introduzione

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introduzione
INTRODUZIONE
Ci sono due modi approcci che un accademico può seguire nell‘affrontare valutazioni
a fini di bilancio.
Il primo approccio – più prettamente di ricerca – è finalizzato ad orientare le scelte
degli standard setters in merito all’introduzione, alla modifica o all’abolizione di principi contabili. Questi ultimi sono un bene pubblico che implica esternalità1, per cui la
desiderabilità o meno di scelte afferenti i principi contabili deve essere analizzata in
relazione ai loro probabili effetti. In questa prospettiva l’attività di ricerca si incentra
sulla verifica value relevance delle possibili scelte a disposizione dello standard setter e
ad informarne l’attività in sede di definizione o variazione dei principi.
Il secondo approccio – più prettamente educational – è finalizzato ad orientare i preparers (i soggetti deputati a redigere i bilanci sulla base di un definito set di principi contabili) ad un’applicazione rigorosa e coerente dei principi stessi. Si può essere
critici quanto si vuole riguardo ai principi contabili internazionali – ed è giusto esserlo in merito a talune scelte relative all’estensione dell’ambito applicativo del fair value
accounting che lasciano oggettivamente perplessi anche gli accademici più autorevoli2 – ma quando si scende dal profilo della ricerca a quello dell’applicazione occorre
abbandonare il terreno della critica. I principi vanno semplicemente adottati e vanno
adottati bene, qualunque sia il giudizio che se ne possa dare. Questo volume adotta
il secondo approccio di analisi e risponde all’obiettivo di informare chi redige il bilancio, i suoi auditor ed i suoi consulenti sulle regole più appropriate da seguire in quella delicata fase di applicazione del fair value accounting che riguarda l’allocazione del
prezzo di acquisto alle attività nette dell’entità acquisita, la c.d. Purchase Price
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Mary E. Barth, IFRS Research, speech at IFRS Conference (IASC Foundation), May 23-24 2007, Zurich, p. 2.
Stephen H. Penman, «Financial Reporting Quality: is Fair Value a Plus or Minus?», Accounting and Business Research, Special
Issue: International Accounting Policy Forum, 2007, pp. 33-44.
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LA
VALUTAZIONE DEGLI INTANGIBILI
Allocation (PPA) nell’ambito di business combination. L’aspetto più delicato di questa
fase è rappresentato dalla valutazione degli intangibili.
Perché si è ritenuto importante scrivere un testo dedicato alla valutazione di intangibili ai fini di bilancio IAS/IFRS? Perché costituisce un campo molto complesso della
valutazione nel quale nel nostro Paese regna ancora troppa improvvisazione, mentre
all’estero – prevalentemente negli USA – si stanno facendo progressi rapidissimi con
la diffusione di criteri omogenei e condivisi di valutazione (le cc.dd. best practices).
È stato perciò naturale proporre alla University Press della Bocconi un’iniziativa editoriale di natura interdisciplinare, rivolta tanto agli esperti di valutazioni aziendali
quanto agli esperti di contabilità.
Il volume introduce alle problematiche valutative più rilevanti, affrontando e risolvendo i principali problemi di metodo che caratterizzano le valutazioni a fini di bilancio, senza tuttavia esaurire una materia molto complessa ed in rapida evoluzione. È
un primo contributo allo sviluppo di una nuova professionalità (l’esperto di valutazioni ai fini di financial reporting) che all’estero è stato imposto dal rigore applicativo
richiesto alle società Sec registrant dopo l’emanazione del Sarbanes-Oxley Act nel
2002 e che ora va diffondendosi di pari passo con l’estensione del fair value accounting nei principi contabili (USGaap o IAS/IFRS). L’incipit di una recente guida
dell’AICPA (American Institute of Certified Public Accountants) sulle nuove competenze richieste dal fair value accounting avrebbe potuto essere lo stesso di questo volume: «Benvenuti nel 21° secolo»3.
Il volume si occupa della stima del fair value degli intangibili ai fini dell’allocazione
del prezzo di acquisto nell’ambito di aggregazioni aziendali (business combination) ai
sensi del principio contabile IFRS 3(R)4. Come è noto, tale principio richiede la contabilizzazione delle aggregazioni aziendali sulla base del Purchase Method (Acquisition
Method)5. Questo metodo impone la contabilizzazione a fair value delle attività e
delle passività dell’entità acquisita. In quest’ambito è necessario identificare anche i
beni intangibili formati internamente da parte dell’entità acquisita e, in quanto tali,
non iscritti precedentemente nel suo bilancio. La valutazione delle singole attività
che compongono un business è molto più complessa della valutazione del business
nella sua interezza, in quanto alle problematiche tipiche della valutazione d’azienda
se ne sommano altre, quali lo splitting del reddito del business fra le singole attività,
la riconciliazione fra i saggi di sconto e fra le configurazioni di valore (delle singole
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Mark Zyla, Teresa Thamer, Fair Value Accounting: a Critical New Skill for All CPAs, AICPA - American Institute of Certified
Public Accountants, Lewisville, 2007, pp. 1-2.
