OCSE - Regioni.it
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O OCSE E RA APPO ORT TO IT TALIIA 20011 SSintessi V Valuttazio one e racccomaandaazion ni Traduzzione non n ufficiale a cura de el MEF SINTESI L’economia italiana ha superato la profonda recessione provocata dalla crisi internazionale e sembra diretta verso una graduale ripresa, la cui forza è incerta: sarebbe opportuno in sede di programmazione prevedere soltanto una crescita piuttosto lenta, come quella del decennio prima della crisi. Restano dunque prioritarie le riforme strutturali per aumentare il potenziale di crescita, pur mantenendo nel contempo un contesto di bilancio stabile e orientato al risanamento, come correttamente è stato fatto durante la crisi. Una simile politica può sostenere la fiducia nelle finanze pubbliche in presenza del grande stock di debito pubblico, contribuendo inoltre a sostenere il sistema finanziario, la cui solidità è essenziale per la ripresa. La politica di bilancio deve conseguire il risanamento a breve e la sostenibilità a lungo termine. Attualmente l’Italia dispone di un buon contesto per la programmazione delle spese e delle entrate complessive articolato in un triennio, che sarà sperimentato in pratica negli anni 2011-2013. L’obiettivo del governo è di ricondurre il deficit complessivo al di sotto del 3% del PIL entro il 2012. Nei programmi del governo si insiste sulla moderazione nella spesa, ma i risultati per alcune misure – il blocco delle retribuzioni nel settore pubblico, i tagli ai trasferimenti alle regioni e una minore evasione fiscale - sono incerti. Qualora si verificasse un grave rallentamento nel conseguimento degli obiettivi, sarebbe necessario prendere in considerazione ulteriori tagli di spesa e possibili interventi sul prelievo, a cominciare dalle misure di ampliamento della base imponibile. Due decenni di riforme delle pensioni hanno dato un contributo fondamentale alla sostenibilità di lungo termine. Le politiche strutturali dovrebbero rimanere prioritarie nell’agenda del governo. Tutte le questioni individuate nel precedente Survey rimangono importanti. La liberalizzazione avviata nei servizi dovrebbe essere completata ed estesa ad altri settori, quali i trasporti e i servizi locali. La riforma della pubblica amministrazione ha iniziato a mostrare i primi successi migliorando la trasparenza, ma per migliorare l’efficienza della pubblica amministrazione si devono realizzare anche gli aspetti più pregnanti della riforma. L’uso di vari meccanismi di verifica, quali l’analisi d’impatto della regolamentazione e le analisi e valutazioni della spesa pubblica (spending review) dovrebbero diventare parte integrante delle politiche pubbliche. La legislazione in materia di università si è concentrata, e a ragione, sulla governance delle università pubbliche. Le università, i suoi potenziali utenti e il governo risentono tutti della mancanza di chiare informazioni sull’andamento delle università. I problemi nei singoli Atenei vanno dalla crisi finanziaria alle poco efficaci procedure di assunzione, mentre i rapporti con il settore privato - sia per quanto riguarda la ricerca che l’insegnamento - sono deboli. Mettendo in atto un sistema di governance migliore, le tasse universitarie dovrebbero essere progressivamente aumentate per riflettere una quota maggiore dei costi; ciò aumenterebbe i finanziamenti per l’università e darebbe segnali “di prezzo” migliori agli studenti e alle università. Sarebbe anche necessario introdurre un sistema di prestiti rimborsabili sulla base del reddito futuro per sostenere l’accesso degli studenti alla formazione universitaria. La nuova agenzia per la valutazione del sistema universitario (ANVUR) dovrà impegnarsi per elaborare indicatori affidabili di qualità, che assistano sia gli studenti che le università nella loro programmazione. Ulteriori interventi 1 per agevolare la collaborazione tra imprese e università nella ricerca, specialmente tramite contratti che consentano un’efficiente ripartizione dei costi e dei benefici tra i singoli ricercatori, le loro istituzioni e il settore privato, contribuirebbero a migliorare le finanze universitarie e migliorerebbero gli scarsi risultati registrati dall’Italia in molte valutazioni sulla ricerca e lo sviluppo e sull’andamento dell’innovazione Le politiche ambientali dovrebbero incentrarsi maggiormente sulla definizione di modalità economicamente efficienti per raggiungere gli obiettivi ambientali. Buona parte di quest’attività può essere definita “assegnare il giusto valore”, sia che ciò avvenga mediante un uso più ampio e diffuso di imposte e tariffe, sia mediante un maggior ricorso all’analisi costi-benefici per selezionare le politiche opportune e valutare quelle in atto. E’ possibile utilizzare meglio gli incentivi economici nella gestione dei rifiuti e delle risorse idriche, ma anche in questi settori è necessaria una riforma della governance. La completa privatizzazione di questi servizi locali, unitamente all’istituzione di forti autorità di regolamentazione nazionali migliorerebbe sia i risultati che l’efficienza economica. E’ possibile definire politiche concepite per incentivare l’innovazione in tecnologie eco-compatibili, accrescendo la capacità dell’economia di realizzare uno “sviluppo compatibile con l’ambiente”, sebbene i governi dovrebbero incoraggiare l’innovazione incentrata sui risultati ambientali piuttosto che su tecnologie specifiche. L’integrazione dell’attenzione all’ambiente e ai cambiamenti climatici in altre politiche, quali quella energetica e dei trasporti, continua ad essere di cruciale importanza. VALUTAZIONE E RACCOMANDAZIONI 1. L’economia italiana ha cominciato a riprendersi dalla peggiore recessione del dopoguerra, a seguito della crisi internazionale, ma i primi segnali indicano che la crescita potrebbe rimanere debole, come lo è stata da qualche anno a questa parte. Questo andamento relativamente modesto negli anni passati, accompagnato da