XIX Congresso della Democrazia Cristiana Sintesi

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XIX Congresso della Democrazia Cristiana Sintesi
XIX Congresso della Democrazia Cristiana
Sintesi della relazione del Segretario Politico Giovanni Fontana
1945: INSIEME ABBIAMO RICOSTRUITO L’ITALIA
2012: INSIEME RIPRENDIAMO IL CAMMINO
I – IL TEMPO CHE VIVIAMO: DALLA CRISI ALLA RIPRESA
La crisi che, ormai da oltre quattro anni, imperversa con i suoi tremendi effetti finanziari,
economici, sociali, morali, ma che già covava da molto tempo, ha spazzato via, ideologie, valori,
culture: è il frutto amaro di un liberalismo cieco, un semplice “liberismo” economicistico,
distorsivo di ogni civile aspirazione a giustizia e solidarietà, che domina anche nel nostro Paese.
Mitt Romney, nel corso della campagna elettorale americana, ha definito il 47% degli
elettori di Obama fatto di parassiti che pretendono lavoro, casa e sanità. Per un partito di ispirazione
cristiana e di radici popolari, come è la Democrazia Cristiana, questo parlare dei poveri e dei deboli
come parassiti è penoso e inaccettabile. Di fronte a tale drammatico impoverimento della coscienza
solidarista sentiamo di aver bisogno di riconquistare lo spirito dei padri Costituenti e dei padri
ispiratori del pensiero democratico-cristiano: da don Sturzo a De Gasperi a Moro.
La mediazione degasperiana, e anche quella morotea, è sempre stata all’insegna di
cercare punti di contatto con chi camminava su strade diverse. E oggi il dialogo è ancora
indispensabile: ma non può essere semplicemente un galateo di comportamento bensì il rispetto
profondo della persona umana che occupa il suo posto nella società. Per noi conta avere davvero
nell’anima il bene comune.
Dopo la cosiddetta “prima repubblica” c’è stata una enfatizzazione di entusiasmo per il
sorgere di una “nuova politica” annunciata come liquidazione del passato e progettazione di un
nuovo modello: ma a lungo andare il progetto manifestò crepe crescenti fino alla caduta
dell’edificio. Così, se dopo “tangentopoli” abbiamo conosciuto la fine della “prima repubblica”, con
rapidità abbiamo dovuto constatare anche il crollo della seconda.
II - PERCHE’ DC
Una volta finita l’esperienza della Democrazia Cristiana storica, avevamo sperato per il vero
che la memoria collettiva del Paese avrebbe conservato i grandi meriti del partito di De Gasperi e
Moro e che sulle ceneri del nostro lavoro avrebbero potuto sorgere due grandi partiti moderni, uno
di spinta progressista e uno di moderazione liberale, capaci di ereditare il lato migliore di quella
storia e di darci un Paese solido e serenamente capace di governare la propria crescita.
Le nostre attese sono state deluse. Non è nato un partito democratico di centrosinistra
capace di sintetizzare gli interessi popolari profondi e rappresentarli con efficacia, e non è nato un
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partito di centrodestra che fosse capace di altro se non di ridurre la politica ridotta a messaggio di
marketing dell’effimero. Mentre al centro si è palesato il protagonismo di un partito che non ha mai
respirato l’ossigeno di una partecipazione davvero popolare.
Il risultato è che non c’è classe dirigente, oggi, nel nostro Paese, e non c’è una
consapevolezza valoriale. Ed è per questo che noi siamo convinti che l’Italia abbia più che mai
necessità di “democrazia cristiana”. Di democrazia, vera e partecipata, innanzitutto: attorno al
ludibrio della vigente legge elettorale si è ridotta infatti quasi a zero la pratica della democrazia. E
di cristianesimo ispiratore, che torni a fermentare una società in cui la centralità non sia più
quella della finanza che domina l’economia e dell’economia che domina l’impresa
costringendola a non essere una comunità di lavoro per inseguire un concetto di business eretto a
mostro totemico. E’, questa, una visione radicalmente incompatibile con il nostro umanesimo e
personalismo.
III - UN PROGETTO DI VALORI
I capisaldi di una politica capace di riconquistare tale patrimonio di valori come guida ci sembrano
almeno cinque:
1. La nostra Costituzione repubblicana, carta di principi e di valori da salvaguardare con
fedeltà.
2. Uno Stato snello e partecipato, efficiente sul piano nazionale, arricchito da autonomie
territoriali in chiave di sussidiarietà.
3. La valorizzazione permanente dell’immenso patrimonio culturale e ambientale.
4. Una cura gelosa della famiglia, soprattutto attraverso gli strumenti adatti a garantire la
sicurezza di un lavoro dignitoso per tutte le persone che raggiungono l’età adulta.
5. Il governo sagace di una economia che ha oggettivamente potenzialità enormi.
Questo aderenza profonda allo spirito della Costituzione lo vogliamo anche per quanto riguarda i
partiti politici. Noi non temiamo, anzi decisamente vogliamo, un partito giuridicamente
riconosciuto e perciò sottoposto a controllo pubblico nella sua trasparenza di gestione. I partiti
operanti oggi hanno, via via, ignorato questo spirito per accentuare invece elementi crescenti di
chiusura oligarchica.
IV – IL FONDAMENTO DEL LAVORO E LA DIGNITA’ DELL’IMPRESA
Il lavoro costituisce fondamento della repubblica, dipendente o autonomo o imprenditoriale
che sia, manuale o intellettuale. Non sono invece fondamento della repubblica la rendita, né
l’attività speculativa. La pura rendita e la pura speculazione sono illecite moralmente, e per noi
questo principio comporta conseguenze coerenti sul piano delle politiche attive.
