Social network di sacrestia

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Social network di sacrestia
Social network di sacrestia
Venerdì 25 Dicembre 2009 00:00
di Mario Braconi
Lo scorso gennaio, a margine di una conferenza dal titolo "Chiesa in Rete 2.0", il portavoce
della CEI, don Domenico Pompili, emetteva il dubbioso verdetto della confessione che egli
rappresenta sui "social network". Niente anatemi questa volta, ma un atteggiamento cauto,
suggerito dal presunto rischio che gli utenti di Facebook, Twitter e simili si ritrovino nella
paradossale condizione di "individualismo interconnesso" (concetto formulato dal sociologo
Manuel Castells per descrivere quelle persone che trascurano le relazioni personali con i loro
simili, pur vantandone numerose e complesse di tipo elettronico-virtuale).
I (legittimi) dubbi della Chiesa, però, hanno per oggetto i soli social network realizzati dagli altri;
sembrerebbe di capire che, per la Chiesa, essi risulterebbero "pericolosi" se impiegati per fare
amicizia, condividere interessi, scambiare informazioni, mentre la benedizione è assicurata su
quelli, anzi su quello, che viene impiegato per pregare. E' questo infatti lo scopo principale di
Prex-Communion, il "social network della preghiera" lanciato lo scorso 19 novembre in
occasione del convegno "Fede e Tecnologia", tenutosi nel palazzo apostolico di Loreto presenti il "padrone di casa" Monsignor Tonucci (il quale, a mo' di chiusura dei lavori, benedice
tutti i partecipanti); la giornalista berlusconiana Cesara Buonamici; il vaticanista del Corriere
della Sera Luigi Accattoli; rappresentanti della società informatica che ha realizzato il prodotto
(la EDE, Euro Digital Equipment, che fa capo al gruppo More Technologies, di cui è stato
impossibile reperire notizie aggiornate); più due alti dirigenti della Saatchi & Saatchi Italia,
società cui è stata affidata la cura dell'immagine della piattaforma e la relativa campagna
pubblicitaria.
Il nome del social network della Chiesa, invero non molto sexy, è emblematico della immensa
distanza culturale che separa il milieu dal committente: Prex sta per "preghiera" in latino,
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mentre community (ossia "gruppo di persone accomunate dagli stessi interessi che
corrispondono tra loro attraverso una rete telematica") viene miracolosamente promosso a
"communion" (cioè, questa volta in inglese; comunione, ovvero il corpo dei cattolici.
Per inciso, la grafica del sito - cielo azzurro a nuvolette, aura di luce attorno ad una colomba a
sinistra della testata, silhouette di una famigliola sulla destra - è dozzinale. Mentre lo spot per la
televisione è un capolavoro kitsch: vi si susseguono, mentre una voce femminile canta l'Ave
Maria di Schubert, uno scenario da paese in guerra, l'immagine di un’anziana signora borghese
dignitosamente seduta nel suo salotto, un simpatico nonnino intento a prepararsi il caffè, un
giovane "bello e dannato" che percorre una banchina battuta dai flutti, una bella ragazza
relativamente vestita a pancia in sotto su un letto (incongruo tocco sexy, che, oltre a sancire
l'onnipresente uso commerciale del corpo femminile, ha il merito di tener viva l'attenzione).
L'unica caratteristica comune a tutti i personaggi è la solitudine; in effetti, se proprio si volesse
estrarre senso da questa pubblicità, parrebbe che a dedicarsi al rosario (digitale o "analogico")
siano persone infelici cui non resti molto altro nella vita se non dedicarsi ad biascicare una
sequenza di preghiere preconfezionate, che la ripetizione meccanica tende a svuotare di
significato. Da questo punto di vista sono rivelatrici, quasi un lapsus, le parole dell'arcivescovo
monsignor Tonucci, intervistato da Jenner Meletti di La Repubblica: "Io penso che tecnologie
come questa, almeno in questa fase, aiutino le persone che sono sole - per giorni, per mesi o
anche per pochi minuti - a sentirsi meno sole."
