moonrise kingdom (1)
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RASSEGNA STAMPA CINEMATOGRAFICA MOONRISE KINGDOM Editore S.A.S. Via Goisis, 96/b - 24124 BERGAMO Tel. 035/320.828 - Fax 035/320.843 - Email: [email protected] MOONRISE KINGDOM 1 Regia: Wes Anderson Interpreti: Bruce Willis (Comandante Sharp), Edward Norton (Capo Scout Ward), Bill Murray (Sig. Bishop), Frances McDormand (Sig.Ra Bishop), Tilda Swinton (Responsabile dei Servizi Sociali), Jared Gilman (Sam), Kara Hayward (Suzy), Jason Schwartzman (Cugino Ben), Bob Balaban (Narratore V.O.), Lucas Hedges (Redford), Charlie Kilgore (Lazy-Eye), Andreas Sheikh (Panagle) Genere: Commedia/Drammatico - Origine: Stati Uniti d'America - Anno: 2012 - Sceneggiatura: Wes Anderson, Roman Coppola - Fotografia: Robert D. Yeoman - Musica: Alexandre Desplat - Montaggio: Andrew Weisblum - Durata: 94' - Produzione: Wes Anderson, Scott Rudin, Steven M. Rales, Jeremy Dawson per American Empirical Pictures/Indian Paintbrush/Moonrise/Scott Rudin Productions - Distribuzione: Lucky Red (2012) I magnifici anni '60 tornano nella bacchetta magica di Wes Anderson che, dopo il cartoon "Fantastic Mr. Fox", punta tutto sui giovanissimi e sulla forza dirompente del primo amore. "Moonrise kingdom", gloriosa apertura del concorso ufficiale, non nasce da un ricordo specifico dell'autore ma dalla rievocazione di un'emozione, la più bella e distruttiva insieme: 'un'emozione indimenticabile, sconvolgente in ogni senso. Certo, questo film parla anche di me, come ogni mio film, ma in una maniera piuttosto complessa: ho tentato di restituire la mescolanza di sensazioni che un adulto può rammentare della propria vita da ragazzino. Io ero uno di quelli che i genitori definiscono problematico'. E infatti, nonostante la presenza di un cast ultra stellare che comprende Edward Norton, Bruce Willis, Tilda Swinton e Bill Murray, sono i debuttanti Jared Gilman e Kara Hayward i mattatori dei film. 'Li ho scelti istantaneamente e istintivamente, come faccio con tutti i miei attori', spiega Anderson. 'Per loro tutto è magnifico e adottare il loro punto di vista aiuta nel disvelamento di un universo complesso quanto la storia del nostro Paese'. Perché è chiaro che anche "Moonrise Kingdom" trova la sua forza nell'elemento metaforico dirompente: nei dialoghi, nei gesti e nell'abbigliamento di quei due stupendi ragazzi si concentra tutta l'America dell'ultimo mezzo secolo, (de)costruita su contraddizioni infinite tra la vitalità e la decadenza che solo negli Usa possono esprimersi con tale evidenza. Metafore a parte, per Anderson il suo resta un film sull'amore: 'Tutto il mondo ha bisogno d'amore, prima di tutto'. Come al suo solito, il regista de "I Tenenbaum' è riuscito nel delicato intento di intrecciare i migliori elementi disponibili di un cinema fondato sulla leggerezza intelligente, dove comicità e malinconia si baciano nella poesia di scelte artistiche di forte personalità, inclusa una colonna sonora che scalda il cuore. Sulla costa del New England, dove è ambientato il film, esattamente nel 1965 arriverà uno tsunami, il mondo sembrerà crollare definitivamente ma ecco comparire un'antica quanto post moderna Arca di Noè a rifugiare grandi e piccini. Mentre le tipiche carrellate orizzontali 'alla Anderson' colpiscono full frontal l'anima dello spettatore. Vivilcinema - 20/03/12 Anna Maria Pasetti New Penzance, un'immaginaria isoletta al largo di Rhode Island, Stati Uniti, 1965. Due dodicenni, il boy scout Sam Shakusky - orfano di entrambi i genitori - e Suzy Bishop - figlia di due coniugi in crisi - s'innamorano e decidono di scappare insieme per realizzare il loro idillio su una spiaggia deserta. Tutti li cercano: Ward, capo della squadra di Camp Ivanhoe da dove Sam è fuggito; il capitano Sharp, amante segreto della madre di Suzy; il comandante Pierce, allarmato da una formidabile tempesta che sta per abbattersi sulla