Cronica di Taverna - Museo Civico di Taverna

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Cronica di Taverna - Museo Civico di Taverna
Cronica di Taverna
dalla colonia greca alla città medievale
a cura di
Giuseppe Valentino
__________________________
I QUADERNI DEL MUSEO
Storia
Edizioni
Alle persone libere
che con sacrificio, umiltà, lavoro, intelligenza e senso di giustizia
hanno saputo costruire per il futuro
la storia culturale della Città di Taverna.
1
In copertina : particolare di una pagina del manoscritto conservato nella Biblioteca Comunale di Taverna.
Nell’immagine del frontespizio di pag.3 : Francesco Cassiano de Silva, Veduta della Città di Taverna, in Discorso sopra le Città del Regno
di Napoli, MSS 1708 , Oesterreichische National Bibliothek di Vienna.
2
Cronica di Taverna
dalla colonia greca alla città medievale
a cura di
Giuseppe Valentino
con i contributi di
Roberto Bartolini
Antonella Brogi
Maria Catizone
Maurizio Copedè
Teresa Danizio
___________________
I QUADERNI DEL MUSEO
Storia
Edizioni
3
Pubblicazione edita con il patrocinio ed il contributo di :
UNIONE EUROPEA
REGIONE CALABRIA – ASSESSORATO ALLA CULTURA
COMUNE DI TAVERNA
MUSEO CIVICO DI TAVERNA
Progetto e cura della pubblicazione
Giuseppe Valentino
Responsabile Settore Cultura
Direttore Museo Civico e Biblioteca – Comune di Taverna
Traduzione del testo manoscritto
Maria Catizone
Teresa Danizio
Coordinamento rapporti istituzionali per la realizzazione del progetto di restauro a Firenze
Caterina Bagnato
Progetto di restauro del manoscritto
Maurizio Copedè
Presidente CTS Restauro del Libro e della Carta, Istituto per l’Arte ed il Restauro “Palazzo Spinelli”, Firenze
Restauro del manoscritto
Antonella Brogi
Roberto Bartolini
Docenti e Restauratori dell’Istituto per l’Arte ed il Restauro “Palazzo Spinelli”, Firenze
Elaborazione multimediale delle pagine manoscritte
Giuseppe Frustaci
Tecnico informatico del Comune di Taverna
Testi nella pubblicazione
Sebastiano Angotti
Antonella Brogi
Maria Catizone
Maurizio Copedè
Teresa Danizio
Francesco Dardano
Giuseppe Valentino
Si ringrazia
On.le Sandro Principe - Assessorato alla Cultura delle Regione Calabria, Catanzaro
Dott.ssa Francesca Tripodi – Soprintendente per i Beni Archivistici della Calabria, Reggio Calabria
Dott.ssa Paola Benigni – Soprintendente per i Beni Archivistici della Toscana, Firenze
Dr.Antonio Dentoni Litta – Soprintendente per i Beni Archivistici della Toscana, Firenze
Dott.ssa Laura Mancuso – Direttore Generale, Assessorato alla Cultura delle Regione Calabria, Catanzaro
Prof. Francesco Amodei – Presidente Istituto per l’Arte ed il Restauro “Palazzo Spinelli”, Firenze
Dr.Raffaele Gaetano - Dirigente del Servizio, Assessorato alla Cultura delle Regione Calabria, Catanzaro
Dott.ssa Sandra Pieri – Funzionario incaricato, Soprintendenza Archivistica per la Toscana, Firenze
Prof.Maurizio Copedè – Presidente CTS Restauro del Libro e della Carta, Istituto per l’Arte ed il Restauro “Palazzo Spinelli”, Firenze
Prof.ssa Antonella Brogi e Prof. Roberto Bartolini, Docenti e Restauratori dell’Istituto per l’Arte ed il Restauro “Palazzo Spinelli”,
Firenze
Referenze fotografiche e documentarie
Archivio Museo Civico di Taverna
Archivio Giuseppe Valentino
Pubblicazione edita da : “I Quaderni del Museo” - Storia
Copyrigt 2008 by Museo Civico di Taverna
Stampato in Italia - Printed in Italy
Industria Grafica Rubbettino – Soveria Mannelli CZ
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Febbraio 2008.
Note di presentazione
L’Amministrazione Comunale di Taverna, con l’inedita ed integrale pubblicazione della Cronica di Taverna di Ferrante
Galas, restituita integralmente alla fruizione degli studiosi dopo secoli d’oblio, grazie al fondamentale sostegno
dell’On.le Sandro Principe, ex Assessore alla Cultura della Ragione Calabria; al lavoro programmato e realizzato dal
Prof.Giuseppe Valentino, Responsabile del Settore Cultura del Comune di Taverna; all’impegno ed alla professionalità
collaborativa delle Dott.sse Maria Catizone e Teresa Danizio; risponde al difficile intento di recuperare e diffondere i
valori sociali, politici e religiosi che sono stati alle origini dell’antichissima città di Taverna e delle comunità limitrofe.
Si compie in tal modo, un progetto di divulgazione culturale d’importantissima valenza per Taverna e l’intero
territorio della presila catanzarese, ciò rappresenta un felice auspicio per continuare sulla via amministrativa intrapresa
che, pone tra gli obiettivi principali, la valorizzazione e la conoscenza della nostra cultura.
Sebastiano Angotti, Sindaco di Taverna
La Biblioteca Comunale di Taverna viene istituita nel lontano 1975, in un’epoca in cui erano poche le famiglie che si
potevano permettere l’acquisto anche di una piccola enciclopedia del sapere, il primo Statuto fu approvato con
deliberazione del consiglio comunale n. 53 del 29 aprile 1975 e con lo stesso furono delineati gli scopi fondamentali della
nascente creatura culturale. Si voleva “fornire gratuitamente a tutti i cittadini, senza limitazione alcuna, un moderno
servizio pubblico di lettura, ricerca, consultazione, quale strumento primario di formazione ed elevazione culturale e
spirituale”.
Con lo Statuto sopra citato la Biblioteca viene denominata “I sette fratelli Cervi” martiri della Resistenza, ma non
passerà un anno che la Giunta Municipale, con atto n. 60 del 29 marzo 1976, decide di dare all’istituzione un nome più
adatto e consono al tipo di servizio che la stessa dà alla collettività e cioè l’attuale “Antonio Gramsci” “uomo di levatura
morale ed intellettuale mondiale, pensatore e scrittore che per la conquista e la difesa della libertà fini i suoi giorni in
carcere”. La Biblioteca parte così, con molto entusiasmo e pochi libri, circa 800 volumi tra quelli dell’ex Centro di
Lettura e quelli che si riuscivano a comprare con il Bilancio Comunale, ma con il proposito di sfruttare al massimo le
possibilità di finanziamento da parte degli Enti sopra ordinati (Regione, Provincia ecc.) e per questo con deliberazione di
Consiglio Comunale n. 39 del 24 novembre 1988 venne approvato il Regolamento per il funzionamento. Fu così quindi
che, grazie all’impegno dei diversi Comitati di Gestione succedutisi e dello scrivente in qualità di Direttore vincitore
dell’apposito concorso nel 1983, l‘istituzione si arricchì sempre di più di libri, armadi, arredi ed attrezzature, si
informatizzo il servizio e nei primi anni 2000 si ottenne dalla Regione Calabria il collegamento al Sistema Bibliotecario
Regionale con grossi vantaggi per l’utenza. Oggi si possono consultare 7.000 volumi tra i quali spiccano una decina
di libri antichi, la ristampa anastatica dagli originali, conservati presso la Biblioteca Nazionale “Marciana” di Venezia,
dei quattro trattati di Gian Lorenzo Anania filosofo e teologo di Taverna e, fiore all’occhiello della Civica Biblioteca, la
“Cronica di Taverna” di Ferrante Galas.
La “Cronica di Taverna” è un’opera di grande importanza per la storia della nostra città perciò non appena ci è stata
proposta per l’acquisto, da una collezione privata, per l’importo di £ 8.000.000, l’Esecutivo, allora presieduto dal
Sindaco Avv. Felice Foresta, il Comitato di Gestione della Biblioteca ed il sottoscritto ci siamo prodigati con entusiasmo
ed emozione per rendere possibile l’operazione. Il Comitato di Gestione ne discusse nella seduta del 22 novembre 1996
approvando un indirizzo positivo per l’ingresso dell’opera nella raccolta della Civica Istituzione, non potendo proporre
l’acquisto immediato per mancanza di fondi. Il Sindaco nominò una commissione di esperti composta dal Prof.
Giovanni Canino, dal Prof. Giuseppe Valentino e dallo scrivente con lo scopo di accertare l’autenticità dell’opera. Dalla
relazione della Commissione prima menzionata si legge che il manoscritto è “un codice cartaceo di 196 carte, cm 28,5 X
22,1, che sarebbe stato trascritto dal latino in volgare nel 1689 da Don Giuseppe Ierovasio di San Pietro di Taverna”.
Sempre dalla suddetta relazione si evince che Ierovasio si sarebbe servito della traduzione in latino dal greco di G.
Andrea De Putero del 1571.
La Giunta Municipale, in seguito alla relazione positiva sopra riportata, con deliberazione n. 458 del 31.12.1996
provvide all’acquisto della “Cronica di Taverna”. Alla spesa si fece fronte per £ 7.000.000 dal finanziamento regionale
per il potenziamento delle biblioteche degli enti locali e per £ 1.000.000 con fondi di bilancio. Dopo pochi giorni abbiamo
ricevuto il tanto prezioso manoscritto, acquisendolo con grande entusiasmo nella raccolta della Biblioteca Comunale
“A., Gramsci” Di Taverna.
Dr. Francesco Dardano, Responsabile Settore Amministrativo Comune di Taverna
5
Fra Angelo Rocca, Immagine urbana della Città di Taverna, 1583-84. Raccolta Zerbi, Taurianova RC.
[...]viene appresso la foce d’Alli, così lo chiamarono i Greci, alludendo; per esser molto pescoso, alla verità del fatto : nei i
mediterranei ci aspetta Taverna, ha questa città l’origine dall’antica Threschinesi, la quale, essendo una volta rovinata
da Mori nella marina, e poi riedificata entro terra in un sito quasi inespugnabile, fu saccheggiata per un lungo assedio
da Guglielmo Normado, mentre tenea la parte della Contessa di Cariati sua rubbella; al fin cadde un’altra volta affatto,
seguendo la fattion d’Aragonesi per mezo di Francesco Sforza; ivi appaiono gran parte hoggi le mura, il Castello, e il
Vescovato, ch’ella ritenea sotto il titolo di Sant’Angelo; s’habita la terza volta quasi due miglia sotto un bellissimo aere
fra due fiumi, l’uno è Litrello, e l’altro Alli, molto pescoso di Trotte le più eccellenti di tutto il contorno, che n’è assai
abondante, secondo pur si mostra per lo suo nome, che in Greco, si come gli suoi primi habitatori parlavano, dinosa
pescoso, è piena d’ameni fonti, della quale rimbomba la fama per tutto, per li molti Theologi, Filosofi, Legisti, Medici, et
dotti nelle lingue: aggiongendolene maggior la vita essemplare del Clero, e l’honestà delle donne, che davero in questo
non dà luogo a niuna città del Regno, osservando ancora l’antico uso Romano di non bere vino, ne d’uscire a balli, della
quale città, come che m’è patria, dovrei dir delle lodi di tanti huomini eccellenti, che vi sono fioriti nei i tempi passati;
almeno qualche parte : poiche le loro scritture si veggono sepolte, non curando lor successori manifestarle al Mondo, ciò
fu per buon rispetto, essendo hoggi cosi corrotto, e guasto il mondo, che più pesa l’honor che si dona ad altri, che quel
6
che da lor si toglie : ma oh tempi mali, si trova quest’infelice città cosi d’ogni parte oppressa, che ella si vede nella sua
rovina evidente : [...] 1.
Tracce riscoperte ed eterogenesi dei fini
Giuseppe Valentino
Costituisce una preziosa occasione di divulgazione ed approfondimento conoscitivo, la possibilità
di riscoprire alcune significative tracce, attraverso le quali poter ripercorrere, con nuovi quesiti ed
inaspettate conferme, la strada ombrosa e dissestata della storia che ha scandito la vita di tante
comunità presilane sorte nell’entroterra ionico della provincia di Catanzaro.
Obiettivo essenziale di questa pubblicazione, è stato fin dall’inizio della sua programmazione
riportare semplicemente alla luce, nella loro interezza, le pagine di un volume che da poco più di
un decennio attendevano di essere sfogliate, lette e studiate.
Si tratta di un manoscritto cartaceo del sec.XVII composto da 97 carte (risultano mancanti le prime
due) segnate da 197 numeri di pagine, suddivise e cucite in 10 fascicoli (due carte sono bianche)
con rilegatura a pieno cuoio bruno su piatti in cartone leggero; acquistato dal Comune di Taverna
nel 1996 e custodito presso la Biblioteca Civica in grave stato di degrado, causato precedentemente
all’acquisizione2.
Da una prima analisi ed integrale trascrizione del testo manoscritto, curata da chi scrive con la
preziosa collaborazione delle Dott.sse Maria Catizone e Teresa Danizio, è verosimile ipotizzare
l’identificazione del volume, purtroppo privo delle pagine ed informazioni iniziali, con la
cosiddetta Cronica di Taverna scritta nel 1450 da Ferrante Galas, deputato e testimone diretto della
distruzione dell’avamposto militare di Taberna, completata dalle truppe di Francesco Sforza il 6
luglio 1426, la cui dettagliata narrazione è preceduta da una succinta trascrizione della “Synopsis
Istorios Trischenes” di Teopompo Crea e da notizie riguardanti la precedente disfatta di Taberna
dell’anno 1162, tratte dalla “Cronica Pesacense”3.
Secondo la traduzione erudita locale, la Cronica venne tradotta in latino da Giovanni Andrea de
Putero nel 1571 ed in volgare da Giuseppe Ierovasio nel 1689 4; in una versione la cui esistenza è
stata segnalata in tre diverse copie ed il cui utilizzo “a piene mani” ha spesso contribuito a
confonderne la collocazione ma soprattutto a ritardane la pubblicazione integrale.
Come la più antica Chronica Trium Tabernarum et de Civitate Catanzarj 5 pubblicata nel 1721 da
Ferdinando Ughelli, la Cronica del Galas fù uno dei tanti documenti calabresi, parzialmente
discussi dagli studiosi, per lo più impegnati a sostenere gli interessi del potere politico ed
ecclesiastico dominante nella capoluogo provinciale, le cui strategie non potevano e non dovevano
essere messe in discussione dalle comunità ‘minori’ ricadenti nella propria giurisdizione.
La diaspora tra Catanzaro e Taverna ha di fatto contribuito ad ‘occultare’ per secoli l’esistenza
dell’insediamento greco di Trischene, etnia originaria dell’attuale Taverna e di tante altre comunità
evolutesi nell’entroterra presilano.
1
Anania G.L. L’Universale Fabrica del Mondo overo Cosmografia, Muschio, Venezia 1582, pp.117-118.
2 Il progetto esecutivo di restauro del manoscritto, redatto dal Prof.Maurizio Copedè, Presidente del Comitato Scientifico
dell’Istituto per l’Arte ed il Restauro “Palazzo Spinelli” di Firenze, è stato programmato dal Settore Cultura del Comune
di Taverna; autorizzato dalle competenti Soprintendenze Archivistiche della Calabria e della Toscana; finanziato nel 2007
dall’Assessorato alla Cultura della Regione Calabria. Il completamento del lavoro di restauro, curato Antonella Brogi e
Roberto Bartolini, docenti della Scuola di Palazzo Spinelli, è previsto entro il mese di febbraio 2008.
3 I dati riguardanti la suddivisione dell’opera in “tre libri”, sono riportati nelle pagine 3 e 4 del manoscritto.
4 Cfr.U.FERRARI, Taverna in epoca bizantina, Estratto dal volume XXXIX (1971) dell’Archivio Storico per la Calabria e la
Lucania, Roma 1973, p.45. L’autore offre una esaustiva disamina della Cronica del Galas segnalando l’esistenza a
Taverna, Catanzaro e Vibo Valentia di tre versioni del manoscritto, acriticamente utilizzato dal Franconieri nella sua
Memorie storiche di Taverna, Catanzaro 1891; successivamente studiato da Raniero Zeno nel 1911 e da Giovanni Canino
nel 2002.
5 Per i contenuti della Chronica Trium Tabernarum et de Civitate Catanzarj, vedasi anche la pubblicazione a cura di
Domenico Montuoro, Catanzaro 2006.
7
Resti della Rocca di Taverna ( Fine sec.X).
Resti della Torrecene (1428-’31).
Resti dell’Abbazia e del Monastero Basiliano di Santa Maria di Pesaca (fine sec.X).
8
Le notizie sull’esistenza di Trischene si sono ripetute ininterrottamente per gli oltre cinque secoli
che hanno cronologicamente seguito la scrittura delle due Cronache di Taverna; così quelle dei
resti e dei reperti relativi ai sovrapposti insediamenti urbani: distrutti e sepolti dai ricalcati tracciati
viari della strada statale ionica 106; dalla posa della linea ferroviaria; dalle costruzioni civili più o
meno condonate o dai sistematici saccheggiati dei tombaroli di passaggio 6.
L’indiscutibile prova di ciò che era già sommariamente deducibile dalle pur parziali, imprecise e
contraddittorie fonti storiche esistenti sul territorio ionico segnato dallo sbocco dei fiumi Corace e
Crocchio, sta oggi miracolosamente riemergendo dagli scavi archeologici in località Chiaro di Sellia
Marina, in un terreno che, il gioco fatale del destino, ha voluto appartenesse ancora alla città di
Taverna, nuovamente protagonista di una ormai inaspettata eterogenesi dei fini.
L’emergenza delle strutture di interesse archeologico, intercettate casualmente all’inizio del 2006,
nel corso dei lavori di scavo della Snam Rete-Gas, finalizzati alla messa in opera di un gasdotto
(Strada Statale 106 – Bivio di Uria), ha evidenziato: “i resti di una vasta area produttiva di età romana
repubblicana con una varietà di strutture annesse, sovrapposta ad una precedente frequentazione greca di
epoca tardo-arcaica o classica e ad una più recente sovrapposizione di età imperiale a carattere residenziale
con una cisterna probabilmente correlata al complesso stesso, e ad una necropoli di età altomedioevale ”7.
Alla luce di quanto è stato riscontrato dallo scavo archeologico diretto dalla Dott.ssa Maria Grazia
Aisa, appare oggi ragionevole, dover riconsiderare con maggiore onestà e rigore scientifico, tanti
aspetti della storiografia riguardante le origini della città di Taverna; non ultimo quello relativo
all’esistenza ed al trasferimento a Catanzaro dell’originaria Sede Vescovile, “vexata quaestio”
posta alla base di tante delegittimazioni, parziali interpretazioni ed omissioni.
Come inizialmente premesso, la disamina dei contenuti, direttamente leggibili dalla Cronica,
finalmente tradotta, non riguarda le finalità principali di questo lavoro, il cui auspicabile utilizzo
futuro è destinato ovviamente agli studiosi della Calabria, ma principalmente alle comunità di
Taverna e dei comuni limitrofi, affinchè possano congiuntamente ricostruire, attraverso il
riconoscimento delle dimenticate tracce storiche, l’identità perduta nel tempo.
Scavi archeologici in Località Chiaro di Sellia Marina, 2006 (Strada Statale 106. Bivio di Uria).
6 Numerose segnalazioni riguardanti l’area interessata sono riportate da Pietro Paolo Colosimo nel saggio Alla ricerca della città perduta,
Trischene - Tres tabernae, in “Bollettino Museo Civico di Taverna”, n.6, Taverna 2006.
7 La nota è tratta da una comunicazione del Soprintendente ad interim per i Beni Archeologici della Calabria, Pietro Giovanni Guzzo,
inviata al Comune di Taverna in data 6 febbraio 2007.
9
Giuseppe Valentino, Identificazione del sito medievale di Taverna, 1983. Nella pianta (lato inferiore destro) sono rispettivamente indicati :
con il n.1 i resti della Rocca di Taverna; con il n.2 i resti della Cattedrale di S.Michele Arcangelo; con il n.3 i resti della Torretta di
avvistamento. A tutt’oggi, tra la folta vegetazione, sono ancora visibili i tre siti descritti nella “Cronica” e rilevabili in località “Taverna
Vecchia”, a pochi chilometri dall’abitato di San Giovanni d’Albi CZ.
Studio di un manoscritto dimenticato
Maria Catizone e Teresa Danizio
10
Questo lavoro nasce dall’intenzione di rendere fruibile a un vasto pubblico, e non solo agli
“addetti ai lavori”, il manoscritto redatto da Ferrante Galas nel 1450, come egli stesso afferma
all’interno del testo, e successivamente trascritto nel XV secolo da scrittore ignoto.
Lo studio della Cronica, iniziato nel 2006, si è diviso in due fasi. In un primo momento si è voluto
dare uno sguardo d’insieme al testo. L’obiettivo di questo primo approccio è stato quello di avere
una visione complessiva dell’argomento trattato e prendere familiarità con la grafia, fatta di
abbreviazioni e di alcuni caratteri particolari, che a primo impatto sarebbero potuti sembrare
indecifrabili.
Il passo successivo è stato quello di trascrivere il testo esattamente come si è presentato ai nostri
occhi, senza parafrasare, senza correggere gli errori laddove si presentavano, tenendo presente che
il nostro testo di riferimento è già una trascrizione, adottando le stesse abbreviazioni e cercando di
riportare gli stessi simboli, che sono stati usati dalla nostra fonte, o avvicinarci ad essi il più
possibile.
La trascrizione del testo non è stata un’operazione facilissima. Numerosi sono stati i punti cruciali
davanti ai quali ci siamo trovate. Innanzitutto c’è da sottolineare che nel testo si alternano pagine
scritte in maniera molto chiara, con pagine scritte in modo fitto. Ciò ha aumentato le difficoltà di
comprensione della scrittura. In alcuni punti, inoltre, la nostra fonte presenta delle correzioni, che
talvolta lo scrivente effettua a margine, in altri casi esse sono apportate sopra i termini stessi. Tale
operazione fatta con l’antico pennino ha prodotto delle macchie illeggibili. Spesso alcune parole o
parti di frasi, poi, sono risultate sbiadite dal tempo.
Per tutti questi motivi a volte la trascrizione di alcuni termini, facilmente rintracciabili nel testo
perché contrassegnati da asterischi, non sono stati riportati con la certezza assoluta.
I dubbi più grossi, poi, sono nati circa i nomi delle famiglie citate nel testo. Alcuni di questi sono
riconducibili a cognomi tuttora esistenti, per molti altri la difficoltà nel decifrare la grafia ha potuto
portare, a volte, a delle trascrizioni imprecise.
Tali nomi non sono stati verificati negli archivi in quanto la trascrizione non vuole presentarsi
come indagine storica, ma la nostra intenzione è stata quella di riportare il testo così come lo
abbiamo letto noi, perché anche il lettore lo possa ritrovare nella sua forma originale; un testo che
descrive il territorio di Taverna, dalla sua fondazione fino al 1450, citando tutte le invasioni, le
guerre e il succedersi dei vari governi, per riscoprire, in un certo senso, le nostre origini e le origini
dei luoghi in cui viviamo. Un tuffo nel passato descritto con una grande dovizia di particolari,
soprattutto nell’ultima parte, che è quella in cui vengono narrati gli avvenimenti vissuti in prima
persona dall’autore stesso della Cronica.
Note ed abbreviazioni :
*
parola poco leggibile
** termine corretto a margine
*** termine che non si riesce a leggere
ή simbolo utilizzato nelle parti scritte in latino. È un’abbreviazione usata, probabilmente, per que δ usata spesso dopo le lettere c e n per
indicare con e non. Nelle parti scritte in latino la si trova a fine parola e sta a indicare una m.
11
Prima pagina del manoscritto.
12
Il manoscritto tradotto
3
di Teopompo Crea scritta pure in Greco Attico, il di cuj titolo era Synopsis
Istorios Trischenes; che voleva dire in Latino. Compendio dell’Istoria di Trischene. E
perche qsto librettino scritto in pergameno si estendeva sino all’edificazione di
Taberna Montana, aggiunto al Diario, che Cesare Ioino scrisse in Latino dell’Assedio
del Re Guglielmo il Malo, di qsto ne hó trascritto in succinto quel tanto basterà á dare
una Breve Notizia di quello si era più essenziale intorno á Taberna, qd.o si chiamò
Trischene. Dall’anno poj di nostra salute 1162, tempo in cui fú destrutta dal sud.o
Guglielmo mi hó servito della Cronica Pesacense, sino al tempo dell’Ultimo Assedio,
qle Io mi sono compromesso á descrivere con tutte quelle particolarità, che hó potuto
sapere, essendovi Io stato uno de Deputati, quando si fecero le Capitolazioni,
conforme nel decorso del mio scrivere, sentirete, qd.o si tratta nell’Ultimo di qsto
infelice accordo. Ed accioche ogni cosa caminasse col suo dovuto ordine, hó giudicato,
questa Cronica dividerla in tre Libri.
4
Nel Primo Libro si tratta dell’edificaz.ne dell’Uria sino al tempo dell’ultimo assedio,
Nel 2.° si tratta dello stato, in cuj si ritrovava, qd.o fú ultimam.te assediata. E nel 3.°
si tratta dello stesso assedio.
Opera8
Libro Primo
Dell’Uria, di Trischene e’ di Taberna
con suoj Villaggi.
Capitolo I. Della Edificaz.ne dell’Uria, e’ suo
modo di governarsi.
Correano gli anni della Creazione del Mondo 2797. innanzi l’era di Cristo 1757, qd.o
dopó l’assedio di anni diece, caduta per il ratto di Elena Troja, ed ucciso da Pirro
figliolo di Achille il Re Trojano Priamo; ucciso ancora da Filottete Paride figliolo di
Priamo, ed il rattore di Elena moglie del Re de Lacedemoni Menalao, tutti li Trojani
sopravanzati alla stragge, e’ rovina di Ilio s’imbarcarono sopra le Navi per trovare
ricovero, chí in una parte, chí in un’altra da quà del Mare; poiche al di là vi erano li
Greci loro Nemici; e’ trovandosi le sorelle del Re Priamo con le Navi, che conduceva
Antenore Duce Trojano per salvarle al Promontorio Corinto, che si è Capo di Stilo,
stanche le Principesse Trojane di tanta lunga navigazione, vollero metter piedi á Terra
per ristorarsino da tanti disaggi; quindi
Il manoscritto è mancante di due fogli strappati, nei quali, probabilmente, erano stati trascritti il nome del proprietario e/o dell’autore,
nonché un indice generale del quale s’intuisce l’impostazione nei pochi numeri ancora leggibili sull’estremo margine interno facente
parte di una pagina perduta.
8
13
5
avendo trovato tra qsto tratto di Paese, che dal Promontorio di Corinto sino á
Crotone, nδ vi era più migliore di sito, ne di temperie più soave, ne di campi più
ameno, ne di biade più fruttifero, ne di boschi al di sopra più Commodo, ne di Monti
vicini, e’ aggiati più sicuro, ne di acque più abondante, che la porzione tra il fiume
Arocas e’ Marno trinchison deliberarono nδ partirsi maj più da ivi; tanto che il Duce
Antenore fú costretto ubbidire alli cenni soprani.
Sbarcate adunque le tre Principesse Astiochena, Attilia, e’ Medicastena cδ molte altre
donne nella metà di qsto tratto fra li due accennati fiumi, Antenore avendoli lasciato
molti Trojani per la di loro custodia, e’ Cultura de Campi, ed edifizi di Fabriche, ed
ogn’altro bisognevole, passò avanti cδ gli Steneti, e’ Trojani per trovare altri paesi più
Capaci per tante Genti; Astiochena ch’era la prima Sorella ordinò fabricarsi un
Tempio alla Dea Pale, acciò ivi racchiusa cδ l’altre donne avanzate di età potesse
menare la di Lej vita nδ più come Regina nella Reggia, má come privata, e’ consecrata
á Pale, che si era la Dea de Pastori, avendovi fatto eriggere un Boschetto cδ nutrire
gli Animali domestici per divertim.to; cδ molte abitazioni all’intorno.
6
Fú qsto Tempio di Pale edificato á somiglianza di quello di Giunone Lacinia col
Bosco, ó come dicono Luco, di altissimi pini, ed abeti circondato cδ lieti pascoli
all’intorno, ove si pasceva da se solo il gregge, ritirandosi ogni specie d’animale da se
solo al suo proprio stabulo; Nδ era però di quella straordinaria ricchezza, come quel di
Crotone; má solam.te n’avea la somiglianza dell’architettura, nδ la grandezza,
estendendosi qsto Luco, ó Bosco sino alla Rocca Cardias, quattro miglia al di sopra,
chiuso parte cδ legni, parte cδ fabriche: quella però parte di Luco, ch’era prossima al
Tempio di Pale, era ben chiusa di alte mura, e’ quivi Astiochena dovea ogni primo
giorno delli mesi di Bondromios Agosto, Poicodeon Novembre; Elaphabolion Febraro,
e’ Scyrrhophopion Maggio custodire ella stessa l’armento, toccando per gli altri giorni
all’altre donne Consacrate far questo ufficio pastorale.
Abbellito qsto Tempio cδ li Voti nδ solam.te di tutti li Pastori di quel Contorno,
quanto dall’altre parti più lontane, concorrendovi ognuno e’ per la devoz.ne; e’ per la
Curiosità, spezialm.te delle donne: alla fama di quel Cenobio donnesco, si vidde fra
breve alzar di fabrica nδ tanto il recinto del Tempio, quanto ancora l’abitaz.ni
all’intorno parte di mura, parte di legni avanzarsi á maraviglia; e’ per la compassione
degli abitanti esuli dalla di loro patria, e’ per la quantità degl’Uomini, che ben
disposti, giovani, e’ valorosi doveano cδ matrimonij stabilirsino in Città, si vedeva un
concorso straordinario di Vittime, di Voti, e’ molto più di donne per
7
congiungersi in matrimonij, nδ mancando ancora persone andate ivi per stabilirsino cδ
l’occasione del bisogno, che quelli forastieri tenevano di guide per ben diriggerli.
Apparve dunque fra pochi anni qsta Popolaz.ne in sembianza di Magnifica, e’
popolata Città, e’ più d’ogn’altro ben governata cδ le leggi dolci, e’ cδ la Giustizia
14
esatta, come alli Principij de Nuovi Regni, e’ Città si sperimenta rimesso il rigore per
raccoglier le Genti, ed acquistar gloria cδ la fama di Pietosa, e’ di dolce: tanto più, che
molta rendita li Veniva dal Concorso devoto, era necessario usar qsta dolcezza di
Polizia. Fú chiamata qsta Città Palepolis, quasi volesse dire Città di Pale, risedendo
alle sponde del fiume, chiamato Uria; tra il fiume Arochas detto oggi Crocchia, ed il
fiume Marnotrinchison, detto oggi fiume di Sibari. Si chiamava qsto tratto di paese
generalm.te Uria, che in lingua Friggia significava Adorazione; poiche gli Naviganti
al passaggio, che facevano ó dalla parte di Crotone, ó dalla parte di Stilo, subito si
mettevano ad adorare quel luogo Sacro, libando in onore della Dea Pale Vino, ed
offerendo qualche cosa dell’Animale per sacrifizio, se maj nδ approdavano in quelle
Sponde.
8
Má vedendo l’altre due sorelle di Astiochena esser questa la Profetessa, e’ la
Interpetratice degli oracoli cδ tant’applauso de Popoli, e’ loro senza quell’onore
dovuto alla qualità delle Persone, nate al Comando, mosse ó dall’emulaz.ne, ó da gara
feminile, ó da Zelo devoto, ó più tosto da tedio di quella Vita alquanto ristretta,
sparsero voce, d’averli apparso in sogno ad una Giunone, all’altra Minerva,
lagnandosi, come alla Dea de Pastori, e’ nδ á loro, avesse Astiochena edificato il
Tempio, e’ la Città col nome di Pale: questa fama divulgata avendo alquanto di
Credito presso le persone facili, si posero in alquanto di timore, e’ nδ sapendo cosa
risolvere, poiche col titolo di qsta dea si era la Citta, ed il Tempio Consacrati, e’ ne
ricevevano le rendite da tanti, e’ tanti Pastori, si stabilì mandarsi in Delfo
dall’oracolo per cδsiglio, dove giunti e’ portati j doni, che furono una tazza d’oro, ed
una lucerna di argento, rispose per via del suo Pythia ó sia Sacerdote queste due
parole Basilξ* Eschati, cioè Reginae Supremis; tanto che ricevutosi dal Nume qsto
oracolo tanto chiaro, stabilirono edificare due altri Tempij alle Dee Supreme, quali
erano Giunone, e’ Minerva; e’ così fú eseguito 13. anni dopó l’edificaz.ne di Palepoli;
quello di Medicastena fú chiamato Erapolis, che vuol dire Città di Giunone, e’ fú
vicino al fiume Arochas; quella di Attilia fú chiamata Athenopolis, che volea dire
Città di Minerva, e’ fú
9
edificata fra il fiume Marnotrinchison, ed il fiume Uria. Erapoli fú accresciuta da
popoli Salentini venuti cδ Idomeneo Re di Creta; Athenopoli parte da Ateniesi troppo
affezzionati á Minerva, parte da Egizziani, che cδ l’occasione d’una celebre fiera, che
ad onore di quella Dea ogn’anno si faceva, e’ ne restavano per cδservare il luogo per
l’anno Venturo, e’ per smaltire le merci restanti: poiche facendosi tal fiera nel mese
Thargyrion, che si era Aprile, venendo gli Egizziani troppo tardi, e’ nδ trovavano
luogo proporzionato, vi lasciavano genti loro per Custodirli il posto nell’anno
Venturo, e’ col tempo diventarono molti Cittadini di qsta novella città.
Era qsta fiera l’Invidia di tutta la Magna Grecia; tanto che la Republica di Locri, ó
sia per gara de Cotroniati, ó sia per utile proprio, ne volle intimare un’altra alla fine
15
di quella nelli Confini con dedicarvi un famoso Tempio, che serviva ancora di
fortezza, e’ Rocca per li bisogni alle rive del fiume Crotalos, detto Coraci; e’ chiamosti
qsta fortezza, e’ Rocca col Tempio Itone: però cδsiderando li Popoli á che fine era qsta
fiera introdotta, nδ ebbe concorso, fuorche di pochi; che per rispetto venivano da
Locri, e’ da luoghi soggetti á quella Republica: tanto che col tempo dismesse tal
mercato, abbenche vi restasse la Fortezza, e’ Tempio oggi S. Maria della Roccella.
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Circa il Governo poj, nel principio Palepolis fú governata dalla sua fondatrice da
Regina, e’ da Profetessa, creando un Capo, chiamato Arcos, cioè Principe, che
amministrava la Giustizia con due Geroni, ó siano Giudici; e’ per il Tempio vi stabilì
un Sommo Sacerdote col suo Tribunale, chiamato Stierarchis Archiereny. Questo
decideva le cause spettantino il Culto delli Dej sopra tutti, e’ privativam.te sopra li
suoj Sudditi; nδ però sopra le donne del Tempio, riserbatasi questa autorità durando
la sua vita Astiochena.
L’altri due Corpi di Città Erapolis, ed Atenopolis si governavano come la Prima
Palepolis, cδ li due Giudici; però l’Archos era lo stesso, che quello di Palepolis; e’ così
parim.ti il Pontefice, poiche le fondatrici essendosi dal principio consacrate alla Dea
Pale, dal Sommo Sacerdote di qsto Tempio si riconosceva la Potestà, tenendovi li
Ministri Inferiori per servizio dell’altri due Tempij: E nelle solennità maggiori giva il
Pontefice di Palepolis á sacrificare. Rito, che si ritenne ancora qd.o abbracciò la Vera
Fede di Cristo; e’ che per togliere j nomi de falsi Dej, ch’aveano le tre Città, ne scelsero
un solo, che abbracciasse questa prerogativa, che fú Trischenes; nδ avendoli voluto
mettere altro Nome, se nδ che quello, onde avea avuto l’origine nella Cieca Gentilità.
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Si mantenne così fino allo stato della Grazia, qd.o passatovi l’Areopagita di tanta
dottrina, e’ fama incominciò á spargervi li semi della vera fede, e’ vi lasciò un tale
Gilio, uno de Ministri del Tempio di Palepoli per Vescovo, e’ qsto cδ la sua dottrina
disseminò la fede di Cristo; tanto che circa del secolo IV. l’ultimi anni á tempi di
Arcadio S. Giovanni Crisostomo Patriarca di Costantinopoli vi spedì Anastasio per
Vescovo, quale egualm.te celebrava in tutte le tre Città, e’ vi faceva la residenza di 4.
mesi in ognuna di esse per togliere le gare, ch’erano state sú qsto particolare tra queste
tre Città, giacche il nome era diventato Comune, dovea seguire l’antico Istituto;
mentre avendo fatto ricorso in Costantinopoli ogni Corpo di Città per tenere di
residenza il Vescovo, assegnando ogn’una le sue raggioni, il Crisostomo spedì la Bolla
al Vescovo, e’ l’intitolò Vescovo della Città di Trischene, cioè delli tre Tempi, ó
Tabernacoli, nome che lo ritenne sin’adesso, dicendosi Taberna in Latino col numero
plurali. Ed abbenche dopó più secoli nella Città fossero più Latini, che Greci, pure il
Ves.vo era Greco per ordinare j Greci, e’ quello di Catanzaro Latino per li Latini. La
giurisdiz.ne però l’avea ognuno nella sua diocesi, solam.te nelle ordinaz.ni Greche di
Taberna ordinava j suoj Greci, e’ tutti quej Greci delle Diocesi Circonvicine, dove
tenevano la di loro Grecia fuora ancora dalla Sua propria Diocesi
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Il Tempio di Palepolis fú dedicato alla Beatis.ma Vergine in onore della sua
Purificaz.ne, e’ questa festa si chiamava Stipapante, che volea dire incontro, per lo
incontro di S. Simeone con Gesù. Il tempio di Erapoli fú dedicato allo Spirito Santo.
Quello di Atenopolis fú dedicato all’Epifania del Signore, chiamata festa de Santi
Lumi. In qsta festività il Ves.vo dovea Celebrare, come parimente celebrava in Palepoli
la Pasqua; in Atenopoli il Natale, ed in Erapoli quella de Santi Martiri nel mese
Memactirion, che si era l’Ottobre. Nell’altri Tempij celebravano i Sacerdoti Minori,
solam.te alcune volte il Vescovo in onore di S. Basilisco Martire, che fú quello, che
apparve al Crisostomo, e’ lo confortò alla Morte celebrava luj stesso in Erapoli nel
famoso Tempio di Giove, cδvertito nella Chiesa di questo Santo. E perche S. Giovanni
Crisostomo diede il titolo alle tre città di Trischenes l’anno 398 decate Gamelion alli
10 di Decembre al tempo di Anastasio I. Sommo Pontefice in memoria di questo fatto,
e’ della lite decisa cδ qsto titolo glorioso frá li tre Corpi di Città nel Tempio di Giove
Olimpio che fú l’ultimo á cδsecrarsi in chiesa in Palepoli, qle si cδsacrò sotto il titolo
del Crisostomo, celebrandosi ivi una delle fiere conceduta da Eraclio Imperatore, cδ
darsi il nome dello stesso Santo á tutta quella Contrada; nome che lo ritenne di poj in
Taberna nel proprio Borgo.
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ne
Morta Astiochena dopó 42. anni della fondaz. di Palepoli, e’ cresciuti li tre Corpi di
Gente si elessero Sej Vecchi, chiamati Geroni, che facessero L’Uffizio di Giudici, due
per ciascheduno Corpo di Città, Uno per il Civile, l’altro per il Criminale, soprastando
á qsti uno, che si chiamava Duce.
Da Cotroniati, á quali stava soggetta l’Uria per essere entro il distretto della Sua
Republica nδ fú cangiato Governo dopó la morte di Astiochena, essendo che l’altre
due sorelle erano morte prima di lej, e’ governava ella sola tutti li tre Corpi di Città
circa li Giudici, bensì circa il Duce, ch’era Cotroniata, e’ risedeva un’anno per Città:
però qd.o li Cotroniati furono vinti da Locresi, e’ Reggini, cercando agiuto agli
Ateniesi, quej dell’Uria mal soffrendo il Duce, ó sia il Tiranno Cotroniata per
desiderio delle Leggi di Zeleuco fatte á Locresi, che nδ per quelle di Solone, e’
Pitagora, nδ potendo Cotrone disgustarsi gli Uriti per essere nuovi sudditi; poiche per
rispetto di Astiochena Reggina, nδ aveano preteso durante la vita di quella alcuna
sovranità, e’ per nδ collegarsino cδ li Locresi loro nemici rimisero la decisione in Atene;
e’ da quel Senato, si crede cδ l’intelligenza di Crotone, si spedì all’Uria un’Arconte, e’
vi aggiunsero altri sej Giudici per le Cause de Particolari, chiamati Criti per essere più
ben governati.
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Vi stava ancora l’epatós Thalaostes, il Console del Mare, che in Città giudicava le
cause de Marinari, e’ di tutti li negozij marinareschi; come ancora alle Barche della
pesca, ed á Pescatori i pescherecci istessi. Sopra il Mare poj, e’ sopra li Bastim.ti grossi
comandava l’Eparchos thalaostes, cioè il Prefetto del Mare; á qsto stavano sottoposti
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tutti coloro, ch’erano addetti alla Nautica, tenendo oltre li Mercatanti, il Corpo de
Nobili la di loro Nave armata; ed ogni corpo di Città teneva pure la sua Nave
apparte; ed alle Guardie della Marina soprastava qsto Prefetto; durando questi officij
per sette anni, e’ spesse Volte si confirmavano dalli ordini della Città, come si dirà
appresso.
Vi stava il Polemarcos, cioè il Capo della Milizia terrestre, e’ qsto stava sopra tutti li
Chiliarchi, che voleva dire Colonnelli, e’ Capitani tanto per la milizia de Catafratti, e’
pedestri, ed á Cavallo, quanto per li Presidij delle Rocche, delle Torri, e’ delle Mura,
essendo il suo Tribunale independente da ogn’altro sopra li soldati suoj sudditi, e’
tutti quelli addetti per le Machine di guerra. Questo Polemarcós era destinato dalla
Republica di Cotrone dopó la morte di Astiochena; Li Chiliarchi però erano tutti
dell’Uria, cioè tre per li tre Corpi della Città, tutti però dipendenti dal sud.o
Polemarcós, che fuora dal sospetto di guerra, risedeva in Cotrone, e’ veniva ogni
trimestre nell’Uria pp la Visita.
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Vi stava per l’Annona un Catapano Maggiore, che poj fú chiamato Sindico, dopó che
Aristide in Atene fú creato il p.o Sindico; e’ teneva sotto di se tre altri Catapani
minori, Parisami detti, cioè Assistenti, perche questi agiutavano al Maggiore in quelle
occorrenze, che la dignità del Primo nδ potea progiudicarsi, come pesi, misure, assise e’
cose simili. Il Maggiore, che si diceva Myzos risedeva un’anno per Città, durando il
suo officio per tre anni; má li minori uno per Città, e’ durava un’anno. E qsti si
estraevano dalli Voti del Popolo, Il Maggiore dalli tre ordini, ed ordinariam.te, usciva
eletto da una Città per il triennio, e’ dall’altre per l’altri triennij; tenendosi
l’Assemblea di qsti tre ordini, cioè Nobili, Civili, e’ Popolari un triennio per Città. E
così conservossi sino alla Concessione di Eraclio Imperatore, qd.o si cangiò sistema al
Governo. E di poj cδ la scesa de Goti, framischiandosi qsti cδ Longobardi, Latini, e’
Greci; quelli si vollero creare il loro Catapano Maggiore, separato dal Greco, che si
chiamava Deputato. A tempo de Normanni restò qsto deputato col titolo di Giurato
Maggiore, che teneva sotto di se il minore.
Il Giurato Maggiore faceva l’officio di Sindaco, e’ di Avvocato per la Città; Il Minore
invigilava per la notte. I Greci però vi avevano creato due Dimagogi per quest’officio,
quali si erano come gli Ephori in Sparta; parlandosene di qsti Dimagogi in appresso;
nδ avendo altro peso tali Dimagogi, che difendere contro de Grandi la Plebbe.
16
Capo II. Delle Guerre interne, ed esterne
dell’Uria, e’ di Trischene.
Dopó la morte di Idomeneo Re di Creta, che avea sotto di se 52. Popolaz.ni, e’ qste la
maggior parte toccate alla Republica di Crotone per averle cδ l’armi soggiogate, crebbe
in molta potenza, ed abbenche tolerasse la Sopranità di Astiochena nell’Uria, la
Vecchiaja della med.ma gli dava prossima speranza d’impadronirsene. Morta qsta il
18
42. anno dopó la fondaz.ne di Palepoli, restò l’Uria sottoposta á Cotroniati, qlli
appena ne sentirono la morte, che subito spedì il Senato di Crotone la Intimaz.ne della
sua sopranità, precedendo due Trombetti con l’Araldo, citando l’ordini per la dovuta
Ubbidienza, come era solito pratticarsi in quej tempj fra lo spazio di 7. giorni.
Radunatisi li ordini delle tre Città á qsta intimaz.ne, nδ trovandosi forze sufficienti á
resistere da se soli á qlla potenza; poiche le Città nδ erano ancora ben fornite di mura,
e’ di torri ne tampoco di gente tanto numerosa, penzarono di mandar deputati in
Cotrone, e’ fra tanto di armarsi tutti, acciò cδ l’armi in mano conoscesse la Republica
il loro ardire, e’ coraggio; come ancora per dimostrare cδ
17
qsta risoluz.ne ardita, che le tre Città tenessero qualche intelligenza cδ Locri, tutto á
fine di vantaggiare le Condiz.ni, e’ di nδ essere trattate al pari dell’altre.
Quindi in un subito armati tutti li tre Corpi di Città uscirono alle sponde del fiume
Arochas, aspettando li Crotoniati, se maj venissero ad attaccarli: E perche nelli
Confini vi stava un Corpo di soldati della Republica, e’ qsta truppa si avanzò di
attaccare gli Uriti, che stavano all’altra sponda, credendo di aver che fare cδ gente
raccolta, e’ nδ milizia Veterana, si venne all’armi; e’ talm.te fú il Valore degli Uriti,
che dié spavento allo stesso Cotrone: poiche avendo visto, che qsta truppa Cotroniata
nδ poteva essere più di 400. soldati; gli Uriti ne inviarono per cδbattere nδ più di 200;
che cδ tanto Valore si diportarono, che appena pochi si salvarono fuggendo verso
Crotone á portarne la notizia.
Li Cotroniati á qsto accidente dando la colpa al Comandante della Truppa, lodò á gli
Uriti cδsiderando, che le Città cδquistate sopra Idomeneo, li si potessero rivoltare,
qualora attaccassero guerra cδ gli Uriti, che stavano sú cδfini di Locri, ed erano
soldati valorosi, che aveano da Vicini, e’ da
18
lontani soccorsi d’ogni cosa, e’ spezialm.te dalle vicine montagne, che corrispondevano
cδ le Città conquistate sopra Idomeneo, determinarono accordarli prerogative, nδ
accordate á Città soggette, e’ stabilite entro il territorio della di loro Republica,
essendo le Condiz.ni le seguenti.
1 Che dovessero ne confini tenere l’Uria li soldati cδ tre chiliarchi, abbenche il
Polemarcos fosse Cotroniata; che nδ potessero essere Comandati, fuorche daj loro
chiliarchi paesani;
2 Che l’estenz.ne del paese tra il fiume Allis, sino al fiume Crotalon s’intendesse
territorio degli Uriti, come si era quel tratto tra l’Arochas, e’ Marnotrinchison
tanto pp le terre, quanto per le Rocche.
3 Che alle Rocche di qsto tratto fra Allis, e’ Crotalon li presidij fossero di Soldati
metà Uriti, e’metà Crotoniati; però li Capi dovessero essere Uriti.
4 Che le paghe di qsti soldati ne Presidij fossero sodisfatte dal danaro della
Republica Crotoniata.
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5 Che nella fiera dell’Uria nδ vi potesse Crotone pretendere alcuna prerogativa nella
paga dell’ingresso, né soprastante, come nel distretto della Republica; má il tutto fosse
in sovranità degli Uriti.
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6 Che il Magistrato composto da Geroni nδ potesse essere di Cotroniati, fuorche il
Duce per sottoscrivere i Voti; e’ qsto per tre anni, dovendo risedere un’anno per
ogni Corpo di Città, e’ poj alla fine dar Conto alli deputati della Città dell’Uria.
7 Che nelle cause dubbiose, e’ di appellaz.ni potessero aggiungere Dimagogi, e’
bisognando consiglio potessero ricevere dall’Areopago d’Atene senza, che tal
ricorso al di là del mare li potesse essere in colpa.
8 Che il Magistrato sudetto si dovesse servire nel giudicare delle leggi di Solone,
conforme si erano serviti per lo passato solam.te della 3.a e’ 5.a; e’ che dovesse
servirsi di tutte quelle di Zeleuco eccetto la p.a e’ 3.a.
9 Che in caso di passaggio di soldati Crotoniati nδ potessero gli Uriti star sottoposti
á spese, ed alloggi, eziandio in tempo di guerra ne Confini; má solam.te al
somministram.to delli Soldati per le Rocche; e’ nδ pp altro.
10. Che nδ fossero obligati pagare Prosodos, ó sia gabella, fuorche una mezz’oncia di
argento per famiglia.
11. Che le monete cδ l’impronto passato corressero per l’avvenire senza mutazione
alcuna di Valore, e’ cδ lo stesso impronto di prima, cδ l’Uno, cδ li due, e’ cδ li tre
Tabernacoli, ó Tempi; e’ col Minotauro .
12. Che Circa il Divino nδ vi fosse cangiam.to alcuno; má il tutto conservarsi nello
stato che attualm.te si ritrova.
20
Queste furono le Condiz.ni accettate da Cotroniati, e’ poj variate dopó la destruzione
di Sibari: má poj restando di sotto nella guerra cδ Locresi, e’ Regini sotto Caulonia;
gli Uriti esposero la mancanza del p.° accordo, e’ richiesero il Duce proprio, nδ
Cotroniata. Má quel Senato nδ potendo acconsentire á qsta richiesta, e’ nδ avendo
forza da sostenerla per timore, che l’Uria nδ si dasse á Locri; risposero; che si
esporrebbe la domanda nell’Areopago; dove gli Uriti erano ben affetti, e’cδsiderati;
accettarono la Condiz.ne; e’ quel dotto Senato spedì d’Atene l’Archonte invece del
Duce Cotroniata; e’ sciolse qsta differenza, solam.te Crotone esiggeva il dazio delle
famiglie; e’ l’accrescim.to delli Soldati nelle Rocche sino á 400. Il p.o Arconte, che
venne d’Atene in Uria fú Xutho l’anno del Mondo 3459.
L’altre guerre dell’Uria furono quelle di Dionisio Tiranno di Siracusa, che per
soggiogare la Città Greca, diede una graδ scossa á Cotrone, dove vi morirono 2784.
Uriti; e’ nel passaggio per nδ avere l’Uria il sacco, trovandosi senza gente per
resisterli soggiacque á 6. rotola d’oro di emenda; pigliandola dalli Tempij; qle poj
restituì puntualm.te nel 3600 tre anni dopó. Un’altra guerra fú quella di Pyrrho Re
dell’Epiroti un secolo appresso; qd.o destrutta più della metà di Crotone, le Città
20
soggette, restarono molto scemate di Gente, fra le quali fú l’Uria. Dopó 38* anni
divenne soggetta alla Republica Romana.
