«In corsia un controllo in più, di legge» «In corsia un controllo in più

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«In corsia un controllo in più, di legge» «In corsia un controllo in più
Estratto da pag.
Venerdì
22/04/2016
1
Direttore Responsabile
Diffusione Testata
Paolo Ermini
23.611
Ritaglio stampa ad uso esclusivo interno, non riproducibile
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Selpress è un'agenzia autorizzata da Repertorio Promopress
APPELLO AL MINISTRO SUI MORTI EM
OSPEDALE «In corsia a Piombino è mancato un
controllo: va reso obbligatorio» (p.e.)D primo
pensiero di Enrico Rossi è per i morti. I pazienti che
sarebbero usciti vivi dall'ospedale se non fossero
stati ammazzati da quelle dosi abnormi di eparina,
l'anticoagulante che sta al centro del giallo di
Piombino, con i suoi tredici morti. Almeno tredici.
«Non può essersi trattato di una svista, chi ha
somministrato in quel modo il farmaco l'ha
fatto con l'intenzione di uccidere», hanno
concluso i saggi ai quali la Regione ha
chiesto di fare un po' di luce sugli aspetti
sanitari della tragedia. È quello che pensa
anche la Procura di Livorno: lì un killer c'è. n
governatore misura le parole e chiede senso
di responsabilità a tutti i protagonisti di
questa pagina inquietante di cronaca,
giornalisti compresi. «Ci sono tredici vittime
in attesa di un perché, ci sono le loro famiglie
che chiedono giustizia». continua a pagina 7
«In corsia un controllo in più, di legge»
Rossi al governo: rendiamo obbligatorio il sistema di garanzia delle terapie intensive. A Piombino non c'era
SEGUE DALLA PRIMA
tario». Perché Piombino no?
«L'adesione al sistema GiViTi
non è obbligatoria. Se
quell'ospedale però avesse
aderito, sicuramente ci si sarebbe
accorti ben prima che qualcosa
non andava nel verso giusto.
Perché il contrasto tra le
previsioni iniziali di tanti ricoveri
e la loro tragica conclusione
sarebbe stato rilevato
prontamente. Lo avete scritto
anche voi che pazienti poi morti
non erano affatto in pericolo di
vita. Invece...». E allora perché
non rendere obbligatoria
ne. Nel 2007, quando io ero
l'adozione di questo sistema in
ancora assessore, il governo
tutte le terapie intensive della
regionale approvò una delibera
per il miglioramento dei risultati regione? «Io sono favorevole. Ma
nelle terapie intensive. Si tratta di serve una legge. Una legge
un sistema di valutazione basato nazionale che ci consenta il passo
in avanti». La Toscana bussa alle
sul confronto tra due momenti
porte di Roma, dunque. Nel
precisi e distinti: la diagnosi al
momento del ricovero, con tanto dossier Piombino, che da molti
giorni è sul tavolo del ministro
di previsione sul decorso dello
Lorenzin, è entrato un nuovo
stato di salute (comprese le
fascicolo. plermini@rcs it ©
probabilità di guarigione) e il
risultato finale del ricovero. È un RIPRODUZIONE RISERVATA
sistema di controllo
sull'appropriatezza dei ricoveri
che si chiama GiViTi (Gruppo
che lega i cittadini toscani al
Italiano per la Valutazione degli
sistema sanitario regionale, al di Interventi in Terapia Intensiva) e
là dei numeri, delle classifiche,
che a livello nazionale fa capo
delle pagelle. Dice Rossi: «La
all'istituto Mario Negri.
sicurezza è una questione seria ed L'adesione al sistema è però
è bene che l'asticella degli
volontaria: in Italia hanno detto sì
obiettivi e dei controlli resti alta. circa 250 strutture ospedaliere su
Non c'è mai un traguardo
400, in Toscana 30 su 40».
raggiunto una volta per sempre,
Anche l'ospedale di Piombino?
Enrico Rossi,
soprattutto nella sanità. Ma
«No, Piombino no. E questo è un presidente della
sarebbe sbagliato sminuire il
punto da cui partire per cercare di Regione
valore di tutto quello che in
rendere migliore tutto il sistema Toscana
Toscana è stato fatto negli ultimi saniper accrescere la qualità dei
servizi offerti ai cittadini e
rendere il
«Poi -continua Rossi al telefonoci sono una città e un ospedale,
con i suoi ricoverati e con chi lì
ci lavora, che chiedono la verità.