Nel tentativo improbo di intercettare consenso in una società quasi completamente
secolarizzata e tendenzialmente consapevole, la Chiesa Cattolica ha accettato la difficile sfida
di far proprie le dinamiche tipiche dei mezzi di comunicazione di massa: va interpretato in
questa ottica il lancio di un canale tematico su YouTube in tre lingue, dedicato alle parole del
Papa. Come anche la realizzazione del "rosario elettronico", un piccolo riproduttore MP3 a
forma di uovo in due versioni, base (prex) e accessoriata (lux - luce in latino, o lusso?) - dotato,
quest'ultimo, di cuffiette "per un ascolto più discreto". E' la risposta clericale all'iPod. Mentre
Apple propone al resto del mondo un apparecchio per riprodurre musica, filmati o podcast, la
chiesa mette in campo uno strumento per assistere il fedele nelle preghiere strutturate e
formalizzate che essa prescrive.
L'ovetto santificante, che ha venduto 40.000 unità praticamente senza pubblicità, è disponibile
in diverse versioni: standard (giallo, bianco e celeste con i segni della delegazione pontificia di
Loreto), ovvero personalizzato per altri gruppi di fedeli, quali "papa-boys", Croce Rossa,
Carabinieri, Cavalieri di Malta e Aviazione. Tutto questo per dire che, se Gesù tornasse sulla
terra, dopo aver parlato di pace e di uguaglianza (temi sempre attuali) non dovrebbe
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dimenticare di andare al tempio a tirare qualche altra legnata ai sempre attivissimi mercanti che,
ancor oggi, si nascondono dietro le sue colonne.
E' evidente, quanto inevitabile, che la Chiesa, nel suo tentativo di penetrare in territori tipici della
modernità, e pertanto lontani dalla sua cultura, si muova in modo goffo ed inefficace: realizzare
un applicativo da far girare sull'iPhone per recitare il rosario è una contraddizione in termini
troppo difficile da riconciliare. Da una parte la modernità, con la sua nevrosi e le sue infinite
possibilità di comunicare, condividere, creare; dall'altra, la rigidità di una monarchia che si è ben
poco evoluta dal Medioevo a oggi. In effetti, i dati statistici sugli accessi a Prex Community ad
un mese dal suo lancio non sembrano particolarmente incoraggianti: secondo quanto dichiara
la EDE, se si eccettua un picco, il sito sta ricevendo circa 400 visitatori unici al giorno, un
risultato che potrebbe essere raggiunto da un blog, il quale però, a differenza di Prex
Communion, viene di solito ideato, gestito e manutenuto da una sola persona (o da una piccola
redazione informale di amici) e senza metterci sopra nemmeno un euro.
Prex Communion consente di creare gruppi di preghiera con obiettivi specifici; in questo esso è
simile a Facebook: chi vuole promuovere una certa causa non deve fare altro che costituire un
"gruppo" cui altri possono aderire. Strumento potentissimo, benché l'obiettivo del gruppo possa
essere modificato impunemente dal creatore (o amministratore) anche dopo aver raccolto le
adesioni (a chiunque potrebbe capitare di diventare membro di un gruppo contro il
riscaldamento globale, salvo poi trovarsi iscritto ad un gruppo che predica la pedofilia!).
In ogni caso, chi è dotato di fede robusta crede che la preghiera possa costituire uno strumento
potente per risolvere i suoi guai e quelli degli altri. In mondo di spirito e di astrazione, come
quello in cui ci stiamo muovendo, appare incongruente ricorrere a ragionamenti quantitativi:
eppure, sembra che quanto più sono numerosi i fedeli che chiedono un dato intervento al
Signore, tanto più le orecchie del Vecchio Barbuto si facciano ricettive. Se questa è la "logica",
ed è difficile accettarla, ben venga Prex Community: anzi, verrebbe quasi da dire che, a costo di
qualche compromesso di coscienza, dovremmo - tutti - registrarci. Chissà che, biascicando tutti
assieme una preghierina online, non si riesca a far sparire gli incubi della fame, della guerra e
del riscaldamento globale.
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