Fiscal Approfondimento n. 2 del 20.01.2015 IRAP e

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Fiscal Approfondimento n. 2 del 20.01.2015 IRAP e
Fiscal Approfondimento
Il Focus di qualità
N. 2
20.01.2015
IRAP & professionisti
Quando si può non pagare l’IRAP secondo la Cassazione
Categoria: IRAP
Sottocategoria: IRAP e professionisti
I presupposti applicativi dell'IRAP sono definiti dall'articolo 2, comma 1 del D.Lgs. 15 dicembre 1997, n.
446 nel quale si afferma che “presupposto dell'imposta è l'esercizio abituale di un'attività
autonomamente organizzata diretta alla produzione o allo scambio di beni ovvero alla prestazione di
servizi. L'attività esercitata dalle società e dagli enti, compresi gli organi e le amministrazioni dello Stato,
costituisce in ogni caso presupposto per l'imposta." Il Legislatore Italiano non ha, tuttavia, definito in
maniera precisa quali siano i fattori che configurano la c.d. " autonoma organizzazione " per la categoria
degli agenti di commercio, promotori finanziari e per le altre categorie di lavoratori autonomi. È dunque
fondamentale il contributo fornito in proposito dalla giurisprudenza della Cassazione. Decisione dopo
decisione, infatti, il Supremo Collegio si è preoccupato di chiarire quando ricorra o meno tale
presupposto. Nel presente documento, pertanto, dopo aver proposto l’iter per la richiesta di rimborso di
quanto versato in questi anni ai fini IRAP, si passeranno in rassegna le più recenti pronunce della Corte,
preferendo le sentenze e le ordinanze che hanno dato torto all’Agenzia delle Entrate circa
l’assoggettabilità a IRAP, tra gli altri, di commercialisti, medici, avvocati e associazioni tra professionisti.
I presupposti
applicativi
dell’IRAP
I presupposti applicativi dell'IRAP sono definiti dall'articolo 2, comma 1 del
D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446 nel quale si afferma che “presupposto
dell'imposta è l'esercizio abituale di un'attività autonomamente organizzata
diretta alla produzione o allo scambio di beni ovvero alla prestazione di servizi.
L'attività esercitata dalle società e dagli enti, compresi gli organi e le
Amministrazioni dello Stato, costituisce in ogni caso presupposto per l'imposta."
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Per l’assoggettamento all’Irap, quindi, l’attività deve essere, innanzi tutto,
“organizzata”; l’organizzazione dell’attività va ravvisata tutte le volte che, per lo
svolgimento della stessa, il titolare si avvalga:
1.
di beni strumentali ulteriori rispetto a quelli indispensabili (nello
specifico
contesto
scientifico
e/o
tecnologico)
per
l’esercizio
dell’attività stessa);
2.
di lavoro altrui, non necessariamente prestato come lavoro dipendente.
L’organizzazione dell’attività, poi, deve avere il carattere dell’“autonomia”: il
significato del termine rinvia al concetto di indipendenza da altri, quindi impone
di ritenere sussistente il carattere de quo ogni qualvolta il titolare dell’attività
non sia inserito nella struttura, riferibili ad altrui responsabilità o ad interesse di
altri.
CON ABITUALITÀ
ESERCIZIO DI ATTIVITÀ
AUTONOMAMENTE ORGANIZZATA
DIRETTA ALLA PRODUZIONE O
PRESUPPOSTI
SCAMBIO DI BENI O PRESTAZIONE
APPLICATIVI IRAP
DI SERVIZI
(art. 2 co.1, D.Lgs. n.
446/97)
IMPRENDITORI/PROFESSIONISTI
SOCIETÀ DI OGNI TIPO
ATTIVITÀ SVOLTA DA
ENTI COMMERCIALI E NON
ORGANI E AMMINISTRAZIONI
STATALI
La prova dell’insussistenza del presupposto impositivo fa carico al
contribuente.
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Un rappresentante di commercio, che da solo compia il giro dei propri clienti
per acquisire ordini, e disponendo di un ufficio dotato di congruo personale, si
serva di costoro per dar seguito alle acquisizioni da trasmettere per le
successive consegne, certamente gode nel lavoro pur di sua pertinenza di un
vantaggio nel raggiungere il suo volume di affari ben diverso da quello del
rappresentante, il quale disponendo di un computer svolga l’intero lavoro da
solo.
Parimenti i titolari di studi medici, legali o notarili, i quali si avvalgano della
collaborazione di personale professionalmente preparato sono in grado di
accrescere notevolmente il compito professionale da svolgere mediante la
predisposizione di attività preparatorie o addirittura di categorie di atti per
soddisfare
una
maggiore
clientela,
a
differenza
di
quanto
avviene
nell’espletamento dell’attività da parte del singolo, che provveda a tutte le
incombenze.
L’istanza di
rimborso e il
ricorso
Tutto partì dalla Sentenza della Corte Costituzionale (Sent. 21.5.2001, n. 156),
che
ha
ribadito
l’orientamento
dell’Amministrazione
Finanziaria
(C.M.
141/1998), in base al quale l’Irap non si applica ai lavoratori autonomi, che
esercitano la propria attività in assenza di capitali e lavoro altrui (vedi anche
Cass. 16.10.2009, n. 21989). Si definisce organizzata (e soggetta ad Irap) l’attività
che sia in grado di svilupparsi e funzionare anche in assenza del professionista.
Secondo la Cassazione (Sent. 23.1.2008, n. 1414) l’autonoma organizzazione è
riscontrabile nel caso in cui il professionista si avvalga, in modo non
occasionale, di lavoro di terzi o utilizzi beni strumentali eccedenti il minimo
ritenuto indispensabile per l’esercizio dell’attività (vedi anche C.M. 13.6.2008, n.
45/E e Cass. 16.3.2009, n. 6371 e 14.4.2009, n. 8834). Pertanto, il fatto che il
contribuente abbia dedotto costi superiori (ai fini Irpef e Iva) rispetto a quanto
indispensabile al lavoro autonomo può essere indice di un’organizzazione
strutturata.