regione. Suzy e Sam realizzano il loro sogno per poche ore prima di essere catturati; un'assistente sociale sta per trascinare Sam in orfanotrofio, ma Sharp interviene all'ultimo momento, mettendo in salvo lui e i fidanzati in erba. "Moonrise Kingdom" è ambientato nel 1965, alla vigilia del Vietnam e del movimento culturale che avrebbe preteso di condurre l'immaginazione al potere. L'azione si svolge in un campo di boy scout, dove lo stesso principio ispiratore del '68 ha generato il suo contrario, una militaresca comunità di falsi esploratori dell'ignoto. L'aspetto esteriore dei personaggi principali - Sam con la sua uniforme, Suzy con gli occhi truccati e il fonografo portatile - riflette due utopie opposte e parallele. La loro storia d'amore nasce dunque da visioni del mondo che non hanno nulla in comune a parte l'anelito a un imprecisato ideale. Wes Anderson le ha riunite in un sodalizio improbabile quanto necessario. Camminare sul filo dell'assurdo esige disciplina, ma "Moonrise Kingdom" appartiene proprio a questa rara variante sulle parabole a tesi. E' un film allegro e dolente, e ciò gli costerà il consenso del pubblico più pigro. Il termine inglese quirky sta per bizzarro, strampalato. "Moonrise Kingdom" ha tutte le carte in regola per essere incasellato come tale, estendendo l'epiteto all'intera carriera di Wes Anderson. Invece di smentirlo, meglio prenderlo di petto; l'inadeguatezza del termine è ricca di implicazioni. Prima, però, è il caso di mettere le carte in tavola: Anderson è un autore in crescita. Non è un millantatore né un lezioso; questo non vuole dire che la sua personalità artistica sia pienamente formata. Ha cominciato in sordina con "Bottle Rocket" ("Un colpo da dilettanti", 1996) e ha sfoderato gli artigli in "Rushmore" ("I Rushmore", 1998); ha preso qualche sbandata con "The Life Aquatic With Steve Zissou" ("Le avventure acquatiche di Steve Zissou", 2004) e "The Darjeeling Limited" (2007) ma si è ampiamente riscattato in "The Fantastic Mr. Fox" (2009). "Moonrise Kingdom" li riassume tutti in un oggetto gentile e inafferrabile, inoffensivo per l'industria, deviante rispetto ai canoni del cinema commerciale. Il realismo è la sua fonte d'ispirazione e al tempo stesso la sua nemesi; questo spiega il disorientamento che i suoi film possono suscitare in prima istanza. Anderson non prova nemmeno a seguire le orme di Tim Burton, un altro esule dalla trasfigurazione del reale, ed è evidente che il suo mondo non gli appartiene. Eppure c'è anche in lui una forte componente favolistica, meno evidente che in Burton ma non per questo meno autentica e di gran lunga più complessa. Le sue sono storie di persone 'vere' che vivono le cose in grande in un mondo troppo angusto per loro, piccolo come le case di bambola alle quali le scenografie dei suoi film sono spesso paragonate (dallo spaccato della nave in "Steve Zissou" alla sequenza d'apertura di "Moonrise Kingdom"). Anderson non è interessato all'approfondimento psicologico nel senso letterario del termine, ed è per questo che le sue figure non sembrano mai scolpite a tutto tondo. Sembrano, e in una certa misura sono davvero, sagome ritagliate; ma il loro carattere possiede un'intensità tutta speciale, che non ha nulla da spartire con il bozzetto o il pittoresco. Ne è prova indiretta la prima mezz'ora del film, nella quale si stenta a decifrarne la chiave stilistica. Anderson ci mette di fronte a un mondo artificiale, un 'c'era una volta' senza nostalgia e senza il riverbero del focolare. Si prova a sorridere, e non ci si riesce: non è una commedia. Un bambino è pugnalato al fianco. Un cane è ucciso per sbaglio. C'è perfino una cruenta metafora sulla perdita della verginità. C'è poco da scherzare anche con l'impianto figurativo, più simile a quello di Kubrick che degli animatori Pixar. Guardate come Anderson posiziona e muove la macchina da presa. Tutto è ortogonale; i raccordi