Massimo Severo Giannini e l`interpretazione della complessità

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Massimo Severo Giannini e l`interpretazione della complessità
ALESSANDRO PAJNO
Massimo Severo Giannini e l’interpretazione della complessità.
Sommario: 1. Ricordare ed interpretare. -2. Discrezionalità e pluralismo. –3. Complessità e diritto
amministrativo. –4. Giannini e le riforme amministrative degli anni ‘90. –5. Giannini e le
indicazioni per il tempo presente: la separazione fra amministrazione e politica. – 6. Regionalismo e
federalismo. –7. La giustizia amministrativa. -8. La forza anticipatrice di Massimo Severo Giannini.
1. Non sempre l’atto del ricordare qualcosa o qualcuno è semplice. Talora il ricordo si
impone con la forza della sua presenza, con l’impossibilità di allontanarne o limitarne l’invadenza;
altre volte, invece il ricordo appare sfuggente ed incerto: è viva la consapevolezza di esso, ma è
sfocato ed impreciso l’oggetto, sicché l’attività del ricordare si presenta, in qualche modo modo,
come una fatica.
Ricordare significa, secondo il senso etimologico, chiamare nuovamente l’oggetto del
ricordo al centro del proprio cuore, ritenuto tradizionalmente la sede della memoria: un ruolo
significativo è, così, giocato dal soggetto che, nell’atto di ricordare, rischia di proiettare su ciò che si
ricorda il proprio mondo e la propria sensibilità.Tuttavia, la difficoltà del ricordare acquista un
significato specifico proprio in relazione all’oggetto del ricordo.
La memoria suppone infatti una certa conoscenza, una certa esperienza di ciò o di chi si ricorda; più
ricca e complessa è la realtà da ricordare, più difficile, unilaterale, ed incompleto rischia di essere il
ricordo di tale realtà. E’ anche per tali ragioni che è difficile ricordare Massimo Severo Giannini.
La figura dell’uomo è articolata e complessa, e di tale complessità Sabino Cassese fornisce una
testimonianza significativa nella sua introduzione all’antologia degli scritti recentemente pubblicata
da Laterza 1 . Giannini è un giurista che a lungo discusso dei temi riguardanti lo Stato e la società 2 ,
ha “oscillato continuamente tra storicismo e razionalismo” 3 , ma è stato ad un tempo esploratore, in
1
S. Cassese (a cura di), Massimo Severo Giannini, Bari, 2010.
S. Cassese, Giannini: lo studioso e il suo tempo, in S. Cassese (a cura di), Massimo Severo Giannini, cit., p. XI.
3
S. Cassese, Giannini: op. ult. cit., p. XI.
2
quanto “scopritore inesausto di province inesplorate” 4 e geografo, perchè capace di forgiare nuovi
paradigmi 5 ; è stato il riformatore “a cui va fatta risalire la paternità di tanta parte della normativa
del primo cinquantennio repubblicano” 6 , ed un maestro che “non dirigeva i suoi allievi …. ma
trasformava i colloqui in una fitta trama di differenze, nelle quali l’interlocutore doveva orientarsi
da solo” 7 ; è stato figlio del suo tempo, ma “ha di gran lunga sopravanzato la sua epoca”. 8
Se tutto questo è vero, occorre allora dire che il tratto più significativo di Giannini sta non in
questa o in quella prospettiva, ma nella sua complessità: in quella complessità che ha un rapporto
speciale con la modernità. E tuttavia, se, per ricordare Giannini, occorre scegliere una prospettiva,
una angolazione dalla quale affrontare la sua ricchezza e forse anche la sua contraddittorietà, questa
prospettiva non può essere che quella dei suoi scritti e della loro interpretazione.
Quella di Giannini è una figura estremamente ricca e complessa; tuttavia è certo che egli è
nei suoi scritti, che sono quelli che hanno contribuito a farne un maestro. Massimo Severo Giannini
è, in qualche modo, un testo da studiare e da interpretare; e l’interpretazione può essere la
prospettiva attraverso la quale ricordare l’autore. L’ermeneutica contiene in sé una tensione, quasi
una opposizione, che può essere feconda per cogliere la ricchezza e la pluralità dei motivi che
concorrono a formare la personalità del maestro. Da una parte, infatti, l’interpretazione è intesa
come la manifestazione o la restaurazione di un senso che è indirizzato come un messaggio 9 ;
dall’altra, nell’interpretazione è insita l’idea di un disvelamento e di una demistificazione, di una
riduzione delle illusioni 10 .