una crescita deludente della produttività, sottolinea l’importanza delle riforme strutturali che portano ad una crescita più robusta, come indicato nei precedenti Economic Surveys. Un’altra sfida importante è continuare a migliorare la sostenibilità del bilancio. Sebbene il disavanzo sia cresciuto meno che in molti altri paesi, come risultato della politica di bilancio responsabile adottata dal governo, il rapporto debito pubblico-PIL, a causa dell’impatto della crisi, sta comunque aumentando nuovamente, partendo da uno dei livelli più alti dell’OCSE, a fronte di un debito privato relativamente basso. Con i mercati obbligazionari divenuti più sensibili ai debiti sovrani, l’intervento per riportare il bilancio verso il pareggio rimane essenziale. Una crescita più forte naturalmente contribuirebbe a ridurre il rapporto debito pubblico-PIL e a migliorare le finanze pubbliche. Quindi, abbinando le politiche per sostenere la crescita economica a quelle per garantire la sostenibilità di bilancio si aumenterebbero le possibilità di successo. L’attuazione delle riforme strutturali è essenziale per stimolare la crescita economica 2. Sebbene l’attività si stia riprendendo dal calo del 2008-09, gli effetti negativi della recessione sul prodotto potenziale potrebbero persistere per un certo periodo di tempo. Il PIL non ritornerà prima del 2013-2014 al livello precedente alla crisi, rimanendo ben al di 2 sotto del livello che si avrebbe avuto sulla base del trend pre-crisi, sebbene tale trend fosse comunque esso stesso debole. Stimolare la crescita della produttività e l’offerta di lavoro è dunque una priorità fondamentale. L’agenda delle riforme strutturali dovrebbe incentrarsi sulle misure volte a: ridurre le barriere amministrative e normative alla concorrenza; migliorare l’efficienza dell’istruzione secondaria e terziaria; aumentare l’efficienza della macchina fiscale; ridurre la proprietà pubblica; riorientare l’economia verso una crescita sostenibile per l’ambiente e migliorare ulteriormente il funzionamento del mercato del lavoro. 3. Il governo ha già preso importanti misure in questa direzione. Le recenti riforme comprendono, ad esempio, modifiche alla legge fallimentare, la continua attuazione delle direttive dell’Unione Europea che liberalizzano il mercato energetico, nonché leggi che prevedono un maggior ricorso alle procedure di gara pubblica per gli appalti dei servizi pubblici locali. Nell’istruzione secondaria i cambiamenti comprendono riforme della governance e degli incentivi, la cui implementazione deve continuare. Nel frattempo è anche in corso una riforma promettente dell’istruzione universitaria, discussa in questo Survey. Tuttavia i piani precedenti di liberalizzazione dei servizi professionali sono rimasti fermi per qualche tempo e la loro realizzazione dovrebbe accelerare. Le priorità dell’agenda dovrebbero essere: una regolamentazione del mercato del lavoro meno rigida e più orientata all’occupazione; le misure per incentivare il ritorno al lavoro, le misure per aumentare i tassi di attività, anche fra le donne e i giovani, dando seguito e completando le riforme che liberalizzano l’accesso e la concorrenza nei servizi professionali; un contesto migliore per le imprese e l’innovazione, nonché altre misure volte ad aumentare la concorrenza. Questo Survey esamina anche come si possa tutelare l’ambiente con politiche improntate a criteri di massima economicità, migliorando la sostenibilità della crescita. La politica di bilancio dovrebbe ricondurre il rapporto debito pubblico-PIL su una traiettoria discendente 4. A differenza di molti altri paesi, l’Italia ha reagito alla recessione e alla crisi finanziaria rimodulando la spesa in funzione di sostegno sociale e all’industria, invece che con un pacchetto di incentivi che avrebbe portato ad un aumento del disavanzo. Le misure sono state concepite come provvedimenti aventi impatto nullo sul saldo di bilancio, con qualche piccolo incentivo per la rimodulazione della spesa pubblica verso quelle che sono considerate le categorie di spesa con i moltiplicatori più elevati. Questa posizione era appropriata ed è stata ampiamente determinata dal forte indebitamento iniziale e da una eredità di forti disavanzi passati. Finora questa politica ha rafforzato la posizione dell’Italia sui mercati obbligazionari durante un arco di tempo prolungato, caratterizzato da turbolenze di mercato per le banche e per il debito sovrano. Per rafforzare ulteriormente la credibilità, a metà 2010 il governo ha reso più restrittiva la politica di bilancio per mantenere la finanza pubblica sotto controllo, in coerenza con i requisiti della procedura di disavanzo eccessivo del Patto di Stabilità e Crescita Europeo. Di conseguenza, l’indebitamento netto della pubblica amministrazione nel 2010 è sceso al 4,6 per cento del PIL, 0,8 punti percentuali al di sotto del livello registrato nel 2009. 5. Il nervosismo dei mercati per il deterioramento generalizzato delle finanze pubbliche rende più che mai necessaria una riduzione sostenuta del debito pubblico. La 3 politica di bilancio per il 2011-2013 prevede un’ulteriore stretta per ridurre l’indebitamento netto al 2,2% del PIL entro il 2013. In base allo scenario previsto dalle autorità, il debito pubblico raggiungerebbe il punto massimo nel 2011, superando di poco il 119% del PIL, per poi cominciare a diminuire lentamente al 115% nel 2013. La necessità di perseguire una politica restrittiva, con gran parte dei risultati in termini di riduzione del debito di là da venire, sottolinea il costo delle politiche passate che avevano consentito al debito di rimanere a livelli troppo elevati, anche se il debito era destinato a calare prima che sopraggiungesse la crisi. Nel prossimo futuro l’Italia dovrebbe continuare ad attuare le politiche di risanamento di bilancio. Il governo ha compiuto un importante passo avanti, definendo in modo dettagliato la propria strategia di risanamento per il biennio 2011-2013 – i