Da ieri c'è anche un'infermiera
che si è fatta tre settimane in
cella con l'accusa di essere
un'assassina seriale e che poi è
stata liberata perché contro di lei
non c'erano prove. Ma intanto la
sua vita era stata rigirata come un
calzino, sezionata, messa in
piazza e consegnata dalle prime
pagine all'opinione pubblica. In
alcuni casi senza alcun ritegno. È
per questo che bisogna più che
mai richiamarsi al dovere della
cautela e al diritto al rispetto». La
svolta impressa dal tribunale del
Riesame che ha liberato Fausta
Bonino rimandandola a casa sua,
getta nuove ombre, sollecita
nuove richieste. La tragedia di
Piombino può pesare moltissimo
sul rapporto di fiducia
Sanita'/Affari sociali
sistema più forte nel suo
complesso, sia sul piano
dell'efficienza sia su quello delle
competenze». È proprio il caso di
Piombino che può essere però
occasione per un altro passo in
avanti. «D Corriere Fiorentino dice Rossi- ha chiesto un check
up severo su tutte le strutture
sanitarie. È una strada che noi
abbiamo imboccato da molto
tempo. Non tutto comunque
dipende dalla Regio
99 C'è una
città che
chiede verità
E c'è una
infermiera
che si è fatta
tre settimane
in cella con
l'accusa di
essere una
assassina
seriale e poi
è stata
liberata per
assenza di
prove: la
cautela è un
dovere
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Fiori per Fausta, e il marito a fare la guardia Primo giorno a
casa. «Ora lasciateci in pace, presto diremo la nostra verità»
L'infermiera
PIOMBINO La libertà si difende
non solo con le unghie, ma anche
con i portoni chiusi in faccia, con
gli inviti poco garbati ad
andarsene, con i cartelli «non
rilasciamo interviste di nessun
genere». Fausta Bonino,
l'infermiera accusata di tredici
omicidi nel reparto di
rianimazione dell'ospedale di
Piombino e poi scarcerata
mercoledì, sta rinchiusa nella sua
roccaforte con a guardia diverse
sentinelle, gli sguardi rabbiosi di
anziane vicine di casa e le
minacce di un marito stanco e
fedele. «Se non ve ne andate
chiamo i carabinieri» dice Renato
Di Biagio, furioso con i
giornalisti che assediano il
palazzo in attesa di una parola
della moglie
parlare con voi—spiega il marito
— Lasciateci in pace. Tra
qualche giorno vi diremo la
nostra verità, che è ben diversa
da quella che vi hanno
raccontato». Sono le sue ultime
parole, dette con rabbia, sulla
soglia del portone. Poi anche lui
torna nell'appartamento al
secondo piano e non scenderà
chiude dietro ad un portone. n
primo ad affacciarsi sulla strada
comunque è Di Biagio, che
intorno alle 9 esce di casa per
andare a fare la spesa: tornerà
un'oretta dopo, con due borsine
di plastica piene di insalata e
pane da poco sfornato.
«Lasciateci in pace» insiste.
L'avviso dei vicini Tanti
ora sono convinti della sua
innocenza Su un negozio
spunta il cartello anti
giornalisti
Passano pochi minuti e arriva un
mazzo di fiori gialli e arancioni:
sono per Fausta, portati da una
commessa che ha il solo compito
della consegna espressa. «Li
manda una sua amica — spiega
la donna — C'è gente, molta
gente che crede sia innocente».
Tra chi difende l'infermiera, però,
non tutti vogliono parlare.
All'angolo dietro casa sua, una
rosticceria ha appeso un cartello
in vetrina: «Non rilasciamo
interviste». «Da quando l'hanno
arrestata ho dimezzato la
bene». E una mattinata fresca in clientela per colpa dei
giornalisti» dice il titolare,
Fausta. Lei non si fa mai vedere. via Primo Maggio, un lungo
rettilineo in salita contornato da mentre il negozio è pieno di
Il suo primo giorno di libertà
dopo tre settimane passate in una palazzine in stile industriale. Un gente. Aif redo Faetti ©
uomo sulla quarantina parcheggia RIPRODUZIONE RISERVATA
cella del carcere di Pisa lo
trascorre nella penembra del suo l'auto in uno degli stalli a lisca di
appartamento a Desco, quartiere pesce e dice che era convinto che
alla fine l'infermiera sarebbe stata
a due passi dal centro di
Piombino. Parla al telefono con il scarcerata. «Non hanno prove,
fratello in Piemonte e con quello non hanno nulla in mano—spiega
in Brasile, parla con il figlio che — Altrimenti il giudice non la
fa lo chef a Parigi. «È stressata e rilasciava». Poi anche lui si
non vuole
Sanita'/Affari sociali
più, lasciando i giornalisti con
una frase che non ammette
repliche: «Mia moglie è
innocente». Non è l'unico a dirlo.
I vicini di casa, i commercianti e
chi frequenta Desco ripetono che
Bonino non può essere il mostro
per cui è stata fatta passare.
«Sono andata a trovarla: è felice
— racconta una donna, vicina di
casa—Siamo tutti felici. Le ho
detto che le voglio
Pag.
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