SENTENZA CORTE COSTITUZIONALE (Sent. 21.05.2001, n.156)
l’Irap non si applica ai lavoratori autonomi, che esercitano la propria attività
in assenza di capitali e lavoro altrui
ISTANZA DI RIMBORSO
+ EVENTUALE RICORSO AVVERSO IL SILENZIO ASSENSO DELL’UFFICIO,
AVANTI LA CTP COMPETENTE (E SUCCESSIVAMENTE CTR)
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L’Amministrazione Finanziaria (R.M. 32/E/2002) ha precisato che la mancanza di
elementi di organizzazione è ravvisabile solo in attività di lavoro autonomo
svolte occasionalmente e nelle co.co.co., mentre per la Cassazione (Sent. nn.
3674, 3676 e 3677/2007) non si ritiene autonomamente organizzata l’attività per
il cui svolgimento il contribuente si avvale di mezzi personali e materiali quali
mero ausilio della sua attività (R.M. 14.11.2007, n. 326/E).
In sede contenziosa, l’assenza di un’autonoma organizzazione può essere fatta
valere solo nel ricorso e non può essere introdotta in giudizio successivamente.
Inoltre l’onere di provare l’eventuale assenza dell’autonoma organizzazione
grava sul contribuente e non sull’Ufficio (C.M. 13.6.2008, n. 45/E).
Sempre per la Cassazione (Sent. 8.11.2008, n. 26681) il requisito organizzativo, il
cui accertamento spetta al giudice di merito, è ritenuto sussistente quando il
contribuente, che risulti responsabile dell’organizzazione e non sia inserito,
quindi, in strutture alle dipendenze di altri soggetti, eserciti l’attività di lavoro
autonomo con l’impiego di beni strumentali che eccedano il minimo
indispensabile per porre in essere l’attività attraverso un’auto-organizzazione
basata sul solo lavoro personale, oppure si avvalga in maniera non occasionale
del lavoro altrui.
Secondo la Cass. 28.10.2009, n. 22781 l’esercizio in forma associata di una
professione liberale è una circostanza di per sé idonea a far presumere
l’esistenza di un’autonoma organizzazione di strutture e mezzi e dell’intento di
avvalersi della collaborazione e delle competenze reciproche, e quindi della
sostituibilità nell’adempimento dell’attività, in modo da potersi assumere che il
reddito prodotto non sia frutto solo della professionalità di ciascun componente
dello studio. Di conseguenza, il reddito è legittimamente assoggettato ad Irap e
spetterà eventualmente al contribuente dimostrare che esso sia derivato dal
solo lavoro professionale dei singoli associati.
Inoltre, ad integrazione della C.M. 13.6.2008, n. 45/E, l’Agenzia delle Entrate
fornisce (C.M. 28.5.2010, n. 28/E) ulteriori istruzioni operative per la gestione del
contenzioso pendente in merito alla debenza dell’Irap da parte dei lavoratori
autonomi, prendendo in considerazione le pronunce della Cassazione (ad
esempio, Cass. 26.5.2009, nn. 12108, 12109, 12110 e 12111).
In particolare, è chiarito che ai fini Irap ciò che rileva è la sussistenza di
un’autonoma organizzazione, a prescindere dal mezzo giuridico con cui è
attuata (dipendenti o società di servizi), che rende possibile lo svolgimento
dell’attività dei professionisti attraverso la disponibilità di beni strumentali,
capitali e forme di collaborazione.
Occorre valutare attentamente caso per caso.
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ISTANZA DI RIMBORSO
In considerazione della sentenza della Corte Costituzionale 21.5.2001, n. 156, il
professionista che ritiene di esercitare la propria attività senza una struttura
organizzata (presupposto impositivo per l’Irap) può inoltrare presso il
competente Ufficio territoriale dell’Agenzia delle Entrate entro 48 mesi dal
versamento dell’imposta, un’istanza di rimborso ai sensi dell’art. 38 del D.P.R.
602/73 – si veda fac-simile allegato alla fiscal – allegando le ricevute dei
versamenti effettuati.
Bisogna, inoltre, prestare attenzione all’individuazione dell’ufficio competente,
in quanto l’istanza presentata all’ufficio sbagliato non produce alcun effetto,
cioè non comporta il silenzio-rifiuto (Cassazione S.U. 13.11.1997, n. 11217).
Per ciò che concerne la decorrenza dei termini, la Corte di Cassazione ha
ribadito che il termine di presentazione dell’istanza di rimborso decorre:
-
dalla data di versamento del saldo, se il diritto al rimborso deriva da
un’eccedenza dei versamenti in acconto rispetto a quanto dovuto a
saldo oppure da pagamenti provvisori in quanto subordinati alla
definitiva determinazione dell’obbligazione;
-
dalla data di versamento dell’acconto se esso non era dovuto, oppure
non era dovuto in quella misura, ovvero la relativa disposizione non era
applicabile.
Il termine di presentazione dell’istanza di rimborso decorre
Dalla data di versamento del saldo
Se il diritto al rimborso deriva da un’eccedenza dei versamenti
in acconto rispetto a quanto dovuto a saldo oppure da
pagamenti provvisori in quanto subordinati alla definitiva
determinazione dell’obbligazione
Dalla data di versamento dell’acconto
Se esso non era dovuto, oppure non era dovuto in quella
misura, ovvero la relativa disposizione non era applicabile
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DECORRENZA DEI TERMINI
Prudenzialmente è opportuno presentare l’istanza di rimborso considerando
che il termine decadenziale (48 mesi) dovrebbe iniziare a decorrere dalla data
di versamento dell’acconto, in quanto già in tale momento l’imposta versata era
non dovuta (Cassazione 22.9.1999, n. 10242 e 23.11.1999, n. 12997); parte della
dottrina, però, ritiene che tale termine decorra dalla data di versamento del
saldo o, in assenza di quest’ultimo, dalla data di presentazione della
dichiarazione (Cassazione 7.1.1999, n. 46 e C.T.C. 17.10.1996, n. 5119).
