Leggiamo - Chiesa battista Cagliari
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Leggiamo - Chiesa battista Cagliari
Sansone, l'enigma di Dio Suo padre scese a trovare quella donna e là Sansone fece un convito; perché tale era il costume dei giovani. Appena i parenti della sposa videro Sansone, invitarono trenta compagni perché stessero con lui. Sansone disse loro: «Io vi proporrò un enigma; se voi me lo spiegate entro i sette giorni del convito e se l'indovinate, vi darò trenta tuniche e trenta vesti; ma, se non me lo potete spiegare, darete trenta tuniche e trenta vesti a me». Quelli gli risposero: «Proponi il tuo enigma e noi l'ascolteremo». Egli disse loro: «Dal mangiatore è uscito del cibo, e dal forte è uscito il dolce». Per tre giorni quelli non poterono spiegare l'enigma. Il settimo giorno dissero alla moglie di Sansone: «Tenta tuo marito affinché ci spieghi l'enigma; se no, daremo fuoco a te e alla casa di tuo padre. E che? ci avete invitati per spogliarci?» La moglie di Sansone si mise a piangere presso di lui e a dirgli: «Tu non hai per me che dell'odio e non mi ami; hai proposto un enigma ai figli del mio popolo, e non me l'hai spiegato!» Egli a lei: «Ecco, non l'ho spiegato né a mio padre né a mia madre e lo spiegherei a te?» Lei pianse presso di lui, per i sette giorni che durava il convito; il settimo giorno Sansone glielo spiegò, perché lo tormentava; e lei spiegò l'enigma ai figli del suo popolo. Gli uomini della città, il settimo giorno, prima che tramontasse il sole, dissero a Sansone: «Cos'è più dolce del miele? e chi è più forte del leone?» Egli rispose loro: «Se non aveste arato con la mia giovenca, non avreste indovinato il mio enigma». Lo Spirito del SIGNORE lo investì ed egli scese ad Ascalon, vi uccise trenta uomini, prese le loro spoglie e diede le vesti a quelli che avevano spiegato l'enigma. Poi, acceso d'ira, risalì a casa di suo padre. Ma la moglie di Sansone fu data al compagno, che egli si era scelto per amico. Giudici 14, 10-20 Quando c'è povertà, malcontento, frustrazione, allora il terreno è pronto per accogliere un singolo uomo che abbia il potere. Quando si pensa di aver ormai imparato tutto dalla storia, quando si è certi che certe cose non possono tornare mai più, allora si preparano gli animi a delegare le proprie responsabilità e ad accettare un uomo, un super uomo che unisca tutte le diversità, che abbia tutto il potere, che faccia sentire tante individualità separate, dalla fame, dalla disoccupazione, dalla violenza, un popolo. Questo è quello che succede nel libro dei Giudici, libro che racconta una storia che sembra millenaria: il popolo fa ciò che è male agli occhi dell'Eterno, il Signore lo cede in mano ai nemici, Israele si pente e invoca Dio, che manda un liberatore, un giudice a liberare Israele. Alla sua morte, tutto si ripete. Sembra che non sia bastato l'Esodo. A Israele non sono bastati quarant'anni nel deserto, per comprendere che cosa significhi passare dalla schiavitù alla libertà; d'altra parte la generazione dell'esodo è tutta morta e sappiamo che gli esseri umani hanno la memoria corta in fatto di storia, anche coloro che hanno nella propria confessione di fede la memoria stessa! Il libro dei giudici svela una verità che l'umanità continua a vivere anche oggi: nessun essere umano, nessun “uomo della provvidenza”, anche quando è mandato da Dio, come nel caso dei giudici, è il liberatore! Nessuno uomo è il salvatore! Il vero liberatore è solo Dio. E la storia dell'ultimo giudice, Sansone, è emblematica in questo senso. Leggiamo dal capitolo 14, in cui abbiamo delle notizie preziose su Sansone e sul suo modo di essere. La sua nascita è stata annunciata ai suoi genitori da un messaggero di Dio che ha già messo in guardia il padre e la madre di sansone dall'onorare gli uomini più di Dio, di portare più attenzione al contenitore che al messaggio. Già la nascita di Sansone mette in guardia da qualcosa che per l'apostolo Paolo era ugualmente importante: troppo spesso confondiamo l'evangelo con la persona che lo annuncia, nel bene e nel male, per così dire. Nel bene, ritenendo chi annuncia più degno o più degna degli altri e delle altre, attaccandoci a lui o a lei come invece dovremmo attaccarci a Cristo ( ricordate le parole di Paolo sul battesimo in I corinzi 1? “meno male che io non ho battezzato nessuno!”); nel “male”, pretendendo da chi annuncia l'evangelo, un comportamento diverso dal mio, più puro, distogliendo l'attenzione sulla trasformazione che la parola di Dio porta nella mia vita. ( ricordate la questione della pagliuzza e della trave nel detto di Gesù?). Sansone cresce, ma non cresce in sapienza e in conoscenza del Signore, bensì cresce in prepotenza e in desiderio di belle donne. Ne vede una, una filistea, e chiede al padre di averla. Al cap. 14 vede una bella donna e la vuole. Al 16 vede una prostituta e la possiede. Solo quando sarà accecato e non potrà più vedere, sansone invece vedrà per la prima volta: essersi creduto indistruttibile, con o