nelle scene di dialogo sono per lo più a 180 gradi, qualche volta a 90. Niente diagonali, nessuna curva, nessuno sforzo di abbracciare i personaggi o il loro ambiente. Non si ride, è vero, ma non si riesce nemmeno a prendere le distanze da questa geometria dell'educazione sentimentale. I bambini di "Moonrise Kingdom" vogliono essere presi sul serio. Bambini? No. Ragazzi? Nemmeno. Gli eroi di "Moonrise Kingdom" vivono l'età più ingrata, quella dei dodici anni, l'intricato spartiacque fra infanzia e adolescenza, dove si è abbastanza grandi per cogliere la logica degli adulti ma non per metterla in atto. Questo è ciò che inquieta i genitori: è troppo presto per pensare in termini simili. Loro ne sono turbati, e hanno ragione. Per chi scopre e vive per la prima volta l'idea d'innamoramento, questa assume tuttavia contorni fantastici, dove tutto si amplifica e il buon senso degli altri appare incomprensibilmente prosaico. La spiaggia prescelta da Sam e Suzy per il loro prematuro idillio si chiama ufficialmente 'Insenatura, 2,25 miglia', e ai loro occhi non vuole dire niente. La ribattezzano 'Regno della luna che sorge' nel tentativo di attribuirle un senso adeguato alla loro percezione del mondo, un magico scrigno che si è appena aperto al loro sguardo. Suzy si atteggia da femmina, Sam fuma una pipa di granoturco. Vogliono baciarsi con la lingua come fanno gli adulti. Lei pronuncia frasi amorose. 'Non sai di cosa stai parlando', risponde lui. Perché prenderli in giro? Si comportano come tutti gli altri, solo con qualche anno di anticipo. Gli 'altri', a proposito, sono come li vedono loro: genitori spaiatì, che non si toccano mai e si illudono che i figli non ne sappiano niente; lupi solitari come il capitano Sharp, che crede di coltivare in segreto la sua illecita passione; perfide megere come l'assistente sociale, la cui differenza fra caricatura e verità è una pura questione di prospettiva. Suzy trova un libro nascosto nella cucina dei genitori (s'intitola 'Come affrontare le turbe infantili') e annuisce: è così che la pensano. L'esagerazione non è dunque da una sola parte. La bidimensionalità di "Moonrise Kingdom" non costituisce perciò un vezzo, bensì l'ottica pubescente entro la quale siamo invitati a osservare e interpretare gli eventi. Il loro collante è la musica di Benjamin Britten. 'The Young Persons Guide to the Orchestra' era stato composto per un film di Muir Mathieson (direttore musicale per Hitchcock in "La donna che visse due volte") dal titolo 'Instruments of the Orchestra' (1946); "Moonrise Kingdom" lo presenta all'inizio con una voce adulta, poi con quella di Sam durante i titoli di coda; Suzy e Sam si erano conosciuti durante la rappresentazione di un'opera lirica di Britten, 'Noyes Fludde' (1958), il cui soggetto è il Diluvio Universale. Sam e Suzy hanno imparato sul giradischi gli strumenti dell'orchestra per la grande sinfonia della vita; adesso vogliono essere loro a enumerarli senza l'aiuto di nessuno. Britten voleva che 'Noyes Flood' fosse eseguito in una chiesa, da cantori dilettanti, e gli interpreti di "Moonrise Kingdom" lo sono: Kara Hayward e Jared Gilman non hanno alcuna esperienza di cinema o teatro. 'Noyes Fludde' è pure allestita nel film durante l'inondazione che si abbatte su New Penzance, deus ex machina dell'insperata riunificazione fra Suzy e Sam sulla vetta dì un campanile (la sceneggiatura chiude un occhio per salvarli entrambi). Non sono ancora maggiorenni, dunque non potranno vivere insieme, ma ricorderanno la loro spiaggia - si ascolti cosa si dicono al proposito - con la stessa melanconia che si saprebbe attribuire a una coppia di lungo corso. In questa prospettiva, "Moonrise Kingdom" è la celebrazione ante litteram del tempo trascorso, il tempo in cui scoprivamo di avere un posto nel mondo e nessun altro al di fuori di noi ne comprendeva l'urgenza. Segnocinema - 2012-178-33 Paolo Cherchi Usai