IL RICORSO
Il contribuente potrà poi adire alla Commissione tributaria provinciale
territorialmente competente (art. 21, D.Lgs. 546/1992):
-
dopo 90 giorni dalla presentazione della domanda ma entro il termine
di prescrizione di 10 anni (art. 2946 c.c.) nel caso in cui l’Ufficio
dell’Agenzia delle Entrate respinga l’istanza mediante il cosiddetto
«silenzio-rifiuto»;
-
entro 60 giorni dall’eventuale notifica del provvedimento di rigetto
(parziale o totale) da parte del citato Ufficio.
Se l’IRAP chiesta a rimborso non supera l’importo di € 20.0000, il contribuente
dovrà far precedere il ricorso dal reclamo obbligatorio disciplinato dall’articolo
17-bis del D.Lgs. 546 del 1992 e succ. mod.
Si riporta in allegato un fac-simile di ricorso in CTP.
ITER DA SEGUIRE
1
ENTRO 48 MESI DAL
VERSAMENTO
DELL’ACCONTO
PRESENTAZIONE ISTANZA DI
RIMBORSO ALL’AGENZIA ENTRATE
COMPETENTE
DOPO 90 GG. DAL
“SILENZIO – RIFIUTO”
2
RICORSO/RECLAMO
O DOPO 60 GG. DALLA
NOTIFICA DEL RIGETTO
3
IN CASO DI RIGETTO
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RICORSO IN CTR
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Orientamenti
giurisprudenzia
li recenti
Passiamo, dunque, in rassegna i più recenti pronunciamenti della Corte,
preferendo le sentenze e le ordinanze che hanno dato torto all’Agenzia delle
Entrate nei vari contenziosi intrapresi da commercialisti, medici, avvocati,
associazioni tra professionisti, ecc.
AUTONOMA ORGANIZZAZIONE
A norma del combinato disposto degli articoli 2, comma 1, primo periodo, e 3,
comma 1, lettera c), del D.Lgs. n. 446/97, l’esercizio delle attività di lavoro
autonomo è escluso dall’applicazione dell’IRAP soltanto qualora si tratti di
attività NON autonomamente organizzata.
Secondo costante giurisprudenza della Cassazione (ex multis, SS.UU. n. 12108
del 2009, Cass. n. 8556 del 2011 e n. 4923 del 2013), il requisito dell’autonoma
organizzazione - il cui accertamento spetta al giudice del merito ed è
insindacabile in sede di legittimità se congruamente motivato - ricorre quando il
contribuente:
a) sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell’organizzazione e non sia
quindi
inserito
in
strutture
organizzative
riferibili
ad
altrui
responsabilità e interesse;
b) impieghi beni strumentali eccedenti, secondo l’id quod plerumque
accidit, il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività in assenza di
organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro
altrui.
È onere del contribuente che chieda il rimborso dell’imposta asseritamente non
dovuta dare la prova dell’assenza delle predette condizioni.
Muovendo da questo consolidato principio, i giudici della Cassazione hanno
spesso deciso le controversie portate alla loro attenzione in senso favorevole ai
professionisti; alcune volte sconfessando apertamente le posizioni assunte
dall’Agenzia delle Entrate nei documenti di prassi.
ORIENTAMENTI DELLA CORTE DI CASSAZIONE
Dalle più recenti pronunce dei giudici tributari di legittimità si evince che non
implicano sempre e comunque l’assoggettamento a IRAP del professionista:
l’uso di beni strumentali “costosi”;
l’utilizzo di due studi;
l’utilizzo dello studio di un collega o della struttura di una società;
l’ausilio di dipendenti;
la presenza di una vasta clientela;
l’entità elevata del reddito;
i compensi corrisposti ad altri professionisti;
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Contrariamente a quanto sostenuto dalle Entrate con la
circolare n. 45 del 2008, per l’applicazione dell’IRAP al MEDICO
di base, non sono sufficienti beni strumentali di valore
superiore a 15 mila euro.
Sez. VI-T,
Sebbene l'Agenzia delle Entrate con la circolare 45/2008 abbia
ordinanza
ritenuto sufficiente un investimento di valore superiore ai
n.
15mila euro, a parere della Suprema Corte, l’assoggettamento
18108/2013
del professionista all’imposta regionale sulle attività produttive
richiede “un analitico esame delle spese affrontate dal
contribuente con specifica considerazione delle esigenze di chi
esercita l’attività medica, per cui sono indispensabili strumenti
di una certa consistenza e caratteristiche”.
Strumenti complessi e costosi
Non è assoggettabile all’IRAP il COMMERCIALISTA che, in
forma singola o associata, si avvale di un software necessario
per l’espletamento dell’attività (gestione delle denunce dei
redditi e relativa trasmissione telematica).
Nel caso di specie, la S.C. ha giudicato “apodittica” la sentenza
impugnata, laddove la CTR di Napoli ha affermato che “i
contribuenti si avvalevano di lavoro altrui e di strumenti
Sez. VI-T,
superiori al minimo comunemente ritenuto necessario per lo
sentenza n.
svolgimento della attività. Senza specificare di quale natura
6050/2013
fosse l’intervento altrui (lavoratori, dipendenti, consulenti?) e
senza procedere ad alcuna valutazione degli strumenti
utilizzati,
che
commercialista,
per
lo
svolgimento
richiedono
pur
della
sempre
un
attività
di
minimo
di
complessità e di costo (ad esempio, come un programma per la
gestione delle denunce dei redditi ed il loro inoltro per via
telematica). Non è stata cioè data risposta alle puntuali
considerazioni dei contribuenti, riprodotte nel ricorso per
Cassazione. Considerazioni da cui risulterebbe l’assenza di
dipendenti e la modestia delle spese affrontate”.