Giannini ha appunto, manifestato il senso del lavoro del giurista, che è quello di trarre il
sistema dal reale 11 ma ha, nello stesso tempo, svelato le illusioni del formalismo e del
concettualismo.
Forse un approccio del genere può restituirci un’immagine di Giannini non lontana dalla
realtà, e nello stesso tempo, orientarci e cogliere, oltre che lo studioso nel suo tempo, anche il valore
dello studioso oltre il suo tempo.
4
S. Cassese, Giannini: op. ult. cit., p. XV.
S. Cassese, Giannini: op. ult. cit., p. XV.
6
S. Cassese, Giannini: op. ult. cit., p. XIX.
7
S. Cassese, Giannini: op. ult. cit., p. XX.
8
S. Cassese, Giannini: op. ult. cit., p. XVIII.
9
P. Ricoeur, Della interpretazione. Saggio su Freud, Milano, 1966, p. 40;
10
P. Ricoeur, Della interpretazione. Saggio su Freud, cit., pp. 40-41.
11
S. Cassese, Giannini: lo studioso, cit., p. XV.
5
2
2. Per avvicinarci a Giannini, è forse possibile utilizzare un testo che non è soltanto di
Giannini, da cui emergono con chiarezza i profili innovativi del pensiero dell’autore: l’idea della
discrezionalità come ponderazione di interessi diversi- pubblici, collettivi, privati-, il rapporto fra il
pluralismo degli interessi ed il pluralismo sociale ed istituzionale 12 . Da esso emerge la franchezza di
Giannini, che ricorda che dietro lo studio del potere discrezionale del 1939 non vi era un “grosso
retroterra epistemologico o politologico” 13 , né l’idea di un “discorso sul metodo” 14 , ma il
combinarsi insieme di due filoni di ricerca, quello riguardante gli studi sull’interpretazione dell’atto
amministrativo, e quello concernente la nuova analisi dell’eccesso di potere.
Viene, così, messo a fuoco un profilo rilevante dell’impegno di studio di Giannini, e cioè la
capacità di cogliere la “rottura” del monismo dello Stato e la ricchezza del pluralismo istituzionale,
inteso anche come risposta al pluralismo sociale: di questo pluralismo i fili si riannodano in un
disegno ordinato, in una organizzazione esistente ma come sommersa dalla concezione monistica
dei poteri pubblici e dello Stato.
C’è, infatti, una relazione significativa tra il pluralismo degli interessi, anche potenzialmente
confliggenti, che si manifestano nel procedimento 15 ed il pluralismo giuridico gi ocato sul versante
dello Stato e delle altre organizzazioni interne ed esterne alla comunità statale, che hanno un ruolo
di pubblico potere 16 .
3. Con Giannini il pluralismo istituzionale fa il suo pieno ingresso nel diritto amministrativo;
con esso entrano nella scienza del diritto amministrativo, ad un tempo, la considerazione
dell’evoluzione del diritto positivo 17 e riflessioni di carattere storico, sociologico, politologico, di
storia del pensiero18 , in un quadro che riconosce la scienza giuridica come scienza sociale, ed al
giurista anche il ruolo di analista sociale 19 .
12
D’Alberti (a cura di), Discrezionalità amministrativa e pluralismo. Intervista a Giannini, in Quaderni del pluralismomovimento scientifico, 1984, 121 ss., oggi in M.S. Giannini, Scritti vol. VII, 1997-1983, 2006, p. 121 ss..
13
M. D’Alberti (a cura di), Discrezionalità, cit., p. 122.
14
M. D’Alberti (a cura di), Discrezionalità, cit., p. 122.
15
M. D’Alberti (a cura di), Discrezionalità, cit., p. 123.
16
M. D’Alberti (a cura di), Discrezionalità, cit., p. 125.
17
S. Cassese, Giannini: lo studioso, cit., p. XV.
18
S. Cassese, op. ult. cit. , p. XVIII.
19
S. Cassese, op. ult. cit. , p. XI.
3
Per comprendere il significato che ll’ingresso delle idee di Giannini ha avuto nella scienza
del diritto amministrativo, occorre porre mente al modo in cui quest’ultimo era, in qualche modo,
rappresentato nella manualistica corrente, sulla quale erano destinate a formarsi generazioni di
studenti.
