Con la sentenza n - Non Profit online

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Con la sentenza n - Non Profit online
SDOGANATA LA PARTECIPAZIONE DELLE FONDAZIONI
ALLE GARE PUBBLICHE
avv. Marco Spagnuolo
Studio legale e tributario Spagnuolo e Associati
Con la Sentenza n. 3897 in data 16 giugno 2009, il Consiglio di Stato, sez. VI, ha
sciolto il nodo gordiano afferente all’individuazione dei soggetti legittimati alla partecipazione ad
una gara pubblica e quindi dei potenziali affidatari di contratti pubblici.
Il caso sottoposto all’attenzione del Giudici di Palazzo Spada, concerneva una procedura
aperta bandita dall’Università di Milano nel 2007, per l’aggiudicazione della fornitura di un
radiofarmaco, cui avevano partecipato tre concorrenti tra cui una ATI composta – tra gli altri – da
una fondazione, la quale risultava aggiudicataria dell’appalto.
Il provvedimento di aggiudicazione veniva impugnato dalla seconda classificata sulla scorta
dell’illegittima condotta della stazione appaltante per non aver disposto l’esclusione dell’ATI in
quanto composta da un soggetto – la fondazione – non contemplato dal novero di cui all’art. 34
del Codice degli Appalti approvato con d. lgs. n. 163 del 2006.
Ritenuta fondata la censura della violazione dell’art. 34 del codice dei contratti pubblici e,
cioè, l’illegittima partecipazione alla gara, nel raggruppamento aggiudicatario, di una fondazione, il
primo giudice aveva accolto il gravame riformando la procedura di aggiudicazione.
La decisione veniva assunta in ragione di un’interpretazione restrittiva dell’elencazione dei
soggetti ammessi alle gare ai sensi dell’art. 34 Codice Appalti, ritenuta dal giudice di prime cure
tassativa nel senso che – in mancanza di espressa previsione – le fondazioni non potessero
partecipare alle gare pubbliche, anche in considerazione della specifica peculiarità della rilevanza
sociale dello scopo, di carattere non lucrativo, perseguito dalle fondazioni in contrapposizione al
fine lucrativo della distribuzione degli utili fra i soci caratterizzante le società commerciali.
Chiamato ad esaminare la legittimità di siffatta pronuncia, il Consiglio di Stato ha ritenuto
non doversi conformare ad una lettura restrittiva della disciplina nazionale e comunitaria
disciplinante la subjecta materia proprio in virtù del tenore letterale della normativa medesima,
confortato dall’orientamento della giurisprudenza comunitaria affermatosi a riguardo.
Ha osservato sul punto il giudice di seconde cure che, quanto alla natura dei soggetti
legittimati ad accedere ai contratti pubblici, la norma comunitaria (art. 1, par. 8, della direttiva n.
2004/18/CE) indica che “i termini «imprenditore», «fornitore» e «prestatore di servizi» designano
una persona fisica o giuridica o un ente pubblico o un raggruppamento di tali persone e/o enti che
offra sul mercato, rispettivamente, la realizzazione di lavori e/o opere, prodotti o servizi”.
In senso conforme – puntualizza il giudice di secondo grado – la previsione legislativa
nazionale (art. 3, punto 19, del codice dei contratti) ascrive i termini di imprenditore, fornitore e
prestatore di servizi ad “una persona fisica, o una persona giuridica, o un ente senza personalità
giuridica, ivi compreso il gruppo europeo di interesse economico (GEIE) costituito ai sensi del
decreto legislativo 23 luglio 1991, n. 240, che offra sul mercato, rispettivamente, la realizzazione di
lavori o opere, la fornitura di prodotti, la prestazione di servizi”.
Dall’esame del contenuto letterale della citata normativa, il Consiglio di Stato non ha quindi
rinvenuto valide ragioni per escludere che anche soggetti economici senza scopo di lucro, quali le
fondazioni, potessero soddisfare i necessari requisiti ed essere qualificati come “imprenditori”,
“fornitori” o "prestatori di servizi", attese la personalità giuridica che le fondazioni vantano e la loro
capacità di esercitare anche attività di impresa, qualora funzionali ai loro scopi e sempre che
quest'ultima possibilità trovi riscontro nella disciplina statutaria del singolo soggetto giuridico.
La lettura ermeneutica estensiva secondo cui il soggetto abilitato a partecipare alle gare
pubbliche è l’ “operatore economico” che offre sul mercato lavori, prodotti o servizi, secondo un
principio di libertà di forme (persone fisiche o persone giuridiche), risulta coerente rispetto
all’orientamento della giurisprudenza comunitaria – richiamato nella pronuncia in commento –
secondo cui:
a) per “impresa”, pur in mancanza di una sua definizione nel Trattato, va inteso qualsiasi
soggetto che eserciti attività economica, a prescindere dal suo stato giuridico e dalle sue modalità
di finanziamento (Sentenza Corte di giustizia 1.7.2008, causa C-49/07, e richiami ivi indicati);
b) costituisce attività economica qualsiasi attività che consiste nell’offrire beni o servizi su
un determinato mercato (Corte di giustizia 10.1.2006, causa C-222/04 relativa a una fondazione
bancaria che sia stata autorizzata dal legislatore nazionale a effettuare operazioni necessarie per la
realizzazione degli scopi sociali, tra i quali anche la ricerca, l’educazione, l’arte e la sanità);
c) l’assenza di fine di lucro non esclude che un soggetto giuridico che esercita un’attività
economica possa essere considerato impresa (Corte di giustizia 29.11.2007, causa C-119/06,
relativa a organizzazioni sanitarie che garantiscono il servizio di trasporto d’urgenza di malati e che
possono concorrere con altri operatori nell’aggiudicazione di appalti pubblici, a nulla rilevando che i
loro collaboratori agiscono a mezzo di volontari ed esse possono presentare offerte a prezzi
notevolmente inferiori a quelli degli altri concorrenti).
Con la pronuncia in esame, i giudici di Palazzo Spada hanno smentito, altresì, il
convincimento – parimenti espresso dalla sentenza di primo grado indi riformata in appello – per
cui l’inammissibilità delle fondazioni alle gare pubbliche si giustificherebbe sulla base del regime
fiscale di favore che causerebbe un’inaccettabile disparità di condizioni tra i concorrenti.
Rammenta in proposito il Consiglio di Stato come in realtà il regime fiscale di favore assiste
anche altri soggetti, quali le cooperative e le Onlus; ciononostante le une risultano espressamente
contemplate nell’art. 34 del codice; le altre, secondo la recente giurisprudenza amministrativa
(Cons. di Stato, VI, n. 185 del 2008; V, n. 1128 del 2009) possono essere ammesse alle gare
pubbliche quali “imprese sociali”, cui il d. lgs. 24 marzo 2006 n. 155 ha riconosciuto la
legittimazione ad esercitare in via stabile e principale un’attività economica organizzata per la
produzione e lo scambio di beni o di servizi di utilità sociale, diretta a realizzare finalità d’interesse
generale, anche se non lucrativa.
La sentenza in commento ha pertanto incoraggiato una concezione sostanziale di operatore
economico svincolata dalla rigidità formale della configurazione giuridica, con il corollario della
partecipazione alle gare pubbliche di tutti quei soggetti in grado di offrire sul mercato la
realizzazione di lavori, prodotti o servizi, a prescindere dalle finalità lucrative perseguite e dalla
forma giuridica assunta.