Beni strumentali necessari – compensi a terzi –
Non ricorre l’autonoma organizzazione nel caso di un
Sez. V,
DOTTORE COMMERCIALISTA che opera da solo, senza
sentenza n.
dipendenti o collaboratori, servendosi soltanto di alcuni beni -
15020/2014
come un pc, i mobili per l’ufficio e un’utilitaria a uso promiscuo
“e ricorrendo saltuariamente, per le competenze estranee al
proprio lavoro, ad altri professionisti con proprio studio
separato e diverso dal proprio”.
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Beni strumentali necessari – ammontare del reddito - compensi
a terzi –
Deve
ritenersi
privo
di
autonoma
organizzazione
il
professionista che dispone dei soli strumenti necessari
all’esercizio della professione, senza l’ausilio di
alcun
dipendente o collaboratore perché il “presupposto per
l’applicazione dell’imposta” – spiega la sentenza 11919 cit. - “è
l’esercizio abituale di un’attività autonomamente organizzata
diretta alla produzione o allo scambio di beni o alla
prestazione di servizi, che ricorre qualora il contribuente sia il
responsabile dell’organizzazione e impieghi beni strumentali,
eccedenti per quantità o valore, il minimo generalmente
ritenuto indispensabile per l’esercizio della professione,
oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui”. A
ciò si aggiunge che l’ammontare del reddito in sé considerato
non è per nulla indice di autonoma organizzazione, mentre le
Sez. V,
spese per ammortamento di beni strumentali e per compensi a
sentenza n.
terzi,
ove
modeste,
11919/2014
evincendosi né che le prime si riferiscano a beni strumentali
“costituiscono
dato
equivoco,
non
eccedenti il minimo indispensabile, né che le seconde siano
attinenti a rapporti di collaborazione di tipo continuativo”. Nel
caso di specie, i giudici regionali della Toscana hanno fatto
malgoverno di questi principi, poiché hanno ritenuto sussistere
un’organizzazione professionale di rilevanti dimensioni solo in
virtù di ricavi alti per attività professionali e spese tutto
sommato contenute per immobili, consumi e compensi a terzi;
al riguardo, la CTR “non ha tenuto in nessun conto la specificità
della professione di medico di base svolta dal contribuente in
assenza di personale dipendente e l’obbligatorietà dello studio
nel quale la professione veniva svolta, nonché le giustificazioni
addotte dal contribuente (e non contestate dall’Agenzia) sia in
merito alla quota di ammortamento (concernente una parete
divisoria dello studio) che in merito a un alto compenso
(corrisposta a un collega per l’obbligatoria sostituzione in caso
di assenza del medico)”.
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Assenza di dipendenti e costi necessari
Non è soggetto all’IRAP il CONSULENTE INFORMATICOCOMMERCIALE che svolge l’attività con lavoro proprio e che
utilizza beni strumentali modesti.
Nel caso si specie, secondo la CTR della Lombardia, il
contribuente, per i periodi d’imposta oggetto della domanda di
rimborso, aveva svolto l’attività con “organizzazione adeguata,
come dalle evidenza offerte dalle parti che documentavano
beni strumentali, quote di ammortamento, consumi, spese di
rappresentanza ed altre spese per importi affatto trascurabili”.
La CTR ha quindi riformato il verdetto di prime cure
sfavorevole all’Erario, avendo ravvisato la ricorrenza del
presupposto impositivo in capo al consulente. Di qui il ricorso
per cassazione con cui la difesa del consulente ha censurato la
Sez. V,
sentenza impugnata per aver ritenuto che “l’adeguata
sentenza n.
organizzazione” di cui disponeva il contribuente coincidesse
21796/2014
con il requisito dell’autonoma organizzazione, quando invece
le spese di rappresentanza, le quote di ammortamento e i
consumi riscontrati costituivano costi minimi che dovevano
essere necessariamente sostenuti per esercitare l’attività.
Inoltre, la sentenza impugnata non considerava l’assenza di
dipendenti.
Ebbene, la difesa del contribuente ha fatto centro: per gli
Ermellini il vizio di motivazione invocato dal ricorrente esiste,
“non
avendo
la
CTR
esplicitato,
impedendo
così
la
comprensione dell’iter logico seguito, le ragioni per cui - a
fronte degli elementi fattuali rassegnati dal ricorrente quali la
mancanza di personale dipendente e la modestia dei beni
strumentali - gli importi per spese e beni strumentali fossero
‘affatto trascurabili’ ed integrassero, pertanto, il requisito
dell'autonoma organizzazione richiesto dalla legge quale
presupposto impositivo”.
Possesso di due studi
Il MEDICO convenzionato con il Servizio sanitario nazionale
Sez. VI-T,
ordinanza
n.
2967/2014
non è soggetto all’imposta regionale sulle attività produttive
neppure quando utilizza due studi. L’utilizzazione di due studi
costituisce “uno strumento per il migliore (e più comodo per il
pubblico) esercizio dell’attività professionale autonoma”.
Giova ricordare che l’articolo 22 del D.P.R. n. 270 del 2000
(Accordo collettivo nazionale per la disciplina dei rapporti con
i medici di medicina generale) afferma che “ciascun medico
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deve avere la disponibilità di almeno uno studio professionale
nel quale esercitare l’attività convenzionata”.
A tal proposito, la giurisprudenza della Cassazione ha
ripetutamente affermato che la disponibilità, da parte dei
medici di base, di uno studio avente le caratteristiche e dotato
delle attrezzature indicate nell’articolo 22 citato, rientrando
nell’ambito
del
minimo
indispensabile
per
l’esercizio
dell’attività professionale, ed essendo obbligatoria ai fini
dell’instaurazione
convenzionale,
e
non
del
mantenimento
integra,
in
assenza
del
rapporto
di
personale
dipendente, il requisito dell’autonoma organizzazione ai fini
del presupposto impositivo (ex multis, Cass., sentenze n.
