Le facce del reale
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Le facce del reale
Festival del film di Locarno Consigli & Sconsigli Testa lo vedo, croce lo spengo. Ore 8.30 Rialto 1 – La ville est tranquille di Robert Guédiguian. La classe operaia non andrà mai in paradiso e l’inferno lo vive ogni giorno. Testa perché bisogna arrabbiarsi. Ore 11 Kursaal – Apology of an Economic Hit Man di Stelios Kouloglu. Come fanno gli Usa ad avere potere nel mondo? Semplice: lo comprano. Bella testimonianza di un «agente immobiliare» planetario. Croce da portare per chi rinuncia al film. * Il 2007 ha segnato una significativa inversione di tendenza. Mentre il cinema documentario ha mantenuto i tradizionali, buoni livelli di qualità e di entrate nelle sale, la fiction ha dovuto registrare due clamorosi flop commerciali, quelli della satira in costume “Tell” di Mike Eschmann e dell’animazione “Max & Co” dei fratelli Samuel e Frédéric Guillaume. Il 5 per cento di quota di mercato raggiunto dal cinema svizzero l’anno scorso è stato merito ancora di “Vitus” e “Die Herbstzeitlosen”. Quest’anno la situazione è ancora peggiore. Di un blockbuster di produzione nostrana non si vede neppure l’ombra (se non il “Nordwand” del tedesco Philip Stölzl visto sabato sera in Piazza di cui la Svizzera è coproduttrice minoritaria), e la produzione di fiction sembra segnare drammaticamente il passo (il poco visto finora a Locarno ne è conferma). Bideau e i suoi vogliono dunque correre ai ripari. Da un lato cercando di promuovere gli attori svizzeri per farne delle star e attirare così più pubblico al cinema: l’album delle figurine dedicato agli attori (per il quale nessuno a Locarno sta impazzendo) e l’intero programma della Giornata odierna con tanto di dvd e tavole rotonde lo stanno a dimostrare. Ma questo è un modo per aggirare il problema senza affrontarlo, perché le star diventano tali se recitano in film forti, non viceversa. D’altro lato, come annunciato venerdì in conferenza stampa, la Confederazione vuole da ora in poi prestare maggiore attenzione al cosiddetto “film d’art et d’essai” (ammesso che questa definizione significhi ancora qualcosa). Ciò parrebbe rappresentare un ritorno al “core business” del cinema svizzero, a quella produzione quasi artigianale dalla quale a volte investendo pochi soldi si riesce ad ottenere anche un discreto ritorno economico. Ma soprattutto sembrerebbe l’implicita ammissione che in un mercato limitato e frazionato come quello svizzero è troppo rischioso puntare tutto su una spesso artificiosa popolarità. Che il ’68 non sia del tutto finito? * A complicare le cose in questo quadro piuttosto dimesso si sono aggiunte le incertezze da parte della Sezione cinema nella gestione di alcuni dossier chiave. Un primo esempio sono le vicende legate alla successione di Hervé Dumont alla direzione della Cineteca svizzera di Losanna. Al posto del direttore designato Vinzenz Hediger è stato nominato l’attuale direttore del Festival di Locarno Frédéric Maire, che assumerà la carica nell’autunno del 2009. Nel frattempo l’interinato è garantito dall’ex capo della Sezione cinema Marc Wehrlin. Questa soluzione escogitata da Bideau mette però nei guai la più importante e costosa istituzione cinematografica nazionale, il Festival di Locarno, che si trova costretto ad inventarsi una nuova direzione quando sperava su questo fronte di aver trovato una certa stabilità. E che vedrà passare agli annali la direzione di Maire come una nuova fase di transizione, come già fu il precedente quinquennio di Irene Bignardi: una circostanza per nulla ideale se del Festival si vuole consolidare il profilo. * Un altro cantiere caoticamente aperto è quello dell’Accademia del cinema svizzero, una sorta di assemblea generale dei professionisti svizzeri che dovrebbe assumersi l’intera responsabilità del Premio del cinema svizzero sull’esempio di quanto accade all’estero (a partire dagli Oscar). In questi giorni si cerca di mettere a punto i meccanismi di nomination e di aggiudicazione, dopo che ci si è resi conto che un gruppo di alcune centinaia di persone non può essere considerato una commissione ai sensi