Il Barocco del Val di Noto , una miniera d`oro da valorizzare
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Il Barocco del Val di Noto , una miniera d`oro da valorizzare
SPECIALE BAROCCO 3 Il Barocco del Val di Noto, una miniera d’oro da valorizzare redo che la recente decisione dell’UNESCO di inserire il Barocco del Val di Noto fra i beni dell’umanità debba pur comportare qualche seria preoccupazione (oltre, naturalmente, al legittimo orgoglio per le patrie bellezze). Cominciamo dalle preoccupazioni. Le ottime ed agguerrite indagini archeologiche e storiografiche odierne, se hanno avuto il merito di aver molto sfrondato stemmi e patetici orgogli municipalistici, stentano ancora a trovare il giusto linguaggio e la giusta cordialità per comunicare alla gente comune. Servirebbe, insomma, uno sforzo di sintesi, che, senza scadere nel banale, delinei l’identità del Sudest siciliano. Senza scadere nel banale, ripeto. E lo dico perché, al di fuori di una Università che (quando va bene) parla a se stessa, oggi come oggi si stende, peggio della gramigna, il sottobosco, con tutti i lacci dei luoghi comuni, con l’insidia degli slogan, con i muri delle incomprensioni. La cosa, purtroppo, non comporta guai soltanto intellettuali. La fastidiosa ripetitività del banale, notoriamente, stanca. Così, tra l’incomprensibilità degli accademici e la petulanza di dilettanti e mestieranti si arriva all’indifferenza di massa, fatto che, davvero, non incoraggerebbe scommesse sul turismo culturale. A ragion veduta, quindi, viene a proposito la decisione dell’UNESCO (e qui arriviamo al secondo punto di questo articolo, cioè al nostro legittimo orgoglio di siciliani). Infatti, la scelta delle città che sono “entrate in elenco” e già, in nuce, la definizione di un’area coerente, che si fa forza di alcuni capisaldi (ma che non comporta l’esclusione del territoriale restante). Pietrangelo Buttafuoco, in un servizio apparso su “La Sicilia” del 23 agosto 2002, C riferisce che l’assessore regionale Fabio Granata “ha inventato la formula del Sud Est” e “di quest’angolo messo ancor più giù di Tunisi, vuole farne una delle tante possibili vetrine del Mediterraneo”. Ovviamente, trovo molto riduttivo il termine “inventato”, anche se c’è da condividere il resto. Lo si capisce se scorriamo l’elenco delle città entrate sotto tutela dell’UNESCO. Sono Modica, Ragusa, Scicli, Noto, Palazzolo Acreide, Caltagirone, Militello in Val di Catania, Catania. Ben tre provincie coinvolte, per di più attualmente molto differenziate sul piano economico ed infrastrutturale, ma unite su quello storico dallo sforzo di ricostruzione che seguì al terribile evento sismico dell’11 4 SPECIALE BAROCCO gennaio del 1693. In quel momento fiorirono straordinarie personalità di architetti, che dettero adeguati e razionali esempi della città moderna, dove le primarie esigenze di difesa dell’urbanistica medievale venivano sostituite con i concetti di decoro e di comodità, cosa che rispecchiava il non più localistico “governo dei funzionari” e l’economia aperta delle imprenditorie operanti in contesti nazionali (in queste zone addirittura internazionali, dati i legami con la corona spagnola). E questo era un fenomeno che durava da tempo, dato che il governo vicerale fu molto più dinamico di quanto non dicano i suaccennati luoghi comuni. La catanese via Crociferi ne fu pregevole esempio. Anche perché ingemmava i due assi viari delle attuali via Etnea e via Garibaldi, convergenti nelle sedi del potere spirituale (il Duomo) e temporale (il Palazzo del Senato). Tutto questo, inoltre, veniva dalla genialità del Vaccarini, esempio di intellettuale moderno, capace cioè di mettere la sua opera al servizio di un chiaro disegno politico. Tale chiave di interpretazione può utilmente applicarsi agli altri centri che costituiscono il barocco del Val di Noto, compresi quelli più piccoli, come Militello, dove operò un bizzarro prete-architetto, Antonino