continui miglioramenti della credibilità di bilancio dipendono dalla attuazione di tali politiche. A partire dal 2013 potrà essere necessario un ulteriore consolidamento. Attualmente in seno all’Unione Europea è in corso una discussione sull’introduzione di linee guida per la riduzione del debito nel medio termine. E’ possibile che sia necessario integrare i tagli di spesa previsti con altre misure 6. Il governo conta di realizzare la maggior parte della manovra correttiva prevista per il 2011-13 attraverso la riduzione della spesa in percentuale sul PIL, riducendo allo stesso tempo l’evasione fiscale. Importanti riduzioni di spesa sono da realizzarsi mediante il blocco delle retribuzioni del settore pubblico e la riduzione dei trasferimenti alle regioni. Il blocco delle retribuzioni scadrà nel 2013, mentre il saldo delle spese e delle entrate regionali potrebbe essere difficile da controllare in pieno durante l’imminente passaggio al federalismo fiscale. Se ci fossero ritardi nel conseguimento degli obiettivi di questi provvedimenti, sarebbero necessari altri tagli di spesa, eventualmente integrati da misure di aumento delle entrate, quali l’ampliamento delle basi imponibili e l’eliminazione di molti sgravi fiscali e delle aliquote ridotte. Si potrebbero anche introdurre o aumentare le imposte su una serie di esternalità ambientali. Aumentare la tassazione degli immobili può aumentare il gettito, poiché è difficile da evadere e le distorsioni di breve termine sono contenute; tuttavia ciò presenta dei limiti, in quanto un’elevata tassazione sugli immobili può ridurre gli incentivi al risparmio e all’investimento. Si dovranno perseguire i programmi di riduzione dell’evasione fiscale e, per mantenerne la credibilità, si dovrebbero evitare i condoni fiscali, quali quello del 2009-2010 sui fondi non dichiarati detenuti all’estero. La manovra di bilancio del 2010, in effetti, si astiene dal ricorso a tali misure. Un contesto di bilancio migliore 7. Dal 2008, la previsione di bilancio pluriennale si articola saggiamente su un triennio. Nel 2009 la base giuridica per la programmazione triennale è stata rafforzata ed è aumentata la trasparenza dei documenti di bilancio, che forniscono informazioni migliori sulle previsioni ufficiali. Si tratta di dati che comprendono l’analisi delle deviazioni dalla programmazione e dalle previsioni precedenti. Anche i Servizi Bilancio delle due Camere del Parlamento pubblicano un’analisi delle previsioni ufficiali. Questi cambiamenti rappresentano un miglioramento significativo delle procedure di bilancio e del relativo monitoraggio. Alcuni paesi stanno anche sperimentando la creazione di un Fiscal Council indipendente per il monitoraggio e la valutazione delle previsioni ufficiali di bilancio. Alle 4 autorità italiane potrebbe forse interessare prendere in considerazione un ulteriore miglioramento del sistema per monitorare la politica di bilancio, istituendo un organismo di questo tipo. La riforma delle pensioni ha migliorato la sostenibilità di bilancio 8. La sostenibilità di lungo termine presuppone che si tenga conto degli impegni di spesa futuri, in particolare della spesa per le pensioni. L’Italia ha preso coscienza con relativo anticipo delle conseguenze di lungo termine per il bilancio del suo sistema pensionistico e, per neutralizzarle, è intervenuta con delle riforme già negli anni ’90. Queste prime riforme sono state graduali, per cui la spesa per le pensioni è ancora elevata, ma la sua dinamica è stata stabilizzata in rapporto al PIL, a parte l’aumento del rapporto nel biennio 2008-09, interamente dovuto al calo del PIL. Rispetto alle retribuzioni, le pensioni medie sono più elevate che nella maggior parte degli altri paesi, e i tassi di attività tra gli ultrasessantenni sono bassi. La riforma del 2010 ha elevato nel settore pubblico l’età del pensionamento per le donne, ha incrementato il periodo di posticipo del pagamento delle prestazioni rispetto alla maturazione dei requisiti (utilizzando il meccanismo della “finestra d’uscita”) e ha agganciato l’aumento dell’età pensionabile all’aspettativa di vita. I cambiamenti del 2010, aumentando l’età effettiva del pensionamento, hanno notevolmente ridotto il rapporto – in base alle proiezioni - tra la spesa pensionistica e il PIL per i prossimi 35 anni e, sempre a causa dell’età del pensionamento più elevata, hanno aumentato i livelli medi delle pensioni nel lungo periodo. Tuttavia nel 2060, il rapporto tra la pensione media e la retribuzione media si ridurrà di un quarto rispetto ai livelli attuali. Si tratta di una riduzione notevole, che potrà richiedere ulteriori aumenti del risparmio privato a fini pensionistici. Le riforme delle pensioni richiedono tassi di attività più alti tra i soggetti più anziani 9. Nei prossimi 15 anni, stando alle proiezioni, l’impatto principale delle riforme delle pensioni avverrà mediante un aumento costante dell’età del pensionamento effettivo, e ciò implica tassi di occupazione notevolmente più elevati tra i lavoratori più anziani. Per chi lavora presso grandi imprese con un posto di lavoro sicuro si tratterà semplicemente di continuare a lavorare per un periodo di tempo più lungo. Tuttavia rioccuparsi sul mercato del lavoro può essere più difficile per i soggetti più anziani. Una certa flessibilità retributiva sarà necessaria, dal momento che la produttività probabilmente si riduce con l’età, almeno per alcuni lavoratori. Il completamento del passaggio dal sistema pensionistico retributivo ad un sistema contributivo eliminerà una barriera a tale flessibilità in prossimità dell’età del pensionamento. Vi sono anche altre ragioni per ricercare una maggiore flessibilità sul mercato del lavoro: la disoccupazione giovanile è elevata e la partecipazione femminile, pur essendo in aumento, è ancora relativamente bassa. Il maggior ruolo attribuito alla produttività a livello di impresa nelle recenti riforme del sistema di contrattazione collettiva dovrebbe, nel complesso, migliorare i risultati, ma sono necessari altri progressi in termini di flessibilità in altri ambiti, anche per i lavoratori più anziani. 