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Li Romani ambiziosi di stendere j di loro Confini, ó per defendere j di loro Collegati
avendo vinto Pyrrho, ch’era venuto in soccorso de Tarantini, ed assediato Crotone,
sorpreso cδ astuzia, nδ cangiò governo alle Città Greche soggette (: Ruffino che n’era
di quell’esercito il Consolo; má scemò di Gente tutto quel tratto all’intorno, e’
spezialm.te nel passaggio, che si faceva da Cotroni á Locri ora da Cartagginesi, ora da
Bruzij nemici de Crotoniati, ed ora da Publio Sempronio, ora da Publio Licinio, che
comandavano le Truppe Romane restò l’Uria scemata di ricchezza, e’ di opulenza, nδ
che di gente, che cδ si fatte guerre perdeva; e’ fatta soggetta á Romani, qsti, nδ
solam.te vi mandarono il Correttore per governarla invece dell’Archonte; má
l’aggravarono nelli dazij, dovendo á loro spese tenere li presidij delle Rocche. Qsto
Correttore nδ stava più á Sindicato come prima, ne tampoco alla Residenza annuale
ad ogni Corpo delle Tre città; má risedeva ove li giva á grado. E fú il p.o Correttore
Gneo Silvano. Qsta soggezzione de Romani l’avea ristretto nel trafico, e’ nelle
Contribuz.ni á molta spesa cδ l’occas.ne del passaggio, che facevano l’eserciti dall’Italia
nella Grecia; come successe nella guerra cδ Perseo Re della Macedonia, qd.o richieste
da Lucrezio Comandante dell’Armata Navale delle Città Greche della Magna G.a
Navi per soccorso da Rhegini n’ebbe Una; da Locresi due, dagli Uriti però quattro,
una fú del Publico, e’ l’altre dalli tre ordini á di loro spese; motivo per Cui l’Uria fú di
poj riguardata cδ altra stima, e’ per la Polizia, e’ Governo, e’ per la moderaz.ne, nδ
avendo maj in tanta opulenza, ed in tante scosse delle Città Vicine, ambito
22
usurpaz.ne alcuna; cosa che li fú di poj ben Considerata, ed ammirata dall’Imperatori
e’ forse premiata pp qsto fine.
Ma venuti poj gli Goti, gli Vandali, Turcilinghi, Eruli, Longobardi, ed altre Nazioni
Settentrionali, l’Italia, che soggiacque á molte dissaventure, e’ la Magna Grecia, che
ubbidiva all’Imperio Greco tolerò le sue guerre, e’ desolaz.ni, restando smembrata da
Costantinopoli sino all’Imperio di Costantino III; poiche Eraclio suo Antecessore nδ
poté dall’intutto discacciare tante straniere Nazioni. L’Uria, che cδ tante
dissaventure della Magna Grecia aveva sempre combattuto, e’ poj accomodata alle
disgrazie dell’altre Città; qd.o Giovanni Lemigio Esarca d’Italia avendosi ribellato ad
Eraclio, e’ cδ manifesti publicati, e’ cδ l’esercito sperava di ottenere la Magna Grecia,
l’Uria li spedì il suo esercito contro nδ solam.te per la propria difesa, má per la fedeltà
dovuta al suo Sovrano; ed il Senato rispose cδ un dotto manifesto cδtro quello del
ribelle Lemigio; servizio tanto accetto ad Eraclio, che ordinò al suo Duce nell’Italia cδ
premjj, e’ cδ onori accompagnare qsta fedeltà di Trischene, siccome nel Capitolo della
Nobiltà si legge tal Concessione, ó Diploma Imperiale che incomincia: tó sebasmio tó
semneo acamatos ei phrontis*, che volea dire in Latino: Augustae Majestatis
indeficiens semper Curaδ. Cδ quel che siegue, avendolo tradotto, e’ riserbato per il
21
Capitolo della Nobiltà. Essendo stata qsta guerra de Trischenesi contro il ribelle
Lemigio di tanta gloria, e’ di tanto Utile per le due fiere franche, che d.° Imperatore
Eraclio li Concesse. Conforme dalla guerra, ch’ebbe Crotone cδ li Sibariti, destrutta
qsta Republica, e’ toccandoli agli Uriti li prigionieri di Sibari destrutta, li collocarono
al di lá del fiume Marnotrinchison nella Rocca per Custodia delli Confini
risparmiandosi li soldati, che ivi erano obligati di tenere, cδforme nelle Capitolaz.ni
avute cδ la Republica di Crotoni al 9.3.° tenendo soldati tra qsti fiumi di
Marnotrinchison, ed Allis, e’ tra Allij e’ Crotalon. E qsti due soli furono l’utili di
tante guerre.
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La Spagna occupata da Mori, Abdalamiro loro Re sorprese la Sicilia, e’ la sua
Capitale Palermo, quindi nδ contenti di quest’Isola passarono al di qua, preso
Taranto, e’ vinto in mare Teodosio Capitano dell’Imperatore Michele, e’ cδ altra
armata sbarcati nel Mar Tirreno, devastando l’Italia tutta rovinarono ancora la
Magna Grecia, e’ cδ essa Trischene, obligati á fugirsene nella Rocca Cardias, Castel
Minerva, Baglios, ed altri luoghi montani abbandonando le Città; má per le preghiere
del Papa Leone IV esaudite da Dio, ed annegati, quej, ch’erano venuti all’assedio di
Roma, sbigottiti l’altri ch’erano dispersi per la Puglia, e’ Calabria, si ritirarono,
avendo da per tutto lasciati desolam.ti, ó rovine. L’anno 852; e’53 ritiratisi di nuovo
l’abitanti trovarono li tre Corpi di Città molto patiti nell’edifizi, e’ nelli Campi, e’
molta gente perduta, nella fuga, che fece per salvarsi; tanto che si fece ricorso in
Costantinopoli. dall’Imperatore Michele Terzo, e’ li fú conceduta una franchiggia di
tre anni, e’ le fiere, che Trischene faceva, prolungarle per quindici giorni la Volta,
acciò dall’utile di qsta si potesse ristorare da tante rovine; E veram.te qsto fú un
progetto molto Vantaggioso; poiche Trischene celebrando qste due fiere conceduteli da
Eraclio Imperatore, e’ fissatele Una per Maggio in memoria di quel fatto di Eraclio
nell’Esaltazione della Santa Croce, qd.o vinse Cyroe Re di Persia; e’ l’altra in memoria
dell’Imperat.e Michele, che li concedé qsta prolungaz.ne tanto lunga, e’ nδ più
pratticata in altre Città al suo Imperio soggette, fuorche á Costantinopoli nelle fiere
Imperiali di S. Sofia, e’ dello Spirito Santo; e’ per essere stata la grazia conceduta in
tempo della festa, che si faceva nel Palazzo Imperiale per il Nome
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dell’Imperat.e allo Mese di Memutirion, cioè di Ottobre, (poiche li Greci cδputano cδ
lo stile Vecchio, che viene ad essere dopó la Correz.ne Gregoriana nel nostro 7bre) si
fissò la fiera in 7bre; anzi per avere li Saracini devastata la Catredale, qsta ristorata
l’imposero il nome di S. Michele, acciò la fiera corrispondesse pure cδ la festa; memoria
cδservata ancora nell’erez.ne del Vescovato, qd.o si edificò Taberna Montana. E perche
Eraclio avea portato la Croce sú le spalle l’anno 628., e’ si era qsta festa istituita al
7bre, si stimò trasferire la Festa cδ la fiera nel Maggio per nδ occorrere amendue entro
un mese; tanto più, che in Mag.o pure occorreva l’Appariz.ne di S. Michele al Monte
Gargano á tempo di Galasio Papa nell’anno 493.; E pp la Croce pure si dovea fare nel
22
Maggio, occorrendo l’Invenz.ne; e’ la festa dell’esaltaz.ne nδ era stata sola per Cagione
d’Eraclio, má traeva l’origine più prima, cioè dalla Croce apparsa all’Imperator
Costantino, come dal Menologio de Greci, e’ dall’homilia 51. del Crisostomo. E per
tutti qsti riflessi, ó siano stati per il Commodo delle fiere, ó siano stati per la devoz.ne
dell’Imperat.e Michele, che cδservava al Arcangelo pp il suo Nome, si fissarono per
qsti mesi di Maggio, e’ 7bre, pp le quali Trischene si vide nδ solo riparata dalli danni
pp tante guerre patiti; má si vidde fra breve rifiorire nel Commercio, cδ graδ danno di
se stessa, per restare cδ qsta caggione di trafico, molto scarsa di genti da guerra, e’ cδ
la fama di opulenta, che attirava l’ingordigia de nemici per arricchirsene, da nemici
oppressa.
25
L’ultima sconfitta però di Trischene, per la qle nδ più si potè cδservare nelle parti
maritime, ove per tanti secoli avea fiorito cδ tanto splendore, fú quella di Ottone
Imperatore, che per darne un dettaglio più chiaro, e’ lucido, mi è necessario scorrere li
tempi più addietro. Correa l’anno 924*, qd.o Berengario I. Imperatore cδ graδ esercito
di Ungari penetrato in Italia la pose á ferro, ed á fuoco; E mentre j suoj Soldati
carichi di preda entrarono ne Peligni presso Sulmona, i Marsi vicino á Tagliacozzo
parti di Abruzzo prese le armi, li tagliarono á pezzi; ed occupato l’Imperio d’Italia
prima Ugo, e’ poj Lotario, il Popolo Romano si ribellò contro il Papa Stefano VIII; e’
stando in qsta scissura l’Imperio di Occidente, più peggiori divennero in quello
dell’Oriente, poiche il Popolo di Costantinopoli ribellatosi, prese l’Imperat.e
Costantino, e’ rasoli il Capo, in un’Isola lo condannarono; má ripreso l’Impero
un’altro Costantino figlio di Leone, domò quel ribelle popolo reggendo l’Impero
Orientale.
Ottone, ch’aveva domato Boleslao Re di Boemia, e’ vinto in tre graδ fatti d’armi gli
Ungari, dal Regno di Germania, che possedea, si trasferì cδ grosso esercito in Italia,
dove ricevuto da Papa Giovanni XII, cδ grandi onori, ed incoronato Re di Germania,
e’ Pannonia lì trasferì l’Imperio di occidente, ed avuto Berengario II, ed Adalberto
suo figliolo in mani, l’uno cδfinò in Costantinopoli, l’altro nell’Austria. In qsto
framezzo di tempo Sveropilo Principe della Dalmazia cδ li suoj Schiavoni, fatti
Cristiani sin dall’anno 884 á tempo di Papa Adriano III. passarono in Italia, e’ data
una graδ rotta á Saracini, stabiliti nel Monte Gargano, li discacciarono. Fatto così
insigne avendo ricevuto da tutti j Popoli grandis.mo applauso, emuli della Virtù de
Schiavoni, e’ presssati dall’esempio gli Ungari, ricuperarono dalle mani de Saraceni
Cosenza, e’ talm.te le di loro Reliquie sterminarono, che nδ contenti delli soli
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Saraceni, fingendo di nδ conoscerli, e’ distinguerli sterminarono Greci, e’ col pretesto
d’esser cδ quelli Confederati; di qsti Greci più Cospicuj, e’ noti, che nδ potevano essere
attribuiti per Saraceni se ne fece una lacrimevole stragge, molti cδ la fuga salvandosi
di là dal mare.
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Guidava qsto esercito Ungaro Ottone il Giovane figlio dell’Imperatore Ottone, che per
decrepitezza l’avea fatto socio nell’Imperio; ed avendo qsto Ottone il Giovane
cacciato Niceforo, e’ riposto Giovanni il figliolo nell’Imperio di Oriente, e’ presa la
sorella Teofania per moglie, avendola Giovanni XIII Papa nel tempo dello
Sponsalizio in Laterano sposata cδ Ottone il Giovane, ed incoronata Imperatrice
d’Occidente, per la di Cui solennità fece la Chiesa di Capua Metropolitana; nδ
volendo che li Greci d’Italia affezzionati cδ la loro Nazione, potessero farli qualche
rivolta in favore dell’Imperatore di Oriente, che per tanti secoli li avea governati, ed
era un nemico potente, e’ vicino, deliberò abbatterli di tal maniera, che nδ potessero
più esser Capaci di alzare il Capo, framischiandovi cδ loro molte famiglie Latine,
conforme cδ molte famiglie Gote aveano quej Re pratticato; anzi gli Longobardi oltre
delle famiglie di loro nazione, vi aveano introdotto alcune leggi, e’ costituz.ni
Longombardiche framischiate cδ le Greche, acciò col tempo il Governo Greco in quelle
parti potesse estinguersi, ó almeno variarsi; má per la potenza dell’ Imperatori Grechi,
vicini á qsta parte d’Italia, e’ potenti nδ effettuita, cδservandosi sempre nel Sistema
loro Greco, abbenche le famiglie Longobardiche e’ Gote si governassero secondo le loro
leggi col Magistrato apparte, ad ogni maniera il Governo Greco qd.o nδ erano fra di
loro, bastandoli che vi fosse la parte Greca interessata, li riconosceva sotto la di luj
potesta.
27
Ricevuta tal scossa Trischene, radunti li Preti Greci ch’erano rimasti intatti, poiche
qsti nδ potevano essere compresi cδ l’unione de Saraceni, come alcuni altri; e’ radunati
li Capi restati di loro Nazione, e’ li Capi de Latini, quali pure erano in qualche
numero considerabile, riflettendo all’operare così crudele di Ottone, che volea cδ
l’occasione di tenere la Sorella dell’Imperat.e orientale risvegliare qualche pretenzione
sopra questa Ultima parte d’Italia, e’ perciò averli così abbattuto; come nδ potendo li
tre Corpi di Città resi scarsi d’abitatori, e’ reggersi come prima, stando divisi cδ tante
guardie di Torri, e’ cδ tanta circonferenza di mura, inabili alla spesa per ristorarsino;
si propose delli tre Corpi farne uno ben forte, e’ munito, capace da poter resistere per
molto tempo all’assalti nemici, acciò da Costantinopoli in caso di necessità avessero
tempo di ricevere il soccorso. Il progetto era necessario, má eseguirlo era difficile,
poiche ogni Corpo di Città pretendeva esser quello, che dovea restare per l’edifizi, che
ognuno vi possedea, e’ per la vicinanza da Beni; quindi si venne alle Fazzioni
intestine, ed alle guerre fra di loro.
Pretendeva Palepoli, come più grande di edifizi, e’ di magnificenza nelle Chiese, e’ per
essere stata il p.° Corpo delle tre Città, che dovea pendere all’altre due; che nδ aveano
qste prerogative; e’ la gente nδ poteva tutta situarsi in una per mancanza di
Capacità. A ciò si rispondeva; che nelle necessità nδ si deve
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cercare prerogativa di antichità; má ciò che bisogna per riparare al necessario; che la
grandezza delle Chiese dovea essere á proporz.ne della Gente, bastando nell’altri Corpi
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edificare una Chiesa grande sola, cδsistendo la magnificenza nδ tanto alla grandezza,
quanto alla simetria, e’ qsta poteva reggersi più, qd.° era piccola, che grande:
cδsistendo alla ricchezza, e’ qsta più spiccava nel piccolo, che nel grande; che per la
strettezza delle mura potevano dilatarsi, se maj la gente Crescesse, poiche nella
necessità nδ importa, che la gente si restringesse, purche stesse sicura, ch’era il
principale motivo, facendosi il computo, che si poteva restringere, e’ Capire senza
aggiunta di nuove fabriche, potendosi fare un Borgo vicino alle porte, ed in caso di
guerra restringersi la gente entro la Città. Le Rocche dell’altri due Corpi essere più
Vicine, che nδ era Cardias á Palepoli; dove nδ vi era fiume capace ad impedire
l’accesso de Nemici cδ qualche riparo. Insomma per le tutte le Caggioni Palepoli dover
restare esclusa.
Era in Palepoli la famiglia Catimera Gota da principio, má poj venuta da Latina col
titolo di Correttore, e’ col matrimonio di suo figlio Elpridio, che avea sposato l’erede
della famiglia Zonaminothos Greca avea acquistato molti Campi, ed era la più ricca
dell’altre Città, che cδponevano Trischenes; qsta sosteneva le raggioni di Palepoli; má
li altri cδsiderando, che Erapoli poteva essere la più forte per le Torri, e’ per il fosso,
che la Circondava, e’ che poteva riempirsi alle necessità dell’acque del fiume, e’ venuti
in contrasti le famiglie Catimere, ch’erano quattro, il cuj Capo era Iulo Uomo
intraprendente, valoroso, e’ di graδ
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seguito per esser ricco fra tanti bisognosi; spezialm.te Latini, che addetti più
d’ogn’altro alla coltura de Campi erano stati rovinati affatto cδ tante guerre. Venuti
dico in rissa cδ la famiglia Pedaconthos, Catizumena, Longos, Crea, Cumison,
Mannilios ed altre Greche pure prepotenti, tutte si armarono alla difesa, se maj Iulo
cδ li suoj Latini tentasse intraprendere qualche cosa, per esser l’Uomo capace da
sostenere ogn’impegno. Procurarono il Duce prima, e’ poj il Ves.vo sedare qste
discordie, intavolando alcuni proggetti per nδ venire fra di loro all’ultimo esterminio;
má perche qsti erano Greci, Iulo stava sempre diffidente, e’ perciò lasciando Palepoli
si ritirò cδ l’altre famiglie Catimere in Athenopoli, ove vi stavano più quantità di
Latini; e’ stava ivi in armi, fortificato.
Má di nuovo li Saraceni, ch’erano nella Sicilia, venuti da qua del Mare, ed inondando
la Calabria, li Greci di Trischene vedendosi impotenti á resisterli, e’ dubitando, che
Iulo nδ avesse intelligenza cδ loro, deliberarono salvarsi per li Monti, abandonando
ogni cosa men atta al trasporto. Il Ves.vo Greco cδ Georgio Mannilios Arcip.te si ritirò
cδ tutti gli Ecclesiastici del Vescovato, e’ le di loro mogli, e’ figli ne Monti di Pesaca,
portando seco le cose sacre più preziose, li migliori col Duce nelli Monti dirimpetto: e’
Iulo cδ suoj Latini posti in salvo le donne cδ li figlioli nel monte Selion circondato
dalli fiumi Allis e’ Marnotrinchison, assalendo li Nemici or Vincitore, ora Vinto,
cδservò graδ parte de suoj Latini.
Penetrata qsta infausta notizia in Costantinopoli, Niceforo Foca Imperat.e spedì
subito sej navi di gente, ed altre otto per cδdurre provis.ni, acciò le Genti salvate nelli
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Monti, astretti dalla fame nδ si dessero á Saraceni. Era l’anno 963., ed il 2.° del suo
Imperio, qd.o sopragiunto qsto soccorso ad Intipato, ch’era Straticò Protospata nella
M.a Graecia andò
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sostenendo per qnto poté l’impeto delli Mori, nδ tralasciando spedire nell’anno
seguente una grande Armata cδ Flagizio Suo Protospata Straticò, e’ Patrizio, nδ
tanto per Fugare li Saraceni, qnto per raccogliere li dispersi e’ sollievarli; quindi
avendo ritrovato la Magna Grecia desolata, e’ la Gente ne Monti, e’ nelle Selve,
penzò radunarli nδ più nelle parti maritime: má nelle stesse Montagne: ed avendosi
Julo cδ suoj Latini presentato al duce Protospata, qsto lo situò nel monte
Zenocanthos ove vi piantò la Rocca per difesa, dandoli il titolo dell’Imperat.e
Niceforo per essere stata la prima Rocca da luj edificata: perche i Latini cδ il loro
capo Julo l’avea trovato radunati: quel raduno nδ rattrovò tanto facile nell’altre
parti. Qsta Rocca detta Catanzaro fú tutta di Latini, eccetto 32. famiglie Greche fra
qlli ancora tramischiati.
Capo III dell’Edificaz.ne di Taberna
Montana.
Essendosi Julo cδ gli altri Catimeri ritirati nella Rocca di Niceforo, stimando poco
cδvenevole star racchiuso in una Rocca, bramoso di dilatarsi; e’ stabilire un Corpo di
Città, dove potesse ritirare ancora molti de Greci, dispersi tanto per diminuire il
partito cδtrario, qnto col numero più maggiore poter stare più sicuro per la difesa,
richiese al duce Flagizio due cose; l’una, che stando tanti Latini cδ luj, e’ molto più
numero ancora ne sperava, dover stabilire il Ves.vo Latino, ed ampliare le Mura oltre
il circuito della Rocca per abitare á modo di Città: L’altra, che stando quej di
Trischene dispersi, e’ ridotti in poco numero, e’ per tante scosse inabili á potersino
raccogliere in forma di Città, come prima,
31
si dovesse oltre del nome dato alla Rocca, chiamarsi la nuova Città Trischene, cδforme
era stata nell’Uria, poiche cδ tal nome, e’ cδ le due fiere nδ si dubitava punto di
raccogliersi la gente sbandata ne Monti, e’ nelle selve. Il Duce, che nδ volea darli una
negativa in tempo, che il Iulo poteva, ne senza una previa informaz.ne dello stato, in
Cui si trovava la Gente Greca, prometterli cosa di positivo, ben sapendo, che nelli
Monti nδ poteva in tempo d’inverno situarsi tanta gente raminga; rispose al Julo, che
di ciò ne dovea dar parte in Costantinopoli; Per il Ves.vo potea luj risolvere, poiche
stando Latini quasi tutti, avea ordine dell’Imperatore chiederlo Latino per governo di
quella Gente, purche fosse tal Gente Capace di avere il Vescovo proporzionato alle
Rendite; ed in fatti il Duce, che desiderava far risplendere li Paesi, che luj edificava,
sia per ambizione, sia per la spesa che dovea rappresentare in Costantinopoli per qste
Popolaz.ni, risolvé se li mancava in una domanda, compiacere á Julo nell’altra
26
richiesta. Scrisse dunq: á Benedetto VI Papa per il Ves.vo; má trovandosi qsto morto,
restò sospeso l’affare; benche la Relaz.ne del Duce fosse ben cδservata per il tempo dal
Nuovo Pontefice.
Frá di tanto penetratosi dal Ves.vo di Trischene, e’ dall’altri Capi Greci tutto lo che
Julo avea machinato, nδ tanto per il nuovo Ves.vo, quanto per il titolo, che pretendeva
la nuova abitaz.ne di Trischene, tirando funeste cδseguenze per li Greci circa il
Governo, facendo Julo cδ suoj Latini prevalere il suo partito in progiudizio di tante
famiglie Greche antiche; si pensò al modo per distornare qsta tempesta. Scelsero due
Deputati, che furono Taddeo Berardos uno de più Letterati Grechi; e’ Greg.o
32
de Jazzolis, la di cui sorella era moglie del Julo; qsti si portarono dal Duce, e’ li
esposero le di loro raggioni, alle quali persuaso, rispose, che radunandosi in Corpo di
Città, capace di sostenere più de Latini il titolo, che nδ li potrebbe mancare di
ottenerlo, per essere stata sin dall’origine della nazione Greca, ed il titolo era Greco,
ed erano li più antichi, che l’aveano inventato, e’ posseduto. Má replicando li
Deputati all’impotenza della spesa vi bisognava per l’edifizio delle Case; e’ per la
Fabrica delle mura, e’ delle torri; il Duce li promesse ogni assistenza nδ tanto
presente, quanto futura, scrivendone all’Imperat.e, per soccorso di danaro, e’ per
l’esenz.ne di molti anni d’ogni pagam.to// Distribuì alli dispersi pp mezzo de Deputati
che ne riceverono il danaro, molte summe, mandò genti per incidere legna, e’ fare la
Calce, scrivendo all’Imperat.re, ed ottenendo una franchiggia di ogni pagam.to per anni
20., la publicaz.ne delle solite due fiere franche per giorni 15. l’una, ed una promessa di
prossimo soccorso di altro danaro, che aspettava da Costantipoli.
Ritiratisi cδ qsti agiuti presenti, e’ più cδ la speranza de futuri li Deputati, rigalati
dal Duce cδ una Veste per ciascheduno di seta, cosa nuova in quej tempi, e’ nδ più
veduta, chiamate Casiaca, cδ due altre Vesti per le di loro mogli, chiamate Crocotoni,
attirarono qste l’animi di tutti, cδ la supposiz.ne della benevolenza del Duce più che il
Iulo nδ si credea, e’ cδ la speranza da Costantinopoli; si partirono più persone per
trovare luogo proporzionato per Fondare la Città, se nδ come prima numerosa, e’
splendida, almeno in tante calamità commoda, e’ sicura; ed avendosi dopó molte
richieste per il sito di essa fissato l’idea nel Monte detto Paramita, cioè di Consuolo,
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ivi si portarono li Capi per esaminare ogni circostanza per la sicurtà, e’ per il
commodo, ed avendosi trovato il tutto convenevole all’impresa, spedirono al Duce li
stessi Deputati, pregandolo per qd.o stava in piacere suo per venire ad osservare il
luogo, e’ buttare la prima pietra della fabrica. Venne dunq: Flagizio nel sud.o Monte
Paramita, ed avendo trovato il Ves.vo cδ tutti li Capi ecclesiastici, e’ Secolari, che
l’attendevano, e’ cδ tutta la moltitudine di quej Greci dispersi, cδvocati á tale fine,
pose egli la p.a pietra alla Rocca, dopó caminando per la lunghezza del Monte, qd.o fú
verso il mezzo, ove vi era una piccolissima Collina, e’ piacevole altezza, ordinò al
Vescovo di mettere la prima pietra per il suo Vescovato, e’ così fú eseguito nδ senza
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graδ devoz.ne per essere la Vigilia di S. Michele; ed arrivando all’estremità del Monte
ordinò al Catapano metter la p.a pietra della Torre, volendo, che il Publico se la
custodisse.
Lasciò alle fabriche tre Soprastanti, Georgio Mannilios Arciprete per il Vescovato,
Vopisco Catizunio per le mura d’intorno dal Settentrione all’Occidente, e’ Georgio
Phrosines il restante delle Mura. Si designarono due Porte, una che riguardava il
Castello per la Montagna, ed un’altra detta di S. Giovanni all’altra estremità per la
Marina; da una porta all’altra per la lunghezza della Città passi 884., oltre il Monte,
dal Castello, inclusavi la Collina su la Porta Maritima, ove vi era la torre di Guardia,
detta di S. Barbara cδ la Parocchiale; nella punta, che riguardava settentrione era la
latitudine passi 326., e’ nella punta, che guardava la Marina passi 396., nel mezzo
poj dalla parte d’oriente al declino era passi 446. Tutto il Monte sú la Porta Montana
era lasciato per la Fabrica della Rocca detta di S. Martino; perche vi era la chiesa di
qsto Santo cδ la Parocchia, che si estendeva sino alla Porta Montana. E perche il
soprastante di qsta
34
fabrica era rimasto Martino Mariconio, volle chiamarsela col Nome di S. Martino.
Sotto il Vescovato dalla parte, che riguardava settentrione si designò la Chiesa di S.
Maria Maggiore, e’ se ne diede la cura ad Agapito Rocca, ch’era il Cantore, ed
officiava cδ altri due Curati, che guidavano la Parocchia. Più appresso dalla stessa
parte di sotto vicino il Colle di S. Barbara era la Chiesa di S. Nicolo designata cδ una
piazzetta, lasciata la Cura della fabrica á Conone Niceta suo Paroco, e’ qsta era la
prima Parocchia, e’ si estendeva sino á tutto il Borgo lasciato per l’Arti, che
richiedevano spazio, e’ faceano strepito. Dalla parte pure di sotto della porta
Montana sino alla piazza del Vescovato era la Parocchia di San Silvestro, lasciata la
Cura della fabrica á Simeone Michoenta Paroco. Tutta poj la lunghezza della Città
dalla parte Australe era Parocchia del Vescovato, la di Cui della fabrica era rimasta al
Mannilios; má poj nδ stimando dovere egli solo accudirvi vi pose per Compagni á
Egidio Padiconthos Arcidiacono, e’ Gregorio Tesoriero; poiche doveasi fare la Chiesa,
l’episcopio, ed il Palazzo Capace per la *** dignità, per li Canonici Sotergrafio, ed
Apocrifario, e’ per l’altri sej Canonici Paroci oltre gli altri assistenti, abbracciando di
Circuito posti 142.
Si designò l’ospizio di San Basilio per li Monaci cδ la Chiesa fra il Vescovato, e’ la
porta Montana dalla parte Australe, ed á qsto ospizio attaccato il Monasterio delle
Basiliane Vergini cδ la Chiesa, e’ cδ la piazza; e’ fuora la porta Maritima si designò il
Borgo cδ l’ospedale di S. Giovanni Crisostomo; tenendone la Cura lo stesso Par.o
Conone per la fabrica. Di rimpetto al Vescovato era la Casa del Publico, attaccata
all’Ateneo publico, acciò nel mezzo si potesse radunare il Regim.to; e’ li scolari
potessero aver vicino ognuno l’Ateneo; tenendone la
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Cura della fabrica á Nicolao Modio, che era il Catapano. E nella Collina di S.
Barbara le Case del Giustiziario, se nδ voleva stare in Castello, ó sia Rocca di S.
Martino, dove per ordinario facea dimora, qd.o nδ vi era personalm.te il Padrone,
altrimenti si designarono qste Case per il Catapano, qd.o voleva radunare il
Regimento, essendo del Publico, e’ la Cura della fabrica á luj stesso da Flagizio
designata.
Designarono due piazze, una, che si stendeva per tutta la lunghezza della Città, larga
avanti le Chiese, e’ più larga avanti il Vescovato, e’ la Casa del Publico cδ l’Ateneo;
l’altra era avanti la Casa del Giustiziario. Vi designarono in qsta lunghezza da una
porta all’altra 68. Palazzi; e’ 34. altri dispersi pp la Città; Come ancora 4. Conserve
d’acqua per il Publico; e’ molte altre per le Chiese, e’ Palazzi. Qsto fú l’anno 968;
tanto che per la fine del secolo si ritrovarono in Città oltre le Chiese, e’ Case descritte;
altre Case minori 1232., abitanti 5288. oltre 53. d’ordine ecclesiastico, Monaci
Basiliani 6., e’ Basiliane 28.; come apparve dalla Numeraz.ne fatta dall’ Apocrifario
Giovanni Filanzio nel 1000, che fú la p.a.
Capo IV. Del modo di Governarsi, della visita del Duce.
Avendo determinato Costantino I.V. Pagonato Imperatore in Costantinopoli mandare
Ministro nella Magna Grecia per visitare ciò ch’era stato fatto da che Flagizio partì,
esaminando la spesa, se corrispondeva all’incarico dell’opere; e’ per dar norma al
Governo Civile, ed economico; stante che per le Città nδ avea lasciato Ministro
proprio; má lo stesso Senato, de migliori Cittadini composto sino alla terminaz.ne delle
fabriche, ed alla raccolta delle Genti disperse; bisognando perciò alla fine del Secolo
esaminare il tutto, acciò nell’ingresso del nuovo si potesse ogni Cosa disponersi
secondo l’antico Uso, cδ qualche spediente nuovo, giacche le Città aveano cangiato
quel Sistema primiero di Governo pp tante infelici dissaventure.
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Spedì dunq: da Costantinopoli l’anno antecedente al Millesimo Gregorio Tratamura
per suo Duce, e’ Protospata á qsto fine, e’ giunto in Crotone spedì l’editto alli Curati
di dar la nota esatta delle Genti siano secolari, siano ecclesiastici, i Religiosi, spedì
parim.te l’ordine alle Città per la Visita Imperiale, dovendo tutti gli Soprastanti
lasciati da Flagizio tenere lesti li Conti delle Spese, e’ del danaro ricevutosi da
Costantinopoli; come ancora ogni Città li suoj Privileggi, e’ le famiglie più cospicue le
sue prerogative. Questo ordine supremo diede á tutti del timore, nδ sapendo se tal
numeraz.ne potesse servire per qualche Capitaz.ne in rinfranto delle spese, e’ come
avrebbe ricevuto l’affare de Soprastanti; avendosi cδ luj portato tre Criti, ó siano
Giudici, come ancora tre Duci, ó Capitani per l’esame delle Rocche, dove la spesa
appariva in Costantinopoli eccessiva.
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Era di già il giorno ultimo di Gennaro dell’anno 1004, qd.o comparve la prima guardia
del Protospata, e’ successivam.te luj appresso cδ grandis.mo seguito di Soldati, ministri,
e’ Genti di suo servizio, sotto gravi pene á chiunq: de suoj ardisse prender qualche
rigalo, andare in Case de Cittadini d’ogni condizione volendo, che si pagasse il tutto
sino alle minime Cose, essendo stato così l’ordine dell’Imperatore. La Città avendolo
incontrato alquanto fuora le Porte cδ tutti li Ministri del Publico, ed il Ves.vo cδ il
Clero alla porta del Borgo, lo condussero in Processione sotto il Baldacchino portato
dalli Senatori nella Catredale, e’ da quella scese nel suo Alloggio, avendosi
accomodato il Palazzo di Giuda de Jazzolis, cδ l’Ateneo, e’ la Casa del Publico, che
tutte fra di loro comunicavano per dar luogo á tante genti. Era egli piccolo di statura,
naso curvo, occhi piccoli, nero di Volto, e’ di barba lunga e’ nera, vestito di seta
porporina cδ li Mullej alli piedi Patriziali, e’ con una gran barretta rossa in Capo,
assiso nella sedia sotto il Baldacchino diede ad uno ad uno il permesso di accostarseli
con bagiarli la mano tutti tanto ecclesiastici, quanto secolari, dando solam.te la sedia
al Vescovo. Il giorno seguente ammise al 2.° ordine per bagiarli il lembo della Veste, e’
la lunga manica, che portava senza comparirli la mano. ed al 3.° ordine diede invece
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di bagiarli le Vesti una buona quantità di danaro, affacciandosi dalla fenestra, e’ due
suoj Camerieri, che buttavano li danari; cosa insolita nell’altre Città, dove luj avea
fatto la Visita, motivo per cui tutti parlavano, e’ nδ potevano penetrare il motivo.
Alli 2. di Febraro fú invitato dal Cantore per degnarsi intervenire in S. Maria
Maggiore per la Festa della Purificazione; e’ venne cδ pochissimo seguito, e’ tutto
affabile per la strada col Clero, e’ col Publico che l’accompagnava. Il Cantore, che
dovea officiare, per la presenza del Protospata nδ officiò, celebrando il Vescovo, ed il
sud.o Cantore dandoli l’Incenzo due Volte nella prima affacciata della Tribuna, dove
era stato col Baldacchino situato. Terminata la messa, dalla Cattedra lesse il Ves.vo á
tutti il diploma dell’Imperatore, cδ la potestà, che dava il suo Ministro tanta ampia,
che riconosceva ognuno, eziandio l’ecclesiastici, eccetto solam.te li Vescovi; á quali
ammoniva, invece di ordinare.
La mattina del giorno seguente andò cδ li Capitani á visitare la Rocca, ed ancora cδ
due esperti di fabrica ad estimare la spesa, ed apprezzata ritrovò, che la spesa era
minore á proporzione della fabrica, e’ che qsta era fatta appunto, come si era
determinato cδ il Duce Flagizio, ciò che nδ era succeduto in altre Città; tanto che ne
restò di qsto molto meravigliato: fra di tanto nδ si trascurava di visitare cδ l’occhio e’
la struttura delle fabriche, e’ la simetria, e’ la Commodità della Gente per abitarvi;
Visitò ogni cosa per quella strada, e’ trovandola ben regolata, nδ poté mancare á nδ
darne lodi al Soprastante.
Il giorno delli 15. Febraro volle visitare il Vescovato, e’ lo trovò parim.te Capace per
l’abitaz.ni, ben disposto per il decoro del Ves.vo e’ per Commodità delle Dignità, e’
Canonici; Volle sapere le rendite del Ves.vo e’ di tutti li suoj Ministri, e’ spezialm.te
della Chiesa, volendone vedere la sua Suppellettile, ed ogni altro attinente; ed
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apprezzato il tutto dalli esperti, trovò ancora la Spesa molto minore di quello che
dovea essere 2° l’apprezzo.
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Così visitate le fabriche publiche, e’ spezialm.te misurate l’altezza, e’ la grossezza
delle Mura, ed avendo ritrovato puntualmente il tutto eseguito dopó la partenza del
Duce Flagizio cδ la spesa sempre minore, ne domandò all’Arcip.te, e’ li fú Risposto,
che l’utile delle fiere l’aveano cδvertito pure nel Uso del Publico, e’ parim.te le rendite
proprie, avendosi contentato di tenere per libero edificij proprij la mediocrità, e’ per il
Publico la Comodità, e’ magnificenza.
Alli 19. di Febraro richiese lo stato del Governo circa li Ministri, e’ li fú portato
assieme cδ le Capitolaz.ni giurate fra loro per l’osservanza; ed era attualm.te questo;
cioè invece del Duce, per qsto tempo della fabrica era rimasta qsta dignità nel Senato,
come sopra si disse. Vi erano nδdimeno, come si pratticava col Duce, ó sia Correttore
nel tempo de Romani Cinque Giudici, tre Greci, e’ due Latini, e’ qsti si servivano del
Codice Teodosiano, e’ di quello di Giustiniano publicato l’anno 649., delle Pandette, e’
del digesto 5. anni appresso, e’ delle Novelle Costituz.ni; ó siano Authentiche, e’ di
alcune altre Costituz.ni proprie, e’ Municipali pp le Cause de Campi, e’ dell’Animali;
cδ tre Apocrifarij due Greci, ed uno Latino, e’ cδ altretanti Sotergrafij. Vi era il
Catapano Maggiore eletto dá tutti li Nobili, che cδponevano il p.° ordine; essendo la
Gente tutta divisa in tre ordini, come si dirà appresso, e’ qsto soprastava á tutti. Vi
erano altri tre Catapani Minori, e’ qsti si eliggevano dall’altri due ordini; due erano
Greci, e’ si eligevano da Greci, ed uno Latino, e’ si eliggeva da Latini; qsto soprastava
sopra li sudditi Latini; ed uno Greco soprastava alle misure, pesi, ed assise; l’altro
eseguiva il Comando del Catapano Maggiore, facendo scambievolm.te un mese per
Uno. Si era introdotto quest’uso de Latini, e’ Greci per una certa Politica inventata
dal Senato, ed era questa.
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Avendosi considerato, che per abbattere la potenza de Catimeri in Catanzaro, altro
spediente nδ era, che scemarli gente Latina; ed acciò il Ves.vo nδ uscisse ivi Latino
cδforme si pretese, si era chiamata Taberna latinam.te, nδ più Trischenes, cδ tutto che
le famiglie più numerose erano Greche. E perche molti Latini aveano li Campi al di
quá del fiume Allis, se restavano stabiliti in Catanz.ro, Taberna veniva molto á patire,
si penzò nδ solam.te darli il titolo Latino, má di vantaggio fare il Magistrato pure
Latino: Ed in fatti cδ qsto spediente si erano ritirate molte famiglie nδ tanto del 3.°,
e’ 2.° ordine, quanto del primo; che se bene il titolo della città appariva in Latino, ad
ogni maniera l’essenza restava la stessa, quale era stata nella fondaz.ne Greca. E
perciò al Catapano Latino per connivenza appostata del Catapano Maggiore si
lasciava far tutto intorno al suo Ministero, per togliere qualche gara, che impediva al
fine principale, che si era raccogliere per Taberna, e’ scemare per Catanzaro.
Vi era parim.ti il Soterargirio, che cδservava il Peculio publico oltre del Catapano, per
cδservare il nome, ed il Tribunale, acciò col tempo nδ si perdesse la memoria, essendosi
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di già qsto introdotto, qd.o furono publicate le fiere dal Duce Nessarco; Anzi li stessi
9. Consoli dell’Arti, allora pure introdotti, per miglior Governo della Città, e’ per
esaminarsino bene la manifatture che venivano nelle fiere per nδ succedere qualche
*** e’ restassero diffamate le fiere, che recavano tanto Utile. Vi erano tre Ispettori
per le publiche fabriche, per l’acqua, e’ per le strade; come ancora due Guardiani per le
due porte cδ 6. soldati per ciascheduna Porta; ed il Guardiano della Torre di S.
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Barbara; poiche il Custode della Rocca divenne qd.o fú terminata l’anno 981. di
elezzione Imperiale, che nδ più apparteneva alla Città, tenendovi 44. soldati di
Presidio. Vi erano per proteggere le Cause delle Vedove, delli pupilli, e’ delli poveri,
come ancora per invigilare una sera per Uno caminando la Città tre Dimagogi, due
Greci per essere di num.o maggiore, ed uno Latino. E per ultimo vi erano due
Sotergrafij, che cδservavano le Scritture del Publico, uno Greco, ed uno Latino; oltre
quello del Ves.vo che soleva essere un Canonico Greco; abbenche il sud.o Ves.vo facesse
l’Atti Grechi, e’ Latini, conforme era l’occasione delli sudditi di Taberna.
Ritrovato il Protospata qsto modo di Governo molto cδmendabile, e’ quelli del p.°
ordine, tanto esatti nel adempire le di loro Cariche, e’ così puntuali nella Spesa del
danaro Imperiale per le fabriche della Città, furono molto cδsiderati; e’ per darli
qualche premio in ricompenza del servizio tanto puntuale all’Imperat.e, ed al Publico;
conoscendo, che se maj riusciva qualche disordine, era per difetto del 2.°, e’ 3.° ordine,
che nδ amministrava le sue Cariche come si cδveniva, penzò cangiare sistema di
Governo, volendo premiare li Buoni, e’ gastigare i Cattivi. Esaminate le Costituz.ni,
che si fecero qd.o Nessarco eseguì li Comandi Imperiali, col tempo doversino riformare,
2.° l’occasioni, e’ le Genti, che governano, cδsigliato il tutto cδ li Suoj Giudici, e’
Consiglieri, cangiò in Campo le sue Costituz.ni; che furono in succinto qste:
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Che li tre ordini composti di Nobile, Civile, e’ Popolare nell’elezzione de Magistrati nδ
potessero più convocarsi, restando solam.te al Corpo Nobile qsta facoltà, ne solam.te á
tutto qsto Corpo; má alla 1.a e’ 2.a classe del med.mo Corpo il passivo, ed á tutto il
Corpo Nobile l’attivo senza il passivo;
Che l’officij maggiori di Catapano, Soterargirio, Prefetture dell’arti dovessero essere
della p.a, e’ 2.a Classe; quej di Sotergrafi, Apocrifarij, dimagogi, Custodi della torre,
Giudici, dovessero essere di tutte le tre Classi. Li Catapani minori, l’Ispettori, li
Guardiani delle Porte potessero essere delli Civili, eletti però della Classe Nobili,
conforme più á lungo nel capo della nobiltà si darà la notizia di qste tre classi di
Nobili.
E vedendosi il 3.° ordine escluso; mal soffrendo il Popolo, qsta risoluz.ne del
Protospata, all’affacciarsi dalla fenestra, incominciò ad esclamare nella piazza del
Vescovato, e’ dimandato di quel bisbiglio, li risposero; che il Popolo volea pure parte
del Governo, conforme l’avea avuto sin dal tempo dell’Imperatore Eraclio. Il
Protospata rispose, che al Popolo cδveniva ärtos oic epitagma pane non comando: E
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quelli più insistendo, fece cenno cδ la mano, e’ cδ il Capo di esaudirli; e’ subito diede
l’ordine per l’informaz.ne della di loro Condotta, quale nδ era troppo franca di pena:
poiche si provava, pagarsino molti per li Voti; usare mille condiscendenze, e’ nδ poche
estorsioni; tanto che conoscendosi rej, e’ dubitando delle pene, che li soprastavano, e’
cδsiderando, che loro concedendo á taluni, negando ad altri stavano sottoposti á mille
accidenti, perche l’esclusi nell’occasioni, memori delle negative, ne prendevano la
Vendetta, essendo più potenti per gastigarli nelle Congiunture, deliberarono inviare
l’Arcip.te, ch’era il più confidente del Protospata, come di graδ bontà di Vita, e’
letteratura, e’ Zelo per li poveri in ogni loro necessità, chiamandolo per soprannome
Paterpenon cioè Pater pauperuδ; che se piaceva
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alla Sua Magnifica Onoranza; (qsto era il titolo, che si dava al Protospata) lasciarli
in qualche positura, erano tutti ben contenti; má se poj li pareva dover loro essere
privati di ogni azzione, erano contentis.mi: come pronti alli suoj Magnifici Comandi.
Appagatosi di qsta sommessa ubidienza, replicò all’Arcip.te: che l’avrebbe qsto 3.°
ordine popolare stabilito in una positura da poter vivere Commodo, senza che si
ingerisse in cose, che amministrate dalli Maggiori, sarebbero senza dubio per ogni
Verso riuscite per loro più ottime, e’ per il Publico assaj più utili; e’ per la Città più
splendide, cδsiderando, che al rimettere ogni cosa alli Grandi, dovean raccogliersi
molte famiglie Commode in Città, e’ stabilirne in Speranza di Nobili cδ la esatta
Condotta, che facevano negl’officij, per ricevere poj il premio cδ qualche onore per la di
loro procedura: E cδ qsta famiglia più numerosa vivere il Popolo cδ più azzioni di
servizio, e’ ricever più lucro.
La difficoltà più maggiore era lo stabilire l’ordine Civile, poiche in tempo di Eraclio la
Città nelle parti Maritime era numerosa di Persone addette alla Marcatura, cδ
l’occas.ne del Mare, e’ delle navi, che tenevano traficando al di la del mare sino
all’Egitto, e’ talvolta sino all’Arabia, nδ che per l’Isole dell’Arcipelago, e’ per qlle
Province cioè più Vicine di Grecia; e’ qste Persone, come più opulenti, ed Utili allo
Stato componevano l’ordine Civile: al presente ridotta la Città nelle parti Montane, e’
senza trafico pp il Mare; si riduceva á quattro soli mercatanti di panni; tanto che qsto
2.° ordine, bisognava ó togliersi dall’intutto, ó pure accrescerlo cδ altre famiglie
equivalenti. Imbarazzato il Protospata per il modo, che dovea tenere, chiamò
l’Arcip.te, come più capace d’ogn’altro, e’ per la bontà della nota indifferente, e’ per la
Carica più Prattica; li Comunicò il pensiero: e’ qsto prese tre giorni di
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tempo per deliberare, cercando ancora il permesso di comunarlo* á qualche persona
Capace per tal dissimpegno: e’ li fú il tutto conceduto.
Venuto il tempo determinato della risposta, l’Arcip.te portò in scritto la sua risoluz.ne,
qle, dopó una matura cδsideraz.ne delli più Scienziati, era qsta. Cioè; che li Mercanti
che traficano il danaro, e’ cδprano mercatanzie per venderle ad altri, perche rendono
ricco, e’ cδmodo il Publico, possono essere Civili, qualora qsti per un secolo nδ abbiano
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nelle famiglie loro, e’ per via di femine, ó per via di Mascoli arte più alcuna, poiche
fare qsta Mercatura era comune anco á Nobili, che se bene Baldo in L. Nobiliares C.da
cδmercijs, et mercatorib.s, vuole, che li nobili intrinsecandosi á qsti cδtratti, dovessero
perdere la Nobiltà, ciò si deve intendere per Coloro, che sono Mercatanti di bottega, ó
tengono le Case á somiglianza di botteghe cδ cose utili, ó che cδprano, e’ vendono
queste cose, tutto, e’ per tutto impiegati al guadagno, nδ che qli che cδprano, e’ fanno
ad altri far fare lo spaccio; essendo qsti necessarij ad ogni Stato, nδ che Città
Principale; come si prattica in Genova, Firenze, Pisa, Milano, trovandosi qsti molto
lodati da Tito Livio, che diedero tanto soccorso alla Republica Romana, qd.o in
Spagna li Scipioni pativano tanta carestia di grano, cδ graδ pericolo dell’Esercito;
lodati ancora da Tullio nell’Orazione pro Plancio, e’ nel p.° degl’Officij, dicendo che
la mercatura di poco è vile, má di molto è da lodarsi; tanto che ricevutasi qsta
risposta, si penzò ad escludere li mercatanti dall’ordine Civile, poiche li grani, e’
gl’agli cδ l’altre Cose nδ si cδpravano, má erano prodotti dalli Campi de Nobili; e’ la
Città ne faceva la Compra pp uso publico, e’ nδ giovando qsti Mercatanti, se nδ per
proprio profitto, nδ doversino reputare pp Civili;
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ed essendo Uomini per ord.° di poca estraz.ne, per avanzarsino potevano introdurre
mille* abusi perniziosi alla gente bisognosa; quindi nδ doversino stabilire in ord.e
Civile, se nδ avessero anni Cento di pruova tanto per femine, qnto per mascoli, esenti
da ogni arte per qsto tempo; e’ che dovessero avere docati 60 di annua rendita stabile,
e’ docati 600 da somministrarsino al Publico in ogni occorrenza per tre anni senza
riceverne frutto: potendoli far stare altri tre anni per uso loro proprio, che se maj
avendo li Cento anni di pruova li mancasse il danaro, tenendo una dignità Militare, ó
graduata, ó tre officij publici equivalevano qsti á qlla summa. E qsto fú risoluto per
l’ordine Civile.
Restava il terzo ord.e popolare, e’ qsto era composto di tutti l’altri, che stavano
sottoposti alle 9. Prefetture, chiamandosi nell’occasioni una per una la Prefettura cδ
li suoj sudditi; abbenche qsti maj avessero comando, ó nell’elez.ne parte alcuna, se nδ
che in qlle occasioni, che li Prefetti volevano, che v’intervenissero, nδ potendo per loro
stessi disponere in Cosa alcuna. Si chiamava qsta Prefettura nell’occasione della
Cappella, come si dirà, qd.o si parlerà della med.ma.
Sin da qd.o fú edificata l’Uria, si costumò per regolare l’Artisti, e’ l’altri Campagnoli
in ogni genere di Arte stabilirsi un Prefetto, ó sia Console, che sovrastasse á tutti
gl’inferiori di quell’arte sua, e’ l’eligevano loro stessi, radunandosi un giorno dell’anno
assegnato: quej che nδ passavano il num.o di 12. in qualche arte specifica nδ erano
obligati ad avere un Prefetto particolare, e’ proprio, má stavano sottoposti á quel
Prefetto che sembrava più
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proporzionato á quell’arte. Má á tempo di Eraclio stabilitosi altro modo di Governo,
si penzò rimediare all’abuso di tanti Prefetti nδ usandosi rigore cδ quej della stessa
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arte, per timore, che dopó l’anno toccandoli ad altro simile á se qsto officio, si potesse
vendicare; tanto che si procurò cδ eliggerne soli 9. Prefetti, v’includessero tutti
l’Artisti, e’ tutti quej della Campagna. Má per essere pure tra di loro, nδ andavano le
cose troppo á dovere, spezialm.te nelle due fiere, usandosi nell’apprezzo delle robbe
qualche riguardo alla parentela, al rigalo, ed ad altre occasioni meno lecite, si venne á
qualche lagnanza; ed il Duce volendo nella sua Visita Imperiale cδ la Suprema sua
Autorità darvi qualche taglio alli abusi, stabilì di qsta maniera.
Che il nome dell’arte, di Cui il Prefetto ne portasse il titolo, fosse preferito nella
Cappella, dovendosi nelli maritaggi essere li primi; e’ l’altri ponersi nella Sorte della
bussola; sedere il più vecchio di quell’arte, cioè il più antico patentato sopra tutti, e’
ricevere distam.te egli solo l’incenzo in tempo delle solennità festive di detta Cappella.
che li Prefetti fossero 9; eligendi ogn’anno dalla Classe de Nobili, e’ che la p.a e’ 2.a
Classe avesse il passivo in qste Prefetture, e’ la 3.a Classe solam.te l’attivo. Tali 9.