4 Il nuovo IFRS 3(R) non modifica i contenuti della PPA rispetto al precedente IFRS 3, fatta eccezione per l’esigenza di stimare il goodwill di pertinenza delle minoranze (c.d. criterio del full goodwill).
5 Il nuovo IFRS 3 sostituisce l’espressione Purchase Method usata nel precedente IFRS 3 con quella di Acquisition Method
per distinguere la PPA a full goodwill rispetto alla PPA con contabilizzazione del solo goodwill di pertinenza del Gruppo.
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INTRODUZIONE
attività e del business), la determinazione della vita economica delle singole attività, la riconciliazione fra la capacità di reddito proiettata in perpetuity nel valore terminale e il valore del goodwill implicito nel Business Enterprise Value (BEV)6, la stima
del fair delle passività finanziarie e delle passività potenziali. A queste difficoltà tecnico-valutative se ne sovrappongono altre di natura tecnico-contabile, legate alla particolare configurazione di valore che occorre misurare: il fair value. Il fair value non
corrisponde infatti a nessuna delle configurazioni di valore che gli esperti di valutazione sono abituati a misurare: l’investment value (o valore potenziale), l’intrinsic
value (o valore economico), il fair market value (o prezzo fattibile). Il fair value è una
misura contabile e pertanto una misura per taluni aspetti convenzionale, ma che proprio per questa ragione deve essere stimata da un esperto sulla base di criteri, di supporti documentali e di riscontri (in breve, sulla base di un processo valutativo) auditabili, cioè rispondenti a talune regole generali stabilite dai principi contabili ripercorribili dall’auditor di bilancio.
Purtroppo i principi contabili internazionali che a vario titolo si riferiscono al fair
value di intangibili e di partecipazioni (IFRS 3(R) Business Combination, IAS 38
Intangible Assets, IAS 39 Financial Instruments: Recognition and Measurements, IAS
27 Consolidated and Separate Financial Statements, IAS 28 Investment in Associates,
IAS 36 Impairment of Assets) non solo non forniscono alcuna valuation rule, ma neppure indicazioni in merito:
i) al criterio valutativo più appropriato per stimare il fair value di ciascuna categoria di attività;
ii) a come evitare le duplicazioni di stima di fair value fra attività che insistono sugli
stessi driver di valore;
iii) a come riconciliare i valori di carico delle partecipazioni nel bilancio separato
della controllante con le valutazioni ai fini di PPA di bilancio consolidato.
Gli standard contabili internazionali – e sempre più anche quelli statunitensi – sono
infatti principle-based e come tali si limitano a fissare linee guida generali7. Essi evitano di fornire regole applicative (si limitano a definire il what-to-do, non entrando
nell’how-to-do) per minimizzare i rischi di aggiramento delle regole stesse propri dei
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Il valore delle attività di un business, nel linguaggio delle valutazioni a fini di bilancio, non è definito enterprise value,
ma Business Enterprise Value (= BEV). La differenza terminologica attiene al fatto che il BEV si riferisce alle sole attività
core ed esclude quindi i surplus assets e le partecipazioni, al contrario dell’enterprise value che include sia i primi che le
seconde.
7 Pur essendo standard principle-based, i principi contabili internazionali non sono stringati. Basti citare che solo l’IFRS 3
Business Combination si componeva di 127 pagine fra appendici, esempi, basis for conclusions e pareri dissenzienti e che il
nuovo IFRS 3 (Revised) si compone di 202 pagine.
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LA
VALUTAZIONE DEGLI INTANGIBILI
principi rules-based, ma per questa stessa ragione si espongono al rischio di eccessiva discrezionalità in sede applicativa, almeno fino a che «a valle» dei principi stessi
non si formi un consenso sulle best practices applicative. Successivamente all’introduzione di standard contabili a fair value si è così venuta a creare una fase in cui mancano riferimenti ed emerge un vuoto di valuation rules da seguire. Vuoto che è necessario colmare molto rapidamente se si vuole evitare un’applicazione eterogenea dei
principi stessi.