25910/2011, n. 10240/2010, n. 24953/2010 e n. 11197/2013).
Anche l’Agenzia delle Entrate, con la circolare n. 28/2010, ha
preso atto del fatto che “lo studio e le attrezzature previste in
convenzione
possono
essere
considerate
il
minimo
indispensabile per l’esercizio dell’attività da parte del medico”,
puntualizzando,
però,
che
“l’esistenza
dell’autonoma
organizzazione è configurabile, ex adverso, in presenza di
elementi che superano lo standard previsto dalla convenzione
e che devono essere pertanto valutati volta per volta”. Di
conseguenza, se, da un lato, la disponibilità di almeno uno
studio con le dotazioni standard è requisito indispensabile per
l’esercizio dell’attività, dall’altro, la disponibilità di più studi
sarebbe frutto di un atto volontario di gestione del medico,
eccedente quel “minimo indispensabile” individuato dalla
giurisprudenza tributaria di legittimità come non indicativo
della presenza di attività autonomamente organizzata.
Ebbene, secondo l’ordinanza 2967/14 della S.C., “il giudice di
merito ha adeguatamente motivato in ordine alla non
sussistenza di una ‘stabile organizzazione’ di supporto
all’attività del contribuente, medico di base del SSN”. In
particolare, l’utilizzazione di DUE STUDI deve essere valutata
come “uno strumento per il migliore (e più comodo per il
pubblico) esercizio dell’attività professionale autonoma”.
Studio di un collega
Sez. V,
Non è assoggettabile all’imposta regionale sulle attività
sentenza n.
produttive il professionista (nella specie AVVOCATO) che
21150/2014
svolge l’attività professionale all’interno di una struttura altrui.
Il legale, con il motivo accolto, ha sostenuto che il presupposto
impositivo
costituito
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dalla
sussistenza
di
un’autonoma
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organizzazione non ricorre quando l'attività professionale –
come nel caso di specie - sia svolta all'interno della struttura di
terzi, dovendo invece l'attività autonomamente organizzata
essere
direttamente
ed
esclusivamente
collegata
al
contribuente stesso, e non a soggetti terzi.
Ebbene, ad avviso della S.C., il contribuente ha pienamente
ragione. Infatti la ratio decidendi della sentenza impugnata
non è linea con il noto principio affermato in materia, secondo
cui l'esercizio dell'attività di lavoro autonomo è escluso
dall'applicazione dell'imposta qualora si tratti di attività non
autonomamente organizzata, requisito che ricorre nel caso in
cui il contribuente: a) sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile
dell'organizzazione, e non sia quindi inserito in strutture
organizzative riferibili ad altrui responsabilità e interesse; b)
impieghi beni strumentali eccedenti il minimo indispensabile
per l'esercizio dell'attività in assenza di organizzazione, oppure
si avvalga in modo non occasionale del lavoro altrui.
Si è inoltre affermato che in base all'articolo 2 del D.Lgs. n.
446/97, ai fini della soggezione a IRAP dei proventi di un
lavoratore autonomo (o di un professionista), “non è sufficiente
che il lavoratore si avvalga di una struttura organizzata, ma è
anche necessario che questa struttura sia autonoma, cioè
faccia capo al lavoratore stesso, non solo ai fini operativi, bensì
anche sotto i profili organizzativi” (cfr. Cass. n. 9692/12).
Ne deriva che NON SONO SOGGETTI a IRAP i proventi che un
lavoratore autonomo percepisce come compenso per le
attività svolte all'interno di una struttura da altri organizzata.
Struttura organizzativa di una società – ospitalità di un collega
Non è soggetto a IRAP il professionista che svolge la propria
attività usufruendo della struttura organizzativa di una società
e che si appoggia allo studio di un collega.
Nel caso di specie, a fronte delle puntuali censure formulate
Sez. V,
dal contribuente (AVVOCATO), con riguardo alla mancanza di
sentenza n.
una
22941/2014
dell’utilizzazione
propria
struttura
dell’affermazione
di
di
organizzativa
modesti
avere
beni
e
di
dipendenti,
strumentali,
usufruito
della
nonché
struttura
organizzativa di una società e dell'ospitalità di uno studio
legale di un collega, la motivazione della sentenza impugnata
(della CTR Emilia Romagna) si è rivelata “insufficientemente e
non congruamente motivata avendo anche apoditticamente
affermato che il contribuente che è in grado di svolgere da solo
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la sua attività è necessariamente dotato di autonoma
organizzazione”.
Vasta clientela – apporto di un dipendente
Una vasta clientela e la presenza, nello studio professionale, di
un dipendente NON possono ritenersi indice di stabile
organizzazione, SALVO che non si dimostri che il professionista
impiega
beni
strumentali
eccedenti
le
quantità
che
costituiscono nell’attualità il minimo indispensabile per
l’esercizio dell’attività e che la prestazione lavorativa del terzo
sia tale da incidere significativamente sulla produzione di
reddito.
Con la sentenza in epigrafe è stato accolto il ricorso di un
COMMERCIALISTA. Ad avviso degli Ermellini, il giudice di
secondo grado non ha adeguatamente motivato circa la
ricorrenza, nella fattispecie, del presupposto impositivo
dell’IRAP (autonoma organizzazione). Sul punto si osserva, in
particolare, che “l’affermazione della Ctr è del tutto priva di
concludenza, giacché non spiega per quali ragioni dalla vastità
della clientela del professionista si potrebbe e dovrebbe
Sezione VI-
dedurre che quest’ultimo impieghi beni strumentali eccedenti
T, sentenza
le quantità che, secondo l’id quod plerumque accidit,
n.
costituiscono nell’attualità il minimo indispensabile per
10173/2014
l’esercizio dell’attività anche in assenza di organizzazione,
oppure si avvalga in modo significativo e non occasionale di
lavoro altrui”.