Al centro di questo diritto amministrativo campeggiava l’attività amministrativa, ed in
particolare il provvedimento, con i suoi elementi strutturali, naturali ed accidentali.
Si trattava, in un certo senso, di un diritto amministrativo euclideo nel quale tutte le
questioni erano state già affrontate e risolte, sicché non c’era spazio per la problematicità: un diritto
talmente geometrico e semplificato, che talvolta era difficile coglierne la trama.
L’ingresso di Giannini e delle sue idee in un mondo così costruito è stato, in qualche modo,
sconvolgente: in un mondo così ordinato da apparire quasi irreale, ha fatto ingresso la complessità
della realtà, della vita e della storia, e, con essa, la ricerca del fatto.
Il diritto amministrativo ha così progressivamente abbandonato quella prospettiva che
rischiava di ridurlo ad una sorta di tecnologia dell’atto amministrativo, per divenire una scienza
storica, utile per comprendere la realtà e per trasformarla. Comprendere e trasformare la realtà
sembra, d’altra parte, essere stato l’impegno di Massimo Severo Giannini.
4. Si è visto sopra come ricordare Giannini significhi, innanzi tutto, rileggere Giannini.
Ogni rilettura è, in realtà, una lettura nuova, dal momento che ciò che è stato scritto in
passato è visto con gli occhi di oggi. Ora, guardare una esperienza culturale del passato con gli
occhi di oggi equivale, in qualche modo, a valutarne la capacità di informare di sé anche il tempo
presente; è per tal ragione che la rilettura di Giannini provoca, oggi, una serie di suggestioni. La
prima di esse può essere definita la suggestione della presenza.
La storia del sistema amministrativo italiano, dagli anni ’70 ad oggi è, in larga parte, la
storia di ciò che Giannini (e Cassese con lui), ha raccontato, ispirato, anticipato. E’ in questa
prospettiva che è stato affermato che a Giannini va fatta risalire la paternità di tanta parte della
normativa del primo cinquantennio repubblicano, dalla Costituzione alla disciplina delle regioni,
alle norme sui beni culturali. 20
20
S. Cassese, op. ult. cit. , p.XIX.
4
Ma l’influenza di Giannini non si ferma agli anni ’80; è vero infatti che, anche per il periodo
successivo alla sua uscita di scena, ed almeno fino agli inizi del 2000, è assai forte l’influenza di
Giannini.
Per quanto riguarda le riforme del sistema amministrativo italiano, è stata di recente
proposta 21 una partizione in tre cicli (1993-1994, 1996-2001 e 2001-2008); in almeno due di essi la
presenza e l’eredità di Giannini sono molti forti.
Nel primo, che coincide con la vicenda del Governo Ciampi, il disegno riformatore
elaborato da Cassese, ministro della funzione pubblica, poggia su due postulati, costituiti dalla
necessità di rendere l’amministrazione più autonoma dalla politica e dall’esigenza di
funzionalizzare l’attività amministrativa di bisogni del cittadino.
La necessità di separare l’amministrazione dalla politica è figlia di tangentopoli, ma è figlia
anche di una distinzione – quella fra governo e amministrazione -, che risale propriamente a M.S.
Giannini. Allo stesso modo, l’idea che la missione delle amministrazioni pubbliche sia costituita dal
servizio al cittadino come utente costituisce lo sviluppo materiale di una intuizione contenuta nel
Rapporto sui principali problemi dell’amministrazione dello Stato, trasmesse alle Camere dal
ministro della funzione pubblica Giannini, e fino ad allora dimenticata: quella, cioè, che
l’amministrazione, in quanto settore riguardante i servizi, rientra anch’essa nel terziario.
Quanto al secondo ciclo (1996-2001), che si identifica con il periodo delle c.d. riforme
Bassanini, occorre riconoscere che in esso c’è molto dell’insegnamento di Giannini. In particolare,
la lezione del maestro è presente nella disciplina dell’organizzazione dei ministeri e della
presidenza del consiglio dei ministri. Il d.lgs. n. 300 del 1999, secondo l’insegnamento di Giannini,
provvede, infatti, innanzi tutto ed indicare le funzioni proprie di ciascun ministero, per poi
procedere all’identificazione dei diversi modelli organizzativi.
Una traccia dell’esperienza di Giannini è, poi, presente negli interventi riformatori volti ed
incrementare il tasso di autonomia delle amministrazioni regionali e locali.