Sciré, che fu pure pittore, poeta ed uomo di teatro. E’ vero, altresì, che ci sono esempi ignorati dal percorso stabilito dall’UNESCO. In provincia di Catania, per dirne qualcuno, Grammichele, Vizzini ed Acireale potrebbero rivendicare qualche torto. Penso, però, che, se l’inflazione è un effetto temibile sul piano monetario, lo è ancor di più su quello storicoestetico (e, per conseguenza, turistico). Non dimentichiamo che l’idea di nobiltà venne distrutta proprio dalla politica del “todos caballeros”. La prudenza, quindi, converrebbe a tutti, specialmente se pensiamo che, in un auspicabile futura circuitazione turistica, attorno ai punti forti individuati, potrebbero crearsi “aree infrastrutturali” che coinvolgano i centri esclusi. Il terremoto del 1693, infatti, distrusse una zona che da secoli era protagonista primaria delle vicende isolane. Modica fu il più vasto feudo di Sicilia ed i suoi signori, i Cabrera, nel bene e nel male, determinarono la politica più impor tante. Catania assurse a sede della corte nel periodo aragonese e non vi mancano le glorie e le miserie delle città metropolitane, comprese le velleità di autonomia e le sommosse per il pane che funestarono il XVII secolo. Per tutto il Seicento ci furono grandi processi di espansione economica. La Militello di don Francesco Branciforte, probabilmente grazie al commercio della seta (che la collegava con la ricca Messina), poteva atteggiarsi a piccola capitale, orgogliosa di una stamperia propria e della presenza di prestigiosi intellettuali. Per tutto il secolo, inoltre, nacquero nuove città, destinate a restare ed a ingrandirsi. Per limitarmi alla provincia di Catania, cito Mirabella Imbaccari nel 1681 (309 abitanti), Belpasso nel 1613 (3763 abitanti), Mascali nel 1623 (570 abitanti); ed ancora, fondate tutte nel 1651, Scordia, Camporotondo, Mascalucia, Massa Annunziata, San Pietro Clarenza, Gravina. Approfondite indagini, perciò, potrebbero riservare qualche sorpresa sul pretesto immobilismo spagnolo. Se ci spostiamo verso Ragusa, infatti, troviamo Santacroce nel 1606 e soprattutto Vittoria nel 1616, che passò dai 691 abitanti dell’anno di fondazione ai 3950 del 1681 e, successivamente, ai 5668 abitanti del 1714 (quindi, con un grande incremento demografico, nonostante il terremoto del 1693). Tutto ciò ebbe importanti riverberi artistici, che farebbero la delizia del turista più esigente. Li troviamo non soltanto nell’architettura e negli assetti urbanistici, ma pure nella figurazione. Soltanto a Militello, per esempio, si conservano un Ritratto di Pietro Speciale che entusiasmò Leonardo Sciascia, un San Pietro e storie fra i primissimi esempi meridionali di prospettiva rinascimentale e una Natività di Andrea Della Robbia, in assoluto fra i più antichi esempi di presepio. Li troviamo, ancora, nello spettacolo (dalle barocche feste patronali, alle rappresentazioni sacre, alle opere musicali), nei costumi, negli arredi e nelle argenterie (particolarmente ricche ed interessanti quelle di uso ecclesiastico). Tanta e tale ricchezza di storia e di arte non poteva restare ignorata. E non lo è rimasta. Per questo, oggi come non mai, vale la considerazione che la civiltà d’un popolo non si misura guardando soltanto alle glorie passate. Va valutata, soprattutto, la sua capacità di renderle vive ed operanti nel presente. Salvatore Paolo Garufi SPECIALE BAROCCO 5 Cavalieri, dame e giullari alla corte del principe Rivissuto lo sfarzo di don Francesco Br anciforte e di donna Giovanna d’Austria durante la “settimana del Barocco” a Militello Val di Catania un appuntamento che è ormai tradizione ta, dopo anni di investimenti e azioni promozionali degli Enti pubblici, una chance autentica per lo sviluppo economico e occupazionale. Con la “Settimana del barocco” - organizzata per il nono anno consecutivo dalla Provincia regionale di Catania, dall’Azienda provinciale per il turismo e dal Comune di Militello - frammenti di storia, consuetudini