Prefetture erano col titolo di Agricoltori, Pastori, Fabricatori, Ferrari, Sartori,
Calzolaj, Pittori, Pellicciari, Carpentieri. E perche li Massari, ch’erano li più ricchi, e’
si stimavano di avere il titolo sopra gli Agricoltori, alla Cui Prefettura stavano
inclusi,
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vennero á lamenti, e’ presentando cδ le di loro raggioni una lunga supplica al
Protospata, qsto nell’Assemblea Senatoria;(poiche ogni settimana pp un giorno si
doveano tutti ecclesiastici, e’ secolari, li più vecchi, e’ dotti, radunarsi presso di luj, e’
qsto radunam.to, ove si proponevano cose utili, ed economiche, si chiamava Assemblea
Senatoria) proposta qsta supplica delli Massari contro gli Agricoltori circa la
prerogativa del titolo, fú cδchiuso, defendersino cδ le raggioni tali prerogative; fù
dunq: data tal Causa ad Urbano de Risu, Maestro di legge, venuto dá Atene l’anno
avanti, e’ per essere Latino la maggior parte delli Agricoltori, fú data tal difesa á Luj,
come Latino, Nobile, e’ giovane desideroso di farsi conoscere li suoj talenti. Si
appuntò per li 24. febraro, e’ si venne avanti al Protospata cδ li suoj Giudici alla
difesa delli Agricoltori, e’ incominciò la sua Diceria.
Orazione di Messer Urbano de Risu á favore
degli Agricoltori.
Agricoltori.
Se dall’antichità, ó dall’Utile, ó dal diletto, ó dalle Persone, che esercitano l’arte; qsta
riceve maggior splendore, e’ come tale dovrebbe all’altre soprastare nel titolo, come il
Principe sopra j suoj sudditi, come il Genere sopra la Specie, Io nδ comprendo, come
innanzi la Vostra Magnifica Onoranza avessero li Massari avuto ardire, togliere
all’Agricoltori, quel titolo, che saggiam.te si ava imposto, come se la Massaria, nδ fosse
parto dell’Agricoltura; che come madre, li si cδviene la maggioranza. Io, che frà tanti,
hó avuto, benche scarso di dottrina, e’ di anni, l’onore di difensare avanti la Vostra
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Magnifica presenza le raggioni, che alli Agricoltori, assistono, mi fó brevem.te animo
d’apportar le difese cδ la gloria di quest’arte, senza voler progiudicare á qlle
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che di pari cδtendono nell’Utile, nδ stimando spediente per inalzare un’edifizio,
abbatterne un’altro. Mi contengo solam.te nel limite della propria difesa, ed
incomincio:
Trovarsi arte, che sia più antica dell’Agricoltura, e’ che prima di lej possa vantarsi
l’origine, ó che dalla stessa bocca divina fosse Comandata, come nella Genesi abbiamo,
niuno vantò maj di trovarla; e’ chiaram.te si vede, che la p.a operaz.ne, che fece l’Uomo
fú di coltivare la terra; tanto che qsta sola basta per dimostrare l’Agricoltura essere la
p.a Arte del Mondo, nδ tanto per l’origine, quanto per l’utile, ed il diletto; cδforme
Cicerone nel libro degli Officij cδ la sua eloquenza in poche parole s’esprime: omniuδ
anteδ reruδ, ex quib.s aliquid exquirit.r, nihil est agricultura melices, nihil ubexius,
nihil dulcius, nihil hoc libero dignius, ed in tanti altri luoghi: nel lib.o de Senectute;
nell’orazione pro Roscio; tanto che Cajo Fabrizio, Cajo Mario, Curio Dentato, Porcio
Catone, Serrano, ed altri lasciando j magistrati si diedero alla Vita d’Agricoltori. A
qsta si ritrasse deposto l’imperio Diocleziano, ed abbandonato il Regno Attalo; ne
Ciro quel graδ Re della Persia si sdegnò lavorar di sua mano l’orto, e’ mostrarlo agli
Amici; Tanto che da qsti vennero quelli Cognomi delle tante Nobilis.me famiglie, che in
Roma maestevolm.te risplenderono li Fabij, gli Lentuli, gli Ciceroni, j Pisani, j Giunij,
i Statilij, i Porzi, i Vitellij, gli Annij tutti de primi Agricoli trassero la loro origine.
Dagli Agricoltori si traevano j soldati più Valorosi per esser più fermi, più robusti, e’
più forti. E da qui ad Esculapio Dio della Medicina j Greci, ed i Romani fuor delle
Città, edificavano j Templi, perche credevano, che nelli Campi guarirli dovea, nδ però
nelle Città, dove la vita molle, e’ laboriosa di mente, ed agitata dalle mille Cure, nδ era
convenevole, che il Dio della medicina si degnasse accostarsi. Quindi il Filosofo nelli
suoj libri Economici la chiamò Professione principalis.ma secondo la Natura; ed
Tremellio Scrofa diedi á prati il primato, volendo, che tal nome di prato, venisse da
parato al utile, ed al diletto. Qui operatur terraδ suaδ replebit.r panibus dice il Savio
ne Proverbij.
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Má che serve andar mendicando da altri scrittori, ó sacri, ó profani, prerogative per
l’Agricoltori, qd.o lo stesso figlio di Dio altro titolo nδ dà á suo Padre, che di
Agricoltore, come nell’Evangelio ego sum vitis vera, et Pater meus Agricola est.
Quindi á qsto nome di Agricoltore in caso dubbioso la presunzione è dalla sua parte,
come si há nella L. utili C.da de defensor Civitatuδ. E dando l’Agricoltore á persone
proibite la sua robba nδ perde il prezzo, come si há nel C. alla L. Unica; ne li suoj
istrumenti per farsi esecuz.ne*, ó pegno si possono prendere, come nell’Autentica alla
L. executores, Legge ancora usata fra gli Indiani innanzi alla guerra di Troja, che nel
tempo delle guerre nissuno de soldati poteva nuocere all’ Agricoltori, e’ turbare la
Campagna: Costume pratticato ancora da Nabuzardam, Duce del Re Nabucco, come
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si legge nel Capo ultimo di Geremia, ove gli Agricoltori furono esenti da ogni benche
leggiero danno, in tempo, che preso, ed acciecato Sedecia Re di Giudea, spogliata la
Città, depredato il Tempio, si fece da pertutto orribile stragge. E veram.te Filone
ebreo; e’ Senofonte nδ dubitarono chiamarla Arte dell’Arti, nutrice di tutte le Genti;
e’ Varrone nel p.o libro de Re rustica nδ solam.te la chiamò Arte, má scienza per il
metodo da tenersi nel piantare, coltivare, insitare, e’ raccogliere, nδ che conoscere le
Staggioni, osservar li Climi, considerare l’influenze; e’ mille altre Cose á tante scienze
necessarie, e’ dalle med.me dependenti mercè dell’Agricoltura, come si trovano scritte da
Nerone, Attalo, ed Archelao Re, e’ da Scipione, qd.o si ritirò da Agricoltore in
Lintorno.
Chí maj, dunq:, á tante prerogative dell’Agricoltura e’ per via di origine, e’ per via di
Utile, e’ per via di Soggetti, e’ per via di nome, ardirà negarli il titolo dovuto alle sue
preminenze; qd.o le stesse Leggi di tante esenzioni l’adornano; e’ la vostra Magnifica
Onoranza, á cuj la Providenza Divina há dato tanto lume per sapere ben discernere di
quest’arte l’intorna gloria, saprà, nello stesso tempo e’ con l’equilibrio
49
della giustizia, e’ cδ la sua Suprema Autorità, defenderla da ogni attentato
pregiudicoso á tanti suoj gloriosi fasti, che dalla mia rustica dicitura, nδ si hanno
saputo disvelare.
Terminata la diceria, ed applaudita dalli Giudici del Protospata, si decretò á favore
degli Agricoltori; essendo la Massaria una arte particolare, che si riduceva
all’Agricoltura, che n’era il genere. Che però li nomi dell’Arti restarono li stessi senza
cδtrasto, ó lagnanza alcuna. Sotto li Agricoltori vi erano tutte l’arti addette alla
Coltura, e’ li Cerajoli, e’ gli Trappetari. Sotto li Fabricatori vi erano li Pignatari,
fornaciari, stucchiatori, Tegolari. Sotto li Ferrari vi erano li Barbieri, arrotatori,
Calderaij, Campanari, orologiari, Stagnarini. Sotto li calzolaj vi erano j Sellari,
Valiggiari, Stivalari, Zoccolari. Sotto j Sartori vi erano j Berettari, Cappellari,
Bottonieri, Calzettari, Mercanti, mercieri, tapezzieri, matarazzari, Tessitori,
Ricamatori, franciari. Sotto li Pittori vi erano j scultori, gl’Indoratori, i Librari, j
mascherari, li Miniatori, li occhialari, orefici, Copisti, Sigillarij: Sotto li Pellicciari vi
erano j Conciatori, Guantari, Manticciari, Saponari, Tamburieri, Marturinari. Sotto
li Carpentieri vi erano ancora j serratori, Coronieri, Intagliatori, Pettinari, Scarpellini,
Tornieri, Ceterari, frischettari, Cestari, fiscolari, Cannistrari. E sotto li Pastori vi
erano li Vetturini, Castratori, j Corrieri, li Cordari, li Crivari, j Bastasi, j Scutellari.
Tutte qste arti furono ridotte á queste 9. Prefetture; le di Cui costituz.ni si diranno poj
in appresso. Tanto che la Cosa da principio apparì superflua; má col tempo si vidde
tantonecessaria, ed utile, che le fiere aveano per la perfez.ne di queste arti il concorso
sopra tutte l’altre Città Vicine, e’ lontane.
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Stabilite tutte qste Cose cδ gravi pene á Trasgressori, si partì cδ la stessa Comitiva di
prima, accompagnato da tutta la Classe de Nobili, e’ del Popolo sino al fiume Allis,
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dove lo stavano attendendo quej di Catanzaro per la Visita; che fú alli 19. di Marzo.
essendo stato rigalato á nome della Città di una Conca d’argento, quale nδ volle
ricevere, e’ si donò al Vescovo per qd.o si faceva la Cena. Buttò pure danari al Popolo,
e’ si portò cδ luj l’Arciprete, rigalato cδ un’ anello.
Capo 5. Delli Villaggi di Taberna, e’ p.° S. Pietro
Pietro
Tab.a l’anno 1064. essendo terminata di Fabriche, abbellita di edifizi. fortificata cδ il
Castello dove era la Rocca, e’ fatta la Torre Rocca cδ accrescim.to di Fabriche nel
Borgo cδ il Monte di pietoso sussidio, si penzò allo stabilim.to di qualche Villaggio:
poiche 9. anni addietro, essendo nell’elez.ne de Dimagogi venuta la Nobiltà cδ il
Popolo in qualche Contesa si venne all’armi. Volendo il Popolo, cercarsi j Dimagogi,
dicendo, che le Cause de poveri, dovevano proteggersi da loro stessi, si venne alla
violenza. La plebbe trucidò Georgio Pulipos eletto dimagoga da Nobili, e’ qsti
tagliarono á pezzi due della plebbe, oltre li feriti; che á ciò infuriata, voleva á
Congiunti dell’uccisore nδ perdonare né á sesso, ne ad età; tanto che furono costretti li
Nobili ritirarsino parte nella Rocca, e’ parte nella Torre di S. Barbara. Agatocle
Talaminos, ch’era l’Agagos cioè Comandante della Rocca, nδ solam.te dié ricetto alli
Nobili, má sotto pretesto di sedare il tumulto, cercava catturarne li Capi; quindi il
Popolo irritato, chiamò in agiuto á Tuscanio Lusignanna Uomo molto potente al di la
di Crotone, e’ qsto venuto in soccorso del Popolo, s’impadronì della Città, stando le
cose di tutto il Regno in cδtinua agitaz.ne per tante Nazioni, che lo dominavano
nell’anno 1055.; e’ stimando opportuno per
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conservarsi nel dominio, far parentela cδ qualche Nobile più potente, acciò potesse
sostenersi, usò Eldo suo figlio cδ Ilnaide figlia di Caspare Mannilios, ch’era il più
potente. Má le altre famiglie nobili mal soffrendo qsta sopranità chiamarono li
Normanni, venuti in Calabria cδ Roberto loro Duce, qlli avendo fugato Eldo, e’ suoj
aderenti, concede Taberna á Bajolardo figlio di Goffredo, ó Unfrido, ch’era fratello
dello stesso Roberto l’anno 1057; quale avendo cδsiderato, che vi erano reliquie ancora
dell’intestine dissenz.ni, penzò darvi la mano cδ fare uscire alcune famiglie á popolare
lo stato cδ li Villaggi.
Uscirono dunq: nell’anno 1064. dalla Città l’infrascritte famiglie, cioè Agatocle de
Ferrarijs, Marco Conrado, Alesandro Pistoja, Flavio Munizza, Pietro Garzia, Luca
Pitirra, Cesare Cumiso, Davide Pace, Tirso Ginetta, Torquato Iervasi, Guglielmo
Mazza, ed Arvisio Modio Nobili, cδ 38 altre famiglie, che nelle falde del monte
Ypisicon edificarono S. Pietro. A qste Latine se n’aggiunsero 8. Gote; e’ perche qste
erano alquanto rozze, che facevano più danno, che utile 23 anni dopó furono mandate
più sopra in Bucisano: E nel luogo, dove qsti si aveano fabricate le Case si penzò
stabilirsino li Greci, che in alcune famiglie vollero uscire dalla Città.
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Furono qsti Greci famiglie 16, il di cuj capo ecclesiastico fú Nicoló Galas, qle ebbe la
Cura dell’Anime, e’ delle fabriche per la sua Grecia; avendo la Chiesa di S. Nicolò j
Greci, e’ quella di S. Pietro j Latini. Il governo della giustizia dipendeva da Taberna,
come ancora il Regim.to sino all’anno 1094.
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qd.o si fecero j proprij Catapani, e’ Jurati, cδforme dal Governo de Normanni era in
uso.
San Nicolò di Bucisano
Mandate l’8 famiglie Latino-Gothe, come si disse, per edificare un Villaggio,
l’intitolarono dalla Chiesa S. Nicolò di Bucisano. Qste erano governate, come
un’appendice di San Pietro tanto nello Spirituale, quanto nel temporale.
Bartalisio
Essendo cδcorse molte genti da luoghi circδvicini cδ l’occasione de Normanni, che li
facevano godere protez.ne, ed esenzione di pagam.ti più d’ogn’altro luogo per esser
Taberna della Casa dominante si mandarono sú del monte Styritos á stabilirsi in
Villaggio l’anno 1096, acciò custodissero li passi, si coltivasse quella Terra al di sopra;
e’ si lavorasse alla Lana per la fabrica de panni; e’ furono li Capi Fabio Curia di 17.
famiglie; e’ di altre 13. Ortensio Dardano, che cδ qste famiglie propriam.te dell’Uria
abitava nella Rocca di Cardias sopra Palepoli, qle poj si ritirò in qsto luogo.
Santa Maria di Bompignano
Con l’occasione del fiume Allis per li passaggieri, che nδ potevano al di la valicarlo per
le parti di sotto per essere unito cδ Lytricon più copioso di acque si penzò stabilire un
ospedale di San Giovanni, cδ la Chiesa di S. Maria attaccata al med.mo per
Parocchiale sotto la direzzione di Vito Mariconio al declino del Monte Saconon; e’
furono 21. famiglie, che pure attendevano alla fabrica delli panni, alla incisione de
legni, ed al biancheggio delle tele. E fú l’anno 1104.
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S. Marco
Sú del fiume Lytricon per la fabrica de panni si stabilì un Casino per il Prefetto cδ
alquante Case all’intorno per li Telari de panni, l’anno 1416; potendosi dire Villaggio
per fare Parocchia di Anime 134. col Curato Leonardo Politellia, abbenche sin
dall’anno 1102. vi era la Chiesetta di S. Marco, per devoz.ne di Marco Vainero, ch’era
il Maestro de panni in quel tempo, che s’introdusse tal fabrica.
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S. Sofia
L’anno 1117. penuriando la Città di gente addetta á servizi di Vettura, e’ di legna
radunata la gente, che stava in Castel Minerva sopra l’Uria; la situò al num.o di 24.
famiglie al di la del fiume Allis, dando la Cura della Chiesetta di S. Sofia, e’ del
Villaggio dello stesso nome á Jacobo Turios per guidare come Capo Spirituale, e’
Temporale quella gente Greca.
S. Giorgio, e’ S. Nicolò di Sabuzio
Essendo venuta dalla Grecia l’industria della seta, si penzò stabilirla in luogo Caldo,
e’ farne la fabrica in luogo Commodo di acqua, e’ di legna, e’ che fosse chiuso dall’arte
per la sicurtà; tanto che per esser luogo più culto, e’ meno boscoso si stabilì ivi la
fabrica per l’Artefici in S. Giorgio; e’ per la legna, e’ Coltura de Calzi in S. Nicolò di
Sabuzio, e’ fú l’anno 1118. cδ famiglie 27., guidando tutte le due Chiese cδ le Case
divise Ascanio Iozio.
S. Biaggio
Li Prefetti della seta nδ volendo stare in luogo basso, má più sollevati di aere si
stabilirono cδ li Casini al di sopra fabricandovi la Chiesetta di S. Biaggio guidata da
Marco Mario Voina; famiglie 8., e’ fú l’anno 1121. essendo Prefetti Biaggio Scarola,
e’ Muzio Riczello .
54
S. Leone
Avea l’Archimandrita Pesacense somministrato molte legna per la fabrica di Taberna,
e’ molto soccorso di danaro per tante spese, e’ n’era stato compenzato dal Protospata,
qd.o fece la Visita Imperiale di Cinque Campi; ed avendo qsto ricco Monasterio dato
soccorso á S. Pietro per qsto fine di fabriche, e’ molto ancora á S. Nicolo di Bucisano,
pretendeva per tante spese dalla Città tutto il Monte Natacos, che li stava dirimpetto
cδ le pianure al di sopra, sino al fiume sotto S. Maria di Bompignano; ed avendosi
fabricato un’ospizio di S. Basilio per tutti qlli che nδ potessero valicare il fiume nel
tempo d’Inverno, che li portava nδ poco peso si fatta opera pia, poiche ritirandovisi li
Monaci ivi nelli mesi più rigidi, tutti vi cδcorrevano per le spese, e’ per il ricetto; e’
tenendovi ancora l’Archimandrita molta gente in tutto il tratto di quel Monte per la
sicura Custodia de passaggieri per quelle Selve, che in tempo d’inverno nδ vi era altra
strada, che qsta eziandio per Taberna, nδ potendo valicare per le parti di sotto j Fiumi
più gonfi. e’ Carichi di acque; tanto che soggiacendo á tanta Spesa, e’ per il
mantenim.to del Ves.vo cδ tutte le Dignità; ed ecclesiastici in tempo dell’Assedio del Re
Guglielmo, e’ per la guardia del Monte, e’ per tanti sboscatori per renderlo culto, li si
dovea per ricompenza qsto Monte; che tenendolo la Città li recava tanta Spesa; e’
loro, che vi spendevano ogn’anno tanto, doveano almeno dal ricavato del med.mo
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cδpenzarsene le Spese tanto eccessive, facendosi il Computo, che la metà de Campi
avuti si cδsumavano per qsto fine.
Erano li motivi alquanto ragionevoli, má proposti al Corpo della Città si trovarono
raggioni in cδtrario; e’ posti in bussola li Voti, trovavano l’esclusiva, cδ tutto che li
ecclesiastici tutti pendevano cδ li Monaci; diceva il Senato della
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Città che per il mantenim.to del Ves.vo aveano più guadagnato, che perduto; poiche vi
aveano mandato molto comestibile, ed n’aveano cδ la sua dimora molto più raccolto;
che se maj dovessero avere dal Ves.vo nδ era peso dalla Città, per sodisfare; che per la
spesa fatta giornalm.te, nδ dovea sodisfarsi cδ un proprio perpetuo. che la custodia del
Monte era stata più tosto per loro sicurtà, che per il Corpo della Città, che stava più
sicura, che nδ fossero j Religiosi nel Convento, e’ nell’Ospizio; qsta risoluz.ne di tenere
gente ivi, nδ era stata per cδsiglio della Città, má per loro propria Cautela, che per le
legna, e’ spese i passaggieri n’erano stati ben cδpenzati nδ tanto dal Duce, quanto
dalla Città, che cδ tanti donativi avea fatto un Convento tanto Commodo, nδ che
ricco; essendo stata tutta l’opera di quej di Taverna cδ l’elemosine, cδ li voti, e’ cδ gli
lasciti delli di loro famiglie.
Queste erano le raggioni della Città apparenti; má nell’intorno vi erano pure
dissapori; poiche posto l’assedio dal Re Guglielmo nδ solam.te la Città fú rovinata
nelle fabriche, má ancora li villaggi di S.Pietro, Bucisano, e’ Bartalisio; avendosi la
gente tutta de Villaggi salvata nelle Selve, e’ lasciati vuoti li Villaggi, li furono le
fabriche pure smantellate cδ servirsi delli travi per l’assedio; l’Archimandrita
somministrò legna cδdotti cδ li bovi á sue spese in S. Pietro, e’ Bucisano; á Bartalisio
somministrò le legna, e’ nδ li bovi. E stando in gara dopó l’assedio S. Pietro cδ
Taberna, pretendendo qllo attirarsi famiglie potenti; e’ stabilirsi da se in qsto
Infrangente qualche vantaggio nel Regim.to, e’ nel sistema della Nobiltà, pretenzione
tenuta á memoria nelle Calamità, nelle quali si deve dar soccorso, e’ nδ contrasto. Ed
essendo l’Abbate nativo di S. Pietro rifondevano ogni disgusto alle gare del Paese: E
perciò tenutosi Consiglio, si giudicò spediente mandare una Colonia di Gente armigera
nel Monte per discacciare le Genti delli Monaci, e’ pigliarne il
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dominio; tanto più che li Monaci sopra il pretesto della dominaz.ne Imperiale, e’ del
bisogno, in cuj si vedea esser ridotta Taberna del di loro soccorso, che nδ potevano
troppo altercarli ne li Confini dilatati ne Campi, ne la permissione del Monte, si
credeano sottomettere la Citta, per farli dunq: á conoscere, che la Città in mezzo alle
dissaventure sapeva dimostrare la sua Costanza, ed ancora á quej di S. Pietro la sua
potenza, si risolvè farli stare ristretti, e’ cδservarsi il dominio.
Risoluta dunq: qsta intrapresa, tentarono stabilirla cδ vigore; Scelsero li più bravi
della Città al numero di 48. e’ li diedero per Capi li più Valorosi, e’ fazzionanti, che
furono Leone Capilupia, Bartolo Mannia, Teodoro La fratta, e’ Georgio Curtes;
ognuno che ne Comandasse 12; e’ bisognando l’unione di tutti fosse Capilupia il Capo
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per la nascita, e’ per il Valore, nδ che per la prudenza; e’ presso di luj fosse il Curtes
soldato pure sperimentato, ch’aveva militato tant’anni in Siria* sotto il Re Baldovino
IV. // Má risaputasi in Pesaca tal novità, subito li Monaci chiamaro j di loro Custodi
del Monte, anzi tutti quej dell’Ospizio di S. Basilio, nδ stimando cδvenevole á
Religiosi dar Causa di risse: e’ potere risvegliare alla Città altre pretenzioni sú quel
tanto, che anticam.te possedevano nδ tanto per la Concessione Imperiale de Campi,
quanto per l’eredità di nδ poche famiglie; poiche dall’anno, che si edificò Taberna
Montana, e’ si diè principio alla Chiesa di Pesaca nell’anno seguente alli 8. di 7bre,
per aver visto dalli 15. di Agosto tanta quantità di lumi, e’ ritrovata poj alli sudetti
lumi da una fiaccola più luminosa indicato il luogo proprio una Imagine della B.
Vergine, á tal miracolo la Città tutta, benche occupata alle fabriche proprie, non
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mancò farvi una Chiesa, e’ cδ gli Voti, elemosine ed eredità otto anni appresso farvi
Convento; e’ l’anno 988 farla Abbaziale Archimandrita cδ tanta rendita per l’eredità
di Basilio Pasitichio, e’ Conone Zonotoros, che alla continua cδparsa de lumi ogni
notte, si erano portati cδ molta gente entro quelle selve ad osservarli da Vicino, che
ritrovata l’Imagine gli lasciarono la loro robba, ed ivi da Romiti si ritirarono, e’ poj da
Monaci Basiliani morirono: fra lo spazio di qsti pochi anni aveano accumulato tanto,
che l’Abazia fú fatta Archimandrita Capo degl’altri Abbati Basiliani cδ avere
acquistato tanto sopra li Particolari; e’ nδ contenti di qsto avere stabilito l’Ospizio cδ
tante cδmodità l’anno 1110; ch’era un’altro Convento, e’ tanto nδ bastarli.
Data dunq: qsti Capi la notizia del ritiro delle genti, e’ della clausura dell’ospizio in
Taberna; li fú risposto se volevano ivi abitare, che l’avrebbero dato ogni soccorso, e’
cδcedutoli ancora il Monte; quindi si diedero tutti á fabricare Case al di sopra
l’ospizio, incidendo le parti boscose, e’ piantandole; tanto che l’anno 1182., ch’era il
terzo anno dello stabilim.to si portarono le di loro mogli, da Taberna tutte, e’ si fece il
Villaggio, chiamato S. Leone, per la Chiesa di qsto Santo, ch’era la Parocchiale
governata da Ordeonio Monteruco; accresciuto il Villaggio per altre famiglie, e’
spezialm.te da quella di Giacomo da Paenizia*, benestante, che vi avea tutto il Monte
dirimpetto là vicino; vi fabricò Georgio Curtes á sue spese l’altra Chiesa, che intitolò
di S.Giorgio per suo ritiro eremitico ed invece dell’Ospizio di S.Basilio, pp nδ
lagnarsino li passaggieri l’altri due Capi á loro spese fabricarono l’ospedale di San
Giovanni; tanto che nella numeraz.ne del secolo nell’anno 1201 Taddeo Colannisio
Curato diede la nota dell’Anime, e’ furono 382. ecclesiastichi Cinque.
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S.Pietro in Vinculis
Divisa la Casa Garzia in S. Pietro, ed avendoli toccato alcune* possessioni al di sopra
volle ivi ritirarsi in un Casino, ed edificatavi la Chiesa di S. Simone, e’ Giuda, l’anno
1186. pretendeva Simone Garzia, ch’era il Capo cδ altre 7. famiglie stabilirlo in
Villaggio; má opponendosi Giuliano Modio Curato di S. Pietro restò un appendice di
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quel Villaggio sottoposto allo stesso Curato Modio; e’ nella numeraz.ne del 1201.
apparve d’Anime 65.
S. Mauro in Cavis
L’anno 1192. Opimia de Presbiteris moglie di Mauro de Petrutia*, che stava in S.
Leone, nδ potendo tolerare, che le mogli di quej 4. Capi avessero la precedenza nelle
Chiese ivi, come edificate da loro, stimandosi inferiore nel sedere fuora dal Sunno* ove
le mogli di quej quattro sedevano, nel Monte Canio* all’ incontro di S. Leone, si
edificò la Chiesa di S. Mauro, cδ il proprio Prete, e’ vi stabilì la sua dimora, tenendovi
ivi sej famiglie di gente di servizio, e’ di Coltura per le sue robbe, e’ nella numeraz.ne
del 1201. Jeronimo Sarconipia* Curato la mando di Anime 47.
Capo VI. Dell’Assedio di Taberna per lo Re Guglielmo.
Li Normanni, che dalla Cimbria, ó sia Danimarca si erano stabiliti in Francia, passati
in Italia, ed entrati nella Puglia cδ Guglielmo Ferrabac l’anno 1040. nδ prima
sottomessala, che nell’anno 1053. da Unfrido di luj fratello, á cui Leone IX diede
l’Investitura della Puglia, ove erano entrati, e’ della Calabria, e’ Sicilia, ove stavano
per entrare; E di gia impadronitosi pure di qste le cedé á suo fratello Roberto: però due
anni appresso morendo, pentitosi di qsto, chiamò Erede, e’ Successore Bajolardo suo
figlio. Má di ciò sdegnatosi Roberto, tolse al Nipote la Calabria, e’ la Puglia cδ
aggiungervi Troja, che alla Chiesa Romana ubbidiva. Má qsta poj restituitala á
Nicolo Papa II. qsto lo Creò duca di Calabria, e’ di Puglia. Venuto poj dalla
Nortmannia di Francia
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in Italia Ruggiero fratello di Roberto, ed ultimo figlio di Tancredi di loro padre, li fú
dato per cδquistarlo il restante della Calabria da Squillaci á Reggio; quale poj
conquistato, se lo divisero, e’ per distinguersi fra loro, Roberto ebbe il titolo di Duca,
Ruggiero di Conte.
Bajolardo privato dal duca Roberto suo Zio dello stato Paterno ebbe per appannaggio
Taberna; ed avendo ivi edificato il Castello, cδ altri magnifici edifizi, e’ stabilito un
governo tanto cδmendabile, ingelosito il Zio, ne lo privò, e’ lo concesse alla sua sorella
Aldizia maritata con Guglielmo Capriolo, di poj al di loro figlio Giordano per
cδcessione di Ruggiero figlio di Roberto l’anno 1107. Ruggiero III. Duca, e’ Primo Re
nell’anno 1136 la concede á Ridolfo della linea Unfrida Conte di Loritello; qsti
avendo lasciato due figlioli piccoli Roberto, e’ Goffredo entrò in pretenzione il Zio
Guglielmo fratello del Conte Ridolfo; má la Città prendendo le parti del pupillo
Roberto, lo riconobbe per suo sovrano, governando la Contessa Vedova sua madre.
Venuto poj in età si pigliò in moglie la figlia Naturale del Re Ruggiero I. e’ vi ebbe in
dote Catanzaro.
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Ciò premesso. Essendo Guglielmo I. figlio del Re Ruggiero, e’ fratello della Contessa
di Taberna, e’ Catanz.ro Margherita, per le pessime sue qualità odiato dalli popoli
della Sicilia, Puglia, e’ Calabria; quindi la madre della Contessa, che teneva graδ
summa di danaro cδ li suoj fratelli Alfieri, e’ Tomaso persuasero alla figlia, e’ Nipote
essere adesso opportuno il tempo togliere al Re Guglielmo la Calabria per darla á suo
figlio Roberto. Le città ribellate in tutti li tre suoj Regni; egli odiato tanto da popoli,
e’ lontano stando in Sicilia;
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ed all’incontro la linea Unfrida tanto ben affetta presso di tutti qsti tre Regni; quindi
si diede la Contessa tutto e’ per tutto á sostenere le Città ribellate cδ promesse, e’
danari nδ solo per la Calabria, má ancora per la Puglia.
Saputosi tutto qsto nella Sicilia dal Re Guglielmo, penzò impedire qsto torrente; e’ per
mezzo di alcuni suoj Confidenti, ed antichi servitori introdotto negozio cδ alcuni di
Catanz.ro, dove stava la Contessa di residenza, si fecero á sentire Arvisio de Arces cδ
altri Capi nδ potere aderire al partito della Contessa contro il proprio Re: E volendo
essa sforzarli, e’ quelli forti in Città defendersi, diede tempo al Re di passare al di quá
il mare, e’ venire in Calabria. La Contessa essendo di qsta venuta avvisata, nδ
stimandosi sicura in Catanz.ro, deliberò passare in Taberna, ed ivi fortificarsi; e’ quelli
forti in Città defendersi, diede tempo al Re di ben prepararsi cδ l’esercito, e’ più cδ il
maneggio nell’esercito della Puglia, che cδduceva il Conte Loritello per soccorrere
Taberna.
Venuto dunq: il Re in persona, e’ piantatovi l’assedio dopó 4. mesi, ed undeci giorni
alli 17. di Luglio l’espugnò, dandovi un crudele sacco nδ solam.te al Mobile má una
rovina alle fabriche, ed una stragge alla gente troppo barbara. Le cose migliori si
ritrovarono cδ le donne, e’ piccirilli nella Rocca di Silone, che voleva pure espugnare,
se nδ era sollecitato dalla rebellione della Puglia ad accorrere ivi; L’altre Cose meno
cδsiderabili, e’ cδ la gente bassa inabile si era ritirata nelle selve sopra Pesaca. Il
Ves.vo però cδ tutti gli ecclesiastici Nobili, e’ dignità, e’ Curati si era fortificato nel
Convento; E li Villaggi tutti si erano radunati nelli Monti sopra Pesaca per le
scorrerie nemiche pur anco rovinati nelle possessioni, e’ nelle fabriche. Li Cittadini,
che aveano preso l’armi furono tagliati á pezzi senza pietà al numero di 1206. pochi
scampati per una grotta, che nell’ingresso rapido de Siciliani pp trovarsi presto al
sacco avevano lasciato senza Custodia nel tempo del assalto generale.Furono presi, e’
Condotti al Re la Contessa cδ la Madre, e’ cδ li
61
Zij, Tomaso fú mandato prigioniero in Sicilia. Alfiero fú decapitato avanti la piazza
del Castello in Tav.a istessa; La Contessa, e’ la Madre furono pure mandati in Sicilia
prigionieri. Il Conte, che intese qste funeste notizie cδ tutto il suo esercito, che
conduceva in soccorso più numeroso di qllo del Re, ritornò nella Puglia; e’ fortificò
Taranto; restando la Città priva di gente, e’ smantellata di tal maniera, che ne perdé
ancora il titolo di Città, tutti li privileggi, e’ tutte le industrie nell’anno tanto
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memorabile del 1162. Ed acciò, che dalla speranza, che avea cδcepito di’ farsi Capo
della Calabria, cadde nell’ultima desolaz.ne; Città tanto regolata, e’ Senato tanto
prudente, nδ seppe prevedere, che l’esercito benche numeroso di Loritello era cδposto
di Longobardi incostanti, e’ che il Re l’avea cδtaminato cδ li donativi fatti á Capitani
per trattenere cδ mille pretesti sediziosi le marcie. Effetti del penato, che se bene un
Re sia malvaggio, deve pure esiggere da sudditi la fedeltà.
Il Vescovo cδ gli ecclesiastici durante l’assedio dimorò in Pesaca, poj alla partenza del
esercito si ritirò in S. Pietro; e’ la gente ancora si ritirò in quej desolati Villaggi sino
che al Re Guglielmo il Malo dopó Cinque anni venne Guglielmo II il Buono, e’
ripatriatosi in Taverna la Gente raminga popolarla di nuovo, come si fece risarcendo le
rovine. Memore però di tanta stragge in vendetta del sangue Normanno nel 1194, qd.o
si mosse la guerra tra Tranchedi, ed Errico VI Svevo, mandò á qsto armi, e’ Cavalli;
Comandava l’esercito Svevo Errico Colà, e’ Taberna stimò spediente inviarli Tarquinio
Baldajo cδ 112. Vesti ferree cδservate nell’Ospedale di S. Giovanni á Nemesin su la
riva del fiume al di quá di S. Sofia. Con qste Vesti ferree vi aggiunse ancora 38.
Cavalli, che cδdusse Ginnio Nuz; furono accolti qsti Due deputati cδ molto gradim.to;
e’ concedé a’ Taberna nδ solam.te li istessi Privileggi; má di vantaggio anni sej di
franchiggia per ristorarsi da tante rovine.
62
Con li Svevi si andò ristabilendo in qualche parte dalle tante sue rovine, avendola
guardato cδ occhio clemente Corrado Re, che la franchiggia di tre anni concessali da
suo Padre l’Imperatore Federico la prolungò per altri sej anni; Venuti poj li
Andegavenzi da Carlo I. d’Angiò fú assegnata per appannaggio alla Famiglia Reale,
ed incominciò d’allora á ristorarsi di gente, fabriche, e’ d’ogn’altra perduta
prerogativa, ed industria. Vennero li Re della Casa di Durazzo, e’ da Carlo III
smembrato Catanzaro da Taberna, restò qsta sola per appannaggio alla Casa
Durazzesca, governata per un Regio Giustiziario; e’ fú il p.° Giustiziario Edmundo
de Villequier* l’anno 1383.; poiche p.a di luj era governata per un Governatore. Il Re
Ladislao l’arricchì cδ l’opere di Seta, tenendovi un altro Prefetto, e’ col Concorso delle
fiere franche di ogni qualsiasi peso. La Regina Giovanna II. poj nδ avendo eredi ne
fece dono alla Casa Ruffo in persona di Cubellia, che l’era stata sorella di latte, e’ ce
la richiese in dono, e’ l’ottenne; che se bene qsta l’avesse posto nel più alto dell’utile, e’
dello splendore, nδ che della propria libertà in agire Taberna stessa tutto il Civile, e’
Criminale mercé del Senato, ch’ebbe in suo tempo vigore, e’ per di qd.° fioriva sotto
l’Imperatori Greci, ad ogni maniera il tutto poj pago in ricompenza di quel tanto avea
acquistato, come sentirete in appresso.
Fine del p.° Libro
45
63
Libro II.
Stato di Taberna, e’ Villaggi nell’
anno 1400. sino all’ultimo assedio.
Per darsi una perfetta notizia di quello, ch’era Taberna nel principio del Secolo 1400.
sino alla sua totale destruz.ne mercé l’assedio dello Sforza 25. anni dopó, stimaj
necessario in qsto libro 2.° dare un’esatto ragguaglio del Modo di Governarsi, della
sua Nobiltà, del suo Vescovo, e’ Dignità; abbenche qsto nδ vi fosse stato in qsto
tempo; ad ogni maniera per nδ cδfondere nel p.° Libro qsta materia di Vescovo, e’
Dignità, l’hó voluto in qsto riserbare.
Capo I. Della Nobiltà.
Erano, come si disse nel p.° Libro tre ordini, che componevano il Corpo tutto di
Taberna, cioè Nobile, Civile, Popolare; qsti poj nella Visita Imperiale del Tatamura
ridursi solam.te al Nobile diviso in tre Classi. Questo Corpo di Nobiltà l’ebbe da
Eraclio Imperatore ogni preminenza, e’ dignità; poiche nelle turbolenze del suo ribelle
Lemigio, che volea da Esarca Imperiale spogliare dell’Italia l’Imperio Orientale, e’ cδ
un Manifesto publicato allettare j Popoli á seguirlo nella sua ribellione. Trischene
allora opponendosi cδ un’esercito al ribelle, ed il Senato cδ una dottissima Scrittura
ributtando le fallaci offerte, che publicava nel Manifesto Lemigio ribellato, maritò la
Munificenza Imperiale, come più chiaram.te apparisce dalla Concessione, ó sia
Privileggio Diplomatico, che lo stesso Imperatore inviò al suo Protospata, Duce, e’
Straticó Nessarco,
64
á cui commise l’esecuz.ne de suoj Imperiali Comandi; ridotto dal Greco in Latino pp
più maggiore intelligenza; che dice Così
Caesar Flavius Heraclius Pius, Felix, Augustus
Imper: XXIV.
X
Augustae Maiestatis indeficieris cura semper fuit, nδ soluδ armis firmare Regnoruδ
paceδ, Legibus astruere Populoruδ concordiaδ; Veruδ etiaδ subditoruδ perpendere
merita, fidelitatis scrutari officia, ut dignis decernantur premia, honoribus datur ansa
virtuti: Memores igit.r et subsidioruδ, quibus inter Magnae Greciae Urbes in finibus
Italiae Civitas illa Trischenes et Gentiuδ numero, et Navium apparatur, et libenti
pecuniae subsidio contra Imperij hostes erga Divos Augustos nostros Praedecessores
quaδ strenue se gesserit; et discriminuδ, quibus illa fidelis Gens, sedulusquή Senatus
contra rebelleδ, et infamen Esarcam olim nostruδ Lemigiuδ erga Nostraδ Augustam
Maiestateδ, nostruδquή Imperiuδ et Armis fideleδ Nostruδ Ducem, Protospatamquή
Nessarcuδ sunt viriliter prosecuti; et scriptis futilia reddidere hostis disseminata per
46
Urbes promissa;ut nδ soluδ glyscentes compescerent seditiones, hospitantes firmarent
animos, quin etiaδ conterminis Civitatibus darent praeclara exempla servitutis. Tot,
tantaqή igit.r insignia fidelitatis facinora, nostruδ Augustuδ impulere Animuδ, Urbeδ
illaδ neduδ declarari fideleδ, Senatuδ virtute praedituδ, illiusqή Majores Nobilitatis
Insignibus decorandos; Veruδ etiaδ Populo illi munificentis.ma largitate Imperiali bis
in anno concedenduδ trinundinuδ liberuδ, immune, nulli obnoxiuδ Sextae, nectigali,
portorio. Tibi igit.r Nessarco nostro Protospatae, et Duci committimus, et mandamus
erga Urbeδ illa haec nostra Augusta exequi beneficia, nundinas
65
publicare, Senatuδ stimmate Aeropagi insignire, Majoresqή illos Civitatis, perpensis
eoruδ meritis perquisitisqή generis dignitate, et prosapia amplitudine in albo Nobiliuδ
ascribere; aliquδqή eoruδ, si tibi videt.r visis videndis, probatisqή probandis in
numeruδ Cubicularioruδ nostruδ Imperialiuδ, Senatorionuδ, imò et Patritionuδ
undiqή per nostruδ Imperiuδ asciscere; nec nδ Civitateδ ipsaδ, viribus tantopere pro
nostra Servitute praeditaδ, proprio nunq.m discessaδ limite, ut Conterminis turbaret
tranquillitateδ, quaeqή nostro Imperio firmam cδmostravit fideδ, Divisqή Theodosio,
eiusqή filio Arcadio nostris Augustis Praedecessoribus, ut fert.r, contra Abrogastem,
Gildoneδ, Rufinuδ hostes, et rebelles opportunaδ attulit opem, et honorabile praebuit
subsidiuδ omniqή quo Tribuit Specimina Servitutis; Nostrae Augustae placuit
Majestati praecaeteris appellari Fidelem at qή intuitu Imperiali dignaδ; neve tanta
nostrae Munificentiae obliturent.r insignia, epigraphis honoreδ benigniter elargimuδ;
sic et in posterum Urbs cognominet.r Fidelis, taliq: praenomine insignitaδ per alias
Magnae Graeciae Urbes declarari permittimus. Cupientes igitur nostruδ exequi,
beneplacituδ, Tibi, aut Uni ex tuis Consiliarijs occasione arrepta Visitationis nostrae
Imperialis, aut quacuδqή data opportunitate committimus ipsa adinapleri
adimplenda; et omnia nostro Majori referre Apocriphario datuδ Bizantis die 9.
Martis 639. Imperis nostri 28.
Ex Exa* Xti 2.a
Procopius
Didimus
A tenore dunq: di qsta Carta Imperiale, Il Protospata Nessarco spedì d’Aquilea, ove
risedeva, nδ avendo tirato sino alla Magna Grecia la Visita Imperiale per tema della
ribellione Lemigiana, di cui erano ancora restati j fermenti, e’ per Eleuterio Patrizio
mandato dallo stesso Eraclio per vendicare la morte del Essarco Giovanni, spedì dico
Georgio Crupolazio suo maggior Cubiculario per eseguire l’ordini Imperiali; má
avendo saputo la ribellione ancora di Eleuterio, ritornò addietro, ed operato, che in
Roma li stessi suoj soldati uccidessero il Ribelle, come seguì cδ mandare il Capo in
Costantinopoli, ritornò di nuovo á riprendere la sua Incombenza; má giunto nella
Puglia, e’ ricevuto da
47
66
Teodoro destinato nuovo esarco in Italia, li confermò la Commessa per Trischene, dove
arrivò nδ prima delli 16. Gennaro dell’anno 640; Incontrato da tutti li Maggiori cδ
l’Ecclesiastici, e’ Senato nel fiume Arocha; e’ dalli Ministri sino á Crotone; li fú
accomodato per sua residenza il Palazzo del Catapano, che in quell’anno era Procopio
Mannilios in Palepoli.
Esaminato il tutto circa il Contenuto del Privileggio stabilì tre ordini di Nobile,
Civile, e’ Popolare; come si disse; avendo dichiarate Nobili 86. famiglie; che divise in
rami erano 132., fece Cubicularij Imperiali Simplicio Catozumeno, e’ Severino
Pediconthos, Senatori furono dichiarati Zosimo Pharagonios, Zaccharia Mannilios,
Anastasio Balascos, Zinzino Polinzios; Patrizi poj furono Sergio*** che avea
composto lo scritto contro il Ribelle, Eutichio Argyros, che avea comandato l’esercito
contro il sud.° ribelle, e’ lo stesso Procopio Mannilios Catapano X Il Vescovo poj
Sicherio Rochas fú dichiarato Cubiculario, Senatore e’ Patrizio. Il Senato, che allora
era Composto di 34. soggetti fú dichiarato Sedulo, e’ Virtuoso; tanto che col nome si
aggiungevano qsti due titoli di Seduli, e’ Virtuosi, portando nell’Imprese il Sole. Si
publicarono le fiere per tre giorni franche. E per il titolo di fedele alla Città restò
sospeso, poiche l’altre Città apparivano alquanto offese, qualora ella sola avesse qsto
titolo; e’ nδ volendo mettere gelosia, e’ disgustarsi l’Animi dell’altri, chiamando
Trischene col titolo di fedele, apparendo, che l’altre nδ siano state ossequiose
all’Imperio; rispose il Cubiculario Crupolazio, che di ciò n’avrebbe dato parte
all’Imperatore; ed avendo ogn’uno stimolato sú qsto punto, cδ tutto che il med.mo era
molto Compiacente, si ostinò á nδ dichiararla tale, nδ per mancanza di merito, má per
alcuni rispetti, che poj col tempo nδ mancherà di eseguirli. E veram.te luj avendo
ricevute notizie, che l’Imperatore era fatto Idropico, cδ le Cose in Italia nδ tanto
assodate; stimò spediente sospendere il titolo sud.o, bastandoli l’altre grazie più utili
pp nδ risvegliare maggiorm.te l’invidia dell’altre Città.
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Partitosi alli 13. di Marzo il Cubiculario accompagnato cδ la stessa Comitiva di prima
da tutti li ordini della Città sino á Cotrone, da dove passar dovea nell’Epiro, fú
rigalato nδ solam.te dalla Città, má da tutti li Nobili, che aveano ricevuto le Imperiali
dignità, oltre la spesa eccessiva arrecata al Comune, avendosi meritato si fatti
donativi per la sua dolcezza, prudenza, e’ graδ dottrina, spezialm.te nel regalare li tre
ordini, li Consoli dell’arti, e’ le costituz.ni per le fiere, ed ogn’altro attinente al buon
governo cδ l’ordine regolato; e’ spezialm.te per il Senato, dove la Potenza prevaleva
talvolta nelli Voti. Il Tatamura nella sua Visita Imperiale cangiò, come si disse, qsto
sistema; lo riformò Giovanni di Brayda nella Visita, che fece nella Calabria per Carlo
I. di Angiò l’anno 1270. E finalm.te la Contessa Ruffo il 2.° anno del suo possesso di
Taberna, che fú l’anno 1416; e’ fú di qsta maniera.
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1. Che il Corpo della Nobiltà fosse diviso in tre Classi da radunarsino in tre luoghi
distinti. Il p.° luogo dovea essere nella Sala della Torre di S. Barbara attaccata alla
Chiesa: Il 2.° nella Sala attaccata alla Parocchia di S. Nicolo. Ed il 3.° nella Sala
attaccata alla Parocchia di S. Silvestro. Ciò succedea in quelle Cause attinentino in
qualche Classe di Nobiltà cδ l’esclusiva dell’altre; come á dire nelli Consigli di guerra,
era la Nobiltà della p.° Classe. Nelle decisioni di giustizia era la 2.a cδ l’esclusiva
della p.a. E nelle decisioni di Annone, ed Industrie erano tutte le tre Classi da
radunarsi nella Sala attaccata in S. Maria Maggiore; dove tutti davano j Voti; però
la p.a e’ 2.a avea l’attivo, ed il passivo; la 3.a l’attivo solamente; si eccettuava però
qualora il Padrone in scriptis per mezzo del suo Giustiziario eliggeva qualche soggetto
della 3.a; potea ottenere il passivo; però nδ si estendea qsta grazia nella famiglia.
2 Che la p.a Classe si dovesse intendere per quella famiglia, che avesse avuto distinte
in diversi tempi 9. dignità Militari, ó la Maggior parte delle 9. da Capitani in su; e’
qsta Classe era Nobile senza altro aggettivo; e’ s’intendeva cδ ciò della Prima.
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3 che la 2.° Classe fosse di quej, che nella di loro famiglia avessero avuto 9. dignità
graduate, ó che n’avessero la maggior parte delle 9. erano graduate e’ nδ militari tali
famiglie; Intendendosi tal Dignità il dottorato in Legge, in medicina, l’esser Notaro, ó
Sotergrafio, ó Ayure dignità ecclesiastica da Canonico in sú, ó Paroco di S. Nicolò;
però distinte in diversi tempi, nδ cδputandosi in due fratelli, bensì da Padre á figlio. Il
Dottorato poj in Atene portava due dignità; purchè si dottorasse ancora in Napoli,
Parigi, Bologna, Salerno. Tali famiglie si dicevano Nobili graduate.
4 Che la 3.a classe fosse di quej, che aveano pure in distinti tempi Cinque dignità ó
militari, ó graduate, dicendosi Nobili aspiranti, perche aspettavano l’altre dignità;
potendosi á qste dispenzare dal Padrone sino á 3. dignità mancanti; sedevano però
nell’ultimo luogo. E per una dignità mancante vi dispenzava tutto il Corpo della
Nobiltà, qualora il Soggetto fosse in Dignità attuale, utile al Publico, bensì nδ dovea
nelle Cariche, che otteneva per 3. Volte ricever mercede alcuna.
5 Che nelle Sale vi fossero le Sedie cδ li nomi delle famiglie sul loro posto; poiche
quelle, che aveano più dignità militari, che graduate; e’secondo l’antichità de tempi
erano nel sedere le prime, acciò l’ordine nδ si potesse Confondere, siccome erasi
stabilito, mercè d’un contrasto tra le famiglie Crea, e’ Ioino l’anno 1305 á tempo del
Re Ruberto d’Angiò.
6 Che li forastieri aventino tali prerogative negli stati de Ruffi, e’ de Marzani, venuti
cδ la Contessa, e’ successivam.te venendo in qualità di Giustiziarij, Castellani, Mastri
Razionali, ó Consiglieri di orecchia godessero le stesse prerogative delli altri Nobili;
siccome l’anno 1419. si stabilì qd.o il Castellano Clemente Morone prese posto nella
sala della p.a classe.
7. Che le famiglie uscite nobili da Taberna fossero prive di attivo, e’ passivo, se nδ
tornassero dá Villaggi, ó d’altronde, ove erano stabilite tre anni prima cδ le di loro
49
famiglie per osservarsino da Censori j di loro Costumi; se avessero cangiato qualità, e’
se caso tali famiglie
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si trovassero estinte in Taberna, benche Vive nelli Villaggi, ó altrove, venendo in
Taberna erano pure escluse, se nδ passavano li sudetti tre anni di Continua dimora; nδ
dovendo tenere tali famiglie ó sparse per li Villaggi, ó fuora del territorio stabilite
altra prerogativa, che il solo nome di Nobile, l’eguaglianza ne matrimonij, e’ la parità
in ogn’altra occasione, fuorche nelle Sale di radunanza. Si eccettuavano però le
Persone Militari di Capitani in sú che nelli affari di guerra chiamati prendeano posto
nel luogo antico delle loro famiglie; Così parimenti li Graduati, qd.o erano chiamati per
qualche affare politico nella 2.a Sala; dove era l’antico posto loro prima che da
Taberna uscissero; nδ stimandosi cδvenevole, che chiamati per utile del Publico,
fossero in qsta occasione privi dell’antiche loro prerogative; mentre prima dell’anno
1415. nell’occorrenza si scriveva á qsti tali, e’ rispondevano cδ il di loro parere. Má la
Contessa volle togliere qsta Usanza, volendo, che in tali occorrenze necessitose al bene
Publico, fossero redintegrati nelle di loro prerogative de posti cδ la publica
dimostranza.