Quello realizzato con il d.lgs.n. 112 del 1198 costituisce il terzo trasferimento di funzioni,
dopo quelli realizzati nel 1972 e nel 1977: con esso si cercò, in un certo modo, di porre riparo
21
M. Savino, Le disfunzionii e le riforme, in L. Torchia, Il sistema amministrativo italiano, Bologna, 2009, p. 425 ss..
5
almeno ad alcuni degli errori commessi in precedenza e che lo stesso Giannini aveva con vigore
evidenziato 22 .
È nell’ottica di Giannini la scelta di una formula –il conferimento delle funzioni- idonea a
ricomprendere le diverse modalità di attribuzione dei compiti amministrativi previste dalla
Costituzione, da parte dello Stato nei confronti delle regioni e dagli enti locali; si muove nella stessa
logica il conferimento di funzioni a regioni ed enti locali non per competenze né per ministeri, ma
per grandi settori organici.
Nonostante l’entrata in vigore del nuovo Titolo V della Costituzione, il d.lgs. n. 112 del
1998 risulta ancora, per larga parte, inattuato: segno, questo evidente dal fatto che la piena
realizzazione dell’autonomia è dalle forze politiche assunta non come valore, ma come occasione di
contrapposizione nella lotta di potere. Sotto questo profilo, le vicende degli anni 1996-2001
sembrano, in qualche modo, ricordare quelle che hanno caratterizzato i tempi di Giannini. Nel
commentare l’attuazione del regionalismo realizzata nel 1977, Giannini affermava che “è uno
sgorbio passare alle Regioni le foreste e lasciare allo Stato il corpo forestale 23 negli anni successivi
al d.lgs. n. 112 del 1998, il tentativo di trasferire alle Regioni una parte significativa del Corpo
forestale dello Stato è sostanzialmente fallito.
Ma la rilettura di Giannini, accanto a quella della presenza, dal ritrovamento nelle cose di
oggi del messaggio di un maestro che tanto ha influenzato le vicende del diritto amministrativo,
genera altre, diverse suggestioni: quelle della distorsione, dello straniamento e della delusione.
Ed infatti, se si ripercorrono le vicende del sistema amministrativo che, fino ad oggi, hanno
caratterizzato la vita del Paese, è facile ritrovare, come si è visto, il messaggio di Giannini; questo,
tuttavia, è percepito come attraverso uno specchio deformante.
Le riforme realizzate evocano l’insegnamento di Giannini, ma di esso forniscono una
immagine distorta: c’è nell’esperienza del diritto amministrativo, la discrezionalità ed il suo
sindacato, ma non si tratta, fino infondo, del sindacato che avrebbe voluto Giannini; c’è in qualche
modo, la distinzione fra politica e amministrazione, ma non si tratta, in realtà, della distinzione per
cui si era battuto Giannini, dal momento che ad essa non si accompagna una autentica autonomia
22
23
M.S. Giannini, La formazione dell’idea-regione, in S. Cassese (a cura di), Massimo Severo Giannini, cit., p. 179 ss.
M.S. Giannini, L’attuazione del regionalismo, in S. Cassese (a cura di), Massimo Severo Giannini, cit., p. 213.
6
dell’amministrazione; è stato realizzato il regionalismo e si va verso l’attuazione del federalismo,
ma né l’uno né l’altro si risolvano in quella riorganizzazione della macchina pubblica che costituiva
l’obiettivo di Giannini.
Si deve a quest’ultimo, ed a Cassese, la centralità della questione amministrativa nel
dibattito politico ed istituzionale; tuttavia, se si guarda a ciò che oggi è l’amministrazione pubblica
–in particolare l’amministrazione statale – appare palese da una parte, che questa è, in gran parte,
divorata dalla politica; dall’altra, che è la medesima amministrazione che sembra costituire un
problema, dal momento che l’unico strumento riformatore sembra essere costituito dalla sua
“riduzione”. Esemplare a questo proposito, sembra essere la vicenda del sistema di istruzione, a
proposito del quale la riforma degli ordinamenti didattici è stata, paradossalmente, realizzata
attraverso gli strumenti regolamentari previsti dalla norma primaria (art. 64 d.l. n. 112/2008) per
adeguare l’assetto organizzativo alle riduzioni di organico ed ai c.d. “tagli”.
Una situazione del genere provoca pessimismo ed amarezza.