5 E’ necessario rivedere il sistema di protezione sociale 10. La voce di spesa più rilevante nell’ambito delle misure anticrisi è stata costituita dall’estensione ad hoc degli strumenti di integrazione del reddito (Cassa Integrazione) abbinata ad altri interventi mirati per garantire sostegno al reddito. La Cassa Integrazione (CIG) con le sue estensioni può, come altri sussidi di disoccupazione temporanei in altri paesi, contribuire a mantenere i lavoratori in contatto col mercato del lavoro. A seguito delle estensioni della CIG, la maggior parte delle imprese e dei lavoratori hanno ora accesso agli ammortizzatori sociali, sebbene questi presentino una struttura piuttosto frammentata. Per coloro che hanno i requisiti per la CIG, i tassi di sostituzione nominale sono piuttosto generosi, soprattutto per i lavoratori con le retribuzioni più basse, sebbene il limite massimo sia piuttosto contenuto, e i benefici possono essere erogati fino ad un massimo di tre anni. Nonostante i vantaggi di breve termine derivanti dal mantenere i lavoratori nelle imprese per conservare l’occupabilità, nel lungo periodo la CIG non incentiva sufficientemente i lavoratori a cercare aziende o settori con prospettive migliori. Le estensioni della Cassa Integrazione sono state un buon modo per estendere la protezione sociale durante la recessione, ma riforme – che naturalmente devono essere compatibili coi vincoli generali delle finanze pubbliche –– sono necessarie: gradualmente si devono introdurre una durata minore e tassi di sostituzione più bassi per la CIG e si dovrebbero realizzare politiche attive del mercato del lavoro, nonché infrastrutture per la ricerca di posti di lavoro. A più lungo termine, le riforme dovrebbero mirare a creare un sistema di protezione sociale meno frammentato. La trasparenza può contribuire a migliorare l’efficienza del settore pubblico 11. I governi che si sono succeduti hanno riconosciuto la necessità di aumentare l’efficienza del settore pubblico, ma i cambiamenti avvengono lentamente. Le iniziative della riforma “Brunetta” per il maggior ricorso alla misurazione della performance in base ai risultati devono continuare, facendo attenzione ad evitare incentivi con effetti di distorsione. Tale processo può essere sostenuto aumentando la trasparenza, ambito nel quale si sono avuti i primi successi, obbligando i ministeri a pubblicare in modo piuttosto dettagliato il tasso di assenteismo e gli stipendi. E’ però troppo presto per dire se il programma nel suo complesso inciderà in modo significativo sull’efficienza. 12. Un altro esempio utile di trasparenza è stata la pubblicazione nel 2008 delle Analisi e valutazione della spesa delle amministrazioni centrali (Spending Review), da parte della Commissione Tecnica sulla Finanza Pubblica. Queste riguardavano quattro ministeri chiave e contenevano raccomandazioni specifiche per migliorare l’efficienza. Nel caso dell’istruzione obbligatoria, ad esempio, molte delle raccomandazioni sono in linea con quelle fatte nell’ultima Economic Survey e fanno anche parte dell’attuale programma di governo. La Commissione Tecnica è stata sciolta, ma una legge del 2009 ha previsto che la Ragioneria Generale dello Stato prepari un’analisi e una valutazione dell’efficienza della spesa per ciascun ministero. Dovrebbero essere avviati ulteriori studi settoriali sul modello di quelli realizzati dalla Commissione Tecnica sulla Finanza Pubblica, che potrebbero utilmente utilizzare i dati sugli indicatori della performance che saranno forniti da tale attività svolta dalla Ragioneria. Come raccomandato dai precedenti Economic Surveys e dalla Review of Regulatory Reform dell’OCSE del 2009, si dovrebbe fare un uso più sistematico dell’Analisi 6 di Impatto della Regolamentazione, nonché dell’Analisi Costi-Benefici e della Valutazione Ambientale Strategica nella definizione di nuove politiche specifiche. Riforma dell’istruzione terziaria 13. L’istruzione terziaria è un settore specifico in cui si sta già riducendo il finanziamento pubblico e di conseguenza si dovrà cercare di aumentare l’efficienza, al fine di migliorare, o anche soltanto mantenere il livello di performance precedente. Sebbene attualmente manchino dati sui risultati dell’apprendimento e della produzione di ricerca nell’istruzione terziaria raffrontabili a livello internazionale, è riconosciuto che le università italiane sono indietro rispetto a quelle di altri paesi, anche se, misurata in termini di pubblicazioni, la produzione scientifica italiana è piuttosto consistente. La percentuale di italiani con un titolo di studio universitario è tra le più basse nell’area dell’OCSE – e si colloca tra il Messico e il Portogallo – sebbene ciò rifletta i bassi tassi di partecipazione del passato piuttosto che la tendenza attuale. In realtà gli attuali tassi di partecipazione sono tra i più alti nell’area dell’OCSE. Inoltre, nessuna università italiana si colloca tra le prime 100 in base a due sistemi di classificazione delle università mondiali. Gli scarsi risultati dell’istruzione terziaria limitano l’offerta di professionisti qualificati. 14. Le università devono soddisfare alcuni requisiti, resi via via più rigorosi, per l’accreditamento dei corsi di laurea. Non è prevista una verifica esterna obbligatoria dei risultati degli esami, né c’è una tradizione di benchmarking autonomo con esaminatori esterni. La nuova agenzia di valutazione del sistema universitario, ANVUR, ha, tra gli altri, il compito di definire chiari criteri di valutazione dei risultati per le università e di creare un sistema di valutazione e riconoscimento che risponda a tali criteri. I dati che ne scaturiranno dovrebbero concentrarsi sui risultati conseguiti dagli studenti ed essere idonei per raffronti di valutazione comparativa tra le università. Tali valutazioni saranno messe a disposizione del pubblico per consentire alle università di paragonarsi alle altre e per consentire agli studenti – e ai loro potenziali datori di lavoro – di operare scelte consapevoli. 