8. Che le nove dignità, quali doveano avere le famiglie per essere della p.a ó 2 .a Classe
Nobili, si potessero abbreviare, quante volte avessero ó Toghe di Mastri Razionali in
sú, ó Vescovi, ó Comandanti Supremi, ó Cavalieri Gerosolimitani, ó della Banda
Istituiti 47. anni addietro da Alfonso Re di Spagna, ó di Calatrava, ó di S. Giacomo;
valendo qste Dignità ogn’una per tre eziandio militari; e’ le dignità ecclesiastiche di
Arciprete, Cantore, Arcidiacono, Tesoriere, Primicerio, Decano, Protopapa,
Protonotario, Cappellano Maggiore, Cimeliarca, Penitenziero, Succensore, Succantore,
Teologo Prebendato, Priore di S. Stefano, Abbate della SS.ma Trinità di Mileto, di
Monte Cassino, Forense, e’ Pesacense, valere per una dignità, eziandio Militare,
tanto se fossero ecclesiastiche fuora della propria diocesi, quanto Religiose nelli
sudetti accennati Conventi; ó Paroco nella Chiesa di S. Nicolò, come all’articolo 3.
70
9. Che nelli luoghi del sedere in qste Sale, ognuno vi dovesse tenere la Tabella della
propria descendenza cδ il numero delle dignità, e’ cδ la qualità della med.ma, e’ col
tempo nel quale l’aveano ottenute, dovendovi á qsto soprastare tra li più vecchi pp
ogni rispettiva Classe, acciò esaminassero il tutto, per nδ succedere qualche inganno,
progiuduzioso alle prerogative dell’altri. E tali tabelle, che dovessero essere sugellate
col suggello di tutte le famiglie Nobili delle 3. Classi. E se ciascuno avesse voluto
turbare qsto ordine cδ passare in luogo superiore nel sedere, eziandio per errore, nδ si
dovesse ammettere discolpa, má dovesse per un’anno sedere nell’ultimo luogo: e’ se maj
avea qsto l’Ultimo luogo era dall’intutto per un’anno escluso dall’Ingresso nelle Sale;
senza che l’altre famiglie fra qsto anno passate forse nella p.a ó 2.a classe li potessero
occupare l’antico luogo, nδ dovendo perdere l’ansianità; conforme l’anno 1421. che
successe il Caso fú deciso.
50
10. Che ognuno di qste tre Classi Nobile contraendo matrimonij fuora di qste tre
Classi, dovesse perdere per ogni matrim.o una dignità militare. Si eccettuavano però li
Matrimonij nobili delle Città dichiarate per tali; e’ la povertà del Nobile, qualora
ricevesse dote quatrupla; volendosi in tal Caso cδ il cδsenso in scriptis di tutte le tre
Classi alla maggioranza de Voti dispenzare á nδ perdere la Dignità militare, má
restare come prima.
11. Che della famiglia divisa in più rami, se voleva il Ceppo intervenire, fosse preferito
alli rami; má nδ volendo intervenire fosse preferito il ramo più Vicino al tronco. Nelle
Aspiranti però fossero preferite il numero, la qualità ed il tempo delle Dignità, nδ il
tronco, come nell’altre due Classi.
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12. Che l’attuale dignità nδ era preferita nel Sedere, dovendo occupare il posto della
famiglia, e’ di quella Classe, ove si ritrovava. Si eccettuavano però le Dignità, che
apportavano il triplo, qd.o qsto soggetto si attrovava nella Radunanza; avendo nelle
Sale il rango sopra tutte le classi, ponendoli una sedia apparte per ciascheduno; ed in
cδcorrenza di più soggetti di dignità tripla, si decise così, qd.o nell’anno 1308. furono
nelle Sala di Radunanza Filippo Longos Vescovo di Squillace, e’ frà Giacomo
Altimario Vescovo di Taverna, e’ Catanzaro, ed Ascanio Pediconthos Vescovo di
Tropea, ed Alesandro Mannilios Comandante del Re Carlo II., e’ Crispo Baroardos
Mastro Razionale del med.mo, e’ frà Rocco *** Cavaliero Gerosolimitano. Che li Ves.vi
dovessero essere li primi secondo la loro antichità, ó sia anzianità d’elezzione, di poj il
Comandante; poj il Cavaliero, e’ nell’ultimo il Mastro Razionale.
13. Che le famiglie estinte, ó traspiantate altrove dopó anni 50; se nδ citavano la
Classe, erano prive di radunanza, poiche nδ vi si lasciava nelle Sale più posto per loro.
14. Che per dare il Voto bisognava al Soggetto anni 33.; E meno di qsta età si
occupava il luogo, má nδ s’avea ne attivo, ne passivo; però essendovi nella famiglia
Rami di età dovuta, dovea il ramo Vicino al tronco occupare il luogo nel Voto, nδ
quello, che de rami fosse di più età maggiore. Ciò intendendosi nell’elez.ne del
Catapano, Soterargirio, e’ Prefettura della Seta, e’ de panni, ove il Voto si dava per
ogni tronco, nδ per li rami delle famiglie.
Qste furono le Capitolaz.ni della Nobiltà in diversi tempi riformate, come nel principio
de Normanni á tempo di Bajolardo, e’ di Carlo I. di Angiò, e’ di Margarita, e’
Ladislao durazzeschi registrate per Andrea da Jazzolis, ed ultimam.te dalla Contessa
cδpilate nelli sopradetti articoli per la radunanza di Sej li più dotti, e’ Vecchi per
ciascuna classe; oltre dell’altre di sopra dette, qd.o ebbe principio dalla Concessione di
Eraclio.
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Capo II. Delle nove Prefetture dell’Arti
Li 9. Prefetti dell’arti, che si eliggevano ogn’anno dal Corpo di tutta la Nobiltà, e’
doveano essere soggetti Nobili della p.a ó 2.a Classe. Si creavano il giorno
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dell’Epifania per voti entro la bussola; ed eletti il giorno seguente si radunavano nella
propria Sala, attaccata alla Chiesa di S. Nicolò, ove al di fuora vi era scritto l’epitafio
sopra la Porta, cavato dalla Topica d’Aristotele nel 3.° libro; che diceva in Latino:
Justitia Regentis est Utilior subditis, quam fervilitas temporis, solatium pauperum,
haereditas filioruδ. Radunati tutti li 9. alli 7. di Gennaro entro qsta Sala,
disponevano le cose attinentino all’Arti, secondo la varietà de tempi, riformando,
annullando, e’ cangiando quello che li pareva più spediente ed utile; e’ cδ loro
v’intervenivano 2.° il bisogno li più antichi di quell’Arti, che aveano bisogno di
riforma: e’ dopó qsti esami alla metà di Gennaro si cavavano scritte le Costituz.ni per
ciascheduna Arte; e’ si affiggevano nel sopportico della Sala; e’ nelle strade, ove vi
erano quelli Artisti proprij pure si affiggevano le Costituz.ni di quella Istessa Arte;
dovendo alli 3. di Febraro obligare tutti all’esecuz.ne, e’ nδ prima; tanto per Taberna,
quanto per li Villaggi.
Scorsi li 3. di febraro qsti 9. Prefetti aveano la potestà sopra li Rispettivi loro sudditi
nell’esaminare le loro opere, punirli in caso di mancanza, e’ difetto, facendosi il tutto
osservare da 3. esperti li più anziani di quell’arte, e’ stabilire ogni cosa per il publico
utile, e’ Commodo; dovendosi prima di portarsi alle fiere essere ogni cosa cδ
l’assistenza di qsti tre revista, e’ tassata, cδ il prezzo di sopra scritto, e’ sugellato col
sugello del Prefetto; e’ perdeva il doppio del Valore, se maj vi si cδmettesse in qste cose
tassate, e’ suggellate qualche frode. La cosa poj tassata, nδ si poteva Vendere meno
del prezzo stabilito, acciò nδ si avvilisse in progiudizio dell’altri: E sú di qsto si stava
cδ graδ rigore; e’ perciò le cose per nδ restarli invendute, li Artefici nδ si lagnavano
della tassa; má talvolta volevano loro il prezzo minore pp nδ restar oziosi, cδsistendo
il guadagno alla frequenza dello spaccio, non alla altezza del prezzo.
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Non potevano poj gli Artefici le loro opere darle á Credenza nelle fiere senza il
consenso del Soterargirio, che vi designava in quel tempo due Ispettori per qsto fine;
má quel che restava invenduto si riserbava sino all’altra fiera á Capo dell’anno; ed
avendo l’Artefice bisogno, era tenuto il Soterargirio darli danaro in soccorso; e’
l’Artefice dovea tenere la sud.a robba á richiesta del Soterargirio; e’ qsta robba era
dall’Ispettori descritta, cδ un’altro suggello sugellata, nδ stando sottoposta á veruno
altro peso. Qd.o poj la sud.a robba suggellata per l’altr’anno nδ si vendeva; si mandava
dal sud.o Soterargirio altrove per vendersi á Carica del Publico: ó pure fuora lo stato si
dava á Credito, ó in Cambio cδ altre cose, sempre però á Conto del Publico.
Li Nobili poj nδ potevano ricevere á Credito cose dagli Artisti sotto pena della
sospenzione di tre anni dagli officij, e’ dall’ingresso nelle sale di Radunanza; e’
l’Artefice era á proporzione del Credito punito; acciò la Nobiltà nδ spendesse talvolta
cδ la speranza, e’ restasse soggetto all’Artefice cδ diminuz.ne del suo decoro, e’ molto
più cδ la prosunz.ne del Villano, e’ del Suddito. essendo stata legge sin dal tempo di
Margarita di Durazzo, che le robbe stabilì de Nobili nδ si potessero vendere, se nδ al
Corpo della Nobiltà. E che l’Ignobili andando fuora nδ si potessero esiggere il frutto
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delle robbe passato l’anno, se nδ la metà del frutto, dopó due anni il terzo, dopó tre
anni il 4°; e’ successivam.te sino che si estinguesse totalm.te il frutto. Eccetto però se
andava per beneficio dello stato in qualche parte, e’ vi faceva dimora per smaltire
robbe, come succedeva, tenendo bottegha; ó per altro beneficio del Publico.
Si ammetteva il Credito fra gli Artisti, e’ Nobili, qualora qsti si ritrovassero fuora lo
stato, nδ potea però passare il semestre; e’ stando in Casa si ammetteva per 48. ore la
Credenza; però passato qsto termine era tenuto l’Artista portarsi dal Soterargirio per
darlene la notizia, ed essere sodisfatto; dando però la pleggeria del ricevuto: Ed in
caso di trascuraggine, ó falsità era punito tanto l’Artista che molte volte pagava il
doppio
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del Credito, che avea. Il Nobile pure era punito qualora nδ pagava per trascuraggine,
dovendo oltre il debito pagare il quarto del med.mo debito in benef.o del Monte
Sussidiario. Se poj fosse stata impossibilità, nδ si puniva cδ qsta pena del 4.°; má
pagava il Soterargirio, e’ poj se nδ li era dal Nobile fra un’anno pagato, perche durava
l’Impossibilità, si pagava dal sud.o Monte; e’ si procura al med.mo Nobile qualche
Impiego entro, ó fuora lo stato; nδ succedendo qsto Cosa se nδ rarissime volte; perche
cδ le Cariche si sostentavano le famiglie Nobili: E se erano cδ soggetti inabili, li si
metteva subito il Curatore.
Doveano qsti Prefetti ancora esaminare il bisogno di quell’Arte, e’ l’Utilità, che se
n’arrecava: E così il numero degli Artefici in una Arte, ch’era decaduta, si diminuiva;
e’ si accrescevano li Giovani all’insegnam.to di quell’arti più utili al Publico;
dovendosi li Discepoli ordinarsi dal Prefetto á quali arti si doveano impiegare, nδ
potendo sú ciò la volontà de Padri, e’ Madri; má il bene del publico: Nelle arti di
Pittura, Scultura, Lavoro Sottile, ed ogn’altra che fosse altrove più eccellente, si
mandavano li Giovani Idonej fuora per apprenderla ó á spese della loro Casa, ó se nδ
qsta nδ poteva á spese del Soterargirio; che poj la dovea riscotere dallo stesso Artista á
docati dodeci l’anno cδ il cδsenso del Pref.o.
Se l’Artista diventava inabile, il Prefetto ordinava all’altri della stessa arte á
somministrarli il bisognevole, mandandoli ogn’uno il pranzo una, ó due volte al mese,
secondo il num.o delli Artisti, e’ delli Inabili; supplendo al di più la Cappella, ó il
Monte, cδsiderate dal sud.o Prefetto tutte le Circostanze.
Era Cura ancora del Prefetto maritare le figlie dell’Artisti cδ la dote della Cappella;
dovendo tenere un Ispettore per l’esazzione nelle fiere di grana 13. per fiera
nell’Artefici di arte Vile; e’ di grana 22. nell’Artefici d’arte Nobile,
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oltre dell’elemosina, che si esiggeva ogni festa, ó spezialm.te in ogni giorno della fiera
per la Cappella; e’ molti la p.a opera, che vendevano, e’ nδ eccedeva il prezzo di
Carlini Cinque aveano per Costume darla alla Cappella; esigendo qsta elemosina
l’Ispettore del Prefetto, ch’era tenuto darne nota distinta del dante, e’ del dato; acciò
si regolasse il Prefetto del tutto; e’ nel ripartim.to delle Botteghe potesse assignare 2.°
53
li parirebbe più proprio il posto più e’ meno vistoso, e’ Commodo; appartenendo questo
officio al Prefetto dell’Arti, ed al Iurato, che sú ciò cδvenivano. Vi era poj una pena;
che se maj li Artisti si lamentassero del Sussidio, che davano agli altri suoj Compagni
Invalidi, e’ veniva all’orecchio del Prefetto, era condannato á nδ avere bottegha
propria, má vendere in bottegha d’altri, che li era di graδ vergogna.
Il Prefetto spediva le Patenti all’Artisti nδ tanto per Taberna, quanto per li Villaggi,
dove solea andare ogni p.°, ó 2.° giorno del mese, ó veram.te mandare in sua Vece á
visitare le di loro opere; ed osservare j discepoli circa l’Arte, e’ li Costumi. Tale Visita
era obligato personalmente ogni sej mesi farla, e’ per ordinario si facea dopó l’ottava
di Pasqua, e’ la p.a di 7bre per osservare l’opere, s’erano degne della fiera. E per li
costumi se ne lasciava la Cura secretam.te á qualcheduno per punirli, ò cδrreggerli.
Dovea risedere nella Casa del Curato, e’ nδ altrove, e’ la spesa, che il Curato facea li
era rimborzata dal Soterargirio.
Nδ si dava fra loro precedenza all’Arte; má all’età avanzata circa il sedere nella loro
sala; ne si avea riguardo se il Prefetto fosse della p.a, ó 2.a Classe eletto; poiche qsta
Sala nδ era radunanza per la Nobiltà, má per l’Arte; E così ancora nella Cappella, ove
nelle solennità maggiori, talvolta intervenivano tutti; nella propria Cappella
interveniva il Prefetto solo di quel Arte, di Cui il Santo n’era Protettore; come per li
Agricoltori S. Agricola. Per li Fabricatori li S.S. Procopulo, e’ Massimo: queste erano
nella Chiesa di S. Silvestro. Per li Ferrari Santo duristano; Per li Calzolaj li S.S.
Crispino, e’ Crispiniano. Per li Sartori S. Omobono; qste erano
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nella Chiesa di San Nicolò. Per li Pittori era S. Luca entro S.ta Maria Maggiore. Per li
Pellicciari S. Bartolomeo, ed era nella Chiesa di S. Barbara. Per li Carpentieri S.
Giuseppe; E per li Pastori Gesù Xsto cδ la pecora sú le spalle. Ego sum Pastor bonus
entro la Chiesa di S. Giovanni Crisostomo. Le Costituz.ni poj di qste Cappelle fatte per
Nicodemo Catanzaro Paroco di S. Nicolò l’anno 1382. furono cδfirmate per Carlo III.
di durazzo, il Prefetto le faceva osservare appuntino, e’ li Curati nelle di loro chiese vi
tenevano il Prete per far le Congregaz.ni ogni festa; ed ogni p.° Lunedì di mese ogni
Prefetto interveniva la sera all’officio de morti, nella Sua rispettiva Cappella.
Capo III. Delle Prefetture della
della seta
Avendo il Conte Ruggiero conquistata l’Albania, la Macedonia, e’ la Tessaglia, dove
vi avea trovato la seta, che dall’India avea fatto venire l’Imperator Giustiniano,
penzò il sud.o Conte stabilirla in Calabria; e’ Bajolardo suo Nipote nδ trascurò
piantarla in Taberna; e’ cercando qualche luogo più vicino alla Città, e’ più caldo, e’
meno esposto á Venti, si penzò al di lá del fiume, ove li due fiumi Lytricon, e’ Alli si
univano ergere ivi li ponti, acciò potesse la gente valicare sicura, e’ coltivare
l’industria, avendosi piantato li Celzi per di là; ed erettovi alcune Case in S. Giorgio,
in Sabuzio, e’ Santo Biaggio. A Bajolardo successe Aldizia sua sorella, á qsta suo
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figlio Giordano; ed l’industria si avanzò, poiche oltre delli Cittadini lo stesso
Giordano avea piantato j celzi per suo Conto; e’ Ridolfo Conte di Loritello l’avanzò
molto prima della ribellione; tanto che avendo la Città eretto per Prefetto della Seta á
Muzio Riczello, e’ il Conte á Biaggio Scariola; qsta Prefettura nella famiglia Scariola
passò poj ad essere della Corte Reale; poiche Ladislao l’anno 1387 volle i Velluti**, le
rascie, e’ damaschi di Taberna; e’ si stimò eriggere un’altra Prefettura sola, come si
cδveniva per qsto fine, e’ si destinò Luc’Antonio Scarola. Per il Conte Gian Orazio
Riczello; e’ per la Comunità Nardo** de Gattis; abitanti in S. Biaggio, dove vi erano
li telari nelli di loro Casini. má molto più
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in S. Giorgio, essendo in tempo dell’ultimo assedio 22. telari; cioè 4. per il Reggio
Palazzo, 7 per la Contessa, 8. per la Comunità, 3. per li Provvisionati; poiche ogni
provvisionato publico doveva avere oltre della mercede due Canne di rascia nella fine
del suo officio; Il Giustiziario, Castellano, Soterargirio, e’ Catapano Maggiore
l’aveano di Velluto; e’ l’altri á proporz.ne.
Aveano qsti Prefetti la Cura di riuscire l’industria Copiosa, e’ di ottima qualità,
avendo sudditi sotto di loro tutti li attinenti alla sud.a Industria; eziandio alli
Velettari, zagallerari, frangiari, mercatanti; tintori, come ancora alli Patellari; ed alle
Maestre quali erano sej, due per ciascheduna Prefettura; tenendo qste la Carica di
Visitare l’altre donne, per vedere, come raccoglievano, e’ disponevano la seta, ed il
lavoro; tenendo qste di provis.ne docati 10. l’anno cδ un manto di velo ogni 7. anni,
alla fine del loro servizio, dovendo essere sopra gli anni 40., di probata vita, acciò
pratticando cδ le figliole, che lavoravano detta seta, facendo Zagarelle, Calzetti,
Cuffie, trapunti di sottane, pizzilli, guanti, fettuccie, ligaccie, ed ogn’altro, nδ li
guastassero li Costumi, essendovi pena di perpetua Carcere, chiunqή di loro li portasse
ambasciate, eziandio, di legitimo matrimonio; poiche portandole á mal fine, erano
mandate in perpetua galera.
Teneano qsti Prefetti due Ispettori, eccetto quello del Reggio Palazzo, dovendo luj
stesso fare questo Officio nelle telari Regij, che stavano nelli Casini di S. Biaggio; ove
vi era il Tribunale cδ 6. soldati. Visitavano cotesti Ispettori tutti li attinenti
all’industria; Uno stava in S. Giorgio, e’ l’altro in Taberna; dovendo tali Ispettori
venire da’ Prefetti á ricever l’ordini, á dare il Conto dell’opere, ed á pigliarsi il danaro
pp pagare gli operarij, quali doveano essere sodisfatti ogni Sabato la sera dalli stessi
Prefetti, alli quali servito aveano.
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In S. Pietro, dove pure si operava la seta per Conto della Contessa; stante che qsta nδ
volle escluderli di coglierla, filarla, e’ fare il nutricato, abbenche li Trattori tutti
fossero in Sabuzio cδ li Testitori in S. Biaggio, e’ S. Giorgio; ad ogni modo il Prefetto
nδ volle mandarvi Ispettore proprio; má vi stava uno della sua stessa famiglia per
soprastare á quelli, essendovi stabilito Porzio Scarola, e’ suo figlio Gian Girolamo, che
vi governarono solam.te per anni sette.
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In tempo delle fiere di Maggio, e’ 7bre il Prefetto del Publico era obligato portarsi in
Taberna, e’ cδsegnare secondo la raccolta dell’anno il pattuito lavoro de drappi; e’
quello, che li avanzava potea venderlo per suo Conto franco; tenendo apposta una
bottegha sua propria col proprio mercatante, che ce li smaltiva: E se maj per qsta sua
vendita propria, trascurasse qualche cosa circa la qualità de drappi pattuita; era
privato per un’anno di questa Utilità; standovisi cδ ogni rigore dal Soterargirio cδ
altri sej Nobili, per Ciascheduna Classe due per esaminare la qualità del drappo, il
peso, e’ l’altre circostanze, e’ spezialm.te, se per vantaggiare la sua propria bottegha cδ
il superfluo, mancasse alla Comunità. La cδsegna si dovea fare al sud.o Soterargirio cδ
li sej Nobili; quelli della Contessa si cδsegnavano al suo Mastro Razionale; e’ quelli
del Regio Palazzo si mandavano talvolta cδ lo stesso Prefetto, ó persona di sua
famiglia, ó di chí designava il Corpo della Nobiltà per andarci, nδ trascurando ognuno
di fare qsto viaggio ordinariam.te si cδmetteva al più Vistoso, eloquente, e’ povero de
Nobili per la ricompenza Reale, che era solito di ricever alcune volte in danari, e’
molte volte in Governi, ed altre cariche cδsiderabili.
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Capo IV. Della Prefettura de panni.
Avendosi detto di sopra che il Conte Ruggiero cδquistasse la Macedonia, e’ la
Tessaglia cδ aver portato l’industria della seta, portò parimente quella de panni; ed
Aldizia, sorella di Bajolardo nδ trascurò metterla in Taberna; avendo fatto venire
Marco Vainerio Greco Veneziano, cδ tutti gli ordegni necessarij, e’ cδ altre sej Persone
per la fabrica di detti panni: però si fatta industria per tanti infrangenti accaduti
negli anni seguenti nδ si estese più delle Lane nostrali per provedersino Taberna, e’ li
Villaggi nel proprio Commodo. Giunse nel anno 1415. la Contessa, ed avendo trovato
Taberna in ogni cosa ben regolata, tenendosi ad onore vantaggiare cδ splendidezza
quello Stato, ch’era sempre stato del Reale Appanaggio, procurò questa industria farla
da dover risplendere. Chiamò l’anno seguente alli 4. di Febraro in Castello tutto il
Corpo della Nobiltà; e’ fra gli altr’affari economici, gl’incaricò qsto de panni,
promettendoli ogni soccorso di danaro, purche vi volessero attendere; E rispostoli di sì,
che avrebbero il tutto fatto, purche venisse Artefice più Prattico, poiche quelli, che vi
erano, nδ li facevano tanti fini, e’ di qualità per mancanza d’Istrum.ti, di Arte, e’ di
Lana; quindi la Contessa fece venire Ambroggio Sanopirio Greco suddito de
Veneziani per Maestro, cδ la lana di Macedonia, e’ si diede principio all’opera.
Avendo la stessa Contessa scelto dal Corpo della Nobiltà Giacomo Frosina per
Prefetto, acció si facesse un’altro varcho nel fiume Lytricon, ed egli si stabilisse in S.
Marco
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di residenza; avendo sotto di se due Ispettori; uno per condurre le Lane, che
sbarcavano cδ le Navi Veneziane nell’Uria, quali poj dovea cδsegnare alli
Scardassatori di Bartalisio; e’ per filarsino cδ li Mangani alle donne di S. Pietro,
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Bucisano, e’ Borgo di S. Crisostomo; nδ potendo filarle entro Taberna le donne.
L’altro Ispettore andava in giro per qsti luoghi pagando ogni settimana li operarij. Li
Telari posti in S. Marco erano Visitati dal Prefetto; e’ l’Ispettori nδ trascuravano
assistere ora alli Varchi, ora alli operarij, ora alli Tintori, tanto che l’anno 1418. alla
fiera di 7bre cδparvero li panni cδ uno smaltim.to incredibile per la beltà, e’ qualità.
Tanto che l’anno seguente si mandò la robba ancora di seta, e’ lana cδ li panni per li
stati de Ruffi, e’ de Marzani cδ un guadagno straordinario di tanti.
Avea il Prefetto autorità nδ solam.te sopra li sudditi di qsta industria; má ancora
sopra quej drappi ch’erano composti di lana, e’ seta per il mezzo tempo; sopra le tele
Bambacine, e’ di lino; sopra li Cordari, e’ sopra li Stampatori delle sud.e tele, avendo
luj il Ius dello Bollo sopra qste Cose ed in ogn’altro ove vi entrava la lana, ed il lino.
Era però tenuto dare due Canne di Panno per ogni officiale Publico, 4 Canne al
Castellano, Giustiziario, Soterargirio, e’ Catapano; come ancora alle dignità
ecclesiastiche ogni tre anni due canne de meno fini all’altri officiali Minori nδ del
Corpo della Nobiltà: Cinque Canne di drappo seta, e’ lana per ciasceduno Paroco ogni
tre anni; ed alla Contessa li si davano due pezze di Canne 12. l’una in segno di
ossequio, e’ gratitudine;
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ed altre 24. Canne di drappetto seta, e’ lana di quel Colore che li piaceva dandone
prima l’ordini; però volendo qualche pezza porporina, dovea far dare la Cocciniglia;
questo era ogn’anno; oltre altre pezze 8. per la sua Corte di panno metà fino, e’ metà
grosso ogni tre anni.
Secondo poj la qualità delle Lane, la quantità delle med.e, e’ li prezzi dell’oglio era
obligato il Prefetto cδsegnare al Soterargirio la nota delle pezze. Il di più era per suo
Conto, potendo smaltirlo ó nella fiera, ove teneva bottegha propria col proprio
Mercatante, ó altrove; fuora però dalli Stati de Ruffi, e’ de Marzani, ove andavano le
pezze del Publico; per nδ turbare il trafico Comune, ch’era una sorgente tanto lucrosa
per Taberna, e’ per li Villaggi, che affezzionati alla Contessa per tanto guadagno, che
li arrecava, si precipitarono cδ essa sino alla rovina: perche extrema gaudij luctus
occupat.
Capo V. Della Prefettura della Carta.
Avendosi fatto il Computo della spesa, che apportava in Taberna la Carta si penzò
stabilirne la fabrica; tanto più, che dovendo portare li Vetturieri tanti drappi per li
Stati de Ruffi, e’ de Marzani, per nδ tornarsene vacanti potevano qsti portare le
pezze per la Carta. Si propose l’anno 1416 qsta fabrica, e’ fú approvata dal
Soterargirio, dal Catapano, e’ da Tutti; tanto che ancora la Contessa promettendovi
ogni assistenza, mandò lo stesso anno á chiamare da Salerno Ottavio Salistonio
Artefice, quale venuto cδ altri Cinque Persone prattiche designarono il luogo sotto S.
Sofia; e’ l’anno seguente verso la fine s’incominciò cδ qualche rozzezza, sino al
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Giugno delli 18.; creando il Corpo della Nobiltà il suo Prefetto cδ due Ispettori per
invigilare all’opera, ed alla spesa, che nδ fú poca, ed á raccogliere in giro le pezze,
avendo li Mercieri nella
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fiera avuto licenza di accredenzare per li paesi sottoposti á Ruffi ed á Marzani
mercanzie di cose piccole all’altri Mercieri: E qsti erano obligati al mese di Luglio, ed
8bre tener leste le pezze de loro paesi al ritorno delle Vetture; che aveano portato li
drappi di Seta, li panni, e’ le tele.
Fú dunq: eletto Annibale Altimatio pp Prefetto, qle risedea in Taberna, e’ dovea
visitare almeno una volta la settimana la fabrica, secondo il bisogno, comandando
all’Ispettori il bisognevole, tenendo sotto di se alcuni di S. Sofia per assisterli, tenendo
cotesti le patenti per distinguersi dall’altri destinati ad altri servizi di vetture, sporte,
legna, oglio, Api, nδ potendo dalli Centurioni essere molestati per altri servizi. Erano
qsti Centurioni li più stimati dell’arte, á qli doveano ubbidire l’altri inferiori,
dicendosi come Capi; e’ qsti se li eliggevano loro stessi secondo l’abilità in ogni
principio d’opera, che doveano fare, nδ durando più questo titolo in loro.
Soprastava il Prefetto alla Pellicciari, che facevano pergamene, esaminando solam.te
qste circa la qualità, ed il prezzo, che dovea tassare; alli Statuari di Carta pista, che
nδ erano pochi; Alli Stampatori sopra la stessa Carta circa le figure; all’Indoratori di
Carta; ed alli Pittori sopra la stessa carta á guazzo, dovendo á qste opere dare il
prezzo per le fiere, bollando il tutto cδ il suo sugello, proprio di ciascheduna famiglia;
però il bollo della Carta dovea essere della Impresa antica di Taberna; cioè tre
Tabernacoli cδ l’Arcangelo S. Michele al di sopra, anzi nella Carta detta Augustea,
ch’era la più migliore dovea il bollo essere più grande con la Corona al di sopra per
distinguerla dall’altra Augustea, che si vendea, e’ dava ad altri fuora della Contessa.
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Era il Prefetto in obligo ogn’anno dare alla Contessa di qsta Carta Augustea cδ la
Corona rotola 24., al Castellano, Giustiziario, Soterargirio, Catapano, dignità
ecclesiastiche rotola tre. All’altri officiali, e’ Curati di Carta Libana rotola due. Alli
Sotergrafij di Carta ordinaria rotola 8.; cioè 4. all’ecclesiastico, e’ 4. á qllo del Publico;
All’Apocrifario del Publico rotola 12. Al Monte Sussidiario rotola 6.; alli Curati de
Villaggi rotola 2. Alli Consoli dell’arti rotola sej per Ciascheduno. Al Soterargirio per
il suo Tribunale rotola 26. All’Ateneo per la Libreria Publica, e’ Scuola rotola 36.//
Per Conto del Publico al Soterargirio rotola 1400 di Carta ordinaria. Cantara 8. di
Carta Emporitica turchina, e’ Cantara 6. di bianca per vendersela á Conto del
Publico, e’ pagarsene le spese. Il di più poteva vendersela nella sua bottegha,
tenendovi il Venditore.
Durava tal Prefettura per anni tre; però si potea dire perpetua nelle famiglie, come
quelle de Panni, e’ della seta spezialm.te, nδ tanto per il danaro impiegato, che vi
teneano qsti Prefetti, alli qli il Publico era tenuto rimborzare, má per nδ turbarsi le
Costituz.ni dell’Industria, e’ li Ministri della Contessa vi ponessero qualche clausula
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col tempo progiudiziale, scemando l’utile al Publico, per riceverlo loro, come
ordinariam.te cδ li Padroni si osserva; che nelli torbidi cercano far pesca. E perciò in
molte occasioni maj si amonevano li Prefetti, má le mancanze più tosto li si
toleravano cδsigliando, che nδ punendo.
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Capo VI.
VI. Del Catapano
La potestà del Catapano era di molta autorità; poiche abbracciava tutto il
Comestibile per lo Stato; che sebene in S. Pietro vi era il Catapano proprio, qsto nδ
avea altra potestà, che sopra li pesi, mesure, ed assise, nδ sopra le proviste; per le quali
poteva spendere danaro al di fuora lo Stato. Tenendo sotto di se gl’altri Catapani
minori, ordinariam.te tre, má alle volte più secondo il bisogno, otto soldati, il suo
Apocrifario, ed un Giudice per le Controversie, che occorrevano.
Dovea provedere tutto lo Stato, fin l’osterie di Carni, grani, ogli, latticini, sale,
salumi, vini, frutti, ed ogn’altro attinente al Mangiare. Suonava la Campana del suo
Tribunale nella Chiesa di S. Maria Maggiore, qualora teneva giustizia; e’ quella della
Torre di S. Barbara per qd.o dovea far Parlam.to Publico, dovendovi intervenire il
Giustiziario, il Soterargirio, ed il publico Sotergraphio per Conservare le Risoluz.ni
Parlamentarie, intervenendovi li Nobili di 33. anni in sú, qualora si decretavano le
provvis.ni faciende*,, si stabilivano li prezzi, e’ si facevano le risoluz.ni economiche per
il publico bene, scrivendo il tutto il Publico Apocrifario; e’ dandosi li ordini scritti alli
Catapani Minori per eseguirli; ed il Sotergrafio dovea firmati Conservarli in tutti li
due Archivij in S. Maria Maggiore, ed in S. Barbara; poiche l’inverno pp ordinario si
tenevano tali Parlam.ti in quella, l’està in qsta.
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Dovea provedere il Castello, e’ la Torre di tutto il Comestibile, come ancora gli Luoghi
delle Industrie, l’Ateneo per li fanciulli poveri, l’Ospedale, le Locande entro, e’ fuora,
li Conventi, e’ Monasterij, il Monte Sussidiario, e’ Frumentario di grani, nδ potendosi
qsti provedere se nδ dal Catapano, acció nδ alterassero li prezzi delle Cose, spezialm.te
j luoghi pij, che per spendere danaro nδ proprio, cercavano il Commodo loro, nδ quello
del Comune.
Avea giurisdiz.ne sopra li Molinari Publici, eccetto però nelli 3. che avea il Padrone; ed
ancorche la Contessa ne avesse dato uno all’Arciprete Rocca per la Chiesa di S.
Barbara, passando in dominio di qsta, il Catapano ne prese il possesso; poiche eccetto
á quelli del Padrone, era di sua giurisdiz.ne ogn’altro. E’ perciò luj dovea mettere j
Molinari, osservare la puntualità de med.mi, la qualità, e’ lo sfrago della farina tanto
per Taberna, quanto per li Villaggi; così ancora á luj apparteneva mettere li Fornari,
e’ cacciarli.
Avea sotto di se li Buccieri, Confettari, Maccaronari, Candelari di seno, Trottari,
Cacciatori di reti, Ostieri, e’ tutti addetti al Comestibile; come ancora alli Pescatori
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nelle marine del suo Territorio di Allis, ed Arocha, e’ similm.te á tutti li operari de
Cannameli per il Zucchero, qd.o si faceva quell’anno per Taberna poiche stando tali
Cannamele tra Allis, e’ l’Uria due anni tocava á Sibari, ed uno á Taberna, dopó, che
Sibari fú dal Catimero in quella Rivoluz.ne di Taberna, toccato á luj più per forza, che
per raggione, come ancora il Monte Selion, ove avea piantato la Rocca per difesa de
suoj Latini, chiamata Asilia, come Asilo in quelle inondaz.ni di Saraceni; e’ restando
tutto qsto territorio dalla parte di Catanz.ro, per tenere molte Cannamele, si cδchiuse
ogni 3. anni, uno toccarne á Taberna
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ponendovi il Catapano per questo terzo anno, che toccava á luj, tutti li operari per il
Zucchero; qle tolta la spesa si distribuiva á proporz.ne per li officiali, per gli luoghi pij,
e’ per l’ecclesiastiche Dignità, inclusevi li Curati, nδ cavandone il Publico altro
guadagno.
Appena eletto il Catapano, era tenuto il Soterargirio cδsegnarli docati tre mila per la
Provista de grani, e’ d’ogn’altro, spezialm.te del salame; per cui teneva Taberna la
porzione nell’affitto della pesca de pesci Tonni, tenendovi impiegati docati 600. per
avere l’ottima qualità, e’ il prezzo più dolce, compartendosi la rata dell’usufrutto alli
terzalori, che si smaltivano per li luoghi pij, e’ per le Botteghe; stando esente solam.te
il Palazzo del Giustiziario, ed il Castello, quale nδ poteva darne ad altri; standovisi
cδ molta attenz.ne per nδ essere progiudicato; come successe l’anno 1418. cδ li
Domenicani, qli avendosi introdotto secretam.te cδ l’intelligenza del Castellano
salame, il Catapano la notte li fece fare una sepe all’intorno delle porte del Convento
per nδ uscire in Publico li Religiosi, se nδ consegnassero il salame. E cδ tutto che il
Castellano, e’ Giustiziario ne lo pregasse, rispose il Catapano ch’era qsta una
Costituz.ne Publica, e’ perciò vi bisognava il parere del Publico. Fece sonare la
Campana, si radunò il Corpo della Nobiltà, si espose la Causa, si tirarono le palle, e’
di 104. votanti, un voto solo fú inclusivo, abbenche tutta la Nobiltà avesse promesso
al Giustiziario di se; tanto che conosciutasi l’Unione, furono consegnati li Marzaroli
al Catapano, che li mandò al Monte di Pietà pp servirsene: però due mesi appresso li
pagò il prezzo, dicendoli, che per rispetto del Castellano ciò si faceva. E dubitando,
che il med.mo nδ scrivesse alla Contessa in Montalto, dove si attrovava, essendo il
Castellano persona grave di età, e’ di Credito
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abbenche nδ fosse stata sua la colpa, má del figlio: dubitando il Publico di qualche
sinistra informaz.ne, spedì Agostino Nuz., e’ Giulio de Jazzolis cδ una lunga lettera
alla Contessa cδ le raggioni del Catapano, e’ cδ le conseguenze, che ne seguivano al
Publico, qd.o si avesse chiuso l’occhi á tanto, sapendosi bene, che l’officio deve
apportare il Zelo, nδ la Connivenza: Era qsta lettera composta da Filippo Beroaldos,
il più eloquente, ed erudito fra dottori, tanto celebre per l’opere date in luce: de
felicitate, e’ di tante altre sue dotte Orazioni, che la Contessa ne restò appagata, e’
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rispose al Castellano, che l’avea scritto, d’una maniera molto aspra, che li servì
d’insegnam.to. E li frati col tempo furono dal Convento mandati via.
Tiene il Catapano sotto di se oltre li Catapani Minori, tre Ispettori: Uno per l’Acqua
tanto delli fiumi, e’ fonti, quanto per li Molini, e’ Cisterne dovendone accomodare li
argini, e’ tenere sicuri li ponti: L’altro per le strade di tutto lo Stato, per qd.o si
guastassero. Ed il 3.° per le fabriche publiche di tutto lo Stato, e’ spezialm.te
dell’osteria, nδ potendo li fabricatori senza l’ordine espresso in scriptis del Catapano
alzar fabriche, accomodare edifizi, aprir fenestre ó porte; dovendo le fenestre essere
tutte di una misura. Nel Borgo poj, dove vi stava più spazioso, nδ correva tanto
rigore.
Avea di mercede il Catapano alla fine dell’anno docati 48.: e’ del tornese á rotolo della
Carne, e’ delli Maccaroni, ed oglio in tempo delle fiere; come di grana 4. á tumolo
d’orzo ne dovea pagare le provis.ni alli Catapani minori di docati 12. l’anno; e’ tumola
sej di grano; così all’Ispettori; ed alli Birri docati sej l’anno, e’ tumola 4. di grano per
Ciascheduno; tenendo pure qsti l’esazzione di grana due per Ciascuno Animale grosso,
che veniva alla fiera per vendersi; e’ di ogni diece piccoli pure grana due, e’ mezzo; ciò
si faceva per il pascolo del Publico, nδ per paga di dazio; essendo le fiere franche: e’
qsto danaro si compartiva alli Ministri del Catapano; quale pure esiggeva pp li giorni
ultimi della sua Carica li deritti delle Cause
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che si potevano fare sommariam.te, qsti poj si ridussero alli soli debiti, dal Vescovato
sino alla Porta Maritima, otto giorni per luj, ed altri otto per il suo Giudice, quale
pure avea il quarto delle pene á suoj sudditi, má questo si tolse pure, e’ li si diede in
ricompenza il Panno, e’ la Carta; e’ tutte le pene andavano al Soterargirio per
accrescerne l’Erario Publico; nδ volendo, che il Catapano, ed il suo Giudice potessero
transiggere cδ rigore*, si fece qsta ricompenza.
Capo VII. Del Soterargirio.
La potestà del Soterargirio se nδ era di estensione quanto quella del Catapano, era
nondimeno di una grandis.ma stima, per il Bene, che arrecava al Publico, e’ per la
Persona, che dovea occupare qsta Carica, dovendo essere di molta abilità. Egli dovea
esiggere l’entrate dello Stato, distribuire li Campi Comuni per li pascoli, e’ per la
semina, provedere á tutti li bisogni; e’ pagare al Regio, alla Padrona, ed alle Persone
addette all’industrie, e’ fatighe dello Stato.
Teneva sotto di se due Apodecti, ó siano Tesorari, che facevano l’offizio di Razionali,
uno per l’Introito, l’altro per l’esito. Teneva tre Esattori, ed 8. soldati; dovendo qsti
esiggere ogni provento de Campi, ogni dazio Reale, ogni utile dell’Industrie, e’ delle
fiere, delle qli ancorche apparisse esserne li Iurati Maggiori Padroni, ad ogni maniera.
La rendita era tutta esatta dal Soterargirio, e’ spezialm.te li Iussi Civili, e’ Criminali
per nδ succedere estorzioni, qd.o il deritto, ó molta era del privato, e’ nδ del Publico.
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Esiggeva le Patenti, che li Prefetti dell’Arti facevano á loro rispettivi Artisti, nδ
volendo, che tali Patenti entrassero á Prefetti per nδ ammettersino Persone meno
Idonee, e’ più numero di sudditi di quello giovasse allo Stato. Esiggeva li Iussi sopra
li delinquenti nel Comestibile, nδ appartenendo qsti al Catapano; má al Soterargirio
per dividerseli á metà col Giustiziario. Esiggeva ancora il Ius delle Carceri nella Torre
di S. Barbara, nδ
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potendo il Carceriero prendere cosa alcuna eziandio sotto titolo di arbitrio; essendo
subito privato di officio, se trasgrediva le Costituz.ni sú qsto particolare; dovendo il
Carceriero dare il Giuram.to, e’ la plaggeria di qualche cosa, che succedeva in aggravio
per l’essere l’offeso redintegrato, ed il trasgressore punito; dovendo il plaggio sodisfare
in caso di fuga, ó di morte.
Avea di mercede docati 60. l’anno, oltre gli altri proventi. Li Apodecti docati 48.
l’uno; e’ l’esattori lo stesso; e’ docati 20. per Ciascheduno per li Cavalli, dovendo
caminare per tutto lo Stato. Durava la sua carica un’anno, però era sempre
confirmato sino á 7. anni, secondo l’esigenza dello Stato. dovea però ogn’anno dare il
Conto á 4. deputati, che il Corpo della Nobiltà eliggeva. Il suo sedere appresso del
Catapano nelle funzioni publice, e’ nelle Sale di Radunanza era quello della sua
famiglia, però dopó l’arrivo della Contessa era in sedia distinta per il graδ peso, che
portava cδ tante Industrie specificato cδ questa marca di onore .
Capo VIII. De Iurati, Prefetti de Monti,
e’ dell’Ateneo.
Li Dimagogi, come si è detto di sopra, all’arrivo de Normanni cangiarono qsto nome
Greco, e’ li fú imposto quello de Iurati, qle col tempo li restò. Erano qsti due col peso
di proteggere le Cause de poveri, vedove, pupilli, invigilare la notte ad ogni
incδveniente, che potesse succedere; e’ nelle fiere registrare il tutto, e’ correggere li
abusi, e’ punire li delitti, che in qlle occorressero.
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Se n’elessero due, acció uno assistesse, e’ difendesse le Cause tra gli Poveri, vedove, e’
pupilli; l’altro tra il Nobile, e’ qsti. Ed ancorche tali Iurati si potessero dire uno
nell’altri pesi, poiche scambievolm.te facevano l’offizio loro ó una settimana, ó un
mese á di loro beneplacito, e’ Convenz.ne per Ciascheduno; così parim.ti nelle due fiere,
era uno per fiera il Soprastante; á quella di Maggio era il Iurato tra il povero, e’ il
Nobile; poiche vi era più incommodo alla difesa, e’ per conseguenza dovea aver più
mercede, essendo la fiera di Maggio più lucrosa; tenendo il Iurato due grana ad
Animale grosso, e’ tornesi Cinque ad ogni diece piccoli, che venivano per vendersi,
eziandio per le galline. Teneva pure Cinque tornesi á bottegha nel Borgo, e’ grana
Cinque á quella entro le Mura per la guardia della Notte ogn’anno; ed un Carlino per
Baracca nella fiera. E per ogni cosa, che si misurava un grano á Canna; il panno un
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tornese; le Zagarelle similm.te un tornese, purche passassero li grana diece á Canna.
Oltre li altri proventi, che li venivano dal Publico per rigalo, come Officiale Maggiore;
sedendo nelle funzioni publiche appresso il Soterargirio.
Aveano sotto di se li Iurati minori, secondo li tempi variati nel Numero; e’ qsti erano
salariati dalle Botteghe de Mercatanti, che pagavano cδ l’Orefici molto più dell’altri
per la Custodia della notte, nδ stando affissi tanto alla pagha quanto alla
Convenienza; anzi molti Palazzi li rigalavano, come ancora li Luoghi pij, ed il Monte
Frumentario, ed il Soterargirio, che teneva il peculio publico, e’ qllo di molti privati li
faceva rigalare nδ poco; tanto che per qsti Iurati Minori nδ mancavano persone Civili
impegnarsino ad ottenerne la Carica, e’ per il lucro, e’ per il trasporto dell’Armi:
potendo di notte á chi Caminava senza fiaccola, ó lume Carcerare, eziandio li
ecclesiastici, quali doveano consegnare la stessa notte á loro Superiori, senza esiggerne
cosa alcuna per la Cattura.
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Spedivano le Patenti con la firma d’amendue; e’ qste si doveano presentare al
Giustiziario per sapere chi siano questi Iurati minori, acció sotto qsto pretesto nδ
fosse progiudicato il suo Tribunale; qsti poj doveano essere, nδ dipendeva dalli sudetti
Iurati Maggiori, má dal Corpo della Nobiltà; che ne scieglieva 24.; per ogni sej un
Capo di loro; dovendo qsti sej rondare la notte per dentro le mura; e’ l’altri sej rondare
per il Recinto de Iudei, e’ per il Borgo; facendo cangio fra di loro per riposarsino dalla
notte passata. Le Carceraz.ni poj appartenevano transiggerle al Soterargirio, essendo
qsto tenuto oltre gli altri emolum.ti darli 4. tumola di grano per uno l’anno; e’ parim.ti
sej tumola al Carceriero per l’incommodo delle Carceri nella Torre, ove tenevano li
Iurati le di loro Carceri: Stendendosi il di loro dominio ancora per li villaggi, eziandio
per S. Pietro.
Il Prefetto del Monte Sussidiario di Pietà era pure un Nobile scelto dal Corpo della
Nobiltà, quale dovea tener Conto dell’entrade, elemosine, e’ della raccolta della
Manna: appartenendo á luj la metà della manna, che si raccoglieva; che dandone
rotola 12. all’ospedale; il di più era suo; nδ avendo in qsto genere potestà il Catapano;
má qsto Prefetto farla raccogliere per lo Stato. Dovea provedere li pupilli, li orfani, le
Vedove, li poveri, e’ l’invalidi di qualche sussidio; e’ l’ospedale di tutto il bisognevole
per li ammalati; nδ avendo alcuna mercede per l’incδmodo; mδ la ricompenza li veniva
più Copiosa nell’altra vita. Era però rigalato dell’Emolum.ti publici; come l’altri
officiali: però si cδvertivano da luj in opere pure pie; ed in mancanza delle rendite, era
obligato il Soterargirio contribuirli qualche Sussidio. Nδ avea posto fuorche nella
propria Chiesa distinto. Ed avea sotto di se li Subalterni tanto per l’esaz.ne quanto per
li pegni, elemosine dispenzande, governo delli esposti, spedale, e’ Servizio di Chiesa,
nδ meno che, 38. Persone.
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Il danaro impiegato per li pegni nδ dava frutto per un’anno, passato qsto si dovea
pagare il due per 100. secondo la Concessione del Papa Pasquale II l’anno 1099; Per il
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Mobile di Lana passato l’anno si esponea all’incanti, e’ si vendea; nδ però l’altra
robba franca di tarlo. E qd.o vi stava danaro de Cittadini riserbato, il Monte nulla
esiggeva di Frutto, poiche molti per nδ tenere ozioso il danaro per un’anno, e’ più
solevano dare il danaro al Monte per traficarlo in qualche cosa lucrosa per sollievare li
poveri.// La Contessa poj, che volle nel suo arrivo dimostrare la sua pietà, lo arricchì
di molti doni per la Chiesa, di danaro per tal uso di pegni, e’ per abbellirlo nelle
fabriche, tanto che nel 1421. che fú terminata la Fabrica cδ il suo Ritratto di Marmo
al frontespizio, vi fece incidere questa Iscrizione tolta dall’Istituz.ne di Giustiniano al
tit.o de Libertinis. Nostra pietas omnia augere, et in melioreδ statuδ revocare
desiderat.
Il Prefetto del Monte Frumentario era pure un nobile, che avea cura di 600 tumola di
grano per darlo á poveri alla Voce di Luglio, conforme si comprava, e’ si riscotea dalli
Campi dati in semina dal Publico; qsto si accredenzava, e’ dopó un’anno si riscotea cδ
le fatighe, che facevano; godendo di qsto tempo, e’ del prezzo; dopó l’arrivo della
Contessa si avanzò á tumola 1400. per il guadagno dell’industrie, e’ per la possibilità
di pagarsi l’esito. Di qsto ne partecipavano li Villaggi á proporz.ne del bisogno. E
molte volte cδcertavano col Catapano per la provista, e’ per la quantità del grano,
dandosi pure la potestà á qsto Prefetto provedere li Magazeni publici, ed il Castello
ancora cδ li luoghi pij; spogliandosene di qsto peso il Catapano, occupato in altri
affari. La crescita del grano per l’assistenti; e’ luj avea docati 36. l’anno.
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Il Prefetto dell’Ateneo si eliggeva pure dal Corpo della Nobiltà; ed ordinariam.te
cadeva l’elez.ne in Persona Ecclesiastica, costituita però in Dignità almeno di Paroco;
dovendo costuj avere la Cura delli Maestri nelle Scuole, e’ nelli studij, mutandoli, e’
licenziandoli, qualora vi scorgesse qualche difetto, negligenza, ó scandalo; dovendo
almeno una volta la settimana fare la visita ora in una Classe, ora in un’altra;
esaminando li Maestri, e’ li Giovani intorno all’abilità, e’ pure alla Presenza,
spezialm.te, in coloro, che si applicavano alli Studij Legali; volendo, che fossero di
bello aspetto, fecondi, e’ di piacevole voce, appoggiato á quello, che dicono alcuni
dottori di Papiniano Giurisconsulto, che fú molto stimato, e’ lodato da Giustiniano
nel Proemio de digesti per essere stato bellis.mo di Corpo, e’ di Animo.