Ai
fini
della
ricorrenza
del
requisito
dell’autonoma
organizzazione del libero professionista, non è sufficiente che
esso sia il responsabile dell’organizzazione (vale a dire, che
esso non sia inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui
responsabilità e interesse) ma è altresì necessario che esso
impieghi beni strumentali eccedenti le quantità che, secondo
l’id quod plerumque accidit, costituiscono nell’attualità il
minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività anche in
assenza di organizzazione, oppure si avvalga in modo
significativo e non occasionale di lavoro altrui. A tal proposito
è già stato chiarito che la disponibilità di un dipendente
(magari part time o con funzioni meramente esecutive) non
necessariamente
accresce
la
capacità
produttiva
del
professionista, ossia non necessariamente si risolve in un
fattore impersonale e aggiuntivo alla sua produttività, potendo
anche costituire una mera comodità per il professionista
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medesimo e per i suoi clienti (cfr., tra le altre, Cass. Sez. VI – T,
sentenza 22021/2013).
Di conseguenza, per la SC, “anche in presenza di un rapporto di
lavoro dipendente, è necessario, ai fini dell’assoggettabilità del
professionista all’IRAP, che dagli atti risultino (e il giudice di
merito ponga a fondamento della propria decisione) evidenze
da cui sia possibile dedurre che il dipendente determina un
qualche
potenziamento
della
capacità
produttiva
del
professionista”.
Dipendente part time
Non è assoggettabile all’imposta regionale sulle attività
produttive il MEDICO di base che si avvale per la sua attività di
un dipendente part-time.
Nel caso di specie, l’Agenzia delle Entrate ha censurato la
sentenza con cui la CTR della Puglia ha accolto la domanda di
Sez. VI-T,
rimborso IRAP presentata da un medico in relazione agli anni
ordinanza
d’imposta dal 2002 dal 2005. Investita dell’esame della
n.
controversia, la Sesta Sezione Civile –T del Palazzaccio ha
3758/2014
dichiarato infondato il ricorso prodotto dall’A.E., poiché il
giudice di merito ha adeguatamente motivato con riguardo
alla non sussistenza di una “stabile organizzazione” di
supporto all'attività del contribuente; infatti “la sussistenza di
un dipendente part-time non costituisce elemento che di per
sé provi l'assunto dell’Agenzia, specie in relazione a un medico
di base tenuto nell'interesse della sanità pubblica ad
un'efficienza e continuità di servizio”.
Con particolare riguardo all’impiego non occasionale di lavoro altrui,
nell’anno che ci siamo appena lasciati alle spalle si sono registrati due diversi
orientamenti.
Ad avviso della Sez. V della Suprema Corte, l’avvocato, il commercialista, il
ragioniere, il medico, il geometra e il consulente sono tenuti a versare l’IRAP
se nell’esercizio della loro professione si avvalgono di un lavoratore
dipendente: nella sentenza n. 7609/2014 si legge, infatti, che l’imposta va
applicata nei casi in cui il lavoro autonomo-professionale si svolga con una
significativa o non trascurabile organizzazione di mezzi e/o uomini in grado
di ampliarne i profitti, con la conseguenza “che lo svolgimento di una libera
professione come quella di medico, avvocato, commercialista, ragioniere,
geometra, consulente, si colloca al di fuori dell'area di applicazione dell’IRAP
solo a condizione (da provare da parte del contribuente e da accertare da
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parte del giudice di merito) che il professionista operi senza dipendenti (a
prescindere dalla circostanza che essi siano o meno in grado di sostituire il
professionista medesimo)”.
La Sezione V della Suprema Corte, dunque, sembra ritenere di per sé
integrativo del requisito dell’autonoma organizzazione l’impiego non
occasionale di lavoro altrui da parte del professionista (nella specie un
avvocato che svolgeva l’attività con l’ausilio di una dipendente, con mansioni
di segretaria part-time). Esiste tuttavia un nutrito filone giurisprudenziale che
fa capo alla Sezione VI– T della S.C. per il quale il presupposto impositivo
dell’autonoma organizzazione non può essere automaticamente dedotto
dalla presenza di un dipendente nello studio professionale.
Si è così sostenuto che il dipendente rileva ai fini impositivi soltanto se
contribuisce in maniera incisiva all’aumento del reddito professionale;
valutazione questa che spetta al giudice di merito con giudizio insindacabile
ove congruamente motivato (Cass. Sez. VI - T, sentenze n. 22020/2013, n.
22022/2013, n. 7153/2014 e n. 3758/2014).
Con la sentenza n. 26991, pubblicata lo scorso 19 dicembre, tale
orientamento è stato sostanzialmente ribadito: secondo la Sezione VI-T, ai
fini dell’assoggettabilità all’IRAP del professionista con dipendenti, occorre
verificare se la prestazione lavorativa sia effettivamente idonea a integrare,
in concorso con altri fattori, "un contesto organizzativo esterno" rispetto
all'operato del professionista (ossia, per il suo contenuto, o anche soltanto
per la sua rilevanza quantitativa, fornisca al medesimo un apporto ulteriore
rispetto alla di lui personale attività), oppure se costituisca un mero ausilio di
tale attività, vale a dire una mera agevolazione delle relative modalità di
svolgimento. Tale verifica deve essere condotta alla stregua del medesimo
criterio già formalizzato dalla giurisprudenza di legittimità con riferimento
all'impiego di beni strumentali, ossia il criterio dell'eccedenza rispetto al
minimo indispensabile secondo l'id quod plerumque accidit. Si tratta quindi di
accertare, caso per caso, se l'apporto del lavoro altrui ecceda l'ausilio minimo
indispensabile, secondo l'id quod plerumque accidit, per lo svolgimento di
una determinata attività professionale. “Pertanto, - premesso che, in linea
astratta, non può affermarsi che l’apporto fornito all’attività di un
professionista dall’utilizzo di prestazioni segretariali costituisca di per sé, a
prescindere da qualunque analisi qualitativa e quantitativa di tali prestazioni,
un indice indefettibile della presenza di un’autonoma organizzazione,
dovendosi al contrario ritenere che l’apporto di un collaboratore che apra la
porta o risponda al telefono, mentre il medico visita il paziente o l’avvocato
riceve il cliente, rientra, secondo l'id quod plerumque accidit, nel minimo
indispensabile per l’esercizio dell’attività professionale – compete al giudice
di merito apprezzare, con un giudizio di fatto, se nel caso concreto, per le
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specifiche modalità qualitative e quantitative delle prestazioni segretariali di
cui il professionista si avvale, le stesse debbano giudicarsi eccedenti il
minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività professionale”.