5. La rilettura di Giannini non evoca, peraltro, soltanto ragioni di amarezza per ciò che non è
stato e che avrebbe potuto essere; al contrario, essa sembra offrire anche indicazioni per il futuro,
evidenziando profili a proposito dei quali più necessario sembra un intervento riformatore.
Il primo profilo attiene ad una questione generale che, tuttavia, ancora oggi appare decisiva:
il rapporto tra amministrazione e politica, che Giannini declina non soltanto come rapporto tra
governo ed amministrazione, ma anche come rapporto, tra parlamento ed amministrazione 24 .
Nel pensiero del maestro la distinzione – centrale per la stessa qualità del fenomeno
amministrativo – ha un fondamento di teoria generale, che può essere ricondotto alla speciale
rilevanza dell’organizzazione come elemento degli ordinamenti giuridici 25 . È, ad esempio, la
progressiva rilevanza dell’organizzazione amministrativa a rendere possibile una progressiva
differenziazione dell’amministrazione dal Governo, dell’attività amministrativa dell’attività di
indirizzo politico. Giannini osserva che, nel periodo che va dall’introduzione del suffragio
universale (1882) all’avvento del fascismo si realizzarono “delle modificazioni importanti della
24
M.S. Giannini, Parlamento e amministrazione, in S. Cassese (a cura di) Massimo Severo Giannini, cit. p. 79 ss..
Si veda, in proposito, M.S. Giannini, Gli elementi degli ordinamenti giuridici ;Le relazioni tra gli elementi degli
ordinamenti giuridici, in S. Cassese (a cura di), M.S. Giannini, cit., rispettivamente p. 7 e ss. e 27 e ss..
25
7
struttura della stessa amministrazione, che consistono principalmente nell’introduzione di
amministrazioni speciali – quindi nell’abbandono del principio dell’uniformità amministrativa- ma
più ancora nell’introduzione di amministrazioni tecniche (p.es. in materia di sanità, di industria), e
di amministrazioni che gestiscono servizi industriali e commerciali ……. Per effetto di queste
modificazioni il Governo viene ad accentuare il suo ruolo di amministratore, accanto a quello di
politico 26 .
Giannini illustra la storia di questa differenziazione, attraverso l’esame delle diverse stagioni
costituzionali che hanno contrassegnato la vita del Paese, evidenziando la progressiva crescita del
rilievo degli apparati amministrativi, nel quadro di una linea di tendenza che ha visto
progressivamente scemare il potere parlamentare a svantaggio del Governo 27 , ed in una situazione
contraddittoria che, se da una parte ha visto l’apparato amministrativo riempirsi di “uomini che
erano pronti a tutto pur di mantenere dei protettori di fatto nel Governo e nei gruppi
parlamentari” 28 , dall’altra ha registrato l’affermarsi delle prime garanzie, come il rafforzamento
degli strumenti di tutela del cittadino nei confronti dell’amministrazione, sollecitato anche degli
stessi componenti degli apparati, che avevano “convenienza ad assoggettarsi ad efficienti strumenti
repressivi per poter chiedere ai propri ministri un’osservanza più rigorosa delle regole che
reggevano la loro azione 29 .
Questo laborioso processo si conclude con la Costituzione repubblicana, che ha “introdotto
per la prima volta in modo consapevole, nella nostra storia giuridica, il problema della separazione
dell’amministrazione del Governo e della tutela di essa dal Governo quale organo politico 30 .
La lotta per la separazione, ed anzi per la tutela dell’amministrazione dal Governo diviene
decisiva oggi, in tempo di annunciato, problematico federalismo: tale operazione istituzionale,
infatti, se non saranno rispettate al meglio le esigenze implicate da questa distinzione, rischia di
risolversi in una diffusione a macchia di leopardo del primato del Governo sull’amministrazione:
cosa, questa, che renderà il sistema amministrativo italiano sempre più incapace di svolgere i propri
compiti.
26
M.S. Giannini, Parlamento e amministrazione, cit., p. 98-99.
M.S. Giannini, Parlamento e amministrazione, cit., p. 96.
28
M.S. Giannini, Parlamento e amministrazione, cit., p. 96.
29
M.S. Giannini, Parlamento e amministrazione, cit., p. 96.
30
M.S. Giannini, Parlamento e amministrazione, cit., p. 102.
27
8
6. La seconda indicazione riguarda l’attuazione del regionalismo, ed oggi, del processo di
incremento dell’autonomia nel segno del federalismo.
