Alcune riflessioni sugli attacchi di Sharm Fabrizio Gioelli

Transcript

Alcune riflessioni sugli attacchi di Sharm Fabrizio Gioelli
Alcune riflessioni sugli attacchi di Sharm
Fabrizio Gioelli – Sharkabout.com
Negli ultimi giorni si è fatto un gran parlare degli attacchi di squalo avvenuti a Sharm el Sheikh. La
città e la sua coloratissima barriera corallina sono ben note a noi subacquei, ma i fatti della scorsa
settimana hanno disteso un velo d’ombra sull’immagine della località turistica.
Non è la prima volta che un attacco di squalo attira l’attenzione dei media ed il panico che se ne
genera mi lascia sempre stupito. Viene da pensare che l’eccezionalità dell’evento attragga
l’attenzione generale, o che forse non venga persa l’occasione per dipingere gli squali come
animali assassini. Pur nel massimo rispetto delle vite umane che vengono perse come
conseguenza di un attacco di squalo, credo sia opportuno ridimensionare l’entità del fenomeno,
quantomeno per riportare un po’ di calma. Gli attacchi di squalo ai danni di bagnanti, subacquei e
surfisti sono episodi assolutamente sporadici ed eccezionali. Le statistiche sono molto chiare in
merito: su base annua, dalle 50 alle 70 persone sono vittime di interazioni non provocate con gli
squali. Tra queste, circa il 10% perde la vita per lo più a causa dello shock, o dell’impossibilità di
ricevere soccorso immediato quando sia stata ferita gravemente. La frase “la vittima è stata
divorata da uno squalo” è, pertanto, impiegata a sproposito nel 99% dei casi. Gli attacchi a seguito
dei quali il corpo della vittima non sia più stato ritrovato sono rarissimi. Al contrario, nella maggior
parte dei casi chi subisce un attacco ha modo di poterlo raccontare.
Le cause che generano un attacco di squalo sono molteplici e solo raramente riconducibili ad un
comportamento predatorio intenzionale. La difesa del territorio, la scarsa visibilità in acqua, o
errori di valutazione dell’animale che scambia un essere umano per una sua preda abituale sono
alla base della maggior parte delle aggressioni. In taluni casi, tuttavia, è l’alterazione dei fattori
ambientali ad indurre comportamenti anomali negli squali. Il caso di Sharm credo rientri in
quest’ultima categoria. Le cronache parlano di una serie di attacchi avvenuti nella stessa area ed in
un periodo di tempo molto limitato. L’anomalia sta nel fatto che le statistiche parlano di alcune
decine di attacchi accertati nel corso di un anno in tutto il mondo. La concentrazione di poco meno
del 10% di essi in un’area così limitata e a distanza di tre o quattro giorni ha senz’altro
dell’eccezionale. Alcuni testimoni hanno indicato un esemplare di pinna bianca oceanico
(Carcharhinus longimanus) come il possibile responsabile dell’attacco mortale alla turista russa.
Supponendo che il responsabile degli attacchi sia solo uno, e quindi non più esemplari di squalo, la
presenza di un longimano sottocosta è comunque piuttosto anomala. Come noto, infatti, questa
specie di squalo è tipicamente pelagica e solo di rado si avvicina alla costa. Analogamente, lo
squalo mako pinna lunga, catturato nei giorni immediatamente successivi agli attacchi, non è uso
ad avventurarsi in acque basse. La domanda che sorge spontanea è: per quale motivo quegli squali
si trovavano lì? La risposta, forse, sta in un episodio analogo accaduto in Brasile anni fa e di cui
abbiamo fatto cenno sul nostro sito http://www.sharkabout.com nei giorni successivi ai primi
attacchi. Nel 2004 nei pressi delle spiagge di Recife si registrarono 7 attacchi di squalo non
provocati. Da un’indagine commissionata dal governo brasiliano emerse che una serie di concause
avevano provocato gli sfortunati episodi. La costruzione del nuovo porto commerciale aveva
costretto a deviare il corso di un fiume abitualmente frequentato dagli squali leucas (Carcharinhus
leucas). Questi ultimi, per potervi accedere, erano quindi costretti a transitare di fronte alle
spiagge turistiche di Recife venendo a contatto con migliaia di bagnanti e surfisti. Ad aggravare la
situazione fu l’apertura di un macello pochi km nell’entroterra di Recife. Gli inquirenti scoprirono
che le acque reflue dell’installazione venivano scaricate in un fiume e convogliate in mare
attirando, pertanto, frotte di squali.
E’ di martedì la notizia, comparsa su France24, che un esponente del governo egiziano avrebbe
dichiarato che, con ogni probabilità, nella zona dove sono avvenuti gli attacchi di Sharm sarebbero
state scaricate in mare numerose carcasse di pecora, probabilmente a seguito di un rito religioso
tenutosi qualche giorno prima. Questo spiegherebbe l’anomala presenza di mako e pinna bianca
oceanici alla ricerca di cibo così sottocosta.
Gli squali sono senz’altro animali potenzialmente pericolosi, così come lo sono tutti i grandi
predatori terrestri, e vanno pertanto avvicinati con cautela e rispetto. Tuttavia, la loro pessima
fama è spesso opera di campagne denigratorie a senso unico che trascurano spesso di citare quale
sia l’attuale situazione a livello mondiale. La pesca commerciale, la pratica del finning e le catture
accidentali, sterminano ogni anno dai 50 ai 70 milioni di squali. Ciò equivale a dire che nei due
minuti impiegati a leggere questo articolo, oltre 200 esemplari sono stati uccisi. A questo ritmo, la
possibilità di incontrarli nel corso delle nostre immersioni saranno sempre minori e le conseguenze
sull’ecosistema marino saranno imprevedibili.