Dopo aver dato conto dei due diversi orientamenti esistenti in seno alla Corte
circa la rilevanza ai fini impositivi della presenza nello studio professionale di
un lavoratore dipendente, si prosegue con la rassegna delle più recenti
pronunce di legittimità che ritengono non decisivo, ai fini dell’IRAP, il dato
reddituale e i compensi versati ad altri lavoratori autonomi.
Per quanto riguarda in particolare i compensi versati ad altri lavoratori
autonomi, è sostanzialmente univoco l’orientamento secondo cui, in assenza di
dipendenti o collaboratori non occasionali, la misura dei compensi corrisposti a
terzi (ad esempio per consulenze) non è un fattore che può rendere il
professionista assoggettabile all’imposta regionale sulle attività produttive.
Compensi a consulenti esterni
I compensi corrisposti a consulenti esterni sono indice del fatto
che
l’attività
professionale
è
svolta
SENZA
autonoma
organizzazione.
La CTR dell’Emilia Romagna ha condannato l’Agenzia delle
Entrate alla restituzione di quanto versato a titolo di IRAP da
un VETERINARIO. Da qui il giudizio di legittimità che si è chiuso
Sez. VI-T,
ordinanza
n.
8914/2014
anch’esso in senso favorevole al professionista.
La ricorrente Agenzia delle Entrate, per dimostrare l’esistenza
della “stabile organizzazione”, ha fatto leva sui compensi
corrisposti dal contribuente a terzi; ma sul punto gli Ermellini
rilevano come la CTR emiliana abbia accertato che tali
compensi erano stati “erogati a consulenti esterni per materie
che esorbitavano dal campo propriamente veterinario”.
D’altro canto, per la S.C., è evidente come IL RICORSO A
CONSULENTI ESTERNI non sia per nulla sintomo di stabile
organizzazione, semmai il contrario, “perché”, si legge
nell’ordinanza, “proprio chi non dispone di una organizzazione
articolata è costretto a ricorrere a consulenze esterne”.
Costi per consulenze
L’assoggettabilità del professionista all’imposta regionale sulle
Sez. V,
attività produttive non può dipendere dai costi sostenuti per le
ordinanza,
consulenze, anche laddove fossero piuttosto elevati.
n. 21/2013
Il Supremo Collegio ha cassato con rinvio la sentenza della CTR
della Basilicata che aveva accolto, solo parzialmente, l’istanza
di rimborso IRAP presentata dal contribuente (INGEGNERE)
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relativamente agli anni d’imposta 2001 – 2003. Gli Ermellini
hanno evidenziato che il ricorso al lavoro altrui può
determinare
l’assoggettamento
a
IRAP
dell’attività
professionale solo quando esso è inserito nella struttura
organizzativa cui è a capo il professionista.
Nel caso di specie, però, il presupposto dell’inserimento del
lavoro altrui nella struttura organizzativa non solo non è
emerso, ma non è stato neanche evidenziato dall’Ufficio nel
ricorso, nel quale si è dato anzi atto che i compensi
costituivano il corrispettivo di “lavoro autonomo”. “Giova
dunque ribadire “, si legge nell’ordinanza della S.C., “che ai fini
che qui rilevano la misura dei compensi corrisposti non è
decisiva (si pensi all’ipotesi che si renda necessaria la
consulenza di un ‘luminare’ dai costi altissimi e che opera dal
tutto al di fuori della struttura del committente senza dunque
assumere alcun rilievo ai fini dell’IRAP)”.
Costi per consulenze
Anche la giurisprudenza più rigorosa e meno favorevole ai
contribuenti esige che i compensi a terzi costituiscano
corrispettivo di lavoro subordinato, poiché solo tale forma di
Sez. V,
ordinanza
n.
10025/2012
utilizzazione dal lavoro altrui determina il sorgere di una
“struttura organizzata”. Mentre tale struttura non sussiste ove il
contribuente si avvalga dell’opera di lavoratori autonomi quali,
ad esempio, il consulente fiscale.
Nella specie è stato accolto il ricorso proposto da un
AVVOCATO
che
aveva
richiesto
a
rimborso
l’IRAP
erroneamente versata per gli anni d’imposta 1999 – 2002.
L'esercizio in forma associata di una professione liberale
Al termine di questa lunga disamina della più recente giurisprudenza tributaria
in materia di IRAP è bene ricordare qual è la posizione della Suprema Corte
rispetto all’esercizio dell’attività professionale in forma associata.
Secondo l’orientamento tradizionale, l'esercizio in forma associata di una
professione liberale è circostanza di per sé idonea a far presumere l'esistenza di
un’autonoma organizzazione di strutture e mezzi. Questo impianto è stato
confermato anche di recente.
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L’Associazione professionale rientra nel campo di applicazione
dell’IRAP anche quando l’attività è esercitata senza l’ausilio di
personale e con il supporto di mezzi di uso comune e corrente.
La Commissione Tributaria Regionale per l’Emilia Romagna
aveva dichiarato illegittimo il diniego di rimborso IRAP chiesto da
un’associazione professionale fra due avvocati.
Il giudice dell’appello aveva motivato la decisione nel senso che i
due legali esercitavano la propria attività senza l’ausilio di
personale, impiegando beni strumentali di limitate dimensioni e
con il supporto di mezzi di uso comune e corrente in assenza dei
quali non sarebbe oggi possibile portare avanti un’attività
autonoma.