Giannini pone in luce che istanze assai diverse si trovarono a convergere nell’esperienza del
regionalismo 31 ed osserva che l’idea che, alla fine, trovò ingresso nella Carta costituzionale fu
quella della “Regione come gigantografia del Comune: un ente territoriale sottoposto al controllo
dello Stato, con alcune funzioni elencate dalle norme, altre non elencate ma possibili, altre non
elencate ma delegabili” 32 ,con una autonomia statutaria “non più di quella che ha un ente pubblico
bancario” 33 . Giannini sottolinea che tale esito trova la sua origine nella scelta precisa di evitare che
le regioni fossero istituite secondo la figura organizzatoria dell’autogoverno. Tale tesi, infatti,
“comportava che lo Stato non dovesse avere più organi periferici, salvo che per le funzioni della
propria azienda e per quelle degli interessi esterni” 34 , mentre tutti gli altri organi di altre
amministrazioni avrebbero dovuto confluire nelle amministrazioni regionali 35 .
Ancora oggi, dopo il d.lgs. n. 112 del 1998 e dopo la legge costituzionale n. 3 del 2001,
continuano a permanere, inossidabili, gli uffici periferici dell’amministrazione statale (ed anzi,
nuove province vengano istituite al solo scopo di istituire nel loro territorio nuovi uffici periferici
statali). Negli anni si è addirittura fatto un passo indietro, dal momento che l’idea (non di
sopprimere ma) di riunire l’amministrazione statale periferica negli uffici territoriali del governo
(art. 11 d.lgs. n. 303/1999) è stata ormai abbandonata per l’invincibile resistenza dei singoli
ministeri.
In queste condizioni, parlare di federalismo a proposito del sistema istituzionale, ha un
sapore vagamente irrealistico.
Giannini, infine, ha con forza criticato l’operazione di trasferimento di funzioni
amministrative dal sistema statale a quello regionale e locale portata a termine nel 1972 e nel 1977,
ed il comportamento tenuto nella vicenda dai diversi attori politici ed istituzionali36 . Da tale
operazione è venuta fuori la creazione di uno stato che solo a parole può ritenersi moderno ed
31
M.S. Giannini, L’attuazione del regionalismo, cit., p. 198 ss..
M.S. Giannini, L’attuazione del regionalismo, cit., p. 199.
33
M.S. Giannini, L’attuazione del regionalismo, cit., p. 199.
34
M.S. Giannini, L’attuazione del regionalismo, cit., p. 199.
35
M.S. Giannini, L’attuazione del regionalismo, cit., p. 199.
36
M.S. Giannini, L’attuazione del regionalismo, cit., p. 201-202.
32
9
attrezzato, “perché lo Stato regionale comporta un attrezzato e forte apparato centrale dello Stato –
organizzazione, che invece manca; perché comporta comuni in grado di fruire dell’autonomia ed i
nostri comuni sono erbe trastulle” 37 .
Una situazione del genere permane ancora oggi, sicché le parole di Giannini possono
aiutarci a cogliere alcuni dei profili di equivocità presenti nel federalismo in corso di realizzazione.
Si tratta, infatti, di un federalismo senza una autorevole (ancorché ridotta) amministrazione
federale, che, proprio per tale ragione, può essere utilizzato per allontanare e non per rendere più
vicine le diverse realtà del Paese.
7. Gli altri spunti riguardano la giustizia amministrativa. È sorprendente quanto sia ricca la
produzione scientifica di Giannini in tema di giustizia amministrativa e quanto, oggi, essa sia
trascurata o, comunque, non adeguatamente considerata.
Dal “parasistema” della giustizia amministrativa, al ruolo del giudice ordinario, al rapporto
tra configurazione della situazione sostanziale e configurazione del processo amministrativo, alla
risarcibilità dell’interesse legittimo, alla peculiarità della tutela di annullamento, non vi è capitolo
della giustizia amministrativa di cui egli non si sia occupato.
È soprattutto nel Discorso generale sulla giustizia amministrativa 38 che Giannini introduce
prospettive di indagine non tradizionali ed anche inaspettate, operando una serie di valutazioni che
lette oggi, in un quadro legislativo e giurisprudenziale radicalmente mutato ed in una stagione in cui
la disciplina del processo amministrativo è stata codificata, fanno del maestro una sorta di
precursore.