15. Una questione controversa è quella del valore legale del titolo di studio. Fino a poco tempo fa nella pubblica amministrazione il semplice possesso di un titolo di studio universitario poteva in ampia misura determinare la possibilità di ottenere promozioni o il livello stipendiale a prescindere dal rendimento o dal livello di responsabilità ricoperto dai dipendenti. Sebbene sia logico che l’assunzione dipenda dal possesso di un titolo di studio adeguato, i sistemi premiali basati sul valore legale del titolo di studio posseduto invece che sulla valutazione del rendimento dovrebbero essere completamente abbandonati. Dare alle università autonomia e responsabilità effettive 16. Le università in Italia sono già autonome a livello accademico, ma la loro struttura decisionale, dominata da docenti che rappresentano principalmente gli interessi di Dipartimenti o Facoltà e non sufficientemente incentivati a coordinare una politica generale di Ateneo nell’ambito di un quadro strategico, nella maggior parte delle università non ha sempre portato ad una gestione efficiente. Una maggiore efficienza dovrebbe provenire da sistemi che decentrano le decisioni alle università, garantiscono loro adeguata autonomia e 7 responsabilità nella gestione, assegnano risorse in base alla richiesta dei loro corsi da parte di studenti ben informati e assegnano fondi per la ricerca su base competitiva. 17. La legge approvata alla fine del 2010 è concepita per riformare la governance secondo le linee sopraindicate. Consentendo l’assunzione di decisioni di natura strategica e gestionale da parte di un consiglio di amministrazione nel quale il corpo accademico è ampiamente rappresentato, ma non prevalente, rendendo anche obbligatoria la presenza di due o tre membri esterni con una comprovata esperienza in tali ambiti. La legge di riforma universitaria dovrebbe essere attuata secondo queste linee, stabilendo chiare responsabilità nonché trasparenza per quanto riguarda il processo decisionale. I rettori e i dirigenti dovrebbero render conto dei risultati delle decisioni che hanno assunto, eventualmente anche legando i loro stipendi e bonus ai risultati conseguiti dall’Ateneo. Ciò richiederebbe rettori opportunamente qualificati, nonché idonee modalità di finanziamento. 18. La legge del 2008 consentiva alle università pubbliche di trasformarsi in fondazioni private con maggiore autonomia. Nessuna ha operato tale trasformazione, non essendo chiare le conseguenze finanziarie. E’ necessario chiarire la questione e stabilire condizioni di accreditamento chiare per l’istituzione di nuove istituzioni private se si vuole che aumenti la partecipazione del settore privato. Incrementare i finanziamenti aumentando le tasse universitarie, introducendo un sistema di prestiti rimborsabili sulla base del reddito percepito 19. Attualmente le tasse universitarie sono relativamente basse perché gli introiti che un’università ne ricava non possono superare il tetto del 20% del fondo di finanziamento ordinario del governo centrale. Un sistema che fa si che, paradossalmente, le università dovrebbero abbassare le tasse qualora si riducesse il fondo di finanziamento ordinario. Sebbene tasse universitarie più alte aumenterebbero le entrate dei ristretti bilanci delle università, avvantaggiando gli istituti migliori e quindi intensificando la concorrenza, e incentiverebbero gli studenti a completare gli studi entro la durata legale dei corsi, è anche vero che possono anche avere effetti negativi. L’Italia potrebbe prendere in considerazione la possibilità di eliminare gradualmente il tetto previsto per le tasse universitarie, facendo sì che gli studenti sostengano una percentuale più elevata dei costi. Il possibile impatto dell’incremento delle tasse di iscrizione sull’accessibilità dell’istruzione superiore andrebbe affrontato tramite l’introduzione di un sistema di prestiti rimborsabili sulla base del reddito, di modo che gli studenti siano tenuti a restituire il prestito una volta che inizino a lavorare e il loro reddito superi una determinata soglia; tale sistema andrebbe eventualmente integrato con un sistema di borse di studio. L’esperienza di altri paesi indica che abbinare nel modo descritto le tasse con i prestiti rimborsabili mediante il reddito da lavoro non produce l’effetto che si potrebbe temere, cioè quello di provocare un calo significativo del numero degli studenti. Finanziamenti consistenti da erogare mediante borse di studio o sovvenzioni alle università, andrebbero comunque mantenuti per sottolineare l’interesse economico e di altra natura che la società ha nel garantire l’istruzione degli studenti. La legge di riforma del 2010 crea un sistema di prestiti a tassi competitivi garantito dallo Stato. Tuttavia non è ancora chiaro l’ammontare del finanziamento che sarà messo a disposizione di tale provvedimento. 8 Rafforzare i legami con il settore privato 20. Il settore privato può contribuire sia a finanziare che ad indirizzare le attività di ricerca. Il sistema di incentivi dovrebbe consentire alle università e ai loro ricercatori di trarre vantaggio sia a livello finanziario che scientifico dai contratti di ricerca e di sostegno all’innovazione stipulati con le società del settore privato. Alcune disposizioni della legge sull’università del 2010 vanno in parte in questa direzione. Aumentare la collaborazione aumenterebbe la produzione complessiva di ricerca e ne migliorerebbe la diffusione. Migliorare le condizioni di contesto per l’imprenditorialità e ridurre le barriere all’ingresso per le piccole imprese innovative è condizione necessaria per sfruttare appieno una capacità di ricerca rafforzata. Selezione degli studenti, orientamento professionale 21. La mancanza di selezione all’ingresso e la mancanza di forme