dell’Ordinanza che istituisce il Premio. Ma a preoccupare in prospettiva futura è soprattutto il finanziamento del Premio: a media scadenza la Confederazione non vuole più metterci nemmeno un quattrino, e all’orizzonte non si vede nessuno che ne possa prendere il posto. Certo un giudizio definitivo sulla nuova gestione del cinema svizzero da parte della Confederazione appare prematuro. Anche perché alcuni importanti registi con delle nuove, grosse produzioni sono attesi sugli schermi per il 2009 o il 2010. Potremmo quindi trovarci in una fase di rallentamento che prelude ad un ulteriore rilancio. Ma se si giudica l’era Bideau sulla base dei suoi stessi proclami non si può che essere, per ora, molto perplessi. Ore 11 la Sala: proclamazione dei laureati 2008. Seguirà la proiezione di Der Freund, di Micha Lewinsky. Ore 12, Spazio Magnolia: conferenza ‘Glamour! Carpets! Awards! What for?’, organizzata dall’ Associazione svizzera dei giornalisti cinematografici (Asjc), con Nicolas Bideau e altre personalità del mondo del cinema svizzero. Ore 13.30, Spazio Cinema: ‘Face à face avec les acteurs de demain’, presentazione dei Dvd ‘Junge talente 08’ e ‘Giovani talenti italiani 08’. Tavola rotonda. Ore 14, la Sala: proiezione dei cortometraggi del Dvd ‘Cuisine d’animation 2’. Ore 16.15, la Sala: proiezione in prima mondiale di Luftbusiness di Dominique de Rivaz. Ore 21.30, Piazza Grande: ‘Junge talente 08 e giovani talenti italiani 08 sul palco’, presentati da Frédéric Maire. Seguono le proiezioni in prima mondiale di Retouches, cortometraggio d’animazione di Georges Schwizgebel, e Marcello Marcello, di Denis Rabaglia. Ore 22, Rialto: proiezione di Bersten di Michael Finger. FOTO TI-PRESS/GABRIELE PUTZU È una Giornata del cinema svizzero in tono minore quella che si celebra oggi per la terza volta al Festival di Locarno. L’entusiasmo accesosi negli ultimi anni attorno al nostro cinema si sta stemperando. La quota di mercato delle produzioni nazionali nei cinema svizzeri nel 2007 è tornata nei ranghi dopo il risultato record del 2006, mentre le nuove produzioni viste finora promettono un 2008 ancora più dimesso. E infine lascia perplessi la gestione apparentemente confusa di alcuni importanti dossier da parte della Sezione cinema dell’Ufficio federale della cultura, il cui capo Nicolas Bideau (nella foto, Ti-Press) si è distinto finora più per il suo protagonismo che per i risultati concreti che ha raccolto. Ma procediamo con ordine. Poco dopo la sua entrata in funzione Bideau, spalleggiato dal consigliere federale Pascal Couchepin, lanciò forte e chiaro dal Festival di Locarno del 2005 il suo motto: “qualità e popolarità” avrebbero dovuto contraddistinguere da quel momento la produzione cinematografica svizzera. Al box office l’obiettivo era chiaro: in patria il cinema svizzero avrebbe dovuto conquistare stabilmente una quota di mercato compresa fra il 5 e il 10 per cento (quando per decenni essa era stata stabile fra il 2 e il 3 per cento). Per far questo i registi avrebbero dovuto realizzare film che corrispondessero maggiormente alle attese del pubblico – un’esigenza che lo stesso Bideau riassunse alla cerimonia di consegna del Premio del cinema svizzero 2006 con la formula “il ’68 è finito”. Inoltre sarebbe stato ampiamente rivisto il meccanismo di assegnazione dei contributi federali. I primi anni della gestione Bideau sembravano potergli dare ragione: nel 2005 la quota di mercato dei film svizzeri nelle nostre sale superò il 5 per cento e l’anno successivo sfiorò addirittura il 10 per cento. Nel 2006 in particolare si trovarono contemporaneamente sul mercato cinque veri e propri blockbuster, di cui tre successi abbastanza annunciati (“Mein Name ist Eugen” e “Grounding”, entrambi diretti da Michael Steiner, e “Vitus” di Fredi M. Murer) e due sorprese (“Die Herbstzeitlosen” di Bettina Oberli e “Handyman” di Jürg Ebe). Non solo, il 2006 segnò il ritorno alla vittoria di un film svizzero in un grande festival internazionale con “Das Fräulein” di Andrea Staka che conquistò il Pardo d’oro a Locarno. Dettaglio importante: tutti questi film erano stati messi in cantiere ancora sotto la vecchia gestione, quella