Giannini non amava il “sistema” della giustizia amministrativa vigente all’epoca dei suoi
scritti (ma nel 1964, data di pubblicazione del Discorso generale, il sistema era assai diverso, dal
momento che non erano stati ancora istituiti i Tribunali amministrativi regionali): a suo avviso si
trattava, in realtà di un “parasistema”, e cioè di un disegno che “perde la propria logica in vari suoi
giunti” 39 nella stessa prospettiva, la disciplina del processo amministrativo appariva del tutto
carente sicchè il Consiglio di Stato avrebbe potuto essere raffigurato “come un essere con grandi
37
M.S. Giannini, L’attuazione del regionalismo, cit., p. 212.
M.S. Giannini, Discorso generale sulla giustizia amministrativa, in Scritti , Vol. V 1963-1969, Milano, 204, p. 225 e
ss..
39
M.S. Giannini, Discorso, cit., p. 321.
38
10
orecchi, ma senza occhi e senza mani” 40 e ciò perché le norme che riguardavano tale processo
prevedevano “molti scritti”, ma non l’istruttoria, non gli incidenti processuali, non l’esecuzione 41 .
Una situazione del genere induceva l’autore a considerare il Consiglio di Stato “un caso di
straordinario interesse sociologico, poiché è uno dei pochissimi esempi di istituiti mediocremente
concepiti che si rendevano buoni per opera di uomini” 42 ; era stato, d’altra parte lo stesso giudice
amministrativo, “per spirito di giustizia” a “forgiare il giudizio medesimo come giudizio di parti” 43 .
Alla base dei più rilevanti dei problemi della giustizia amministrativa sta, per Giannini, la
configurazione della struttura giuridica dell’interesse legittimo, ed in particolare la scelta prevalsa
dopo Cammeo, per una configurazione di esso come interesse occasionalmente protetto in quanto
individuale, e direttamente protetto in quanto pubblico, e quindi, come una mera prospettiva
legittima a tutela riflessa 44 . Tale prospettazione, assai riduttiva della qualità stessa dell’interesse
legittimo, costituisce in realtà, “un derivato storico della concezione del Consiglio di Stato come
organo di giustizia nell’amministrazione 45 .
La questione della configurazione dell’interesse legittimo non ha, peraltro, una portata
esclusivamente teorica, ma conseguenze assai concrete, anche con riferimento al processo
amministrativo. Per Giannini, infatti, esiste un collegamento strutturale tra configurazione
dell’interesse legittimo e configurazione del processo amministrativo: se si minimizza o si
polverizza la nozione del primo, diviene, per dir così, più sottile e sfuggente anche il secondo. Se,
invece, si perviene ad una concezione che valorizza i profili sostanziali dell’interesse legittimo,
muta anche la configurazione del processo, il cui oggetto diviene il rapporto, e della tutela erogata
dal giudice amministrativo in relazione a quel rapporto, e che di conseguenza non è più non è più
soltanto di annullamento. “Una volta fissato il contenuto dell’interesse legittimo, e stabilito, in sede
di teoria generale che la forma della tutela giurisdizionale dipende dal contenuto della tutela
normativa dell’interesse della vita, cioè dalla situazione soggettiva ….., ne segue che oggetto
dell’accertamento giudiziale nel giudizio amministrativo, è il rapporto amministrativo” 46 e non il
40
M.S. Giannini, Discorso, cit., p.319.
M.S. Giannini, Discorso, cit., p.319.
42
M.S. Giannini, Discorso, cit., p. 320.
43
M.S. Giannini, Discorso, cit., p. 321.
44
M.S. Giannini, Discorso, cit., p. 260.
45
M.S. Giannini, Discorso, cit., p. 262.
46
M.S. Giannini, Discorso, cit., p. 283.
41
11
provvedimento invalido ed il modo di tutela dell’interesse pubblico attuato dal provvedimento
impugnato 47 .
L’esistenza di una relazione tra tutela sostanziale (struttura della situazione soggettiva) e
tutela giurisdizionale (struttura del processo e configurazione dei poteri attribuiti al giudice) si
connette in modo significativo con la questione della risarcibilità dell’interesse legittimo e con
quella del rapporto tra interesse pubblico, tutelato con l’azione amministrativa, e processo
giurisdizionale.