alternative di istruzione terziaria contribuiscono a ritardare il completamento degli studi e a mantenere alti i tassi di abbandono. Eccezion fatta per lo studio della medicina e di poche altre discipline, alle università in genere non è consentito selezionare gli studenti all’ingresso – è sufficiente il possesso di un diploma di maturità. Tuttavia le università approfittano sempre più di soluzioni che rendono possibile la selezione anche in altre discipline. Andrebbe generalizzato il processo di selezione degli studenti all’ingresso (o subito dopo), insieme a linee guida chiare per l’accesso ai corsi di laurea che corrispondono al tipo e alla struttura degli studi secondari perseguiti. Tuttavia, attualmente i risultati della maturità presentano un’evidente distorsione regionale e pertanto non possono essere utilizzati come criterio unico di selezione. La legge sull’Università del 2010 introduce un incentivo per gli studenti che terminano gli studi con il massimo dei voti entro i termini di legge, trasformando i prestiti pubblici in borse di studio. Sarebbe anche utile ampliare il numero limitato di corsi universitari professionalizzanti. La creazione dei primi Istituti Tecnici Superiori nell’ottobre 2010 rappresenta un passo in questa direzione se potranno svilupparsi sul modello dei corsi biennali, fortemente integrati con il commercio e l’industria, offerti dagli Instituts Universitaires Technologiques francesi. Riformare il sistema di assunzione del personale e di progressione della carriera 22. Fino a poco tempo fa le procedure di assunzione del personale accademico sembravano dare un vantaggio sproporzionato ai candidati locali, scoraggiando quindi la partecipazione alle procedure di selezione da parte di una più ampia rosa di ricercatori provenienti da altre parti d’Italia e dall’estero. La Legge di Riforma dell’Università del 2010 introduce un nuovo sistema di assunzioni in due fasi, che, se messo in atto correttamente, dovrebbe garantire notevoli miglioramenti; misure specifiche che mettono in relazione le procedure di assunzione e il loro esito ai livelli di finanziamento, dovrebbero inoltre garantire che in futuro le università saranno fortemente incentivate ad assumere personale accademico altamente qualificato. E’ dunque di importanza cruciale che la riforma sia attuata sia a livello nazionale che locale nel modo più rigoroso possibile e che si applichino criteri di valutazione basati sul merito che siano quanto più severi possibile. A livello locale si dovrebbe incoraggiare il ricorso a esaminatori esterni, anche provenienti dall’estero. Il nuovo sistema di assunzione funzionerà efficacemente solo se integrato nell’ambito dei 9 cambiamenti complessivi della governance e del sistema di finanziamento improntati ad una maggiore autonomia e responsabilità previste nella legge del 2010. 23. Fino a poco tempo fa, la progressione degli stipendi per i professori universitari di ruolo – come avviene normalmente in molti sistemi accademici europei – sostanzialmente non dipendeva dal rendimento. Gli scatti di stipendio in Italia dipendono ora dalla presentazione di rapporti sulla ricerca e/o sull’attività didattica svolta. Un altro aspetto dell’autonomia universitaria dovrebbe essere la capacità di premiare i docenti e i ricercatori in modo più aderente alle loro prestazioni. La riforma dell’università del 2010 lo rende possibile mediante la creazione di un Fondo per la premialità in ogni università. La politica ambientale dovrebbe ridurre l’inquinamento con criteri di economicità – vale a dire assegnandogli il giusto valore 24. L’insieme degli strumenti che l’Italia usa per mitigare l’impatto ambientale dell’attività umana comprende i principi fondamentali – chi inquina paga, assegnare il giusto valore alle esternalità, l’analisi costi-benefici e gli studi di valutazione ambientale. Tuttavia in molti di questi settori l’Italia lascia a desiderare. Nell’importante settore delle emissioni di gas serra, sebbene le emissioni rapportate al PIL siano relativamente basse, l’Italia è al terzo posto tra i paesi che emettono gas a effetto serra nell’Unione Europea e le emissioni sono aumentate costantemente fino alla crisi del 2008, sebbene da allora si siano ridotte. Mentre i veicoli per passeggeri sono relativamente improntati ai criteri di efficienza energetica, i veicoli per il trasporto su strada lo sono molto meno e l’inquinamento atmosferico in molte città rimane preoccupante, in parte per ragioni climatiche. La gestione dello smaltimento dei rifiuti è un problema complesso, per la scarsa pianificazione e per la presenza, in alcuni casi, di attività illegali. 25. Assegnare il “giusto” valore è un elemento essenziale di un approccio fondato sul criterio di economicità per la riduzione dell’inquinamento, perché crea gli incentivi a ridurre laddove i costi sono più bassi. Nel lungo termine assegnare il “giusto valore” all’inquinamento stimola l’innovazione, perché aumenta il rendimento degli investimenti in ricerca e sviluppo ambientali. Il settore dei trasporti ne è un tipico esempio. E’ una fonte importante di esternalità ambientali negative alle quali è possibile assegnare un valore. Tuttavia, pur con tasse sui combustibili elevate rispetto agli standard dell’OCSE, e solo leggermente al di sopra della media dell’UE, e con normative europee sulle emissioni sempre più rigide, molto si è già fatto per “assegnare il giusto valore” all’inquinamento, evitando di imporre sanzioni inadeguate ad un settore strategico. Tuttavia, in termini reali le imposte sui combustibili sono diminuite, riducendo l’incentivo ad economizzare, sebbene esso sia stato in parte compensato dall’inasprimento delle norme sulle emissioni per i nuovi motori. Le aliquote stabilite nel settore del trasporto per affrontare le specifiche esternalità – in particolare quelle relative alla CO2 nei settori non interessati dai mercati delle emissioni dell’UE – dovrebbero essere fissate allo stesso livello in