Questo volume vuole contribuire ad accrescere la qualità delle valutazioni ai fini di
financial reporting anche nel nostro Paese, descrivendo le migliori best practices internazionali ed analizzando le principali problematiche applicative di tali prassi nel
nostro contesto. Il volume vuole coprire l’area del come fare (how-to-do), per un lettore che già conosca il cosa fare (what-to-do), ovvero che abbia una conoscenza
(anche solo di base) dei principi contabili che disciplinano la PPA. È un libro che
descrive l’architettura dell’impianto valutativo da seguire nelle valutazioni ai fini di
PPA e le fasi critiche del processo teso a realizzare quell’architettura. Il volume nasce
dalla volontà di far compiere un salto di qualità alle valutazioni a supporto della PPA
nelle business combination, colmando il vuoto di competenze specifiche che ancora
caratterizza il nostro Paese.
Il volume intende rivolgersi contemporaneamente a diverse tipologie di pubblico di
riferimento con una pluralità di obiettivi.
I primi destinatari sono gli esperti di valutazione, i direttori amministrativi, gli auditor ed in senso lato il management di società acquisitive. L’obiettivo è contribuire a
colmare tre grandi vuoti culturali che sono all’origine di altrettanti fenomeni tutti
egualmente gravi: l’eccesso di discrezionalità nelle valutazioni a fini di bilancio (che
porta ad evidenziare valori di intangibili troppo diversi da esperto ad esperto); lo
short termism del management nell’applicazione di standard contabili principle-based
(che porta a considerare l’evidenziazione di intangibili specifici come causa di eccessivi ammortamenti e di diluizione degli utili post acquisizione); la ridotta disclosure
di bilancio sulla PPA e sull’impairment test (che non consente agli utilizzatori di bilancio – investitori ed equity analysts – di distinguere fra una buona ed una cattiva PPA).
Una seconda categoria di destinatari è costituita dalle Autorità di controllo e dagli
organismi professionali. Il volume infatti si presta ad essere letto anche come un
manifesto a favore della cultura della trasparenza e del rispetto dei mercati finanziari e contro una visione ancor oggi diffusa che concepisce il bilancio come un fattore
estraneo alla cultura d’impresa (sulla base dell’errata convinzione che gestire il business non richieda competenze di fair value accounting). Ciò mentre il fair value
accounting riferito alle business combination è destinato a divenire un potente strumento di accountability del management. Attraverso la PPA e l’impairment test gli
azionisti saranno meglio in grado di leggere le «reali» performance del management.
Una migliore conoscenza del processo di PPA e del successivo impairment test – al di
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INTRODUZIONE
fuori della ristretta cerchia degli amministrativi – può aiutare molto il management
nell’individuazione di genuine opportunità di creazione di valore a seguito di processi di crescita esterna. Un’analisi preventiva degli effetti dell’acquisizione sul bilancio
consolidato dell’acquirente (una PPA preventiva) può consentire di ridurre considerevolmente il rischio di determinare prezzi eccessivi8. Non va infatti dimenticato che i
più grandi casi di distruzione di valore hanno riguardato le operazioni di mergers and
acquisitions. Ciò per via della formazione di prezzi di acquisto legati a condizioni di
mercato finanziario particolarmente favorevoli – le operazioni di M&A sono pro-cicliche, ovvero si diffondono in fasi rialziste di mercato azionario ed in contesti di tassi
di interesse contenuti – nelle quali i multipli (lo strumento valutativo principe utilizzato dagli advisor che assistono il management nella realizzazione del deal) sono ai
massimi livelli. Valutazioni relative basate sui multipli in contesti bullish di mercato
azionario facilmente inducono a sottovalutare i rischi di impairment del goodwill successivi all’operazione di acquisizione. Al mutare delle condizioni di mercato solo una
genuina valutazione di natura assoluta (o fondamentale) del valore in uso è in grado
di garantire la tenuta dell’impairment test. Per questa ragione la cultura del fair value
accounting – che è sostanzialmente una cultura di valutazioni assolute quando riferita ad attività (e passività) prive di mercato attivo – deve uscire dall’ambito prettamente amministrativo e contaminare il top management e la finanza. Solo così diverrà evidente il confronto fra ciò che l’acquirente ha pagato per controllare le attività
dell’entità acquisita (il prezzo della business combination) e ciò che gli azionisti
ottengono in cambio di quel prezzo (il valore in uso dell’entità acquisita).
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È questa un’opinione che si sta sempre più diffondendo anche in ambito manageriale. CFO.com del 13 giugno 2008 riportava che «In a recent survey, 40 percent of 1850 executives said FAS 141 R, Business Combinations [il principio contabile
gemello dell’IFRS 3(R)], would cause them to “rethink” deal strategy and affect planned deal activity, according to Deloitte
Financial Advisory Services, which conducted the online poll».
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