e costumi popolari sono tornati alla luce del sole. L’atmosfera tipica del Seicento, con il richiamo alla corte degli artisti e dei letterati del tempo, non ha espresso un mero sentimento nostalgico. In tutta la comunità locale, dalle vecchie alle nuove generazioni, si è avvertito il senso della nobile appartenenza e della comune matrice storica. In un incantevole scenario architettonico, negli stessi quartieri descritti dall’erudito don Pietro Carrera, l’orgoglio per l’antica memoria è riaffiorato nel popolo, che attorno alla figura di don Francesco Branciforte e della consorte, donna Giovanna d’Austria, ha rispolverato i fasti gloriosi del XVII secolo. Nell’era di internet e della comunicazione globale, a Militello, inestimabile patrimonio d’arte sacra, il mecenatismo dei nobili casati, le evidenti committenze con la corona di Spagna: la città di Militello, con le sue venti chiese e i musei San Nicolò e Santa Maria della Stella, costituisce un unicum storico-artistico di assoluto rilievo. Il recente riconoscimento dell’Unesco, che ha inserito il barocco nella Lista del patrimonio dell’Umanità, suggella uno dei più apprezzati itinerari culturali dell’ex Val di Noto, nel solco di una plurisecolare tradizione locale. In vari periodi dell’anno, migliaia di visitatori, escursionisti e studiosi, con le loro presenze nel centro storico, contribuiscono alla crescita del segmento turistico, che rappresen- L’ 6 SPECIALE BAROCCO ha esaltato le origini e i legami. La città di Militello, profondamente legata alla propria radice, ha proposto in una grande rassegna, tra spettacoli teatrali e danze, musiche e giochi di quartiere, cortei in costumi d’epoca e partite a scacchi, sette giorni di grande “fermento” artistico e culturale. In un tripudio di colori e di emblemi delle più potenti famiglie locali, la “Settimana del barocco” ha segnato un prestigioso appuntamento. In Sicilia non esiste, infatti, una rappresentazione storica di analoga durata e complessità filologica. La festa barocca ha rappresentato un altro momento concreto di promozione turistica, inserendosi a pieno titolo nel processo di salvaguardia e valorizzazione dei monumenti. Gli escursionisti hanno potuto ammirare i ridenti mascheroni dei palazzi, i finissimi tagli della pietra calcarea di Santa Barbara e la maestosità dei templi di culto, avvertendo sensazioni inconsuete. Non è mancata la calorosa accoglienza, né la tradizionale ospitalità della gente: i prodotti tipici della gastronomia e le visite guidate hanno completato il “pacchetto” militellese. Una delle creazioni ispirate ai miti della Sicilia il tuffo nel passato ha rappresentato la più degna “scommessa” sociale e culturale: la legittima appropriazione degli antichi vessilli dei rioni, in una sontuosa atmosfera di festa, Lucio Gambera Il principe dell’eleganza “La Moda incontra il Barocco”, un’occasione per apprezzare autorevoli griffe dell’Alta moda. Quest’anno, terzo appuntamento, il protagonista è stato il principe Egon Von Furstenberg al quale è stata dedicata una antologia. Furstenberg uomo: con l’aiuto di immagini e video siamo entrati nel suo privato, abbiamo conosciuto le sue mogli (ne ha avute due), siamo stati nel suo castello in Austria, lo abbiamo visto sulla copertina di autorevoli riviste straniere, Furstenberg mondano, sempre con il supporto delle videoproiezioni lo abbiamo incontrato con i grandi della moda: Laura Biagiotti, Santo Versace, Roberto Cavalli ed ancora con capi di Stato, nelle Filippine addirittura con il Papa per poi finire col Furstenberg impegnato nel sociale, lo abbiamo visto sostenere nobilissime cause per i bimbi d’Africa, contro l’Aids, a favore dell’Aism e così via. Un momento di musica ha anticipato la presentazione degli abiti ispirati al Barocco, accompagnati dalle note musicali di tre fantastici chitarristi in una insolita performance. Lo Studio Ferrera di Gabriella Ferrera ha dato il benvenuto al principe con le collezioni degli allievi, ispirati ai miti ed alle leggende dell’Etna. Bellissime modelle, come sempre siciliane, in un meraviglioso appuntamento che ha fatto vivere grandi emozioni, l’associazione culturale Promoda ed il suo braccio operativo, l’agenzia di moda BTF CASTING. 