tutti i settori. Inoltre, la resa ecologica dei mezzi di trasporto commerciali è migliorata molto meno che nel trasporto privato; ciò sembra essere legato all’imposizione meno rigorosa o incostante delle norme più che al calo relativamente contenuto delle imposte sui combustibili per uso commerciale. Si dovrebbero però gradualmente eliminare le riduzioni dannose all’ambiente, nonché le 10 altre riduzioni ed esenzioni, quali quelle previste per i taxi, l’aviazione, l’agricoltura e la navigazione. Perseguire gli obiettivi ambientali: sviluppare la governance giusta 26. Per la maggior parte degli aspetti di attuazione e di applicazione, la responsabilità della politica ambientale è decentrata ai governi regionali, per i quali sono previsti dei limiti entro quali essi possono approvare leggi autonome. L’equilibrio tra la legislazione del governo centrale e l’attuazione a livello locale appare in linea di massima corretto, pur essendosi verificati conflitti sporadici. Esiste una certa frammentazione del reporting ambientale e tra le autorità di controllo ambientale, per cui i dati possono non essere qualitativamente uniformi in tutto il paese, una circostanza che impedisce di realizzare miglioramenti del benchmarking. Inoltre, la capacità analitica delle Agenzie Regionali per la Protezione dell’Ambiente (ARPA) risulta variabile a causa delle dimensioni e delle disponibilità economiche, che variano da regione a regione. I rappresentanti delle ARPA si incontrano molte volte ogni anno sotto l’egida dell’agenzia nazionale ISPRA, ma il coordinamento non si traduce in attività congiunte a livello tecnico. Nonostante la logica del decentramento, si può argomentare a favore di una reintegrazione delle ARPA in una rete nazionale più strutturata se ciò facesse aumentare l’efficienza complessiva, riducendo inutili duplicazioni di iniziative tecniche in alcuni settori. 27. Un aspetto importante della politica ambientale è l’uso sistematico di strumenti analitici per valutare l’impatto ambientale delle politiche. Le procedure della Valutazione di Impatto Ambientale (VIA, utilizzata per progetti specifici, soprattutto infrastrutture) e di Valutazione Ambientale Strategica (VAS, espressione utilizzata quando si esaminano le conseguenze di piani e programmi, politiche e strategie) esistono e, sulla carta, sembrano adeguate. Esse tuttavia incidono poco, poiché le valutazioni spesso sono fatte troppo tardi per prendere in seria considerazione politiche alternative. Queste valutazioni dovrebbero seguire procedure trasparenti, costanti, coerenti e stabili e se ne dovrebbe potenziare il ruolo nel processo di policy making. Un problema è che i cambiamenti delle politiche sono spesso introdotti mediante decreto-legge dell’esecutivo, che spesso non richiedono una VAS; una volta approvato il decreto, il governo deve convertirlo in una legge del Parlamento in un periodo di tempo relativamente breve, una circostanza che non lascia spazio ad una discussione significativa delle alternative. Se il Ministero dell’Ambiente e le commissioni parlamentari competenti non avranno la forza di mettere in discussione questo modo di procedere, sarà difficile che la VIA e la VAS possano funzionare efficacemente. E’ necessario esaminare più attentamente i costi e i benefici 28. Il rapporto costi-benefici nel settore del trasporto ferroviario dovrebbe essere nuovamente valutato. Esistono, ad esempio, alcune divergenze sull’analisi dei costi e dei benefici del programma italiano per i treni ad alta velocità. Critiche analoghe a quelle già menzionate per la VIA e la VAS valgono per l’uso dell’ Analisi Costi Benefici (ACB) nel settore ambientale e in altri ancora. La ACB dovrebbe essere utilizzata in modo più costante, con prezzi ombra comuni applicati a esternalità analoghe in tutti i vari progetti. I rapporti sull’Analisi Costi Benefici, con le loro ipotesi chiaramente esplicitate, dovrebbero essere messi a disposizione del pubblico. Nel 11 caso delle ferrovie, gli elevati costi di realizzazione in Italia, abbinati alla tendenza a dare ai progetti ferroviari un notevole contenuto politico, rafforzano la necessità di riconsiderare il programma ferroviario. D’altra parte, il positivo rapporto costi-benefici dell’introduzione dei pedaggi stradali a Milano è incoraggiante, soprattutto perché si è ridotta la congestione. Si dovrebbe incoraggiare l’uso del pedaggio stradale in altre zone, almeno a livello sperimentale, prevedendone il monitoraggio e la valutazione dei risultati. Le politiche per la crescita eco-compatibile dovrebbero esser chiare riguardo ai fini e ai mezzi, in particolare nel campo energetico 29. Un obiettivo fondamentale della politica energetica è la riduzione delle emissioni di gas serra, per le quali un obiettivo supplementare, imposto a livello dell’Unione Europea, è quello di aumentare la quota delle fonti rinnovabili del consumo finale lordo di energia. A tal fine l’Italia utilizza un sistema di “certificati verdi”, in base al quale i distributori di elettricità devono acquisire certificati per una certa quota della loro fornitura. Li ottengono o acquistando energia rinnovabile, o comprandoli da altri distributori, per cui il prezzo varia in base alla domanda e all’offerta e diminuisce via via che migliora la tecnologia. Poiché, come avviene nel caso dei diritti di emissione commerciabili, si applica lo stesso prezzo a tutti i tipi di tecnologia rinnovabile, si tratta di un modo per raggiungere l’obiettivo che riduce i costi al minimo. 30. Tuttavia, l’Italia aumenta i costi nel breve periodo differenziando tra diversi tipi di energia eolica e utilizzando una tariffa feed-in a prezzi garantiti per l’energia solare. La tariffa feed-in riduce l’incertezza dei prezzi per gli investitori e può quindi creare maggiori incentivi per l’innovazione. L’innovazione nella tecnologia ambientale e l’occupazione ad essa associata giovano direttamente all’ambiente e possono avere ricadute in altri settori. Tuttavia si deve fare attenzione a non spingersi troppo oltre. L’innovazione e i posti di lavoro qualificati creati perseguendo politiche eco-compatibili possono essere considerati dei vantaggi a fronte dei quali, però, si deve considerare la disponibilità di tali fattori, poiché incidono anche come costi delle politiche eco-compatibili stesse. 