Non solam.te il Prefetto invigilava nelli Scolari, e’ studenti, quali erano distinti
dall’altri ignobili in Camere Separate, e’ secondo le diverse classi separati; má alli
Maestri l’erano state date le Regole fondate sú quel libro di Plutarco de Istitutione
pueros; e’ di Varrone nel trattato de pueris educandis; alla quali vi aggiunsero secondo
la varietà de tempi altre regole cavate dal Simposio di Platone; quali regole nδ
potevano senza diminuz.ne del Salario á proporz.ne della mancanza dismettere;
standovisi sú qsto cδ molto rigore, essendo li Maestri ben salariati dal Publico, senza
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che potessero ricevere cosa alcuna ne dalli scolari, ne dalle di loro case eziandio in
tempo di Natale, ó Pasqua per nδ succedere parzialità all’insegnam.to; pagavano bensì
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le Case al Monte Sussidiario qualche cosa al mese secondo li tempi per le Collazioni,
che si davano á figlioli, qli doveano essre tagliate, e’ poste alla Rota per essere
distribuite, nδ potendo portare lo Scolaro cosa alcuna dalla sua Casa: má dovea il
Monte Sussidiario somministrare ogni cosa. Per li figlioli Nobili somministrava di
altra qualità le Collazioni, tutte però eguali.
Soprastava qsto Prefetto ancora alle Maestre, che insegnavano le figliole, tanto nelle
loro Scuole Publiche, ch’erano tre, due nella Città, ed una nel Borgo; quanto á quelle,
che andavano per le Case de Nobili, e’ per li Monasteri insegnando, essendo pure
obligato, almeno una volta al mese farne la visita, abbenche á questo effetto li Parochi
pure vi s’impiegavano, nδ tanto per sapere leggere, e’ scrivere; quanto per sapere le
Cose attinentino alla dottrina Cristiana, ed all’Istituzione della Vita; dovendo le
figliole oltre dell’arti feminili, che sappiano bene li precetti per ben vivere. Queste
Maestre salariate pure dal Publico, che doveano esser oltre delli anni 40. di età,
doveano ogni sej mesi essere esaminate nell’Ateneo circa la dottrina Cristiana; e’ qsto
si faceva, dopó la venuta delli Iudei in Taverna, acció cδ il commercio di quelle donne
cδ qste, nδ si turbasse la mente cδ qualche dogma pernicioso; essendo le donne facili
nel Credere. E perciò si dovea fare questo esame nδ solam.te innanzi al Prefetto; má
ancora innanzi le Dignità tutte Ecclesiastiche, invitate á qsto effetto; abbenche per
gara di precedenza nel sedere nδ vi intervenissero maj assieme; má una Dignità per
volta.
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Era la fabrica dell’Ateneo una delle più belle, e’ capaci per il Comodo di tanti; poiche
oltre delle scuole per l’Ignobili vi erano le Sale per le Classi de Nobili, per li Studenti;
e’ per li Ecclesiastici separatam.te da Laici; mettendo Maestri distinti per coloro
doveano ascendere al Sacerdozio: E perciò il Prefetto era Ecclesiastico, ordinariam.te
per togliere qualche ombra, che li Ves.vi potessero avere, qualora fosse il Prefetto
Laico, e’ pretendesse per li suoj ecclesiastici introdurre qualche Seminario cδ grave
spesa delle Case, che doveano tenere li Alunni: poiche di qsta maniera si potea ricevere
per Seminario; anzi il Maestro di Teologia Morale, qd.o il Prefetto lo dovea mettere,
ne giva á parlare col Ves.vo, dandoli quasi una Certa tacita obedienza per nδ
risvegliarli la pretenz.ne del Seminario; poiche li Vescovi Sicherio, e’ più in quà
Anastasio** aveano lasciato all’Ateneo per entrada due Campi, e’ li Vescovi di
Catanzaro li pretendeano per eriggere il Seminario in Catanzaro istesso: E perciò quej
di Taberna questa rendita l’impiegavano all’Ateneo dell’Ecclesiastici per togliere qsta
pretenzione; nδ mancando altra entrada per suo Commodo; e’ per il mantenim.to della
Chiesa entro il sud.o Ateneo sotto il titolo di S. Dioniggi, che nδ avea porta di fuora
per nδ entrarvi donne; má era per Commodo delli Maestri Preti per Celebrare; e’ per li
Giovani á farvi le di loro divoz.ni, ed ascoltarvi messa, li Nobili da sopra; e’ l’Ignobili
da terra.
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Avea il Prefetto per sua mercede le Convenienze solite all’altri Prefetti, nδ paga; e’
durava il suo officio per anni tre, e’ molte volte era Vitalizio, qualora il soggetto era
di prelibati Costumi, e’ di dottrina superiore all’altri; ó pure qd.o era ricco cδ la
speranza di qualche Lassito, ó faceva á sua spesa utile all’Ateneo nδ era maj amosso;
poiche á tanta spesa vi bisognava qualche sussidio, nδ mancandovi li Governatori,
qd.o si ritiravano da loro Governi, e’ li Mercatanti nell’Ultimo delle fiere
somministrarli qualche Cosa, nδ tanto per il mantenimento delli Scolari poveri, quanto
per il salario de Maestri; Ricevendo bensì l’Ateneo per li Giovani Nobili de Villaggi, ó
pure Commodi qualche Sussidio: però dopó l’introduz.ne delli panni, e’ della Carta,
entrando molto Utile al Publico, e’ la spesa per la Carta diminuita nδ si stava cδ
rigore á qsto sussidio: má si lasciava in libertà di ognuno, che volea al sud.o Ateneo
contribuire grano, ó danari. Per ordinario si ricevevano graδ quantità di messe dalle
Case de figlioli, che imparavano, e’ nδ poco contribuivano alla porzione della
Mercede, che li Maestri ricevevano, che secondo la qualità de med.mi ricevevano il
salario; e’ molte volte si faceano venire, qd.o bisognavano, forastieri per tal fine, nδ
risparmiandosi á spesa, purche li Maestri fossero ottimi per l’Insegnam.to // Vi era al
frontespizio dell’Ateneo quel Versetto delle Parabole, scolpito in marmo: Beatus
homo, qui invenit Sapientiam, et qui affluit prudentia al Cap. 3.°.
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Capo IX. Dell’Epanortote.
L’Epanortote, ó Censore de Romani, ó per meglio dire Correttore de Costumi si creava
da Nobili nelle Stanze Arcipresbiterali, ove vi era una stanza apparte cδ l’iscriz.ne
cavata dall’Ecclesias.co all’ 8: Non te praetereat narratio Senioruδ: ipsi n* didicerunt
á patribus suis, quoniaδ ab ipsis disces intellectuδ, et in tempore necessitatis dare
responsuδ. In qsta stanza Arcoipresbiterale, entro il Vescovato si radunavano li
Nobili, tanto Ecclesiastici, quanto Secolari, che passavano l’età di anni 50., e’ davano
in potere dell’Arciprete, ó Paroco di S. Nicolò il Voto scritto, e’ sugellato
dell’Eligendo; e’ coluj, che avea la maggior parte de Voti era l’eletto, che dovea
passare l’età di anni 50. sia Ecclesiastico, sia Secolare. Questo eletto nδ si sapeva chi
era, solam.te licenziata la Radunanza, publicava all’Eletto l’Arcip.te l’elezzione sua in
Correttore de Costumi; quale avea autorità nella sola Città: poiche per li Villaggi, e’
per le donne, l’Arcip.te, con il Cantore, e’ li Parochi n’eliggevano un’altro secretam.te
fra di loro; che si chiamava Correttore del 2.° Semestre.
Si diceva il Correttore della Città del p.° Semestre, nδ perche la sua autorità durasse
sej mesi, perche durava per tutto l’anno: má perche terminato l’anno della sua carica,
dopó sej mesi, il nuovo Censore esaminando la Condotta del passato, riceveva
dall’Arcip.te la mercede. Quello del 2.° Semestre, perche dovea essere esaminata la sua
Condotta per un’anno, dopó
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ch’era uscito di officio per essere affari donneschi, e’ di Villaggi, ove vi bisognava più
tempo per esaminarsino secretam.te; si pagava un’anno dopó, ch’era uscito alla fine del
2.° Semestre, acció li nuovi Correttori avessero tempo per bene esaminare la condotta
delli passati.
Che se mancanti si trovavano nel loro Uffizio ó per negligenza, ó per condiscendenza,
ó per altra passione erano privi della dovuta mercede, anzi talvolta erano privati
dell’attivo, e’ passivo nell’altre Cariche per tre anni qualora dimostravano cδ azzioni
esterne loro essere li Censori, ó cδfidassero tal Carica, che possedevano; stimandosi
l’essenza di qsto officio l’Inviolabile secretezza; tenendola sotto sigillo l’Ecclesiastici.
E quindi si dovea dar gastigo, ó rimediare alli sconcerti, si mandava al reo, ó alla Casa
il biglietto sugellato cδ la pena impostali, ó col comando della Correzzione. E
bisognando carceraz.ne ó alli padri di famiglia, ó alli Maestri, ó alli Rej s’imponeva
qsta al Torriero di S. Barbara, ó al Castellano s’era nobile, mandandosi á qsti per
eseguirla l’ordine senza firma, má invece di qsta li Sette Suggelli, che teneva qsto
Tribunale per sopranome chiamato Phoberos, che voleva dire Terribile. Con le donne si
procedeva per via di Parochi. E per li Villaggi col Magistrato, ó per mezzo delle
Correzzioni de loro rispettivi Curati; avendosi col tempo scoperto, li stessi Correttori
avere punito sino le mogli istesse, e’ li proprij fratelli, nδ che figli; tanto richiedea il
Zelo, portando in ogni sigillo delli 7. questo Verso dell’Eclesiaste all’8. Qui custodit
praeceptuam, nδ experietur quisquam mali.
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Corregevano ancora gli Ecclesiastici di grado superiore, mandando il Censore il suo
biglietto cδ li sette sugelli al Ves.vo, ó al suo Cantore per li Preti, e’ Parochi; ed á qllo
per le sue Dignità, e’ Par.co di S. Nicolò, ch’era fra gli altri Parochi graduato;
scaricandosi la di loro Coscienza cδ l’avviso, nδ appartenendo altro alli Censori. Con li
Ministri procedevano pure così, qualora avvisati de loro difetti nδ si emendavano, si
spediva dal Censore l’avviso á Deputati del di loro Sindacato, e’ quando erano persone
nδ soggette á Sindicato, come il Castellano, ó li avvisavano li difetti per emendarli frá
un mese, ó ne davano parte al Padrone; che á cose attinenti al Publico nδ teneva á
discaro, ricevere qsti avvisi. A quej, che amministravano Cariche publiche, se avvisati
del difetto, nδ si emendavano, essendo cose gravi, fra un mese erano deposti. Si dava
qsto mese di tempo per giustificarsino, il che si facea, cδ sigillare le di loro Repliche
difensive, e’ metterle poj nel buco Parocchiale, per essere poj da Parochi portate
secretam.te al Censore; nδ dandosi ad altra Persona il permesso di sapere chí fosse il
Censore.
In qsto buco, che al di fuora tenea l’Iscrizzione sopra, tratta dalla L.8. ff ad L.
Aquliam, che dicea: Unusquisquή debet intelligere infirmitateδ suaδ; posto al lato
della Porta grande di ogni Chiesa Parocchiale, e’ che terminava dentro, si mettevano le
accuse, e’ le difese; essendo obligati li Parochi ogni sera, ed ogni mattina visitare quel
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luogo, dovendo tenere cuscite le due chiavi, che aprivano la cassetta alla fine del buco,
nelle proprie saccoccie invisibili ad ognuno, nδ potendosi qste fidare maj se
100
nδ á Parochi in caso di qualche impedimento, dovendo il tutto passare cδ secreto
inviolabile; stimandosi spediente più d’ogn’altro Castigo, ó cδsiglio profittevole á ben
educare li Giovani il non sapere de Vecchi Nobili quale fosse il Censore; stimandosi cδ
qsta oscura ignoranza tutti j Vecchi, che passavano l’età delli anni 50.
La più Cura maggiore ne Censori era nelli Padri, e’ Madri di famiglia, nelli Maestri, e’
Maestre, circa l’educaz.ne, osservare l’Indole, e’ l’Inclinazione de Giovani Nobili,
poiche per l’Ignobili vi stavano vigilanti li Prefetti dell’arti; nδ potendo li Padri, e’
Madri impiegare j figlioli á loro genio; má alla volontà del Censore, che senza passione
conosceva l’indole del Nobile, che dovea comparire poj infaccia di gente straniera per
l’impiego, che dovea occupare politico, ó militare. Circa l’impiego del tempo á nδ stare
oziosi, ó spendendolo in giochi indoverosi, ó in conversaz.ni meno lecite. S’invigilava
sopra il lusso del vestire, considerandone de Nobili ancora la spesa del di loro
mantenim.to, e’ delle di loro rendite. Si punivano li negligenti delle di loro possessioni,
qualora nδ procuravano di vantaggiarle, dalle Compre mal fatte, e’ di ogni cosa
malam.te adoprata, facendoli trovare il Curatore nella Casa eletto, á cuj doveano
ubidire coloro della Casa; punendosi fino quelli, che tenevano li Cavalli magri; tanto
che tutti doveano caminare la strada di mezzo; usandosi più rigore in Taverna, che
nella Republica di Roma usavano cδ le di loro Tavole Cerite li Romani Censori.
Rigore, che di Nobili facea popolare j Villaggi, má la Città la facea onorevole, ed
opulente, nδ che dotta, e’ pia. La mercede del Censore era di docati 30. l’anno.
101
Capo X. Del giustiziario, Mastro Razionale,
e’ Castellano
Castellano.
Si disse, che nell’Uria nella sua prima fondaz.ne Governava la Regina Astiochena, poj
il Duce, e’ l’Arconte, ed á tempo di Trischene pure il Duce col Senato. Qd.o poj fú
soggetta l’Uria alla Republica Romana vi era in luogo di Duce il Correttore; má
stabilitosi poj in Tirio* dalla sud.a Republica l’anno 187. prima della Venuta di Xto
Nostro Sig.re Duellio Caninio col titolo di Correttore, il Correttore dell’Uria prese il
titolo di Diacata**, che volea dire Moderatore, ó Gubernatore in Latino; abbenche il
Senato vi avesse la maggior parte del Governo. A tempo de Normanni si chiamava
Iurato Gubernatore, e’ Capitano; má separata Taberna da Catanz.ro á tempo di Carlo
III. durazzesco li si diede il titolo di Giustiziario.
Ora qsto Giustiziario eletto dal Padrone, abbenche li Giudici assistenti fossero
Cittadini, ne teneva uno per se á cδsigliarlo, teneva il suo Tribunale, decidendo le liti,
e’ dava sino la Morte á delinquenti, tenendo di rimpetto al Castello li Patiboli dalla
parte Montana; risedeva nel sud.o Castello; e’ nella Casa Publica entro la Città qd.o
nel Castello sud.o vi stava il Padrone; dovea però fare la Giustizia nella sud.a Casa
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Publica, nδ essendo obligati li Cittadini andare in Castello alla chiamata; má il sud.o
Castello per il Giustiziario nδ era Casa di Tribunale; má per suo maggior Commodo;
pagando il Publico oltre la Casa di Giustizia un’altra Casa
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contigua per la sua moglie, e’ figli, nδ potendo qsti entrare nella sud.a Casa di
giustizia, per nδ intorbidare li affari Publici: Si teneva Tribunale tre giorni la
settimana, sonando la Campana; ed allora erano obligati tutti li Giudici assieme
intervenire; e’ decretare: fuora di qsti giorni in cause leggiere vi andavano li Giudici
soli, ed il Giustiziario firmava in Casa le proviste dalli Giudici; quali tenevano
distinte le Sale nella sud.a Casa Publica: però in quella, dove interveniva il
Giustiziario, ed era la più grande della Città tutta per li Avvocati, e’ la Gente; vi
stava la Rota per li Ministri; ed al mezzo una Statua della Giustizia cδ l’Iscrizzione:
Diligite Iustitiaδ qui judicatis terram.
Teneva sotto di se oltre li Ministri, e’ Scribenti, e’ Conservanti le Scritture, il
Sigillario, ed il Trombetto cδ 8. soldati; ed al bisogno era tenuto il Castellano, ó li
Iurati darlene più; essendo tutti salariati dal Publico; tenendo il Giustiziario per sua
mercede docati 120. oltre l’altre Convenienze. La Contessa Ruffo nδ volle però, che li
si desse qsta mercede, bastandoli li deritti; ad ogni maniera l’officio, che durava
un’anno, era allungato al triennio, che nδ troppo era grato á Cittadini, cδ tutto, che
nell’ingresso li avessero da fare le spese per otto giorni, e’ li avessero da dare docati
dodeci per rigalo; ed altretanti alla Moglie. Li drappi poj li si davano pure
all’ingresso, ed alla partenza secondo era la sua Condotta oltre delli soliti all’altri.
103
o
Il Giustiziario, qd. pigliava il possesso, altro nδ facea, che leggere la Patente entro la
Sala di S. Maria Maggiore in presenza dell’altri officiali, e’ Nobiltà tutta ivi
radunata, occupando il primo luogo nδ solam.te in qsta occasione; má in ogn’altra, ed
appresso di luj il Castellano. E qd.o venne la 2.a Volta cδ qsto titolo, che fú l’anno
1384. la Persona di Gottifredo Lumicisio antico Servitore di Carlo III, ebbe contrasto
al Possesso; poiche vi erano alcune clausole nuove progiudiziali alla Libertà del
Publico, ch’avea goduto circa li proprij Giudici in luogo dell’antico Senato; má
rispondendo, che tali clausole erano poste per dignità dall’officio col nome di
Giustiziario, ch’era di più potestà, che nδ fosse qllo di Gubernatore Comune all’altre
Città, che nδ erano del Reale Appannaggio; nδ erano qste clausole apposte per
progiudicare l’antiche prerogative, má solam.te per titolo, nδ per sostanza: tanto che
fú necessario, stenderne una protesta; e’ così prese il Possesso: dicendo li dottori di
Taberna; che se bene Catanzaro fosse stato smembrato in Persona di Pietro Ruffo
l’anno 1250 dal Re Corrado; ad ogni modo fra qsto spazio di tempo Taverna rimasta
sola nell’Appannaggio, nδ era stata cangiata maj circa le sue prerogative, eziandio
dopó l’Assedio del Re Guglielmo,
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104
che l’avea desolata, cδ privarla del titolo di Città, ad ogni modo nell’altre sue
prerogative, che appartenevano all’Utile, nδ era stata cangiata, ne variata; e’ se bene
alcuni dubitavano quest’atto cagionarli qualche disgrazia, e’ si accomodavano alla
toleranza; ciò nδ ostante prevalse il partito della protesta; ed il Giustiziario ch’era
Vecchio, e’ Corteggiano più che nδ militare vi si accomodò, amando la quiete, e’ nδ il
disturbo; risoluz.ne approvata dallo stesso Re Carlo, che nel Terzo** Giustiziario, che
fú dopó il triennio Ascanio Cozza, vi pose alla Patente la Clausola: salvis civiuδ
juribus; conoscendo molto bene l’Indole di quej Cittadini nδ avvilirsi d’animo, benche
abbattuti dalle disgrazie.
Il Mastro Razionale era quello, che esiggeva l’entrade del Padrone, tenendo sotto di se
due altri Razionali, e’ 6. soldati per esiggere tutti li Iussi cδ le rendite. Risedeva nel
Castello; e’ teneva il luogo appresso il Castellano nel sedere.
Il Castellano teneva giurisdiz.ne nel Castello, e’ sino alla porta della Città pure se
l’usurpava; Nella fiera, che ivi si faceva era luj il Padrone; Teneva sotto di se due
Capitani, Uno per Consigliero, e’ l’altro per il Comando; essendo per ordinario il pred.o
Consigliero un Capitano giubilato Vecchio, al quale li si dava la Potestà di consigliare
nelli delitti de soldati, e’ decretare le pene ad moduδ belli, e’ soleva dimorare, ora in un
castello, ora in un’altro della Giurisdiz.ne però dello stesso Padrone. La Carica di
Castellano durava á beneplacito del Padrone, e’ nelle solennità occupava il 2.° luogo
nel sedere.
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Capo XI. Del Vescovo, e’ sue Dignità.
Dignità.
Avendo l’Apostolo S. Paolo per la Magna Grecia caminato, ed ivi attrovate le Genti
troppo imbevute della dottrina Pitagorica, nδ poté l’anno 49. di Xto più della Città di
Reggio piantarvi la Vera Fede; nulladimeno però vi lasciò sparsi molti semi della
Cristiana Religione; che Dionisio poj l’Aeropagita passato d’Atene, ove era Ves.vo in
Cotrone, e’ da qui pp la Magna Grecia, acció cδpisse ciò che l’Apostolo Paolo avea
incominciato di passaggio, si fermò nell’Uria, e’ convertì alla Fede Gilio Sacerdote nel
Tempio di Palepoli, ne mancò di cδvertirne altri li più maggiori in dottrina, poiche la
Fama della Sapienza di Dionisio era bene in tutta la Magna Grecia nota, se nelle cose
più ardue, e’ difficili soleano scrivere in Atene all’Aeropago, e’ Dionisio di quel graδ
Senato sapeasi esserne l’Anima. Nδ consegnò Gilio Ves.vo, volendo, che più fosse nella
Fede Confermato; nδ dimeno raccomandò in Reggio á Stefano Niceno Ves.vo lasciato
ivi dall’Apostolo, acció facesse una Visita per la Magna Grecia, ed ordinasse ivi li
Vescovi, come infatti l’anno 51. di Xto ordinò Vescovo dell’Uria allo stesso Gilio; e’
l’anno 62. á Porfirio dopó la morte del med.mo Gilio.
Li Vescovi successori stavano in qualche Cautela, abbenche á tempi di Trajano,
Adriano, Marco, e’ Antonino Pio Imperatori vivessero li Cristiani senza tante
inquisiz.ni, ad ogni modo ne tempi seguenti stavano molto occulti, e’ segretam.te si
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facevano cδsacrare da qualche Ves.vo più vicino; sino, che Aniceto Papa ordinò, che il
Ves.vo da tre Vescovi si cδsecrasse; qual cosa poj confermò il
106
Concilio Niceno, allora j Vescovi dell’Uria si eliggevano, má per timore nδ si
consecravano, stando le Persecuz.ni troppo grandi, avendosi dall’anno 157. sino al
302. consecrati li Ves.vi da un solo Ves.vo, nδ potendosi adempire ciò che Aniceto avea
ordinato.
In qsto tempo poj essendo eletto Simeone in tempo che Costantino si era fatto Xno, e’
si poteva per tutto l’Impero professare liberam.te la Religione, s’istituj il Diacono, ed il
Cantore per assisterli nelle funzioni sacre. Gregorio poj 4.° suo successore vi aggiunse
il Cimeliarca, che volea dire Custode della Sacra Suppellettile: poiche li Vescovi
incominciavano á cδparire cδ più splendore; e’ fú l’anno 449. e’ Lucifero, che li venne
appresso costituì il Protopapa, che volea dire, come un’Arciprete; abbenche il Capo de
Preti l’avesse prima di luj istituito Marco Ves.vo l’anno di Xto 343. Il Decano poj;
cioè il più anziano de Preti sin dalla prima nascita del Vescovato fú istituito assieme
al Tesaurario dallo stesso Porfirio, abbenche nδ vi fossero tante cose preziose da
cδservare, ad ogni modo, le cose sacre, che servivano á ministeri in quella p.a niscente
fede si stimavano per cose molto più preziose, degne da fidarsino al più degno tra
Preti col nome, e’ dignità di Tesaurario, e’ fú l’anno 66. di Xto; e’ fú il p.° Tesaurario
Gamaliele Lemazichio, che abitava in Atenopoli per timore di Lucio Cicerejo
Correttore, che risedeva in Tirio per Nerone, abbenche Trischene cδ qualche secreto
donativo era riguardata di buona parte circa l’affare della Religione. Qsto Tesaurario
cδservava le cose con segretezza inviolabile, e’ se maj il Ves.vo patisse qualche
sorpresa, si trovassero almeno le Cose Sacre poste in qualche sicurtà; stimandosi
questa dignità in quej tempi la p.a per il pericolo della Vita, nel quale incorrevano
tutti
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quelli, che tenevano le cose sacre, e’ nδ le rivelavano; e’ nelli tempi più appresso
conservavano l’elemosine, e’ distribuivano quelle alli bisognosi, Carica di molta stima
presso de Greci, ch’aveano Mogli, e’ Figli. Il decano poj era il p.° nel tempo, che il
Ves.vo officiava; e’ solea chiamarsi ancora il Diacono, má il più Vecchio tra Ministri
assistenti nδ di anni, má di officio; che poj col tempo si disse Arcidiacono, dignità
ancora primaria, introdotta dal Ves.vo Sicherio**, dopó che Trischene ebbe da Eraclio
Imperat.e il Privileggio, e’ fú creato il sud.o Ves.vo Patrizio, Senatore, e’ Cubiculario
Imperiale, come si disse.
A tempo di Lucifero si dilatò la sua Parocchia, ó sia Vescovado per la Diocesi di
Squillace, avendoli così ordinato Galasio I. Papa di farne la Visita, come á Vescovado
Greco, abbenche stessero sotto il Patriarca Costantinopolitano sin dal tempo di
Teodosio, qd.o si celebrò il secondo Concilio Generale, e’ si dichiarò la Chiesa
Patriarcale di Costantinopoli avere dopó la Romana il p.° luogo, anteriore
all’Alessandrina, ed Antiochena per essere Costantinopoli una nuova Roma. Má
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venuto poj in tanta arroganza Anatolio Patriarca di atterrare le Costituz.ni Sacre dei
Canoni Niceni per render soggetti tutti li Vescovi dell’altri Patriarcati; e’ li Patriarchi
Giovanni, e’ Ciriaco aspirantino á Voli più alti, facendosi chiamare Vescovi
Universali, cδ usurparsi il p.° luogo nella S.ta Chiesa, appoggiati all’Imperat.e
Maurizio, che ambizioso pur egli volea il Papato in Costantinopoli; ad Anatolio si
oppose Papa Leone, scrivendo á Marciano Imperat.re, ed á sua moglie Pulcheria; ed á
Giovanni, e’ Ciriaco si oppose Papa Greg.o, scrivendo á Maurizio, ed á Foca pur anco
Imperatori; tanto che d’allora li Vescovati della Magna Grecia si fecero soggetti
dall’intutto á Greg.o, abbenche nδ mancassero li Vescovi fra qsto intermezzo di tempo
ubidire ad amendue, cioè tanto al Papa, quanto al Patriarca Costantinopolitano,
parlandosi dal tempo di Teodosio sino á Papa Greg.o. Má diviso l’Imperio tra Carlo
Magno, e’ Niceforo, restò la Magna Grecia all’Imperat.re d’Oriente, e’ li Vescovati
Greci soggetti al Patriarca, quali pure doveano ubbidire alla Santa Sede di Roma nelle
chiamate dei Concilij, ed in ogn’altro; fuorche nella spediz.ne delle Bolle. Taberna poj
stando sotto il Metropolitano di Reggio, nδ conosceva tanto il Patriarca. Venuti alla
fine li Normanni, s’impegnarono qsti destruggere il rito Greco, e’ nδ li fú difficile,
poiche Costantinopoli nδ ebbe più dominio nella Magna Grecia; e’ molte diocesi
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furono spogliate di Luoghi per vestirne l’altre Latine, come successe á Taberna.
Signoreggiava in una graδ parte della Calabria Rebecca figlia del Conte Ruggiero, la
quale mal soffrendo l’elezzione di Leonzio Vescovo Greco, abbenche di famiglia
Latina, volendo, che fra tanti Latini, che Taberna abitavano, fosse il Ves.vo eletto nδ
di rito Greco più, má di rito Latino: penzò dunq: in Nicastro, giacche in Taberna
aveano eletto il Greco, eliggere il Latino, e’ dimezzare la Diocesi, conforme successe,
avendosi eletto Riccardo, che dal Papa Alesandro II. li fú concesso l’anno 1063.,
inclinando nδ poco il Papa stesso á spegnere dall’intuto il Greco Rito. Má Taberna di
fresco eretta dopó la stragge de Saraceni nδ potea competere cδ Rebecca, e’ col Papa si
accomodò á qsto dismembram.to della sua Diocesi, aspettando l’opportunità per qd.o li
si apparecchiava.
Morto poj Andrea Ves.vo successore di Leonzio in quel tempo, che morì Ridolfo Conte
di Loritello, e’ rimasta la Contessa sua moglie Governatrice si venne alle fazzioni: e’
perciò in qste turbolenze nδ si poté fare elez.ne di Ves.vo; pretendendo ogni
fazzionante elegerlo dalla sua parte. Il Conte di Altavilla Guglielmo fratello di
Ridolfo, che Come Bailo de Nipoti pretendeva il dominio, nδ ebbe la Città favorevole,
avendo qsta prese l’armi á favore della Contessa, e’ di Roberto, e’ Goffredo suoj figli;
quindi sdegnato Guglielmo contro de Tabernati, nδ potendo in altro vendicarsi fece
soggetti ad Errico Vescovo Necastrense Tiriolo, e’ l’Amato; ed á Giovanni Ves.vo
Squillacenze la Rocca Feluca; depredando li poderi del Vescovato, e’ spogliando
l’Archivio, che per maggior sicurezza si cδservava nel Castello di Simeri, di tutte le
Scritture, e’ singolarm.te di tanti, e’ tanti privileggi, che teneva il Vescovato.
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Venuto poj Roberto figlio del Conte Ridolfo á governare Taberna, procurò risarcire il
Vescovato con stabilirvi il Vescovo. E perche le dissenzioni erano fra Greci, e’ Latini,
che ogni Nazione lo desiderava del suo rito, pensando, che al Latino v’inclinasse il
Papa, e’ de Latini era la Fazzione più numerosa, si determinò inviare in Roma due
soggetti li più abili á maneggiare qsto affare, da cui si sperava la reintegraz.ne di qnto
si era perduto. Spedì dunq: per Roma Egidio Silingezio Curato di S. Nicolò, e’ Cesare
Tranfio suo Consigliero con forti lettere á Pietro Ruffo suo Parente Diacono
Cardinale di S. Maria in Cosmedin, acció dal Papa Galasio II. si ottenesse nδ solam.te
la mutaz.ne del Ves.vo di Greco in Latino, má la redintegraz.ne della Diocesi, e’ più
d’ogn’altro tutto quello si aveano pigliato li fazzionanti di sostanze, e’ di scritture:
má giunti in Roma, e’ passati poj in Provenza per girne sino alla Francia, intesero ivi
la morte del Papa nel Monastero di Clugnì alli 29. Gennaro dell’anno 1119 succeduta;
tanto che si fermarono per attendere l’elez.ne del nuovo Pontefice.
Li Cardinali, che si trovavano in Clugnì elessero la p.a di Febraro per Papa Calisto,
quale nδ volle ricevere il Papato; se li Cardinali, che si trovavano in Roma nδ
approvassero tale elez.ne; quale approvata, si partì per l’Italia, giunto in Roma, si
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partì per Benevento á componere le differenze tra Ruggiero Conte di Sicilia, e’
Guglielmo Duca di Puglia; e’ nδ avendo potuto ivi dimorare per esservi caduto
infermo, spedì al Conte che assediava Catanzaro Ugone Alatrino Diacono Cardinale
di S. Maria in via lata, acció desistesse dall’assedio, nδ dovendo molestare lo Stato de
Loritelli; quindi il Conte proseguì avanti, avendosi impadronito della Calabria, e’
Puglia; poiche Guglielmo Duca era partito per Costantinopoli á pigliarsi la figlia
dell’Imperat.e per moglie; tanto che nδ avendo nemici, s’impadronì delli suoj stati, e’ si
fe’ chiamare Re d’Italia.
Fra qsto tempo essendo morto Roberto succedé Goffredo suo fllo alla Signoria di
Taberna, e’ Catanzaro; ed avendo ripigliato il filo del Vescovado Latino, poiche la
Nazione Greca nδ era tanto potente, e’ numerosa, e’ volendo pure aderire al genio del
Papa, che nδ era troppo inclinato á qsto rito Greco; e’ pure per governo Politico,
sapendo, che li Normanni si aveano la Calabria usurpata dall’Imperio Greco, e’ ne
voleano sepellire il nome, s’intavolò l’affare, accudendovi li due Inviati, ch’erano
ritornati col Cardinale, ed erano persone di graδ Credito per la di loro grande dottrina,
ed á quali il Papa si avea rimesso, acció col Cardinale si adoprassero á qsto fine,
dipendendo il Cardinale sud.o in qualche maniera alli Consigli delli med.mi Inviati,
molto bene conosciuti per soggetti prelibati dallo stesso Papa Calisto, graδ conoscitore
delli Letterati. Quindi si diede l’opera á scegliere la Persona del Ves.vo, e’ si fissò á
Giovanni de Arces Consigliero del Conte, ed Arciprete di Simeri, ben affetto á tutti li
Latini di Taberna per la sua graδ letteratura, bontà, ed affezzione á Tabernati, cδ li
quali tirava una grandis.ma sequela di stretto parentado, tenendosi per fermo, che per
qsta elez.ne tutti li Latini più potenti di Taberna, nδ ardissero per tanti riguardi farne
73
doglianza; tanto più, che le rendite del Vescovado erano di gia precipitate, e’ disperse;
e’ qsto cδ la sua potenza poteva ricuperarle; e’ si poteva cδ decoro in qsta mancanza
sostenersi da Ves.vo mercé le facoltà proprie, essendo la sua famiglia in Catanz.ro la
più ricca per avere ereditato buona parte delli Beni Catimeri, che cδ l’occas.ne del
matrimonio 34. anni addietro di Teodora figlia, ed Erede Unica di GianGiulio
Catimero, si era fatta molto potente di appoggi, e’ di beni sopra tutte l’altre famiglie
di Taberna, e’ Catanzaro, se maj n’eccettuassero quella di Polibio Ioino.
111
Ciò nδostante e’ Latini, e’ Greci di Taberna uniti assieme stabilirono farne le proteste
col Cardinale, mandandoli una lunga Scrittura, composta da Carlo Verardo, celebre
per l’Istorie Costantinopolitane date in luce cδ tanto applauso, e’ che passava per
dottore il più erudito di qste materie vescovili; esponeva in qsta Scrittura la Raggione
di Taberna, ove protestava, e’ pregava; ad una quasi consimile al Conte; avendole
presentate Teotimo Pedicontos al Cardinale, ed Eusebio Mannilios al Conte, due Greci
li più affezzionati al di loro Rito. Rispose il Conte, che il tutto dipendeva dal
Cardinale; che visitata la Diocesi, stimava opportuno eliggere il Ves.vo Latino, ricco di
sua famiglia per potere ristorare li danni patiti nel Vescovato, bisognandovi potenza,
e’ dottrina; nδ che grande spesa per eseguire qsto progetto tanto necessario alle Cose
Divine. Il Cardinale rispose; che nδ avrebbe mancato di darli un Ves.vo Greco, come
per lo passato, parlandone al Papa per qd.o si ritirava in Roma, nδ mancando di fare
giustizia alla di loro Causa, e’ di adoprarsi per effettuarla; volendo cδ qste parole
dolci temperare il primo bollore de Tabernati; sperando col tempo di assuefarli á qsta
scossa tanto al principio sensitiva. E Taberna allettata da qsta promessa, si accomodò
alla speranza, ó più meglio alla necessità; considerando pure, che ogni famiglia, á cuj
cadea il Vescovo, dovea molto tolerare d’inquietitudine, e’ di dispendio; sperando, che
col tempo avendo spianato le difficoltà questo Ves.vo, potesse Taberna mettere in
chiaro le sue pretenzioni antiche, e’ nδ esserli denegata la Giustizia in possedere
quella Sede, che fin dalla nascita della Religione avea posseduto.
112
Ed infatti il Ves.vo Giovanni eletto l’anno 1122. per trenta anni, che visse nδ dié
materia á Tabernati di lagnarsino; poiche facea la sua dimora più in Taberna, che in
Catanzaro; e’ qd.o nδ risedeva ivi vi lasciava ó il Decano, ó il Tesorario nello stesso
Vescovato di Taberna, restandovi sempre fissi l’Arcip.te, ed il Cantore: Spargendo
elemosine di consideraz.ne á poveri; nδ però restò sopito il desiderio di avere il proprio
Ves.vo, quale sempre li veniva denegato per mancanza di rendite á potere tolerare due
Vescovi in una Diocesi dimezzata. Venne poj l’anno 1162. tanto Infelice per l’assedio
del Re Guglielmo; e’ restando Taberna smantellata quasi di fabriche, e’ rovinata di
gente, nδ poté più penzare al Ves.vo, cδ tutto che l’anno antecedente all’assedio avea
proposto al Papa Alesandro III. l’assegnaz.ne delle rendite per il di luj mantenim.to, ed
il Cardinal Cinzio Diacono di S. Adriano avea quasi cδchiuso l’affare; tanto che si
avea eletto il Ves.vo Sempronio Rochas; má il Papa andando in rivolta, e’ la Città cδ
74
l’assedio, restò l’affare sospeso, e’ poj per la rovina di Taberna dall’intutto
impossibilitato.
Smembrato poj Catanzaro da Taberna in persona di Pietro Ruffo, l’anno 1250. per
cδcessione del Re Corrado, si tornò di nuovo ad intentare in Roma l’affare del
Vescovo, poiche restando sola Taberna per l’appannaggio Reale, dovea ricuperare
l’antica sua sede di qualsivoglia Rito si fosse; ed infatti li Andegavenzi ó Angioini
Padroni vi promettevano l’assistenza, ed intentata la lite in Roma presso il Papa
Clemente V., si sperava ogni buon esito, qd.o il Papa appena eletto volle trasferirsi cδ
la sua Corte in Francia, lasciando la Cura á Fra Nicolo da Prato dell’ordine de
Predicatori Cardinal Vescovo Ostiense, e’ Velitrense per l’informaz.ne, quale si credea
felicem.te terminarla per Taberna, avendosi eletto per Vescovo á Filippo Longos,
aspettando la Conferma dell’elez.ne, qd.o morì Carlo II. lo stess’anno, e’ turbate le
Cose, restò sospeso l’affare. Venne Roberto, e’ nδ volle prestarvi orecchio per nδ
imbarazzarsi cδ la famiglia Ruffo allora prepotente; tanto che restò sola Taberna alla
lite, nδ avendo voluto lo stesso Re Roberto per altro
113
pio favorire Taberna, che dopó la spesa di sette anni di lite in Avignone, ove risedeva
il Papa altro nδ ottenne, che di chiamarsi il Ves.vo di Taberna, e’ Catanzaro, nδ
obligandolo ne meno á residenza per la metà dell’anno, cδforme avevano Usato
l’antecessori Ves.vi per loro propria cδvenienza; tanto che Lucio Balascos, ed Epifanio
Faragonios altro nδ portarono d’Avignone, che qsto nudo titolo di avere da ponersi
primo Taberna, e’ poj Catanzaro; che delle dignità vi restassero fisse l’Arciprete, ed il
Cantore; e’ qd.o piaceva al Ves.vo vi mandava nel Vescovato di Taberna per residenza
ora il Decano, ora l’Arcidiacono, e’ molto più frequente il Tesaurario; officiando bensì
li Canonici cδ qste Dignità per le feste solenni, toccandone Una per Dignità. Il Ves.vo
Alfonso vi dimorava quasi la metà dell’anno; ed un’anno facea l’Ogli Santi in
Taberna, ed un’altr’anno in Catanz.ro: però qsta dimora nδ era di obligo, má di
convenienza; per nδ risvegliare á Tabernati nuove pretenz.ni sopra il proprio Ves.vo, nδ
avendo maj lasciata l’intenzione di ottenerlo pp qd.o si presentava l’occas.ne.
Le Dignità del Vescovato erano qste l’Arcidiacono, l’Arcip.te, ó sia Protopapa, il
Cantore, il Decano, il Tesaurario, ed il Cimeliarca con otto Canonici: fra li quali vi era
l’Apocrifario talvolta, alcune volte nó: però il Sotergrafio dovea essere sempre
Canonico, come ancora il Penitenziero, ed il Par.co di S. Nicolò, cδ il Canonico
Prebendato, che tra li Canonici avea il 2.° luogo dopó il Par.co; che occupava il primo;
e’ passava per una Dignità, come si disse al capitolo della Nobiltà per avere il Par.co
di S. Nicolò Andrea Ghinio nel 588 á tempo della scesa de Longombardi
somministrato gran danaro alla Chiesa del Vescovado, ed al Publico. E perciò alli suoj
successori restò tal prerogativa tanto onorevole.
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114
Nota de Vescovi di Tab.a
Anni di Xto
51. Gilio
62. Porfirio
74. Giovanni
93. Ponziano
113. Eusebio
131. Cornelio
157. Sergio. E qsto fú il p.° cδsacrato
da tre Vescovi.
164. Eugenio*
181. Galardo*
198. Ugobaldo*
211. Matteo*
242. Laurenzio*
265. Nicolo*
284. Teodoro* Questi furono cδsacrati
da un Ves.vo, e’ stettero occulti.
302. Simeone
341. Marco
377. Anastasio. Il p.° che si fé soggetto
al Costantinopolitano Patr.ca
408. Neutario. Qsto nδ ubbidì al
Patriarca Costantinopolitano má alla
S. Sede, dopó che Alarico Re de Visigoti
nell’anno 4. di Teodosio soggettò la
Calabria.
449. Gregorio
462 .Lucifero
483. Decio
508. Tomaso
529. Mattia
560. Polibio
76
587. Giacchino. A questo vennero i
Longobardi, e’ la Sede fú raccomandata
da San Greg.o al Ves.vo di Squillaci.
598. Placido fú eletto e’ nδ consacrato
603. Fabio Zarzata* p° suffraganeo di
Reggio.
639. Sicherio Rochas. Questo si trovò á
tempo del Privileggio di Eraclio Imp.re
679. Marziale Barrachios
701. Pietro Zelatocon
714. Giacomo Ioppolo
738. Emilio Pediconthos
769. Gaspare Mariconios
796. Audiface Modio
816 Tuscolo Currado
823. Leonino Longos
841. Fabiano Micelio
850. Anastasio Catimerio
864. Giovanni Baldojo
883. Landulfo Ioino
905. Boemondo Garzia
949. Ippolito Nuz. Qsto governava la
Parochia di Squillace
969. Pompeo Tulio
979. Nicoló Mariconio
1019. Basilio Genesio
1062. Leonzio de risu
1077. Andrea Catizunio
1081. Cirillo Mazza. Eletto má nδ
cδsacrato
1161. Sempronio Rochas. Eletto má nδ
consacrato
1309 Filippo Longos. Eletto, má nδ
Consacrato
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LIBRO III.
Dell’ultimo Assedio di Taberna.
Nell’anno 1426.
Essendo il principale motivo, nδ tanto d’intessere la storia succinta di Taberna; má
descrivere l’Assedio, che ne fecero li Francesi Angioini sotto il Comando di Francesco
II. Sforza; ed abbenche qsta memoria l’abbia intitolato Cronaca per le notizie, che vi
hó dato dalla nascita di Taberna sino al presente, e’ sia qsto titolo inconveniente;
dovendogli dare quello di Diario, ad ogni maniera tenendo Io le operette Greche, che
ne trattavano, cδ tante turbolenze, e’ rovine dubitando ó per la dismessione della
Lingua Greca cδ il tempo; ó pure cδ tante rivolte perdersene la memoria, stimaj in qsto
Diario assieme cδ l’assedio formarvi la Cronica. Ed acció qsto assedio sia ben Capito
sin dall’origine, e’ gli Posteri ammirassero la Costanza nella difesa, la fedeltà nelle
promesse, e’ la munificenza della Contessa nel premiare tante morti per sua Cagione
nelli di loro posteri, e’ ristabilire per quanto abbia potuto tante perdite lagrimevoli; hó
voluto dare un dettaglio dello stato nel quale si ritrovava Taberna l’anno antecedente
all’Assedio; cδ la numeraz.ne del Secolo fatta nel 1400; che fú l’ultima; poiche quella
del 25. non si poté fare per l’apparecchio della Guerra. Sia dunq:
116
Capo I. Stato di Taberna, e’ Villaggi prima
dell’Assedio.
Ristorata dopó la destruz.ne del Re Guglielmo Taberna, fortificata di fabriche, ed
abbellita di Edifizi Publici, e’ Privati, come ancora cδ l’Industrie arricchita,
spezialm.te dopó l’arrivo della Contessa nell’anno 1415. á dominarla, accresciuta pure
di Gente tanto per entro, quanto per Fuora, di famiglie Nobili solam.te si ritrovava
scemata, poiche 32. erano disperse per Governi Politici, e’ Militari per tutti li Stati de
Ruffi, e’ de Marzani; ed altre 18. famiglie erano sparse per li Villaggi; restando
solam.te famiglie Nobili, e’ Graduate 48.; e’ Nobili Aspirante 37.; quali tutte
seguivano il Rito Latino, avendosi li ecclesiastici Greci ritirato in S.to Pietro, ove
tenevano la Grecia; ed altri in Simeri, ove pure era la Grecia, però andava cδ
Catanz.ro, dopó che qsto passò in dominio di Pietro Ruffo, restando smembrato da
Taberna; abbenche nello stesso tempo, che Simberi passò alli Ruffi, la Sellia si procurò
restare á Taberna, cδ tutto che qsta era stata edificata da Iulo Catimerio per Asilo de
suoj nella inondaz.ne de Saraceni; avendovi in quel Monte situato le donne, l’inabili
alla guerra cδ le robbe, e’ nδ pochi Saraceni, che di quando in qd.o andava facendo
prigionieri; nδ avendo altro luogo più sicuro per Conservarli; avendolo allora ben
fortificato coδ l’arte, abbenche la Natura lo rendesse forte.
77
117
Dominava dico nell’Asellia la Famiglia Catimera; má qsta stabilita da per tutto in
Catanzaro, stando più vicina á Taberna, si stimò di aggregarsela, cedendo le terre di
Simeri; e’ così ne fece compra la famiglia Mazza di S. Pietro da Guglielmo Catimero,
che n’era Padrone col beneplacito del Re Carlo I. d’Angiò; tanto che la Sellia si
stimava membro di Taberna, ancorche nδ stesse sotto la sua dipendenza, come li
Villaggi, má quella gente si trattava come cosa propria, avendoli dato li Campi al di là
dell’Uria in mezzo li Campi stessi di Taberna, acció potessero far la semina; obligati
però á portare il grano nel Monte Frumentario più del di loro bisognevole, per esserli
pagato come si pagava all’altri Cittadini.
Il sud.o Monte Frumentario era pure cresciuto di fabriche, come ancora il Sussidiario;
e’ le Chiese pur anco abbelllite, ed accresciute; e’ dopó l’arrivo dell’Andegavenzi vi
aveano piantato un Convento di S. Fran.co di Assisi al principio della porta
occidentale; ed un’altro di S. Dom.co all’estremità verso la porta orientale. Il
Monasterio di S. Basilio di rito Greco era cδvertito in quello di S. Chiara di Rito
Latino, cδ avervi eretto l’ospizio per le donne di pentimento.
Li Durazzeschi aveano accresciuto pure il Monte Sussidiario, e’ l’ospedale, e’ la
Contessa vi avea fatto fare 4. stanze per il Depositario de Pegni, ed arricchita la
Spezieria, e’ dotata la Chiesa. Come ancora avea fatto ben ristorare, ed ammobilire
due locande Publiche per alloggio de forastieri; una entro e’ sotto al Vescovato, e’
l’altra fra la porta Publica, e’ la porta del Castello al di fuora. La sud.a Contessa poj
al Borgo vi avea fatto fare un’altra locanda, ed accresciuto li forni Publici, oltre li 8.
che stavano dentro; come ancora sej molini di grano per qd.o il fiume avesse guastato
quelli dell’acqua; tenendone pure li Conventi uno per loro Commodo, qd.o però quelli
del fiume fossero impediti. Avea fortificato la torre di S. Barbara cδ alcune opere
esteriori; ed avea l’edificij Publici fatto pure abbellire al di fuora á spese però dello
stesso Publico.
118
Circa le Chiese nδ si avea trascurato di abellirle: La Sala di radunanza entro la med.ma
á spese delle Classi respettive de Nobili, alli quali apparteneva, si erano rese
magnifiche, cδ stucchi all’intorno, e’ cδ li tetti al di sopra dipinti; e’ spezialm.te quella
delli Nobili aspiranti, che vi aveano fatto una spesa grande, volendo, che qd.o la
Contessa v’intervenisse, conforme era stata nell’altre, si ritrovasse più bella, e’
magnifica, avendoci fatto venire da Melfi l’anno 1419. Giacomo Carimozio per
pingervi l’Imprese delli soggetti più Valorosi, e’ più letterati delle famiglie. S. Maria
Maggiore cδ il lassito di Terenzio Carpinio Mercante si era pure resa vistosa, e’
magnifica cδ li lavori de stucchi entro, e’ fuora.
E il Vescovato era stato pure adornato di pitture, e’ di stucchi, cδ la Cappella di S.
Basilio da Ortensio Ves.vo, fatta eriggervi á sue spese; officiandovi il Decano
78
Sempronio** Grassio in tutte le Solennità; poiche tra l’Arciprete, ed il Cantore vi era
una lite di precedenza in Roma: poiche il Ves.vo nδ vi si era voluto intromettere,
essendo la sud.a lite che abbracciava quasi tutta la Nobiltà, per essere fra due famiglie
le più prepotenti: cioè la Rocca, di Cui era l’Arcip.te; e’ la Faragonios del Cantore; ed il
Ves.vo vi teneva il Decano per officiare sino che dal Papa fosse tale lite decisa; poiche
l’Arcivescovo di Reggio Bartolomeo Gattulo l’avea deciso á Favore del Cantore, e’
l’Arciprete si avea appellato al Pontefice Martino; e’ si aspettava da Roma la
decisione. E perciò il Ves.vo Ortensio vi veniva per sej mesi, e’ pp l’altri sej vi lasciava
il sud.o Decano, che faceva oltre le funzioni l’officio ancora di Vicario, nδ avendo
voluto, che il Cantore durante qsta lite esercitasse tal Carica, di tanto utile, ed onore.
119
Intorno al Governo nδ vi era mutaz.ne più di quello si è detto, qd.o si há trattato di
sopra. Li Consoli dell’Arti, ó siano Prefetti si facevano secondo l’antico solito, così
parim.ti quelli della Seta, Panni, e’ Carta; avendo desiderato la Nobiltà far cangio, ó
sia elez.ne di quello dell’Ateneo; má perche ciò si facea ad astio per la lite tra il
Cantore, e’ l’Arcip.te, la Contessa ordinò, che nδ si facesse nuova elez.ne, nδ dovendo
per il malgradim.to del privato, turbarsi il bene publico.
Il Borgo poj era pure dilatato di Fabriche, perche dovea essere capace di più gente per
le famiglie de Vasari di Creta, Mastri di polvere, Concieria di pelli, Tintoria di seta, e’
panni, ferrari, bottari, fornari, e’ la Laniena* dell’Animali; poiche uccisi doveano
portarsi per dentro Taberna, per nδ rendere la Città men pulita; come ancora tutte
l’arti, che faceano strepito, erano situate nel Borgo, e’ parim.ti le arti più vili, per nδ
pagare affitto grande, ed occupare il luogo all’altri, sino alli Cappellari.