del capo della Sezione cinema Marc Wehrlin e del direttore dell’Ufficio federale della cultura David Streiff. Bideau si appuntava al petto medaglie che poco gli appartenevano. La riflessione Al via la Giornata del cinema svizzero Ma c’è poco da festeggiare 23 Ore 16.15 Rialto 1 – Postales de Leningrado di Mariana Rondòn. Una donna racconta la tragedia di una madre, un mondo di violenze e torture, un paese in mano al fascismo, non chiamateli ricordi. Testa perché bisogna sempre tenere gli occhi aperti. Ore 18.30 Fevi – La vie ailleurs di David Teboul. Parigi, banlieue, perché si vive in un luogo piuttosto di un altro? Perché abbiamo paura di chi si muove da un luogo all’altro? Perché siamo così dolorosamente umani, qualche volta? Testa perché in 64 minuti si scopre un mondo. Sotto tono di Gianfranco Helbling laRegioneTicino Le facce del reale di Valentina Cattaneo “Seconda guerra mondiale. In uno sperduto avanposto tedesco sulle montagne un comandante del III Reich dà ordine per l’esecuzione di un giovane soldato. Il condannato cerca di convincere il plotone dell’inutilità di quel gesto, ma quando i suoi commilitoni abbassano i fucili il comandante estrae la sua pistola d’ordinanza e spara...”. Questo è l’inizio di Endsieg – Everything changes in one shot, il cortometraggio (12 minuti) di Niccolò Castelli e Daniel Casparis presentato ieri nella seconda competizione nazionale dei Pardi di Domani. Un piccolo gioiello firmato Ticino. Dopo la prima scena ha inizio un intero piano sequenza che sviluppa la verità reale dei fatti accaduti. E nel lento svolgersi ci accorgiamo che nulla è come credevamo. Siamo stati manipolati dal montaggio delle immagini poiché ciò che prima aveva un significato ora ne ha un altro. Lo spettatore, confuso, capisce quanto sia labile la realtà. Abbiamo incontrato Niccolò Castelli ieri, dopo la proiezione del film, e ci siamo fatti raccontare da lui, la ‘verità’. «Il progetto è nato da un’idea cinematografica: girare un piano sequenza senza tagli per poi rimontare le inquadrature e mostrare in un film prima la versione montata, manipolata, che racconta una versione della storia e poi l’altra sequenza che ne racconta una diversa. Volevamo così raccontare come, attraverso il cinema e il montaggio, si possa mostrare una stessa verità in più modi. La realtà non è nera e bianca, ma ha dei toni di grigio». Ma come nasce l’idea del tema? Perché una storia del genere? «Per il concetto esposto prima, abbiamo dovuto cercare una storia applicabile. Volevamo evitare che il film risultasse troppo tecnico» ci spiega il giovane regista. «Lo stereotipo della seconda guerra mondiale e del film di genere era l’ideale per svolgere il tema. Attraverso un film del genere è stato facile far sì che nel primo montaggio tutti credessero di aver capito la storia: basta vedere un comandante nazista per esser sicuro che sia cattivo e un povero soldato per esser sicuro che sia bravo. Nel piano sequenza ci si accorge invece che i fatti possono essere più sfumati, e che quindi lo stereotipo di una guerra è un cliché». E concretamente, come è nata la possibilità di girare questo film? «Io, Daniel Casparis e Andreas Birkle facevamo parte di un Master della federazione in realizzazione Cinematografica presso la Zürcher Hochschle der Künste. E il film ne è l’opera di diploma. Il Master ci ha quindi fornito materiale e una parte dei soldi, il 10% del budget. Il resto lo abbiamo dovuto trovare da soli, attraverso finanziamenti». Quanto è durata la realizzazione? «L’idea è nata l’anno scorso qui al festival. In ottobre abbiamo scritto la sceneggiatura e cercato i fondi, in dicembre abbiamo girato e, tra montaggio e musica, il lavoro è finito in giugno». E che cosa riserva il futuro per una produzione di questo tipo? «C’è l’interesse di altri festival nazionali e internazionali però niente di sicuro. Questa era la prima del film per cui non era possibile mostrarlo da nessuna altra parte. Speriamo che faccia il giro della Svizzera e poi magari dell’Europa e del Mondo. Chissà! È un film internazionale a tutti gli effetti. Dovrebbe averne le possibilità». Uno sguardo al Ticino martedì 12 agosto 2008