31. Ad esempio, le tariffe feed-in, che prevedono livelli molto più alti di sovvenzioni per l’energia solare che per l’eolica, possono incentivare la ricerca e lo sviluppo per l’energia solare ma, se stabilite come prezzi fissi per troppo tempo, possono generare rendite molto alte per riduzioni di emissioni soltanto contenute. Se, da un lato, ciò avviene in parte a seguito delle politiche dell’Unione Europea più che di quelle nazionali, è anche vero che alcuni obiettivi di natura energetica sono perseguiti a costi eccessivi. Anche se l’obiettivo complessivo per la quota delle energie rinnovabili è giusto per l’Italia, probabilmente non è efficiente avere programmi di sovvenzionamento diversi per fonti diverse. Le tariffe feed-in dovrebbero essere ridotte. Si dovrebbero evitare questi ed altri strumenti concepiti per incoraggiare particolari tecnologie, preferendo piuttosto misure quali i certificati verdi indifferenziati, che prendono in considerazione obiettivi a costi inferiori. Data l’incertezza e le inefficienze create dai continui cambiamenti di contesto, il decreto previsto per sostituire il sistema dei certificati verdi con un nuovo meccanismo di incentivi per le fonti rinnovabili dovrebbe essere mitigato, consentendo la massima continuità possibile con il sistema in vigore. La trasparenza e la coerenza delle norme sugli incentivi dovrebbe essere garantita nel tempo per migliorarne l’efficacia. 12 32. L’energia nucleare può apportare un importante contributo nel lungo termine alla riduzione delle emissioni di carbonio e, con la diversificazione delle fonti, alla sicurezza energetica in Italia. L’attuale approccio, in base al quale gli operatori non solo devono assumersi i costi di dismissione ma tutti i rischi, potrebbe, senza garanzie del governo, non essere attuabile, trattandosi di rischi di natura prolungata. Trattandosi di una materia molto delicata, si dovrebbe intraprendere l’attività necessaria per l’Analisi Costi Benefici e per l’istituzione dell’agenzia preposta alla programmazione della strategia con la massima trasparenza, al fine di garantire che il dibattito pubblico si svolga sulla base delle migliori informazioni disponibili. E’ necessaria una riforma della governance nel settore della fornitura di acqua 33. Una questione fondamentale nel settore della gestione dei rifiuti urbani e della erogazione d’acqua è che molte aziende di servizio pubblico erano, o sono tuttora, società pubbliche o dipartimenti dipendenti da amministrazioni comunali. Come sottolineato nel precedente Economic Survey e nella Regulatory Reform Review, sarà difficile conseguire obiettivi economici e ambientali sino a quando non si affronteranno i conflitti d’interesse. Sono quindi necessarie regole basate sulle condizioni del libero mercato, che possono richiedere la piena privatizzazione degli enti di gestione dei rifiuti e della fornitura di acqua; la stessa privatizzazione potrebbe non essere di per sé una garanzia. La proprietà privata di tali monopoli locali, che dovrebbero essere assegnati per un periodo determinato con gara d’appalto pubblica, richiederebbe a sua volta un’autorità di autoregolamentazione nazionale autonoma e forte, che operi in collaborazione con l’Autorità garante della concorrenza. 34. Con una governance migliore, determinare giusti livelli di prezzo diventa più semplice. Nel caso della fornitura d’acqua, si dovrebbe incoraggiare la determinazione del prezzo che attui pienamente il principio del recupero dei costi e costituisca un incentivo a ridurre le perdite nella distribuzione. Attualmente alcune delle perdite maggiori si verificano nelle regioni più aride. Volendo, si potrebbe attuare il “diritto” all’acqua potabile mediante un programma di tariffe che preveda l’erogazione gratuita di una quantità limitata di acqua ai nuclei familiari. La politica dei rifiuti risente di una scarsa programmazione, ma ha anche registrato qualche successo 35. La questione dei rifiuti occupa spesso le prime pagine in Italia: l’attenzione dei mezzi di informazione si concentra principalmente sulla situazione nel Mezzogiorno. In alcune aree c’è stata una evidente incapacità dell’amministrazione locale di giungere ad un accordo generale sulla localizzazione degli impianti e sulle modalità di smaltimento dei rifiuti. E’ noto come in Campania, la regione con capoluogo Napoli, questi due problemi si sovrappongono. Si tratta di problemi che derivano da una cattiva gestione, aggravata dalla presenza di interessi illeciti. L’imposizione di “commissari” di governo esterni responsabili per i rifiuti non ha offerto una soluzione durevole, e può aver indebolito gli incentivi per le amministrazioni locali alla soluzione dei problemi di fondo, sebbene in altre regioni i poteri speciali dei commissari nazionali sembrino aver avuto effetti positivi. Sarebbe utile rivedere le procedure locali (non soltanto in Campania) utilizzate per garantire l’equilibrio degli interessi contrastanti in gioco nella gestione e nello smaltimento dei rifiuti, per valutare se sia necessario migliorarle. 13 36. Alcuni aspetti della gestione dei rifiuti in Italia sembrano funzionare bene e utilizzare in modo piuttosto efficace gli incentivi economici, in particolare per quanto riguarda i consorzi che si occupano del riciclaggio degli imballaggi industriali. Le tasse imposte a monte sui singoli prodotti, individuate nelle informazioni sui prezzi al consumo e collegate ai costi presumibili dello smaltimento, dovrebbero svolgere però una maggiore funzione di supporto. E’ inoltre possibile, mediante imposte adeguate, disincentivare l’uso delle discariche e degli inceneritori. 14