Il Recinto delli Giudej era pure ampliato; poiche cδ tante industrie nella Città, qsti nδ
mancavano di profittarne; oltre** li Stati de Ruffi, e’ de Marzani, dove andavano li
Cittadini á smaltire le Robbe, li ebrej andavano per tutto, portandone però di quelli,
che nδ riuscivano troppo buoni nelle tinte, e’ per la mala qualità, che talvolta
s’incontrava nella lana. Tutte le cose invendute nelle fiere, che restavano al
Soterargirio, se ne pigliavano porzione, che vendevano. E sopra tutto la più maggiore
industria si era, li Vestiti, che facevano di ogni sorte Nuovi, e’ Vecchi; e’ robbe ancora
di tela, che l’esponevano alle fiere: che dopó l’industria de panni era qsta Razza
moltiplicata, ed arricchita cδ le Berrette dell’Uomini, e’ cδ le Coppole per le donne, e’
piccirilli, che mandavano per il Regno tutto, e’ fuora pur anco.
120
Fatta la Numeraz.ne di tutto lo Stato, secondo la Nota ricevutane Olibrio Rocca
l’anno 1400; poiche quella del 25. per l’apparecchio della guerra nδ si fece; conforme
era solito ogni 25. anni di farsi; si ritrovò la seguente.
79
Taberna Anime 4788. Ecclesiastiche 72., Religiosi 29. Religiose 16. Soldati, ed
officiali nel Castello 93., Nella Torre 14. forastieri di servizio 38. Nel Borgo 482:
Ecclesiastici 8. Nel Recinto de Giudej 218.
S. Pietro Latini 1131., Greci 1787. Nobili 47. Ecclesiastici 32. tanto Greci, quanto
Latini,. Religiosi di S. Dom.co 9.
S. Nicolò di Bucisano 573. Ecclesiastici 21. Nobili 17. Religiosi Basiliani 18.
S. Pietro in Vinculis 103. Nobili 7. Ecclesiastici 3.
S. Sofia 318. Ecclesiastici 7.
S. Giorgio, e’ Sabuzio 137. Ecclesiastici 5.
S. Biaggio 82. Nobili 21. Ecclesiastici 3.
S. Leo 418. Ecclesiastici 8.
S. Mauro 84. Ecclesiastici 2.
Bompignano 242. Ecclesiastici 7.
S. Marco 34. Ecclesiastici 2. Nobili 6.
Bartalisio 581. Ecclesiastici 15. / Nel 1425 erano oltre
Oltre di qsti vi stavano nella Marina per la Guardia, e’ per la pesca 22. Anime. Per li
Ospizij alle ripe de fiumi 18. nella Torracene per la guardia 14., Monaci Pesacensi due
nel ritiro di S. Basilio cδ due fratelli; e’ nel proprio Monastero 14. cδ 7. Servienti. In
Fateano Religiosi 8. e’ Servienti 7.
Qsta fú la Numeraz.ne data dalli Curati all’Arcip.te Olibrio secondo il solito per l’anno
1400: Confrontata cδ l’anno dell’Assedio si supponeva più numerosa per l’accrescim.to
dell’Industrie; má come dissi, qsta nδ si poté compire. Lo stato delli officiali nel 1426.
è qsto seguente, fatto dall’anno antecedente, nδ avendosi per la guerra fatto nuova
Elez.ne.
121
Nota dell’Officiali, e’ Prefetti, e’ Curati
cδ le Dignità nel 1426.
Ecclesiastici
Il Ves.vo di Taberna, e’ Catanzaro vi risedeva li 6. mesi di està.
Sempronio Grasso Decano, e’ Vicario dello stesso Ves.vo
Ascanio Faragonios Cantore, e’ in S. Maria Maggiore Curato
Giuliano Rochas Arciprete
Eugenio Scariola Paroco di S. Nicolo
Sigisberto Grande Curato di S. Silvestro
Arsenio Correa Curato di S. Martino
Teopompo Calinurio Curato di S. Maria Maggiore
Giovanfrancesco Picciolo altro Curato di S. Maria Maggiore
Tiberio Saranzio Curato di S. Giovanni Crisostomo, ed assistente al Paroco di S.
Nicolo
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Silvestro Russo Curato di S. Barbara
Gerolamo Rotellio Curato dell’Ateneo, e’ Sotergrafio del Vescovato
Giuseppe Nicolosio Apocrifario del Vescovato.
Secolari
Terenzio Falcomatá Giustiziario partì all’arrivo della Contessa restando in suo luogo
Baldasarro Ruspo suo Giudice Muzio de Gattis Giudice
Clemente Marone Castellano
Giulio Longos Catapano
Filippo Boverio Soterargirio
Anselmo Nuz. Iurato M.
Flavio Filanzio Prefetto dell’Arte
Francesco Beroardo Prefetto dell’Arte
Domenico Frosine Prefetto dell’Arte
Gaspare Faragonios Prefetto dell’Arte
Ascanio Balascos Prefetto dell’Arte, e’ Giudice dell’Animali
Nunzio Ioino Prefetto dell’Arte, e’ Sotergrafio
Pompeo Mannilios Prefetto dell’Arte
Flaminio Verardo Prefetto dell’Arte, e’ Giudice
Egidio Rotellio Prefetto dell’Arte, ed Apocrifario
Arsenio Longos Prefetto del Monte Sussidiario
Ernesto Scariola Prefetto della Seta per la Regina Giovanna II.
Orazio Riczello* Prefetto della Seta per la Contessa
Luca de Gattis Prefetto della Seta per Taberna.
Per li panni, e’ per la carta erano li med.mi di sopra descritti.
Il Cantore Prefetto dell’Ateneo.
122
Capo II. Motivi per la Guerra con le disposiz.ni
ed apparecchi militari.
La Regina Giovanna II. avea per mancanza di legitimi figlioli adottato ora ad
Alfonso IV di Aragona, ora á Ludovico III. di Angiò; tanto che venuti qsti adottati
in competenza, e’ la Contessa Cubellia seguendo le parti Aragonesi, Ludovico vi avea
mandato l’esercito Francese sotto il comando di Francesco II. Sforza per soggiogare il
Regno; e’ la Contessa, che li era la più potente nemica per li tanti Stati, che teneva la
famiglia sua propria de Ruffi, e’ quella di suo marito Nicolò Marzano, nδ potendo
impadronirsi del Regno, qualora nδ abbatteva qste due graδ famiglie. La Contessa,
che si trovava in Catanzaro, stimandosi più forte in Taberna, volle far prova delli di
loro Animi; tanto che mandatosi á chiamare il Soterargirio, ch’era il più stimato per la
Candidezza de Costumi, e’ per la Carica, l’espose la sua Risoluz.ne per scorgere l’Animi
de Tabernati, senza de quali nδ potea stare á fronte del Nemico. Ritornò il Boverio in
81
Taberna, e’ parlando cδ li Capi della Nobiltà; li espose la Risoluz.ne della Contessa,
desiderando la di loro Risoluz.ne per potere il tutto poj riferire all’istessa.
Agitò grandem.te questa proposta nδ tanto la Nobiltà, quanto il Popolo, che da quella
dipendeva, cδsiderando lo stato in che poteva venire á tutti; il dispiacere alla Contessa
era una ingratitudine troppo grande per tanti benefici ricevuti, il cδpiacerla era un
male per troppo sensibile per la guerra, che si attiravano; tanto che si giudicò
chiamarsi tutta la Nobiltà delli Villaggi, dalla quale in caso di guerra ne doveano
avere bisogno, nδ avendo altro appoggio per conservarsino le donne, li fanciulli, e’ le
sostanze che li sudetti Villaggi, la di cui gente dipendeva molto da quella Nobiltà, che
rispetto á quella entro Taberna era molto opulente, toltone la famiglia Ioino, che
tenendo li poderi entro lo Stato di Simberi, nδ potea troppo dar soccorso á Taberna,
tanto che la sua opulenza nδ era tanto sicura.
123
S’intimò dunq: il giorno 16. di 9bre, acció tutta la Nobiltà de Villaggi si conferisse in
Taberna assieme cδ tutti li Capi de sudetti Villaggi, acció á Voce viva potessero
ricevere le Risoluz.ni. E perche vi doveano pure intervenire li Ecclesiastici, si
determinò la Radunanza della Nobiltà tutta tenersi nella Sala del Vescovato, dove
radunati espose il Soterargirio la proposta della Contessa cδ alcune raggioni per
indurre li animi á seguire il suo partito. Li Ecclesiastici tutti, á quali cδveniva dare il
p.° Voto, parlando de Sacerdoti in sú, furono di parere seguire il partito Francese,
dovendo per coscienza ubidire alle risoluz.ni Pontificie, attesa l’investitura, che
Ludovico n’avea ricevuta da Alesandro V., Giovanni XXIII, ed ultimamente da
Martino V. Sommi Pontefici; nδ dovendosi ripugnare á ciò che avean determinato tre
Vicarij di Gesù Cristo, dovendosi l’utile Mondano postponersi all’Ubbidienza verso**
la Santa Sede. á qsti Capi ecclesiastici vi aderiva pure la famiglia Faragonios, e’
Frosine, asserendo che l’esercito di Ludovico era molto potente, comandato dallo
Sforza cresciuto sin da fanciullo nell’armi, e’ che teneva la Calabria tutta in sua
devoz.ne, che la Contessa senza soccorso di Aragona nδ poteva sussistere; che tal
soccorso era lontano, e’ per venire stava sottoposto á mille accidenti di mare, nδ
potendo come dalla Francia venire pp terra in Italia, se nδ per mezzo di navi; che si
dovesse scansare il pericolo presente cδ la speranza del futuro soccorso; che venendo
dopó Alfonso nδ li poteva essere qsta mancanza imputata á delitto; che perdere
l’industrie, che avea promosso la Contessa, era veram.te un colpo sensibile; má
restando nella guerra oppressi essere una rovina irriparabile. E finalm.te li Grandi
accomodarsino fra di loro; má le Città abbattute nδ così facilm.te, potersino ristorare
senza una lunga serie di anni.
124
Tutta l’altra Nobiltà però preoccupata da qualche invidia forze della famiglia
Faragonios, ch’era la più potente, per essere Giulio Faragonios, ed Ascanio Frosine
82
Capitani dello Sforza, supponevano tutti, qste parole á favore delli Francesi essere
più tosto esaggerate per fini particolari, che nδ fossero per il bene publico; che venuta
Taberna in potere de Francesi, qsti avrebbero dispoticam.te fatto dominare alle sudette
famiglie Faragonios, e’ Frosine; che tutte le Costituz.ni sarebbero sconvolte; che la
ritiratezza delle donne sarebbe degenerata cδ la Nazione Francese in una licenza
troppo libertina; che avendo li Francesi tolto li Governi á quej di Taberna, che si
trovavano nelli Stati de Ruffi, e’ de Marzani, avendo cδtro ogni equità, e’ giustizia
rattenuto prigione á Gian Girolamo Beroaldos Governatore per la Contessa in Sessa,
quale speranza potevano avere li Nobili di Taberna di aver Cariche in quelli Stati più;
che l’industrie avrebbero passato á Catanzaresi, cδ li quali lo Sforza avea dimostrato
dipendere; che se Catanzaro, ch’era stato feudo de Ruffi quasi per poco meno di due
secoli, nδ volea seguire la parte della Contessa: nδ era á Taberna tanto obligata per
soli anni diece di dominio Ruffo ricevere tante munificenze, e’ dare tanti contrasegni
di stima, e’ di protezzione la sud.a Contessa; e’ pure avere operato
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tanto nδ solam.te cδ l’affezzione, e’ col Zelo, quanto cδ le graδ summe di danaro speso
per la fabrica delle sud.e industrie; e’ per l’edifizi publici; che la sud.a Contessa si era
più volte dichiarata, che terminate l’altre Cure più essenziali, e’ lucrose per il Comune,
nδ avrebbe mancato di far tornare in Taberna il proprio Vescovo, eziandio cδ
assegnarvi di suo proprio danaro la rendita nδ solam.te cδvenevole, quanto splendida;
che Alfonso l’avea nel suo Manifesto chiamata Città, prima di Catanzaro, ciò che nδ
avea voluto fare Ludovico; che perciò ad Alfonso si era dato il giuram.to, ed á
Ludovico nó; nδ dovendosi mancare á Dio per secondare il genio de Papi, che talvolta
si guidano dalli proprij interesti circa l’Investiture de Regni, nδ essendo qsta una
decisione di Fede. E perciò incδtrastabile nella Credenza, ed ubbidienza; che qsta
Causa d’Investitura era ancora in pendenza di appellaz.ne; e’ finalm.te per nδ parere
ingrati á tanti Beneficij dover seguire la Fortuna della Contessa sino alla Morte; nδ
tenendo ella esercito meno potente dello Sforza, l’agiuto d’Aragona vicino: E poj qd.o
ella si fidava in Taberna, dovere cδ la sua Persona perire tutti li cittadini.
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A quest’ultima raggione di dover tutti perire cδ essa, giacche ella essendo venuta* in
Taberna confidata á suoj Cittadini, doveano questi morire pure cδ lej; rispondendo il
Cantore, che la Contessa avea molti Stati, che essendoli rovinato uno, si ripatriava
nell’altro; ciò che nδ potea succedere cδ loro; esclamarono tutti, che la Contessa poteva
tutti ripatriare meglio di Taberna. La Nobiltà de Villaggi, vedendo la piena di tutti
pendere alla difesa della Contessa, penzando, che la guerra veniva á Taberna più che
nδ á villaggi, nδ troppo replicarono, stimando, che la Contessa avendoli fatto mille
finezze intorno alle liti avute cδ la Nobiltà Cittadina, accompagnandola nella guerra,
si acquistavano per intiero la di lej benevolenza; e’ facendosi danno il più maggiore,
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risultava all’altri, e’ nδ á loro; dovendosi per politica massima li Emuli essere più
abbattuti nelle Calamità, che nelle prosperità: e’ fabricandosi da loro med.mi la rovina,
lasciar correre senza impedirneli. Li Capi de Villaggi venuti pure ivi per la risoluz.ne,
sperando che la rovina era più per li Tabernati, che per loro, nδ potendo cδtrastare ad
una Nobiltà risoluta, nδ ebbero ripugnanza di aderire al partito della Contessa. Tanto
che li ecclesiastici procurarono ritirarsi in luogo sicuro, andando in Pesaca, dove
l’Archimandrita, Giulio, fratello dell’Arcip.te, che fatto Religioso si avea cangiato il
nome coδ Basilio, mandò li suoj Religiosi in S. Nicolò di Fateano per dar luogo á tanti
Ecclesiastici, ed egli restò cδ loro. Gli altri procurarono stabilire le di loro famiglie, e’
sostanze per prepararsino alla guerra. La famiglia Faragonios, e’ Frosine si ritirarono
in una Casa di Campagna poco discosta da Taberna.
127
ne
Fra di tanto la Contessa, che aspettava la risoluz. ; avendola ricevuto così pronta,
spedì li ordini al Morone suo Castellano per disponere il tutto; qsto fece la nota de
Comandanti per la Città solam.te e’ la mandò alla Contessa, quale l’approvò; e’ cδ
Terensio Siribio mandò graδ quantità di danaro per allestire il bisognevole per la
guerra. Chiamò nel Castello il Morone á Fabrizio Boverio dandoli la Carica di
risarcire le Mura, e’ fortificarli cδ nuove opere, come ancora le due Porte grandi, di
fabricare la porta piccola di S. Nicolò, ch’era fatta aprire per Commodo della Gente,
che volea passare nel Borgo, e’ di rasare alcune Case nel sud.o Borgo, e’ nel recinto
delli Iudej; dovere inalzare sej fortini, due dalla parte di occidente, e’ quattro dalla
parte Settentrionale. Chiamò á Giacomo Balascos, ordinandoli di scrivere tutti li Atti
all’armi tanto per Taberna qnto per li Villaggi, cδ dispensarli l’armi, ed insegnarli
l’esercizio militare per qnto il tempo brevis.mo richiedea. Chiamò á Fulvio Beroaldo di
far costruire le Machine di guerra per la difesa della Città; ed á Rodolfo Mariconio
per disponere il Comestibile necessario, almeno per un’anno. Ed il tutto fú puntualm.te
eseguito.
Chiamò per la difesa de Villaggi per S. Pietro ad Agatocle de Ferrarijs soldato il più
sperimentato, acció cδ due, ó tre Capitani sotto di se difendesse S. Pietro sua Padria,
cδ tutto quel Contorno; dandoli la potestà di estendersi sino á Bartalisio, e’ per di quá
il fiume. Per di là poj al fiume si penzò nδ stabilire Comandante Supremo, má solam.te
alzare forti nelli passi più stretti, ed in S. Leo dove le sostanze, e’ le donne cδ li
figlioli, e’ vecchi
128
si ponevano in salvo, nδ volle al Castellano darvi il Comandante luj, má che la Città
se l’eligesse á suo beneplacito.
Cacció, dunq:, la nota delli Comandanti, che furono per il Castello tre Capitani sotto
di luj: Albizio Ginneso, Roberto Faraldo, Tomaso Filanzio. Per la torre Quinzio
Ananeo. Per la Piazza avanti al Vescovato Nunzio Mariconio. Per il Largo della
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Torre coδ tutto il suo recinto sino alla Porta Maritima Flavio Nuz. Per la Porta
Montana Giulio Ricca. Per la Porta Maritima Nicodemo Fontino. Per la Custodia
delle Mura nella parte occidentale Fabrizio Boverio cδ due Capitani sotto di se. Per
l’altra parte della Mura orientale, che riguardava l’Aquilone Mario Boverio suo
fratello cδ tre Capitani sotto di se. Per l’Artiglieria, e’ Machine Fulvio Beroaldo cδ
tre Capitani sotto di se. Per la Gente de Villaggi Giacomo Balascos. Per la Gente della
Città Flaminio Rocca: E qsti due ultimi tenevano sotto di se quattro Capitani con tre
porta insegne, ó siano Alfieri. Il Supremo Comando risedeva ad Oddo Ruffo Zio della
Contessa. Vi erano ancora otto altri Capitani Sopranumerarij senza mercede, per qd.o
morisse uno potesse subintrare alcuno di questi otto per nδ disgustare le famiglie
Nobili, che restavano senza Comando; essendo questi otto Giovani inesperti, che
doveano imparare il Comando sotto li Capitani di Mercede.
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Era poj la Soldatesca cδposta di Milizia parte Veterana, e’ parte Urbana. Li soldati
della Contessa, che si cδputavano per Veterani, erano pure tramischiati cδ quelli delli
altri suoj Stati nδ troppo esperti al mestiero dell’armi, che facevano in tutto il numero
di 2234. Quelli poj di Taberna, e’ Villaggi, che cδponevano la Milizia Urbana erano
2386. // Per S.to Pietro vi erano soldati 428. // E per l’altri Villaggi, e’ forti eretti
nelli passi più stretti 382.// Però di qsti Soldati ne stavano al Castello 1232.// Nella
Torre 474. Fornari, e’ Guastatori 136.; la maggior parte di qsti erano li Iudej, alli
quali si erano pigliate le di loro robbe quasi per pegno della di loro fedeltà. Erano poj
qsti soldati, toltine quelli addetti all’artiglieria grossa, armati di spade, lancie,
balestre, moschetti, archibugi, smerigli, e’ falconetti piccoli da poterli maneggiare.
Vi erano nelle Porte 12. spingardi, ed altretanti falconetti grandi per Ciascheduna; ed
á quella della Marina 8. Carabatane con due Cannoni. Nella Torre 3. Cannoni, e’ 2.
Bombarde, cδ 10. falconetti. Nella piazza d’armi avanti il Vescovato 8. passavolanti,
3. mezzi Cannoni, due serpentine, 4. strifalchi. Nella torre Campanaria dello stesso
Vescovato un Cannone piccolo, una Serpentina, e’ 4. passavolanti cδ altretanti
falconetti. Per li Villaggi, e’ forti falconetti 34., archibuggi 468. Nel Castello Cannoni
8. Mortari 4., bombarde 12., ed armi d’ogni sorte difensive, ed offensive, cδ le
Machine necessarie, e’ provis.ne di bocca, e’ di guerra per tutto Competente, e’ per 12.
bombarde, 8. Cannoni, 36. falconetti pp le mura.
130
Alli 19. di Xbre dell’anno 1425. venne secretam.te Oddo per vedere ciò che si era fatto;
ed abbenche il tempo fosse stato così breve per l’apparecchio di tante Cose, ad ogni
modo nδ mancò di ammirare la sollecitudine di tutti in disponere tante Cose disparate
in una staggione impropria. Avanti la piazza del Castello volle vedere li soldati cδ
l’officiali fare l’esercizi militari, che nδ li dispiacquero in tanto breve tempo, che
sembrava una maraviglia, e’ spezialm.te, come Giacomo Balascos l’avesse potuto
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raccogliere da Villaggi, ed insegnarli. Visitò pure la machina di guerra, le opere fatte
sú le mura, cδ li forti così in un subito alzati, l’artiglieria incassata; ed ogni cosa in
stato di essere prima di un mese pronta al bisogno. Lodò il Zelo de Comandanti, ed
alli operarij, e’ Soldati fece distribuire buona summa di danaro, che fú un’esca per
incappare più facilm.te alla rete.
Capo III. Venuta della Contessa in Taberna
con altre disposizioni.
Partitosi Oddo da Taberna cδ aver lasciato 238. soldati venutili da Catanz.ro, per
sollecitare l’opere bisognantino all’intorno del Castello, ed avendo alla Contessa
riferito il tutto, ne restò molto appagata; quindi penzò tentare l’Animi de Catanzaresi
con chiederli 300. soldati pp suo servizio, dovendoli estrarre da tutti gli atti all’armi;
li fece fare qsta proposta dal suo Castellano Gottifredo Siribio, nδ volendo ella in caso
di negativa, esponersi á qualche disvantaggio la sua Autorità, e’ decoro.
131
Spiegò tal proposta il Siribio al Corpo della Nobiltà, e’ li fú negato ogni soccorso; anzi
Guido d’Arces, e’ Polibio Grasso, ch’erano in quella Città Uomini li più intesi, e’
fazzionarij del Re Ludovico, incominciarono á sollevare la Città; tanto che saputosi
ciò dalla Contessa, si stimò fingere il tutto, ó nδ avendo forza á domarli, ó per
aspettare forse qualche pentim.to, rientrando la Città á miglior consiglio; má vedendo,
che la fazzione era quasi per diventare manifesto tumulto, stimò secretam.te
fuggirsene per Taberna.
La notte delli 8. Gennaro uscì per una Cava, scortata da 234. Soldati cδ un freddo
eccessivo; tanto che la mattina arrivata in Taberna, e’ datone il segno cδ lo sparo del
Cannone al Castello, ove si era accomodata, licenziò il Giustiziario, di Cui nδ stava
troppo Contenta, e’ si ripose nel letto, nδ dando Udienza ad alcuno sino al giorno
delli 10., solam.te alli officiali Maggiori. Il giorno dell’11. ammise tutte le Gentildonne
alla sua visita, come ancora alli Ecclesiastici venuti cδ l’Archimandrita Pesacanse;
avendo designato il giorno delli 12. per la visita di tutta la Nobiltà, come infatti seguì
per la Nobiltà de Villaggi alle ore 22. di quel giorno. Era la Contessa di anni 34.
Vedova di Nicolo Marzano, e’ perciò vestita di nero, alta di statura, e’ piena di corpo,
occhi neri, e’ grandi, naso aquilino, bocca piccola, carnaggione bruna, eloquente nel
dire, alta nella voce, pronta nel ridere, ceremoniosa nell’azzioni, magnanima nel dare,
esatta nelle promesse; però facile all’ira, ed impaziente nell’
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operaz.ni, liberale cδ li virtuosi, severa cδ li delinquenti, sostenuta cδ li sudditi, però
affabile cδ li Confidenti, tarda nel credere, e’ cδ difficoltà persuasibile. Dopó la sua
Visita, si fece quella di Oddo suo Zio, quale ci ordinò di nδ partire per li Villaggi sino
al giorno delli 15.; qd.o chiamata in Castello tutta la Nobiltà, si fece dare da tutti li
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Comandanti, e’ Capitani il giuram.to di Fedeltà, toccando ciascuno il Missale in
presenza di tutti, tenendolo nelle sue mani lo stesso Oddo: fummo tutti licenziati, ed
entrò nella sua visita l’Abbate di Fateano Nicolo Mariconio, á Cui furono dati docati
800. per due mila tumola di grano, parte per li Villaggi, e’ parte per Taberna, volendo,
che tutto fosse condotto in Bompignano, per essere luogo sicuro, incapace li nemici á
rubarselo, e’ cδmodo per essere distribuito á tanti, che si restringevano nelli Villaggi
ad abitare, volendo che cδ li Cartelli di Francesco Currado fossero distribuiti alli
Villaggi di quà il fiume, e’ cδ quelli di Luc’Antonio Capilupia fossero distribuiti á S.
Leo, dovendo l’Abbate á qsti Cartelli consegnare detto grano; che á proporz.ne
dell’abitanti, e’ del bisogno si dovea distribuire; tenendone questi due l’Istruz.ni:
operaz.ne molto lodata, per Cui l’Animi più si accesero ad accompagnare la Guerra con
più Calore, ed affetto.
133
Frá di tanto quej di Catanzaro accortisi della fuga, ch’avea così precipitosa, ed
ascosta fatta la Contessa, cδsiderando il malanimo, cδ Cui ella si era partita,
stimarono, stimarono spediente, di spedire un’ambasceria allo Sforza, che si trovava
nelli Villaggi di Cosenza radunando l’esercito, nδ solam.te avvisandolo della fuga
sud.a má offrendoli la di loro Città, ed insegnandoli le maniere per cδquistarla senza
troppo dispendio di gente, e’ di tempo, altro nδ desiderando per quest’offerta, che
riguardasse Catanz.ro cδ qualche marca di Fedeltà per ristabilirvi quelle industrie, che
á Taverna aveano li Ruffi situato cδ tant’utile, dovendone partecipare Catanzaro,
come un’istesso Popolo; e’ spezialm.te il territorio Montano, che tutto era per Taberna,
ó almeno dilatarsino nelle Marine. Lo Sforzia li parlò cδ termini equivoci,
promettendo, che dalla sua parte nδ avrebbe mancato rappresentare il tutto al Re
Ludovico, e’ far che ricevessero la ricompenza delli di loro fedeli servizi.
Appagati li Deputati Catanzaresi Tiberio Passarellio, Guidone Marescanio, ed
Andrea de Arces di tutte qste promesse dello Sforza, si ritirarono risoluti di effettuire
quanto aveano offerto, procurando di sorprendere il Castello, ed ad un colpo
terminarne
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la Conquista. Má il Castellano molto fedele alla Contessa nδ mancò in un’azzardo
popolare, farli conoscere la di loro mal fondata temerità. E Taberna cδsapevole di
quest’offerta per dimostrare il Zelo più vivo alla Contessa, e’ per il proprio interesse si
accinse ad una più che valida difesa, risoluti di restar sepelliti sotto j sassi, che
mancare al di loro dovere con una Padrona tanto Benefattrice, che avea fidato la sua
Persona alla di loro fedeltà.
Alli 13. di Febbraro ricevutasi la notizia, che fra breve lo Sforza si metteva in marcia,
la Contessa á tutte le mogli, e’ Figli de Comandanti, e’ di qualche Capitano se lo
ritenne in Castello, avendoli detto, che in quell’emergente bisognavano tenerli
87
cδvertaz.ne; cδ tutto che la sua famiglia era molto numerosa di donne. Siasi ciò per
qsto fine, ó siasi per star più sicura del servizio de loro mariti cδ questa specie di
politica, nδ si poté penetrare. Ella però le faceva trattare cδ ogni distinzione, e’ cδ
tutto che il suo naturale fosse sostenuto, nδ mancava di darli Confidenza più delle sue
donne proprie di sevizio. Ed á figlioli ordinò, che fossero insegnati, avendo fatto
venire un Maestro dell’Ateneo, quale si era trasferito nel Convento di S. Pietro per li
Nobili: E per l’altri Ignobili in S. Nicolò di Bucisano.
Il giorno susseguente uscì l’ordine, che fra tre giorni dovessero uscire di Taberna tutti
li Vecchi, fanciulli, e’ donne per dar luogo alli soldati, e’ scemare il cδsumo delle
Vettovaglie, e’ dell’acqua cδ tante bocche inutili; che nδ fú di poco travaglio, volendo
alcune morire sotto quej sassi; ad ogni maniera accomodatisi alla
135
o
necessità, qd. partirono nδ dimostrarono tant’affanno, quanto il giorno
dell’intimazione, che invece di cδsumarsi á registrarsino le Cose, si cδsumò á pianti, e’
lamenti. Si partirono tutti l’inutili, avendo preceduto le robbe, alli 19., li Nobili
Vecchi restarono in S. Pietro cδ alcune donne Nobili dove quella nobiltà, accδmodate
in S. Pietro in Vinculis alcune di esse per stare più cδmode; la maggior parte poj di
esse cδ le sostanze più preggievoli si accomodarono nell’Ospizio Pesacanse sotto S.
Leo per essere luogo ben murato, da sopra custodito dallo stesso paese di S. Leo, ed al
di sotto dalla gente di Bompignano, avendo alzato un forte nell’Ospedale di S.
Giovanni, ed un altro sotto S. Mauro, nδ avendosi mancato di provisionare il luogo di
Comestibile, ed armi per gli Uomini, e’ donne, avendosi ivi fatto ritirare li drappi di S.
Biaggio cδ tutte le genti di S. Giorgio, Sabuzio, e’ S. Sofia, impiegata qsta gente á
cδduttare il grano da S. Nicolò di Fateano, ove quell’Abate oltre il suo proprio, n’avea
procurato da luoghi circδvicini. Ivi stavano pure le robbe de Iudej, cδ le di loro
famiglie situate in S. Leo, che pure stava ben fortificato, per qnto la brevità del tempo
avea potuto permettere. Le genti del Borgo furono situate in Bartalisio, e’ spezialm.te
le donne più vili, acció lavassero li panni, e’ facessero il pane, sino che fú interdetto
dall’assedio il Commercio. In Bompignano pure ne furono situate molte donne per
stare più spaziose, servendo á quella gente di S. Leo, e’ dell’Ospizio, bisognandoli il
tempo á fare le fortificazioni; e’ spezialm.te per farsi ivi il pane, á dispenzarsi giorno
per giorno.
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Appena partiti li uomini, e’ donne inabili dalla Città, che subito s’incominciò á
riempire di Soldatesca, e’ di machine fabricate nel Borgo, nδ avendo cessato notte, e’
giorno li ferrari, e’ legnajoli per terminarle; má sopratutto li fabricatori per alzare
baluardi, far parapetti, ed argini, essendovi da Sabuzio, S. Sofia, e’ Bucisano 212.
Uomini per qsti mestieri, e’ per Cavare li fossi nella Torre, e’ nel Castello più profondi;
ed traminare il Largo innanzi la porta Maritima. Alli 24. febraro fú evacuata
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Taberna di tutte le robbe, nδ restando altro, che il bisognevole per la milizia, essendosi
pure ben proveduta di legname, e’ di vettovaglie, tanto che altro nδ si aspettava, che
di giorno in giorno il Nemico per Combatterlo, e’ respingerlo.
Capo IV. Racconto della guerra dalli 3. di
Marzo sino alli 14. Aprile
Radunatisi entro il Castello in presenza della Contessa tutti li Capi della milizia alli
3. di Marzo, acciò deliberassero ciò che doveano operare, giacche l’avviso era giunto,
che il nemico sin dalli 22. di febraro si era posto in marcia per piantare l’assedio senza
potersi sapere notizia del numero de soldati, poiche disertori finora nδ ne erano
comparsi per scorgere cδ qualche particolarità le notizie necessarie del nemico; che
abbondando di Cavalli, batteva molto innanzi la scorreria, e’ teneva due Vanguardie
tre miglia distante una dall’altra, scorrendo
137
da per tutto per trovar vettovaglie, di Cui penuriava per fare li Magazeni;
travagliando nelli ponti molta gente, avendo intrapreso la strada per le parti
maritime; nδ sapendosi altre notizie da tanti emissarij, che la Contessa spedito avea
per informarsene; solam.te Correa una falsa voce, che l’esercito nemico nδ passava li
6.000. soldati.
Dibattutosi nel Consiglio di Guerra, se dovesse il nostro esercito uscir fuora cδ
accamparsi, ó aspettarlo entro le Mura: la risoluz.ne fú presa di aspettarlo addentro;
poiche la Cavalleria nemica era numerosa, e’ la nostra nδ oltrepassava li 160. Cavalli,
servendo, qsti per ogn’accidente, che potesse occorrere alla Contessa, ed ad Oddo di
fuga; e’ per uso de Comandanti, e’ Capitani che nδ potevano scorrere da una parte
all’altra appiedi; che per fare un Campo fuora vi voleva più tempo, ed essendo
battuto, nδ vi restava più speranza per Taberna; che la milizia essendo di fresco
insegnata, nel tempo della battaglia l’esercizij militari si dimenticavano, nδ essendo
milizia, che Urbana, cδ poco Veterana, restata qsta in Castello per difesa della
Contessa. Entro la Città li stessi Cittadini essere più Coraggiosi, e’ Forti che nδ al di
fuora, ove li nemici assuefatti alla guerra stavano cδ più coraggio. Era qsto il parere
di molti, che approvato da Fulvio Beroaldo, e’ Giacomo Balajcos, alli quali Oddo ad
occhi chiusi sottoscriveva per essere qsti due Comandanti assuefatti sin dalla
fanciullezza alla guerra sotto Braccio Montone, e’ Carmignola Celebri Capitani per
tanti
138
anni, e’ la sola speranza della Contessa era tutta riposta alli medesimi, più che nδ
fosse al Castellano, ch’era pp l’età decrepita inabile, solam.te al Consiglio si stimava
per Conto, e’ stava in molta stima per l’azzioni passate, essendo impotente per le
89
presenti; esercitando il figlio la Carica del Padre in quell’azzioni, che vi bisognava
fatiga.
Ed abbenche avessero stabilito tutta la forza esercitarla per dentro, ad ogni modo
stimarono spediente ritardare nelle marcie il Nemico, e’ chiudere qualche passo stretto
ad impedirne più presto l’arrivo; stando sempre cδ la speranza, che á primaviera
venisse l’esercito d’Aragona, ordinarono rinforzare una torre sú le Cime del monte
Mysaros, servendo quasi di un gagliardo forte per nδ fare passare l’esercito. Fú dato
pp ciò il comando á Tiberio Filanzio Capitano,acció cδ 60. soldati, ed 84. Urbani
guardassero qsto forte, ó sia torre fortificata; gli diedero 2. spingardi, e’ 4. falconetti;
qual cosa fú di grand’incδmodo á nemici, dovendo proseguire il Camino per altra
strada, per la quale nδ potevano condurre artiglieria; poiche avvicinatisi li nemici al
passo stretto, per il giorno 10, ed 11. di Marzo perderono molta gente, e’ nδ poterono
passare: tanto che il Comandante della Vanguardia nemica nδ stimò spediente
impegnarsi di Vantaggio, e’ pigliò la strada al di sotto per il fiume; quale lasciata in
guardia á 120 di S. Sofia, e’ Bartalisio, che aveano per Capo Bartolo Tyrios atterriti
dalla prima scarica dell’artiglieria nemica, che si era cδposta di 24. falconetti á mano,
cδ alquanti grossi archibuggi se ne fuggirono ad un’altro forte, ch’era sú del fiume
nelle falde dello stesso monte Paramites, ó sia di Taberna guardato da 136 fra Soldati,
ed Urbani, sotto il comando di Gian Paolo
139
Rotellio, che avea molti archibuggi, 4. spingarde, e’ 4. falconetti; ed avendo fatto una
Valida resistenza per due giorni continuj; e’ che il Comandante nemico notte, e’ giorno
disperatam.te li travagliava, vedendosi mancare la munizione, e’ la gente, il sud.o
Capitan Rotellio stimò spediente di ritirarsi nell’altro forte di sopra; e’ fece qsta
ritirata cδ tant’arte, ed ingegno, che l’istessi nemici la mattina ritrovarono il forte
vacante, senza che se n’accorgessero, avendosi portato li feriti, e’ la piccola artiglieria,
ch’aveano: furono li morti de Nostri 8., feriti 17., de nemici si disse, che fossero stati li
morti 102. feriti 47.
Giunti nel forte eretto alla metà del monte sú della Collina, che s’inalza nel piano
detto di Pennia, il Comandante, ch’era Sifrido Rocca cδ 280 soldati, 10. spingarde, 8.
falconetti, ed altre opere esteriori traminate, all’arrivo del nemico, che fú la mattina
delli 16.; benche scarso di provis.ne di bocca, e’ di guerra, perche il giorno avanti li era
arrivato il Rotellio cδ gli altri suoj soldati, ed aspettava la sud.a provis.ne richiesta al
Boverio, suo Zio; una metà della sua gente l’apparecchiò per ribattere il nemico, e’
l’altra metà per riceversi la robba, che li veniva spedita dal sud.o suo Zio; quale di
subito spedì quantità di comestibile, e’ polvere cδ 20. some, e’ 100. soldati appiedi
sotto il Comando di Ettore Mannia, che tra soldati si stimava il più valoroso, e’
prudente; che se bene attaccato da 40. Cavalli nemici, e’ molti altri soldati, fecero
sforzi di valori, e’ si cδdussero al forte, lasciando de nemici 18. morti; e’ di loro 4.//
90
Onde Sifrido cδ qsto rinforzo si chiuse entro il forte, ed incominciò á respingere il
nemico.
140
Comandava la Vanguardia nemica Ugone Colignio numerosa di Cavalleria, e’ più di
3000. soldati di fanteria, stimandosi troppo offesa dal ritardo della marcia, impedita
da qsti forti, e’ dall’altro Canto l’attaccarli cδsumar troppa gente; stimò aspettare
l’esercito tutto più vicino,acció potesse ricevere soccorso di gente, e’ di armi. E fra di
tanto per nδ parere di stare ozioso, spedì molti Cavalli, e’ fanti verso S. Pietro; má
accortosi di qsto distaccam.to Arcadio Modio, e’ Giulio Cumiso, quali cδ alcuni Cavalli
guardavano quej Contorni, assieme cδ molti fanti Urbani, deliberarono di girli
incontro per attaccarli, nδ avendo mancato di dare l’avviso ad Agatocle de Ferrarijs,
che era il Comandante di S. Pietro di stare all’armi, e’ di mandarli soccorso: fra di
tanto li Nemici cδparsi in una pianura, dove erano alcune vigne, li nostri fanti ascosti
dietro una sepe cδ l’archibuggi; qd.o la nostra Cavalleria scoperse il nemico, si pose in
fuga, e’ quella inseguendo j nostri, tirarono dall’aguati molte archibuggiate quej fanti,
che sebene li nemici á briglia sciolta atterriti fuggirono, ad ogni modo ve ne rimasero
28. feriti, e’ 32 morti; incapaci quelli á fuggire, poiche restarono Caduti da Cavalli; e’
la nostra piccola Cavalleria inseguendoli presero di quej Cavalli 8. Questo successo
giovò molto á Villaggi; poiche li nemici si avvidero, che stavano tutti ben guardati per
nδ fare più simili scorrerie. Il Modio restò ferito in una gamba, che dopó 12. giorni
morì. Delli nostri più di 6. feriti non furono.
141
Fratanto li Capi del nostro esercito avendo di nuovo tenuto Consiglio di guerra in
Castello, nδ giudicando á proposito lasciar venire l’esercito nemico senza che al di
fuora le mura nδ si molestasse, e’ s’impedisse l’accesso, conoscendo, che la milizia
Urbana si andava assuefacendo al Coraggio, cangiati di opinione, risolverono uscirli
all’incontro sotto il forte, e’ defenderlo. Si spedirono á qsto fine due Capitani del
Comando di Flaminio Rocca, ch’erano Roberto Mazza, e’ Tiberio de Ioppolis cδ 30
Cavalli, e’ 300 soldati verso il forte,acció in un passo stretto potessero impedire il
nemico, e’ caso sarebbero soprafatti dal numero, ritirarsino al forte. Ed infatti il
giorno de 24. di Marzo comparve in marcia l’esercito, e’ venuto al passo poco lungi
dal forte, il Mazza valorosam.te l’investì, e’ stando al Combattim.to, giudicò Sifrido
mandarli dal forte in soccorso altri 60. soldati, e’ per Capo il Mannia; quali tutti
valorosam.te cδbattendo dall’ore 20. sino ad una di notte, l’impedirono il passaggio cδ
molta stragge de nemici sino al giorno 27. ogni mattina, e’ sera cδbattendo, sino che
soprafatti dal numero de Nemici, si ritirarono sotto il fronte, restandovi graδ numero
di morti; e’ fra gli di loro feriti lo stesso Comandante Colignio. De Nostri vi perirono
soldati 33. feriti 19., fra li quali fú lo stesso Mazza. Si acquistò un’Insegna, un
timpano, e’ 32. prigionieri.
91
Il giorno 28. si aspettó il corpo dell’esercito pp unirsi cδ la Vanguardia: poiche di due
Vanguardie una andava per le Marine (raccogliendo provis.ni di bocca dalli Paesi per
fare li Magazeni) ed unito di gia nel giorno seguente si presentò il nemico innanzi al
forte, dove Rocco
142
Mandarone da Sessa Artigliero diede fuoco all’Artiglieria, cδtinuandolo notte, e’
giorno; má giunta l’artiglieria nemica, benche piccola, pure alquanto molestava alla
fabrica del forte per essere di fresco riparato cδ le fabriche, abbenche anticam.te la
Città lo riteneva per torre; má in tempo, che la polvere nδ era in uso: poj cδ
l’artiglieria era fabricato á qsto Uso. Si cδtinuò quest’assedio sino alli 9. di Aprile,
qd.o alle ore 12. datosi un’assalto generale, furono li nemici respinti cδ grave perdita;
poiche datosi allora fuoco alla mina, ne restarono graδ parte distesi al suolo.
Il giorno 10. cδtinuando un nuovo assalto alle ore 13 abbatterono dopó 4. ore di
combattim.to molta parte del forte, dove valorosam.te combattendo vi morirono Sifrido,
e’ lo stesso Mazza, che ancora nδ guarito, avea voluto trovarsi á quel Combattim.to;
procurando il Iazzolis salvare l’altri entro le Mura di Taberna, come infatti eseguì,
lasciando libero il passaggio á nemici, e’ qualche provis.ne di bocca, nδ avendola potuto
portare; bensì salvò l’artiglieria; ritrovandosi morti de Nostri 122.; e’ Feriti 38.; che
furono portati cδ la licenza del Comandante nemico entro Taberna, cδ li Corpi di
Sifrido, e’ del Mazza; poiche si venne in qualche Convenzione amichevole.
Questa perdita diede molto affanno alla Contessa, supponendo, che il Nemico in qsto
passo abbia molto più stentato á superarlo; dall’altro Canto, cδsiderando l’assalti
replicati, senza badare á perdita di gente, dava bene á conoscere, che l’esercito nemico
fosse più numeroso di quello si credeva. Il corpo di Sifrido fú seppellito
143
in S.ta Maria Maggiore; quello del Mazza in S. Nicolò; celebrandosi l’esequie il giorno
13. cδ l’intervento di tutti li Comandanti, e’ di Oddo istesso, che vedendo la Nobiltà,
ed il Popolo sgomentati, li Confortava cδ l’imminente soccorso del Re Alfonso per la
fine d’Aprile in Regno sbarcato, ó al più per tutto Maggio.
Capo V . Dalli 14. Aprile sino alli 27. Mag.o
Vedendosi il nemico, che superato il forte, tuttavia si andava verso Taberna
avanzando, si penzò sotto la Torre di S. Barbara fuori la porta Maritima, accamparsi
un buon numero di soldati, cδ fare un Campo volante nel Borgo, ed impedire l’accesso
alla Città; tanto che dal giorno sud.o delli 13. subito si diedero á lavorare molta gente
per stabilire il sud.o Campo; dandosene il Comando supremo á Simone Cindio,
Capitano del Castello benaffetto alla Contessa, e’ rinomato più dalla di lej
benevolenza, che dal Valore. Li diedero sotto di se quattro altri Capitani, cioè
Silimbro Scariola cδ 60. Cavalli; Bernabò Catanzaro; Sisinio Malgaro, Valerio
92
Rizzello; e’ poj vi aggiunsero un’altro Capitano Soprannumerario, che fú Pirro
Nicosia, per Custodire l’artiglieria guidata dal Mandarone cδ 12. Mastri polverari del
Borgo, che li servissero d’artiglieri; Li soldati erano 1200, per l’artiglieria 84.
Cannonetti 4., spingarda 10, falconetti 13. Questo Comando in persona di Cindio
diede qualche gelosia á Tabernati, perche era forastiero, e’ la Contessa dava cδ ciò ad
intendere, che nδ era ben sodisfatta della difesa de forti; má avendo penetrato qsta
doglianza, rispose quasi per scherzo; che quel di fuora la Città, l’avea voluto dare á
Forastieri per risparmiare il Valore de Cittadini entro la di loro Città.
144
Il nemico che fra di tanto aspettava l’esercito tutto per ponersi in marcia, radunato,
che l’ebbe alli 19. d’Aprile la mattina, ben per tempo cδparve quasi un miglio distante
dalla Città, caminando disposto in forma di battaglia, precedendo la Cavalleria, e’ poj
la fanteria, framischiata tra qsta la sua piccola artiglieria; aspettando pure Cavalli, e’
Muli per tirare la grossa al di sopra il Monte, avendo mandato á ricercarne per ogni
parte, bramando di accelerare l’assedio, e’ cδ più Cavalleria devastare li paesi
all’intorno, e’ cδ le scorrerie rendere il suo esercito abondante di Vettovaglie, delle
quali penuriava, e’ spezialm.te di foraggi per tanti Cavalli, essendo la pastura dell’erbe
al principio di primavera, e’ li Cavalli senza cibo sodo nδ potere resistere á Fatighe si
grandi, essendoli necessario pascolare la sud.a Cavalleria un giorno per metà.
Il Comandante Cindio, avendo scoperto il nemico, che marciava all’insù alquanto
disordinato per la malagevolezza delle strade, e’ molto stanco, stimando qsto essere il
tempo più opportuno per attaccarlo, prima che arrivato si ordinasse, e’ riposasse, diede
l’ordine di uscire fuora dal suo accampam.to, cδpartendo l’esercito in tre Corpi: la
Vanguardia cδposta della Cavalleria comandata da Silimbro; e’ da 200. fanti guidati
dal Barnabò; il Corpo di Battaglia cδ l’artiglieria maneggiabile delli falconetti se
l’avea riserbato per luj. E la Retroguardia di 400. soldati era Comandata dalli
Capitani Sisinio, e’ Valerio; restando il Campo vacante, solam.te cδ 150. fanti sotto la
guida del Sopranumerario Nicosia.
145
Il nemico vedendo, che li Nostri di gia lo volevano attaccare si pose alla difesa,
ordinandosi in forma di battaglia, e’ distaccando parte del suo esercito per l’intorno,
che nel tempo dell’attacco circondarono talm.te li nostri soldati, quali benche avessero
pugnato cδ incredibile valore, soprafatti da ogni parte dal numero, furono costretti di
ritirarsi nel primiero accampam.to, cδ lasciar morti nel Campo 102, sino allo stesso
Sisinio; feriti furono 32., tra li quali lo stesso Valerio. Delli Cavalli appena se ne
salvarono la metà: Tanto che qsta risoluz.ne troppo precipitosa del Cindio pigliata in
mala parte dal Castello, ove risedevano li Capi di guerra, li fú sostituito al Comando
Mattia de Jazzolis Capitano Vecchio, pigliando il baston di Comando cδ molto
applauso de Capitani, e’ dell’esercito, come ancora dalli stessi Tabernati, che molto
93
l’amavano; quale portasi* all’accampam.to, rinforzato cδ più fanti, ed artiglieria,
risolvé attendere á pie fermo il nemico.
Come infatti due giorni appresso cδparve l’esercito nemico più numeroso di prima
ordinato in forma di battaglia: precedevano p.a li Arcieri, poj gli Archibuggieri cδ li
micci accesi, fiancheggiati da Cavalli cδ alcuni passavolanti, e’ Falconetti pronti á
tirare: poj tutto il Corpo dell’esercito, che scoperto dalle mura, diede graδ terrore alla
Gente, nδ avendosi figurato* essere tanto numeroso. Si accampò di rimpetto al
Campo, e’ si pose á fortificare, tirandoli continuam.te la Torre, benche cδ poco danno ó
sia per la lontananza, ó per la mala prattica degli Artiglieri, nδ avendone la Contessa
potuto avere migliori; tanto che si penzò chiamare Frontone Curso, ch’era restato nel
Castello di Catanzaro, potendo venire dalla Parte occidentale, nδ ancora circondata
da Nemici, conforme la notte seguente fú eseguito cδ secretezza per nδ saperlo quej di
Catanz.ro
146
Alli 26 avendo piantato il Nemico l’artiglieria, incominciò verso al mezzo giorno á
bersagliare il nostro Campo, ed ancora alla Torre: avendo piantato artiglieria grossa,
e’ più n’aspettava; tanto che ricevendo il nostro Campo qualche danno, stimò il
Jazzolis di notte farli una sorpresa sopra la sud.a artiglieria se li fosse possibile
inchiodarla, ó almeno guastarli l’opere fatte. L’impresa era troppo temeraria, e’ ppciò
degna di pigliarne dal Castello Consiglio; mandato l’avviso ad Oddo, l’approvò; ed
egli per starli più vicino, scese dal Castello nelle Case faragonie, ch’erano vacanti;
poiche Fabio Faragonios sospetto alla Contessa per tenere il fratello presso lo Sforza,
erasi ritirato in una Casa di Campagna al di sotto il Borgo. Ricevuta il Jazzolis
questa risoluz.ne, si accinse la notte ad eseguirla; má bisognandovi più Cavalleria, si
spedì l’ordine al Ferrarijs la stessa sera in S. Pietro per mandarli quanto più poteva
Cavalli, che poj ce l’avrebbe rimandato. Mandò pure ricercarcando qualche Cavallo á
Giulio Mannia, e’ Camillo Spicano, ch’erano Capi nelli forti di Cyrrheos; come á quelli
Capi, ch’erano nelli due forti d’Arsaliso Guido Putero, e’ Tiburzio Levato; quali
mandarono 12. Cavalli ed 82 Uomini delli forti di Cyrrheos, scusandosi gli altri, che li
Nemici cδ li di loro Cavalli erano il giorno avanti cδparsi á quej Contorni, onde nδ
poteano lasciar S.to Pietro esposto alle Scorrerie. Arrivati qsti alla Porta Montana
verso la sera principiando la notte, furono cδ altri 20. Cavalli, e’ 40. Soldati mandati
al Jazzolis per eseguire l’Intrapresa.