7 Mille itinerari, tra la pietra scolpita e i sapori della terra Il riconoscimento dell’Unesco è una grande opportunità per valorizzare non solo il patrimonio artistico, ma anche quello enogastronomico volto in una memorabile due giorni al Villa San Mauro di Caltagirone, il convegno sui percorsi nel Val di Noto del barocco, promosso dalla Fidapa di Caltagirone in collaborazione con l’Azienda provinciale turismo di Catania, è caduto per un felice concorso di coincidenze proprio nelle ore in cui le agenzie (immediatamente seguite dai notiziari nazionali) battevano la notizia dell’inserimento nel catalogo del patrimonio dell’umanità Unesco, delle città siciliane rinate dopo il devastante terremoto del 1693. Dell’entusiasmo degli ospiti del simposio, è facile immaginare: mentre relatori e uditorio (erano presenti anche una trentina di giornalisti da tutta Italia) vivevano un intenso programma di studi, la sensazione da toccare con mano era quella di partecipare a un evento le cui ricadute per il nostro territorio erano (sono) di incalcolabile importanza. A organizzare l’evento la presidente del sodalizio Pina Giannetto Bugliari che, rimandata all’autunno l’attesa relazione di Tatiana Kirova, incaricata per la redazione del piano di gestione, ha invitato i protagonisti della nuova stagione culturale del Val di Noto a confrontarsi sulle nuove sfide. Sui caratteri unitari del Val di Noto ha discusso Domenico Amoroso, direttore dei musei civici di Caltagirone, seguito da Felice Trovato, direttore del museo San Nicolò di Militello, che ha illustrato possibili percorsi archeologici del Val di Noto, a testimoniare come questa non sia solo terra di putti in pietra e prospettive teatrali, ma luogo dalla complessa stratificazione culturale; Carmela Vella, direttore dei restauri al castello di Donnafugata ne ha ripercorso le tappe salienti, mentre Giuseppe Coria, accademico della Cucina, ha dipanato l’intrico delle molteplici ispi- S razioni cui attinge la gastronomia locale. Insomma: il barocco del Val di Noto viene dichiarato patrimonio dell’umanità dall’Unesco, e dopo secoli di separazione amministrativa riparte una progettazione territoriale omogenea nella Sicilia sud orientale. In attesa della compilazione definitiva del piano intermunicipale di gestione, affidato a uno staff guidato dalla Kirova, gli otto comuni appena inseriti nella World heritage list hanno avviato dei tavoli di discussione sul rilancio del territorio ponendo cultura ed enogastronomia come fulcro della nuova politica turistica. E così per Noto e Palazzolo Acreide (Siracusa), Ragusa Ibla, Modica, Scicli, (Ragusa), Militello e Caltagirone (in provincia di Catania, anch’essa inclusa nel documento), si apre la via maestra degli itinerari tematici. Mentre appare sempre più prossimo il varo della nuova Provincia regionale di Caltagirone, che dovrebbe comprendere 15 comuni e 180 mila abitanti, alla concertazione sulle nuove sorti del Val di Noto sono stati invitati sedere le Province, la Regione, l’Università di Catania (impegnata in un ambizioso programma di decentramento), e la vivace imprenditoria locale. Dall’archeologia all’arte, dai prodotti tipici al paesaggio, ecco le ricette per supportare un circuito virtuoso di produzione ed economia: Caltagirone si fa promotrice della Strada del vino, in un territorio che vanta nel raggio di pochi chilometri produzioni tipiche come il rosso dell’Etna e il Nero d’A vola, mentre alla Regione fanno sapere che è in dirittura d’arrivo un piano organico sui distretti culturali per gestire il Val di Noto come unico prodotto culturale e turistico, superando le divisioni tra i territori provinciali d’origine. Gaia Sciacca