove dive della
black music, da Erykah Badu a India Arie. La stampa
internazionale l’ha portata in palmo di mano e ha
definito questa trentenne dal look arcaico-futurista
come “la cosa migliore nella Afro-Soul Music dopo
l’avvento di Miriam Makeba”. Al di là dell’enfasi,
la cantante e autrice di East Cape ha stupito
con il suo personalissimo cocktail di generi diversi
– jazz, world music e R & B. Alle spalle
una formazione gospel, Simphiwe
ha registrato nel 2006 Zandisile, il suo cd d’esordio,
bissato da The One Love Movement On Bantu Biko Street
(tutti distribuiti in Italia). In quest’ultima raccolta le
ballate a tema amoroso convivono
con alcune canzoni
dal contenuto esplicitamente
politico, mentre ai testi nell’idioma
xhosa (proprio dell’etnia cui lei
appartiene) si alternano liriche
in lingua inglese, decisamente
più accessibili al pubblico
internazionale. Inno alla libertà
della gente di colore, Bantu Biko Street − spiega
la musicista − «è l’unica strada lastricata dalle nostre
speranze e dai nostri sogni: una strada dorata, che
deve esistere prima di tutto nelle nostre menti».
Lo zulu bianco
e altre storie
Dopo anni di silenzio
discografico, ecco di nuovo
Johnny Clegg, cantante e
chitarrista detto lo “zulu bianco”.
Di lui parliamo estesamente
nel servizio sulla musica. Qui
ci limitiamo a segnalare l’uscita
di One Life (Marabi/Egea),
album pubblicato nel 2006 ma
disponibile solo di recente nei
negozi italiani: una collezione
di brani ritmati e grintosi, che
ci restituiscono il musicista in
ottimo stato di forma.
Consigliabili le raccolte South
African Legends (Putumayo) e
soprattutto South Africa della
britannica Rough Guide, ottimo
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viatico per familiarizzare con
artisti e generi locali. Al di
là dei soliti noti e dei mostri
sacri che, per ovvi motivi, non
possono mancare (Miriam
Makeba, Ladysmith Black
Mambazo, Mahotella Queens),
nei sedici brani antologizzati si
ascoltano anche personaggi poco
I cd di Johnny Clegg,
del pianista Ibrahim e
un’antologia di grandi
artisti sudafricani.
conosciuti oltre
confine: tra questi
Chicco e Yvonne
Chaka Chaka
(figure di spicco del
cosiddetto bubblegum
pop), Lucky Dube (che è stato il
numero uno del reggae made in
Johannesburg) e altri musicisti
che testimoniano la vitalità di
questa terra. Infine incuriosisce
Re:Brahim (Enja): un’opera
collettiva in cui i migliori
dj internazionali (da Toshio
Matsuura a Spooky) remixano
otto temi del pianista jazz
sudafricano Abdullah Ibrahim,
alias Dollar Brand.
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