147
Rinforzato da qsto soccorso il Jazzolis la notte delli 27. senza dir nulla alli soldati,
má solam.te á Capitani, s’incaminò verso l’esercito nemico, portando seco oltre li
Cavalli, 60. soldati in groppa per guastare se li fosse possibile li ripari, ed inchiodare
l’artiglieria, essendovi fra qsti 60, ferrari 16 per qsto fine, tutti cδ l’ordegni necessarij
per tal fine. Accortesi le Sentinelle di qsta sorpresa, diedero l’avviso, ed appena
94
ricevuto il segno del accesso de Nostri, subito si diede all’armi; li nostri videndosi
scoperti, ed il ritardo poter chiamare tutto l’esercito alla mischia, furono costretti
assaltare due posti de Cannoni, che l’eseguirono cδ tanta bravura, e’ celerità,
combattendo da disperati senza ben conoscersi fra di loro chi fossero l’amici, e’ li
nemici in quell’oscurità, che ebbero la sorte prendere 13. pezzi di artiglieria piccola,
inchiodando 7. pezzi di grossa; e’ li due Cannoni grossi, che facevano il più danno
maggiore alla Torre, li rotolarono; facendo sempre fronte li Cavalli comandati da
Silimbro. Vi morirono delli nostri 37. col capitano Bernabò, feriti 56.//
Questo fatto ritardò l’assedio sino alli 17. Maggio, nδ avendo li Nemici artiglieria
bastevole per intraprenderlo; ne li due pezzi grossi si poterono sino all’ultima di
Maggio cδdurre al Campo per quej dirupi; abbenche avesse portato seco graδ quantità
di metallo per fonderli, come infatti fece appresso. Quindi vedendosi lo Sforza
impotente ad agire nelle Mura, per nδ perder tempo sino, che si provedesse d’artiglieria
penzò di assalire li Villaggi, tanto più, che l’esercito penuriava di vettovaglie, e’ si
aspettava la nuova raccolta á provederlo del bisognevole.
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Scrisse al Conte Attendolo Vicario della Prov.a * in Cosenza,acció l’avesse proveduto
di Vettovaglie, e’ di muli per cδdurre l’artiglieria sopra del Monte, come ancora di
bovi; ed infatti li mandò bovi 34., e’ muli 22.
Penetratosi per mezzo de disertori il disegno del nemico per assalire li villaggi, ove
erano ricoverate le genti, e’ le sostanze, si tenne cδsiglio presso Oddo, e’ si determinò
di fare più distaccam.ti per accorrere al bisogno. Si mandarono 70. soldati cδ 24.
Cavalli al Ferrarijs per custodire S. Pietro, raddoppiando ivi le sentinelle. A Nardo
Pistoja diede il sud.o de Ferrarijs 84. soldati per custodire Bartalisio, ed accorrere se vi
fosse il bisogno in S.to Pietro, dovendosi postare nel mezzo del monte Styritos. Per S.
Leo si spedì Alesandro de Gattis cδ 130. soldati, e’ 200. archibuggi per armarne li
Vecchi, ed ancora le donne più ardite, ordinandoseli di barricare li passi, e’ lasciar sola
aperta una strada; e’ bisognando soccorso, dessero il segno cδ lumi, se maj di notte
fossero assaliti,acció cδ nuovi soccorsi fossero agiutati. In Bompignano, ove era la
Vettovaglia, e’ nδ poca gente, si mandarono 38. soldati, sotto il Comando di Cesare de
Presbiteris; potendo scambievolm.te agiutarsino l’uni cδ l’altri di qsti posti vicini. Li
diedero 44. arcibuggi per armarne ancora la gente di S. Marco, e’ l’abitanti dello
stesso Bompignano.
Alli 29. lo Sforza fece 4. distaccam.ti: uno per sotto Barbaro á foraggiare, e’ prendere
bestiame, stando l’esercito in bisogno di Comestibile. Il 2.° lo spedì per S. Pietro. Il
3.°, e’ 4.° per S. Sofia procacciando legname, e’ salendo al di sopra se fosse possibile
scorrere sino á S. Leo, ó á Bompignano; e’ qsti erano di Fanti, bisognando scorrere per
passi malagevoli, tenendo molti guastatori per sforzare due graδ passi stretti, uno á
Manfrò
95
149
al di sopra S. Sofia, l’altro á S. Marino per lo corso del fiume Allis; poiche andando
per altra strada men disastrosa vi bisognava più tempo, e’ doveano giungere di giorno;
il che nδ potevano eseguire, á causa che scoperti dalle sentinelle, accorrevano da ogni
parte genti per fugarli, stando in molti forti Custodi armati per questo fine.
La mattina de 30. ben per tempo apparve il p.° di qsti distaccam.ti alle Vigne de
Pandolfi; e’ venutone l’avviso in S.to Pietro, senza sapersi il num.o de nemici, si posero
tutti all’armi, dando l’avviso all’accampam.to del Styritos di passare subito in S.
Pietro in Vinculis, dove si erano salvati tutti l’inabili di S. Pietro per fuggire in caso
sinistro per li Monti verso Pesaca, dovendo qsto distaccam.to del Styritos star pure
pronto ad ogni bisogno per lo stesso S. Pietro. Il Comandante de Ferrarijs radunata
tutta la sua gente d’armi, lasciatane buona parte alla Custodia del paese per nδ
succedere qualche ripentino attacco d’altra parte, s’incaminò cδ il restante verso il
nemico. Ed avendo ricevuto la notizia, che tutto il distaccam.to nemico poteva essere
numeroso al più di tre, ó 400. soldati armati di spade, ed archibuggi, cδ 40. soldati di
Cavalleria cδ le picche, e’ spade, muniti di Corazze, e’ di elmi, nδ tardò il sud.o
Comandante uscirli dirimpetto alla strada per attaccarli; però dubitando di più
maggior numero appresso, ó dal distaccam.to di Barbaro, per Cui nδ avea potuto
portare seco più gente di S.to Pietro, penzò mandare 30. Cavalli innanzi per ben
scoprirli, ordinandoli á qsti, che appena scoperto il nemico, ritornassero per la stessa
strada addietro; volendo fare una imboscata, se li fosse stato possibile ed
150
infatti, avendo dietro una Collina ascosti 170. archibuggieri cδ ordine di uscire
solam.te dall’aguati nel tempo della mischia, qd.o si avesse sentito il suono della
tromba. Il nemico avendo scoperto li 30. nostri Cavalli, comandati da Silvestro
Cumiso, procurò di mettersi in forma di battaglia; má qsti Cavalli fingendo á tal
scoperta di ritornare addietro, come spaventati, li Cavalli nemici l’inseguirono, ed
arrivati al luogo dell’aguati, comparve la fanteria ascosta secondo il segno della
tromba, e’ tirati li archibuggi á qsti 40. Cavalli, più di 8. fuggendo á briglia sciolta, nδ
se ne salvarono; tanto che sparsi qsti nel suolo parte morti, e’ parte feriti, comandò
Guido Pistoja, che n’era il Capitano, di fare nuovam.te la Carica, e’ di unirsi coll’altro
esercito comandato dal Ferrarijs, nδ permettendo di accostarsi alli Cavalli sparsi á
terra,acció fra qsto mentre nδ fossero sopragiunti dalla fanteria nemica, qle avendo
inteso l’archibuggiate, e’ poj tornati li 8. Cavalli fuggiti essere quej luoghi ripieni de
nostri, e’ nδ vedendo cδparire l’altri Cavalli, temendo di quello era succeduto,
stimarono ritornare addietro, come fecero; Si ritrovarono tra quej soldati di Cavalleria
morti 17., feriti 15., quali furono portati in S.to Pietro per Curarsino: de Nostri ne
morirono 7., feriti leggierm.te 9.; portandosi ogni cosa per dividersi tra soldati. E
successe qsto fatto al Cancello della Vigna di Marco Pitiura verso le ore 13.
96
La stessa mattina delli 30. andando l’altri due distaccam.ti in S.ta Sofia, ritrovò
vacante il paese, e’ si diede parte del med.mo al taglio della legna; l’altra parte pp salire
al di sopra. Alcuni de nostri, che stavano alla guardia de Cupelli, se ne fuggirono
sopra spaventati portando la notizia, che li nemici l’inseguivano in un numero molto
più grande di qllo che lo spavento li avea fatto apparire. Verso la sera si unirono,
151
e s’incaminarono verso il forte di Mambrò; má vedendolo da lontano, che stava cδ
molta gente dentro, e’ fuora ben custodito, senza far altro si ritirarono, portando seco
una graδ quantità di mele, nδ volendo cimentarsi nel Consumo di qsti forti senza
troppo utile, cδsiderando, che superato n’avrebbero uno, ritrovavano l’altro; e’ che
senza graδ mortalità di gente, nδ si poteva attaccare Villaggio; e’ qsta bisognando per
Taberna, si giudicò ritirarsino nel Campo per proseguire cδ tutto lo sforzo l’assedio
incominciato, prima che d’Aragona avesse potuto venire soccorso alla Contessa, come
si supponeva.
Avendo il Nemico radunata fra di tanto la sua artiglieria, e’ quella, che avea fatto
fondere in Pennia, ove li fonditori notte, e’ giorno faticavano nel far mortari, e’
Cannoni grandi, stando in qualche termine di perfez.ne, rinforzato pure di gente
l’esercito, e’ d’ogni necessario bisognevole fornito alli 2. di Maggio si pose in Marcia
dalla strada del sud.o Pennia, che si era la più meno disastrosa, e’ che nδ potea essere
troppo scoperto l’esercito, ed offeso; precedevano molti guastatori per accomodare, e’
spianare la strada,acció di fronte potessero almeno Caminare sej soldati armati di
archibuggio, ó pure quattro armati di falconetti á mano. La sera dello stesso giorno
giunse qsto esercito di Pennia, e’ si unì cδ l’altro, che si trovavava alle Mura di
Taberna; e’ così, unito tutto la stessa sera al tardi senza pender riposo si dispose per la
parte settentrionale per attorniare la Città, e’ cδparire sotto il Castello. E la notte
istessa si divise lo stesso esercito in due ale; una per qsta parte, l’altra più numerosa
per la porta Marittima; poiche per la parte Australe nδ poteva troppo inoltrarsi,
standovi li Monticelli ben custoditi cδ forti alzativi, e’ spezialm.te quello sotto S.
Maria
152
Maggiore, che più esposto ad esser dalla parte di sotto assalito, ed attaccato alli 19. di
Aprile cδsideratane l’importanza si era alzato, e’ rinforzato d’artiglieria lo stesso
forte cδ la Chiesa di S. Maria del Soccorso unita al med.mo cδ 112. soldati, sotto il
Comando di Egidio Rocca, oltre li due bastioni delle mura, che ancora guardavano
qsta parte; tanto che lo sforzo nemico tutto si aggirava nella parte settentrionale, da
dove l’esercito dovea passare per cingere almeno da lontano il Castello, ove dimorava
la Contessa, ch’era lo scopo della Guerra.
Tenutosi in tanto Consiglio di Guerra in presenza della stessa Contessa nel Castello,
da tutti li Capi del Supremo Comando si giudicò spediente darsi ordine al Comandante
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del Campo nel Borgo di uscirli incontro per attaccare il nemico: però uscire da un
Campo fortificato nell’aperta campagna vi bisognava una graδ quantità di gente,
atteso che il nemico era più di qllo si era supposto numeroso di soldati, ed abbondante
di artiglieria, si determinò aspettarlo á piè fermo: ed infatti alla mattina delli 5.
cδparì l’esercito sotto il Campo á tiro, si fermò alzando terreno per fortificarsi sino al
giorno delli 11., qd.o verso le ore 13. dato l’assalto al nostro Campo, e’ cδbattendosi
per 6. ore Continue, si ritirarono cδ graδ perdita, nulla avendo acquistato, che
rovinare due ripari, quali si erano fatti nel Recinto de Iudej, ove qsti aveano la di loro
Sinagoga nel mezzo, restando mezza abbattuta. Si ritrovarono de Nostri morti 64. fra
quali fú Virginio Rotellio Nipote del Comandante Capitano Sopranumerario, ed
Arcangelo Rocca, quali dal Castello aveano portati da Capitani 240 soldati per
rinforzare il Campo; feriti furono 142; tra quali fú Giansimone Catanzaro, e’
Ludovico Altimanio Capitani pure Sopranumerarij; essendosi condotti nell’Ospedale
del Castello per guarirsino; e’ l’altri feriti nella Casa de Longhi, ove era lo Spedale
Comune.
153
Nel tempo di qsti assalti l’altra ala nemica si era incaminata per la parte Boreale
sotto le mura; ed abbenché dalli Bastioni l’avessero tormentata, nulladimeno il danno
era stato poco, e’ nδ l’aveano potuto impedire nel pigliar posto; la Contessa penuriava
d’Artiglieri, e’ di Artiglieria grossa per tenere lontano il Nemico; e’ quej che ella
teneva erano Mastri di polvere, che facevano Artifizij di gioco, e’ di festa, nδ di
guerra, e’ difesa; e’ qsta forse fú la Cagione primaria di Cadere la Città.
Alli 14. si diede un nuovo assalto al Campo, dove danneggiarono nδ poco le
fortificaz.ni da Nostri erette, abbenche cδ graδ coraggio avessero respinto il nemico. Vi
restarono de Nostri feriti 87., morti 29.; tanto che si giudicò da Comandanti Supremi
in un consiglio di guerra tenutosi la stessa notte in Castello avanti la Contessa, che
volea intervenirvi sempre, ritirarsi il giorno seguente il Campo entro le mura della
Città, e’ defenderla, mancando la gente di giorno in giorno, e’ nδ potersi più sostenere
l’assedio; fú approvato il parere, e’ la notte delli 15. si ritirò il Campo, nδ avendo il
nemico potuto penzare qsta ritirata, sentiva il rumore, e’ dubitando di qualche
sorpresa, stiade la notte in armi, senza muoversi dal suo accampam.to. La mattina si
accorse di tutto qsto, però nδ volle avanzarsi nel sud.o Campo vacante senza pria far
la sperienza, se vi fosse qualche mina di sotto; e’ trovato il tutto senza inganno, má di
mancanza di gente essere l’argomento, occupò verso la sera il sud.o Campo,
avvicinandosi verso la porta, e’ rinforzando l’esercito, che giva per la parte
settentrionale
154
alli 17. la Città si ritrovò circondata da nemici per questi lati, e’ per sotto lo stesso
Castello.
98
La parte occidentale restava alquanto libera, e’ dava graδ speranza á Cittadini mezzo
abbattuti dalli disaggi, dalli pericoli, e’ dallo spavento, nδ che dalle fatiche insolite ad
una Città, che si governava cδ l’arti, e’ cδ la quiete, e’ cδ l’abbondanza; la speranza si
era la fuga in caso di un’assalto generale, standovi da qsto lato due Cave, che
uscivano fuora della Città, incognite á quej de Villaggi, ed ad altri soldati forastieri;
una spuntava alla Chiesa di S. Maria del Soccorso; e’ perciò qsta Chiesa si era
fortificata, e’ cδfidata ad Egidio Rocca, sapendosi quanto era d’importanza qsto
Comando; l’altra usciva nell’estremità del Monticello dirimpetto verso la porta
Montana, ove era la Chiesetta di S. Sebastiano cδ le Camere dell’Arcip.te per l’esta’,
fatte dall’Arcip.te Tiburzio Rocca l’anno 1321; ed era per qsto fine cδfidata la Cura
della Chiesetta, ove usciva la porta della Cava á Flavio Longos Cognato dell’Arcip.te,
che volle ritirarsi in qste stanze senza volersi ingerire all’affari di guerra, tenendo le
parti del Arcip.te, ed in tanto nδ si ritirò cδ luj in Pesaca, per nδ dimostrare mancanza
alla Contessa; má sotto pretesto di poca buona salute si ritirò ivi cδ la sua famiglia, ed
altri 12. persone armiggere per ogni accidente, standovi pure ivi cδ 6. pezzi di
artiglieria piccoli, e’ molti archibuggi proprij. Qsto Custodiva la bocca della Cava per
non uscire gente, perche de Nemici nδ vi era timore, essendo il luogo inaccessibile,
155
te
solam. il timore era per li Cittadini, che attediati dalla guerra, nδ fuggissero. Le
mura erano pure Custodite di gente, ove girava per la Custodia Lucio Balasco, che
dovea pure accorrere in queste due Chiese del Soccorso, e’ S. Sebastiano; se maj
n’avessero bisogno; tenendo alcune scale di funi per scendere dalle mura soldati se maj
bisognassero, dandosi il segno cδ li lumi per qd.o fosse di notte il bisogno.
Alli 19. verso l’ore 16. si vidde il Nemico disponersi per attaccare qsta parte, alzando
terreno, e’ trincierandosi; stimando lo Sforzia, che senza prendere qsta parte, nδ si
poteva chiudere Taberna, e’ per cδseguenza tirare á lungo l’assedio. La notte delli 19.
istessa si incominciò á battere il forte del Soccorso, quale avendo richiesto agiuto cδ il
segno de lumi, il Balascos fece scendere li soldati per girvi; má vedendo, che l’assedio
durava continuam.te, ed il posto essere di cδseguenza, deliberò andarvi luj stesso cδ il
cδsiglio de Comandanti, dandoseli artiglieria, munizioni, e’ gente; il tutto sceso dalle
mura cδ le funi. Ed in fatti l’assalti essendo cδtinuj, le respinte nδ erano meno
rigorose; e’ da una parte, e’ dall’altra si corrispondeva cδ pari valore, e’ Coraggio; má
la malaprattica dell’Artiglieri, che precipitò il tutto, nδ mancò di precipitare ancora
quest’altro Cimento per tanti giorni mantenuto, ed ammirato dalla Città, e’ da Nemici
stessi. La sera delli 26., qd.o ad una di notte si stava al meglio della Respinta de
Nemici, quali cδ tutto il loro potere aveano dato l’assalto. E faceano l’ultimi sforzi; si
diede per Casualità fuoco alla polvere; e’ restò il Balascos
99
156
consunto cδ altri 38. soldati; e’ stroppiati 64; e’ nδ avendosi potuto conoscere il di luj
Cadavere, ordinò la Contessa nello stesso Castello il publico funerale, nδ mancando di
cδservarne la memoria per li suoj Posteri; avendo ella stessa per tanti giorni ammirato
dal Castello il suo invincibile Valore, ed intrepidezza incomparabile, nδ che diligenza
indefessa; essendo morto per voler luj supplire alla mancanza dell’Artigliero. A qsto
accidente posero Bandiera bianca nel forte per Capitolare, tutto á fine di ascondere col
tempo il Buco della Cava, e’ nδ entrare li Nemici nella Città; vollero otto giorni di
tempo per disponere le Cose de feriti, e’ l’artiglieria, cδ la gente, cδtendandosi li nemici
solam.te del posto, nδ volendo altro: E se in caso nδ avrebbero accordato l’artiglieria,
e’ la gente, avrebbero penzato di salvare il tutto per la Cava. Má il nemico accordò
tutto quanto il Comandante Egidio li richiese, ó sia per patto di guerra, ó per rispetto
alla famiglia Rocca ben affetta al Re Ludovico, avendo tanto perorato á suo favore
contro il partito Aragonese; ó sia per altra politica; il nemico si ritirò, aspettando, che
il forte sud.o fosse dopó li 8. giorni evacuato; come in fatti puntualm.te il tutto fú
eseguito.
A qsto sinistro accidente si sgomentò il Castello, e’ la Città, che nδ avezza á patire
qsti infortunij, incominciava á detestare la sua presa risoluz.ne; e’ molto più, che
vedeva chiusa una delle porte, ó sia apertura della Cava, dalla quale si figurava
sempre lo scampo, ed il soccorso delle Vettovaglie in caso di penuria; spuntando
157
qsta grotta alla Casa del Publico nell’Ateneo; restando solam.te aperta l’altra bocca,
che spuntava alle Case delli Rocca di Guglielmo. Questa perdita del forte, e’ molto più
del Balascos fú sensibile alla Contessa, ed alla Città, qle dopó li 8. giorni stabiliti fú
circondata da qsta parte, poco potendoli ostare alli suoj disegni l’altro forte rimastovi;
nδ essendo capace di resistenza; tanto che alla cδparsa de Nemici nδ fece fuoco sopra;
e’ lo stesso Nemico nδ lo molestò, considerandosi come Casa di Campagna della
famiglia Rocca, alla qle si usava riguardo. E li Comandanti aveano ordinato al
Longos di far qsto tratto politico per nδ impegnare il nemico all’assalto, e’ chiudere
l’altra bocca della Cava, senza speranza di potersino la gente salvare; poiche li
Cittadini nδ sapeano cosa loro stessi fare, dipendendo dalla contessa, che teneva il
Castello, ed á Cui tutti viveano appoggiati, nδ potendo discostarsi da essa per cuj
sacrificavano tutto.
Capo VI. Dell’assedio di S. Leo sino alli
29. Maggio
Appena si stabilì la Capitolaz.ne del forte, per la Cui perdita restava la Città
circondata d’assedio per quest’altra parte, che si stimava la più resistente, avendosi
per l’adempim.to restati per ostaggi li due Capitani Onorarij Artabano Beroaldo, ed
100
Ernestino Boverio figlioli de Comandanti, che nδ passavano li anni 18., che stavano
presso j Padri, e’ nel Castello, imparando la milizia, e’ Corteggiando la Contessa; per
la qual Cagione lo Sforza stava più che sicuro dell’adempim.to di quel trattato;
tenendo quasi per Certo la Conquista della
158
Città, qualora j fonditori, che notte e’ giorno travagliavano per fondere alcuni
Cannoni grossi, e’ mortari, quali nδ potevano cδduttare per l’erto del Monte; e’ perciò
li fondevano sotto il Borgo; tenendo per sicura la cδquista del Castello, qd.o questi
fossero terminati. Lo Sforzia nato in Lombardia, ed allenato sotto la disciplina del
Padre, che si era stato tanto celebre Capitano, avea ben cognizione più d’ogn’altro
delle Bombarde, che se bene ritrovate in Alemagna, in Italia apparvero l’anno 1380.
qd.o li Veneziani l’adoprarono cδtro li Genovesi, abbenche 31* anni prima li Mori
nell’assedio, che faceva Alfonso XI Re di Castiglia di Algazarà, si fossero difesi cδ
certi truoni, e’ botte di ferro, che spiccavano contro li Spagnoli Castigliani; e’ 250.
anni prima le navi del Re di Tunisi contro il Re di Siviglia cδbattendo aveano pure
adoprato qsti Truoni, abbenche nδ cδ quella perfez.ne, che li Veneziani l’adoprarono
contro j Genovesi; e’ lo Sforza, ch’ era Capitano tanto celebre, cδ l’uso di qste
Bombarde si teneva in pugno la Vittoria. E perche l’impegno suo era più cδ la
Contessa nel farla prigionera, che nella Conquista di Taberna, procurava tutti j mezzi
nel fare, che li Cittadini deponessero l’armi, ó almeno agissero nδ cδ tanto vigore;
penzando la maniera di poterne uscire senza offendere la Contessa, e’ la di loro
fedeltà; e’ trovato il modo da luj, ó dalli due Tabernati, che stavano presso di luj, di
potere sciogliersi dall’Impegno j Cittadini; si giudicò di attaccare S. Leo cδ il Recinto
Basiliano, ove stavano le donne, li figli, e’ le più preziose sostanze.
159
Quindi determinato quest’assedio, ne diede la Cura ad Andrea de Arces nemico giurato
della Contessa, scrivendoli di procurare cδ gente di Catanzaro, ove luj era il p.°
fazzionante di assaltare S. Leo cδ l’ospizio Basiliano; Andrea, il quale avea assaltato
il Castello di Catanzaro, e’ n’era stato respinto cδ molta perdita di gente, e’ di stima,
á qsto Comando dello Sforzia si tenne molto obligato per adempirlo, tanto più, che vi
stava la moglie del Comandante di S. Leo Zoe Moniza, la più bella di Taberna, e’
denegatali da Parenti, ch’erano Greci, nemici giurati de Catanzaresi; e’ per la di Cui
gelosia il marito si avea procurato qsto Comando, nδ volendo star fuora della moglie,
e’ nδ volendo restar senza impiego, dando qualche ombra alla Contessa; Andrea e’ per
vendicarsi di questo, e’ per risarcirsi l’onore del Castello, e’ per farsi merito presso lo
Sforza, e’ per altri rispetti siano di passione, ó di Utile si accinse á proseguire questa
Impresa cδ tutte le dovute circostanze, tenendo artiglieria, e’ gente presso di se per
dare ombra al Castellano di Catanzaro,acció nδ mandasse soccorso alla Contessa in
Taberna.
101
Alli 27. dunq:, avendo prima furtivam.te sfilato di qd.o in qd.o soldati armati, si partì
da Catanzaro la notte, e’ si ascose lontano dal Castello, aspettando li soldati dispersi
per radunarsino, quali radunati al num.o di 400, cδ 36. Cavalli, e’ 40. guastatori,
s’incaminò per l’assalto di S. Leo; e’ la mattina apparendo verso i forti lumi, che
davano indizio alle sentinelle; qste ne portarono l’avviso in S. Leo di sospetto de
nemici; però essendo
160
quest’avviso più volte portato, nδ mancando maj scorrerie de Catanzaresi verso quelle
parti per trovare animali, e’ portarli nel Campo dello Sforza á venderli á buon prezzo,
onde più fiate aveano le sentinelle dato avviso cδ lumi, e’ poj erano restati quej di S.
Leo delusi; stimarono così essere al presente, che l’attacco era vero.
Due ore prima di far giorno, restando poca gente dello Arces al forte eretto nello
stretto al declino del Monte Panaros, il maggior numero passò per attaccare l’altro
forte al Monte Rosolos; poiche quelli del p.° forte impiegati all’assalto nemico, nδ
poterono impedire il passaggio al num.o maggiore; quindi avendo trovato poca
resistenza tanto all’uno, qnto all’altro forte; e’ spezialm.te á qsto 2.°, dove assicurati
più che maj, sperando di ricevere avviso dal p.° e’ qsto nδ ricevuto, stavano nel meglio
del sonno; tanto che assaliti improvvisam.te nδ fecero resistenza alcuna; e’ la stessa
mattina all’Alba si trovarono sopra S.Leo; má accorti quej, che in un’altro forte al di
sopra il Villaggio, e’ quasi cδtiguo ad una chiesetta custodivano il passo, si venne
all’armi cδ la morte di 6. Catanzaresi, e’ feriti 9.; delli nostri morti soli 3., e’ feriti
due; E perche si vedeano scoperti, stimò l’Arces lasciare in qsto forte 60. de suoj per
Combatterlo, ed egli sforzare le barricate del Villaggio, ed entrarvi dentro.
Comandava in S. Leo Giovanni de Gattis, avendone ricevuto la patente di Capitano,
procuratasi da luj per fuggire la Guerra, e’ Custodirsi la Moglie, Uomo nδ troppo atto
per qste sorti di Combattim.ti; quindi avendo la Gente ivi racchiusa tenutolo da
Capitano nella stima, ed onore, ad
161
ogni modo nel Combattere nδ avendolo per tale, essendo allevato più agli aggi della
sua Casa, che al mestiero della guerra, vollero per loro Capo á Giulio Capilupia,
avendo fatto ritirare al Gattis nel Recinto delle donne per custodirle; e’ loro uscire cδ
Giulio al Combattim.to.
Uscito, dunque, il Capilupia cδ 238. soldati armati di spade, ed archibuggi, quali
essendosi postati sotto li parapetti, che avevano alzati poco distanti dalle Case,
potendoli qste servire pure di scampo in caso di fuga: al tocco della Campana della
Chiesetta di S. Giorgio, avanti della quale era il Campo della battaglia, usciti da ripari
li nostri cδ li micci accesi, tutti egualm.te sparando á quel tocco di Campana, ne fecero
una mezza stragge; poiche si trovarono morti de Catanzaresi 22. soldati, e’ feriti
gravem.te 18.; oltre gli altri leggermente feriti; che tutti spaventati, si diedero á
102
precipitosa fuga. má poj ascostosi sú del Monte Rosolos, ed uniti cδ gli altri, ch’erano
restati all’attacco de forti, stimarono ritornar di nuovo ad assalire il Villaggio;
essendo troppo vergogna all’Arces ritornarsene così abbattuto: Scrisse egli una lunga
lettera ad Agostino suo fratello, che l’avesse mandato più gente, ed artiglieria,
raccontandoli il succeduto; e’ per la fretta nδ avendoli potuto raccontare li morti, e’ li
feriti; ognuno di Catanzaro per trovare li suoj Congiunti si dispose á seguitare questa
impresa. Li spedì subito 4. spingarde, e’ 4. falconetti di maneggio cδ 32. altri soldati;
e’ 10. Prattici per quest’artiglieria. procurando di spedirne altri, se poteva; e’ qsti 10.
Prattici dell’artiglieria, che veniva cδ muli portata, erano pure armati di Corazza, ed
elmo á Cavallo.
162
Intanto la stessa mattina de 28. qd.o furono certi dell’arrivo nemico, abbenche fosse
ben per tempo, e’ si dubitava, se il segno de lumi potesse ben’apparire in Taberna,
perche il lume del giorno era prossimo, si spedì l’avviso in Bompignano, e’ Bartalisio
per soccorso, nδ sapendosi il numero de nemici. Visti da Taberna j lumi, tutti si
sgomentarono l’animi de Cittadini; e’ perche si approssimava il giorno, invece de lumi
facevano al di fuora l’abitato fuochi, e’ signantur quelle donne del Recinto più
spaventate dell’altri, la Città spedì subito ordini al Comandante del Styritos di
spedire soldati in S. Leo; tanto che la stessa mattina furono radunati 74. soldati,
quali portarono pure archibuggi per armarne le donne più Coraggiose nel Recinto
Basiliano: essendo il Villaggio diviso in due pezzi; Uno era delli Monaci Pesacensi
antico, e’ vi erano molte Case stabilite per li sudetti Monaci, e’ passeggieri, essendo
ben chiuso di fabrica cδ un cortile spazioso; l’altro al di sopra, ch’era S. Leo, barricato
di fresco, e’ parapettato cδ nuove mura di fabrica, restando aperta solam.te la Porta
sotto la Chiesa di S. Leo, che risguardava Taberna, nδ mancandovi guardie all’intorno
per avvisare qualche accesso nemico, trattandosi di esservi riposto ivi il più prezioso
delle sostanze di tutti, e’ spezialm.te la Gente Nobile, Civile, e’ più Commoda.
Stando in qsta positura le Cose giunse il nemico alli 29. verso le ore 10. cδ l’apparato
dell’artiglieria, e’ cδ le genti tutte disposte á sforzare il Villaggio; tanto che giudicó il
Capilupia distaccare 100. soldati de suoj cδ 50. di quelli
163
di Bartalisio armati di archibugi, e’ picche; e’ cδ altri 200. armati pure di archibuggi
Corte cδ spade, ed assaltare il nemico; uscendo egli cδ li primi soldati in Campo aperto;
e’ qsti 200 star pronti sopra li parapetti ad accorrere al bisogno; nδ avendo mancato
per le Case ivi situate tenervi altra gente armata; má vedendo, che il nemico era più
numeroso di luj penzò delli 200. distaccarne la metà, e’ servirsene per le spade, ed armi
Corte in questo assalto; trattandosi di uscire improvvisam.te in aperta Campagna, ed
in luogo alquanto angusto per quest’effetto, dovendo essere piutosto una Zuffa, che
una regolata battaglia.
103
Apparvero sopra li parapetti li 100. soldati; ed egli fratanto cδ gli altri uscendo dalla
porta, girò un poco al di sopra, e’ cδ tutti gli suoj li fú addosso; mentre che li nemici
giudicavano, che tutto lo sforzo fosse al di dentro, nδ avendosi maji potuto penzare,
di essere tanto arditi di uscire fuora il Villaggio per attaccarli. Comparso il Capilupia
all’improvviso, e’ facendoli una scarica pure improvvisa di archibuggiate, ne
lasciarono de nemici nδ pochi atterrati; e’ quelli al di dentro, benche cδ tiri lontani,
poiche li assalitori accorsero al Capilupia per respingerlo, nδ mancarono di ferirne
altri; tanto che venuti all’armi Corte, si fece dall’una parte, e’ dall’altra una
sanguinosa battaglia, tanto più Crudele, quanto più ristretta dal luogo.
164
In qsta battaglia, che durò dalle ore 14 sino alle 22. vi morirono 34. del Villaggio e’
feriti 63. tra quali il Capilupia in una gamba; de nemici si ritrovarono morti 43. tra
qsti lo stesso Arces; feriti ne restarono 52. oltre quelli, che poterono ritirarsi in
Catanz.o: Restarono al Villaggio due falconetti ed una spingarda cδ 58. archibugi; e’
li Vestimenti de Morti furono dati á Credenza alli Judej, che pure al numero di 35.
servivano da soldati al Capilupia, ed importarono docati 78: per distribuirsino alli
soldati.// Però á tanta allegrezza succede la stessa sera una mestizia molto grande;
poiche si diede fuoco alla Casa del Capilupia, e’ si abbruggiarono cδ le sue Case molte
abitaz.ni dell’altri cδ la Chiesa di S.Leo, restando di qste franco dalle fiamme il
Campanile cδ la Sacrestia al di sotto; abbruggiandosi più della metà del Villaggio. La
colpa fú delli Custodi de Micci, quali avendosi acceso, e’ lavorato il fuoco per li
parapetti di legname, nδ trovandosi acqua bastante per smorzarlo, poiche vi stavano
altre materie pure comestibili verso la parte di S. Giorgio, restò da qsta Chiesa á quella
di S. Leo tutto incenerito; Robbe però nδ se ne perderono; poiche il tutto era
conservato nel Recinto Basiliano; ed il più prezioso, e’ di poco Volume si era condotto
nel tempo di qsto assalto in Bompignano; se maj il Recinto sud.o fosse dopó S. Leo
assalito.
165
Capo VII. Continuaz.ne dell’assedio dalli 30. Maggio
sino alli 18. Giugno
Ricevutasi la notizia dell’infelice successo di S. Leo cδ la morte del Comandante Arces
nel Campo Nemico, si determinò lasciarsi ogn’intrapresa per li Villaggi, e’ fare tutto lo
sforzo per la Città. Li due pezzi di artiglieria grossa rotolati per li dirupi si erano cδ
tanta fatiga ricuperati, e’ l’aveano situati assieme cδ altra artiglieria nuovam.te
fondata nel giorno de 29; tanto che per l’ult.mo giorno di Maggio, preceduto il giorno
avanti l’apparecchio, si determinò dallo Sforzia stringere più dapresso Taberna;
incominciandosi dalla Rocca di S. Barbara, dove essendosi il nemico avvicinato, e’ cδ
l’artiglieria avendo diroccato li Merli, si molestava la piazza d’armi; ed abbenche per
104
tutto il giorno li nostri pure corrispondessero cδ molti tiri, il danno nδ era però troppo
grande, e’ proporzionato cδ qlle del nemico per mancanza di Artiglieri più esperti. Alla
p.a di Giugno nδ potendo li nostri star più fuora li ripari, si ritirarono entro la Rocca,
e’ li nemici più si avanzarono; e’ verso la sera avendo abbattuta una graδ parte del
forte alzato dalla parte di sotto alla Porta, uccisero 8. Soldati cδ il di loro Capo
Nardo Parotto.
Nello stesso giorno delli 30. erano pure mossi l’accampam.ti nemici dalla parte Boreale,
bersagliando li 4. Baloardi, e’ dall’occidentale li due; tanto che stava la Città molto
stretta; nδ però si trascurava la difesa da tutte le parti; ed Oddo istesso nδ mancava
in persona accorrere ove più si conosceva il bisogno; Il nemico però quanto perdeva, li
veniva rimpiazzato con nuove reclute, che il Vicario
166
della Prov.a* li mandava, nδ così Taberna, che con la speranza del soccorso, nδ vedeva
cδparire ne esercito d’Aragona, ne dalli Stati della famiglia Ruffo, e’ Marzano recluta
alcuna; stando tutti del partito di Ludovico.
Alli 3. di Giugno caddero due baloardi, ed avrebbero pure Caduto l’altri, se vicini al
Castello, che li scopriva, nδ avesse tenuto lontani li nemici. Alli 6. furono così vicini
alle mura, che si dubitò di qualche assalto; má nδ sortì allora, poiche lo Sforzia volea
tenere li Cittadini sotto l’armi, e’ cδ qsta apprensione,acció cδ qsti finti attacchi,
restassero sicuri qd.o dovea dare li Veri. La notte delli 8. diedero li segni cδ le trombe
verso la Rocca, dove accorsero tutti; má l’attacco fú nelle mura dalla parte
occidentale, ove aveano guadagnato il forte del soccorso, tenendovi 1500 soldati in
quel monte per sorprendere la Città fra il Vescovato, e’ la porta di S. Barabara. E
dalla parte Boreale, ove erano stati diroccati li due baloardi, si diede pure l’assalto
alla sordina: però in qsto luogo furono respinti; nδ così all’altro lato, dove talm.te si
erano li nemici indoltrati, che tenevano pronte le scale, se nδ fosse stato soccorso Oddo
cδ li due Capitani Petronio Filanzio, e’ Giulio Catanzaro, quali avendo lasciato la
Rocca, accorsero in qsta parte, ove il bisogno si giudicava più maggiore. La pugna, che
durò per tre ore cδtinue, fú ostinata, fino che il nemico fú respinto cδ grave perdita.
Delli nostri vi morirono 62. soldati; li due Capitani nel giorno seguente; e’ Martino
Boverio cδ Albero Ratta giovinetti Capitani Volontari; li feriti furono da 127., fra
quali Simone Balascos. Mandatovi da suo Zio per fare le sue parti; e’ Marco Mario
Mariconio Capitano delli Balestrieri.
167
A qsta scossa risentitisi gli animi de Tabernati, davano qualche lagnanza alla
Contessa, che cδ le sue promesse di vicini soccorsi, aveano loro sacrificato tante Vite;
che però cδsiderando giuste qste doglianze, spiccò la Contessa dal Castello 120 soldati
per rinforzare la Gente negl’assalti, e’ nδ restare il peso della stragge tutto á
Cittadini. La notte delli 11. si diede di nuovo un’assalto alle mura più sanguinoso, ed
105
ostinato del passato; poiche avendosi battuto cδtinuam.te la Rocca, nδ poteva più
quella sostenersi; ne la porta Maritima cotanto defendersi, tenendo rovinate le Mura,
che la sostenevano; e’ la parte Aquilonara della Città, che si giudicava la più
fortificata per sostenersi dagl’assalti nemici richiedeva graδ gente; e’ l’esercito nemico
á qsta parte si vedeva più impegnato cδ le Machine, artiglieria, e’ soldatesca; nδ
mancando pure di dar timore all’altre parti della Città, che tutta si trovava
circondata dall’esercito sforzesco. E li nostri Comandanti per li posti avendo
distribuita la Soldatesca, e’ la Cittadinanza tutta aspettavano á momenti qualche
nuovo assalto; come successe nella notte dell’11., che datolo generale all’ore 3. dopó 4.
ore di Continuo cδbattim.to per ogni parte, si trovò il nemico la mattina, che avea
pigliato posto nel piano della Rocca di S. Barbara, e’ che si avea fortificato cδbattere
il Castello, e’ la Città; ed abbenche il Castello, e’ la Torre Campanaria del Vescovato
continuam.te li corrispondesse cδ tiri per discacciarli, il nemico si conobbe che poco
danno s’avesse ricevuto; poiche nδ tralasciava di più fortificarsi; tanto che la Città
vedendosi, che nδ avea potuto discacciare il Nemico, qd.o era al di fuora, quale
speranza li poteva restare nel discacciarlo al di dentro; avendosi la mattina delli 12.
ritrovato
168
morti 116; e’ feriti 196; tanto che bisognava da dovere penzare á qualche
accomodam.to, nδ dissaprovandolo lo stesso Oddo, acció potessero li soldati sparsi per
la difesa della Città, radunarsi tutti alla difesa del solo Castello sino che potesse
comparire la tanto desiderata armata d’Aragona.
Propostisi qsti motivi alla Contessa, nδ poco si turbò, penzando, che nδ fosse tanto
bisogno, quanto timore de Tabernati, ó vacillam.to della di loro fede; ne mancò di
sospettare che le famiglie Faragonios per mezzo di suo fllo cδ lo Sforzia avesse fatto
qualche progetto di darsi Taberna, applicando á tepidezza di difesa ogni disastro, cδ
tanto che vedeva tanti morti, e’ feriti: ed abbenche Oddo avesse veduto cδ gli suoj
proprij occhi in tante occas.ni la valorosa difesa de Cittadini, e’ procurasse
disgombrarli dalla Mente questa idea sinistra de Tabernati, pure nδ era possibile
capacitarsi, volendo in ogni Conto defendersi sino all’ultimo. Diede ella gli ordini á
Cinzio Alimenio suo Confidente, e’ che faceva la figura di ottimo Comandante nel
Castello, egli stesso di uscire cδ 400 soldati, e’ procurare á discacciare il nemico dal
posto assaltandolo. Uscì dunq: dal Castello cδ Lorenzo Micelli Capitano 8. spingarde,
e’ 16. falconetti, volendo il giorno delli 13 visitare li posti, e’ rinforzarli. Radunatisi
tutti avanti il Vescovato, dove barricate le strade, aveano fatto piazza d’armi cδ
esortare ogn’uno alla difesa propria, l’animò all’assalto per discacciarne il nemico dal
posto, promettendo á soldati premij eccessivi.
La mattina delli 14. ben per tempo si radunarono tutti per qsta impresa, essendo
piantati li falconetti, e’ le spingarde parte nella Torre del Vescovato, e’ parte nelle
106
Case delli Rocca di Guglielmo, aspettando il tocco della Campana del sud.o Vescovato
per dar principio tutti all’attacco, come successe cδ ottimo principio; má deplorabile
fine.
Caminavano innanti 200. Lancie Vestite di ferro cδ 44. guastatori,acció rompessero li
parapetti nemici. Comandava qsta
169
Lancia il Capitano Roberto Faraldo: succedevano á qste li 400 soldati cδ spade, ed
archibuggi, comandati dal Micello, poj l’Alimeno cδ 1200. altri soldati parte di
Taberna, e’ parte ancora del Castello, che accompagnavano la sua persona, essendo di
qlli di Montalto, che stavano fra la porta Montana, ed il Castello, al numero di 236.
e’ qsti erano pure armati di archibugi, e’ di altre armi bianche, che custodivano lo
stesso Alimenio, ed Oddo, che ancora stava al fianco di luj. E per retroguardia erano
124. archibuggieri comandati da Alonso Lucifero. Dalla strada poj si S. Nicolò dovea
entrare in soccorso Natale Mariconio cδ 140. picche. E dalla Casa di Tonno da
Presbiteris per la strada, che usciva alla Rocca dovea pure entrare cδ 80. soldati per
essere il passo stretto Flavio de Gattis, bisognando maggior rinforzo.
Stando le cose così disposte, la mattina de 15. ad ore 12 diede il segno la Campana del
Vescovato, e’ tutto l’esercito da ogni parte fú in mossa, rotti li parapetti, entrarono cδ
tanta furia nel Campo, che nulla più si vidde di coraggioso, e’ di ostinato valore: Era
il luogo angusto á tanta gente; má ristretto il Faraldo diede improvvisam.te sopra á
nemici, che qsti nδ potendo resistere al furioso incontro, retrocederono alquanto; ed il
Faraldo inseguendoli diede Campo al Micello d’entrare nel suo luogo; quindi scaricati
per due volte l’archibuggi, e’ poj venuti all’armi corte. Succedé graδ mortalità d’ambe
le parti. Quindi subintrato l’Alimeno col Corpo dell’esercito, avendosi il Faraldo, e’
Micello ristretti per dar luogo á qsti nuovi soldati per entrare in battaglia, il nemico
andando sempre rinculando, poco mancò di nδ restar vuoto il Campo: má ó fosse
cautela del Comandante nemico, ó avviso forse anticipato da quej di Taberna, come si
andava sussurrando; tenendo ascosti molti pezzi di artiglieria, li fecero giocare cδ
tanta furia,
170
e’ cδ tanta copia de Nemici, ch’entrarono cδ mille fuochi artificiali, oltre le di loro
armi di fuoco, á Corte, che dopó 3. ore di ostinato combattim.to, furono costretti li
nostri á retrocedere entro la Città, lasciando per la fretta d’entrare, e’ per la furia
dell’aggressori vacante lo spazio sino alla porta; e’ questa quasi rovinata dal Cannone
continuo, che nel tempo di qsto Combattimento avea giocato appostatam.te sopra di
essa per fracassarla. Restarono prigionieri, e’ feriti il Faraldo, ed il Micello; avendosi
ritirato il Comandante Alimenio cδ Oddo, che si ritrovò solam.te in quest’azzione
semplice spettatore, nella piazza del Vescovato sotto il Campanile barricate le strade
107
da per tutto; però la sera si ritirò Oddo al Castello. Li morti de nostri furono 308.,
feriti 94, prigionieri 196.
L’esercito nemico nδ volle più inoltrarsi per nδ perdere troppo gente, volendo á poco á
poco cδsumare li difensori sino che fossero ridotti in stato di nδ potersino piú
difendere, e’ sperando, che á tanta scossa si potessero ravvedere, prima che da ambe le
parti si fosse la gente cδsumata. Má vedendo, che nulla si operava d’accordo, anzi più
la difesa si procurava cδ calore; deliberò lo Sforza nel giorno susseguente dare un
generale assalto alle mura per ogni lato; Come infatti la mattina del 17. ad ore 12.
s’incominciò ad assaltare la parte occidentale, dove comandava Fabrizio Boverio, che
teneva sotto di se due Capitani Marzio Trinchida, e’ Sigismondo Nuz; Si fecero prove
di valore incredibile, respingendo li nemici, che tentavano cδ le bombe, e’ l’arieti, e’
Montoni diroccare le Mura, servendosi dell’antico, e’ moderno modo di combattere; cδ
tutto ciò nδ li fú possibile á prender posto; abbenche li morissero 38. de suoj, e’ 62.
feriti; e’ delli nostri 8. morti, e’ 14. feriti.
171
Nδ così succedé á Mario suo fllo, che comandava l’altra parte delle Mura, dove il
nemico era cδ tutto l’esercito, cδ tutta l’artiglieria, e’ tutte le machine apparecchiate.
S’incominciò dalla mattina ad ore 13., ed all’ore 21. era di gia aperto il muro più di 20
palmi, ed in molte parti smantellato, tanto che si vedeano prone le scale per salirvi,
come in fatti avrebbero desiderato di fare molti Soldati li più coraggiosi, se n’avessero
avuto il Comando da loro Capitani. Mario accorreva ad ogni parte, nδ stimando
pericolo, ancorche avesse Veduto caderli á piedi morti due suoj Nipoti Capitani
Volontarij Egidio, e’ Sebastiano figlioli di suo fratello Ascanio, ed altri due Capitani
Curzio Catanzaro, e’ Terenzio Frosine gravem.te feriti, cδ Nicolo Carpinio, che
portava l’Insegna; Soldati morti 186.; feriti 318, nδ avendovi potuto occorrervi in
difesa Oddo col Beroaldo, occupati á respingere il nemico, che postato entro Taberna,
minacciava sorprenderla per assalto, ed abbenche qsto attacco fosse scoperto essere
finto, poiche per la strettezza delle Case, e’ per timore di qualche mina, e’ per la torre
Campanaria del Vescovato, che cδtinuam.te bersagliava il campo nemico, nδ si potea
supponere inoltrarsi cδ tanta sicurezza, pure Oddo dovea agire, come se fosse stato
Vero, nδ stando sicuro di qsto, e’ perciò incapace á dare soccorso all’altre parti delle
mura attaccate: E durando qsto finto attacco sino alla sera delli nostri ne morirono
48.; e’ feriti 56; fra li quali il più rimarchevole fú Gaspare Mariconio, che senza
comando volle corteggiare ad Oddo.
172
La Contessa, che il tutto avea osservato dal Castello, sbigottita da tante perdite,
cδpassionando tanti Cittadini, e’ Capitani esposti per lej alla morte, volea mandare
alla Città soccorso; má dall’altra parte cδsiderando nδ restarli poj soldati per sostenere
il Castello, deliberò in un cδsiglio di guerra tenuto la notte istessa delli 17. chieder
108
tregua per qualche giorno; tanto che all’apparire dell’Alba del giorno 18., fece esporre
nel Campanile del Vescovato bandiera bianca, mandando Cinzio Crea Capitano cδ un
trombetta nel Campo nemico,acció chiedesse passaporto per li Deputati, che
s’inviavano allo Sforza per l’accordo. All’apparire della bandiera bianca subito
cessarono l’ostilità; e’ nel Comparire il Crea nel Campo, bendato luj cδ altri sej di
seguito,acció passando per il Campo, nδ l’osservasse, li fú cδceduto il Passaporto,
accompagnato pure cδ la benda sino al nostro esercito.
Fra tanto Taberna cδ la Contessa stabiliti li Deputati per trattare l’accordo. Sin dalli
13. mi avea mandato á chiamare la Città,acció l’avessi servito in quell’ultima
occorrenza di Consiglio, prevedendo tutto questo, che poj avvenne; tanto che
dubitando nel Viaggio, fuj scortato da 64. soldati; che S. Pietro mandava al Castello
per rinforzo, poiche il nemico stando tutto occupato all’assedio, nδ potea supponersi
assalto più alli Villaggi. Io mi portaj dalla Contessa in Castello, e’ lej ivi mi trattenne
poiche la mia età nδ mi permetteva ritrovarmi nella Città, dove altro nδ si vedeva che
straggi e’ rovine.
173
Erano gli altri deputati della Città per dottori Io, e’ Michelangelo Boverio, che pure
dimorava in S. Pietro,acció defendessimo li Privileggi della Città, per nδ restare
oppressi da Catanzaresi, che pretendevano Campi, ed Industrie. La Contessa vi
mandò per li suoj Privileggi il suo Consigliero Nardo da Sessa. Per le cose della guerra
la Città vi mandò Cesare Pistoja, e’ Lorenzo Mariconio, e’ la Contessa vi mandò
Antonio Micello Capitani. E per scrivere le Capitolaz.ni;e’ per la Causa de Privileggi;
qlli cδ se portavano tanto pp quej di Taberna, quanto pp qlli della stessa Contessa, vi
vennero Crispo Catanzaro, e’ Iulio Sacco Notari, ed Apocrifarij. Avevamo avuto
l’ordine di andar temporeggiando, lusingandosi la Contessa di qualche soccorso, che
aspettava; E lo Sforza sembrava pure pigliar tempo, aspettando nuove reclute, e’
molto più l’artiglieria grossa pp battere il Castello, poiche li fonditori ancora nδ
l’aveano potuto terminare.
Capo VIII. Dell’Accordo fattosi per Taberna
solamente.
Partiti la mattina delli 19. dal Castello tutti Noi deputati á Cavallo, accompagnati
solam.te da 16. di Cortaggio pure á Cavallo, portando 24. Canne di Velluto per
complimentare cδ questa riconoscenza lo Sforza, arrivati, che fummo all’esercito
nemico ni furono bendati gli occhi;acció nell’arrivo, e’ nel ritorno nδ si potesse
174
vedere l’accampam.to nemico; quindi giunti al Padiglione dello Sforza, e’ toltaci la
Benda dagli occhi, fummo Condotti dallo stesso Sforza, quale ritrovammo all’impiedi
Vestito di abito lungo Senatorio, nδ militare, col pugnale, e’ cδ la spada al fianco á
109
somiglianza dell’abito Senatorio di Venezia, rassembrando come se fosse un Signore
Greco; tenendo qsta foggia di Vestire un misto bizarro, senza penetrarsene il fine,
avendoci di poj informato, che qsto Vestito se l’avea fatto cuscire 8. giorni prima,
volendo apparire, che luj ancorché lombardo, nδ odiava il Greco, al di cuj nome,
ancorché Taberna fosse Latina, dimostrava una estraordinaria affezzione alla
Nazione Greca, essendoli ben noti li dissapori fra Taberna, e’ Catanzaro: e’ perciò
risoluto di nδ progiudicare l’Una per compiacere l’altro; giacche si aveano posto in
mente quej di Catanz.ro oltre il Vescov.o, prendersi il territorio, e’ la maggior parte
dell’industrie, e’ Taberna vivendo in qsta falsa credenza combattere cδ tant’ostinaz.ne
á favore d’Alfonso contro Ludovico.