L’Ufficio finanziario ha portato all’attenzione dei supremi giudici
il verdetto del collegio emiliano denunciando sia il vizio di
motivazione sia la violazione di legge, posto che per lo studio
associato deve ritenersi presunto il presupposto impositivo
Sez. V,
sentenza n.
25313/2014
dell’autonoma organizzazione.
Ebbene, per gli ermellini l’Amministrazione ricorrente ha
pienamente ragione. Dal Palazzaccio infatti riaffermano il
principio per cui, in materia di IRAP, “l'esercizio in forma associata
di
una professione
liberale
rientra
nell'ipotesi
regolata
dall'articolo 1, comma 1, lettera c), del D.Lgs. n. 446/97, secondo
cui ‘sono soggette all'imposta le società semplici e quelle ad esse
equiparate a norma dell'articolo 5, comma 3, del tuir esercenti
arti e professioni di cui all'articolo 49, comma 1, del medesimo
T.U.’, e costituisce quindi presupposto d'imposta in base alla
seconda parte del comma 1 dell'articolo 2 del medesimo D.Lgs. n.
446 del 1997, a tenore del quale ‘l'attività esercitata dalle società
e dagli enti, compresi gli organi e le amministrazioni dello Stato,
costituisce in ogni caso presupposto di imposta’, dovendosi perciò
prescindere
completamente
dal
requisito
dell'autonoma
organizzazione” (cfr. Cass. n. 16874 del 2010).
In applicazione di tale principio la Suprema Corte ha accolto il
ricorso del Fisco e, decidendo la causa nel merito, ha rigettato il
ricorso introduttivo della contribuente associazione.
Meno severa è invece la posizione delle seguenti pronunce.
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NON è tenuto al versamento dell’IRAP lo studio associato (nella
specie tra COMMERCIALISTI) che dimostra che IL REDDITO
ELEVATO è frutto del solo lavoro professionale dei singoli
associati. Gli Ermellini hanno accolto il ricorso dell’Agenzia delle
Entrate. L’Amministrazione si era opposta alla sentenza della CTR
dell’Emilia Romagna che aveva accolto la domanda di rimborso
IRAP per gli anni dal 1998 al 2001, formulata da un piccolo studio
associato di commercialisti. Ad avviso dei giudici di secondo
grado, l’associazione professionale in questione, non solo
risultava dotata di pochi beni strumentali di valore “non
particolarmente ingente”, ma era anche priva di collaboratori dipendenti o coordinati in via continuativa; mentre i compensi
corrisposti a terzi, nei soli anni 1998 e 2000, erano del tutto
congrui rispetto al volume d’affari fatturato. Sicché nella
fattispecie poteva escludersi la sussistenza del presupposto
impositivo dell’autonoma organizzazione. Ebbene, la Suprema
Sez. V,
sentenza n.
12507/2013
Corte ha ribaltato il verdetto del giudice del merito ritenendo, in
sostanza, che anche il reddito elevato, che scaturisce dalla
collaborazione fra professionisti, può essere un parametro
decisivo ai fini della valutazione dell’autonoma organizzazione.
Condividendo un orientamento oramai consolidato (Cass.
sentenze: n. 3676 e 3680 del 2007, n. 24058/2009, n. 16784/2010 e
n. 14853/2012) la Sezione Tributaria ha quindi affermato che
l’esercizio in forma associata di una professione liberale è
circostanza di per sé idonea a far presumere resistenza di una
autonoma organizzazione di strutture e mezzi, ancorché non di
particolare onere economico, nonché dell’intento di avvalersi
della reciproca collaborazione e competenze, ovvero della
sostituibilità nell’espletamento di alcune incombenze, così da
potersi ritenere che il reddito prodotto non sia frutto
esclusivamente della professionalità di ciascun componente
dello studio. Pertanto, legittimamente il reddito dello studio
associato viene assoggettato all’imposta regionale sulle attività
produttive, a meno che il contribuente non dimostri che tale
reddito è derivato dal solo lavoro professionale dei singoli
associati.
Non è assoggettabile all’IRAP lo Studio associato che non ha
Sezione VI-T,
dipendenti e che non sostiene spese per beni strumentali. In
ordinanza n.
un’ipotesi siffatta, non è ravvisabile il presupposto impositivo
22506/2012
dell’autonoma organizzazione.
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Nel caso di specie è stato respinto il ricorso proposto dall’Agenzia
delle Entrate. Nelle stringate motivazioni, gli Ermellini hanno
sostenuto che “la presunzione hominis”, secondo cui la
sussistenza
di
uno
studio
associato
costituisce
indizio
dell’esistenza di una stabile organizzazione ai fini dell’imposta
regionale sulle attività produttive, “costituisce, appunto, una
presunzione che può essere superata con adeguata motivazione:
così come accaduto nel caso di specie in cui il giudice di merito
ha evidenziato l’assenza di personale dipendente e la esiguità
delle spese per beni strumentali”.
Su questo principio poggia anche la recente ordinanza n.
4663/2014.
Studio associato tra “familiari”
La “presuntio hominis”, secondo cui la sussistenza di uno studio
associato costituisce indizio dell’esistenza di una stabile
organizzazione ai fini dell’IRAP, costituisce, appunto, una
presunzione che può essere superata con adeguata motivazione;
Sez. VI-T,
ordinanza n.
4663/2014
ed è proprio ciò che è avvenuto nel caso di specie, laddove la
sentenza gravata ha evidenziato l’assenza di spese per personale
dipendente
e
la
non
sussistenza
di
una
autonoma
organizzazione.
Inoltre, ove l'attività di un professionista si volga nella forma dello
studio associato con il coniuge, oppure se i due associati sono
padre e figlio, il giudice di merito deve, ai fini dell’applicazione
dell'IRAP, accertare specificamente l'entità e l'incidenza a fini
reddituali, della condivisione con altri professionisti dello
svolgimento di parte della attività professionale dello studio.
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