Conseguentemente il lavoro è, per la Democrazia Cristiana, oggetto privilegiato di ogni
politica economica. E punto caratterizzante il nostro “progetto per l’Italia” è la revisione
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dell’istituto del collocamento, che ci pare da trasformare in istituto dell’accompagnamento
attivo nel lavoro.
Un profilo ulteriore di giustizia economica riguarda la totale inesistenza di limiti alle più
atroci disparità reddituali generate all’interno stesso delle imprese. Noi non assumeremo come
nostro programma l’idea di Adriano Olivetti, laddove affermava che tra il massimo vertice
dell’azienda e l’ultimo dei suoi operai il divario di reddito equo reputava essere da uno a
cinque. Ma se nel mondo, e anche in Italia, assistiamo a rapporti persino di uno a quattrocento, ci
sentiamo in mezzo a una situazione insostenibile, di fronte alla quale assumiamo un duplice chiaro
riferimento: che i parametri retributivi siano parte di una politica trasparente e perciò noti
pubblicamente; e che venga, con inizio immediato, stabilito un primo limite: ad esempio, che non
possa essere superata la forbice di uno a venticinque.
La Democrazia Cristiana è comunque contraria, nello stesso tempo e per lo stesso spirito,
anche a forme di garanzia del reddito che siano scisse da una corrispondente responsabilità di
lavoro produttivo. Non cassa integrazione, dunque, ma piuttosto lavori utili in logica
modernamente keynesiana, cioè investimenti in tutto ciò che possa essere bene comune effettivo.
L’impresa, dal canto suo, inestimabile valore di una economia dinamica e progrediente,
deve essere non solo protetta ma sostenuta e incentivata nel suo naturale impulso di sviluppo. Punti
cardine di una tale politica ci sembrano lo snellimento della burocrazia relativa alle
autorizzazioni, agli adempimenti e ai controlli; e, sul versante del credito, l’apertura alle
possibilità del risparmio collettivo (dei lavoratori e degli utenti).
Non possiamo nascondere dunque il nostro interesse privilegiato per la diffusione di
politiche favorevoli ai modelli di partecipazione dei lavoratori nell’impresa, conformemente alla
costante tradizione della Dottrina Sociale della Chiesa. Ed è evidente, in questo quadro, come anche
l’esperienza sindacale costituisca un valore imprescindibile delle politiche del lavoro. E’ questa
dinamica che consente alla legge stessa di farsi carico con maggiore competenza di una giusta
garanzia di reddito vitale di dignità per ogni cittadino e per ogni famiglia.
V - LO STATO SNELLO PER LA PARTECIPAZIONE SOCIALE
Negli anni a noi vicini si è tornati anche a chiamare in causa, più latamente, la “pesantezza
dello Stato” sotto il profilo burocratico e normativo. Effettivamente lo Stato ha urgente necessità di
snellirsi, dal numero dei parlamentari al numero degli enti territoriali e funzionali, e dei relativi
organi. Non meno che su questo aspetto, la Dc crede nella tutela e nell’ incoraggiamento attivo di
quel “terzo settore”, che può costituire la grande “infrastruttura sociale” nella quale possono
trovare risposta meno burocratica le domande più trascurate dalle istituzioni.
VI – PASSATO, PRESENTE, FUTURO: IL POPOLARISMO CHE VIVE
Tutto ciò sollecita la politica e i partiti ad una tensione morale e culturale superiore a quella
attuale. Lo stesso problema del finanziamento dei partiti si pone ormai con evidente urgenza
morale. Noi non vogliamo i soldi dello Stato. Preferiamo un sistema che assicuri una normativa
semplice attraverso la quale ogni cittadino possa liberamente partecipare al finanziamento del
partito nel cui programma si riconosce.
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Ci sembra comunque che il partito rimanga lo strumento meno imperfetto per consentire
l’esercizio della moderna democrazia rappresentativa. E perciò la prima delle nostre scommesse è
costruire un partito nuovo, adeguato alla società del ventunesimo secolo, che metta in campo, tra
le altre, le seguenti caratteristiche:
a. un forte snellimento statutario, che accorci vertiginosamente la distanza tradizionale fra
vertice e base, con una quota maggiore di “democrazia diretta” e con un maggior
coinvolgimento dei mondi esterni che si riconoscono nella visione e negli ideali
democratico-cristiani.
b. un’attività di formazione permanente per tutti i livelli del partito.
c. una diffusione capillare, sul territorio, di una rete di Circoli Culturali di Iniziativa
Politica: non luoghi di tessere da contare, ma luoghi di aperta elaborazione, di formazione,
di competenze, proposte e impegno sui problemi del territorio.
CONCLUSIONI
Rappresento una generazione il cui compito precipuo è, oggi, quello di fornire buon esempio
e trasmettere esperienza forte, per far avanzare sul proscenio delle responsabilità sociali,
compresa la guida del partito, le generazioni nuove. Esse costituiscono la nuova immensa
ricchezza, insieme alle energie finora trascurate: la energia dell’apporto femminile, in particolare,
per quell’insostituibile crisma che deriva dall’intelligenza intuitiva tipica della femminilità, che
spiccatamente sa mettere insieme la ragione con il dialogo, il tempo di lavoro con il tempo della
famiglia, gli affetti personali con la sensibilità solidarista.
Una sola condizione occorre ulteriormente, che non sempre abbiamo onorato in passato: una
democrazia interna semplice e rocciosa per la sua credibilità. Nessuno deve mai violare la santità
delle urne nelle quali gli iscritti sono chiamati a scegliere in coscienza le persone cui affidare la
guida del cammino.
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