Fatte le dovute riverenze ad uno ad uno li fú baggiata la mano, ed avendo il Boverio
parlato á nome della Città, e’ Nardo á nome della Contessa, lo Sforzia rispose, che
avrebbe assegnato li suoj Deputati per conchiudere l’accordo cδ ogni sodisfaz.ne; e’
fattali riverenza, ed egli pure avendoci col Capo chino corrisposto, ci ritirammo in un
altro Padiglione Vicino, dove trovammo Ugone Trincio, e’ Nicodemo Pozzio*
Lombardi assieme cδ li due Tabernati, qualj
175
avendo apparecchiato un graδ pranzo, si cδchiuse per la sera la sessione dell’accordo;
avendo presentato la Città li Velluti per lo Sforza, quale gradì grandem.te, essendo egli
persona molto avvenente, e’ Principe per ogni parte compito.
Era Fran.co II. Sforza figlio di Francesco I. quel graδ Capitano, che morì nel
passaggio del fiume di Pescara*, senza aversi potuto trovare il suo Cadavero; allevato
fin da fanciullo col padre della guerra; era alto di statura, bianco di volto barba nera,
ameno di faccia, naso aquilino, occhio grande, loquace, ceremonioso; e’ poteva essere
poco più di anni 30. Valoroso, intrepido, arrischiato, prudente, e’ cauto, passando per
il primo Capitano d’Italia, e’ forse al di fuora; avido di gloria più che nδ sia di
danaro; si notava in luj alquanto di ostinaz.ne nelle sue risoluz.ni. //
Tenutasi la sessione dell’accordo, nulla si poté cδchiudere, poiche quej della Contessa
nδ volevano aderire á partito alcuno, pretendendo di darsi tregua per un mese intorno
al Castello; má li Deputati dello Sforzia ostinati per la Contessa, si procurò
cδchiudersi l’accordo per Taberna sola, avendosi in ciò cδtentato la stessa Contessa, e’
furono le seg.ti condizioni dopó tre giorni di Contrasto continuj.
1 che si dovesse dare l’Indulto generale per tutti coloro, che in qsta guerra aveano
avuto parte, computandosi ogni cosa come se nδ fosse stata fatta, dovendosi
riconoscere per legitimo Soprano il Re Ludovico, conforme l’altre Città l’aveano
riconosciuto.
176
2. che si dovessero restituire li prigionieri d’ambe le parti senza veruna paga; eccetto
però quelli, che si trovavano in Castello appresso la Contessa, nδ stando in poter loro.
110
3. che li abitanti si potessero trasferire altrove cδ portarsi ogni cosa cδ loro, eccetto le
cose attinenti alla guerra.
4. che nδ si potessero pigliare le Campane delle Chiese, eccetto quella del Vescovato,
quale avendo sonato per la guerra, dovea essere in pena per qsta mancanza.
5. che dovessero cδsegnare ogni sorta d’armi, solam.te quelle delli Villaggi restavano á
Cittadini.
6. che tutte l’artiglierie de forti eretti potessero essere de Cittadini, nδ potendole però
vendere, ó improntare per un’anno appresso, incominciando dal giorno delle sud.e
Capitolaz.ni.
7. che li Villaggi nδ potessero essere molestati in cosa alcuna circa li stabili, ó circa le
scorrerie, ó circa qualche servizio.
8. che dovessero fra giorni 10. pagare docati 2200 per distribuirsino á soldati in
cambio del sacco.
9. che dovessero pure fra giorni 10. Canne 200. di Velluti per gli officiali consegnare;
intendendosi per li officiali Maggiori; poiche per li Minori dovessero fra qsto termine
cδsegnare 400. Canne di panni. E 700. Canne di tela. Come ancora per lo Sforzia
Canne 120. di Damasco per farsene il Padiglione.
10. che tutti li Cavalli, e’ li Muli dopó 10. giorni dall’accordo fossero consegnati
all’esercito.
11. che li Cittadini fossero mantenuti nelli di loro privileggi, senza essere variati nel
Governo, nelle fiere, e’ nelle manifatture.
12. che dopó 12. giorni, che si avesse conquistato il Castello, dovesse il nemico
evacuare la Città,acció l’abitanti vi potessero ritornare.
177
13. che l’esercito nδ si potesse servire delli materiali della Città per l’assedio del
Castello; má le Case dovessero restare nello stato, che si ritrovano.
14. che li Cittadini nδ potessero sotto qualsivoglia pretesto servire alla Contessa, ne
dare ricetto á suoj nelle Villaggi per alimentarsino.
15. che per tutto il giorno delli 25. dovesse restare evacuata la Città, potendosi gli
abitanti oltre le munizioni di guerra, ed armi portarsi qualsivoglia cosa di Comestibile,
potendoselo eziandio vendere al Castello se volesse.
Queste furono le Condiz.ni dopó tanti dibattim.ti conchiuse, quali nδ vollero accettare
quelli, ch’erano Venuti per la Contessa, dandosi per l’adempim.to tre Capitani per
ostaggi dalla parte di Taberna; e’ tre altri per quella dell’esercito; má lo Sforzia
rispose, che nδ volea questi Ostaggi, perche alli suoj deputati, che li proposero questi
ostaggi dalla sua parte, rispose, che loro erano deputati che negoziavano cδ sudditi, nδ
cδ eguali. E qd.o si venne poj alla firma dell’accordo, rispose, che la sua firma era la
sua Parola, che nδ poteva cδ una Città, qle si era unita cδ una ribelle del suo Re,
trattare cδ firme, bisognando queste cδ le Pari, nδ cδ le Città suddite, alli quali si
111
dava solam.te la Parola. A qsta parola Ribelle, che toccava la Contessa, e’ la Città Io
risposi in difesa della Città; che il giuram.to di fedeltà essendosi stato dato ad Alfonso,
nδ si poteva mancare la parola á Dio; che il prendere la difesa d’Alfonso era stata più
tosto fedeltà á Dio, ed al Principe; che atto di ribellione. E veram.te la cosa appariva
degna di scusa; se maj si potessero ammettere discolpe tra la forza del Principe cδ la
raggione del Suddito.
178
La Reggina Giovanna II. avendo adottato per mancanza di legitimi eredi, come si
disse, ora ad Alfonso, ora á Ludovico, per due volte, si mandarono da Ludovico
l’ordini alle Città del Regno per dare il giuram.to di Fedeltà, ed Ubidienza, e’ nδ fú
nominata fra le altre Città Taberna; quindi il Giustiziario, nelle di cuj mani si dovea
prestare il giuram.to, nδ volle prenderlo, nδ avendone ricevuto espresso ordine dalla
Contessa; tanto che si appigliarono tutti al partito del nó. Venne di poj adottato
Alfonso, e’ qsto spedì l’ordini circolari per il sud.o giuram.to á tutte le Città, fra le
quali rispose Taberna prima di Catanz.ro quindi si diede in mani del Giustiziario il
sud.o Giuram.to da tutto il Corpo della Città sud.a; tanto che li Cittadini obligati per
via di giuram.to ad Alfonso, e’ nδ á Ludovico, si stimarono obligati pigliar l’armi in
favore di qllo, e’ nδ di qsto. Ed abbenche lo Sforza facesse plausibili qste raggioni; si
ostinò, che l’accordo nδ lo volea firmare; má il tutto volle, che restasse sotto la sua
parola; e’ Taberna costretta dalla necessità, fú di bisogno accettarlo, come li piacque
al Comandante di darlo.
Ritornati alla Città, e’ rappresentata l’ostinaz.ne dello Sforza, vedendosi incapaci á
poter più resistere, poiche cδ questo accordo si cδservava almeno in apparenza qualche
cosa della Città, la quale era nelle fabriche molto offesa, avendo li Cannoni, e’ le
Bombe molto offeso d’ogn’altro il Vescovato, che cδ l’occasione del Campanile, che
offendeva, il nemico più d’ogn’altro luogo avea drizzato la batteria, rovinatasi la
Cappella di S. Cassiano, che li Pedanti á loro spese aveano l’anno avanti alzata cδ
tanta Vaghezza, e’
179
magnificenza, come ancora l’Ateneo mezzo diroccato, e’ tutti li edificij più alti, ora
dal Castello, ora dal nemico nelli tetti fracassati quasi tutti quelli, che correano da
una Porta all’altra; tanto che nδ conoscendosi più la Città qual si fosse, si penzò cδ
qsto accordo poterla poj col tempo ristabilire. Si diedero tutti ad adempire le Condiz.ni,
ed á cδdurre la robba per li Villaggi, avendosi la Contessa ritirato li suoj soldati nel
Castello, procurando da ivi la difesa.
La maggior parte poj della gente più cδmoda si ritirò in S. Leo, come luogo più forte,
più lontano da Scorrerie, e’ chiuso per ogni parte; l’altri in Bompignano; e’ la gente
più bassa in Bartalisio: E perche il tempo era breve, ed il più vicino era lo stesso
Bartalisio, ivi fú cδdotta ogni cosa; avendo la Contessa procurato sodisfare il danaro
112
accordato, nδ essendo li Cittadini capaci á pagarlo. Li drappi poj, li panni, e’ le tele
furono puntualm.te cδsegnati, perche vi stavano pronti. E così fú eseguito circa l’armi,
ed ogn’altra cosa pattuita, avendo lo stesso Sforzia cδceduto altri tre giorni di tempo
più dell’accordato; tanto che alli 6. di Luglio nella Città nδ vi era più persona alcuna
fuorche Soldati, che partendo li Cittadini subintravano nelle Case per fortificarsino, e’
disponere il tutto per l’assedio del Castello; dove era restata l’ultima speranza della
Contessa; la quale á molti diede il permesso di uscire, qualora volessero; nδ tanto per
conoscere la fedeltà di chí restava, quanto pure per scemare qualche bocca inutile,
penuriandosi d’acqua, che le Cisterne givano mancando, se nδ pioveva.
180
Capo IX. Descrizione del Castello, e’ suoj
Comandanti.
Il Castello fabricato da Bajolardo figlio di Unfrido, come si disse, benche fatto
all’antica prima dell’uso della polvere fosse una delle più belle opere di quej tempi, da
Ludovico di Durazzo 70. anni prima dell’assedio fú ornato di molte opere esteriori, ed
ampliato ancora per Capire più soldatesca, e’ regolato per maggior sicurezza cδ sej
baloardi; due anni prima di quest’assedio la Contessa vi fece fare altri 8. baloardi
all’intorno, cδ fortificare il recinto, piantandovi nelli suoj angoli 4 rivellini, e’
scavandovi una profondis.ma fossa,acció ai nemici si rendesse inespugnabile .
La sua fabrica cδsisteva in tre grandis.me torri di figura ovata, continentino molte
stanze, cioè 34. al di sotto, e’ 23. al di sopra cδ due grandis.me sale: grandi ancora 4.
stanze sotto, ed altre 4. sopra per cδservarvisi le armi di ogni specie ; tanto che nδ si
trovava altro Castello all’intorno, che fosse provisto più di qsto di armi antiche, e’
moderne. Sotto qste Torri vi erano Camere 62. all’intorno, ben fortificate di grosse
mura per li soldati, e’ comunicavano entro le torri per 4 portelluccie di ferro; due alla
torre di mezzo, ed una per ciascheduna torre, oltre di qste Camere ben fortificate vi
erano molte Caserme per la fiera di S. Sebastiano, ed in caso di bisogno per cδmodo
dell’altri soldati,acció nδ stessero esposti all’ambiente; má potessero avere qualche
ricovero; nδ potendo qste cδsiderarsi come fortezza per difesa; má per puro cδmodo;
essendovi in queste 4. stanze per l’Ospedale distinte.
181
mo
Il recinto chiuso del Castello era quadrato, cδ un’altis. muro all’intorno del Monte.
Si entrava in qsto recinto per due porte di ferro, una dalla parte orientale verso la
Città, e’ l’altra dall’occidentale. La porta orientale si chiamava di S. Martino, per
esservi al di dentro attaccata la Chiesetta di S. Martino, ch’era la Parocchiale del
Castello, fattavi fare da Ludovico istesso di Durazzo; standovi pure entro le Torri
due oratorij: uno per la Contessa al di sopra, ove ella era solito di abitare l’esta’, e’
qsto era col titolo di S. Margherita; poiche era stato edificato per ordine di
113
Margherita di Durazzo. L’altro oratorio al di sotto per Commodo del Castellano, e’
officiali era col nome di S. Sebastiano, pure fatto edificare dalla sud.a Margherita; e’
dalla Contessa due anni prima di qsto assedio era stato molto abbellito, cδ far fare S.
Sebastiano Protettore del Castello, e’ della Città, cδ farci intervenire il Corpo del
Magistrato, e’ Regim.to nel giorno della sua festa ottenutone il Breve dal Pontefice
Martino V., dovendo in tale giorno officiare l’Arciprete, cδ una fiera franca per tutto
il recinto del Castello, che durava tre giorni.
Comandava da Castellano Clemente Morone; má per la sua decrepitezza fatto più per
consigliare, che per combattere, faceva le sue parti Giulio suo figlio, tenendo á lato
Fulvio Beroaldo Soldato invecchiato nell’armi, e’ si teneva per maneggio delle
Machine di difesa per il primo, avendo sin dalla gioventù militato sotto il
Comandante Alberico de Cunio, tanto celebre; poiche Oddo teneva il Supremo
Comando più per onore della sua persona, che per Valore Militare. Vi erano poj per
Capitani Albrizio Ginnesio per li Baklestrieri, Roberto Faraldo per gli Archibuggieri,
Tomaso Filanzio per l’altre armi corte e’ lunghe incδfuso sotto l’insegna Verde;
Flavio Nuz per l’artiglieria sotto l’insegna
182
rossa, e’ Valerio Riczello risanato sotto l’insegna bianca, cδ Orazio Ruspo sotto
l’insegna gialla; qsti tre Capitani comandavano fuora le torri: poiche qste erano
riserbate á Gilio, e’ Scipione Alimeni, come ancora á Bernardo Longos. Questi furono
li Comandanti restati al Castello, come più attaccati all’interessi della Contessa; e’ più
fedeli; essendosi gli altri ritirati nelli Villaggi. Li Soldati per l’armi erano 1213.; per
l’artiglierie 684.; per le Machine 782.; per servizio del Comestibile 62. ed 83. Iudej,
che pure servivano pp qsto ministerio, nδ essendo atti all’armi. La gente, che serviva
alla Contessa, ed Oddo per Corteggio tra Uomini, e’ Femmine 53., essendo state tutte
l’altre persone inutili mandate via per li Villaggi di S. Pietro la maggior parte, e’ per
S. Pietro in Vinculis. Li Capi poj dell’artiglieria erano li due artiglieri, cioè Curso, e’
quel di Sessa; tenendo sotto di loro 30. Maestri Polverari del Borgo, che l’assistevano
nello Sparo; poiche per l’altre occasioni di Carico, condotta, ed altro assistevano li
Soldati. Artisti, Fabri, e’ Falegnami erano 46. per lo bisogno del sud.o Castello. Ed 8.
dispenzatori del pane. Tutti qsti erano quelli, che si trovavano nel Castello sudetto; nδ
penuriandosi d’altro, che di acqua nelle Cisterne; poiche li Condotti di fuora cδ le
nuove fabriche erano alquanto guastati; e’ la staggione correndo arida cδ tanta gente,
si temeva di tal mancanza; abbenche di poj nδ avesse mancato, per essere l’assedio
durato più breve di qllo si lusingavano li Assediati.
114
183
Capo X. Dell’Assedio del Castello, e’ sua
Capitolazione sino al fine.
Il giorno sesto di Luglio era di gia stato l’ultimo per li Cittadini di Taberna; poiche in
qsto giorno s’erano tutti ritirati alli Villaggi, ed á proporzione della di loro partenza,
venivano li Soldati dal Campo ad occupare le Case, ed alzare difese per lo Sparo del
Castello, che li molestava. Piantò nella Torre Campanaria del Vescovato 4. pezzi di
Cannoni; altri sej ne piantò nelle Case di Virginio Boverio avanti la Chiesa di S.
Nicolò; due mortari cδ le bombe avea piantato nella strada di Rosario Longos tra il
Vescovato, e’ la Porta Montana. Un altro mortario cδ due Cannoni al Convento de
Domenicani, e’ due Cannoni á quello di S. Francesco. Nelli Buchi delle Case di
Onorato Mariconio, ed Eugenio Rocca 32. falconetti, 26. spingarde , e’ 14 cannoni
piccoli per tirare al recinto del Castello. E qsta era l’artiglieria piantata dal Nemico cδ
li suoj Artiglieri venutili da Lombardia, e’ Germania molto prattici á tal mestiere.
Avea poj lo Sforzia, che abitava nelle Case del Faragonios mandati dalla parte
settentrionale 3888. soldati cδ 6. Cannonetti, e’ 3. Cannoni grandi, che doveano
quella parte cannonare continuam.te come in fatti seguì la mattina delli 14. Luglio
avendo in tutti li posti egualm.te il nemico principiato il fuoco dell’artiglieria; ed
abbenche il Castello pure corrispondesse, ad ogni maniera il danno era poco per li
ripari, che li nemici aveano fatto. La sera disfecero dalle torri 14. merli cδ la morte di
6. Soldati, ed 8. feriti che ivi si ritrovavano.
184
Il giorno delli 15. continuò il fuoco, ed una bomba caduta nel Recinto sotto le torri
uccise 3. Soldati, e’ ne ferì 5.; tanto che vedendosi le stesse torri bersagliate, la
Contessa, pretendendo di additare il luogo dove ella si fosse ritirata,acció dal Cannone
nδ fosse offesa, come si costumava tra Sovrani, di nδ indirizzare ivi lo sparo,
dubitando di qualche ripulsa, si ritirò cδ le sue donne nel più basso della torre
maggiore; dalla quale verso la sera caddero 8. merli cδ morte di 7. e’ feriti 3.; ed il
fuoco del Castello ancora nδ avea troppo offeso il nemico.
Il giorno 16. si stiede in riposo dalla parte del nemico; má nella mattina delli 17. diede
per ogni lato fuoco all’artiglieria, roverciando graδ parte del recinto verso l’oriente;
però accorsavi graδ gente al riparo vi morì Flavio Nuz cδ 22. altri soldati, oltre di 7.
feriti. Dalla parte poj Australe, e’ Boreale succede nδ poco danno alli merli cδ la morte
di 7. Soldati, e’ 4. feriti.
Alli 18. Una bomba cascò in Magazeno di polvere attaccato alla torre maggiore, e’ vi
fece graδ spavento più che nδ fosse il danno; morendovi soli 4., e’ feriti due. Questo
caso fece risolvere á Comandanti di uscire dal recinto cδ tutta la forza, ed assaltare il
posto della Casa per sorprendere li Mortari piantati nella strada di Rosario Longos,
115
che facevano il più danno. Si diede il carico al Ginnesio, ed al Faraldo, quali usciti dal
recinto, ed assaltato il posto, vi restò morto il Ginnesio cδ 14. Soldati, oltre 17. feriti;
tanto che furono costretti al ritiro; progettando
185
qualche cδvenzione. Furono sostituiti al Nuz Valerio Riczello, ed al Ginnesio, Orazio
Ruspo, quali appena ricevuto il Comando, terminarono nel seguente giorno la Vita.
Essendosi fatta l’apertura del recinto, si penzò dal nemico sforzare quel posto; ed
avvicinata più da Vicino l’artiglieria grossa, cominciò un fuoco terribile; e’ più
d’ogn’altro li falconetti facevano rovina della gente, che giva per affacciarsi alle
Mura. Verso la sera 300. soldati vestiti di ferro, e’ seguiti da altri 1000. cδ archibuggi
voleano penetrare in quel posto per sforzarlo; il Valerio, che conobbe questa risoluz.ne
de nemici, trovandosi ivi cδ 200. Soldati, procurò respingerli; má da un colpo di
falconetto nell’occhio destro cadde morto; Vi accorse il Ruspo cδ 300. Soldati, e’
seguita un’ardentis.ma Zuffa, respinse il nemico; má da una archibuggiata perduto il
braccio destro, fú costretto lasciare l’impresa, essendo dopó due giorni morto; restando
pure morti nel recinto altri 42., e’ 63. feriti.
Alli 21. verso l’ora di pranzo preceduto lo sparo di tutta l’artiglieria, si diede per ogni
parte un generale assalto, nδ facendosi più Conto di vita, comandando lo stesso
Sforzia; e’ cδ ardore incredibile Oddo col Beroaldo, col Castellano, e’ cδ li due
Alimeni, poiche Cinzio si ritrovava indisposto, e’ nδ potea Comandare, stando presso
la Contessa per Confortarla, procuravano di respingere il nemico, essendovi dalla parte
orientale il Faraldo, e’ dall’occidentale
186
il Filanzio; si respinse il nemico in quella parte, má restò superiore in qsta; tanto che
trovandosi diroccato il recinto più di 40. piedi, e’ superato dal nemico cδ fortificarvisi,
avendovi subito piantato due Cannoni, e’ 18. falconetti, diede motivo á Comandanti
del nostro esercito ad intavolare qualche accordo, prima di esser preso il Castello per
assalto, ó ridursi all’ultima estremità, e’ soggiacere á condiz.ni troppo dure. La
Contessa, che pure conosceva l’impotenza nel resistere, e’ la speranza di soccorso
perduta, si rimise al Suo Consiglio di guerra, quale giudicò mettere bandiera bianca per
sospendersi l’ostilità, come in fatti cessò lo sparo per tutta la sera, e’ la notte.
La mattina si spedì nel Campo cδ un Trombetta Scipione Alimenio per intavolare
l’accordo, promettendo la Cessione del Castello, salva però la persona della Contessa,
di Oddo, e’ di tutta la gente, e’ robba: evacuandolo; e’ nδ portandosi altro li Soldati,
che l’armi, restando nel Castello le munizioni di guerra, e’ di bocca cδ l’artiglierie, ed
altre armi, eccettuate quelle, che ogni soldato dovea portare.
Giunto l’Alimenio presso dello Sforzia, ed esposta l’ambasciata li fú risposto, che la
guerra si facea per la Contessa, nδ per il Castello; che bisognava uniformarsi alla
fortuna dell’armi; che per Oddo l’avrebbe fatto uscire libero cδ 200. soldati per sua
116
guardia, armi, bandiere spiegate, tamburi battenti; má per l’altre Cose, nδ poteva
privare la sua milizia dell’utile, ne il Re Ludovico delle muniz.ni, attrezzi, artiglierie,
armi, e’ soldati. Oddo, che nδ era rubricato* più che la parentela della Contessa,
poteva trasportare 4. Carri coperti per se, e’ 4. altri per li Soldati. Scortati sino á
187
Montalto. E nδ avendo potuto più vantaggiare le Condiz.ni il sud.o Alimenio se ne
ritornò subito; e’ la Contessa procurando cδ qualche donativo raddolcire l’asprezza
dello Sforzia, avendolo fatto proponere ad Ambrogio Triburzio suo Parente per
placare cδ qsta strada il rigore di qste condiz.ni, dove la sua Persona restava
prigioniera cδ la perdita di tutti li suoj Officiali, e’ soldati: Má il Triburzio nulla
avendo potuto cδchiudere restò per la via dell’armi, á terminare qsto cδtrasto.
Il giorno dunq: delli 24. verso la mattina si ripigliarono l’ostilità; incominciando dalle
Torri, alle quali era indrizzata l’artiglieria tutta. Verso l’ora di Vespro, la Torre
occidentale era quasi mezzo diroccata, e’ quella di mezzo molto offesa, sperando il
nemico, che per il giorno seguente li soldati ne potessero scalare le Mura del Castello
qd.o le Torri restavano disfatte; e’ così n’era perso* il Comando dal giorno antecedente.
Che però la Contessa vedendosi impotente á resistere, volle prima di darsi tentare cδ la
sua presenza gl’ultimi sforzi. Uscì la mattina delli 26. cδ tutto l’esercito per scacciare
il Nemico dal Recinto occupato,volendo ella mettersi á fronte de suoj soldati
accompagnata da Oddo, e’ dal Beroaldo, e’ tutti li restanti Capitani per esperimentare
l’ultimo crollo della fortuna. S’incominciò l’attacco cδ un valore incredibile; má il
nemico contraponendo allo stesso valore il numero
188
molto maggiore de Soldati, la Sperienza dell’Artiglieri, il Coraggio delle continue
Vittorie, fú necessitata la Contessa ritirarsi entro il più basso delle Torri, cδ aver
veduto sú gl’occhi suoj proprij Cadere morti de suoj Soldati 141.; feriti 83. fra i quali
Bernardo Longos, e’ Gilio Alimenio; ed il Beroaldos in una mano leggierm.te; tanto che
vedendosi il tutto precipitato, per nδ restare esposta all’assalto, fece mettere nella
torre grande bandiera bianca per intavolare la resa cδ quelle cδdizioni, che si
potrebbero ottenere in qsto stato quasi deplorabile.
Spedì subito la Contessa al Beroaldo dove lo Sforzia, che si trovava nella Villa
Faragonia,acció intavolasse le condiz.ni; quali abbenche le cose erano ridotte
all’estremo, pure lo Sforzia si portò cδ qualche indulgenza; avendo ad Oddo
accresciuti altri 100. soldati cδ 4. officiali; altri due Carri Coperti,acció potessero
salvare qualche cosa di più; potendo uscire cδ tutti gli onori militari, e’ cδ due pezzi di
artiglieria; però nδ dovessero per tre anni militare contro il Re Ludovico. furono qste
condiz.ni dalla Contessa firmate, má dallo Sforza nó: allegando quelle raggioni istesse,
che allegò per Taberna, volendo che la sua parola servisse per firma. E perche la
Contessa cδ quest’atto restava troppo offesa, fece scrivere sotto le Capitolaz.ni
117
l’accertam.to dal Triburzio suo Parente, spiegando, che lo Sforzia senza firmare, si era
compromesso su la sua parola di eseguire, e’ fare eseguire quanto si era cδ la Contessa,
e’ col Beroaldo stabilito circa l’accordo, e’ signantur circa la stessa Persona sua, che
veniva á restare priggioniera.
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Accettate le Condiz.ni il giorno seguente si consegnò ad Ottavio Verme una porta del
Castello, della quale s’impossessò con 300. Soldati sino, che la cose fossero adempite,
quali puntualm.te adempirono per li 3. di Agosto, nel di cuj giorno parti Oddo, secondo
il Concordato per la volta di Montalto. E la sera dello stesso giorno la Contessa cδ
tutto il suo Cortaggio si portò nel palazzo delli Rocca, ove li fú assegnata la Guardia
di 100. Soldati cδ il Capitano Canossa. Il giorno seguente venne lo Sforzia dalla Villa
per visitarla, accompagnato da Simone Faragonio, e’ Gilberto Verme; la Visita fú
brevis.ma, avendosi ritirato nella Villa la stessa mattina. Però la susseguente mattina
vi mandò per visitarla á suo nome lo stesso Verme; e’ la sera tutti gli Officiali
Maggiori vennero dal Campo á cδplimentarla, nδ avendo maj lo Sforzia mancato di
provederla nel tempo dell’assedio di Vini, Neve, ed ogn’ altro per la sua Corte.
La mattina delli 9. partì la Contessa per la Volta di Cosenza, avendosi designato la
sua dimora in quel Villaggio, che più li piaceva, e’ li era cδmodo per l’aere, stando
alquanto indisposta; accompagnandola per corteggio, e’ per Custodia 400. Soldati cδ
due Capitani sino che il Re Ludovico avesse di lej determinato il di più; nδ avendola
prima delli due anni aggraziata; però restando dopó qsto tempo libera, nδ trascurò di
attendere á sollevarsi da tanti gravi dispendij; ed á dare pure qualche sollevo á
Taberna, ed á tante famiglie rovinate per di lej caggione.
Delli Soldati, che militavano nel Castello furono posti in libertà quej di Taberna,
Catanzaro, Cotrone; quej dell’altre parti furono incorporati al suo esercito,acció lo
servissero per tre anni, dandoseli poj la libertà, cδforme puntualm.te
190
fú eseguito; E lo Sforzia avendo il giorno 11. di Agosto voluto andare sino al
Convento di Pesaca improvvisam.te, dove fú accolto da tutti quegli Ecclesiastici cδ
graδ marche di onore, avendo lasciato docati 120. per una lampada di argento, la sera
dimorò in S.to Pietro nelle Case del Ferrarijs, al qle diede lode grande per il valore
dimostrato nella difesa della sua Padria; la mattina si ritirò in Taberna, ed il giorno
16. partì per Cosenza, avendo lasciato nel Castello 200. Soldati cδ 30. Cavalli sotto il
Comando di Ambrogio Tarbisio Castellano; á cui si diede pure la Cura della Torre di S.
Barbara. Nelle Case Faragonie, quali erano restate le più salve, vi si collocarono due
Mastri Razionali per esiggere le rendite dello Stato, incorporate al Fisco. E per
Giustiziario lasciò la Cura á Gregorio Frosine per qd.o la Gente si fosse ritirata,
restando evacuata la città, cδforme si era cδvenuto.
118
Ma perche le cose della Contessa nδ si vedevano ben assodate, e’ le Case della Città
erano tutte rovinate, l’industrie perdute, ed il sito senza qste nδ poteva alimentare le
genti, standoli il territorio molto lontano, e’ qlli che dalle marine avrebbero potuto
trasportare cδ 200. Soldati nel Castello nδ potevano stare sicuri, deliberarono nelli
Villaggi accommodarsino alla meglio li fosse stato possibile sino che il tempo potesse
maturare queste dubiezze; e’ potessero gli abitanti trovare più maggiore sicurtà.
191
Ed avendo fra tanto disegnato il luogo più opportuno, e’ Capace per tanta gente
dispersa, giudicarono Bompignano, chiuso da ogni parte, e’ cδmodo ad ogni accidente
di soccorso dalli Stati de Ruffi per la parte delle montagne, potendo ricevere soccorso
dalli Villaggi; che se bene fossero lontanti dalle Marine, erano più vicini alle
Montagne: ed essendo tempo di esta’, dove la montagna nδ appariva aspra, má
deliziosa, tenendo l’acqua in copia, e’ la pietra cδ la Calce, e’ legna entro lo stesso
Bompignano, nδ tardarono di ivi stabilirsino; e’ li Monaci Pesacensi si cδpromisero
d’ogni agiuto; e’ quej di Fateano nδ mancarono di cδtribuire ancora grani per
alimentare tanta gente dispersa. E per rendere il luogo più sicuro, nel passo delle
Montagne,acció li ladri nδ sorprendessero la Bestiame, la raccolta, e’ la gente,
fabricarono á spese comuni cδ li Pesacensi una graδ Torre col recinto ampio, ed alto
detta Torrecene, che voleva dire Torre Comune, terminata l’anno 1431 col piano de
parapetti, e’ cδ due baloardi, oltre 42 merli; standovi cδtinuam.te 16. di guardia cδ 4.
falconetti, e’ 48. archibuggi; scorrendo di qsti al di sopra 8. per guardia più maggiore;
soggiacendo Taberna alla metà della spesa cδ li Monaci Pasacensi, che veram.te in qsta
Calamità si portarono cδ graδ Carità, e’ Zelo nδ solo cδ gli Ecclesiastici, e’ Popolo;
quanto cδ le Chiese, nδ avendo trascurato cδtinuam.te somministrare li bovi pp
trasporto della legname.
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Si ritirarono in Bompignano tutte le famiglie disperse, cδ qlle che si trovavano in S.
Leo, poiche quelle, ch’ erano andate in S. Pietro, fecero jvi dimora: Tanto che radunati
tutti gli Artisti di Taberna nel sud.o Bompignano, procurarono stabilirvi le Stesse
Parrocchie cδ l’istesse strade delle Arti, conforme erano ivi distinte, framischiandovi le
Case de Nobili nelli siti più migliori; nδ tenendo strada propria, come in Taberna,
fuorche la Parocchia di S. Nicolo, ove situarono il maggior num.o de Palazzi; ed in
Bompignano stesso S.ta Maria Maggiore; tanto che fatta la numeraz.ne secondo si
costumava in Taberna in quest’anno 1450. nel quale Io scrivo, si ritrovarono abitanti
3629. inclusovi li ecclesiastici, Religiosi, e’ Servi Forastieri. Bartalisio salì più sopra,
e’ si divise in due pezzi; Uno chiamato Albio, situato nella Vigna di Agostino Albio;
l’altro Dardanisio, per esservi situate le famiglie antiche di Palepoli nell’Uria, quali
erano li residuj di quelli antichi Trojani, che Dardani eziandio in Taberna si dicevano,
e’ stavano al vico fra la chiesa di S. Nicolo, e’ le Case de Longhi. Facevano nella
119
numeraz.ne l’Albio 416., dardanisio 206. Sopra il fiume Litricon vi era l’Ospizio di S.
Giovanni per li Passaggieri; in qsto situate alcune Case dello stesso Bartalisio vi
fecero abitaz.ne numerata per Anime 77. In S. Giorgio si ritirarono gli abitanti, però
nδ come prima cδ l’industria della seta, restandovi soli 3. telari, e’ facea anime 47; ed
in S. Nicolò di Sabuzio mancando il lavoro, mancarono l’Anime, nδ facendo più che
83.
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Quej Mastri poj nel Borgo venuti in Bompignano per stabilirsino, ed avendo
cδtrastato cδ la Maestranza, che abitava entro la Città, volendo come tale essere
preferita á quella del Borgo, qsta corrucciata, procurò situarsi in S. Biaggio, ove li
Prefetti della Seta, come più facoltosi la potevano agevolare in qste Calamità, quindi
venuti dal Borgo li Mastri della polvere, li Conciatori de pelli, e’ li Ferrari al num.o di
364. uniti cδ quelli di S. Biaggio si cδprarono il piano de Garuppi, ed edificarono
Maranisio, ove era la Vigna di Marco Maranisio. S. Sofia si ritirò al di sopra Manfró,
dove per argine del nemico vi aveano fatto una graδ fossa, e’ lo chiamarono Fossato.
S. Leo si ritirò dopó l’incendio nel graδ Cortile del Recinto Basiliano, cδtracambiato
cδ li Pesacensi nel terreno di Palepoli; cδcedutoli dalla Città per la Custodia fatta
delle robbe, e’ delle genti. E perche S. Pietro nδ partecipò di qsto benef.o di custodia,
nδ volle cedere il jus del pascolo sú quel tempo nell’Uria. E cδtrastando per il nome,
chí volea chiamarlo S.Leo, má ancora vi erano molte Case, chí S. Basilio, come si
chiamava, alla fine per un graδ piede di Sorbo nel mezzo del Cortile si disse il Sorbo.
Così S. Mauro sceso dal Monte al piano per una graδ Noce di Gasparo Rizzo
s’intitolò la Noce per togliere le gare tra li Vecchi, e’ Nuovi abitatori: facendo nella
Numeraz.ne S. Biaggio ritirato in Maranisio 487; S.ta Sofia 314. ritirata in Fossato. E
S. Leo stabilito nel Sorbo 482.// S. Pietro accresciuto di oltre 83. famiglie facea
Anime 3113: S. Pietro in Vinculis 182., Bucisano ritiratosi al Basso in luogo più
sano, detto Magissano facea Anime 567. S. Marco accresciuto di altre famiglie facea
Anime 319. Li Iudej nδ avendo potuto trovar luogo, che possa essere á proposito per
la di loro sussistenza in qsti tempi tanto calamitosi, si ritirarono cδ il di loro Rabino
presso gli altri in Catanz.o facendo da Capo, e’ da Rabino Simeone Cleazaro Amorreo.
In Taberna restarono pure abitanti 314., che á proporzione, che le Case mancavano, si
ritiravano in Bompignano.
194
Qsto fú il fine lagrimevole di Taberna, alla quale nδ mancò la famiglia Ruffo di dar
soccorso, e’ premij á tante Case restate desolate, ed abbattute. Appena la Contessa
dopó due anni di prigionia liberata, comprò le terre Maritime da quej, ch’erano passati
in Catanz.o, e’ le dispenzò, come ancora avendo ottenuto la facoltà di alienare qualche
cosa feudale, diede molti Campi á tutti quelli, li di Cui padri erano morti per suo
servizio; chí cδ la metà del Jus, chí cδ tutto secondo il titolo de Nomi, e’ Cognomi, che
120
l’imposero á qsti Campi, furono in parte ristabiliti gli Eredi. Al Boverio li diede il
Campo di Giuriso cδ la plenaria giurisdiz.ne e’ l’intitolò Boverio; al Balasco li diede il
Campo della Grottella; á Chiriaco figlio di Flavio Nuz gli diede il Campo de Chiriachi;
A Carlo Riczello figlio di Valerio li diede il Prato Nitricon, e’ l’intitolò Carlizzello; A
Campulo Catanz.o li diede per li meriti di suo Padre Giulio li fú dato il Campo
Porzellio, e’ lo chiamò Campulo; ad Achille Faraldo il Campo di Savalos; e’ così á
tutti gli altri figli de Capitani si distribuì la Marina, cδ lasciare pure molti Campi per
il Comune di tutti.
La Montagna fú pure distribuita, avendone da Alfonso Re l’anno 1443. ottenuto il
permesso cδ il dazio; riserbandosi solam.te il Re alcune Camere Reali, e’ la Contessa le
sue Baronali; e’ tutto il restante fú distribuito. Al Beroaldos il Molino della legname
cδ tre Campi; alli Catanzari la Serra del Monte; Alli Ginnesi li due prati di Tacina;
Alli Flanzij il prato Candias; alli Longhi li Campi di Platea dividendoseli cδ li
Jazzolijs figli di Mattia, e’ il Corso del fiume Melito alli figli di Silimbro; e’ così á
tutti dimostrò la sua munificenza, lasciando ancora molti Campi per il Comune;
distribuendo sino li Molini, e’ mandando per la fabrica á Taberna docati 3000.; ed alli
Villaggi docati 2000. l’anno 1429.
195
nδ mancarono pure Nicolo Ruffo e’ Giov[…] figlia […] l’anno 1438. concedere á
Taberna […]laggi molte terre all’intorno l’abitaz.ni,acció potessero sussistere cδ
maggior Comodità; avendo mandato sino á docati 400. per pagarsino li
Sboscatori,acció tagliati j pini si rendesse la terra più atta alla Coltura. E se nδ fosse
stata la ribellione di suo Marito Ventimiglia, si avrebbe introdotto in Taberna quella
industria, che avea perduto; nδ avendo mancato cδ Alfonso l’anno 1444. d’impetrare
la fiera cδ la franchiggia da ogni peso sino á quest’anno corrente, nel quale Io scrivo.
Li 18. figlioli de Capitani morti nell’assedio e’ dalla Contessa Cubellia seco portati,
furono tutti ristabiliti in fortuna per tutti li Stati suoj Ruffi, Marzani, e’
Ventimiglia in Sicilia, e’ col Matrim.° di Marino Franc.co Marzano figlio di Cubellia
cδ la stessa figlia del Re Alfonso speramo, che Taberna, se nδ torna, come prima,
almeno poco differente di quella; nδ avendo tralasciato di provedere li Tabernati nelle
Cariche Civili, e’ Militari; giacche la sua Nobiltà[…] sacrificò per la sua Casa.
Ferrarijs ebbe il Campo di Malitonos per dividerselo cδ li […]suoj Capitani; e’ si
contrasta cδ li Mazza, e’ cδ quej del […] Asellia; tanto che tutti furono ben
provveduti, Noj ancora nδ sappiamo qual providenza dalli Ruffi sperare possiamo, nδ
restandoli nelle Marine altro che dare p […] dar cδpenzo á tante spese, che S.to Pietro
per l’assedio fú necessitato di tolerare; abbenche á tutti cδpenzò cδ qnto poté di forza,
e’ di Volontà tante rovine.//
finis
121
122
L’ultima pagina del manoscritto prima del restauro.
123
Appendice documentaria
Principale cronologia della “Cronica”, dalla fondazione alla distruzione della città medievale di Taberna.
Teresa Danizio
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1004
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1162
1167
1182
1186
1192
1194
1270
1383
1387
1415
1416
1416
1416
1418
1419
1421
1426
1429
1431
1450
124
Flagizio pone la prima pietra della Rocca di Taberna.
Fondazione della chiesa di S.Maria di Pesaca.
Viene terminata la costruzione della Rocca.
La chiesa di S.Maria di Pesaca viene dichiarata abbaziale ed Archimandrita.
L’Imperatore di Costantinopoli Costantino VI decide di mandare un suo ministro, Gregorio
Tratamura, per verificare lo stato dei lavori effettuati a Taberna dopo la partenza di Flagizio.
Numerazione della gente (censimento) ad opera dell’Apocrifario Giovanni Finanzio.
Compare la prima guardia del Protospata.
Scoppia una rivolta tra la nobiltà ed il popolo di Taberna che trucida Georgio Pulipos eletto
demagogo dei nobili. I nobili sono costretti a ritirarsi, alcuni nella Rocca, altri nella torre di S.
Barbara. Il popolo, chiama in proprio aiuto il crotonese Tuscanio Lusignanna, che venuto in soccorso
s’impadronsce della città.
Bajolardo figlio di Goffredo fa uscire dalla città alcune famiglie di nobili per popolare i villaggi.
Viene terminata la costruzione di Taberna. Alcune famiglie edificano il villaggio di S. Pietro.
Edificazione del villaggio di Bucisano.
Fino a questa data il governo della giustizia ed il regimento operanti nel territorio dipendono da
Taberna.
Fondazione del villaggio di Bartalisio.
Fondazione della chiesa di S.Marco per devozione di Marco Vainero, greco veneziano.
Fondazione del villaggio di S. Maria di Bompignano.
Taberna viene concessa da Ruggero al governo di Giordano.
Costruzione dell’ospizio dei frati basiliani di S.Maria di Pesaca.
Fondazione del villaggio di S. Sofia.
Fondazione dei villaggi di S. Giorgio e S. Nicolò da Sabuzio.
Fondazione del villaggio di S. Biagio.
Ruggiero III concede Taberna a Ridolfo Conte di Loritello.
Distruzione di Taberna per opera delle truppe di Guglielmo il Malo.
Arrivo di Guglielmo il Buono. La gente ripopola Taberna e i villaggi vicini..
Fondazione del villaggio di S. Leone.
Fondazione del villaggio di S. Pietro in Vinculis.
Fondazione del villaggio di S. Mauro in Cavis.
In occasione della guerra tra Tancredi ed Enrico VI Svevo, Taberna manda Tarquinio Baldajo in aiuto
agli Svevi; questi concede alla città sei anni di franchigia.
Il sistema di governo viene cambiato da Giovanni di Brayda durante la visita fatta in Calabria per
Carlo I d’Angiò.
Edmondo de Villequier* viene nominato Giustiziario.
Viene istituita la Prefettura della seta.
Arrivo a Taberna della Contessa Ruffo.
Fondazione del villaggio di S.Marco.
Il sistema di governo viene cambiato dalla Contessa Ruffo durante il II anno del suo governo.
Si inizia a costruire la fabbrica della carta.
Istituzione della Prefettura dei panni.
Il pittore Giacomo Carimozio viene fatto venire da Melfi per decorare la sala di radunanza dei nobili
di Taberna.
La Contessa Ruffo dona al Monte Sussidiario di Pietà una sua effige in marmo che viene esposta
sulla facciata della fabrica.
Distruzione del castello di Taberna ad opera delle truppe comandate dal Duca Francesco Sforza.
Nuova ripartizione del territorio di Taberna.
Viene terminata la costruzione della Torrecene (Torre Comune).
Ferrante Galas completa l’originaria stesura della “Cronica”.
Intervento di restauro del manoscritto Cronica di Taverna – Istituto per l’Arte ed il Restauro
“Palazzo Spinelli”, Firenze.
Cura del progetto di restauro - Prof. Maurizio Copedè
Esecuzione del lavoro e scheda di restauro - Prof.ri Antonella Brogi e Roberto Bartolini
Oggetto del restauro: Cronica di Taverna, ms. cartaceo, sec. XVII, rilegatura in pieno cuoio bruno su piatti
in cartone leggero. L’opera è collocata presso la Biblioteca Comunale di Taverna.
Stato di conservazione dell’opera.
Il volume si presenta in un grave stato di degrado causato da un uso non accurato, da condizionamento in
luogo non idoneo, da ripetute bagnature subite, da interventi grossolani ripetuti nel tempo.
La legatura, completamente staccata dal corpo libro, è molto sporca con macchie di varia origine, sono
presenti molte lacerazioni e lacune soprattutto nelle zone di piede e testa, molto deformata con una
riduzione delle misure originarie, probabilmente causata da un riscaldamento eccessivo per una operazione
grossolana di asciugatura.
La cucitura, a punto intervallato irregolare, spezzata in più punti, risulta essere non originaria, trovandosi
tracce di un’altra precedente. Il dorso del corpo libro ha un rinforzo in carta con uno strato di colla di
notevole spessore, con molte lacerazioni in corrispondenza dei punti di cucitura.
Le carte, in particolare quelle degli ultimi fascicoli, sono molto danneggiate, imbrunite, con numerose
lacerazioni e lacune, ampie gore da acqua e forti macchie da uso. Risultano mancanti le prime due carte; le
due carte bianche, una posta come prima carta e la seconda cucita tra le carte numerate 20 e 21, risultano,
dopo un esame delle filigrane e delle macchie presenti, essere due carte di guardia, la prima posteriore e la
seconda anteriore. L’esame del pH ha rilevato valori di acidità della carta compresi tra 5,32 e 5,88.
Gli inchiostri presenti, di natura metallo-tannica, hanno subito, in alcune carte, un leggero sbiadimento con
un lieve viraggio al bruno, causati dall’ossidazione delle componenti metalliche; l’acidità presente è
sufficientemente contenuta, pur acidificando leggermente la carta. Risultano, dopo gli opportuni test, essere
sufficientemente stabili alle soluzioni acquose.
Intervento di restauro.
Le operazioni di restauro hanno seguito le indicazioni fornite nel progetto esecutivo: i fascicoli sono stati
scuciti, previo controllo della numerazione delle carte e un attento esame della cucitura; è seguita una
pulitura meccanica con pennelli e gomme appropriate.
Lavaggio di tutte le carte con acqua demineralizzata, facendo uso, in parti particolarmente sporche e lungo i
margini, del pennello e di gel di metilcellulosa al 0,5%.
Su alcune carte, per il particolare stato dell’inchiostro, è stato eseguito un prelavaggio in una soluzione
acqua/alcool etilico 1:1.
La deacidificazione non si è resa necessaria, poiché con il lavaggio si è ottenuto un adeguato innalzamento
del pH della carta, evitando di procurare così l’incremento dell’ossidazione degli inchiostri causato dalla
soluzione alcalina.
Le carte sono state rinsaldate, con metilcellulosa al 0,5%.
Le lacerazioni sono state suturate con velina giapponese (9 gr/m²) e metilcellulosa al 3%; le lacune integrate
con carta giapponese ( 6-22 gr/m²), posta a sandwich.
Rammendo alla piega dei bifogli con carta giapponese di adeguato spessore e ove necessario è stata eseguita
l’imbrachettatura con carta giapponese (11 gr/m² ) e metilcellulosa al 2%.
Velatura parziale o totale, solo ove necessaria, eseguita con carta giapponese (6 gr/m²) e metilcellulosa a 2 %.
Allestimento di brachette volanti o di congiunzione per le carte che lo necessitavano, con carta giapponese
(11 e 22 gr/m²) e metilcellulosa al 2,5%.
Le carte sono state infine spianate sotto leggera pressione, previo interfoliazioni ed uso di feltri.
Ricomposizione dei fascicoli.
Cucitura a telaio su tre nervi in canapa e filo di cotone come originale. La cucitura è stata dotata di schermo e
tubo, elementi che consentono il non contatto tra la colla e il corpo libro.
Le carte di guardia originali sono state recuperate parimenti alle carte scritte e reinserite nel volume con
giusto ordine. E’ stata inserita anche la prima carta adesa del piatto posteriore della coperta, recante un
125
numero di inventario apposto con numeratore ad inchiostro; mentre le altre carte rinvenute sono state
inserite all’interno della scatola per conservazione del volume, alloggiate in una “tasca” di contenimento.
Sono state aggiunte quattro carte di guardia nuove, anteriori e posteriori, a lunga conservazione in “carta
roma”, colore michelangelo.
Allestimento di nuovi capitelli tronchi, costituiti da un’anima in corda e cucitura con refe di cotone.
E’ stato possibile procedere al restauro e al riutilizzo della coperta originale.
La coperta è stata smontata, pulita meccanicamente e ammorbidita con una soluzione di olio di piede di bue
e spianata.
Le lacune sono state integrate con innesti di pelle di capra opportunamente tinteggiati.
Sono stati inseriti nuovi piatti in cartone di puro cotone, 400 gr/m², e rimontata la coperta, in seguito trattata
con soluzione cerosa protettiva.
Allestimento di un contenitore conservativo a doppia valva, con una tasca contenente le carte rinvenute
durante lo smontaggio e poste come rinforzo all’interno dei piatti della coperta. Queste carte sono state
idoneamente restaurate e inserite all’interno di due cartelline camicia, una contenente le carte del piatto
anteriore ( 1A carta manoscritta; 2A carta bianca; 3 A carta a stampa), l’altra le carte del piatto posteriore ( 1B
carta bianca con tracce di numero di inventario apposto con numeratore sulla carta precedente; 2B carta a
stampa; 3B un piccolo frammento manoscritto ritrovato sul dorso del volume).
La scatola è stata realizzata in cartone e rivestita esternamente in tela di puro cotone. Il rivestimento interno,
in tutti i punti a contatto con i documenti, esclusi gli snodi, è in cartone durevole per la conservazione e carta
roma.
Per una eventuale sostituzione del tassello moderno, recante una segnatura a penna, è stato inserito un
nuovo tassello in carta durevole con segnatura stampata in oro 9.
9 Il recupero del manoscritto, concluso nel mese di gennaio 2008, è stato curato dall Prof.Maurizio Copedè, Presidente del Comitato
Scientifico del Dipartimento di Restauro Materiale Cartaceo, dell’Istituto per l’Arte e il Restauro “Palazzo Spinelli”di Firenze che ha
predisposto il progetto esecutivo di restauro dell’opera realizzato dai Prof.ri Antonella Brogi e Roberto Bartolini, docenti dello stesso
istituto toscano.
126
Due pagine finali del manoscritto restaurato.
127
Bibliografia
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CANINO G., Taverna tra mito storia civiltà, Calabria Letteraria Editrice, Soveria Mannelli CZ 2002
FIORE G., Della Calabria Illustrata (a cura di U.Nisticò) Rubbettino Edizioni, Soveria Mannelli CZ 1999.
FERRARI U., Taverna in epoca bizantina, Estratto dal volume XXXIX (1971) dell’Archivio Storico per la
Calabria e la Lucania, Roma 1973.
MONTUORO D., (a cura di) Cronaca delle Tre Taverne e della Città di Catanzaro, Ursini Edizioni,
Catanzaro 2006.
OLIVO D., Briciole di storia inedita (a cura di Padre Fotino), Catanzaro 1983.
RAFFAELE F., Taverna patria di Mattia Preti, in “Brutium” XLV (1966), 1-2 e successive ristampe,
Catanzaro 1978 e 1990.
VALENTINO G., Taverna città d’arte – per ricostruire un’identità perduta. Fratelli Gigliotti Editori,
Lamezia Terme CZ 1994.
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