Quanto al primo profilo, Giannini sembra suggerire che, se si abbandona la configurazione
tradizionale dell’illecito civile come fondato sulla colpa e se si configura l’illecito come fondato
sull’ingiustizia del danno, e riferito alla lesione di situazioni soggettive che non sono diritti assoluti,
appare possibile pervenire all’affermazione della risarcibilità dell’interesse legittimo 48 .
Con riferimento al problema del rapporto tra interesse pubblico e processo amministrativo,
la posizione di Giannini è tanto chiara quanto carica di novità.
Negli istituti di giustizia amministrativa l’interesse pubblico – inteso come interesse
perseguito dall’amministrazione con l’esercizio del potere – è assente perché in esso ci si occupa di
interessi privati.
Non appare infatti, ragionevole sostenere che il giudice amministrativo si occupi di interessi
pubblici, in una situazione in cui i motivi del ricorso sono rimessi alla scelta del ricorrente, le
eccezioni a quelle dei resistenti e dei controinteressati, il ricorso è rinunciabile per ragioni non
sindacabili dal giudice, e l’annullamento giurisdizionale non può essere pronunciato per motivi non
dedotti 49 .
Nel processo amministrativo, infatti, “si tutela l’interesse pubblico solo in quanto interesse
di parte, che si concreta in precise situazioni soggettive: cosa che accade in ogni processo per ogni
tipo di interesse sostanziale 50 .
47
M.S. Giannini, Discorso, cit., p. 283.
Si veda in proposito M.S. Giannini, Intervento, in Atti del convegno nazionale sull’ammissibilità del risarcimento del
danno da lesione di interesse legittimi, Napoli, 27-28-29 ottobre 1963, in Scritti, Vol. V 1963-1969, Milano, 2004, p.
384.
49
M.S. Giannini, Discorso, cit., pp. 316-317.
50
M.S. Giannini, Discorso, cit., p. 317.
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8. Le osservazioni di Giannini sulla giustizia amministrativa appaiono, in qualche modo
sorprendenti, perché dotate di una singolare forza anticipatrice.
La giustizia amministrativa ha subito, a partire dagli anni ’90, trasformazioni sempre più
significative, ma la direzione di queste trasformazioni è stata, in gran parte quella indicata da
Massimo Severo Giannini.
È stato possibile pervenire alla codificazione delle norme sulla giustizia amministrativa
perché si è modificato il ruolo del giudice amministrativo, al quale sono stati riconosciuti adeguati
poteri e piena dignità di giudice ordinario per la tutela degli interessi legittimi 51 ; perché si sono
modificate le manifestazioni del potere pubblico; perché si è modificata radicalmente la situazione
soggettiva vantata dal cittadino nei confronti del potere pubblico, divenuta ormai una posizione
piena, tutelabile per equivalente, dietro la quale è apprezzabile e visibile il bene della vita tutelato52 .
Mutamento del ruolo e dei poteri degli organi di giustizia amministrativa, costruzione di quello
amministrativo come processo sul rapporto tra cittadino e amministrazione in relazione alle diverse
manifestazioni del potere pubblico e configurazione dell’interesse legittimo come situazione
soggettiva diretta alla tutela del bene della vita sono, appunto, alcune delle linee di cambiamento
che Giannini aveva indicato per la giustizia amministrativa.
Ancora una volta risulta così confermato che il ricordo e le parole, di Giannini non
conducono soltanto al passato, ma aiutano a comprendere il futuro e proiettano in esso.
Un esito del genere è possibile perché, egli “ha aperto nuovi orizzonti, ampliato l’area
dell’analisi, modificato i punti di vista” 53 ; soprattutto perché ha convinto i giuristi ad utilizzare
strumenti nuovi, “accompagnando lo studio del diritto positivo con quello della sua conseguenza e
della sua giustizia. Per lui non può ripetersi quanto John H. Merryman, nei suoi noti saggi Lo stile
italiano, osservava: i giuristi sono spesso persone di larghi interessi; il diritto è solo parte della loro
cultura. Ma la loro cultura non è parte della loro scienza giuridica 54 .
51
Corte Cost., 6 luglio 2004 n. 204.
A. Pajno, La giustizia amministrativa all’appuntamento con la codificazione, in Dir. proc. amm., 2010, I, p. 136-141.
53
S. Cassese, Giannini: lo studioso, cit., p. XXI.
54
S. Cassese, Giannini e la rinascita del diritto amministrativo, in Giornate di studio in onore di Massimo Severo
Giannini 12-13 maggio 1997, Spisa, Bologna, 1997, p. 52.
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