senza Dio gli ha fatto perdere il senso della realtà. Ancora una volta, la storia di sansone mette in guardia dal pensare che basti essere un uomo di Dio per saper vedere chiaro ciò che è bene e ciò che è male. Il testo ci dice che il desiderio di Sansone per una delle figlie dei filistei era benvisto da Dio perché occasione di contesa con i filistei, ma poi non prosegue questo filone. O meglio, quello che accade dopo non sarà a motivo di Dio, delle sua unicità o in sua difesa. L'immagine di Sansone che viene descritta è quella di un giovane che ha le abitudini dei giovani, siano essi di Israele o filistei. Fa banchetti, probabilmente neanche rispettando il divieto di bere bevande alcoliche a cui si doveva attenere un nazireo, un uomo consacrato a Dio. Il divieto di fare uso di alcol era dovuto al dovere di escludere qualsiasi condizionamento esterno che non fosse lo Spirito di Dio, l'unico spirito con cui un nazireo poteva inebriarsi. Ma Sansone non se ne cura e non si cura nemmeno di non toccare cadaveri, come accade con la carcassa di leone da dove preleva e mangia il miele. Insomma Sansone è un uomo particolare, consacrato a Dio dalla nascita, ma più dedito alla mondanità, quella delle feste, delle barzellette, delle belle donne. Lontanissima la sua immagine da quella di Giovanni battista, ad esempio. Sansone vede e vuole. Durante il banchetto si consuma il primo litigio di coppia, dovuto all'enigma proposto da Sansone. Quello che accade potrebbe essere un fraintendimento tra due persone e due situazioni sociali che si conoscono poco: Sansone vorrebbe rallegrare la serata, fare il banditore e invece suscita l'animosità dei filistei, la promessa sposa si sente minacciata e, non esplicitandolo viene prese per noiosa e petulante. Alla fine Sansone uccide trenta uomini per pagare la sua scommessa e si ritira tutto stizzito dal padre, non curandosi neanche della sorte della fidanzata. Questo è Sansone, l'uomo di Dio! “ Un uomo impulsivo che non sa perdere, che non vuole perdere; un uomo che si sente tradito da una donna spaventata e minacciata; un leone che ruggisce, e, accecato dalla collera, sbrana. Come potrà questo divoratore diventare nutrimento? Come potrà dal forte uscire il dolce?” Il seguito della storia ci dice che colui che tradisce, e Sansone si dimentica di Dio, inciampa continuamente nel tradimento. Sua moglie lo tradisce rivelando l'enigma ai suoi amici, Dalila lo tradirà rivelando ai filistei il segreto della sua forza. Dalila è il nome che più è associato a Sansone, la donna che placa la sua furia distruttiva. Dalila, descritta come autonoma e indipendente non raggira Sansone, gli chiederà esplicitamente di rivelarle il modo di tenerlo legato. Sansone ancora una volta è accecato da stesso. Sopravvalutando la propria stessa forza, sansone ha perso il senso della realtà, si crede indistruttibile, con o senza Dio. Solo nell'epilogo finale si intravede, nella richiesta di Sansone un barlume della propria vocazione di liberatore. “Signore, mio Dio, ricordati di me”. La chiamata ad essere il difensore del bene comune, posto a difesa del popolo si intravede nel suo gesto di sgretolamento di un mondo poggiato su colonne di ingiustizia e di violenza, quale era il mondo del popolo di Israele all'indomani dell'esodo. Solo l'azione di Dio potrà dunque trasformare il divoratore in qualcuno che porta vita, nutrimento e il forte in dolce. Solo Dio ha il potere di fare del bene a partire dalla prepotenza, dalla stortura, dal tradimento. Ecco la buona notizia che oggi riceviamo. Ma il giudizio su Sansone è anche giudizio sul popolo. Sul popolo ogni volta che rinuncia alla propria responsabilità, individuale e collettiva e designa il proprio salvatore di turno. Sul popolo, ogni volta che non sente più nemmeno l'urgenza della liberazione e perpetra il “si è sempre fatto così”, vivendo comodamente in terra di esilio, non vedendo più le strutture di ingiustizia e di violenza, ma diventandone parte, assuefacendosi, cercando il proprio interesse, dimenticando Dio. Dimentico Dio ogni volta che delego la decisione ad altri. Dimentico Dio ogni volta che mi sento a posto nella mia fede e non faccio nulla per il bene comune. Dimentico Dio ogni volta che non vedo, che non voglio vedere, che la responsabilità di come stanno le cose è anche la mia. La storia di Sansone ci dona la preziosa chiave di lettura che Dio sa agire rettamente nella storia anche attraverso azioni storte, anche attraverso le prepotenze, o i silenzi, le cecità, l'indifferenza. Dio dice sì all'umanità anche quando essa dice no a Dio. E questo ce lo indica la croce di Cristo. E' la grazia di Dio che continua a permettere la vita laddove la volontà umana è foriera di morte. E questo è giudizio della nostra infedeltà, certo, ma anche visione di un mondo diverso, che siamo chiamate e chiamati ad abitare, trasformando la nostra tristezza in gioia, il rancore in forza che costruisce, la stanchezza in nuovi progetti. Per la sua gloria. Cristina Arcidiacono, 9 febbraio 2014